RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 303 - Testo della trasmissione di lunedì 30  ottobre 2006

 

 

Sommario

 

 

  

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il tema dell’immigrazione e l’auspicio che venga presto il tempo della piena unità con gli ortodossi: nelle parole di Benedetto XVI ai vescovi greci in visita ad Limina

 

La carità appartiene alla natura della Chiesa: lo sottolinea Benedetto XVI alle associazioni Pro Petri Sede ed Etrennes Pontificales, che raccolgono fondi per le opere di solidarietà del Papa

 

Telegramma di cordoglio di Benedetto XVI per la tragedia aerea di ieri in Nigeria, che ha fatto un centinaio di vittime

 

Entusiasmo dei giovani cattolici italiani per l’annuncio della partecipazione del Papa all’incontro di Loreto, nel settembre 2007. Con noi, mons. Paolo Giulietti della CEI

 

Sabato 4 novembre, in San Pietro, Benedetto XVI presiederà la Messa per i cardinali e vescovi defunti durante l’anno

 

“La storia di Gesù Cristo in Asia: una celebrazione di vita e di fede”: tema del primo Congresso missionario asiatico, svoltosi in Thailandia. Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Strage in Iraq: almeno 38 morti in tre diversi attentati a Baghdad. Ce ne parla William Warda

 

Lula da Silva si riconferma presidente del Brasile: ancora la lotta alla povertà tra le priorità del suo programma. Ai nostri microfoni Maurizio Chierici

 

La FAO ammette che l’obiettivo di dimezzare la fame nel mondo entro il 2015 non sarà raggiunto

 

Più quantità ma meno qualità: il VI rapporto da CENSIS e UCSI fotografa la comunicazione in Italia e in Europa: con noi, Raffaele Pastore.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il segretario generale della Conferenza episcopale della Colombia preoccupato per la decisione del presidente Uribe di ricorrere ad azioni militari per liberare i sequestrati in mano alle forze armate rivoluzionarie

 

L’esarcato apostolico della Bulgaria ha celebrato l’ottantesimo anniversario della sua costituzione

 

Un rapporto dell’Ufficio internazionale del lavoro rivela che nei cinque continenti 85 milioni di giovani sono senza occupazione

 

Un coro dei bambini della basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme lancia un messaggio di fraternità attraverso il cd “e20 di stelle”

 

24 ORE NEL MONDO:

70 ribelli e un soldato della forza ONU uccisi in scontri in Afghanistan.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 ottobre 2006

 

 

BENEDETTO XVI AI VESCOVI GRECI IN VISITA AD LIMINA: IL PAESE HA BISOGNO

DI UNA RINNOVATA PASTORALE DI ACCOGLIENZA DEGLI IMMIGRATI.

 IL SALUTO DEL PAPA ALLE AUTORITA’ ORTODOSSE, CON L’AUSPICIO

CHE VENGA PRESTO IL TEMPO DELLA PIENA UNITA’

 

Dialogo “costruttivo” con gli ortodossi, cura delle vocazioni, politiche pastorali in grado di seguire i cattolici provenienti da diversi continenti e dunque portatori di tradizioni e sensibilità distinte. Benedetto XVI ha individuato in queste priorità l’impegno apostolico della Chiesa greca, piccola realtà in un Paese ortodosso per oltre il 90%. Il Papa ha affrontato questi temi durante il suo intervento di stamani ai vescovi greci in visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Duecentomila sono i cattolici che vivono oggi in Grecia, ma solo 50 mila lo sono di nascita. Da decenni l’immigrazione dalla vicina Albania come dai più lontani Iraq e Filippine, senza contare i numerosi matrimoni misti, hanno radicalmente mutato il volto della Chiesa locale. Benedetto XVI ha posto questa analisi all’inizio del suo discorso ai presuli greci, riconoscendo il “rapido evolversi della configurazione” delle comunità cattoliche, concentrate in gran parte nella città di Atene. “Problemi pastorali che richiedono tempestive soluzioni”, ha osservato il Papa, affermando di comprendere le “ansie apostoliche” dei vescovi “nei confronti di un gregge notevolmente accresciuto e interiormente variegato”. Confronto e dialogo sono gli strumenti suggeriti da Benedetto XVI come base per una pianificazione pastorale che - ha detto - sappia “venire incontro ai bisogni spirituali dei tanti immigrati”. E il dialogo, insieme alla “perseveranza”, sono stati indicati dal Pontefice come via privilegiata anche per il confronto con la Chiesa ortodossa, i cui vertici - a partire da Sua Beatitudine, l’arcivescovo Christodoulos - sono stati cordialmente salutati da Benedetto XVI:

 

“Vogliamo intensificare la preghiera perché si affretti il giorno benedetto in cui ci sarà dato di spezzare insieme il Pane e di bere insieme allo stesso Calice in cui è posto il prezzo della nostra salvezza. In tale contesto, auspico che si aprano sempre maggiori prospettive di un dialogo costruttivo tra la Chiesa Ortodossa di Grecia e la Chiesa cattolica e si moltiplichino le iniziative comuni di ordine spirituale, culturale e pratico”.

 

Altri due punti sono stati oggetto della riflessione di Benedetto XVI. Il primo riguardante le vocazioni giovanili, che il Papa ha esortato a “coltivare con cura”. Il secondo, relativo al tavolo negoziale che la Chiesa cattolica greca ha intavolato da tempo con le istituzioni nazionali per il riconoscimento di uno “statuto giuridico appropriato”, in sintonia con la legislazione greca ed europea:

 

“La Chiesa Cattolica non cerca alcun privilegio, ma chiede soltanto di veder riconosciuta la propria identità e missione, così da poter efficacemente recare il proprio contributo al benessere integrale del nobile Popolo greco, di cui voi siete parte integrante. Con pazienza e nel rispetto delle legittime procedure, sarà possibile giungere, grazie all’impegno di tutti, all’auspicata intesa”.

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LA CARITA’ APPARTIENE ALLA NATURA STESSA DELLA CHIESA:

 E’ QUANTO SOTTOLINEATO DA BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA

ALLE ASSOCIAZIONI PRO PETRI SEDE ED ETRENNES PONTIFICALES, CHE

OGNI ANNO RACCOLGONO FONDI PER LE OPERE DI SOLIDARIETA’ DEL PAPA

 

La carità è espressione dell’essenza stessa della Chiesa: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai membri delle associazioni belghe Pro Petri Sede ed Etrennes pontificales, ricevuti, stamani in udienza, in occasione della consegna delle collette raccolte, durante l’anno, in favore delle opere di solidarietà del Papa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza”: Benedetto XVI ha riecheggiato, stamani, uno dei passaggi forti della sua Enciclica “Deus caritas est”. L’occasione è stata offerta dall’udienza alle associazioni caritative Pro Petri Sede ed Etrennes pontificales. Nell’incontro, il Papa ha lodato l’impegno dei due sodalizi per promuovere le opere di solidarietà della Chiesa. Un ringraziamento che il Pontefice ha rivolto a nome di tutte quelle comunità cristiane che nella loro missione sono aiutate da fondi raccolti dalle due associazioni.

