RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 294 - Testo della trasmissione di sabato 21 ottobre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’Università Lateranense diffonda e difenda la verità che viene da Dio, fondamento di libertà in un mondo in crisi di identità e cultura: così Benedetto XVI nella visita all’ateneo pontificio

 

Il 20 novembre il Papa riceverà in Vaticano il presidente italiano, Giorgio Napolitano

 

Le esequie del cardinale Mario Francesco Pompedda presiedute ieri pomeriggio in San Pietro da Benedetto XVI

 

Domani, in Spagna e in Germania, le beatificazioni di Margarita María López de Maturana, fondatrice delle Suore Mercedarie missionarie di Bérriz, e di Paul Josef Nardini, fondatore delle Suore Francescane della Sacra Famiglia

 

Mons. Francesco Follo all’UNESCO auspica l’elaborazione di  una dichiarazione internazionale sull’etica scientifica, che vincoli gli scienziati al rispetto dell’essere umano

 

Speranze e timori della Chiesa per il continente americano sono stati espressi durante i lavori del Consiglio speciale per l'America della segreteria generale del Sinodo dei vescovi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le sfide della Chiesa italiana dopo il Convegno di Verona: ai nostri microfoni il cardinale Dionigi Tettamanzi

 

Domani la Chiesa celebra la Giornata missionaria mondiale: con noi padre Antonio Bossetti

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

La storia di Gesù nelle culture dell’Asia: tema affrontato nel terzo giorno del Congresso missionario asiatico a Chiang Mai, in Thailandia

 

Pregate per la pace e la riconciliazione. E’ quanto chiedono alle popolazioni di Etiopia ed Eritrea i vescovi dei due Paesi africani a conclusione della loro Assemblea plenaria

 

L’aborto non è un diritto delle donne e non è una questione politica. E’ quanto scrivono, in una nota, i vescovi portoghesi

 

Iniziate a Roma, con una Messa nella Basilica di San Pietro, le celebrazioni per il 25.mo anniversario della “Fondazione Giovanni Paolo II”

 

Proclamati i vincitori della prima edizione della Festa internazionale del cinema di Roma

 

Nel pomeriggio, a Praia a Mare, la presentazione della ristampa di “Terra e tempio di Maria”, opera della scrittrice  Stella Giugni Lomonaco, dedicata al santuario mariano del paese calabrese

 

24 ORE NEL MONDO:

4 civili uccisi stamane a Baghdad. Ieri religiosi sciiti e sunniti hanno sottoscritto un documento per la pace

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 ottobre 2006

 

L’UNIVERSITA’ LATERANENSE DIFFONDA E DIFENDA LA VERITA’ CHE VIENE DA DIO,

FONDAMENTO DI LIBERTA’ IN UN MONDO IN CRISI DI IDENTITA’ E CULTURA:

COSI’ BENEDETTO XVI NELLA VISITA ALL’ATENEO PONTIFICIO,

PER L’INAUGURAZIONE DEL NUOVO ANNO ACCADEMICO

 

In un mondo in “crisi di cultura e di identità”, l’insegnamento della verità che viene da Dio, attraverso la Parola di Cristo, è una radice di libertà per qualsiasi essere umano. E’ l’insegnamento centrale che Benedetto XVI ha lasciato alle autorità accademiche e agli studenti della Pontificia Università Lateranense, visitata questa mattina dal Papa in occasione dell’inizio del nuovo anno accademico. Il Papa, accolto con ripetute manifestazioni di affetto, ha benedetto i locali ristrutturati dell’ateneo tra i quali la Biblioteca e la nuova Aula magna, che da oggi porta il suo nome. La cronaca dell’avvenimento nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“Essere in cammino verso la verità, cercare di conoscere meglio la verità in tutte le sue espressioni è realmente un servizio fondamentalmente ecclesiale (...) Dio è Parola e parla a noi tramite la Scrittura. Quindi suppone che noi cominciamo a leggere, a studiare, ad approfondire nelle lettere, conoscendo la parola e le parole, anche la nostra conoscenza della Parola (...) perché proprio leggendo in cammino verso la verità, studiando le parole per trovare la Parola, siamo a servizio del Signore, a servizio dell’agire per il mondo, poiché il mondo ha bisogno della Verità, senza verità non c’è libertà, non siamo completamente nell’idea originale del Creatore”. (applausi)

