RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 295 - Testo della trasmissione di domenica 22 ottobre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La missione di annuncio del Vangelo parte da un cuore trasformato dall’amore di Dio: all’Angelus, Benedetto XVI celebra l’80.ma Giornata Missionaria Mondiale e invia un augurio di pace ai musulmani per la fine del Ramadan. Appello del Papa al mondo per il dramma della violenza in Iraq

 

Oggi in Spagna e in Germania, le Beatificazioni dei Servi di Dio Margarita María López de Maturana e di Paul Josef Nardini. Interviste con suor Amelia Kawaji e Andrea Ambrosi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“Globalizzazione e povertà”: una sfida per la sopravvivenza dei più poveri, ma anche per ridare gioia di vivere ai più ricchi: con noi, l’arcivescovo Silvano Tomasi

 

Si celebra oggi, in Italia, la quinta Giornata sulla donazione degli organi. Novemila le persone in attesa di trapianto: ai nostri microfoni, il presidente dell’AIDO, Vincenzo Passarelli

 

La piaga dell’abbandono dei neonati: un fenomeno diffuso in Italia nonostante la legge tuteli l’anonimato delle mamme. Sorte in diverse città le “culle della vita”: ce ne parla Carlo Casini

 

I protagonisti del romanzo di Susanna Tamaro “Va dove ti porta il cuore” al centro del nuovo libro dell’autrice “Ascolta la mia voce”: Intervista con la scrittrice

 

Il Premio di poesia “Circe Sabaudia” ricorda il fondatore Mario Luzi, ispiratore delle nuove voci liriche contemporanee: con noi, il poeta Rodolfo Carelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è concluso in Thailandia il primo Congresso missionario asiatico: i cristiani del continente esortati a comunicare la propria fede in dialogo con le altre culture

 

L’islam non fa paura, ma deve rispettare le leggi dello Stato. Così il cardinale Camillo Ruini a proposito del “risveglio dell'islam”, citato nella sua relazione conclusiva al Convegno di Verona

 

La difesa della vita e la promozione della pastorale vocazionale in primo piano durante l’11.ma riunione del Consiglio speciale per l’America della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi

 

Riprendono gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane: 400 africani partiti dalla Libia arrivati all’alba sull’isola di Lampedusa

 

Al via in Pakistan il primo settimanale cattolici in lingua urdu. Si chiamerà Agahi, che significa “conoscenza”

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, tragica fine per una giovane 24.enne accusata di adulterio e lapidata pubblicamente. A Baghdad, due morti e cinque feriti per una bomba in un mercato

 

Il governo israeliano, secondo la stampa locale, ammette per la prima volta l’uso di armi al fosforo durante il conflitto nel Sud del Libano

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 ottobre 2006

 

LA MISSIONE DI ANNUNCIO DEL VANGELO PARTE DA UN CUORE TRASFORMATO DALL’AMORE DI DIO, COME ACCADDE A SAN FRANCESCO:

ALL’ANGELUS, BENEDETTO XVI CELEBRA L’80.MA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

 E INVIA UN AUGURIO DI PACE AI MUSULMANI, CHE CONCLUDONO IL RAMADAN.

APPELLO DEL PAPA AL MONDO PER IL DRAMMA DELLA VIOLENZA IN IRAQ

 

L’Iraq ha bisogno del sostegno “del mondo intero” per uscire dal dramma della violenza che quotidianamente lo insanguina. Benedetto XVI ha parlato della crisi del Paese mediorientale a conclusione dell’Angelus dedicato alla Giornata missionaria mondiale, che oggi celebra l’80.ma edizione sul tema della carità come “anima della missione”. Il Papa ha ribadito che la missione “parte dal cuore” e che compito di ogni cristiano è quello di recare ad ogni persona la “buona notizia che Dio è Amore”. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Il cuore del Papa è in ansia per la “gravissima situazione dell’Iraq”. Nel giorno in cui la Chiesa ricorda i missionari impegnati sulle frontiere del Vangelo, un lungo appello di Benedetto XVI chiude la recita dell’Angelus. I circa 30 mila fedeli e turisti raccolti sotto la finestra del Pontefice ascoltano con attenzione prima il suo augurio di “serenità e pace” per tutti i musulmani che oggi concludono il Ramadan e quindi la denuncia di quelle che il Papa definisce “efferate violenze” in Iraq, “a cui sono esposti - dice - moltissimi innocenti solo perché sono sciiti, sunniti o cristiani”:

 

“Percepisco la viva preoccupazione che attraversa la comunità cristiana e desidero assicurare che sono vicino ad essa, come pure a tutte le vittime, e per tutti chiedo forza e consolazione. Vi invito, inoltre, ad unirvi alla mia supplica all’Onnipotente affinché doni la fede e il coraggio necessari ai responsabili religiosi e ai leaders politici, locali e del mondo intero, per sostenere quel popolo sulla strada della ricostruzione della Patria, nella ricerca di equilibri condivisi, nel rispetto reciproco, nella consapevolezza che la molteplicità delle sue componenti è parte integrante della sua ricchezza”.

 

La Giornata missionaria mondiale istituita 80 anni fa da Pio XI, che grande impulso diede alle missioni ad gentes, fa riflettere – aveva osservato in precedenza Benedetto XVI – sulla “gioia” e sul “coraggio” che devono accompagnare la responsabilità di ogni battezzato nel diffondere il Vangelo. Perché in questo e non in altro sta il senso cristiano dell’annuncio:

 

“In effetti, la missione, se non è animata dall’amore, si riduce ad attività filantropica e sociale. Per i cristiani, invece, valgono le parole dell’apostolo Paolo: “L’amore del Cristo ci spinge”. (…) Ogni battezzato, come tralcio unito alla vite, può così cooperare alla missione di Gesù, che si riassume in questo: recare ad ogni persona la buona notizia che “Dio è amore” e, proprio per questo, vuole salvare il mondo.