 

 Ha, quindi, ribadito che i compiti fondamentali della Chiesa sono l’annuncio della Parola di Vita, l’amministrazione dei Sacramenti e, appunto, la messa in opera della Carità di Cristo. Né ha mancato, infine, di mettere l’accento sul senso di comunione ecclesiale che si esprime nel gesto generoso di solidarietà espresso ogni anno dalle due associazioni. Un segno, ha detto, dell’attaccamento alla Sede apostolica.

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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LA TRAGEDIA AEREA

DI IERI IN NIGERIA, CHE HA FATTO UN CENTINAIO DI VITTIME

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Benedetto XVI ha espresso il suo profondo dolore per il disastro aereo avvenuto ieri in Nigeria, quando un Boeing 737 della Compagnia aerea privata locale “Adc” è precipitato poco dopo il decollo dall'aeroporto della capitale Abuja, provocando la morte di 99 persone, tra cui il leader spirituale dei musulmani della Nigeria, il sultano di Sokoto, Mahammadu Maccido. Soltanto sei i superstiti. Nel telegramma a firma del cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa ricorda il sultano ed esprime la propria solidarietà per le vittime e i loro familiari. “Nell’offrire ferventi preghiere”, si legge, il Pontefice “chiede a Dio di infondere coraggio e forza a tutti coloro che soffrono” per questa tragedia.

 

 

ENTUSIASMO DEI GIOVANI CATTOLICI ITALIANI PER L’ANNUNCIO

DELLA PARTECIPAZIONE DEL PAPA AL LORO INCONTRO DI LORETO,

 NEL SETTEMBRE 2007. CON NOI, IL RESPONSABILE DELLA PASTORALE

 GIOVANILE DELLA CEI, MONS. PAOLO GIULIETTI

 

Un annuncio atteso con trepidazione: i giovani cattolici italiani hanno accolto con entusiasmo le parole di Benedetto XVI che ieri, all’Angelus, ha voluto annunciare personalmente la sua partecipazione al loro incontro nazionale di Loreto, in programma l’1 e 2 settembre 2007. Per una testimonianza sull’importanza attribuita dai giovani a questo incontro con il Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Paolo Giulietti, responsabile del Servizio per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana:

 

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R. - Sicuramente da parte dei giovani c’era molta attesa per la presenza del Papa a Loreto dopo che il cardinal Ruini, nel suo discorso conclusivo di Verona, aveva annunciato che il Papa era stato invitato. Io credo che nel mondo giovanile italiano questo annuncio abbia suscitato molto entusiasmo. Personalmente, la sera prima dell’annuncio, ero a Noto in Sicilia e i ragazzi mi dicevano che si aspettavano ci fosse una conferma da parte del Papa di questo invito anche perché allora sarebbero stati più entusiasti di andare a Loreto.

 

D. - L’entusiasmo è proprio uno degli elementi che forse più caratterizza il rapporto tra i giovani e Benedetto XVI…

 

R. - Direi che il Papa sa porgere dei contenuti di grande spessore in un linguaggio che i giovani possono capire e questo mi sembra che sia accolto dai ragazzi con molta soddisfazione. Hanno desiderio di contenuti e hanno piacere che un Papa li possa spiegare e li possa porgere con questa facilità di comprensione. Benedetto XVI ha questa attenzione alla pastorale dell’intelligenza, cercando di restituire un fondamento di razionalità alla fede. Io credo che questa esigenza sia molto sentita dai giovani che sicuramente hanno un modo di vivere la fede che sottolinea l’emotività, la gioia di stare insieme ma che ha anche bisogno di fondamenti. Questo perché oggi vivere la fede anche per i giovani significa fare i conti con tante domande, tante sfide verso le quali se non si è attrezzati poi ci si trova a disagio. Per questo credo che l’esigenza di una maggiore conoscenza della fede, di un approfondimento anche razionale della propria esperienza di credente, sia un’esigenza avvertita dai giovani in maniera forte.

 

D. - Il Papa ha auspicato che l’incontro di Loreto sia un momento di gioia nella prospettiva della missione, con il cuore rivolto già alla GMG di Sydney…

 

R. - Il Papa nel suo messaggio per la XXI Giornata Mondiale della Gioventù, cioè quella del 2006, aveva indicato un percorso di avvicinamento a Sydney e questo percorso è proprio ritmato dalla missione e dal protagonismo dello Spirito Santo che è l’anima dell’evangelizzazione. Sappiamo anche che la missione è al cuore del percorso decennale della Chiesa italiana. Allora è un felice armonizzarsi di questi intendimenti, declinati certamente secondo le modalità che sono proprie dei giovani.

 

D. - Come il servizio per la pastorale giovanile della CEI si sta preparando a questo evento?

 

R. - Noi ci stiamo preparando innanzitutto lavorando sul triennio, su questo percorso triennale sulla missione e quindi stiamo preparando e aiutando le diocesi a viverlo bene, a investirci delle risorse. Poi ci stiamo preparando perché i due eventi grandi di questo percorso, cioè l’incontro dei giovani di settembre e la GMG di Sydney, siano dei momenti che sappiano dare un tono, delle motivazioni, dei contenuti ulteriori a questo percorso. Speriamo siano momenti che fanno fare salti di qualità del cuore e dell’intelligenza, necessari per far fare un passo in avanti alla nostra pastorale giovanile.

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SABATO 4 NOVEMBRE, IN SAN PIETRO, BENEDETTO XVI PRESIEDERA’

LA MESSA PER I CARDINALI E VESCOVI DEFUNTI DURANTE L’ANNO

 

L’ufficio delle celebrazioni liturgiche rende noto che sabato 4 novembre 2006, alle ore 11.30, Benedetto XVI presiederà, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, la concelebrazione della Santa Messa con i membri del Collegio Cardinalizio, in suffragio dei cardinali e vescovi defunti durante l’anno.

 

 La nostra emittente seguirà la celebrazione con una radiocronaca diretta a partire dalle ore 11,20 con commento in lingua italiana, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenze di 105 MHz.