 

Sono bastati pochi secondi a Benedetto XVI, appena sceso dall’auto che lo aveva scortato dentro il piazzale della Lateranense, per ribadire a braccio l’essenza delle proprie convinzioni e del suo magistero. Cristo è la Parola, la Parola porta alla verità, la verità alla libertà. In questo percorso impegnativo, l’Università Lateranense gioca ogni giorno un ruolo centrale “per dare profonda identità alla vita personale” in un’epoca in cui proprio l’identità e la cultura versano in uno stato di “crisi”. Un saluto “alto”, quello del Pontefice, che ha risposto al grande entusiasmo degli studenti, assiepati lungo all’interno e all’esterno dell’Università.

 

Scortato dal cardinale Camillo Ruini, gran cancelliere dell’ateneo pontificio, e dal rettore, il vescovo Rino Fisichella, Benedetto XVI ha iniziato l’atto accademico svelando una lapide commemorativa della visita odierna e successivamente ha benedetto la ristrutturata biblioteca - ricca di 600 mila volumi, con oltre 22 mila tomi datati tra il Cinquecento e il Settecento – intitolata al Beato Pio IX, dal nome del suo fondatore. Quindi l’ingresso nella nuova Aula magna, celebrato da un annuncio particolare del rettore, mons. Fisichella, a Benedetto XVI:

 

“Il Senato accademico ha deliberato all’unanimità che quest’Aula magna venga dedicata da oggi e per il futuro alla sua persona. Grazie per aver accettato che questo si realizzasse”. (applausi)

 

Due anni fa, la vecchia Aula magna fu chiusa per restauri subito dopo aver ospitato un dibattito diventato celebre. Era il 13 dicembre 2004 quando il cardinale Joseph Ratzinger e l’allora presidente del Senato italiano, Marcello Pera, animarono un confronto su Europa, relativismo e radici cristiane. Quasi sull’eco di quelle parole, Benedetto XVI ha ripreso una citazione pronunciata allora: veluti si Deus daretur, “vivere come se Dio esistesse”:

 

“Dio è la verità ultima a cui ogni ragione naturalmente tende, sollecitata dal desiderio di compiere fino in fondo il percorso assegnatole. Dio non è una parola vuota né un’ipotesi astratta; al contrario, è il fondamento su cui costruire la propria vita. Vivere nel mondo ‘veluti si Deus daretur’ comporta l’assunzione di una responsabilità che sa farsi carico di indagare ogni percorso fattibile pur di avvicinarsi il più possibile a Lui, che è il fine verso cui tutto tende”.

 

Uno degli insegnamenti fondamentali di Benedetto XVI è risuonato dunque ancora una volta nella “sua” Università, che il Papa ha sollecitato ad essere - attraverso i suoi 200 insegnanti e le loro competenze teologiche, filosofiche e giuridiche - promotrice della verità, conosciuta, ha detto, “in ogni sfaccettatura” e difesa “da interpretazioni riduttive e distorte”:

 

“Porre al centro il tema della verità non è un atto meramente speculativo, ristretto a una piccola cerchia di pensatori; al contrario, è una questione vitale per dare profonda identità alla vita personale e suscitare la responsabilità nelle relazioni sociali. Di fatto, se si lascia cadere la domanda sulla verità e la concreta possibilità per ogni persona di poterla raggiungere, la vita finisce per essere ridotta ad un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi”.

 

Il Papa aveva iniziato il suo discorso mettendo a fuoco il rapporto tra la “crisi di cultura e di identità” che caratterizza i nostri tempi e la domanda basilare che le nuove generazioni continuano a porre “sul senso della propria esistenza”:

 

“Questa attesa non dev’essere delusa. Il contesto contemporaneo sembra dare il primato a un’intelligenza artificiale che diventa sempre più succube della tecnica sperimentale e dimentica in questo modo che ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l’uomo e promuovere la sua tensione verso il bene autentico. Sopravvalutare il fare oscurando l’’essere’ non aiuta a ricomporre l’equilibrio fondamentale di cui ognuno ha bisogno per dare alla propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità”.