 

La missione, ha proseguito Benedetto XVI “parte dal cuore”. Proprio 800 anni fa questo assunto si tradusse in un esempio indimenticabile nella figura del giovane Francesco d’Assisi. Il futuro Santo, ha ricordato il Papa, sentì il Crocifisso della chiesetta diroccata di S. Damiano esortarlo a riparare la sua casa “in rovina”. Quella casa da riparare, ha spiegato il Pontefice, era prima di tutto la stessa vita di Francesco e poi quella della Chiesa. Poiché, ha aggiunto Benedetto XVI, “la missione parte sempre da un cuore trasformato dall’amore di Dio” ed è realizzabile in qualsiasi luogo o circostanza della vita:

 

“La missione è dunque un cantiere nel quale c’è posto per tutti: per chi si impegna a realizzare nella propria famiglia il Regno di Dio; per chi vive con spirito cristiano il lavoro professionale; per chi si consacra totalmente al Signore; per chi segue Gesù Buon Pastore nel ministero ordinato al Popolo di Dio; per chi, in modo specifico, parte per annunciare Cristo a quanti ancora non lo conoscono”.

 

Nei saluti in sei lingue, al termine della preghiera mariana, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare, tra gli altri, ai fedeli peruviani della Confraternita del Signore dei Miracoli, in pellegrinaggio a S. Pietro, e ai membri della Fondazione “Giovanni Paolo II”, a Roma nel 25.mo della loro fondazione.

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IN SPAGNA E IN GERMANIA, LE BEATIFICAZIONI

DI MARGARITA MARÍA LÓPEZ DE MATURANA, FONDATRICE

 DELLE SUORE MERCEDARIE MISSIONARIE DI BÉRRIZ, E DI PAUL JOSEF NARDINI, FONDATORE DELLE SUORE FRANCESCANE DELLA SACRA FAMIGLIA

- Interviste con suor Amelia Kawaji e Andrea Ambrosi -

 

Da oggi la Chiesa avrà due nuovi Beati: la Serva di Dio Margarita María López de Maturana, fondatrice delle Suore Mercedarie Missionarie di Bérriz, nei Paesi Baschi, e il Servo di Dio, Paul Josef Nardini, sacerdote diocesano tedesco, fondatore della Congregazione delle Suore Francescane della Sacra Famiglia. Le cerimonie di Beatificazione si svolgeranno nel pomeriggio, rispettivamente nella Cattedrale di Santiago, a Bilbao, in Spagna, e nella Cattedrale di Spira, in Germania, e saranno presiedute dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e dal cardinale Friedrich Wetter, arcivescovo di Monaco e Frisinga. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Due testimoni della fede uniti dal coraggio di percorrere strade nuove, affidandosi pienamente alla guida e all’amore misericordioso del Padre. Suor Margarita María López de Maturana, al secolo Pilar López, nacque a Bilbao nel 1884. Donna intelligente, aperta, riflessiva e ricca di umanità, a 19 anni entrò nel convento di clausura dell’Ordine delle Mercedarie di Bérriz dove coniugò la profonda spiritualità contemplativa, incentrata sul mistero di Cristo Redentore, all’esigenza di abbracciare in modo nuovo il carisma attivo Mercedario. Come docente, trasmise le sue idee riformatrici e l’anelito missionario prima alle giovani educande e poi a tutta la comunità. Ottenuto allora l’appoggio dei Papi Benedetto XV, nella lettera apostolica Maximum Illud, e, più tardi, di Pio XI, nell’Enciclica Rerum Ecclesiae, nel 1926, dopo quattro secoli di clausura, il Convento delle Mercedarie di Bérriz si trasformò in Istituto missionario, per poi compiere, in sette anni, otto spedizioni: prime tra tutte in Cina, Giappone, Isole Marianne e Caroline. Suor Margarita María López de Maturana morì a San Sebastián nel 1934, dopo una grave malattia. Ma quale insegnamento lascia all’uomo di oggi? Giovanni Peduto lo ha chiesto alla superiora dell’Istituto, suor Amelia Kawaji:

 

R. - Margherita Maria, palpitante di amore per Gesù Cristo Redentore, desiderava farlo conoscere a tutti, affinché, in nome della sua suprema divinità, tutti raggiungessero una profonda pace interiore e divenissero consapevoli di essere da Lui amati come figli e figlie. Ideale di massima importanza è questo, tanto da divenire il quarto voto missionario, che si fonda sul compiere qualsiasi sacrificio, anche quello della propria vita. Nel commemorare il suo carisma è doveroso ricordare il suo messaggio di massima importanza, perché è l’invito che ha lasciato alle consorelle missionarie: non dimenticate che il mondo di oggi è espressione vivente di Gesù, della sua bontà e della sua misericordia, di quel mondo dove l’umanità si deve realizzare nella sua pienezza, per poter sentire in Lui la presenza della Divinità.

 

D. - Profonda è la riconoscenza di suor Amelia Kawaji per l’opera della fondatrice:

 

R. - Nel 1934, due giorni prima di compiere 50 anni, dopo un delicato intervento chirurgico, Margherita ci promise: “Vi aiuterò dal cielo”. Ancora oggi la Comunità continua a ricevere il suo quotidiano appoggio morale nello svolgimento delle proprie opere missionarie.

 

Guardando all’altro Beato della giornata, Paul Josef Nardini nacque nel 1822 a Germersheim da Margherita Lichtenbergher e da padre ignoto. Cresciuto con amore dagli zii paterni, di origine italiana, divenne vice parroco a Frankenthal, prefetto del convitto vescovile di Spira e reggente della parrocchia di Geinsheim. Il sacerdote non dimenticò mai la madre naturale, tanto da prenderla con sé a vivere nella casa parrocchiale di Pirmasens, dove divenne parroco nel 1851 rimanendovi fino alla morte, avvenuta nel 1862 a seguito di una polmonite indotta dal tifo. Per sollevare dalla miseria i bambini orfani e abbandonati e per prendersi cura degli ammalati e degli anziani, nel 1855 diede vita alla Congregazione delle Suore francescane della Sacra Famiglia. Fino alla fine si dedicò alla predicazione della fede, per accrescere la stima dei cattolici nella regione. Per un ritratto della figura di Paul Josef Nardini, ascoltiamo, al microfono di Giovanni Peduto, il postulatore della Causa di Beatificazione, l’avvocato Andrea Ambrosi:

 

R. - La caratteristica di Nardini, che lo distinse tutta la vita, fu l’alta concezione che aveva del ministero sacerdotale: questa era il nucleo di una fede ardente e granitica, che lo spronava ogni giorno, ogni istante, a donarsi senza riserve a Dio ed alla sua maggior gloria. Conseguenza naturale di questa fede viva e di questo sacerdozio convinto furono: il grande amore verso i bambini; la cura paterna dei poveri e degli ammalati; l’amore alla Chiesa e alla Madonna; la fedeltà al confessionale; la dedizione alla direzione spirituale delle sue Figlie.

