RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 297 - Testo della trasmissione di martedì 24 ottobre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Solo se provengono dal silenzio della contemplazione le nostre parole possono avere valore”: così il Papa ieri pomeriggio nel saluto a docenti e studenti degli Atenei pontifici

 

Il commento di mons. Bruno Forte al discorso di Benedetto XVI a Verona: per il Papa i cattolici devono far emergere il “sì” di Dio all’amore dell’uomo, alla libertà e all’intelligenza

 

Il cardinale Bertone ha inaugurato a Roma la mostra per i 145 anni dell’Osservatore Romano

 

Iniziato in Vaticano il Convegno internazionale degli Ordinariati militari

 

La segreteria generale del Sinodo dei vescovi ha celebrato il quarto incontro dell’11° Consiglio ordinario sul tema della Parola di Dio, oggetto della prossima Assemblea sinodale nel 2008

 

Presa di possesso del titolo di Santa Maria del Popolo da parte del cardinale Stanisław Dziwisz: intervista con il porporato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Giunta in Tunisia la fiaccola del dialogo partita da Tagaste in Algeria, città natale di Sant’Agostino: con noi padre Pietro Bellini

 

Si celebra oggi la Giornata delle Nazioni Unite: ai nostri microfoni Staffan de Mistura

 

Incontro ieri a Roma, presso la sede della FAO, sul tema della solidarietà tra donne contadine africane e italiane: ce ne parlano Josephine Atangana e Costanza Terrini

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si celebra, a partire da oggi, la settimana delle Nazioni Unite per il disarmo

 

In Vietnam, denunciati nuovi casi di torture contro i Montagnard, indigeni in gran parte cristiani

 

Visita di una delegazione della Conferenza episcopale statunitense in alcune diocesi alla frontiera tra Stati Uniti e Messico per mettere in luce le problematiche legate all’immigrazione illegale

 

Una persona è morta in Indonesia per scontri, avvenuti nei giorni scorsi nei pressi della città di Poso, tra forze di polizia e gli abitanti musulmani di un villaggio

 

Cresce il traffico di bambini in Uganda: lo afferma  Save the children’

 

24 ORE NEL MONDO:

Scontri ieri a Budapest durante le celebrazioni per i cinquanta anni della insurrezione democratica ungherese repressa nel sangue dalle truppe sovietiche

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 ottobre 2006

 

 

“SOLO SE PROVENGONO DAL SILENZIO DELLA CONTEMPLAZIONE LE NOSTRE PAROLE POSSONO AVERE VALORE E NON RICADERE NELL’INFLAZIONE DEI DISCORSI

 DEL MONDO CHE RICERCANO IL CONSENSO DELL’OPINIONE COMUNE”: COSÌ IL PAPA IERI POMERIGGIO NEL SALUTO A DOCENTI E STUDENTI DEGLI ATENEI PONTIFICI PER L’INIZIO DELL’ANNO ACCADEMICO

 

L’importanza della vita spirituale e la necessità di curare maturazione umana e formazione ascetico-religiosa insieme alla crescita culturale. E’ quanto ha voluto ribadire il Papa incontrando ieri docenti e allievi delle Università Pontificie al termine della Messa per l’apertura del nuovo anno accademico. La cerimonia è stata presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, che ai presenti ha detto: “mettete il vostro studio a servizio della Comunità e per la Gloria di Dio”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

 

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(canto)

 

Una comunità accademica varia, per nazionalità e cultura dei suoi 15 mila componenti, ma non per questo dispersiva, bensì unita da comuni criteri di formazione e, soprattutto, dalla fedeltà al Magistero. Così il Papa ha definito rettori, docenti e alunni di università e atenei pontifici, che hanno atteso il suo indirizzo per il nuovo anno, ieri, al termine della Messa nella Basilica Vaticana nell’appuntamento tradizionale voluto da Giovanni Paolo II e ripreso per la prima volta, quest’anno, da Benedetto XVI. Per diventare autentici discepoli di Gesù, accanto alla crescita culturale - ha detto il Papa - sono prioritari la vita spirituale, la cura della formazione ascetica e della maturazione umana:

 

“L’approfondimento delle verità cristiane e lo studio della teologia o di altra disciplina religiosa presuppongono un’educazione al silenzio e alla contemplazione, perché occorre diventare capaci di ascoltare con il cuore Dio che parla”.

 

Purificazione nel pensiero, dunque, per ascoltare Dio che parla:

 

“Solo se provengono dal silenzio della contemplazione le nostre parole possono avere qualche valore ed utilità e non ricadere nell’inflazione dei discorsi del mondo che ricercano il consenso dell’opinione comune. Chi studia in un Istituto ecclesiastico deve pertanto disporsi all’obbedienza e alla verità e quindi coltivare una speciale ascesi del pensiero e della parola”. 

 

“Tale ascesi si basa sulla familiarità amorosa con la Parola di Dio”, ha detto il Papa, che per questo ha sollecitato i presenti:

 

“Domandate a Lui:Maestro, insegnaci a pregare ed anche insegnaci a pensare, a scrivere e a parlare’. Perché queste cose sono, tra loro, strettamente connesse”.

 

“Il vostro apostolato – ha concluso il Papa – sarà domani ricco, soprattutto se alimentate il vostro personale rapporto con Lui, tendendo alla santità e avendo come unico scopo della vostra esistenza la realizzazione del Regno di Dio”.

 

In precedenza, durante l’Omelia, il cardinale Grocholewski aveva ribadito al Papa l’intenzione dei presenti di essere strumento mediante il quale Dio possa parlare ed aveva raccomandato ai giovani di non perdere di vista Dio, fonte dei nostri talenti, che ci rendono ricchi se non  li accumuliamo per noi, ma li indirizziamo al servizio della comunità.

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IL COMMENTO DI MONS. BRUNO FORTE AL DISCORSO DI BENEDETTO XVI A VERONA:

PER IL PAPA I CATTOLICI DEVONO FAR EMERGERE IL “SÌ” DI DIO ALL’AMORE DELL’UOMO,

ALLA LIBERTÀ E ALL’INTELLIGENZA

 

E’ un discorso che continua a far riflettere: è l’intervento di Benedetto XVI il 19 ottobre scorso al Convegno della Chiesa italiana a Verona. Il Papa ha ribadito che “la risurrezione di Cristo è il centro della predicazione e della testimonianza cristiana” e ha invitato i cattolici a dare risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della gente, unendo intelligenza e amore. Su questo discorso abbiamo sentito il commento dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte: Sergio Centofanti gli ha chiesto quale parola del Papa l’ha più ha colpito:

 

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R. – Certamente, il grande “sì” di Dio pronunciato in Gesù Cristo sull’uomo e sul mondo. Questa visione positiva del cristianesimo, come Buona Novella e come riconoscimento fondato nell’amore di Dio per l’uomo del valore intrinseco della dignità profonda di ogni essere umano e di tutto ciò che è umano: questo mi sembra il grande messaggio che Papa Benedetto ha voluto riconoscere come scaturente dalla risurrezione di Gesù Cristo, speranza del mondo. Da questo messaggio consegue anche un atteggiamento ideologico positivo della Chiesa verso la società in cui è posta, un atteggiamento che guarda a tutto ciò che di positivo c’è nel reale e che è stato rivelato pienamente dall’incarnazione del Logos: c’è una struttura intelligente del mondo che il Logos incarnato ha manifestato e che rispecchia il disegno del Creatore. Sulla base di questo Logos, di questa struttura intelligente, ogni essere umano che abbia il cuore e la mente sgombra da pregiudizi, può trovare un punto d’incontro, d’intesa, nella ricerca di valori, della verità illuminante su cui la vita e la storia dell’uomo si possa costruire, nella crescita e nella dignità di tutti.