 

Al termine della visita, Benedetto XVI ha salutato a lungo i docenti e gli studenti della Lateranense, dopo l’apertura ufficiale dell’anno accademico 2006-2007, nel 234.mo anno di fondazione dell’ateneo.

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Moltissimi, come detto, gli studenti dell’Università Lateranense affollatisi tra i locali dell’edificio per salutare il Papa. Al microfono di Emanuela Campanile, alcuni giovani raccontano motivazioni ed esperienze scaturite all'interno di uno degli atenei più internazionali:

 

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R. – La finalità del Laterano è quella di costruire la Chiesa del domani, che parte dai rapporti con le persone. Ci sono sacerdoti, religiosi e laici che vengono da tutto il mondo e ci si accorge davvero che dai rapporti che nascono qui, ci saranno poi le premesse della Chiesa del domani.

 

R. – Ho scelto questa università soprattutto per la qualità.

 

D. – Tu da dove vieni?

 

R. – Io vengo dalla Repubblica Ceca.

 

D. – Tornerai nel tuo Paese, dopo gli studi?

 

R. – Sì, sicuramente.

 

D. – Che tipo di eredità di aspetti da questi studi e questo ambiente?

 

R. – C’è il valore della formazione universitaria. Ma per me è più importante l’incontro con le diverse culture, con la ricchezza della Chiesa, i suoi Ordini e le sue Congregazioni religiose. Questa è una cosa splendida che non è facile incontrare tutti i giorni lungo la strada.

 

D. – Quindi, un’esperienza molto ricca…

 

R. – E’ un’esperienza che ti apre al mondo, ti apre all’universalità della Chiesa. Capisci che la tua strada non è l’unica possibile, ma che stai camminando con altre persone. E’ molto bello!

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IL 20 NOVEMBRE IL PAPA RICEVERA’ IN VATICANO

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO

 

Il 20 novembre prossimo, alle ore 11.00, il Papa riceverà in visita ufficiale in Vaticano il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Benedetto XVI, l’11 maggio scorso, il giorno dopo l’elezione di Giorgio Napolitano, aveva inviato un telegramma al nuovo presidente, augurandogli di poter “esercitare con ogni buon esito il suo alto compito”. Il Papa aveva invocato “sulla sua persona la costante assistenza divina per un’illuminata ed efficace azione di promozione del bene comune nel solco degli autentici valori umani e cristiani che costituiscono il mirabile patrimonio del popolo italiano”. Benedetto XVI aveva già ricevuto in Vaticano il presidente Carlo Azeglio Ciampi il 3 maggio 2005, recandosi a sua volta al Quirinale il 24 giugno successivo.

 

 

LE ESEQUIE DEL CARDINALE MARIO FRANCESCO POMPEDDA

 PRESIEDUTE IERI POMERIGGIO IN SAN PIETRO DA BENEDETTO XVI

 

In una Basilica Vaticana affollata, ma raccolta in commossa preghiera, Benedetto XVI ha presieduto ieri pomeriggio le esequie del cardinale Mario Francesco Pompedda, prefetto emerito del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Gravemente malato da lungo tempo, il porporato si è spento mercoledì scorso a Roma, all’età di 77 anni. Il servizio di Isabella Piro:

 

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(canto)

 

La morte non ha l’ultima parola sul destino dell’uomo. Lo ha sottolineato con forza Benedetto XVI, all’inizio della sua omelia. “La vita non è tolta – ha detto - ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”. Con questa certezza, ha aggiunto il Papa, ha vissuto ed è morto il cardinale Mario Francesco Pompedda. Ricordandone le tappe salienti della vita, Benedetto XVI ha sottolineato la preparazione teologica, biblica e giuridica del porporato, che collaborò presso il Tribunale della Rota Romana, sino ad assumere l’alta responsabilità di prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e di presidente della Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano.

 

A quanti lo incontravano, ha detto ancora il Papa, il cardinal Pompedda comunicava la solidità della sua fede ed illuminava le coscienze con i principi e gli insegnamenti della dottrina cattolica. Negli ultimi anni della sua vita, ha aggiunto il Santo Padre, la lunga malattia gli ha impedito di svolgere qualsiasi attività e lo ha assimilato alla Passione di Cristo. E alla volontà divina egli si è abbandonato senza riserve:

 

“’Soli Deo’ era il motto che scelse quando fu eletto Arcivescovo; solo in Dio ha potuto trovare vero conforto nei momenti della sofferenza e della prova ed ora è Lui, il Padre celeste, a spalancargli le braccia del suo amore misericordioso”.

