RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 303 - Testo
della trasmissione di lunedì 30 ottobre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Strage in Iraq:
almeno 38 morti in tre diversi attentati a Baghdad. Ce ne parla William Warda
La FAO ammette che l’obiettivo di dimezzare la fame nel mondo entro il
2015 non sarà raggiunto
CHIESA E SOCIETA’:
L’esarcato
apostolico della Bulgaria ha celebrato l’ottantesimo anniversario della sua
costituzione
70 ribelli e un soldato
della forza ONU uccisi in scontri in Afghanistan.
30 ottobre 2006
BENEDETTO XVI AI VESCOVI GRECI IN VISITA AD LIMINA: IL PAESE HA BISOGNO
DI UNA
RINNOVATA PASTORALE DI ACCOGLIENZA DEGLI IMMIGRATI.
IL SALUTO DEL PAPA ALLE AUTORITA’ ORTODOSSE,
CON L’AUSPICIO
CHE
VENGA PRESTO IL TEMPO DELLA PIENA UNITA’
Dialogo “costruttivo” con gli ortodossi, cura delle
vocazioni, politiche pastorali in grado di seguire i cattolici provenienti da
diversi continenti e dunque portatori di tradizioni e sensibilità distinte.
Benedetto XVI ha individuato in queste priorità l’impegno apostolico della
Chiesa greca, piccola realtà in un Paese ortodosso per oltre il 90%. Il Papa ha
affrontato questi temi durante il suo intervento di stamani ai vescovi greci in
visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
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Duecentomila sono i cattolici che vivono oggi in Grecia,
ma solo 50 mila lo sono di nascita. Da decenni l’immigrazione dalla vicina
Albania come dai più lontani Iraq e Filippine, senza
contare i numerosi matrimoni misti, hanno radicalmente mutato il volto della
Chiesa locale. Benedetto XVI ha posto questa analisi all’inizio del suo
discorso ai presuli greci, riconoscendo il “rapido evolversi della
configurazione” delle comunità cattoliche, concentrate in gran parte nella
città di Atene. “Problemi pastorali che richiedono tempestive soluzioni”, ha
osservato il Papa, affermando di comprendere le “ansie apostoliche” dei vescovi
“nei confronti di un gregge notevolmente accresciuto e interiormente
variegato”. Confronto e dialogo sono gli strumenti suggeriti da Benedetto XVI
come base per una pianificazione pastorale che - ha detto - sappia “venire
incontro ai bisogni spirituali dei tanti immigrati”. E il dialogo, insieme alla
“perseveranza”, sono stati indicati dal Pontefice come via privilegiata anche
per il confronto con la Chiesa ortodossa, i cui vertici - a partire da Sua
Beatitudine, l’arcivescovo Christodoulos - sono stati
cordialmente salutati da Benedetto XVI:
“Vogliamo
intensificare la preghiera perché si affretti il giorno benedetto in cui ci
sarà dato di spezzare insieme il Pane e di bere insieme allo stesso Calice in
cui è posto il prezzo della nostra salvezza. In tale contesto, auspico che si
aprano sempre maggiori prospettive di un dialogo costruttivo tra la Chiesa
Ortodossa di Grecia e la Chiesa cattolica e si moltiplichino le iniziative comuni
di ordine spirituale, culturale e pratico”.
Altri due punti sono stati oggetto della riflessione di
Benedetto XVI. Il primo riguardante le vocazioni giovanili, che il Papa ha
esortato a “coltivare con cura”. Il secondo, relativo al tavolo negoziale che la
Chiesa cattolica greca ha intavolato da tempo con le istituzioni nazionali per
il riconoscimento di uno “statuto giuridico appropriato”, in sintonia con la
legislazione greca ed europea:
“La Chiesa Cattolica
non cerca alcun privilegio, ma chiede soltanto di veder riconosciuta la propria
identità e missione, così da poter efficacemente recare il proprio contributo
al benessere integrale del nobile Popolo greco, di cui voi siete parte
integrante. Con pazienza e nel rispetto delle legittime procedure, sarà possibile
giungere, grazie all’impegno di tutti, all’auspicata intesa”.
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LA CARITA’ APPARTIENE ALLA NATURA STESSA DELLA CHIESA:
E’ QUANTO SOTTOLINEATO DA BENEDETTO XVI
NELL’UDIENZA
ALLE
ASSOCIAZIONI PRO PETRI SEDE ED ETRENNES PONTIFICALES, CHE
OGNI
ANNO RACCOLGONO FONDI PER LE OPERE DI SOLIDARIETA’ DEL PAPA
La carità è espressione dell’essenza stessa della Chiesa:
è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai membri delle associazioni belghe Pro Petri Sede
ed Etrennes pontificales,
ricevuti, stamani in udienza, in occasione della consegna delle collette
raccolte, durante l’anno, in favore delle opere di solidarietà del Papa. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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“La carità non è per la Chiesa una specie di attività di
assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla
sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza”: Benedetto
XVI ha riecheggiato, stamani, uno dei passaggi forti della sua Enciclica “Deus
caritas est”. L’occasione è stata offerta dall’udienza alle associazioni caritative
Pro Petri Sede
ed Etrennes pontificales.
Nell’incontro, il Papa ha lodato l’impegno dei due sodalizi per promuovere le
opere di solidarietà della Chiesa. Un ringraziamento che il Pontefice ha rivolto
a nome di tutte quelle comunità cristiane che nella loro
missione sono aiutate da fondi raccolti dalle due associazioni.
Ha, quindi,
ribadito che i compiti fondamentali della Chiesa sono l’annuncio della Parola
di Vita, l’amministrazione dei Sacramenti e, appunto, la messa in opera della
Carità di Cristo. Né ha mancato, infine, di mettere l’accento sul senso di
comunione ecclesiale che si esprime nel gesto generoso di
solidarietà espresso ogni anno dalle due associazioni. Un segno, ha
detto, dell’attaccamento alla Sede apostolica.