 

D. – La strada maestra per l’evangelizzazione – ha detto il Papa – resta una fede amica dell’intelligenza, che sappia amare in modo concreto soprattutto i più poveri ed i sofferenti …

 

R. – Mi sembra che in queste osservazioni vi siano due grandi messaggi. Il primo, è che è necessario allora che il cristianesimo si manifesti in tutta la sua forza, di esercizio dell’intelligenza profonda della realtà. Il cristianesimo non ha nulla a che vedere con l’irrazionalismo, con la rinuncia alla dignità della ragione che invece ha sempre esaltato; ma nello stesso tempo, questa ragione non va assolutizzata, essa va coniugata con il principio “amore”, perché il Logos incarnato non è solo rivelazione della struttura intelligente del disegno originario del Creatore, ma è anche il Logos che si è incarnato per amore e che si è rivelato come il Dio che è amore. Dunque, intelligenza e amore sono inseparabili e dalla coniugazione di queste due componenti fondamentali della realtà della vocazione umana della rivelazione divina, può scaturire anche il dialogo più fecondo, l’evangelizzazione più autentica, il servizio all’uomo più pieno.

 

D. – C’è chi definisce la Chiesa ‘potente’; invece, Benedetto XVI parla della “fragile barca della Chiesa”, sostenuta però da Dio …

 

R. – Certamente, perché la potenza della Chiesa è quella che Paolo chiama “la debolezza di Dio”, cioè il fatto che Dio abbia scelto per manifestarsi non la via di una potenza umana, che schiacci l’uomo, ma la via della debolezza della Croce; la via della forza dell’amore che sostiene questa debolezza, e in questo senso, le parole del Papa richiamano quelle paoline: che la stoltezza di Dio è ben più sapiente della sapienza del mondo. Cioè: il Dio che si rivela nella debolezza resta l’onnipotente che ha scelto la via non della forza ma dell’amore, per comunicarsi agli uomini e per dare a loro la sua salvezza.

 

D. – Cosa è emerso dai lavori di Verona?

 

R. – Mi sembra che sia emerso chiaramente il volto di una Chiesa viva, di una Chiesa giovane, di una Chiesa di popolo. Una Chiesa viva nella grande ricchezza di esperienze, di fermenti, di impegno nella causa dell’annuncio del Vangelo e della catechesi, nella presenza capillare della carità. Una Chiesa giovane: lo stadio di Verona era pieno di giovani alla Messa con il Papa. Tra i delegati ce n’erano naturalmente di meno, perché spesso i delegati sono scelti tra quelli che hanno già responsabilità adulte nella Chiesa. E tuttavia, essi erano voce di una Chiesa che sa dare ai giovani ragioni di vita e di speranza. Ed una Chiesa di popolo, una Chiesa – cioè – che è ben radicata nel tessuto popolare della nostra gente, sta con essa, vive per essa, è amata dal suo popolo e lo rappresenta nelle istanze più vere, nonostante tutti i processi di secolarizzazione in atto. Ed è a partire da questo dato, che è possibile rilanciare l’evangelizzazione nel nostro Paese, perché questa “Chiesa di popolo” prenda sempre più coscienza della grande ricchezza che essa ha in sé, l’amore di Dio in Gesù Cristo, e che essa ha da proporre al mondo, questo stesso amore coniugato come “sorgente ispirativa” di prassi, di carità, di solidarietà, di impegni sociali. Molto importante è stato anche il fatto che il Papa abbia sottolineato che nell’impegno politico la Chiesa in quanto tale non ha né simpatie partitiche né seduzioni ideologiche, ma è fonte di ispirazione alla luce del Vangelo. Sono i cristiani laici che, in prima persona, devono impegnarsi in maniera adulta e responsabile, ispirati ai valori del Vangelo nella pluralità delle opzioni politiche perché si costruisca una società più degna dell’uomo, più simile a quella voluta da Dio nel suo disegno e rivelata nell’incarnazione del Figlio.

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IL CARDINALE TARCISIO BERTONE HA INAUGURATO A ROMA

LA MOSTRA PER I 145 ANNI DELL’OSSERVATORE ROMANO

- Interviste con il cardinale Jean-Louis Tauran e Marco Impagliazzo -

 

È stata inaugurata stamane a Roma dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, la mostra “L’Osservatore Romano: da Roma al mondo. 145 anni di storia attraverso le pagine del giornale del Papa”. L’esposizione – allestita a Palazzo Valentini, sede della Provincia che ha collaborato all’iniziativa – sarà aperta al pubblico gratuitamente da domani fino al 10 novembre, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19. Il servizio di Roberta Gisotti sulla cronaca di questa mattina:

 

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Una mostra di grande interesse storico che percorre le vicende salienti della Chiesa, dell’Italia e del mondo intero, dal primo luglio 1861 - questa la data del primo numero dell’Osservatore Romano, esposto in originale - fino ad oggi con una immagine - tratta dall’archivio fotografico del quotidiano vaticano - di Benedetto XVI che legge il giornale del Papa. Segno di una continuità che ha attraversato 11 pontificati da Pio IX a Papa Ratzinger, di cui la rassegna riporta gli aspetti salienti intrecciati nelle pagine dell’Osservatore Romano alle cose del mondo, come ha rilevato il cardinale Bertone, nel discorso inaugurale dopo aver visitato le due sale che ospitano i 30 pannelli espositivi. Nella visita il porporato è stato accompagnato dal presidente della Provincia, Enrico Gasbarra e dal direttore dell’Osservatore Romano Mario Agnes, da ben 22 anni alla guida di questa testata, organo ufficioso della Santa Sede, nato per iniziativa di alcuni fedeli laici, in un clima di aperta sfida e contrapposizione tra ideologie risorgimentali e Stato Pontificio. E, dopo 145 anni, la storia di questo giornale è ospitata nel Palazzo della Provincia di Roma, città culla della civiltà occidentale e cuore della cristianità, a suggellare – ha sottolineato il cardinale Bertone – la proficua e reciproca collaborazione tra istituzioni civili ed ecclesiali, per essere a servizio dell’uomo, in linea – ha osservato – con l’invito lanciato a Verona da Benedetto XVI “ai cattolici presenti in ogni ambito della società ad aprirsi a nuovi rapporti e a non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita morale e culturale dell’Italia”:

        

“Il susseguirsi degli eventi storici mostra che la Chiesa nel passato come nel presente, per diffondere il messaggio evangelico in ogni ambito della società, per promuovere e difendere gli ideali dell’autentica libertà, della verità, della giustizia e della carità ha bisogno dell’operosità, dell’inventiva e del carisma dei laici”.