 

Il porporato si è spento con la consapevolezza che Cristo è il vincitore della morte e con la speranza di essere da Lui risuscitato nell’ultimo giorno, ha concluso Benedetto XVI, perché chi crede in Cristo ha la vita eterna:

 

“Gesù non elimina la morte. Essa resta come pesante debito da pagare al nostro limite umano e al potere del male. Con la sua risurrezione, però, Egli ha sconfitto la morte per sempre. E con Lui l’hanno sconfitta anche coloro che in Lui credono e dalla sua pienezza attingono grazia su grazia”.

 

E al termine della sua omelia, Benedetto XVI ha invitato ad accompagnare, con una fraterna preghiera, l’esodo da questo mondo del cardinal Pompedda, affidandolo alla celeste protezione di Maria.

 

(canto)

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UDIENZE E NOMINE

 

Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Arequipa, in Perú, presentata da mons. José Paulino Ríos Reynoso, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Javier Del Río Alba, finora vescovo coadiutore della medesima sede.

 

Il Papa ha eretto l’eparchia caldea di Oceania con il titolo di "San Tommaso Apostolo di Sydney dei Caldei" ed ha nominato mons. Djibrail Kassab, primo vescovo della nuova eparchia, trasferendolo dalla sede di Bassorah, e conservando al presule il titolo di arcivescovo "ad personam". Mons. Djibrail Kassab è nato a Telkef il 4 agosto 1938 nell’arcieparchia di Mossul. È stato ordinato sacerdote a Baghdad il 19 gennaio 1961 e fino al 1966 ha insegnato Filosofia al Seminario Maggiore. Per qualche tempo è stato rettore del Seminario Minore. Nel 1966 gli è stata affidata la parrocchia del Sacro Cuore a Baghdad, che ha retto ininterrottamente e con grande zelo e dedizione fino alla sua elezione ad arcivescovo di Bassorah. Ha ricevuto l’assenso pontificio il 24 ottobre 1995 ed il 5 maggio 1996 è stato ordinato vescovo. Il numero complessivo dei fedeli Caldei in Oceania si aggira sulle ventinovemila unità. In Australia vi sono circa ventiseimila fedeli di cui: circa 14.000 sono a Melbourne, serviti da tre sacerdoti, con due chiese, sale di insegnamento per catechismo ed una scuola; circa 12.000 fedeli sono a Sidney, serviti da tre sacerdoti, con una chiesa e tre missioni nei sobborghi della città. In Nuova Zelanda i Caldei superano le 3.000 unità; sono affidati alle cure di un sacerdote ed organizzati in tre centri: Auckland con una chiesa e un presbitero, Wellington e Hamilton.

 

Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Białystok, in Polonia, mons. Edward Ozorowski, finora Ausiliare della medesima arcidiocesi. Mons. Edward Ozorowski è nato il 1° maggio 1941 a Wólka Przedmieście, nei pressi di Białystok. Nel 1958 è entrato nel Seminario Maggiore di Białystok ed ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 21 giugno 1964. Il 31 gennaio 1979, all’età di 38 anni, è stato nominato vescovo titolare di Bitetto e ausiliare dell’amministrazione apostolica di Wilno (l’attuale arcidiocesi di Białystok).

 

Il Papa ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Kamyanets-Podilskyi dei Latini, in Ucraina, il rev. Jan Niemiec, finora rettore del Seminario Maggiore Vescovile della medesima circoscrizione ecclesiastica, assegnandogli la sede titolare vescovile di Decoriana. Il rev. Jan Niemiec è nato il 14 marzo 1958 a Rzeszów, Polonia. Il 24 giugno 1987 è stato ordinato sacerdote.

 

Il Santo Padre ha nominato vice direttore dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano il dott. arch. Giuseppe Facchini, finora capo ufficio nella medesima Direzione dei Servizi Tecnici.