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TELEGRAMMA
DI CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LA TRAGEDIA AEREA
DI
IERI IN NIGERIA, CHE HA FATTO UN CENTINAIO DI VITTIME
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Benedetto XVI ha espresso il suo profondo dolore per il
disastro aereo avvenuto ieri in Nigeria, quando un Boeing 737 della
Compagnia aerea privata locale “Adc” è precipitato
poco dopo il decollo dall'aeroporto della capitale Abuja,
provocando la morte di 99 persone, tra cui il leader spirituale dei musulmani
della Nigeria, il sultano di Sokoto, Mahammadu Maccido. Soltanto sei i
superstiti. Nel telegramma a firma del cardinale Segretario di Stato, Tarcisio
Bertone, il Papa ricorda il sultano ed esprime la propria solidarietà per le
vittime e i loro familiari. “Nell’offrire ferventi preghiere”, si legge, il
Pontefice “chiede a Dio di infondere coraggio e forza a tutti coloro che
soffrono” per questa tragedia.
ENTUSIASMO
DEI GIOVANI CATTOLICI ITALIANI PER L’ANNUNCIO
DELLA
PARTECIPAZIONE DEL PAPA AL LORO INCONTRO DI LORETO,
NEL SETTEMBRE 2007. CON NOI, IL RESPONSABILE
DELLA PASTORALE
GIOVANILE DELLA CEI, MONS.
PAOLO GIULIETTI
Un annuncio atteso con trepidazione: i giovani cattolici
italiani hanno accolto con entusiasmo le parole di Benedetto XVI che ieri,
all’Angelus, ha voluto annunciare personalmente la sua partecipazione al loro
incontro nazionale di Loreto, in programma l’1 e 2 settembre 2007. Per una
testimonianza sull’importanza attribuita dai giovani a questo incontro con il
Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Paolo Giulietti, responsabile
del Servizio per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana:
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R. - Sicuramente da parte dei giovani c’era molta attesa
per la presenza del Papa a Loreto dopo che il cardinal Ruini,
nel suo discorso conclusivo di Verona, aveva annunciato che il Papa era stato
invitato. Io credo che nel mondo giovanile italiano questo annuncio abbia
suscitato molto entusiasmo. Personalmente, la sera prima dell’annuncio, ero a
Noto in Sicilia e i ragazzi mi dicevano che si aspettavano ci fosse una
conferma da parte del Papa di questo invito anche perché allora sarebbero stati
più entusiasti di andare a Loreto.
D. - L’entusiasmo è proprio uno degli elementi che forse
più caratterizza il rapporto tra i giovani e Benedetto XVI…
R. - Direi che il Papa sa porgere dei contenuti di grande
spessore in un linguaggio che i giovani possono capire e questo mi sembra che
sia accolto dai ragazzi con molta soddisfazione. Hanno desiderio di contenuti e
hanno piacere che un Papa li possa spiegare e li possa
porgere con questa facilità di comprensione. Benedetto XVI ha questa attenzione
alla pastorale dell’intelligenza, cercando di restituire un fondamento di
razionalità alla fede. Io credo che questa esigenza sia molto sentita dai
giovani che sicuramente hanno un modo di vivere la fede che sottolinea
l’emotività, la gioia di stare insieme ma che ha anche bisogno di fondamenti.
Questo perché oggi vivere la fede anche per i giovani significa fare i conti
con tante domande, tante sfide verso le quali se non si è attrezzati poi ci si
trova a disagio. Per questo credo che l’esigenza di una maggiore conoscenza
della fede, di un approfondimento anche razionale della propria esperienza di
credente, sia un’esigenza avvertita dai giovani in maniera forte.
D. - Il Papa ha auspicato che l’incontro di Loreto sia un momento di gioia nella prospettiva della missione,
con il cuore rivolto già alla GMG di Sydney…
R. - Il Papa nel suo messaggio per la XXI Giornata
Mondiale della Gioventù, cioè quella del 2006, aveva indicato un percorso di
avvicinamento a Sydney e questo percorso è proprio ritmato dalla missione e dal
protagonismo dello Spirito Santo che è l’anima dell’evangelizzazione. Sappiamo
anche che la missione è al cuore del percorso decennale della Chiesa italiana.
Allora è un felice armonizzarsi di questi intendimenti, declinati certamente
secondo le modalità che sono proprie dei giovani.
D. - Come il servizio per la pastorale giovanile della CEI
si sta preparando a questo evento?
R. - Noi ci stiamo preparando innanzitutto lavorando sul
triennio, su questo percorso triennale sulla missione e quindi stiamo
preparando e aiutando le diocesi a viverlo bene, a investirci delle risorse.
Poi ci stiamo preparando perché i due eventi grandi di questo percorso, cioè
l’incontro dei giovani di settembre e la GMG di Sydney, siano dei momenti che
sappiano dare un tono, delle motivazioni, dei contenuti ulteriori a questo
percorso. Speriamo siano momenti che fanno fare salti di qualità del cuore e
dell’intelligenza, necessari per far fare un passo in avanti alla nostra pastorale
giovanile.
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SABATO
4 NOVEMBRE, IN SAN PIETRO, BENEDETTO XVI PRESIEDERA’
LA
MESSA PER I CARDINALI E VESCOVI DEFUNTI DURANTE L’ANNO
L’ufficio delle celebrazioni liturgiche rende noto che
sabato 4 novembre 2006, alle ore 11.30, Benedetto XVI presiederà, all’Altare
della Cattedra della Basilica Vaticana, la concelebrazione della Santa Messa
con i membri del Collegio Cardinalizio, in suffragio dei cardinali e vescovi
defunti durante l’anno.
La nostra emittente
seguirà la celebrazione con una radiocronaca diretta a partire dalle ore 11,20 con commento in lingua italiana, sull’onda media di
585 kHz e sulla modulazione di frequenze di 105 MHz.
“
TEMA
DEL PRIMO CONGRESSO MISSIONARIO ASIATICO, SVOLTOSI IN THAILANDIA
-
Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe -
A Chiang Mai, in Thailandia, si
è svolto nei giorni scorsi il Primo Congresso Missionario Asiatico, sul tema
“La storia di Gesù Cristo in Asia: una celebrazione di vita e di fede”, organizzato
dalla Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (FABC), su proposta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Ha presieduto i lavori l’Inviato Speciale del Santo Padre, il cardinale
Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, già prefetto di Propaganda Fide. Era stato proprio il cardinale Sepe a promuovere a suo tempo questo incontro in Asia. Di
ritorno dalla Thailandia, lo ha intervistato Giovanni Peduto:
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R. – Questo primo Congresso missionario dell’Asia è
un’idea che avevo proposto ai vescovi delle Conferenze
episcopali asiatiche alcuni anni fa, sull’esempio di quello che già si fa da
tempo ormai in America: America Latina prima e poi adesso in tutte le
Americhe. E’ un’idea che fu ben accolta
dai presidenti delle Conferenze episcopali, i quali vi hanno poi lavorato fino
a giungere a questo primo Convegno, che si è svolto nel nord della Thailandia,
a Chiang Mai. La rappresentazione di più di mille
delegati, con tutti i vescovi, in realtà, di tutti i Paesi che compongono
questo vasto continente, ha fatto sì che si facesse un’analisi profonda di
tutta l’evangelizzazione in questo continente. Sappiamo che è uno dei
continenti con il minor numero di cattolici, in proporzione al vasto numero
degli abitanti, più di quattro miliardi, mentre i cattolici si aggirano sui 120
milioni, quindi appena il 2,5 o 6 per cento. Questo esame di coscienza, questo
approfondimento e soprattutto la ricerca di una via che potesse
impegnare i cattolici ad un’evangelizzazione nel contesto culturale, sociale e
religioso dell’Asia, è stato un momento forte. Oltre alla presa di coscienza
c’è l’impegno di tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici ad evangelizzare
con quella metodologia, con quella inculturazione, che è tipica del continente
asiatico.