 

E, un grazie particolare il direttore dell’Osservatore Romano, Agnes ha voluto dedicare a quanti a vario titolo hanno dato e danno professionalità ed un pezzo del loro cuore, qualcosa di se stessi, per confezionare questo giornale unico al mondo “che legge le vicende dell’uomo con occhio ecclesiale”, da un osservatorio – possiamo aggiungere - privilegiato, arricchito dallo sguardo benevolo del Papa sull’umanità intera.

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Ascoltiamo ora al microfono di Tiziana Campisi il curatore della Mostra, Marco Impagliazzo, professore di storia contemporanea all’Università per stranieri di Perugia:

 

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R. – Abbiamo provato ad identificare i punti forti della storia di questo giornale del Papa, anche se in realtà non è il giornale ufficiale della Santa Sede. L’Osservatore Romano, proprio nella prospettiva della Chiesa cattolica, da Roma guarda al mondo e in questo guardare al mondo quali sono i fatti fondamentali del XX secolo? Sono le guerre mondiali e tutta l’opera che i Papi hanno fatto per difendere la causa della pace, partendo da Benedetto XV, che ha definito la Prima Guerra Mondiale “inutile strage”, a Pio XII, che ha chiesto ripetutamente che si evitasse la Seconda Guerra mondiale. Ma anche le voci di Giovanni XXIII, che ha fatto l’Enciclica – forse più conosciuta al mondo – la Pacem in terris; di Paolo VI che nel 1965 andò all’ONU e gridò “Mai più la guerra” e fino alla grande opera di pace di Giovanni Paolo II sia nel far cadere il Muro di Berlino, sia nel difendere la pace nella Guerra dei Balcani e dopo l’11 settembre contro il terrorismo.

 

Ma quale contributo ha offerto all’informazione “L’Osservatore Romano”? Lo abbiamo chiesto al cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa:

 

R. – Un’informazione neutrale, super partes, che fa riflettere sui principi. Informare vuol dire formare.

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“I MILITARI A SERVIZIO DELLA PACE” E’ IL TITOLO DEL QUINTO

CONVEGNO INTERNAZIONALE DEGLI ORDINARIATI MILITARI

- Intervista con il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez -

 

In uno scacchiere internazionale sul quale si moltiplicano le missioni militari di pace nelle zone di crisi, assume una grande rilevanza all’interno delle Forze armate di ogni Paese la presenza dei vescovi e dei sacerdoti che curano questo paricolare settore. Da ieri e fino a venerdì prossimo, l’Aula vecchia del Sinodo, in Vaticano, ospita il quinto Convegno internazionale degli Ordinariati Militari sul tema eloquente “I militari a servizio della pace”. Proprio i mutati scenari mondiali costituiscono uno dei cinque punti di riflessione sui quali è articolato il Convegno. I lavori sono stati aperti da una prolusione del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e saranno conclusi dall’intervento del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Giovanni Peduto ha domandato al cardinale Nicolàs de Jesùs López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo e ordinario Militare per la Repubblica Dominicana, quale sia oggi il ruolo degli ordinari militari e dei cappellani:

 

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R. – Il ruolo, come tante volte è stato detto e sottolineato, è quello di cercare di mantenere una presenza ecclesiale nel mondo militare, riconoscendo le grandi sfide che incontriamo nello svolgimento di questo compito e non soltanto in relazione alla situazione di ciascun Paese, ma proprio di fronte alla grande realtà che il mondo oggi ci presenta. Il nostro ruolo è quindi quello di mantenere questa nostra presenza come servitori del mondo militare, cercando al contempo di dire una parola anzitutto di verità, di amore, di giustizia in questo ambiente, che ha purtroppo tante difficoltà e tanti grandi problemi.

 

D. – A proposito di difficoltà, quali sono i principali ostacoli che incontrate nell’esercizio del vostro compito?

 

R. – Sappiamo anzitutto che il mondo militare ha tante realtà da affrontare. Si deve affrontare la realtà della violenza interna: in ciascun Paese ci sono, a questo riguardo, molte situazioni da dover affrontare e alla quali è necessario trovare delle soluzioni. Ma si deve anche affrontare la realtà delle guerriglie che, soprattutto in alcuni Paesi del Sud America, rappresentano una vera e propria sfida per gli eserciti e per i militari. C’è poi il problema del narcotraffico, che fino a qualche anno fa era strettamente collegato alle guerriglie. E c’è ancora la grande questione del terrorismo, che io credo rappresenti una grande sfida per il mondo militare.

 

D. – Le armi e la pace, come coniugare evangelicamente queste due espressioni?

 

R. – Sappiamo che il Vangelo è fondamentalmente un messaggio di pace. Questo non può essere discusso. Si deve, però, riconoscere nel mondo che ci sono anche altre realtà, che rappresentano delle sfide per il Vangelo stesso. A questo proposito, mi piace ricordare il rapporto fra Gesù ed i centurioni, che erano i rappresentanti dell’Impero di Roma: si vede che il Signore ha avuto un atteggiamento di rispetto per questi uomini. Tuttavia, quando l’uomo non ha in sé un sentimento, un senso di pace, è veramente molto difficile riuscire a fare questa conciliazione.

 

D. – Il Papa ha denunciato una generale indifferenza nel processo di disarmo …

 

R. – C’è molta gente che ama la violenza e vuol esercitare la violenza. Ma va anche detto che la guerra e la vendita delle armi rappresentano evidentemente un grande affare economico. Credo quindi sia necessario precisare che queste persone che fanno e vogliono fare la guerra, che amano la guerra, hanno certamente anche un buon profitto in tutto quello che ruota intorno alle armi. 

 

D. – La sua esperienza personale sia sul campo con i soldati, sia come annunciatore della parola tra le armi…

 

R. – Quando sono stato nominato arcivescovo di Santo Domingo – bisogna sapere che nella Repubblica Dominicana la nomina di ordinario militare è vincolata all’esercizio di arcivescovo – io avevo delle difficoltà, perché la mia famiglia aveva sofferto molto durante la dittatura di Trujillo. Ma quando la Chiesa mi ha chiamato a svolgere questo compito, mi sono allora presentato agli uomini semplicemente come un servitore, dicendo loro: “Vengo non come un militare, ma vengo fra di voi semplicemente come un sacerdote. Io voglio servirvi, voglio essere fra di voi e con voi un testimone di ciò in cui io credo”. 

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LA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

HA CELEBRATO IL QUARTO INCONTRO DELL’11° CONSIGLIO ORDINARIO

SUL TEMA DELLA PAROLA DI DIO, OGGETTO DELLA PROSSIMA ASSEMBLEA GENERALE

CONVOCATA DA BENEDETTO XVI PER IL 2008

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La riscoperta delle Sacre Scritture nella teologia e nella catechesi, nella lettura privata come nella lectio divina. Su questi argomenti si sono confrontati i partecipanti all’11° Consiglio ordinario della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, giunto al quarto incontro. Sullo sfondo, la 12.ma Assemblea ordinaria del Sinodo convocata da Benedetto XVI per l’ottobre del 2008 sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

 

All’incontro presieduto dal segretario generale, l’arcivescovo Nikola Eterovič, i numerosi cardinali e vescovi presenti hanno tra l’altro sottolineato l’importanza, sul tema, della Costituzione dogmatica conciliare Dei Verbum e del Catechismo della Chiesa cattolica che, si legge in un comunicato, “ha recepito e ulteriormente sviluppato le indicazioni della Dei verbum”.