 

 

LA STORIA DI GESÙ CRISTO IN ASIA: UNA CELEBRAZIONE DI VITA E DI FEDE”:

TEMA DEL PRIMO CONGRESSO MISSIONARIO ASIATICO, SVOLTOSI IN THAILANDIA

- Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe -

 

A Chiang Mai, in Thailandia, si è svolto nei giorni scorsi il Primo Congresso Missionario Asiatico, sul tema “La storia di Gesù Cristo in Asia: una celebrazione di vita e di fede”, organizzato dalla Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (FABC), su proposta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ha presieduto i lavori l’Inviato Speciale del Santo Padre, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, già prefetto di Propaganda Fide. Era stato proprio il cardinale Sepe a promuovere a suo tempo questo incontro in Asia. Di ritorno dalla Thailandia, lo ha intervistato Giovanni Peduto:

 

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R. – Questo primo Congresso missionario dell’Asia è un’idea che avevo proposto ai vescovi delle Conferenze episcopali asiatiche alcuni anni fa, sull’esempio di quello che già si fa da tempo ormai in America: America Latina prima e poi adesso in tutte le Americhe.  E’ un’idea che fu ben accolta dai presidenti delle Conferenze episcopali, i quali vi hanno poi lavorato fino a giungere a questo primo Convegno, che si è svolto nel nord della Thailandia, a Chiang Mai. La rappresentazione di più di mille delegati, con tutti i vescovi, in realtà, di tutti i Paesi che compongono questo vasto continente, ha fatto sì che si facesse un’analisi profonda di tutta l’evangelizzazione in questo continente. Sappiamo che è uno dei continenti con il minor numero di cattolici, in proporzione al vasto numero degli abitanti, più di quattro miliardi, mentre i cattolici si aggirano sui 120 milioni, quindi appena il 2,5 o 6 per cento. Questo esame di coscienza, questo approfondimento e soprattutto la ricerca di una via che potesse impegnare i cattolici ad un’evangelizzazione nel contesto culturale, sociale e religioso dell’Asia, è stato un momento forte. Oltre alla presa di coscienza c’è l’impegno di tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici ad evangelizzare con quella metodologia, con quella inculturazione, che è tipica del continente asiatico.

 

D. – Eminenza, lei ha accennato al fatto che i cristiani, i cattolici in particolare, sono una minoranza nel grande contesto asiatico: secondo quali modalità il Vangelo può penetrare nel variegato mondo di culture asiatiche?

 

R. – Rimane sempre lo strumento fondamentale: un’inculturazione vera, inculturazione sicura. Così come il magistero, soprattutto di Giovanni Paolo II, aveva espresso in diverse occasioni, questo metodo di autentica inculturazione tiene presente la realtà, la quale si deve evangelizzare, e segue poi la testimonianza della carità. Devo dire che nel continente asiatico le opere caritative che hanno un loro risvolto sociale sono una presenza che va molto al di là del numero dei cattolici presenti nelle singole nazioni. Mi riferisco soprattutto ai grossi Paesi come la Cina e l’India, dove la realtà caritativa costituisce uno dei perni attorno a cui gira poi tutta l’attività delle nostre organizzazioni cattoliche. Credo che una giusta inculturazione con una testimonianza della carità siano le vie maestre sulle quali bisogna incamminarsi per evangelizzare oggi questo meraviglioso e pur difficile e delicato continente asiatico.

 

D. – Mi permetta Eminenza di spostarci dall’Asia al contesto della sua Chiesa attuale di cui è pastore, l’arcidiocesi di Napoli. Quali peculiarità e anche difficoltà trova nello svolgimento della sua nuova missione?

 

R. – Ci sono delle ricchezze enormi, costituite soprattutto dall’impegno da parte dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, che vivono intensamente, inculturati profondamente nel contesto sociale, culturale, religioso del popolo napoletano. Persone che si dedicano veramente senza risparmio di tempo e di energie alla cura delle anime, ma anche ai risvolti che queste realtà presentano, risvolti di carattere sociale, caritativo. In questo senso, direi che c’è una comunanza di situazioni che rende anche più consono l’impegno ministeriale in questa nostra realtà. Devo dire che ci sono un buon numero di sacerdoti e religiosi, purtroppo ancora insufficienti, per rispondere ai bisogni enormi che esistono nel territorio. Ma proprio la buona volontà, proprio l’impegno, proprio questo desiderio di incarnare il Vangelo di Cristo in questa realtà, tutto questo dà tanta speranza e tanta fiducia.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Angelus: il Papa condanna il crimine dei sequestri e fa suo l'appello per la liberazione di Giovanni Battista Pinna.

Nel discorso ai vescovi della Grecia Benedetto XVI ha sottolineato che la Chiesa cattolica non cerca alcun privilegio, ma chiede soltanto di veder riconosciuta la propria identità e missione.

 

Servizio estero - Pakitan: uccisi ottanta fondamentalisti islamici in un raid al confine con l'Afghanistan.

 

Servizio culturale - Un articolo di Danilo Mazzoleni da titolo "Un tenace erudito del '600 che salvò dall'oblio preziose testimonianze artistiche e religiose dell'Urbe": un ritratto di mons. Giovanni Giustino Ciampini, autore dei "Vetera Monimenta", opera fondamentale sugli antichi edifici di culto di Roma.

 

Servizio italiano - Criminalità: un clima di morte opprime Napoli. Ancora violenza: due morti in poche ore.  

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 ottobre 2006

 

 

STRAGE IN IRAQ: ALMENO 38 MORTI IN TRE DIVERSI ATTENTATI A BAGHDAD

- Con noi, William Warda -

 

Ennesima strage in Iraq: almeno 38 persone morte e un centinaio ferite in tre diversi attentati a Baghdad. Intanto, è ripreso con toni accesi il processo a Saddam Hussein e a sette coimputati sullo sterminio di 180 mila curdi tra il 1987 e il 1988 nelle campagne di Anfal. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Attentato più grave a Sadr City, quartiere sciita di Baghdad: almeno 28 morti, tra gli operai in attesa di lavoro. E poi, 8 vittime per due autobombe ad ovest della capitale. Ucciso, inoltre, il presidente dell'Associazione dei professori universitari iracheni, il geologo Isam Khadim al-Rawi, mentre stava recandosi al lavoro. Intanto, a Kirkuk, a nord della capitale, un kamikaze si è fatto esplodere davanti a una stazione di polizia, uccidendo almeno 2 persone. E con la morte di un soldato americano nella provincia occidentale di Al Anbar, hanno raggiunto quota 100 i soldati e i civili statunitensi uccisi in Iraq in ottobre, uno dei mesi con maggiori perdite per le forze Usa. Da parte sua, il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, ha dichiarato che l’Iraq chiederà al Consiglio di sicurezza dell’ONU la proroga di 1 anno del mandato delle forze americane nel Paese, che scade il 31 dicembre. Una presenza ritenuta “indispensabile” per la sicurezza del Paese. Zebari ha anche detto che non ci sono spaccature con gli Stati Uniti sugli obiettivi finali, nonostante le tensioni della scorsa settimana riguardo a quanto controllo esercita il governo iracheno sulle sue forze di sicurezza. Infine, al processo a Saddam Hussein, che è stato aggiornato a domani, il capo del team della difesa dell’ex rais ha lasciato l’aula del tribunale, protestando contro il rifiuto della corte di riammettere al procedimento i legali stranieri espulsi il 21 agosto scorso.