 

Un’importante eredità, dunque, quella lasciata da Paul Josef Nardini. Ancora Andrea Ambrosi:

 

R. - E’ quella di riuscire a stabilire con il Signore un profondo rapporto “sponsale”, di amore fedele e profondo, che si realizza attraverso la carità verso i bisognosi e attraverso l’esercizio costante delle virtù, che favoriscono il distacco dalle cose materiali, dalle persone e, soprattutto, da sé stessi. In altre parole, la somma aspirazione di Nardini di fronte alla quale le altre esigenze hanno scarso rilievo, quando addirittura non scompaiono, è stata l’unione con Dio. Il suo messaggio è quindi quello di riscoprire la fede, la speranza e la carità, in vista del premio celeste. Inoltre, Nardini può essere additato quale straordinario esempio di umiltà e povertà, virtù che oggi sembrano sempre più rarefarsi, combattute come sono dal più sfrenato materialismo ed edonismo.

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 ottobre 2006

 

 

“GLOBALIZZAZIONE E POVERTA’”: UNA SFIDA PER LA SOPRAVVIVENZA

 DEI PIU’ POVERI MA ANCHE PER RIDARE GIOIA DI VIVERE AI PIU’ RICCHI

- Intervista con l’arcivescovo Silvano Tomasi -

 

Globalizzazione e povertà” è stato il tema, giovedì scorso, della V Conferenza dedicata dalla Pontificia Università Urbaniana all’Enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II. La parola “globalizzazione” evoca speranze andate perdute per i Paesi poveri del pianeta, che finora sono rimasti tali e anzi, a volte, hanno visto crescere il divario con il mondo industrializzato, sempre più opulento. Quali sono stati gli errori di valutazione o di applicazione di questo fenomeno che sfida l’umanità del terzo millennio? Roberta Gisotti ne ha parlato con l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra, che ha partecipato all’incontro:

 

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R. – E’ la ripartizione delle ricchezze create dal mercato libero che manca. Dobbiamo mettere delle regole e dobbiamo introdurre degli accordi multilaterali che coinvolgano tutti i Paesi del mondo e non soltanto i grossi Paesi che  hanno un peso politico maggiore e quindi possono, in un certo modo, piegare le regole al loro servizio. La globalizzazione – diceva già Giovanni Paolo II – non è in se stessa né un bene né un male, ma è come noi la gestiamo. Quindi dobbiamo introdurre questa capacità di gestire il fenomeno globalizzazione in modo che possa essere di beneficio a tutti. La chiave è in questa presa di posizione. Al momento attuale, abbiamo dei problemi: l’Organizzazione mondiale del commercio rimane un po’ paralizzata, perché Stati Uniti da una parte ed Unione Europea dall’altra non si sono messi d’accordo sui sussidi per l’agricoltura, che rappresentano invece un punto centrale sul quale combatte il mondo in via sviluppo. Questo perché miliardi di persone sopravvivono soltanto di agricoltura e se non possono competere sul mercato internazionale con i loro prodotti agricoli è chiaro che non fanno strada.

 

D. – Eccellenza, chi sono oggi i più poveri in un mondo globalizzato? Forse in senso materiale i popoli africani, ma con una provocazione vorrei chiederle se non lo sono anche i popoli occidentali, poveri nello spirito: se siamo arrivati al punto che i livelli di ricchezza e la tecnologia a volte quasi ci ingombrano o se – dobbiamo dirlo – si alimentano perfino guerre, anche alla luce del sole, per far girare l’economia mondiale…

 

R. – Non dobbiamo anzitutto dimenticare quelli che sono materialmente poveri: c’è un miliardo di persone che vive con meno di un dollaro al giorno. C’è, quindi, questa dimensione immediata di una povertà estrema che deve essere combattuta dalle istituzioni internazionali e che la Chiesa continua a sostenere. E’ vero, però, che c’è poi anche l’altra faccia della medaglia: l’abbondanza di tecnologia che dovrebbe servire per facilitare la comunicazione diventa a volte un meccanismo di isolamento. Rischiamo, quindi, di de-umanizzare le nostre relazioni umane, perché siamo controllati e sommersi da un’abbondanza meccanica di tecnologia, di informazione. Non c’è poi soltanto questo senso di isolamento che viene creato ma, mi pare, c’è anche la perdita di speranza. Se, in questo momento, guardiamo al continente europeo, notiamo che davanti al suo benessere enorme ha paura di fare figli.

 

D. – Ma la paura del futuro, perché?

 

R. – Mettere al mondo dei figli, godersi la vita, vedere la gioia e la continuità della vita stessa con i talenti e la creatività che questa comporta. Quindi, dobbiamo imparare ad essere contenti, a renderci più autonomi dai condizionamenti del consumismo o dalle esigenze della tecnologia e magari, con uno stile di vita più semplice, riusciremo a trovare una dimensione non solo spirituale, ma una dimensione anche umana, di serenità e di gioia. Questo poi torna a beneficio dei Paesi più poveri, perché aiuta anche loro ad entrare nel giro del mercato mondiale.

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IERI ED OGGI, IN ITALIA,

LA GIORNATA PER L’INFORMAZIONE SULLA DONAZIONE DEGLI ORGANI.

NOVEMILA, NEL PAESE, LE PERSONE IN ATTESA DI TRAPIANTO

- Intervista con Vincenzo Passarelli -

 

In Italia, l’odierna domenica è stata scelta dall’AIDO, l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, per celebrare la quinta Giornata nazionale dedicata a questo tema. In oltre mille piazze del Paese, i volontari incontrano i cittadini per dare loro informazioni sulle problematiche relative alla donazione e al trapianto di organi, tessuti e cellule. Ma qual è la situazione attuale in Italia? Antonella Villani lo ha chiesto a Vincenzo Passarelli, presidente dell’AIDO:

 

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R. – Negli ultimi cinque, anni l’Italia ha sviluppato un sistema che ha permesso, dal penultimo posto, di raggiungere il secondo posto in Europa, dopo la Spagna. La necessità, però, è sempre molto grande. A fronte di 3500 trapianti che si faranno quest’anno, ci sono più di novemila persone in attesa. Quindi, questa collaborazione della popolazione è fondamentale per poter diminuire il divario tra la disponibilità e la necessità di organi.