 

 

PRESA DI POSSESSO DEL TITOLO DI SANTA MARIA DEL POPOLO

 DA PARTE DEL CARDINALE STANISŁAW DZIWISZ

- Intervista con il porporato -

 

Cerimonia solenne questa sera a Roma per la presa di possesso del Titolo di Santa Maria del Popolo da parte del cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo metropolita di Cracovia. Il porporato presiederà alle 18.00 la Santa Messa nella Chiesa di Santa Maria del Popolo. 67 anni, già segretario di Papa Wojtyla, ordinato sacerdote nel 1963 e consacrato vescovo nel 1998, è stato creato cardinale da Benedetto XVI il 24 marzo di quest’anno. Ascoltiamo lo stesso cardinal Dziwisz, al microfono di Stanislaw Tasiemski:

 

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R. – Malgrado abbia vissuto a Roma 27 anni, con il Santo Padre Giovanni Paolo II, Roma mi ha sempre continuato ad impressionare. Quando andavo alla Basilica di San Giovanni in Laterano e leggevo “Caput et Mater”, mi sono sempre sentito molto unito alla sede di San Pietro. Questa nomina al Collegio Cardinalizio e questa chiesa che devo accogliere come mia in qualità di titolare, mi unisce ancora di più con il Santo Padre Benedetto XVI ed esprimo a lui la mia profonda riconoscenza e la mia fedeltà. Mi sento ancora di più unito alla Chiesa di Roma, al clero, al vicariato e ai tanti tanti amici che ho lasciato andando a Cracovia. Di nuovo mi sento, non posso dire certo di essere romano, ma certamente profondamente unito al popolo romano.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI al termine della Messa di inaugurazione dell’Anno accademico dei Pontifici Atenei Romani.

Il saluto del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, in occasione della mostra “L’‘Osservatore Romano’, da Roma al mondo. 145 anni di storia attraverso le pagine del giornale del Papa”.

Il cardinale Sodano, Legato pontificio in Ungheria, per le celebrazioni della libertà della Nazione (cinquantesimo anniversario dell’insurrezione di Budapest).

 

Servizio estero - Medio Oriente: rapito nella Striscia di Gaza un fotoreporter del- l’Associated Press”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Mario Spinelli dal titolo “Il Romanico e il Gotico: due stili ‘riletti’ senza luoghi comuni”; un volume sull’arte del basso e del tardo Medio Evo.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Quel nucleo di verità religiosa che anticipa la Rivelazione cristiana”: “Platone e Socrate”, il XVI volume dell’opera omnia di Romano Guardini.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della sanità.    

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 ottobre 2006

 

 

GIUNTA IN TUNISIA LA FIACCOLA DEL DIALOGO PARTITA DA TAGASTE

IN ALGERIA, CITTA’ NATALE DI SANT’AGOSTINO

- Intervista con padre Pietro Bellini -

 

Prosegue il viaggio della fiaccola del dialogo tra le sponde del Mediterraneo. Mentre il mondo islamico festeggia la fine del Ramadan, la torcia, partita ieri dall’Algeria e diretta verso l’Italia per recuperare il pensiero di Sant’Agostino come ponte fra le culture, oggi ha varcato la frontiera con la Tunisia. Da Aïn Draham, in Tunisia, il servizio di Tiziana Campisi.

 

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“E’ titolo più grande di gloria uccidere la guerra con il dialogo, anziché uccidere gli uomini con la spada, e procurare o mantenere la pace con la pace e non già con la guerra”: così scriveva Sant’Agostino nella lettera 229. E a sottolineare il suo invito alla concordia, nell’atmosfera festosa del giorno della Id al-Fitr, la fine del Ramadan, è il passaggio della fiaccola del dialogo dall’Algeria in Tunisia. Accesa ieri a Souk-Ahras, l’antica Tagaste, che ha dato i natali a Sant’Agostino, la fiaccola che vuole ricordare agli uomini il messaggio di pace del vescovo di Ippona, oggi giunge dove un tempo sorgeva Cartagine, città degli studi del presule africano. Una delegazione italiana sta accompagnando la fiaccola. Qui con noi il provinciale degli agostiniani d’Italia, padre Pietro Bellini. A lui chiediamo: come può il pensiero di Sant’Agostino varcare i confini delle differenze?

 

R. – Agostino ha vissuto in un mondo di differenze. Lui ha saputo iniziare il dialogo con le differenze sia culturali, sia religiose, partendo da due principi fondamentali. Primo concetto fondamentale: tutti gli uomini sono uguali. Quindi, se ciascun uomo parte dal proprio cuore, dalle proprie esigenze, potrà trovare terreno comune di dialogo. Secondo principio da cui Agostino parte è quello secondo cui Dio è Padre di tutti gli uomini. Tutti sono destinatari di un unico progetto. Quindi, all’interno di questo progetto che Dio ha per l’umanità si potranno trovare anche gli strumenti e i mezzi di dialogo e della pace.

 

D. – In che modo oggi far crescere il dialogo interreligioso?

 

R. – Agostino visse delle situazioni molto simili alle nostre di oggi. Il dialogo, confronti e raffronti religiosi ci sono stati ai tempi di Agostino sia dentro la Chiesa, sia fuori della Chiesa. Agostino lancia il principio, secondo il quale prima di dialogare dobbiamo essere certi di quello che noi siamo. Dobbiamo sapere la verità su noi stessi, su quello in cui crediamo, dopo di che possiamo incontrare l’altro con la carità. Cercando tutti insieme la verità possiamo raggiungere l’obiettivo del dialogo.

 

D. - All’Angelus del 27 agosto Benedetto XVI ha pregato Sant’Agostino, perchè attraverso la sua intercessione Dio conceda a tutti quei giovani assetati di felicità di non cercarla percorrendo sentieri sbagliati, perchè non si perdano in vicoli ciechi. Cosa suggerisce oggi il vescovo di Ippona ai giovani?  

 

R. – Agostino ai giovani di oggi parlerebbe con la stessa frase che tutti conosciamo: “Va dove ti porta il cuore”. Agostino parte dal cuore. Nel cuore di ciascuno di noi si possono trovare le proprie esigenze, la propria verità, il senso della vita. Se i giovani riescono a trovare la chiave, non al di fuori di se stessi, ma dentro se stessi, lì troveranno anche la strada verso la felicità, la strada verso il senso della vita.