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E ieri in Iraq, una popolare giornalista curda della stazione televisiva Al-Iraqiya, Nakshin Hamid, è stata uccisa nel centro di Baghdad insieme con il suo autista. I due erano stati rapiti da un commando armato mentre si recavano al lavoro. Ma cosa significa essere giornalisti oggi in Iraq? Giada Aquilino lo ha chiesto al giornalista cristiano iracheno, William Warda, della comunità siro cattolica locale, che in questi giorni in Italia ha ricevuto il premio dell’associazione “Information Safety and Freedom” – Città di Siena:

 

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R. – It is very risky and you must be struggling …

Essere giornalisti oggi in Iraq significa correre molti rischi, perché bisogna lottare per cercare la verità. È un continuo sacrificio. E’ quindi necessario assicurare la solidarietà internazionale ai giornalisti rapiti in Iraq e in Afghanistan, rendendo pubbliche le loro sofferenze e le difficoltà a raccontare liberamente la realtà circostante. Questo è il mio obiettivo principale, con l’impegno inoltre ad essere vicino alle famiglie di tanti colleghi uccisi o rapiti, sia in Iraq, sia in Afghanistan. Dall’inizio della guerra sono morti oltre 170 giornalisti: più di 150 iracheni e una ventina di stranieri. Al momento in Iraq, non ci sono leggi che garantiscano la sicurezza per chi fa il nostro mestiere.

 

D. - Nelle ultime ore è stata uccisa una giornalista curda e sono proseguiti gli attentati in tutto l’Iraq: perché questa escalation di violenza?

 

R. – You know, this kind of violence is increasing day by day. …

La violenza in Iraq sta aumentando ogni giorno. La libertà di stampa è un segnale di democrazia: quindi, uccidendo i giornalisti, c’è chi vuole uccidere questa democrazia. Gli iracheni hanno combattuto per anni per ottenere la loro libertà, ma in questo momento ci sono molte forze che hanno interesse a far sì che in Iraq non ci sia stabilità: per esempio Al Qaeda, alcuni Paesi confinanti con l’Iraq, i sostenitori del partito Baath di Saddam Hussein. Purtroppo oggi l’Iraq è un vero campo di battaglia e a pagare è la popolazione civile.

 

D. – Quali sono le condizioni in cui oggi vivono i cristiani iracheni?

 

R. – The Christians of Iraq, now, they are suffering most.

I cristiani in Iraq oggi soffrono moltissimo. Sono vittime di continue minacce, soprattutto nelle zone di Baghdad e Mossul. Da queste aree i cristiani stanno fuggendo, si stanno spostando verso il nord. Dopo gli attacchi che ci sono stati negli ultimi tempi alle chiese cristiane in Iraq e contro i sacerdoti locali, prima rapiti e poi uccisi, la situazione è peggiorata: adesso i cristiani stanno cercando di fuggire pure in altri Paesi, in Siria, in Giordania, in Europa. L’impegno, dunque, è quello di trovare una soluzione anche per loro.

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LULA DA SILVA SI RICONFERMA PRESIDENTE DEL BRASILE:

ANCORA LA LOTTA ALLA POVERTA’ TRA LE PRIORITA’ DEL SUO PROGRAMMA

- Intervista con Maurizio Chierici -

 

Ignacio Lula da Silva si è riconfermato alla guida del Brasile. Nel ballottaggio di ieri, il capo dello Stato ha nettamente battuto, con più del 60% dei consensi, l’altro candidato, il socialdemocratico Geraldo Alckmin, che ha ottenuto il 39% dei voti. Per gli osservatori, l’elezione di Lula è la conferma che nel corso della campagna elettorale il presidente in carica è riuscito a riconquistare una parte di quelle classi medie, pari ad un terzo del Paese, che, nel primo turno, gli avevano votato contro per gli scandali di corruzione all’interno del suo partito. Il servizio di Luis Badilla:

 

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Lula da Silva, leader del Partito dei lavoratori, molto penalizzato nelle elezioni parlamentari proprio per gli scandali che hanno coinvolto i suoi massimi dirigenti, entra nella storia del suo Paese come il terzo governante, dopo Getulio Vargas e Fernando Henrique Cardoso, che riesce a farsi rieleggere in una nazione molto riluttante a riconfermare il suo presidente. “La rielezione è una cosa importante, ha detto Lula, parlando già da vincitore ieri mattina. Poi, quando la sua vittoria era ormai certa, ha ribadito la sua intenzione di negoziare con tutti i partiti, compresa l'opposizione dei socialdemocratici. “Dobbiamo discutere sul Brasile con molto più amore e con un maggiore coinvolgimento di tutti per i prossimi anni”, ha sentenziato Lula in conferenza stampa. “Il primo obiettivo del nuovo governo – ha detto ancora – sarà lo sviluppo”. Il Brasile cresce molto lentamente rispetto agli altri Paesi dell’America Latina, anche perché negli ultimi quattro anni ha optato per una politica macroeconomica piuttosto cauta, contenendo inflazione, debito e spesa pubblica. Ora, presumibilmente, si cambierà strada. Tarso Genro, uno dei pochi collaboratori di Lula sopravvissuti agli scandali, ha parlato ieri di un tasso di crescita al di sopra del 5% per il 2007, tasso che oggi è del 2,5%. Dall’altra parte, preoccupa il fatto che il presidente rieletto non ha, nel nuovo Congresso, i numeri per governare e ciò lo costringerà alla ricerca di intese politiche più ampie, guardando sia al centro-destra, sia al centro-sinistra. La stampa parla di un “Presidente zoppicante” che ora, quasi senza partito e affidandosi solo al suo carisma personale, dovrà dimostrare le sue vere doti di statista.

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Ma che significato ha per il Brasile e per la comunità internazionale la riconferma di Lula da Silva alla presidenza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

 

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R. – Il Brasile certamente è un Paese chiave. Le sue frontiere si appoggiano su otto Paesi e quindi la stabilità del Brasile, non solo politica, ma anche economica, vuol dire molto per l’America Latina. E’ importante, anche per moderare il radicalismo di altri Paesi, come il Venezuela, come la Bolivia. E’ una soluzione, una prospettiva, che tranquillizza gli investitori, che rianimerà l’economia.

 

D. – La vittoria di Lula da Silva tranquillizza quindi anche gli Stati Uniti, nei confronti dei quali il presidente brasiliano non è mai stato tenero …

 

R. – Da una parte, gli Stati Uniti, per un momento, hanno pensato di farcela a riportare il liberismo di Cardoso in Brasile. L’altro sentimento, però, è che il Brasile è tornato ad essere un Paese affidabile, seppure con qualche fatica. I Paesi nei quali si specchia – Cina e India – sono al 10 per cento di crescita del prodotto nazionale lordo, mentre il Brasile si è ripreso, ma non supera il 3,5 per cento.