D. – Eminenza, lei ha accennato al fatto che i cristiani,
i cattolici in particolare, sono una minoranza nel grande contesto asiatico:
secondo quali modalità il Vangelo può penetrare nel variegato mondo di culture
asiatiche?
R. – Rimane sempre lo strumento fondamentale:
un’inculturazione vera, inculturazione sicura. Così come il magistero,
soprattutto di Giovanni Paolo II, aveva espresso in diverse occasioni, questo
metodo di autentica inculturazione tiene presente la realtà, la quale si deve
evangelizzare, e segue poi la testimonianza della carità. Devo dire che nel
continente asiatico le opere caritative che hanno un loro risvolto sociale sono
una presenza che va molto al di là del numero dei cattolici presenti nelle
singole nazioni. Mi riferisco soprattutto ai grossi Paesi come
D. – Mi permetta Eminenza di spostarci dall’Asia al
contesto della sua Chiesa attuale di cui è pastore, l’arcidiocesi di Napoli.
Quali peculiarità e anche difficoltà trova nello svolgimento della sua nuova
missione?
R. – Ci sono delle ricchezze enormi, costituite
soprattutto dall’impegno da parte dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, che
vivono intensamente, inculturati profondamente nel
contesto sociale, culturale, religioso del popolo napoletano. Persone che si
dedicano veramente senza risparmio di tempo e di energie alla cura delle anime,
ma anche ai risvolti che queste realtà presentano, risvolti di carattere
sociale, caritativo. In questo senso, direi che c’è una comunanza di situazioni
che rende anche più consono l’impegno ministeriale in questa nostra realtà.
Devo dire che ci sono un buon numero di sacerdoti e religiosi, purtroppo ancora
insufficienti, per rispondere ai bisogni enormi che esistono nel territorio. Ma
proprio la buona volontà, proprio l’impegno, proprio questo desiderio di
incarnare il Vangelo di Cristo in questa realtà, tutto questo dà tanta speranza
e tanta fiducia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Angelus: il Papa condanna il
crimine dei sequestri e fa suo l'appello per la liberazione di Giovanni Battista
Pinna.
Nel discorso ai vescovi della Grecia Benedetto XVI
ha sottolineato che la Chiesa cattolica non cerca alcun privilegio, ma chiede
soltanto di veder riconosciuta la propria identità e missione.
Servizio estero - Pakitan:
uccisi ottanta fondamentalisti islamici in un raid al confine con
l'Afghanistan.
Servizio culturale - Un articolo di Danilo Mazzoleni da titolo "Un tenace erudito del '600 che salvò dall'oblio preziose testimonianze artistiche
e religiose dell'Urbe": un ritratto di mons. Giovanni Giustino Ciampini, autore dei "Vetera
Monimenta", opera fondamentale sugli
antichi edifici di culto di Roma.
Servizio italiano - Criminalità: un clima di
morte opprime Napoli. Ancora violenza: due morti in poche ore.
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30 ottobre 2006
STRAGE IN IRAQ: ALMENO
38 MORTI IN TRE DIVERSI ATTENTATI A BAGHDAD
- Con noi, William Warda -
Ennesima strage in Iraq: almeno 38 persone morte e un centinaio ferite in
tre diversi attentati a Baghdad. Intanto, è ripreso con toni accesi il processo
a Saddam Hussein e a sette coimputati sullo
sterminio di 180 mila curdi
tra il 1987 e
il 1988 nelle campagne di Anfal.
Il servizio di Roberta Moretti:
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Attentato più grave a Sadr City, quartiere
sciita di Baghdad:
almeno 28 morti, tra gli operai in attesa di lavoro. E
poi, 8 vittime per due autobombe ad ovest
della capitale. Ucciso, inoltre, il presidente dell'Associazione dei professori universitari
iracheni, il geologo Isam Khadim
al-Rawi, mentre stava recandosi al lavoro. Intanto, a
Kirkuk, a nord della capitale, un kamikaze si è fatto
esplodere davanti a una stazione di polizia, uccidendo almeno 2 persone. E con
la morte di un soldato americano nella provincia occidentale di
Al Anbar, hanno raggiunto quota 100 i soldati
e i civili statunitensi uccisi in Iraq in ottobre, uno dei mesi con maggiori
perdite per le forze Usa. Da parte sua, il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, ha dichiarato che l’Iraq chiederà al
Consiglio di sicurezza dell’ONU la proroga di 1 anno del mandato delle forze
americane nel Paese, che scade il 31 dicembre. Una presenza ritenuta
“indispensabile” per la sicurezza del Paese. Zebari
ha anche detto che non ci sono spaccature con gli Stati Uniti sugli obiettivi finali,
nonostante le tensioni della scorsa settimana riguardo a quanto controllo
esercita il governo iracheno sulle sue forze di sicurezza. Infine, al processo
a Saddam Hussein, che è
stato aggiornato a domani, il capo del team della difesa dell’ex rais ha
lasciato l’aula del tribunale, protestando contro il rifiuto della corte di
riammettere al procedimento i legali stranieri espulsi il 21 agosto scorso.