 

D. – Tra l’altro, c’è una forte disparità tra nord e sud del Paese…

 

R. – Esatto. Abbiamo un 34,8 donatori per milione di popolazione, in Toscana, e sei donatori per milione di popolazione in Sicilia. Questi dati devono far riflettere soprattutto il mondo politico e amministrativo, perchè questo modello efficace, che è stato costruito grazie al grosso lavoro di rete, che è riuscito a fare il Centro nazionale trapianti, ha portato a quei risultati. Purtroppo le regioni del centro-sud non si sono attivate.

 

D. – Cosa bisogna fare qualora si desiderasse dare il consenso alla donazione?

 

R. – Il silenzio-assenso informato ancora non è operativo, in quanto nessun cittadino ha ricevuto una notifica. La legge, però, prevede che il cittadino abbia la possibilità di dare il consenso o il dissenso alla donazione, attraverso alcune operazioni: andare presso uno sportello dell’ASL, oppure sottoscrivere il tesserino che nel 2000 fu mandato a parecchi cittadini italiani - si raccomanda sempre di portarlo con sé nel portafoglio – annotare su un foglio di carta il proprio nome e cognome, datarlo e firmarlo, con la dichiarazione se favorevole o contrario alla donazione – anche questo portarlo sempre con sé. Per la volontà positiva basta, poi, il tesserino della nostra Associazione. Naturalmente, noi raccomandiamo sempre a tutti i cittadini di parlarne in famiglia e di dire se è stata fatta questa scelta.

 

D. – Molti temono l’idea della donazione, perché hanno paura che la morte non sia stata accertata correttamente…

 

R. – Questo, è vero, è stato uno dei grossi problemi. Io ricordo la presa di posizione nel 1985 della Pontificia Accademia delle Scienze, che identificava la morte con l’assenza di attività cerebrale. Dopo dieci anni, lo Stato italiano ha varato una legge che identifica la morte cerebrale con il silenzio elettrico cerebrale.

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LA PIAGA DELL’ABBANDONO DEI NEONATI: UN FENOMENO DIFFUSO IN ITALIA,

NONOSTATE LA LEGGE TUTELI L’ANONIMATO DELLE MAMME.

PER CONTRASTARE LA CULTURA DELLA MORTE,

SORTE IN DIVERSE CITTA’ LE “CULLE PER LA VITA”

- Intervista con Carlo Casini -

 

In Italia, la piaga dell'abbandono dei neonati è un fenomeno ancora molto diffuso, dalle proporzioni ben maggiori di quelle che arrivano all'attenzione dell'opinione pubblica. Spesso, infatti, le donne, specialmente le immigrate clandestine, non sono a conoscenza delle norme che tutelano l’anonimato di chi intende non riconoscere il proprio bambino. Per promuovere il diritto alla vita del neonato e difendere l’anonimato delle madri in difficoltà, il Movimento per la vita ha istituito alcune “culle per la vita” in diverse città Italiane. Si tratta della versione moderna e tecnologica dell'antica “ruota degli esposti”, al cui interno venivano lasciati i neonati che i genitori non volevano o potevano tenere. Ma ascoltiamo, al microfono di Marco Guerra, il presidente del Movimento per la vita, Carlo Casini:

 

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R. - Basta aprire i giornali - non dico ogni giorno, ma ogni settimana - e abbiamo notizia di bambini abbandonati nei cassonetti dell’immondizia o davanti alle chiese. Noi abbiamo un elenco di tutti questi fatti e sono veramente molti. Il fenomeno è vasto, è raccapricciante e certamente l’istituzione di quelle che noi chiamiamo “culle della vita” dovrebbe essere un sistema per cercare di ridurre l’infanti-cidio, in modo che le donne che partoriscono, e non vogliono far sapere a nessuno di questa loro gravidanza, possano lasciare il bimbo in mani sicure.

 

D. – La moderna “ruota degli innocenti” vuole essere dunque un messaggio che scuote le sensibilità o uno strumento concreto rivolto alle donne che temono per il proprio anonimato?

 

R. – Non è che la presenza in una città di una “ruota” moderna, di una “culla per la vita”, salverà direttamente e in modo concreto molti bambini ma è comunque un monumento, una memoria, un ricordo, un fatto culturale, un evento. Quindi diciamo che il nostro progetto di “culla per la vita” è anche un messaggio culturale importante che viene dato alla città. Per questo noi vorremmo che fossero istituiti anche dallo Stato e non soltanto da noi.

 

D. – I mass media hanno rimosso dalle nostre coscienze questa drammatica realtà. Non crede che si debba fare di più dal punto di vista della comunicazione per far conoscere gli strumenti che tutelano le donne in difficoltà?

 

R. – Queste nostre “culle per la vita” non sono fatte soltanto per evitare l’infanticidio ma anche per evitare l’aborto, allora la “culla per la vita” vorrebbe anche ricordare che se tu proprio non ce la fai ad essere madre, sappi che ci sono mani di altre persone - in generale di tutta la città in cui vivi – in grado di accogliere questo bambino: ti si chiede solo il sacrificio di portarlo avanti ancora in grembo per 6, 7 mesi, poi qualcuno lo accoglierà. Questo è un po’ il senso di una cultura dell’adozione che dovrebbe essere incrementata anche grazie alle “culle per la vita”. Purtroppo, proprio per questo collegamento con l’aborto, si tende ad oscurare e a non parlare di ciò.

D . – A diversi anni della prima riapertura, si può fare un bilancio delle attività delle “culle” realizzate?

 

R. – Diciamo che di bambini lasciati nelle “culle per la vita” non ce n’è stato nessuno. Ci sono stati però degli episodi che dimostrano l’influenza nel progetto di salvare vite umane che hanno avuto le “culle per la vita”. Ad esempio l’anno scorso a Firenze, proprio pochi giorni dopo l’inaugurazione della Giornata della vita, una ragazza che era passata davanti a questa struttura, una ragazza che aveva intenzione di abortire, ha suonato il campanello del Movimento per la vita che sta di fronte e ha detto: “Sono incinta, che cosa devo fare?”. Ecco, qui è un caso in cui una vita è stata slavata probabilmente per effetto del semplice messaggio culturale dato dalla “culla per la vita”.