 

D. – Eppure, anche Lula da Silva ha dovuto fare i conti con sondaggi di qualche tempo fa che lo davano in netto calo. C’è il rischio che possa ritornare lo scontento nei suoi confronti?

 

R. – Questo è il grande interrogativo, perchè è vero che c’è stato un calo, ma è dovuto anche alla sinistra radicale ed estrema brasiliana che lo accusava di non fare tutte le riforme che ha fatto. In realtà, lui ha fatto tante cose, ma non sono sufficienti. 45 milioni di persone hanno ricevuto aiuto con l’obbligo di mandare a scuola i figli, quindi mangiano almeno una o due volte al giorno, e otto milioni di famiglie sono uscite dall’indigenza con l’operazione “Fame zero”, ma ciò è ancora insufficiente in Brasile. Questo dà qualche pensiero. Quindi, il futuro è ad un bivio: o fare le riforme fino in fondo, oppure tener d’occhio la macroeconomia per riportare il Brasile ad uno stato di assoluta indipendenza economica, o per lo meno di grande rilievo economico nel mondo e proiettarlo verso un futuro tranquillo. Chissà cosa succederà. Certo, lui ha la responsabilità di nominare il successore.

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LA FAO AMMETTE CHE L’OBIETTIVO DI DIMEZARE LA FAME NEL MONDO ENTRO IL 2015 NON SARA’ RAGGIUNTO

 

La FAO ammette: entro il 2015 non verrà raggiunto l’obiettivo di dimezzare la fame nel mondo, la Comunità internazionale ha fallito i propri obiettivi.  Questo il punto centrale del rapporto presentato stamane in conferenza stampa a Roma. C’era per noi Stefano Leszczynski:

 

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Duro intervento del direttore generale della FAO, Jacques Diouf, in occasione della presentazione del rapporto sullo stato di insicurezza alimentare mondiale. Gli Stati non si sono impegnati secondo le promesse fatte 10 anni fa e il numero delle persone che soffrono la fame nel mondo è rimasto pressoché invariato. Almeno 815 milioni distribuiti in maggior parte nell’Asia sudorientale, in Africa sudsahariana e in America latina. Non verrà quindi raggiunto l’obiettivo del millennio di dimezzare la popolazione affamata entro il 2015 e questo soprattutto perché gli Stati non hanno mutato le proprie politiche stanziando finalmente lo 0,7 % del PIL in aiuti allo sviluppo. E, dall’altra parte, anche perché gli Stati in via di sviluppo non sono stati capaci di avviare dei programmi di sviluppo dell’agricoltura. Gli obiettivi non sono stati raggiunti, fa notare la FAO, ma sottolinea ciò non deve essere considerato come una sconfitta per l’Organizzazione delle Nazioni Unite. I 3 milioni di persone salvate dalla fame dimostrano che le azioni intraprese funzionano ma che servono maggiori investimenti. Non ha aiutato del resto neppure la situazione politica internazionale attraversata da crisi che hanno inciso negativamente sullo sviluppo del livello globale. In ogni caso, le stime più ottimistiche della FAO vedono un ridimensionamento degli obiettivi se tutto funzionerà, il che significa nella migliore delle ipotesi una riduzione di persone che soffrono la fame di ben 170 milioni anziché i 412 milioni inizialmente previsti.

 

Dalla FAO, Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.

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PIU’ QUANTITA’ MA MENO QUALITA’:

IL VI RAPPORTO DA CENSIS E UCSI FOTOGRAFA

LA COMUNICAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA

- Con noi, Raffaele Pastore -

 

“Le diete mediatiche degli italiani nello scenario europeo”: questo il tema del VI Rapporto sulla comunicazione stilato dal CENSIS e dall’UCSI – Unione Cattolica Stampa Italiana. Il documento, presentato stamattina a Roma, rivela una realtà europea culturalmente fragile, in cui l’offerta comunicativa è ampia solo nella quantità e non nella qualità. Il servizio di Isabella Piro:

 

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La vera cultura dell’Occidente è la comunicazione ad oltranza, che non segue più le regole della domanda e dell’offerta, ma si immerge in una realtà virtuale, priva di contenuti. Il giudizio di Giuseppe De Rita, segretario generale del CENSIS, fotografa molto bene il rapporto che c’è tra pubblico e mass media sia in Italia che in Europa.

 

I primi risultati del Rapporto, in attesa del volume completo che sarà pronto a febbraio, rivelano che i mezzi ad autentica comunicazione di massa sono al massimo 5 nei principali Paesi europei. Tra questi, c’è naturalmente la tv tradizionale, che in Italia ha un pubblico che sfiora il 95%, vicino al 94% della Gran Bretagna e all’83% della Francia. C’è poi il capitolo libri: secondo il CENSIS, leggere non è più un lusso per pochi, poiché in Francia e Spagna la lettura coinvolge i due terzi della popolazione, in Gran Bretagna e Germania i tre quarti, mentre in Italia, più del 50% della popolazione ha letto almeno un libro all’anno.

 

Quanto ad Internet, nel Nord Europa si rivela un vero mass media, basti pensare che coinvolge il 61% dei britannici. Cifre molto alte anche per la radio ed i quotidiani, che rivelano percentuali di diffusione oscillanti tra il 60 e l’80% in tutti i Paesi europei. In questo quadro, l’Italia fa la sua parte: le tecnologie aumentano e la Penisola corre, dice il CENSIS. Il problema è che gli altri Paesi sono comunque più avanti, soprattutto nella trasformazione della tv da tradizionale a digitale. Ma a cosa è dovuta questa discrepanza? Raffaele Pastore, responsabile comunicazione del CENSIS:

 

“La discrepanza è dovuta a fattori culturali e a fattori demografici. A fattori culturali, perché l’Italia è un Paese che laurea ancora poche persone. La variabile del titolo di studio è fortemente interconnessa all’uso dei media o di molti media, soprattutto di quelli digitali. Dal punto di vista demografico, poi, perché l’Italia è un Paese un po’ più ‘anziano’, rispetto agli altri, quindi la dimestichezza con i media o con i media digitali è un po’ più a rilento”.

 

Da sottolineare infine un dato significativo: l’80% degli italiani usa i mass media per informarsi, il 69% per approfondire, il 46% per ascoltare musica.