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E ieri in Iraq, una popolare
giornalista curda della stazione televisiva Al-Iraqiya, Nakshin Hamid, è stata uccisa nel centro di Baghdad insieme con il
suo autista. I due erano stati rapiti da un commando armato
mentre si recavano al lavoro. Ma cosa significa essere giornalisti oggi
in Iraq? Giada Aquilino lo ha chiesto al giornalista cristiano iracheno, William
Warda, della comunità siro
cattolica locale, che in questi giorni in Italia ha ricevuto il premio
dell’associazione “Information Safety and Freedom” – Città di Siena:
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R. – It is very risky and you must be struggling …
Essere giornalisti oggi in Iraq significa correre molti
rischi, perché bisogna lottare per cercare la verità. È un continuo sacrificio.
E’ quindi necessario assicurare la solidarietà internazionale ai giornalisti
rapiti in Iraq e in Afghanistan, rendendo pubbliche le loro sofferenze e le
difficoltà a raccontare liberamente la realtà circostante. Questo è il mio
obiettivo principale, con l’impegno inoltre ad essere vicino alle famiglie di
tanti colleghi uccisi o rapiti, sia in Iraq, sia in Afghanistan. Dall’inizio
della guerra sono morti oltre 170 giornalisti: più di 150 iracheni e una
ventina di stranieri. Al momento in Iraq, non ci sono leggi che garantiscano
la sicurezza per chi fa il nostro mestiere.
D. -
Nelle ultime ore è stata uccisa una giornalista curda
e sono proseguiti gli attentati in tutto l’Iraq: perché questa escalation di
violenza?
R. – You know, this kind of violence is increasing day
by day. …
La violenza in Iraq sta aumentando ogni giorno. La libertà
di stampa è un segnale di democrazia: quindi, uccidendo i giornalisti, c’è chi
vuole uccidere questa democrazia. Gli iracheni hanno combattuto per anni per
ottenere la loro libertà, ma in questo momento ci sono molte forze che hanno
interesse a far sì che in Iraq non ci sia stabilità: per esempio Al Qaeda, alcuni Paesi confinanti con l’Iraq, i sostenitori
del partito Baath di Saddam
Hussein. Purtroppo oggi l’Iraq è un vero campo di
battaglia e a pagare è la popolazione civile.
D. – Quali sono le condizioni in cui oggi vivono i
cristiani iracheni?
R. – The Christians of
I cristiani in Iraq oggi soffrono moltissimo. Sono vittime
di continue minacce, soprattutto nelle zone di Baghdad e Mossul.
Da queste aree i cristiani stanno fuggendo, si stanno spostando verso il nord.
Dopo gli attacchi che ci sono stati negli ultimi tempi alle chiese cristiane in
Iraq e contro i sacerdoti locali, prima rapiti e poi uccisi, la situazione è peggiorata:
adesso i cristiani stanno cercando di fuggire pure in altri Paesi, in Siria, in
Giordania, in Europa. L’impegno, dunque, è quello di trovare una soluzione
anche per loro.
**********
LULA
DA SILVA SI RICONFERMA PRESIDENTE DEL BRASILE:
ANCORA
LA LOTTA ALLA POVERTA’ TRA LE PRIORITA’ DEL SUO PROGRAMMA
-
Intervista con Maurizio Chierici -
Ignacio Lula da
Silva si è riconfermato alla guida del Brasile. Nel ballottaggio di ieri, il capo
dello Stato ha nettamente battuto, con più del 60% dei consensi, l’altro candidato,
il socialdemocratico Geraldo Alckmin, che ha ottenuto
il 39% dei voti. Per gli osservatori, l’elezione di Lula
è la conferma che nel corso della campagna elettorale il presidente in carica è
riuscito a riconquistare una parte di quelle classi medie, pari ad un terzo del
Paese, che, nel primo turno, gli avevano votato contro per gli scandali di
corruzione all’interno del suo partito. Il servizio di Luis
Badilla:
**********
Lula da Silva, leader del Partito dei
lavoratori, molto penalizzato nelle elezioni parlamentari proprio per gli
scandali che hanno coinvolto i suoi massimi dirigenti, entra nella storia del
suo Paese come il terzo governante, dopo Getulio Vargas
e Fernando Henrique Cardoso,
che riesce a farsi rieleggere in una nazione molto riluttante a riconfermare il
suo presidente. “La rielezione è una cosa importante, ha detto Lula, parlando già da vincitore ieri mattina. Poi, quando
la sua vittoria era ormai certa, ha ribadito la sua intenzione di negoziare con
tutti i partiti, compresa l'opposizione dei socialdemocratici. “Dobbiamo discutere
sul Brasile con molto più amore e con un maggiore coinvolgimento di tutti per i
prossimi anni”, ha sentenziato Lula in conferenza
stampa. “Il primo obiettivo del nuovo governo – ha detto ancora – sarà lo
sviluppo”. Il Brasile cresce molto lentamente rispetto agli altri Paesi
dell’America Latina, anche perché negli ultimi quattro anni ha optato per una
politica macroeconomica piuttosto cauta, contenendo inflazione, debito e spesa
pubblica. Ora, presumibilmente, si cambierà strada. Tarso Genro,
uno dei pochi collaboratori di Lula sopravvissuti
agli scandali, ha parlato ieri di un tasso di crescita al di sopra del 5% per
il 2007, tasso che oggi è del 2,5%. Dall’altra parte, preoccupa il fatto che il
presidente rieletto non ha, nel nuovo Congresso, i numeri per governare e ciò
lo costringerà alla ricerca di intese politiche più ampie, guardando sia al
centro-destra, sia al centro-sinistra. La stampa parla di un “Presidente
zoppicante” che ora, quasi senza partito e affidandosi solo al suo carisma personale,
dovrà dimostrare le sue vere doti di statista.
**********
Ma che significato ha per il Brasile e per la comunità
internazionale la riconferma di Lula da Silva alla
presidenza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a
Maurizio Chierici, esperto di America Latina:
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R. – Il Brasile certamente è un Paese chiave. Le sue frontiere
si appoggiano su otto Paesi e quindi la stabilità del Brasile, non solo
politica, ma anche economica, vuol dire molto per l’America Latina. E’
importante, anche per moderare il radicalismo di altri Paesi, come il
Venezuela, come la Bolivia. E’ una soluzione, una prospettiva, che
tranquillizza gli investitori, che rianimerà l’economia.
D. – La vittoria di Lula da
Silva tranquillizza quindi anche gli Stati Uniti, nei confronti dei quali il
presidente brasiliano non è mai stato tenero …
R. – Da una parte, gli Stati Uniti, per un momento, hanno
pensato di farcela a riportare il liberismo di Cardoso
in Brasile. L’altro sentimento, però, è che il Brasile è tornato ad essere un
Paese affidabile, seppure con qualche fatica. I Paesi nei quali si specchia –
Cina e India – sono al 10 per cento di crescita del prodotto nazionale lordo,
mentre il Brasile si è ripreso, ma non supera il 3,5 per cento.