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I PROTAGONISTI DEL ROMANZO DI SUSANNA TAMARO “VA DOVE TI PORTA IL CUORE”

AL CENTRO DEL NUOVO LIBRO DELL’AUTRICE “ASCOLTA LA MIA VOCE”:

ITINERARIO UMANO E SPIRITUALE SEGNATO DA DOLORE E PERDONO

- Intervista con la scrittrice -

 

A 12 anni di distanza, tornano i personaggi di “Va dove ti porta il cuore”, il fortunato romanzo di Susanna Tamaro. “Ascolta la mia voce”, questo il titolo del nuovo libro, uscito per Rizzoli Editore, chiude così il cerchio di una storia in cui si intrecciano i rapporti conflittuali tra una giovane, i genitori mai conosciuti e la nonna che le ha fatto da madre e che al termine della vita le indirizza una lettera. Al centro, il viaggio interiore della nipote che, fatti i conti con il passato, si prepara ad affrontare una nuova stagione della propria vita. Ma come mai questo seguito di “Va dove ti porta il cuore”: un’esigenza dei lettori o della scrittrice? Adriana Masotti la chiesto alla stessa Susanna Tamaro:

 

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R. – E’ stato un po’ entrambe le cose. I lettori infatti mi dicevano: “La lettera arriva a destinazione o non arriva a destinazione, come continua?”. Prima l’ho lasciato passare, poi lentamente questo tarlo ha cominciato a rodere dentro di me ed ho capito che, anche io, avevo l’esigenza di capire cosa succedeva di questo rapporto e, con gli anni, ho deciso quindi di continuare la storia.

 

D. – “Ascolta la mia voce” si potrebbe forse dire che è fatto in gran parte di domande. Viene molto evidenziato come il farsi domande sia costitutivo dell’uomo, che riconosce che la sua esistenza non è solo determinata dalla scienza e dalla tecnica…

 

R. – Sì, perché credo che viviamo in tempi in cui l’uomo viene ormai presentato come un qualcosa di estremamente povero: onnipotente da un lato, ma svuotato dall’altro dalla sua essenza più profonda. Viviamo in un mondo che ci propone soltanto risposte certe, apparentemente. Risposte certe dentro le quali bisogna infilarsi e vivere ciecamente. Io, però, penso esattamente il contrario. Io penso, infatti, che l’uomo è nato per interrogarsi, che interrogarsi è il senso di tutta l’esistenza ed anche la fede stessa è un continuo interrogarsi, naturalmente.

 

D. – Interrogarsi sul passato, anche sul senso da dare alla vita, questo passato che è molto forte nel libro: gli alberi, le radici…

 

R. – Non a caso il libro si apre con un albero sradicato. Io credo che gli ultimi secoli della nostra storia abbiano portato ad un gravissimo sradicamento dell’uomo e della sua natura più profonda, che è la natura di un essere che è nella terra, ma che con la testa va verso il cielo. Negare questo rapporto col mistero, che è racchiuso nella vita, vuol dire mandare l’uomo e di conseguenza la società alla deriva. E’ abbastanza importante, dunque, ricominciare a parlare di radici e di crescita verso l’alto. Proprio come gli alberi.

 

D. – Il tema del dolore è molto presente in questo romanzo, come del resto negli altri libri di Susanna Tamaro. Ma cosa si impara dal dolore?

 

R. – Il dolore è, in qualche modo, il detonatore delle vite interiori. E’ però vero che il dolore, nel momento in cui lo accettiamo e nel momento in cui ci interroghiamo sul suo senso, è la grande energia che ci permette di crescere.

 

D. - “Va dove ti porta il cuore” era stato interpretato da alcuni come un trionfo delle emozioni. La giovane protagonista di “Ascolta la mia voce” compie un itinerario umano e spirituale che la porterà anche ad essere capace di perdonare…

 

R. – Anche in “Va dove ti porta il cuore” c’è una fortissima ricerca spirituale. L’ultima pagina è un invito ad aprire il cuore allo Spirito Santo, non è certo un invito a vivere alla giornata, secondo impulsi quasi incontrollabili. Questo andare alla ricerca del tocco della grazia dentro di noi è proseguito dalla nonna nella nipote e in tutta la sua strada si capisce che è una ricerca ed una attesa della grazia.

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IL PREMIO DI POESIA “CIRCE SABAUDIA” RICORDA IL FONDATORE MARIO LUZI

ISPIRATORE DELLE NUOVE VOCI LIRICHE CONTEMPORANEE

- Intervista con Rodolfo Carelli -

 

E’ Giovanni Occhipinti con la raccolta “Dialogo con le comete”, il poeta prescelto dalla Giuria Popolare del Premio Circe Sabaudia, giunto venerdì scorso alla XXVI edizione. Nella sezione internazionale insignito anche il greco Nasos Vaghenàs, con il titolo di “Poeta del Mediterraneo” mentre il noto scrittore Alberto Bevilacqua ha ricevuto il “Premio Mario Luzi - Una vita per la Poesia”. Proprio a Luzi, che tenne a battesimo il Premio presiedendone la Giuria fino alla scomparsa, nel febbraio 2005, è andato il ricordo del presidente del Premio, Rodolfo Carelli, anch’egli scrittore e fraterno amico del grande poeta, che nel 2003 redasse per Giovanni Paolo II il testo della Via Crucis del Venerdì Santo. Ne abbiamo raccolto la testimonianza:

 

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R. – Quando gli feci i complementi perché aveva scritto il commento alla Via Crucis, Mario mi rispose dicendomi: “Non sono all’altezza, non mi sento degno di una cosa così alta. Solo quando mi hanno detto che era espressamente volontà del Santo Padre, mi sono deciso e ho cercato di fare il meglio possibile. Ma su questo tema – aggiunse - non c’è possibilità di non sentirsi estremamente poveri”.

 

D. – Secondo lei, oggi ci sono voci poetiche che portino avanti un discorso di spiritualità, di introspezione, di ricerca di Dio?

 

R. – C’è una radice profonda di ricerca, senza molte di quelle prevenzioni del passato. Non sono mai ammesse a parole, ma nella poesia si scava il senso di assenza della vita contemporanea. Si ha, quindi, la sensazione che i poeti, e le anime dei poeti, cerchino qualcosa di più profondo. Arrivo a dire che perfino quando c’è la provocazione, in primo luogo è contro se stessi, contro i luoghi comuni e contro un consumismo imperante che non risparmia nemmeno il prodotto del pensiero e della creazione.