 

 

DOMANI, IN SPAGNA E IN GERMANIA, LE BEATIFICAZIONI

DI MARGARITA MARÍA LÓPEZ DE MATURANA, FONDATRICE

 DELLE SUORE MERCEDARIE MISSIONARIE DI BÉRRIZ, E DI PAUL JOSEF NARDINI,

FONDATORE DELLE SUORE FRANCESCANE DELLA SACRA FAMIGLIA

 

Da domani la Chiesa avrà due nuovi Beati: la Serva di Dio Margarita María López de Maturana, fondatrice delle Suore Mercedarie Missionarie di Bérriz, nei Paesi Baschi, scomparsa nel 1934, e il servo di Dio, Paul Josef Nardini, sacerdote diocesano tedesco, fondatore della Congregazione delle Suore Francescane della Sacra Famiglia, morto nel 1862. Le cerimonie di Beatificazione si svolgeranno domani pomeriggio, rispettivamente nella Cattedrale di Santiago, a Bilbao, in Spagna, e nella Cattedrale di Spira, in Germania, e saranno presiedute dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e dal cardinale Friedrich Wetter, arcivescovo di Monaco e Frisinga.

 

Suor Margarita María López de Maturana, al secolo Pilar López, nacque a Bilbao nel 1884. Donna intelligente, riflessiva e ricca di umanità, a 19 anni entrò nel convento di clausura dell’Ordine delle Mercedarie di Bérriz, dove coniugò la profonda spiritualità contemplativa all’esigenza di abbracciare in modo nuovo il carisma attivo Mercedario. Ottenuto l’appoggio papale, nel 1926, trasformò il Convento delle Mercedarie di Bérriz in Istituto missionario, attivo nelle terre di evangelizzazione.

 

Paul Josef Nardini nacque invece nel 1822 a Germersheim, in Germania. Nel 1851 divenne parroco nella difficile e povera parrocchia di Pirmansens, dove rimase fino alla morte. Per sollevare dalla miseria i bambini orfani e abbandonati e prendersi cura degli ammalati e degli anziani, nel 1855 diede vita alla Congregazione delle Suore Francescane della Sacra Famiglia.

 

 

MONS.FRANCESCO FOLLO ALL’UNESCO AUSPICA

 L’ELABORAZIONE DI  UNA DICHIARAZIONE INTERNAZIONALE SULL’ETICA SCIENTIFICA, CHE VINCOLI GLI SCIENZIATI

ALL’ESIGENZA UNIVERSALE DEL RISPETTO DELL’ESSERE UMANO

 

         L’opportunità di elaborare una dichiarazione internazionale sull’etica scientifica, che vincoli gli scienziati all’esigenza universale del rispetto dell’essere umano, è stata sottolineata da mons. Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO,  in un intervento tenuto l’11 ottobre scorso durante la 175esima sessione del Consiglio esecutivo dell’UNESCO. “Il punto debole della moltiplicazione delle morali settoriali che noi sviluppiamo attualmente – ha detto il rappresentante vaticano – è di ridurre i problemi morali a questioni puramente etico-tecniche e di dimenticare la questione dell’universalità delle norme proposte. Solo un’etica filosofica fondamentale – ha aggiunto – dovrebbe condurre a designare ciò che è effettivamente umanizzante per tutta l’umanità e di conseguenza ciò che gli scienziati non possono fare. Ma per questo bisogna accettare di ridare un ruolo alla filosofia nei nostri programmi etici”. Il testo dell’intervento di mons. Follo è stato pubblicato dalla Sala Stampa vaticana in francese e in arabo.

 

 

SPERANZE E TIMORI DELLA CHIESA PER IL CONTINENTE AMERICANO SONO STATI

ESPRESSI DURANTE I LAVORI DEL CONSIGLIO SPECIALE PER L'AMERICA

 DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

 

Le sfide della Chiesa nel Continente americano sono state affrontate nell’undicesima riunione del Consiglio Speciale per l'America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi svoltasi il 2 e 3 ottobre scorsi in Vaticano sotto la presidenza del segretario generale mons. Nikola Eterović. Due i temi sono emersi con particolare evidenza: la pastorale vocazionale e la promozione della vita umana dal momento del concepimento fino alla morte naturale. “La situazione sociale ed ecclesiale nel continente – afferma un comunicato del Consiglio - mostra segni di speranza, ma anche di preoccupazione. Quanto alla politica, la crisi delle strutture democratiche favorisce forme populiste e demagogiche di governo, spesso di segno neomarxista e tendenti a manipolare, per motivi ideologici, la promozione sociale. Nelle Nazioni dell’America Centrale e Meridionale – continua la nota - si segnalano gravi problemi di povertà, di emigrazione e di violenza congiunti con il narcotraffico ed il commercio delle armi. Il progetto di legge che prevede il prolungamento del muro lungo la frontiera Stati Uniti-Messico – si sottolinea - non risolverà il problema del flusso migratorio tra i due Paesi e non servirà ad attuare una politica coordinata ed umanitaria della migrazione”.