D. – Eppure, anche Lula da Silva
ha dovuto fare i conti con sondaggi di qualche tempo fa che lo davano in netto
calo. C’è il rischio che possa ritornare lo scontento
nei suoi confronti?
R. – Questo è il grande interrogativo, perchè è vero che
c’è stato un calo, ma è dovuto anche alla sinistra
radicale ed estrema brasiliana che lo accusava di non fare tutte le riforme che
ha fatto. In realtà, lui ha fatto tante cose, ma non sono sufficienti. 45
milioni di persone hanno ricevuto aiuto con l’obbligo di mandare a scuola i
figli, quindi mangiano almeno una o due volte al
giorno, e otto milioni di famiglie sono uscite dall’indigenza con l’operazione
“Fame zero”, ma ciò è ancora insufficiente in Brasile. Questo dà qualche
pensiero. Quindi, il futuro è ad un bivio: o fare le riforme fino in fondo,
oppure tener d’occhio la macroeconomia per riportare il Brasile ad uno stato di
assoluta indipendenza economica, o per lo meno di grande rilievo economico nel
mondo e proiettarlo verso un futuro tranquillo. Chissà cosa succederà. Certo,
lui ha la responsabilità di nominare il successore.
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LA FAO
AMMETTE CHE L’OBIETTIVO DI DIMEZARE LA FAME NEL MONDO ENTRO IL 2015 NON SARA’
RAGGIUNTO
La FAO ammette: entro il 2015 non verrà
raggiunto l’obiettivo di dimezzare la fame nel mondo, la Comunità
internazionale ha fallito i propri obiettivi.
Questo il punto centrale del rapporto presentato stamane
in conferenza stampa a Roma. C’era per noi Stefano Leszczynski:
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Duro intervento del direttore generale della FAO, Jacques Diouf, in occasione della
presentazione del rapporto sullo stato di insicurezza alimentare mondiale. Gli
Stati non si sono impegnati secondo le promesse fatte 10 anni fa e il numero
delle persone che soffrono la fame nel mondo è rimasto pressoché invariato.
Almeno 815 milioni distribuiti in maggior parte nell’Asia sudorientale,
in Africa sudsahariana e in America latina. Non verrà quindi raggiunto l’obiettivo del millennio di
dimezzare la popolazione affamata entro il 2015 e questo soprattutto perché gli
Stati non hanno mutato le proprie politiche stanziando finalmente lo 0,7 % del
PIL in aiuti allo sviluppo. E, dall’altra parte, anche perché gli Stati in via
di sviluppo non sono stati capaci di avviare dei programmi di sviluppo
dell’agricoltura. Gli obiettivi non sono stati raggiunti, fa notare la FAO, ma
sottolinea ciò non deve essere considerato come una sconfitta per
l’Organizzazione delle Nazioni Unite. I 3 milioni di persone salvate dalla fame
dimostrano che le azioni intraprese funzionano ma che servono maggiori
investimenti. Non ha aiutato del resto neppure la situazione politica
internazionale attraversata da crisi che hanno inciso negativamente sullo
sviluppo del livello globale. In ogni caso, le stime più ottimistiche della FAO
vedono un ridimensionamento degli obiettivi se tutto funzionerà, il che
significa nella migliore delle ipotesi una riduzione di persone che soffrono la
fame di ben 170 milioni anziché i 412 milioni inizialmente previsti.
Dalla FAO, Stefano Leszczynski, Radio
Vaticana.
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PIU’ QUANTITA’ MA MENO QUALITA’:
IL VI
RAPPORTO DA CENSIS E UCSI FOTOGRAFA
LA
COMUNICAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA
- Con
noi, Raffaele Pastore -
“Le diete mediatiche degli
italiani nello scenario europeo”: questo il tema del VI Rapporto sulla comunicazione stilato dal CENSIS e dall’UCSI – Unione
Cattolica Stampa Italiana. Il documento, presentato stamattina a Roma, rivela
una realtà europea culturalmente fragile, in cui l’offerta comunicativa è ampia
solo nella quantità e non nella qualità. Il servizio di Isabella Piro:
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La vera cultura dell’Occidente è la comunicazione ad
oltranza, che non segue più le regole della domanda e dell’offerta, ma si
immerge in una realtà virtuale, priva di contenuti. Il giudizio di Giuseppe De
Rita, segretario generale del CENSIS, fotografa molto bene il rapporto che c’è
tra pubblico e mass media sia in Italia che in Europa.
I primi risultati del Rapporto, in
attesa del volume completo che sarà pronto a febbraio, rivelano che i mezzi ad
autentica comunicazione di massa sono al massimo 5 nei principali Paesi
europei. Tra questi, c’è naturalmente la tv tradizionale, che in Italia ha un
pubblico che sfiora il 95%, vicino al 94% della Gran Bretagna e all’83% della Francia. C’è poi il capitolo libri: secondo il CENSIS,
leggere non è più un lusso per pochi, poiché in Francia e Spagna la lettura
coinvolge i due terzi della popolazione, in Gran Bretagna e Germania i tre
quarti, mentre in Italia, più del 50% della popolazione ha letto almeno un
libro all’anno.
Quanto ad Internet, nel Nord Europa si rivela un vero mass
media, basti pensare che coinvolge il 61% dei britannici. Cifre molto alte
anche per la radio ed i quotidiani, che rivelano percentuali di diffusione
oscillanti tra il 60 e l’80% in tutti i Paesi europei. In questo quadro,
l’Italia fa la sua parte: le tecnologie aumentano e la Penisola corre, dice il
CENSIS. Il problema è che gli altri Paesi sono comunque più avanti, soprattutto
nella trasformazione della tv da tradizionale a digitale. Ma a cosa è dovuta questa discrepanza? Raffaele Pastore, responsabile
comunicazione del CENSIS:
“La discrepanza è dovuta a
fattori culturali e a fattori demografici. A fattori culturali, perché l’Italia
è un Paese che laurea ancora poche persone. La variabile del titolo di studio è
fortemente interconnessa all’uso dei media o di molti
media, soprattutto di quelli digitali. Dal punto di vista demografico, poi,
perché l’Italia è un Paese un po’ più ‘anziano’, rispetto agli altri, quindi la
dimestichezza con i media o con i media digitali è un
po’ più a rilento”.