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CHIESA E SOCIETA’

30 ottobre 2006

 

 

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA

PREOCCUPATO PER LA DECISIONE DEL PRESIDENTE ALVARO URIBE

 DI RICORRERE AD AZIONI MILITARI PER LIBERARE I SEQUESTRATI

IN MANO ALLE FORZE ARMATE RIVOLUZIONARIE

 

BOGOTA’. = Occorre cercare “un accordo umanitario tra le parti”: è quanto ha affermato il segretario generale della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Fabián Marulanda López, commentando la decisione del presidente Alvaro Uribe di far partire un piano di azioni per “liberare molte delle persone in ostaggio dei guerriglieri delle Forze Armate rivoluzionarie della Colombia (FARC)”. “Le parole del presidente - ha detto il presule - hanno provocato sentimenti contrastanti fra molti colombiani, in particolare tra i parenti dei sequestrati i quali temono che l’annuncio possa chiudere le porte ai negoziati allontanando la firma di un accordo umanitario”. Uribe vuole sospendere lo scambio di prigionieri con i guerriglieri delle FARC perché ritiene che l’unico percorso possibile oggi sia quello dell’intervento militare e di polizia. La decisione del presidente è giunta dopo il recente attentato nella scuola militare di Bogotà che ha provocato numerosi feriti. I guerriglieri delle FARC hanno smentito di essere gli autori dell’esplosione, a loro attribuita dal governo. Uribe, intanto, ha ordinato all’esercito di rafforzare le operazioni militari per liberare i sequestrati in mano al gruppo armato rompendo le trattative per la smilitarizzazione dei comuni di Florida e Pradera, nel dipartimento sudorientale di Valle del Cauca, designati come sedi dei colloqui per un accordo umanitario. “È l’unica strada che ci resta. Non posso continuare questa farsa dell’interscambio umanitario (tra gli ostaggi della guerriglia e i ribelli detenuti nelle prigioni colombiane, ndr) come hanno richiesto le FARC”, ha concluso il presidente Uribe. Secondo mons. Marulanda López Uribe avrebbe lanciato alle Forze Armate del Paese “una sfida molto grande”. Secondo stime attendibili, attualmente in Colombia, le persone sequestrate (per motivi vari: politici, criminali, droga, estorsione) sono oltre 2 mila. L’accordo umanitario ne coinvolge solo 62 che le FARC hanno riconosciuto di avere sequestrato per motivi politici. Ricordiamo che ieri, all’Angelus, Benedetto XVI ha rivolto un pressante appello per la liberazione di tutti i sequestrati nel mondo. Tale appello, ha detto il Papa, risponde alle tante “richieste di intervento” che giungono in Vaticano da ogni parte. E nel condannare fermamente il crimine, il Santo Padre ha voluto assicurare anche il suo ricordo, nella preghiera, per tutte le vittime e per i loro familiari e amici. (L.B. - T.C.)

 

 

L’ESARCATO APOSTOLICO DELLA BULGARIA HA CELEBRATO L’80.MO ANNIVERSARIO

DELLA SUA COSTITUZIONE. MONS. HRISTO PROYKOV:

NON DIMENTICHIAMO LA TESTIMONIANZA DI CHI CI HA PRECEDUTI

 

SOFIA. = “Celebriamo questo anniversario senza dimenticare la testimonianza di fede lasciataci dai nostri predecessori e soprattutto i momenti difficili che hanno dovuto affrontare”: è quanto ha dichiarato l’esarca apostolico e presidente della Conferenza episcopale in Bulgaria mons. Hristo Proykov, nella festa per l’ottantesimo anniversario dell’Esarcato Apostolico nel Paese balcanico. Iniziati a Sofia il 27 ottobre nella chiesa di rito bizantino “Maria Assunta”, i festeggiamenti si sono conclusi il giorno dopo con una solenne liturgia e con la benedizione della nuova biblioteca, la nuova cappella e il nuovo museo dell’Esarcato. Le cerimonie si collocano nel contesto del grande giubileo del 2010 che la Chiesa cattolica di rito bizantino-slavo in Bulgaria si prepara a celebrare a 150 anni dalla sua costituzione. “Non dobbiamo dimenticare le persecuzioni durante il periodo ateo-comunista – ha detto mons. Hristo Proykov – quando preti, suore e vescovi sono stati incarcerati o addirittura uccisi. Dopo i cambiamenti democratici del 1989, con l’arrivo di giovani preti e nuove vocazioni, per la Chiesa di rito bizantino-slavo ora è iniziata una nuova primavera”. Per il presidente della Conferenza episcopale bulgara la Chiesa sta testimoniando che, malgrado le difficoltà, quando per l’uomo tutto sembra perduto, la storia del disegno di Dio continua. “Oggi siamo più convinti che Dio è con noi – ha proseguito l’esarca – perché la verità vince sempre e fa crescere ogni opera legata a Dio”. La Chiesa Cattolica di rito bizantino-slavo in Bulgaria nasce nel 1860 per desiderio di alcuni vescovi bulgari che volevano distaccarsi da Costantinopoli e che dichiararono di volere l’unione con Roma. L’iniziativa venne approvata da Pio IX che nominò mons. Iosif Sokolski arcivescovo e vicario apostolico per i bulgari cattolici consacrandolo personalmente nella Cappella Sistina. Mons. Sokolski, rapito con l’inganno dai russi, morì poi in un convento di Kiev il 30 settembre del 1878. Nel 1931 Pio XI nominò mons. Angelo Roncalli il futuro Papa Giovanni XXIII delegato apostolico in Bulgaria. La comunità cattolica, con slavo-bizantini e latini dispersi in piccoli e poveri villaggi, lontani l’uno dall’altro, fu incoraggiata notevolmente da mons. Roncalli che propose una riorganizzazione delle circoscrizioni ecclesiastiche. Approvata dalla Santa Sede tale riorganizzazione comportò l’unificazione dei bulgari di rito orientale in un unico esarcato con sede a Sofia. Primo vescovo dell’esarcato apostolico è stato il vescovo Kiril Kurtev. Oggi, in Bulgaria, i cattolici di rito bizantino-slavo sono distribuiti in 25 parrocchie dove sono impegnati 26 sacerdoti. (T.C.)

 

 

UN RAPPORTO DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO RIVELA CHE NEI CINQUE CONTINENTI, 85 MILIONI DI GIOVANI SONO SENZA OCCUPAZIONE.