 

D. – Qual è l’insegnamento di Mario Luzi, la sua eredità?

 

R. – Quello che ha lasciato un segno in me è un approccio verso la fede, quelle che io chiamo “teologali distanze”, per cui Mario è un uomo che conduce la ricerca della verità, ma partendo dall’uomo, con i suoi limiti, volendo portare tutta la sua immanenza, fino a redimerla nella trascendenza.

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CHIESA E SOCIETA’

22 ottobre 2006

 

 

Con una Messa presieduta dal cardINALE Crescenzio Sepe, inviato papale,

e un mandato missionario per le comunità dell’Asia

si è concluso a Chiang Mai, in THailandia il primo Congresso missionario asiatico

- A cura di  Bernardo Cervellera -

 

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CHIANG MAI. = In un mondo segnato da conflitti etnici e religiosi, l’evangelizza-zione è la strada per costruire la convivenza in Asia. Nella Giornata missionaria mondiale e a conclusione del Congresso, il messaggio finale spinge i cattolici a comunicare con coraggio e rispetto la propria fede nel dialogo con popoli, religioni e culture del continente. Centinaia di famiglie delle tribù nel nord Thailandia – Karen, Lahu, Hmong Akha - con i loro pittoreschi costumi hanno voluto essere presenti alla Messa conclusiva, insieme a delegati, vescovi e cardinali. Nel nord della Thailandia è in atto una forte corrente di conversioni, tanto che la diocesi di Chiang Mai è costretta ogni mese ad aprire almeno una chiesa. Questo segno di evangelizzazione fruttuosa è stato uno sprone a vivere la giornata conclusiva come un invito e un dovere ad andare e dire a tutti che Gesù è il Signore. Il messaggio ricorda i discepoli di Emmaus e gli Apostoli che, dopo aver incontrato il Risorto, si sono subito messi in cammino per l’Annuncio. Il cardinale Crescenzio Sepe ha ricordato nell’omelia che una delle strade più fruttuose della missione è il martirio, che segna il passato e il presente delle Chiese in Asia. Egli ha anche sottolineato che la missione deve essere animata dalla carità e cioè da un gesto dell’amore di Dio, per non ridursi a filantropismo o attivismo sociale. Alla fine vi è stata la lettura del telegramma inviato al Papa e nel grande entusiasmo generale ogni rappresentante nazionale ha ricevuto il mandato missionario e una croce in legno, su le cui braccia si intersecano le parole “Gesù – Asia”.

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L’Islam non fa paura, ma deve restare nella cornice

delle leggi dello Stato.

Così il cardinale Camillo Ruini a proposito del “risveglio dell'Islam”,

citato nella sua relazione conclusiva al convegno di Verona

 

ROMA. = Il cardinale Camillo Ruini, intervistato da RAIUNO, è tornato sulla sua relazione conclusiva al Convegno di Verona. Parlando del rapporto con l’Islam, il porporato ha ribadito che per i cattolici deve essere affrontato attraverso il rispetto e il dialogo. Alla domanda se l'Islam faccia paura, il presidente della CEI ha risposto: “l’Islam non fa paura, naturalmente deve stare dentro la cornice delle leggi di tutti”. Il cardinale Ruini ha anche chiarito il suo pensiero sul tema dell’unità politica dei cattolici nella difesa dei valori irrinunciabili. I titoli dei giornali più che i contenuti degli articoli, “hanno portato ad uno strano equivoco”, ha rilevato. Il capo dei vescovi italiani ha infatti precisato di non aver detto che “l'obiettivo di questa unità è stato mancato”, ma di aver indicato la necessità di trovare dei “luoghi” per un discernimento su questi valori, sia all'interno della Chiesa, nella “formazione delle coscienze”, che nell’azione pratica, sede anche per “convergenze” con chi condivide tali valori. All’indomani del richiamo del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sulla laicità dello Stato, il presidente della CEI ha detto che “una laicità sana e positiva è quella che tiene conto dell'autonomia delle realtà terrene. E dunque dell’indipendenza dello Stato dall’autorità ecclesiastica, ma non significa prescindere dai valori inseriti nella natura dell'uomo e da quel bisogno di Dio che è inserito nel cuore umano”. (E. B.)

 

 

La difesa della vita e la promozione della pastorale vocazionale

in primo piano durante l11.MA riunione del Consiglio Speciale per l'America

della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi

 

CITTA’ DEL VATICANO. = La pastorale vocazionale e la promozione della vita umana dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Questi gli argomenti centrali dell’11.ma riunione del Consiglio speciale per l’America del Sinodo dei vescovi, svoltasi recentemente a Roma. Sotto la guida di mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, c’erano numerosi presuli americani. Hanno partecipato all’incontro anche il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero, e il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. La riunione ha analizzato situazione ecclesiale, politica e sociale del continente americano, sottolineando le sfide per i cristiani. Così, l’incremento di divorzi, aborti, infanticidi e contraccettivi richiede un parallelo incremento di appropriate iniziative pastorali per le famiglie, per ribadire la sacralità della relazione coniugale. L’esortazione intitolata “Cultura della morte e società dominata dai potenti” ha rilevato la vulnerabilità delle fasce più deboli e povere della società: bambini non nati, vittime indifese dell’aborto; anziani e malati incurabili, talora oggetto di eutanasia;  tanti altri esseri umani messi ai margini dal consumismo e dal materialismo. Si è fatto cenno inoltre alla pena di morte, tema attuale in alcuni Paesi americani. Anche a fronte dei tentativi di introdurre e incrementare l’aborto, la difesa della vita è una vera e propria priorità anche perché – affermano i presuli – in molti contesti mancano leggi precise circa la sperimentazione genetica. In questo quadro, non mancano segnali positivi che derivano soprattutto dall’aumento delle vocazioni. In particolare, dal 1978 al 2004 il numero di sacerdoti è aumentato del 17,66%, passando da 66.084 a 77.756. Il numero dei candidati al sacerdozio registra un incremento del 66,65% con 36.681 unità rispetto alle 22.011 precedenti. Segnalando una flessione fra i quadri della vita religiosa femminile, i presuli incoraggiano a coltivare gli ambienti in cui nascono le vocazioni. Le famiglie cristiane, concludono, devono aiutare i propri figli che si sentano chiamati a questo cammino. (E. B.)