Da sottolineare infine un dato significativo: l’80% degli
italiani usa i mass media per informarsi, il 69% per approfondire, il 46% per
ascoltare musica.
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30 ottobre 2006
IL SEGRETARIO
GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA
PREOCCUPATO PER
DI RICORRERE AD AZIONI MILITARI PER LIBERARE I
SEQUESTRATI
IN MANO ALLE
FORZE ARMATE RIVOLUZIONARIE
BOGOTA’. = Occorre
cercare “un accordo umanitario tra le parti”: è quanto ha affermato il
segretario generale della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Fabián Marulanda López, commentando la decisione del presidente Alvaro Uribe di far partire un piano di azioni per “liberare molte
delle persone in ostaggio dei guerriglieri delle Forze Armate rivoluzionarie
della Colombia (FARC)”. “Le parole del presidente - ha detto il presule - hanno
provocato sentimenti contrastanti fra molti colombiani, in particolare tra i
parenti dei sequestrati i quali temono che l’annuncio possa chiudere le porte
ai negoziati allontanando la firma di un accordo umanitario”. Uribe vuole sospendere lo scambio di
prigionieri con i guerriglieri delle FARC perché ritiene che l’unico percorso
possibile oggi sia quello dell’intervento militare e di polizia. La decisione
del presidente è giunta dopo il recente attentato nella scuola militare di Bogotà che ha provocato numerosi feriti. I guerriglieri
delle FARC hanno smentito di essere gli autori dell’esplosione, a loro
attribuita dal governo. Uribe, intanto, ha ordinato
all’esercito di rafforzare le operazioni militari per liberare i sequestrati in
mano al gruppo armato rompendo le trattative per la smilitarizzazione dei
comuni di Florida e Pradera, nel dipartimento sudorientale di Valle del Cauca,
designati come sedi dei colloqui per un accordo umanitario. “È l’unica strada
che ci resta. Non posso continuare questa farsa dell’interscambio umanitario
(tra gli ostaggi della guerriglia e i ribelli detenuti nelle prigioni
colombiane, ndr) come hanno richiesto le FARC”, ha
concluso il presidente Uribe. Secondo mons. Marulanda López Uribe avrebbe lanciato alle Forze Armate del Paese “una
sfida molto grande”. Secondo stime attendibili,
attualmente in Colombia, le persone sequestrate (per motivi vari: politici,
criminali, droga, estorsione) sono oltre 2 mila. L’accordo umanitario ne
coinvolge solo 62 che le FARC hanno riconosciuto di avere sequestrato per
motivi politici. Ricordiamo che ieri, all’Angelus,
Benedetto XVI ha rivolto un pressante appello per la liberazione di tutti i
sequestrati nel mondo. Tale appello, ha detto il Papa, risponde alle tante
“richieste di intervento” che giungono in Vaticano da ogni parte. E nel
condannare fermamente il crimine, il Santo Padre ha voluto assicurare anche il
suo ricordo, nella preghiera, per tutte le vittime e per i loro familiari e
amici. (L.B. - T.C.)
L’ESARCATO APOSTOLICO DELLA
BULGARIA HA CELEBRATO L’80.MO ANNIVERSARIO
DELLA SUA COSTITUZIONE. MONS. HRISTO PROYKOV:
NON DIMENTICHIAMO
SOFIA. = “Celebriamo questo anniversario senza dimenticare
la testimonianza di fede lasciataci dai nostri predecessori e soprattutto i
momenti difficili che hanno dovuto affrontare”: è quanto ha dichiarato l’esarca
apostolico e presidente della Conferenza episcopale in Bulgaria mons. Hristo Proykov, nella festa per
l’ottantesimo anniversario dell’Esarcato Apostolico nel Paese balcanico. Iniziati a Sofia il 27 ottobre nella chiesa di
rito bizantino “Maria Assunta”, i festeggiamenti si sono conclusi il giorno
dopo con una solenne liturgia e con la benedizione della nuova biblioteca, la
nuova cappella e il nuovo museo dell’Esarcato. Le cerimonie si collocano nel
contesto del grande giubileo del 2010 che
UN RAPPORTO DELL’UFFICIO
INTERNAZIONALE DEL LAVORO RIVELA CHE NEI CINQUE CONTINENTI, 85 MILIONI DI
GIOVANI SONO SENZA OCCUPAZIONE.
OCCORRONO PROGRAMMI MIRATI PER DAR
VITA A 400 MILIONI DI POSTI DI LAVORO
GINEVRA.
= Sono 85 milioni i giovani disoccupati nel mondo, mentre in 300 milioni vivono
sotto la soglia di povertà: è quanto denuncia un rapporto sulle tendenze
occupazionali globali per i giovani, (“Global employment trends for youth
2006”), diffuso oggi
dall’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO). Lo studio, in un confronto con i
dati del 1995, registra un incremento consistente della disoccupazione
giovanile, pari al 14,8 per cento. “Nonostante una maggiore crescita economica – ha
affermato il direttore dell’ILO, Juan Somavia – l’incapacità delle economie di creare un numero
sufficiente di posti di lavoro, colpisce in modo particolarmente duro i
giovani”. A livello regionale, il tasso di sottoccupazione più alto – per la
popolazione tra i 15 e i 24 anni – si registra in Medio Oriente e in Nord
Africa. Le economie sviluppate e l’Unione europea rappresentano, invece,
l’unica area in cui si segnala un notevole incremento occupazionale negli
ultimi 10 anni. Assai problematiche sono le condizioni delle giovani donne, le
cui opportunità di lavoro sono più limitate rispetto a quelle degli uomini, sia
per motivi culturali sia a causa della difficoltà di conciliare lavoro ed
impegni familiari. Lo studio dell’ILO evidenzia inoltre come la presenza di
giovani disoccupati determini costi notevoli, tra questi sono da annoverare le
elevate spese dei programmi di sostegno e prevenzione per quanti, senza lavoro,
cadono nel crimine o nell’uso di droghe. A fronte di tali spese, a peggiorare
il quadro economico, sono l’assenza di risparmi e la riduzione di investimenti.