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA DELLE NAZIONI UNITE

- Intervista con Staffan de Mistura -

 

Bisogna essere uniti per affrontare con successo le minacce globali. E’ l’appello del segretario generale dell’ONU Kofi Annan, che, nell’odierna Giornata internazionale delle Nazioni Unite, ha ricordato i passi in avanti fatti in questi anni in favore di sviluppo, sicurezza e diritti umani. Tuttavia Annan ha anche invitato tutti i governi del mondo a lavorare con il suo successore, il sudcoreano Bay Ki-Moon, per rendere le Nazioni Unite ancora più forti ed efficaci. Ma in che misura oggi l’ONU può parlare al mondo di disarmo e di non proliferazione nucleare? Al microfono di Eugenio Bonanata risponde Staffan de Mistura, inviato del segretario generale e direttore della scuola alti studi delle Nazioni Unite di Torino:

 

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R. – E’ difficile parlare di disarmo e non proliferazione senza stabilire delle regole che vangano affrontate e accettate da tutti. Quello che si può dire è che l’ONU oggi forse è l’unico luogo dove si può, in effetti, affrontare queste tendenze alla proliferazione. La prova è che il dibattito avviene o nell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica o al Consiglio di Sicurezza, e in parte anche nell’Assemblea generale, con interventi sia del segretario generale che di Stati membri, che però si rifanno poi alle Nazioni Unite.

 

D. – Cosa risponde a chi accusa l’ONU di essere scarsamente incisiva nelle situazioni di conflitto?

 

R. – L’ONU non è stata creata per portare il mondo verso il paradiso ma per impedire che cada nel baratro dell’inferno. In questo senso l’ONU spesso non ha fallito e quando ha fallito è stata comunque rilevante e non marginale. Esempio: ero in Kosovo, quando ci rendemmo conto che l’ONU fu scavalcata e non fu fatto quello che era stato deciso nell’ambito delle Nazioni Unite. Dopo tuttavia si ricompattò tutto. Anche in Iraq l’ONU è stata in buona parte “bypassata”, ma alla fine siamo tornati ad essere necessari e indispensabili in quanto organismo internazionale, per organizzare, per esempio adesso, la conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Iraq. In conclusione, l’ONU non è, e forse non sarà mai, perfetta, ma è quello che abbiamo in mano ed è soprattutto un ideale che va portato avanti.

 

D. – Le risorse oggi non mancano, eppure fame, malnutrizione e povertà continuano ad affliggere tanta parte dell’umanità. Come combattere, come far fronte a queste sfide?

 

R. – Io mi ricordo all’inizio della mia carriera, più di 30 anni fa, quando avevamo con angoscia di fronte a noi la realtà di letterali carestie in Cina, in India… Non molti anni fa, in Afghanistan, mi arrivò un aereo di aiuti alimentari con del riso cinese. Gli indiani oggi sono nella condizione, non solo di sostenere se stessi, ma di aiutare molte altre nazioni in termini alimentari. Questo vuol dire che si può, si deve affrontare il problema dello sviluppo economico e quello alimentare e che si ottengono risultati quando ci si prova.

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INCONTRO IERI A ROMA, PRESSO LA SEDE DELLA FAO, SUL TEMA DELLA SOLIDARIETA’ TRA DONNE CONTADINE AFRICANE E ITALIANE

- Interviste con Josephine Atangana e Costanza Terrini -

 

Donne contadine africane a confronto con quelle italiane. Un dibattito che ieri pomeriggio si è tenuto nella sede della FAO a Roma e che ha visto coinvolte molte associazioni del settore. Sul tavolo anche il tema della globalizzazione applicata al settore alimentare, un argomento che ha rilanciato il tema della solidarietà nella lotta alla fame nel mondo. Il servizio di Benedetta Capelli:

 

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854 milioni di persone non sopravvivono per mancanza di risorse: è il drammatico dato fornito dalle Nazioni Unite, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Tenendo conto di questa stima, la FAO ha voluto far conoscere l’esperienza di chi prova ad investire in contesti difficili. Sono donne contadine africane che, oltre a lottare per vendere e produrre i loro prodotti, lottano per il solo fatto di essere donne. Si chiamano Alina del Niger, Ann Naanyu Kilele del Kenya e Josephine Atangana del Camerun: quest’ultima fotografa la vita di tante:

 

IT’S VERY DIFFICULT…

“E’ molto difficile lavorare per le donne impegnate da mattina a sera nei campi e nelle faccende domestiche. Una donna non ha accesso alla ricchezza e la terra che lavora è prima del padre, poi del fratello e del marito, mai sua. Lei produce solo cose da mangiare”.

 

Eppure la solidarietà tra le donne ha permesso la creazione di cooperative in grado di assicurare una piccola distribuzione di prodotti. Una esperienza, questa, che le accomuna alle contadine italiane, in lotta per la tutela di ciò che producono. “Perché un prodotto – ha detto una di esse – porti con sé l’orgoglio della propria origine”. Si guarda allora anche all’agricoltura familiare dell’Africa per segnare la propria differenza. Una filiera tonda è la provocazione di una coltivatrice umbra, Costanza Terrini:

 

“Si è perso il legame con la radice. L’idea è quella di far entrare i consumatori nell’azienda e quindi farli entrare nel cerchio, perché dentro il cerchio io ci trovo il mondo: ci possono essere dei migranti che mi raccontano anche un altro modo di ‘fare’ la terra e che vengono lì perché dicono: “Io so come tu fai le cose. Non è quindi un modo di chiudersi al mondo, ma un modo di aprirsi”.

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CHIESA E SOCIETA’

24 ottobre 2006

 

SI CELEBRA, A PARTIRE DA OGGI, LA SETTIMANA DELLE NAZIONI UNITE

PER IL DISARMO. NEL 2005, LA SPESA MILITARE MONDIALE E’ STATA

DI OLTRE 1100 MILIARDI DI DOLLARI

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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STOCCOLMA. = Il pericolo della corsa alle armi, la necessità di ridurre la spesa militare mondiale. Su queste due priorità è incentrata la settimana delle Nazioni Unite per il disarmo, che si celebra ogni anno a partire dal 24 ottobre. I dati confermano anche quest’anno un quadro allarmante: secondo il rapporto annuale dell’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace (SIPRI), oltre 1100 miliardi di dollari sono stati destinati, nel 2005, a spese militari. Questa somma, aumentata del 3,5 per cento rispetto al 2004, costituisce il 2,5 per cento del prodotto interno lordo mondiale. Anche ulteriori semplificazioni confermano l’enorme portata di questi investimenti: se le spese militari mondiali del 2005 vengono divise per ogni abitante della terra, si ottiene la cifra record di oltre 170 dollari per ciascun uomo o donna del pianeta. Era dai tempi della Guerra fredda che non si spendeva tanto per eserciti e armi: l’incremento degli ultimi anni è dovuto, soprattutto, alla guerra in Iraq e alla lotta contro il terrorismo. Volendo stilare una classifica, gli Stati Uniti si piazzano al primo posto, confermando una ‘supremazia’ già registrata negli anni passati. L’amministrazione americana ha speso nel 2005 oltre 507 miliardi di dollari, il 48 per cento della spesa mondiale. Seguono Gran Bretagna, con una spesa complessiva dieci volte più bassa di quella statunitense, Francia, Giappone e Cina. L’Italia, con 25 miliardi di dollari, è al settimo posto e precede Arabia Saudita e Russia. I Paesi dove si registrano, in percentuale, i maggiori tassi di crescita per questo genere di spesa sono soprattutto dell’area mediorientale. In Europa, invece, c’è stata nel 2005 una riduzione di quasi l’1,7 per cento.