 

Il comunicato segnala poi “le insidie dell'aumento dei divorzi, della diffusione dell'aborto, dell'infanticidio e della mentalità contraccettiva, incoraggiando una decisa reazione a tale mentalità con l’incremento di iniziative pastorali rivolte alle famiglie, soprattutto in un continente, com’è l’America, caratterizzato da un notevole sviluppo demografico”. In una società dominata dai potenti – leggiamo ancora nel comunicato – “le vittime più colpite sono i più poveri e deboli: bambini non nati, vittime indifese dell'aborto; anziani e malati incurabili, talora oggetto di eutanasia;  tanti altri esseri umani messi ai margini dal consumismo e dal materialismo”. Si menziona anche la pena di morte, tema di nuovo reso attuale in alcune Nazioni americane”. Inoltre la difesa della vita si impone come un compito fortemente attuale a fronte di tentativi diretti ad introdurre o incrementare l’aborto. In qualche Nazione addirittura mancano leggi precise circa l’aborto e la sperimentazione genetica. La questione dell’aborto è molto dibattuta ed ha purtroppo causato una polarizzazione tra i cattolici”.

 

In questo quadro “i segni positivi non mancano e il più vistoso è quello dell’aumento delle vocazioni al sacerdozio soprattutto nel clero secolare”. Al riguardo dal 1978 al 2004 il numero di sacerdoti diocesani è aumentato del 17,66%, passando da 66.084 a 77.756. Il numero dei candidati al sacerdozio registra un incremento del 66,65% con 36.681 unità rispetto alle 22.011 precedenti. La promozione delle vocazioni è un compito essenziale – afferma la nota - tenendo conto che, purtroppo per quanto riguarda la vita religiosa soprattutto femminile, i dati statistici mostrano una notevole flessione”. I Pastori – si rileva – “ripongono molta speranza nella Quinta Riunione dell’Episcopato dell’America Latina, promossa dal CELAM, che dal 13 al 31 maggio 2007 dibatterà il tema riguardante la vita cristiana come impegno di discepoli e testimoni del Signore per affermare nel mondo odierno la verità del Vangelo. Si auspica che vi partecipino anche le delegazioni dell’Episcopato degli Stati Uniti e del Canada, per mantenere viva quella che è stata chiamata la ‘geografia di Giovanni Paolo II’ di un’America considerata come continente unico ed unito”. I successivi sviluppi della pastorale nelle Chiese particolari del continente saranno fatti oggetto di studio nei giorni 9-10 ottobre 2007, data della prossima dodicesima riunione del Consiglio Speciale per l'America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI all'Università Lateranense in occasione dell'inizio dell'Anno Accademico. 

 

Servizio estero - L'intervento della Santa Sede sul commercio internazionale, alla 61.ma sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

Servizio culturale - Un articolo di Valerio De Cesaris dal titolo “Quando la cronaca diventa storia”: il 24 ottobre sarà inaugurata a Palazzo Valentini la mostra: “‘L'Osservatore Romano’: da Roma al mondo".