Particolarmente grave, poi, è l’aumento di giovani che, oltre a non avere un
lavoro, non possiedono neanche un’istruzione. Secondo l’ILO sarebbe necessario
creare, a livello mondiale, 400 milioni di posti di lavoro dignitoso e
produttivo, affinché i giovani possano valorizzare al meglio le proprie
potenzialità. Il rapporto aggiunge che vi sarebbe bisogno di mettere in piedi politiche e programmi nazionali mirati, così da
reintegrare, a livello sociale ed occupazionale, quelle categorie di giovani
più vulnerabili. (A.S.)
UN CORO DEI BAMBINI DELLA BASILICA
ROMANA DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME LANCIA UN MESSAGGIO DI FRATERNITA’
ATTRAVERSO IL CD “E20 DI STELLE”.
IN 13 CANZONI L’INVITO AL DIALOGO
INTERRELIGIOSO
LUNGO LE CITTA’ DI DUE ANTICHI PELLEGRINAGGI
ROMA. = Vuole sensibilizzare le persone al dialogo
interreligioso attraverso la voce dei bambini “Svegliati Francesco”, l’idea che
il coro “Le matite colorate” ha presentato oggi a Roma. Si tratta di
un’iniziativa che prevede una serie di concerti per valorizzare gli itinerari
delle Vie Francigene e i Cammini di Santiago. Lo
scopo è anche quello del progetto di cooperazione “I cammini d’Europa”,
realizzato nell’ambito del programma dell’Unione europea Leader, che vuole
incentivare lo scambio socio-culturale nei territori attraversati dai due
pellegrinaggi. I bambini del coro, nato nella Basilica romana di Santa Croce in
Gerusalemme e diretto da padre Luca Zecchetto e dal
maestro Germano Neri, accompagneranno il progetto con 13 brani. Attraverso un
simbolico viaggio musicale le interpretazioni ricreano atmosfere, suggestioni,
emozioni e sensazioni vissute dai pellegrini lungo i sentieri del tempo e della
storia. I 60 elementi del coro, di età compresa fra i 4 e i 16 anni, hanno dato
vita per l’occasione ad un cd, “e20 di Stelle”, che vuole dare un messaggio di
fraternità. “Le matite colorate”, infatti, da anni si impegnano, attraverso la
musica e il canto, a trasmettere valori morali con diverse iniziative. Il loro
primo concerto per “I cammini d’Europa” si svolgerà a Roma il 13 novembre alle
21.00 al teatro Manzoni. (T.C.)
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30 ottobre 2006
- A cura di Roberta
Moretti -
Almeno 80 sospetti estremisti
islamici sono stati uccisi all’alba in un raid aereo dell’aviazione pakistana
in un campo al confine nordoccidentale con
l’Afghanistan. Obiettivo dell’attacco, una madrasa,
una scuola coranica nel cui recinto si sarebbero
svolti addestramenti militari. Secondo fonti della
sicurezza, fra gli uccisi ci sarebbe Maulana Liaqatullah, il principale esponente filotaleban
della scuola sospettato di dare ospitalità a terroristi di al Qaeda.
E in Afghanistan, le truppe dell’ISAF, la forza
internazionale di sicurezza della NATO, negli ultimi
due giorni hanno ucciso 70 ribelli negli scontri avvenuti nella provincia
meridionale di Uruzgan. I combattimenti sono
scoppiati nel pomeriggio di sabato, quando circa 150 guerriglieri talebani
hanno attaccato una pattuglia delle forze afghane e
ISAF, nei pressi della base di Tarin Kowt. Negli scontri, un soldato dell’ISAF ha perso la vita,
mentre 8 militari sono rimasti feriti. Ancora ignota la nazionalità delle
vittime.
Ed è ormai da oltre due settimane nelle mani dei suoi rapitori Gabriele Torsello, il fotoreporter
italiano sequestrato in Afghanistan il 14 ottobre scorso. Dopo l’appello lanciato
dalla moglie, ieri è stata la madre di Torsello a parlare. “Ogni mamma - ha
detto - può dire al proprio figlio ‘fai qualcosa per Gabriele’;
lo dicesse ogni mamma, ad una ad una”.
Negli ultimi tre mesi le forze armate
israeliane hanno ucciso nella zona di Gaza circa 300 miliziani palestinesi, in
buona parte di Hamas, e Gerusalemme potrebbe avviare nei prossimi giorni
un’offensiva su larga scala nella Striscia. Lo ha affermato oggi, secondo Radio
Gerusalemme, il premier dello Stato Ebraico, Ehud Olmert, in un intervento di fronte alla Commissione parlamentare
per gli Affari Esteri e la Difesa. Olmert avrebbe
così respinto le critiche di diversi deputati di destra, secondo cui il governo
non opera con sufficiente energia contro la minaccia di Hamas di dotarsi di un
maggiore potenziale offensivo. E ancora oggi miliziani palestinesi hanno
sparato razzi verso le installazioni del porto israeliano di Ashqelon e verso un insediamento nel Neghev,
pare senza provocare vittime. Intanto, il
governo israeliano ha approvato la nomina alla carica di ministro per le
Questioni Strategiche del ‘falco’ Lieberman,
leader del partito russofono di estrema destra,
Israel Beitenu.
E uno scandalo sta coinvolgendo il
premier israeliano, Olmert, mentre il presidente Katsav respinge le accuse di violenza sessuale e grida al
complotto. Olmert è indagato per attività illegali
compiute nell’ambito della privatizzazione della Banca nazionale “Leumi”, la seconda più grande in Israele.
La risposta
dell’Iran in caso di sanzioni ONU per il suo programma nucleare sarà “ferma ed
adeguata”: è il monito del presidente della Repubblica Islamica, Ahmadinejad, mentre continuano le difficili trattative fra
Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania per decidere eventuali
misure nei confronti di Teheran. “Non siamo alla
ricerca di tensioni - ha detto Ahmadinejad - ma ogni azione che punti a porci degli ostacoli riceverà
una risposta adeguata e ferma da parte del popolo iraniano”.
Duplice attentato in Algeria. Due camion bomba sono
saltati in aria vicino ad altrettanti commissariati di polizia in due sobborghi
a est di Algeri, causando due morti e 17 feriti. Secondo le prime informazioni,
gli attacchi sono i più organizzati tra quelli messi in atto da gruppi islamici
in Algeria negli ultimi anni.
Si conosceranno a novembre i risultati del ballottaggio
elettorale di ieri nella Repubblica Democratica del Congo.