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IN VIETNAM, DENUNCIATI NUOVI CASI DI TORTURE CONTRO I MONTAGNARD, INDIGENI IN GRAN PARTE CRISTIANI CHE VIVONO TRA GLI ALTIPIANI DEL PAESE ASIATICO

 

HANOI. = In Vietnam un cristiano è stato torturato e un altro è stato rapito. È quanto denuncia la ‘Fondazione Montagnard’, impegnata da anni per difendere i diritti dei montagnard, indigeni che vivono, soprattutto, tra gli altipiani del Vietnam centrale. La Fondazione ha reso noto che un uomo, fermato lo scorso 14 settembre dalla polizia per controlli, è stato ripetutamente colpito dagli agenti durante l’interrogatorio. La famiglia – riferisce l’Agenzia Asia News – teme che non possa sopravvivere”. Secondo i medici che lo hanno curato, ha subito diverse ferite alla testa. L’altro caso denunciato dalla ‘Fondazione Montagnard’ è quello di un cristiano rapito da due agenti, lo scorso 13 ottobre, mentre si stava dirigendo a piedi verso il suo villaggio. Al momento, sono ignoti il luogo di detenzione ed il suo stato di salute. I montagnard, o Degar, sono uno tra i popoli indigeni più antichi del sud est asiatico e abitano la penisola dell’Indocina da oltre duemila anni. Durante la colonizzazione francese, iniziata nel diciannovesimo secolo, si stima che la popolazione dei montagnard fosse superiore ai 3 milioni e mezzo. Oggi sono tra i 700 e gli 800 mila e, in gran parte, sono cristiani. Nonostante la persecuzione da parte del regime comunista, i montagnard hanno conservato la fede e si calcola che più di 180 mila siano cattolici. Molti di loro pregano ascoltando “Radio Veritas” che ritrasmette da Manila i programmi della redazione vietnamita della Radio Vaticana. Alla vigilia delle celebrazioni pasquali del 2004, i cristiani montagnard sono partiti dai loro villaggi sperduti e sono giunti in 130 mila fino ai capoluoghi provinciali negli altipiani centrali del Vietnam per riunirsi e pregare pubblicamente. Ma sono stati subito dispersi con le armi dalla polizia. Secondo la ‘Fondazione Montagnard’, la dura repressione degli agenti è costata la vita, in quella occasione, ad almeno 400 persone. (A.L.)

 

 

VISITA DI UNA DELEGAZIONE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE STATUNITENSE

IN ALCUNE DIOCESI ALLA FRONTIERA TRA STATI UNITI E MESSICO PER METTERE IN LUCE DIVERSE PROBLEMATICHE LEGATE ALL’IMMIGRAZIONE ILLEGALE

 

CITTÀ DEL MESSICO. = Rinforzare la presenza della Chiesa alla frontiera e garantire la sicurezza dei minorenni e delle vittime del traffico di persone: con queste finalità è in corso, questa settimana, la visita di alcuni rappresentanti della Conferenza episcopale statunitense presso le regioni della frontiera con il Messico, colpite dai gravi fenomeni dell’immigrazione illegale e dal traffico di esseri umani. Promotore dell’iniziativa è stato il Comitato per l’emigrazione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. La delegazione - riferisce l’Agenzia Fides - è formata da alcuni presuli membri del Comitato, tra cui il presidente, mons. Gerald Richard Barnes, vescovo di San Bernardino. Destinatarie della visita sono la diocesi di Tucson, in Arizona, l’arcidiocesi di Galveston-Houston e la diocesi di El Paso, entrambe in Texas. Sono previsti incontri con rappresentanti del governo e membri di associazioni e organismi ecclesiali impegnati nel settore dell’immigra-zione illegale. L’obiettivo è di promuovere un’azione efficace della Chiesa alla frontiera e di garantire una maggiore sicurezza dei bambini, vittime di turpi commerci. Il problema dei flussi migratori clandestini tra Messico e Stati Uniti è emerso a livello ecclesiale, nelle scorse settimane, in occasione di un documento della Conferenza episcopale del Messico che si era espressa contro il progetto statunitense di costruzione di un muro alla frontiera tra i due Paesi. La costruzione della barriera, da parte dell’amministrazione americana, è stata pianificata per far fronte alla forte pressione di immigrati messicani al confine con gli Stati Uniti. (A.S.)

 

 

UNA PERSONA È MORTA IN INDONESIA PER SCONTRI, AVVENUTI NEI GIORNI SCORSI

NEI PRESSI DELLA CITTÀ DI POSO, TRA FORZE DI POLIZIA E GLI ABITANTI MUSULMANI DI UN VILLAGGIO, DOVE GLI AGENTI SI ERANO RECATI

PER CERCARE SOSPETTI TERRORISTI

 

POSO. = La fine del mese del Ramadan è stata funestata, in Indonesia, da nuovi scontri tra musulmani e forze di polizia costati la vita ad almeno una persona. La tensione è salita sabato scorso, quando gli agenti hanno perquisito le case di un villaggio nei pressi della città di Poso, sull’isola di Sulawesi. Un portavoce delle forze di sicurezza ha spiegato che “le perquisizioni avevano lo scopo di scovare sospetti terroristi”. Ma gli abitanti - riferisce l’Agenzia Asia News - hanno reagito violentemente e hanno attaccato la locale stazione di polizia. La situazione è poi degenerata e il bilancio di ripetuti scontri a fuoco è diventato pesante: una persona è morta e due poliziotti e due bambini sono rimasti feriti. Altri disordini si sono poi verificati, ieri, durante i funerali del musulmano deceduto in seguito alle ferite riportate in una sparatoria. Una folla inferocita ha attaccato un posto di blocco e, subito dopo, è stata incendiata una chiesa protestante. Fortunatamente non si registrano, in questo caso, né feriti né gravi danni all’edificio. Secondo diversi analisti, gruppi integralisti indonesiani intendono far riesplodere la violenza nella zona, già teatro dal 1998 al 2001 di drammatici scontri tra cristiani e musulmani, costati la vita a circa 2000 persone. (A.L.)

 

 

CRESCE IL TRAFFICO DI BAMBINI IN UGANDA: LO AFFERMA L’ORGANIZZAZIONE NON

GOVERNATIVA ‘SAVE THE CHILDREN’ IN UN RAPPORTO RESO NOTO NEI GIORNI SCORSI

 