 

 

Riprendono gli sbarchi di IMMIGRATI sulle coste italiane:

CENTINAIA DI africani partiti dalla libia

sono arrivati all’alba sull’isola di Lampedusa

 

PALERMO. = Oltre 400 migranti sono sbarcati oggi a Lampedusa dopo essere stati intercettati da una motovedetta della Guardia costiera italiana a 4 miglia e mezzo a sud dell’isola, mentre erano fermi su un barcone in precarie condizioni. Del gruppo, giunto all’alba, fanno parte 21 donne, una delle quali incinta, un bimbo di pochi mesi e numerosi minori. Il copione è già noto. Sono stati gli stessi extracomunitari a lanciare l’SOS alle autorità italiane attraverso un telefono cellulare.  I clandestini, in gran parte eritrei e nordafricani, dicono di essere partiti dalla Libia. Intanto, a largo delle acque è stata soccorsa una seconda imbarcazione con a bordo una trentina di persone, mentre in mattinata altri 36 migranti erano riusciti a sbarcare direttamente sull’isola. Attualmente, sono circa 500 gli immigrati ospitati nel Centro di permanenza temporanea di Lampedusa, che ne può contenere al massimo 190. Intanto, il Ministero dell’interno ha disposto un’inchiesta sulla gestione del Centro di accoglienza di Caltanissetta e l’acquisizione di testimonianze presso il Centro per rifugiati di Agrigento. La decisione avviene in seguito alle violazioni denunciate da alcuni migranti in un articolo pubblicato ieri dal quotidiano la Repubblica che parla di “fughe organizzate in cambio di denaro”, “estorsioni” e atti di razzismo tra gli stessi africani”. Dal canto suo, l’associazione di volontariato cooperativa Albatros 1973, che gestisce il Centro di Caltanissetta, ha respinto con fermezza tali accuse, definendole false. Sulla vicenda è intervenuta anche Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), che ha sottolineato l’importanza di impiegare strutture di accoglienza adeguate, da cui cioè i richiedenti asilo possano uscire liberamente. Il problema fondamentale, ha aggiunto,  è che queste persone, scaduto il termine per l'identificazione, “chiedono di rimanere nei centri perchè non esistono strutture di seconda accoglienza sufficienti”. (E. B.)

 

 

Al via in pakistan il primo settimanale cattolico in lingua urdu.

si chiamerà Agahi, che significa “conoscenza”

 

KARACHI. = Dopo settimane di proposte e consultazioni, è stato scelto il nome per il nuovo settimanale della diocesi cattolica di Karachi: si chiamerà Agahi, che vuol dire “conoscenza”. Si tratta del primo giornale urdu, la lingua nazionale, non solo della diocesi ma di tutto il Paese. Il suo creatore, padre Arthur Charles, si dice “pienamente convinto” della scelta del titolo per il nuovo mezzo di informazione, che ha lo scopo di “informare, far conoscere ed approfondire”. Il primo numero, afferma AsiaNews, dovrebbe essere pronto fra due settimane: il giornale sarà composto da 8 pagine, con altre 2 o 4 per la pubblicità. Al momento, l’arcidiocesi di Karachi ha un solo settimanale, pubblicato in inglese, The Christian Voice. Il nuovo settimanale – spiega lo stesso padre Charlesne “seguirà il modello”: avrà notizie ufficiali sull’arcidiocesi e la Santa Sede, informazioni sulle altre diocesi del Paese e da tutto il mondo, “con un’attenzione particolare ai problemi sociali, teologici e liturgici”. Padre Charles ha ricevuto l’autorizzazione per la pubblicazione dai responsabili dell’arcidiocesi, tra cui il vescovo Evarist Pinto, agli inizi di settembre. “Nella nostra epoca, più che mai – ha detto il presule – non possiamo negare l’influenza dei media e il loro valore nel diffondere la Parola di Dio. Dobbiamo impegnarci in modo più attivo nel campo dell’informazione cattolica”. “Sono certo – ha concluso – che il lavoro di p. Charles sarà ricco di frutti”. (E. B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 ottobre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Nel giorno in cui il Papa ha lanciato all’Angelus un nuovo appello per l’Iraq, nel Paese arabo le violenze hanno continuato a colpire civili innocenti. Gli ultimi drammatici casi sono quelli di una donna, accusata di adulterio e lapidata in pubblico, e di due civili rimasti uccisi per un attentato compiuto in un mercato di Baghdad. Il nostro servizio:

 

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In un Paese dove gli scontri e gli attentati sono quotidiani, un nuovo drammatico episodio diventa lo specchio di un profondo malessere: una giovane donna irachena di 22 anni, accusata di adulterio, è stata condannata a morte da sostenitori di Al Qaeda e poi lapidata in pubblico. La feroce mano di Al Qaeda si muove anche in attività di propaganda che puntano a condizionare l’ambito culturale e il sistema educativo iracheno: i seguaci della rete terroristica hanno distribuito, infatti, volantini nei pressi di moschee intimando alle ragazze dai 14 anni in su di non frequentare le scuole. Nei volantini, si minaccia anche di morte chiunque promuova un sistema misto di istruzione. Alle minacce si aggiunge, poi, l’ormai quotidiano dramma degli attentati: una bomba, nascosta sotto un’auto, è esplosa stamani in un mercato di Baghdad uccidendo almeno due civili. Un gruppo sunnita ha rivendicato inoltre l’attacco di ieri sera contro un altro mercato, a sud della capitale, costato la vita a 18 persone. La situazione è dunque sempre più difficile e l’amministrazione americana continua a cercare possibili soluzioni. Nel corso di una riunione con il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, e i vertici militari, il presidente statunitense, George Bush, ha detto ieri che la vittoria resta l’obiettivo prioritario. Ma cambierà, ha aggiunto, la strategia degli Stati Uniti per raggiungere questo scopo. “Questo non vuol dire – ha chiarito Bush - che ritireremo le truppe prima di aver completato la missione”. Una missione delicata non solo per le azioni di ribelli e di militanti di Al Qaeda, ma anche per i continui scontri interetnici. La speranza è che il cosiddetto “patto della Mecca”, l’accordo sottoscritto ieri da 29 leader sciiti e sunniti per chiedere a tutti gli iracheni di unire i loro sforzi per la pace, promuova un’autentica riconciliazione in Iraq.