OCCORRONO PROGRAMMI MIRATI PER DAR VITA A 400 MILIONI DI POSTI DI LAVORO

 

GINEVRA. = Sono 85 milioni i giovani disoccupati nel mondo, mentre in 300 milioni vivono sotto la soglia di povertà: è quanto denuncia un rapporto sulle tendenze occupazionali globali per i giovani, (Global employment trends for youth 2006”), diffuso oggi dall’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO). Lo studio, in un confronto con i dati del 1995, registra un incremento consistente della disoccupazione giovanile, pari al 14,8 per cento. “Nonostante una maggiore crescita     economica – ha affermato il direttore dell’ILO, Juan Somavia – l’incapacità delle economie di creare un numero sufficiente di posti di lavoro, colpisce in modo particolarmente duro i giovani”. A livello regionale, il tasso di sottoccupazione più alto – per la popolazione tra i 15 e i 24 anni – si registra in Medio Oriente e in Nord Africa. Le economie sviluppate e l’Unione europea rappresentano, invece, l’unica area in cui si segnala un notevole incremento occupazionale negli ultimi 10 anni. Assai problematiche sono le condizioni delle giovani donne, le cui opportunità di lavoro sono più limitate rispetto a quelle degli uomini, sia per motivi culturali sia a causa della difficoltà di conciliare lavoro ed impegni familiari. Lo studio dell’ILO evidenzia inoltre come la presenza di giovani disoccupati determini costi notevoli, tra questi sono da annoverare le elevate spese dei programmi di sostegno e prevenzione per quanti, senza lavoro, cadono nel crimine o nell’uso di droghe. A fronte di tali spese, a peggiorare il quadro economico, sono l’assenza di risparmi e la riduzione di investimenti. Particolarmente grave, poi, è l’aumento di giovani che, oltre a non avere un lavoro, non possiedono neanche un’istruzione. Secondo l’ILO sarebbe necessario creare, a livello mondiale, 400 milioni di posti di lavoro dignitoso e produttivo, affinché i giovani possano valorizzare al meglio le proprie potenzialità. Il rapporto aggiunge che vi sarebbe bisogno di mettere in piedi politiche e programmi nazionali mirati, così da reintegrare, a livello sociale ed occupazionale, quelle categorie di giovani più vulnerabili. (A.S.)

 

 

UN CORO DEI BAMBINI DELLA BASILICA ROMANA DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME LANCIA UN MESSAGGIO DI FRATERNITA’ ATTRAVERSO IL CD “E20 DI STELLE”.

IN 13 CANZONI L’INVITO AL DIALOGO INTERRELIGIOSO

 LUNGO LE CITTA’ DI DUE ANTICHI PELLEGRINAGGI

 

ROMA. = Vuole sensibilizzare le persone al dialogo interreligioso attraverso la voce dei bambini “Svegliati Francesco”, l’idea che il coro “Le matite colorate” ha presentato oggi a Roma. Si tratta di un’iniziativa che prevede una serie di concerti per valorizzare gli itinerari delle Vie Francigene e i Cammini di Santiago. Lo scopo è anche quello del progetto di cooperazione “I cammini d’Europa”, realizzato nell’ambito del programma dell’Unione europea Leader, che vuole incentivare lo scambio socio-culturale nei territori attraversati dai due pellegrinaggi. I bambini del coro, nato nella Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme e diretto da padre Luca Zecchetto e dal maestro Germano Neri, accompagneranno il progetto con 13 brani. Attraverso un simbolico viaggio musicale le interpretazioni ricreano atmosfere, suggestioni, emozioni e sensazioni vissute dai pellegrini lungo i sentieri del tempo e della storia. I 60 elementi del coro, di età compresa fra i 4 e i 16 anni, hanno dato vita per l’occasione ad un cd, “e20 di Stelle”, che vuole dare un messaggio di fraternità. “Le matite colorate”, infatti, da anni si impegnano, attraverso la musica e il canto, a trasmettere valori morali con diverse iniziative. Il loro primo concerto per “I cammini d’Europa” si svolgerà a Roma il 13 novembre alle 21.00 al teatro Manzoni. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 ottobre 2006

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

Almeno 80 sospetti estremisti islamici sono stati uccisi all’alba in un raid aereo dell’aviazione pakistana in un campo al confine nordoccidentale con l’Afghanistan. Obiettivo dell’attacco, una madrasa, una scuola coranica nel cui recinto si sarebbero svolti addestramenti militari. Secondo fonti della sicurezza, fra gli uccisi ci sarebbe Maulana Liaqatullah, il principale esponente filotaleban della scuola sospettato di dare ospitalità a terroristi di al Qaeda.

 

E in Afghanistan, le truppe dell’ISAF, la forza internazionale di sicurezza della NATO, negli ultimi due giorni hanno ucciso 70 ribelli negli scontri avvenuti nella provincia meridionale di Uruzgan. I combattimenti sono scoppiati nel pomeriggio di sabato, quando circa 150 guerriglieri talebani hanno attaccato una pattuglia delle forze afghane e ISAF, nei pressi della base di Tarin Kowt. Negli scontri, un soldato dell’ISAF ha perso la vita, mentre 8 militari sono rimasti feriti. Ancora ignota la nazionalità delle vittime.

 

Ed è ormai da oltre due settimane nelle mani dei suoi rapitori Gabriele Torsello, il fotoreporter italiano sequestrato in Afghanistan il 14 ottobre scorso. Dopo l’appello lanciato dalla moglie, ieri è stata la madre di Torsello a parlare. “Ogni mamma - ha detto - può dire al proprio figlio ‘fai qualcosa per Gabriele’; lo dicesse ogni mamma, ad una ad una”.

 

Negli ultimi tre mesi le forze armate israeliane hanno ucciso nella zona di Gaza circa 300 miliziani palestinesi, in buona parte di Hamas, e Gerusalemme potrebbe avviare nei prossimi giorni un’offensiva su larga scala nella Striscia. Lo ha affermato oggi, secondo Radio Gerusalemme, il premier dello Stato Ebraico, Ehud Olmert, in un intervento di fronte alla Commissione parlamentare per gli Affari Esteri e la Difesa. Olmert avrebbe così respinto le critiche di diversi deputati di destra, secondo cui il governo non opera con sufficiente energia contro la minaccia di Hamas di dotarsi di un maggiore potenziale offensivo. E ancora oggi miliziani palestinesi hanno sparato razzi verso le installazioni del porto israeliano di Ashqelon e verso un insediamento nel Neghev, pare senza provocare vittime. Intanto, il governo israeliano ha approvato la nomina alla carica di ministro per le Questioni Strategiche delfalco’ Lieberman, leader del partito russofono di estrema destra, Israel Beitenu.

 

E uno scandalo sta coinvolgendo il premier israeliano, Olmert, mentre il presidente Katsav respinge le accuse di violenza sessuale e grida al complotto. Olmert è indagato per attività illegali compiute nell’ambito della privatizzazione della Banca nazionale “Leumi”, la seconda più grande in Israele.

 

La risposta dell’Iran in caso di sanzioni ONU per il suo programma nucleare sarà “ferma ed adeguata”: è il monito del presidente della Repubblica Islamica, Ahmadinejad, mentre continuano le difficili trattative fra Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania per decidere eventuali misure nei confronti di Teheran. “Non siamo alla ricerca di tensioni - ha detto Ahmadinejad - ma ogni azione che punti a porci degli ostacoli riceverà una risposta adeguata e ferma da parte del popolo iraniano”.