KAMPALA. = Fame e povertà sono tra le cause del crescente traffico di bambini in Uganda: lo denuncia l’organizzazione non governativa ‘Save the Children, in un rapporto stilato dalla sezione ugandese dell’associazione. Come riferisce l’agenzia missionaria MISNA, il traffico di minori si starebbe estendendo soprattutto nel nord-est del Paese, nella regione del Karamoja. Fame, siccità, furti di bestiame sono tra i motivi che spingono i genitori a cedere uno dei figli, per cifre che vanno da poco più di un euro a 13 euro. Sono soprattutto le bambine a essere messe in vendita, per mantenere il resto del nucleo familiare. I bambini vengono poi rivenduti per somme anche dieci o 100 volte superiori, nei nuovi mercati che stanno nascendo in vari distretti dell’Uganda e in Kenya. Le vittime di questo orribile traffico finiscono per essere sfruttate in lavori domestici od occasionali. Le bambine, invece, diventano molto spesso concubine o mogli dei loro ‘compratori’. “C’è bisogno – ha affermato David Wright, direttore di ‘Save the Children International Uganda - di una risposta rapida e coordinata per proteggere i bambini dalle varie forme di abuso di cui sono vittime”. Di fronte a tale appello, il commissario per l’infanzia presso il ministero ugandese per lo sviluppo sociale, ha risposto che il governo sta lavorando con i parlamentari della regione del Karamoja e con i capi tribù locali per fronteggiare la situazione. Ma le condizioni dell’infanzia ugandese restano particolarmente gravi: circa 25.000 bambini sono stati arruolati ad esempio come soldati durante i conflitti interni. Intanto, l’attenzione nei confronti dei bambini ugandesi è alta anche in Italia: domani verrà presentata a Roma una campagna di sensibilizzazione in favore dei bambini dell’Uganda, promossa dall’associazione ‘Donnambiente’, che opera nel settore della difesa dei diritti umani, e dalla onlus ‘Mondo aperto’ dei missionari comboniani. (A.S.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 ottobre 2006

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Scontri tra polizia e gruppi dell'estrema destra, ieri a Budapest, in Ungheria, hanno segnato un fuori programma nelle celebrazioni per i cinquanta anni dalla rivolta antisovietica del 1956. Le squadre antisommossa sono intervenute con idranti, gas lacrimogeni e pallottole di gomma, per fermare i manifestanti che tiravano pietre e puntavano sul Parlamento. Secondo fonti sanitarie, sarebbero almeno 40 i feriti, nessuno dei quali in condizioni gravi. Il nostro servizio:

 

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Il primo ministro Gyurcsany ha difeso l'azione delle forze dell'ordine, parlando di "dimostranti che hanno preso la capitale in ostaggio". Accuse alla polizia, invece, dal leader della destra, Orban, che ha parlato di "violenze ingiustificate degli agenti contro pacifici manifestanti". Poco lontano dal luogo degli scontri, per tutto il pomeriggio, si sono tenute le celebrazioni ufficiali, alla presenza di numerose delegazioni straniere. Corone e discorsi ufficiali per ricordare le vittime della rivolta - 2800 secondo alcune fonti - e gli oltre 200.000 ungheresi costretti all'esilio. Momenti di tensione, quando alcuni dei manifestanti si sono impadroniti di un carro armato T-34 appartenuto all'Armata Rossa e lo hanno diretto contro i reparti di polizia, fortunatamente senza conseguenze. Nella tarda serata, la maggior parte dei manifestanti era stata dispersa, ma per tutta la notte sono proseguiti gli assembramenti. E dobbiamo ricordare che nei giorni scorsi il cardinale Angelo Sodano ha rappresentato Benedetto XVI nei vari atti organizzati a Budapest per ricordare i moti del 1956, con i quali gli ungheresi cercarono di scuotere il giogo della dittatura comunista. Al “Te Deum ecumenico nella Cattedrale di S. Stefano, il 22 ottobre, il segretario di Stato emerito ha ricordato che Giovanni Paolo II ha visitato ben due volte la terra di Ungheria. Ha espresso parole di incoraggiamento a “usare bene del grande dono della libertà”, sottolineando come sia valido e  attuale il monito di Giovanni Paolo II espresso, attraverso i vescovi, nel 1993. A tre anni dalla ritrovata libertà, diceva: “E’ vero che è finito il periodo del totalitarismo che, in nome dell’ideologia profana della salvezza, opprimeva la religione e la fedeltà della Chiesa con misure dittatoriali. Attualmente, però, il vostro paese si trova sotto l’influenza di un orientamento consumistico ed è minacciato dal dissolvimento dei valori tradizionali”. “Esiste - aggiungeva Giovanni Paolo II - il pericolo del passaggio da una dipendenza ad un’altra, non meno opposta all’autentica promozione umana, con la tendenza di impedire al cristianesimo di giocare, nel modo dovuto, il suo ruolo irrinunciabile di parte integrante della storia e della cultura ungherese”. E concludeva con le parole dell’Apostolo Paolo: “Non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù”.

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Quasi un anno dopo la crisi del gas tra Russia e Ucraina, un accordo tra i due Paesi potrebbe assicurare un inverno al riparo da problemi analoghi. Per oggi, a Kiev, è atteso il capo del governo russo, Fradkov, per la firma di tre accordi intergovernativi coi vertici istituzionali ucraini. Accordi elaborati dopo lunghe trattative e grazie al mutato clima politico in Ucraina, dove ai filoatlantici di Yushenko si sono sostituiti i filorussi di Ianukovich. L'accordo dovrebbe anche placare i timori in Europa per il rischio che si ripeta la situazione dell'anno scorso, quando la riduzione del flusso di gas destinato all'Ucraina finì per ripercuotersi su tutti gli altri Paesi. In base agli accordi Kiev, pagherà il gas 130 dollari per 1000 metri cubi. Più che l'anno scorso, ma sempre un prezzo di favore, rispetto ai 290 dollari pagati dalla Germania.

 

Due soldati iracheni sono stati uccisi da un’autobomba che ha colpito la loro centrale operativa a Kirkuk, mentre viene reso noto oggi che due soldati americani sono morti ieri nella provincia occidentale irachena di Anbar. A Baghdad, le forze statunitensi hanno effettuato una ricerca casa per casa per trovare un commilitone scomparso. 

 

Intanto, il vice primo ministro iracheno Barham Salih ha detto, incontrando ieri a Londra il premier britannico Tony Blair, che l'Iraq è pronto ad assumersi le proprie responsabilità ma le truppe straniere non devono abbandonare il Paese.  Il numero due del governo iracheno ha spiegato che entro la fine dell'anno la sicurezza in metà delle province passerà sotto la completa responsabilità dell'esercito e della polizia irachene. La violenza inarrestabile sta accrescendo la pressione sui governi di Londra e Washington. L'opinione pubblica chiede un cambio di strategia.

 

Secondo quanto pubblicato oggi dalla stampa britannica, Blair avrebbe dato dodici mesi alle autorità irachene per preparare il passaggio di consegne tra le truppe di Londra, posizionate principalmente nel sud, e quelle di Baghdad.  Il primo ministro britannico ha comunque negato di voler esercitare qualsiasi pressione sul governo iracheno.

 

Un anno dopo l'esplosione delle violenze urbane, le auto bruciate domenica preoccupano la Francia. La polizia è in allerta. Domenica scorsa, una trentina di giovani nel quartiere dormitorio di Grigny alla periferia sud di Parigi aveva dato fuoco ad un autobus e a quattro auto. Gli autisti dei mezzi pubblici si rifiutano ora di entrare nel quartiere. Esasperati, gli abitanti. L'anno scorso le violenze durarono tre settimane. A qualche mese dalle presidenziali, il premier Nicholas Sarkozy, sostiene che il governo ha investito molto per favorire la coesione sociale. I socialisti, Dominique Strauss-Kahn in testa, sostengono invece che i problemi di fondo all'origine delle violenze restano irrisolti.