 

Servizio italiano - In primo piano sempre il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 ottobre 2006

 

 

NUOVE SFIDE DOPO IL CONVEGNO NAZIONALE DELLA CHIESA ITALIANA:

LA RIFLESSIONE DEL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI

 

Ieri si è concluso a Verona il IV Convegno nazionale della Chiesa italiana: è tempo di  bilanci. Per cinque giorni 2700 convegnisti si sono confrontati sulle principali sfide che attendono la comunità ecclesiale in questo inizio di Terzo Millennio. Il Papa, nel suo intervento a Verona, giovedì scorso, ha invitato i cattolici ad essere “veri testimoni del Risorto … portatori della gioia e della speranza nel mondo”, esortando a rinnovare, come strada maestra per l’evangelizzazione, l’unità “tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti”. Sul Convegno di Verona ascoltiamo il commento dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, al microfono di Massimiliano Menichetti:

 

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R. - A me è parso di vedere continuamente in questo Convegno, o meglio nei convegnisti, il riflesso concreto della Chiesa in Italia. Una Chiesa che è viva anzitutto perchè è profondamente legata a Gesù Cristo che è la nostra Parola, è il Pane di vita, è la speranza; perché Lui è risorto e quindi è presente e operante nella vita di ogni giorno di questa Chiesa. Una Chiesa viva anche perché è presente in mezzo alla gente con una precisa consegna missionaria: quella di essere, nella semplicità dei gesti quotidiani, una trasparenza di Gesù risorto, di Colui che sa offrire grazia, consolazione, misericordia e nello stesso tempo che sospinge tutte le persone a realizzare la propria esistenza nell’amore ma nell’amore vero.

 

D. - Quale il tratto caratteristico di questo IV Convegno nazionale ?

 

R. - A me pare che tra i tratti più caratteristici ci siano queste realtà di una comunione sempre più profonda, sempre più consapevole, sempre più voluta e amata. La realtà di una comunione che non è inerte, ma al contrario è profondamente attiva e operante. Ho avuto la sensazione davvero chiara che tutti volessero collaborare alla riuscita del Convegno, sia nell’accogliere i tanti doni che sono venuti dal discorso del Santo Padre, dall’omelia allo stadio di Verona, dalla conclusione del cardinale  Ruini, ma anche dai tanti elementi oltre che delle relazioni anche delle conclusioni emerse dai gruppi di lavoro. Dunque una Chiesa di comunione e collaborazione ma anche una Chiesa cosciente che ha davanti a sé un grande compito, ma che lo sa affrontare - almeno questa è la mia sensazione - nel segno di una grande fiducia, di una grande speranza, perché la Chiesa non è sola, la Chiesa è con Cristo: quindi io penso che questa presenza di Cristo sia il segreto infuocato che fa partire tutti i convegnisti da Verona, li fa tornare alle proprie Chiese, alle proprie realtà ecclesiali, rimotivati in qualche modo, contagiati in una maniera ancora più profonda dall’amore per Cristo e dall’amore che da Cristo deriva loro, come dono e nello steso tempo come compito di testimonianza quotidiana nei riguardi dei loro fratelli e sorelle.

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DOMANI LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,

 SUL TEMA “LA CARITÀ, ANIMA DELLA MISSIONE

- Intervista con padre Antonio Bossetti -

 

         Domani la Chiesa celebra l’80.ma Giornata Missionaria Mondiale, sul tema “La carità, anima della missione”. Nel suo Messaggio per l’occasione, Benedetto XVI indica nell’amore che Dio nutre per ogni persona, il “cuore dell’esperienza e dell’annuncio del Vangelo”; ecco perché – spiega il Papa – “se la missione non è orientata dalla carità, se non scaturisce da un profondo atto di amore divino, rischia di ridursi a mera attività filantropica e sociale”. “Essere missionari – aggiunge - è chinarsi, come il buon Samaritano, sulle necessità di tutti, specialmente dei più poveri e bisognosi, perchè chi ama con il cuore di Cristo non cerca il proprio interesse, ma unicamente la gloria del Padre e il bene del prossimo”. Il Pontefice ribadisce infine che l’annuncio di Gesù, morto e risorto per la salvezza dell’umanità, “costituisce per tutti i credenti un impegno irrinunciabile e permanente”. Ma quali sono i bisogni più urgenti che s’incontrano nella missione? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Antonio Bossetti, missionario della Comunità Missionaria di Villaregia, che ha trascorso 7 anni a Lima, in Perù, in mezzo a un’immensa baraccopoli:

 