 

Duplice attentato in Algeria. Due camion bomba sono saltati in aria vicino ad altrettanti commissariati di polizia in due sobborghi a est di Algeri, causando due morti e 17 feriti. Secondo le prime informazioni, gli attacchi sono i più organizzati tra quelli messi in atto da gruppi islamici in Algeria negli ultimi anni.

 

Si conosceranno a novembre i risultati del ballottaggio elettorale di ieri nella Repubblica Democratica del Congo. 25 milioni gli elettori per la scelta del nuovo capo dello Stato, tra il presidente uscente, Joseph Kabila, e l’avversario Jean Pierre Bemba, e di 50 seggi al Parlamento. Le consultazioni sono state caratterizzate da gravi, anche se sporadici, episodi di violenza, nei quali hanno perso la vita due persone. Ci riferisce Giulio Albanese:

 

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Sebbene sia il risultato meno consistente di quanto accaduto in occasione del primo turno elettorale del 30 luglio scorso, l’afflusso degli elettori è stato abbastanza continuo. Per tutta la giornata, c’è stato l’attento monitoraggio di almeno 50 mila osservatori nazionali e di una nutrita schiera di osservatori internazionali tra cui un gruppo di 35 osservatori italiani dell’associazione ‘Beati i costruttori di pace’. Nel complesso è andata dunque bene e il buon andamento della consultazione è stato riconosciuto anche dalla Commissione europea che si è felicitata con il popolo congolese per il suo senso civico e la partecipazione alle elezioni presidenziali. Naturalmente il timore di violenze post elettorali c’è ancora e proprio ieri Kabila e Bemba hanno diffuso una dichiarazione congiunta di intenti post elettorale, nella quale i due candidati si impegnano a fare appelli pubblici alla calma e per il ritorno all’ordine in caso di scontri nei quali siano implicati i rispettivi sostenitori. Il vincitore, si legge ancora nel documento, si impegna a garantire allo sconfitto il rispetto della sua integrità fisica, dell’integrità delle sue proprietà e dei suoi averi finanziari, oltre che un dispositivo di sicurezza personale. Fonti ufficiali hanno fatto sapere che i risultati si sapranno solo entro metà novembre.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese

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E ieri si è votato per le presidenziali anche in Bulgaria, dove al secondo turno ha stravinto, con il 75 per cento dei consensi, il presidente uscente, Georgi Parvanov. Dal ballottaggio esce sconfitto il leader nazionalista, Volen Siderov, leader del partito politico Attacco. L’affluenza alle urne è rimasta bassa con circa il 40 per cento dei votanti.

 

E’ stata approvata con uno scarto ridottissimo - il 52,31 per cento – la nuova costituzione della Serbia, la prima del dopo Milosevic, che ribadisce, tra l’altro, la piena sovranità di Belgrado sul Kosovo. La scarsa affluenza alle urne ha rischiato di far fallire il referendum consultivo di ieri. Emiliano Bos:

 

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Secondo gli osservatori indipendenti di Belgrado, alle urne tra sabato e domenica si è recato poco più del 53 per cento degli aventi diritto che, pur approvando a stragrande maggioranza la nuova costituzione, hanno superato di poco il quorum per la validità della consultazione, fissato al 50 per cento più uno. Il partito liberale serbo ha denunciato numerose irregolarità soprattutto nelle ultime ore di voto. La nuova carta costituzionale approvata già il mese scorso dal parlamento rivendica piena sovranità del Kosovo, definito parte integrante della Serbia. In realtà il futuro della provincia a maggioranza albanese è legato agli esiti del negoziato tra Belgrado e Pristina. La Comunità Internazionale vorrebbe concluderlo entro la fine dell’anno, finora però le posizioni sono rimaste ben distanti: i serbi disposti a concedere solo ampia autonomia, gli albanesi convinti che l’indipendenza sia ormai a portata di mano.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos

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Le conseguenze per il mondo saranno “disastrose” se non si fa nulla per fermare il riscaldamento globale: così, il premier britannico, Tony Blair, che è intervenuto alla presentazione del “Rapporto Stern” sulle gravi conseguenze sull’economia mondiale dell'effetto serra. Per il rapporto, commissionato dal governo britannico, il PIL mondiale potrebbe calare addirittura del 20 per cento a causa del global warming. Blair ha osservato che “questo è il documento sul futuro più importante pubblicato da questo governo da quando è al potere”.

 

La Germania si appresta ad avviare da dicembre un piano graduale di ritiro delle proprie truppe di pace dai Balcani. Il disimpegno inizierà dalla Bosnia-Erzegovina e potrebbe estendersi anche al Kosovo. Lo ha annunciato in un’intervista alla rete pubblica ZDF il ministro della Difesa tedesco, Franz Josef Jung.

 

Si riaccende la tensione in Ciad. Combattimenti sono scoppiati ieri tra le forze governative di N’Djamena e i ribelli dell’Unione delle forze per la democrazia e lo sviluppo nell’est del Paese africano. Nelle violenze, al confine col Sudan, ha perso la vita il capo di Stato maggiore delle forze armate del Ciad.

 

Nulla di fatto, ieri a Ginevra, ai negoziati di pace per lo Sri Lanka, promossi dai mediatori norvegesi per porre fine all’attuale situazione di violenta tensione venutasi a creare nel Paese asiatico. Ce ne parla Chiaretta Zucconi:

 

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Nel loro primo faccia a faccia da febbraio i rappresentanti del governo dello Sri Lanka e delle Tigri Tamil non hanno fatto che accusarsi a vicenda per la nuova ondata di violenze che rischia di far precipitare il Paese in nuova, sanguinosa guerra civile. I Tamil chiedono al governo di riaprire l’autostrada che collega il Nord al resto del Paese e la cui chiusura impedisce il trasporto di forniture alimentari con gravi disagi per la popolazione, ma la richiesta è stata rifiutata dal governo nel corso di questi colloqui. Grande il disappunto dei negoziatori norvegesi che speravano di poter fissare almeno altri due giri di consultazioni da qui a dicembre ma per ora le parti hanno soltanto  ribadito il loro impegno di cessate il fuoco, siglato nel 2002,  e promesso di non lanciare alcuna offensiva militare.

 

Per Radio vaticana, Chiaretta Zucconi

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Protesta finita nel sangue in Messico. La polizia federale preventiva ha occupato ieri sera la piazza centrale di Oaxaca, capitale dell’omonimo Stato. Nell’operazione hanno perso la vita due persone. Alla fine di maggio, 70 mila insegnanti di Oaxaca sono scesi in piazza per chiedere aumenti salariali. Dinanzi all’intransigenza del governatore, Ulises Ruiz, il movimento si è generalizzato, coinvolgendo l’Assemblea popolare.

 

Tommy Suharto, figlio dell'ex dittatore indonesiano Suharto, condannato nel 2002 a 15 anni di prigione per essere stato il mandante dell'assassinio di un giudice, è uscito oggi di prigione.

 

 

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