 

Il Parlamento europeo ha votato poco fa un pacchetto di misure (due regolamenti e una decisione) per adeguare il Sistema Informativo Schengen, la banca dati funzionante come sistema comune a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri. La banca dati è nata dopo che nel 1985 l’accordo di Schengen apriva alla soppressione dei controlli alla frontiera e dunque alla libera circolazione dei cittadini.  Oggi, la banca dati va aggiornata ma ci sono anche altre necessità, legate ai fenomeni dell’immigrazione e del terrorismo.  Fausta Speranza ha intervistato Stefano Zappalà, vicepresidente della Commissione per le libertà civili, Giustizia e Affari interni del Parlamento Europeo:

 

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R. – E’ un provvedimento quanto mai opportuno e necessario, considerati i tempi che abbiamo vissuto dal 2001 ad oggi, dopo l’11 settembre. Il fenomeno dell’immigrazione è molto vasto, molto ampio. Quindi, l’esigenza di verificare, o comunque di avere dati aggiornati all’interno dell’area dell’Unione Europea, è un fatto prioritario ormai. Sicurezza e immigrazione sono due temi fondamentali per l’Unione Europea.

 

D. – E’ difficile, però, pensare ad un sistema che allarghi i dati e che nello stesso tempo li protegga. Ma è così?

 

R. – La protezione è assicurata, perché il sistema è di tipo automatico. Sono soltanto alcune le autorità che possono accedere a questo tipo di informazione. Quindi, nessuna difficoltà o, comunque, nessuna preoccupazione. Ricordo che ultimamente, proprio in tema di protezione dei dati, abbiamo rivisto addirittura gli accordi con gli Stati Uniti e stiamo rivedendo anche gli accordi per l’aerea economica, sempre con gli Stati Uniti e con altri Paesi. Prioritaria è la protezione dei dati, ma è certamente opportuno lo scambio di informazione tra chi è preposto nei singoli Stati membri ad alcune verifiche e ad alcuni controlli.

 

D. – In questi giorni, è stata votata anche l’estensione a nuovi Stati membri. Ci dice quali?

 

R. – Siamo partiti con 15 Stati iniziali, più Islanda, Norvegia e ancora un posto disponibile. Adesso, all’interno dell’Unione ci sono dieci nuovi Stati, dopo l’allargamento del 2004 e, quindi, a questi adesso viene aperto il sistema. Poi, riparleremo fra qualche tempo dell’accesso di due ulteriori Stati membri, Romania e Bulgaria. Devo ricordare, per esempio, che pur non facendo parte dell’Unione, la Svizzera recentemente ha aderito al sistema Schengen, che è un sistema di libera circolazione che comincia ad avere una forte importanza all’interno dell’Unione. E’ un sistema che rappresenta peraltro quello che sono i principi fondamentali dei diritti dei cittadini, quantomeno all’interno dell’area geografica europea, anche se un po’ allargata.

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Vescovi protestanti si sono incontrati pubblicamente per la prima volta con leader del Sinn Fein, il Partito repubblicano considerato il braccio politico dell'IRA, ed hanno invitato i dirigenti dell'Ulster a superare gli ostacoli che si frappongono al ripristino delle istituzioni miste, scaturite dagli accordi del 1998 e poi naufragate. Lo storico incontro, ieri, ha seguito i colloqui avvenuti nelle scorse settimane tra il leader protestante, Ian Paisley, esponente dell'ala dura, e alti responsabili della Chiesa cattolica nella tormentata provincia. ''E' stato un incontro positivo'', ha commentato l'arcivescovo anglicano di Armagh, Robin Eames, in un comunicato, aggiungendo che ''i vescovi hanno affermato la loro convinzione che il  progresso politico e sociale può essere ottenuto soltanto con  una piena e pari partecipazione alle strutture della democrazia''.

 

Londra e Dublino stanno adoperandosi per ripristinare entro il 2007 l'assemblea locale dell'Irlanda del nord, ma il Partito democratico unionista (Dup) di Paisley, che vuole mantenere i tradizionali legami della provincia con la Gran Bretagna, si rifiuta di negoziare con il Sinn Fein. Dal canto suo il Sinn Fein, che vuole un'Irlanda unita repubblicana e cattolica, non si è impegnato ad appoggiare, come chiede Paisley, le forze di sicurezza dell'Ulster, espressione della maggioranza protestante.

 

Ventiquattro anni e 4 mesi di prigione per l'ex amministratore delegato della Enron, Jeffrey Skilling.  La condanna, del tribunale di Houston in Texas, è una delle più severe inflitte finora nello scandalo Enron. L'ex dirigente del colosso energetico americano era stato riconosciuto lo scorso maggio colpevole dei 19 capi d'accusa. Un processo, quello della piu grande bancarotta della storia economica mondiale, che vedeva Skilling come l'unico imputato in quanto Kenneth Lay, il fondatore di Enron, è deceduto lo scorso luglio di crisi cardiaca.  Con oltre 35 miliardi di euro di debiti, gran parte dei quali erano stati nascosti dai contabili del gruppo, la Enron era stata dichiarata fallita alla fine del 2001. Uno scandalo che aveva costretto il legislatore americano a rivedere i meccanismi circa la responsabilità degli amministratori delle società quotate in Borsa.

 

Diciotto persone sono morte e altrettante sono rimaste ustionate tra i passeggeri di un autobus che è esploso nel centro di Panama. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno panamense, la signora Olga Golcher, che non ha fornito nessuna indicazione sulle cause dell'esplosione.

 

La notizia giunge stamani dopo che ieri si è tanto parlato dello Stretto di Panama. E’ stata registrata, infatti, una valanga di sì al referendum per l'allargamento del canale dello Stato centroamericano. L'80% dei votanti ha approvato il faraonico progetto da 5 miliardi e 200 milioni di dollari fortemente voluto dal presidente Martin Torrijos, che ora si abbandona  a toni trionfalistici. Il nuovo canale dovrebbe, in effetti, cambiare il volto e rilanciare l'economia della striscia di terra che collega l'Oceano Atlantico al Pacifico. I lavori dovrebbero consentire il passaggio anche alle navi portacontainer più grandi attraverso lo scavo dei fondali e l'allargamento delle dighe.  La costruzione del canale inaugurato nel 1914 era costata la vita a migliaia di operai. La sua modernizzazione creerà numerosi posti di lavoro, ma secondo i detrattori potrebbe mandare in bancarotta uno Stato già fortemente indebitato.

 

Non esistono nuovi segnali che la Corea del Nord stia preparandosi per un secondo esperimento sotterraneo dopo quello con cui è entrata 15 giorni fa nel "club nucleare". Lo scrive oggi a Seul l'agenzia "Yonhap" citando indicazioni fornite dai Servizi di informazione statunitensi a quelli sudcoreani. In particolare, secondo l'agenzia, i mezzi di rilevamento americani non hanno evidenziato alcun movimento insolito nei poligoni nordcoreani dopo quelli registrati subito dopo il primo test a Kilju, nella provincia dell'Hamkyong settentrionale. Intanto, gli Stati Uniti hanno recisamente smentito oggi una serie di informazioni dei giorni scorsi su un ammorbidimento delle posizioni di Pyongyang sulla crisi nucleare nordcoreana.

 

 

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