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Per la prima volta, il governo di Israele ha ammesso di aver usato armi al fosforo nella guerra contro gli Hezbollah in Libano. E’ quanto riferisce il quotidiano israeliano Haaretz, citando il ministro dello Stato ebraico, Yakov Edri. Nel sud del Libano ci sono poi ancora numerose bombe a grappolo inesplose, che mediamente uccidono o feriscono, secondo stime dell’ONU, quattro civili al giorno. Ma dopo il conflitto nel Paese dei cedri quali reali e concrete proposte ci sono oggi per il Medio Oriente? Risponde il direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli, al microfono di Antonella Palermo:

 

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R. - La realtà è che in questo momento non ci sono proposte per il Medio Oriente perché la Road Map, che è la proposta tradizionale della comunità internazionale del quartetto, non è praticabile. Nessuno può pensare, dopo la guerra in Libano, di rilanciare un processo per tappe che duri tre anni. L’approccio di ritirata unilaterale dalla Cisgiordania. che aveva lanciato prima Sharon e sul quale Olmert aveva vinto le elezioni, è caduto dopo la guerra in Libano. E’ entrato in crisi l’approccio unilaterale ai conflitti. In secondo luogo, Israele ha sperimentato, sia a Gaza sia in Libano, che la ritirata unilaterale non garantisce la sicurezza e la pace. Quindi, la realtà è che questi approcci tradizionali non bastano più. Cosa vuol dire questo?  E’ probabile che le idee rilanciate oggi per un governo di unità palestinese, basate sul cosiddetto “documento dei prigionieri”, possono essere un approccio nuovo alla ripresa del processo di pace.

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Sale la tensione nei Territori palestinesi: nuovi scontri tra esponenti di Hamas e di Fatah sono avvenuti a Gaza, dove le Forze di sicurezza hanno bloccato le strade principali in segno di protesta per il mancato versamento dei salari da parte del governo guidato da Hamas. Un attivista di Fatah è morto durante le proteste. I dipendenti della sicurezza hanno anche circondato e isolato, ieri, la casa del presidente palestinese, Abu Mazen.

 

La Corea del Nord effettuerà un secondo test nucleare solo se sarà provocata dagli Stati Uniti. Lo ha detto il leader nordcoreano, Kim Yong Il, in un recente incontro con un inviato cinese. Il governo di Pyongyang – precisa poi un’agenzia di stampa sudcoreana - potrebbe ritornare al tavolo del negoziato a sei in un futuro prossimo, a condizione che gli Stati Uniti si impegnino a revocare le sanzioni economiche. Fonti di stampa giapponesi hanno confermato, inoltre, che Kim Yong Il è intenzionato ad “onorare l’accordo firmato nel 1992 per la denuclearizzazione della penisola coreana”.

 

L’Iran ha invitato i rappresentanti dell’Unione Europea a discutere sui motivi che lo spingono a seguire il programma di arricchimento dell’uranio, anche di fronte alla minaccia di sanzioni internazionali. “Non comprendiamo per quale motivo dovremmo sospendere tale attività. Si tratta di un atto legale che deriva dalla nostra adesione al Trattato di non proliferazione nucleare”, ha detto il ministro degli Esteri, Mottaki. “Siamo pronti a iniziare colloqui - ha aggiunto - per spiegare le nostre ragioni”.

 

Una persona è morta stamani, in Thailandia, in seguito all’esplosione di una bomba nascosta in un cestino della spazzatura. Quello di oggi è l’ultimo di una serie di attacchi da parte di militanti islamici, che a partire dal 2004 hanno provocato almeno 1.700 morti nel sud del Paese. Il nuovo premier, Surayud Chulanont, ha ribadito di voler trattare con i ribelli per arrivare ad un accordo di pace. Gli insorti chiedono l’indipendenza di alcuni distretti meridionali.

 

Cresce l’angoscia per la sorte di Gabriele Torsello, il fotoreporter italiano rapito in Afghanistan lo scorso 12 ottobre: scade infatti oggi l’ultimatum imposto dai rapitori che hanno chiesto, in cambio della sua liberazione, la consegna dell’afghano convertitosi al cristianesimo, Abdul Rahman, attualmente in Italia, o in alternativa il ritiro le truppe italiane dall’Afghanistan. Un accorato appello è stato lanciato dalla madre dell’ostaggio ai sequestratori: “State facendo un grossissimo errore, Gabriele ama il vostro popolo”.

 

Condoleezza Rice si è recata ieri a sorpresa in visita a Mosca, per incontrare il figlio e alcuni colleghi di Anna Politkovskaya, la giornalista assassinata lo scorso 7 ottobre. Il segretario di Stato americano ha espresso le sue condoglianze e la speranza che le circostanze dell’omicidio siano chiarite. “La sorte dei giornalisti in Russia - ha detto - è fonte di grande inquietudine”.

 

Seggi aperti stamani in Bulgaria, per circa 6,4 milioni di elettori chiamati a scegliere il nuovo presidente della Repubblica. I sondaggi danno per favorito il capo di Stato uscente e leader del partito socialista, Georgi Parvanov. Se si non riuscisse ad ottenere la maggioranza dei voti in questo primo turno, si andrà al ballottaggio il prossimo 29 ottobre. La Bulgaria, che dal 2004 fa parte della NATO, entrerà nell’Unione Europea a partire dal gennaio 2007.

 

Il rappresentante delle Nazioni Unite in Sudan, Jan Pronk, dovrà lasciare il Paese africano entro tre giorni. L’espulsione è stata decisa dal governo di Khartoum che ha dichiarato Pronk “persona non grata” per aver scritto nel suo blog che le truppe sudanesi hanno riportato alcune sconfitte contro i ribelli del Darfur. “Le sue dichiarazioni non sono compatibili con il suo mandato”, ha detto un portavoce del Ministero degli esteri. Gli scontri nella martoriata regione occidentale sudanese del Darfur tra ribelli, soldati e milizie arabe hanno provocato circa 200 mila morti.

 

In Uganda è terminato con un sostanziale nulla di fatto l’incontro di ieri, il primo dall’inizio della guerra, tra il presidente Yoweri Museveni e i ribelli del sedicente ‘Esercito di resistenza del signore’. Il capo di Stato ugandese ha infatti espresso in un messaggio, rivolto al Parlamento, la propria frustrazione per i mancati progressi nei colloqui. In Uganda, dove sono almeno 25 mila i morti durante 20 anni di guerra, è attualmente in vigore una tregua tra soldati e ribelli, più volte violata da entrambi.

 

 

 

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