25 milioni gli elettori per la scelta del nuovo capo dello Stato, tra il presidente
uscente, Joseph Kabila, e l’avversario Jean Pierre Bemba,
e di 50 seggi al Parlamento. Le consultazioni sono state caratterizzate da
gravi, anche se sporadici, episodi di violenza, nei quali hanno perso la vita
due persone. Ci riferisce Giulio Albanese:
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Sebbene sia il risultato meno consistente di quanto
accaduto in occasione del primo turno elettorale del 30 luglio scorso,
l’afflusso degli elettori è stato abbastanza continuo. Per tutta la giornata,
c’è stato l’attento monitoraggio di almeno 50 mila osservatori nazionali e di
una nutrita schiera di osservatori internazionali tra cui un gruppo di 35 osservatori
italiani dell’associazione ‘Beati i costruttori di pace’.
Nel complesso è andata dunque bene e il buon andamento della consultazione è
stato riconosciuto anche dalla Commissione europea che si è felicitata con il
popolo congolese per il suo senso civico e la
partecipazione alle elezioni presidenziali. Naturalmente il timore di violenze
post elettorali c’è ancora e proprio ieri Kabila e Bemba
hanno diffuso una dichiarazione congiunta di intenti post
elettorale, nella quale i due candidati si impegnano a fare appelli
pubblici alla calma e per il ritorno all’ordine in caso di scontri nei quali
siano implicati i rispettivi sostenitori. Il vincitore, si legge ancora nel
documento, si impegna a garantire allo sconfitto il rispetto della sua
integrità fisica, dell’integrità delle sue proprietà e dei suoi averi
finanziari, oltre che un dispositivo di sicurezza personale. Fonti ufficiali
hanno fatto sapere che i risultati si sapranno solo entro metà novembre.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese
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E ieri si è votato per le presidenziali anche in Bulgaria,
dove al secondo turno ha stravinto, con il 75 per cento dei consensi, il
presidente uscente, Georgi Parvanov.
Dal ballottaggio esce sconfitto il leader nazionalista, Volen
Siderov, leader del partito politico Attacco.
L’affluenza alle urne è rimasta bassa con circa il 40 per cento dei votanti.
E’ stata approvata con uno scarto ridottissimo - il 52,31 per cento – la nuova costituzione della
Serbia, la prima del dopo Milosevic, che ribadisce,
tra l’altro, la piena sovranità di Belgrado sul Kosovo.
La scarsa affluenza alle urne ha rischiato di far fallire il referendum
consultivo di ieri. Emiliano Bos:
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Secondo gli osservatori indipendenti di Belgrado,
alle urne tra sabato e domenica si è recato poco più del 53 per cento degli aventi diritto che, pur approvando a stragrande maggioranza
la nuova costituzione, hanno superato di poco il quorum per la validità della
consultazione, fissato al 50 per cento più uno. Il partito liberale serbo ha
denunciato numerose irregolarità soprattutto nelle ultime ore di voto. La nuova
carta costituzionale approvata già il mese scorso dal parlamento rivendica
piena sovranità del Kosovo, definito parte integrante
della Serbia. In realtà il futuro della provincia a maggioranza albanese è
legato agli esiti del negoziato tra Belgrado e Pristina. La Comunità
Internazionale vorrebbe concluderlo entro la fine dell’anno, finora
però le posizioni sono rimaste ben distanti: i serbi disposti a
concedere solo ampia autonomia, gli albanesi convinti che l’indipendenza sia
ormai a portata di mano.
Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos
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Le conseguenze per il mondo saranno
“disastrose” se non si fa nulla per fermare il riscaldamento globale: così, il
premier britannico, Tony Blair, che è intervenuto
alla presentazione del “Rapporto Stern” sulle gravi
conseguenze sull’economia mondiale dell'effetto serra. Per il rapporto,
commissionato dal governo britannico, il PIL mondiale potrebbe calare
addirittura del 20 per cento a causa del global warming. Blair
ha osservato che “questo è il documento sul futuro più importante pubblicato da
questo governo da quando è al potere”.
La Germania si appresta ad
avviare da dicembre un piano graduale di ritiro delle proprie truppe di pace
dai Balcani. Il disimpegno inizierà dalla Bosnia-Erzegovina e potrebbe estendersi anche al Kosovo. Lo ha annunciato in un’intervista alla rete
pubblica ZDF il ministro della Difesa tedesco, Franz Josef Jung.
Si riaccende la tensione in Ciad.
Combattimenti sono scoppiati ieri tra le forze governative di N’Djamena
e i ribelli dell’Unione delle forze per la democrazia
e lo sviluppo nell’est del Paese africano. Nelle violenze, al confine col
Sudan, ha perso la vita il capo di Stato maggiore delle forze armate del Ciad.
Nulla di fatto, ieri a Ginevra, ai
negoziati di pace per lo Sri Lanka, promossi dai
mediatori norvegesi per porre fine all’attuale situazione di violenta tensione
venutasi a creare nel Paese asiatico. Ce ne parla Chiaretta Zucconi:
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Nel loro primo faccia a faccia da febbraio i
rappresentanti del governo dello Sri Lanka e delle
Tigri Tamil non hanno fatto che accusarsi a vicenda
per la nuova ondata di violenze che rischia di far precipitare il Paese in
nuova, sanguinosa guerra civile. I Tamil chiedono al
governo di riaprire l’autostrada che collega il Nord al resto del Paese e la
cui chiusura impedisce il trasporto di forniture alimentari con gravi disagi
per la popolazione, ma la richiesta è stata rifiutata dal governo nel corso di
questi colloqui. Grande il disappunto dei negoziatori norvegesi che speravano
di poter fissare almeno altri due giri di consultazioni da qui a dicembre ma per ora le parti hanno soltanto ribadito il loro impegno di cessate il fuoco,
siglato nel 2002, e promesso di non
lanciare alcuna offensiva militare.
Per Radio vaticana, Chiaretta Zucconi
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Protesta finita nel sangue in Messico. La
polizia federale preventiva ha occupato ieri sera la piazza centrale di Oaxaca, capitale dell’omonimo Stato. Nell’operazione hanno
perso la vita due persone. Alla fine di maggio, 70 mila insegnanti di Oaxaca sono scesi in piazza per chiedere aumenti salariali.
Dinanzi all’intransigenza del governatore, Ulises Ruiz, il movimento si è generalizzato, coinvolgendo
l’Assemblea popolare.
Tommy Suharto,
figlio dell'ex dittatore indonesiano Suharto,
condannato nel 2002 a 15 anni di prigione per essere stato il mandante
dell'assassinio di un giudice, è uscito oggi di prigione.
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