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R. – Normalmente il bisogno più forte che le persone manifestano è quello di conoscere un Dio vivo, presente in mezzo a loro. Spesso incontriamo uomini e donne affamate di verità, di valori autentici, alla ricerca di un senso profondo per la loro vita. Il più delle volte queste stesse persone sono private dei diritti fondamentali e segnate da una forte povertà materiale: mancanza di casa, di cibo, di istruzione, di lavoro, di un’adeguata assistenza sanitaria… Nella nostra missione alla periferia di Lima, ad esempio, stiamo lavorando per aiutare i giovani ad avere una migliore formazione culturale e professionale che consenta loro di inserirsi più facilmente nel mondo del lavoro. È solo un accenno ad una situazione ben più ampia ed articolata…

 

D. – Come sensibilizzare oggi i fedeli alla missionarietà?

 

R. – Credo che oggi sia fondamentale la testimonianza di uomini e donne di buona volontà che, a partire da un’esperienza di incontro con Dio, maturino scelte di condivisione, di apertura, di solidarietà, lasciandosi interpellare dai bisogni dei più poveri. Ritengo che sia importante, poi, promuovere delle vere e proprie attività di animazione e di formazione missionaria, per stimolare e, spesso, risvegliare quella vocazione missionaria propria di ciascun cristiano. Come Comunità, in Italia ad esempio, svolgiamo varie attività in questa direzione: nelle parrocchie, ad esempio, proponiamo le settimane di animazione comunitaria e missionaria; nelle scuole offriamo interventi di educazione allo sviluppo; nei nostri centri organizziamo incontri mensili per giovani, coppie e adulti, nonché fine settimana di evangelizzazione…

 

D. – Padre Antonio, qual è stata la genesi del vostro spirito missionario?

 

R. – La nostra Comunità è nata il 6 novembre 1980, per essere una Comunità missionaria. Un’espressione a noi molto cara, fin dagli inizi, è questa: “Essere Comunità per la missione, fare missione essendo Comunità”. Sin dai primi tempi, i nostri fondatori padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona hanno intuito che l’esperienza comunitaria è la vita della Chiesa. L’impegno di vivere tra noi una intensa vita di comunione vuole esser il nostro primo annuncio, la nostra testimonianza dell’amore di Dio a quanti ancora non hanno ricevuto la buona notizia del Vangelo. La parola del Testamento di Gesù: “Che tutti siano uno, perché il mondo creda” vorremmo che fosse l’anima del nostro spirito missionario.

 

D. – In che maniera e dove siete concretamente impegnati nelle missioni?

 

R. – Attualmente abbiamo 6 missioni: 2 in Brasile, una in Perù, una in Messico, una in Porto Rico e un’altra in Costa D’Avorio. Normalmente operiamo nelle popolose periferie delle grandi città del Sud, dove si concentra la popolazione più povera ed emarginata. Qui, accanto ad un lavoro di evangelizzazione, che è il nostro specifico, ci adoperiamo per far sorgere strutture di promozione umana, anche attraverso progetti di cooperazione internazionale. In questi anni sono nati centri medici, centri culturali e di formazione professionale, centri di accoglienza per bambini carenti, ed altre strutture. Vorremmo sempre mettere tutte le nostre forze per amare “tutto l’uomo e tutti gli uomini”.

 

D. – Un fatto particolare legato alla sua esperienza personale durante il lavoro svolto in missione …

 

R. – Un giorno sono andato a celebrare la Messa in una missione vicino alla nostra. In chiesa vi saranno state circa 800 persone. Ho celebrato con calma l’Eucaristia, ho spiegato la Parola. Al momento della comunione la gente è venuta per ricevere la comunione. Ad un certo punto mi sono visto davanti un ragazzino sui 10-11 anni: era scalzo e mal vestito. Mi sono chiesto: “Avrà già fatto la prima comunione?". Noi missionari di solito abbiamo al nostro fianco i catechisti che conoscono tutti i bambini che devono ancora ricevere la prima comunione e se qualcuno si intrufola lo tirano fuori dalla fila. Siccome nessuno mi si è avvicinato, ho pensato: “Non posso negargli l’Eucaristia, solo perché è mal vestito. Gesù gli vuole certamente un bene immenso, perché è povero”. E gli ho dato la comunione. Mi aspettavo che andasse al suo posto. Invece è rimasto lì davanti a me. Allora mi sono chinato su di lui e gli ho detto: “Adesso vai al tuo posto e parli con Gesù che hai ricevuto nel tuo cuore”. E lui, alzando gli occhi pieni di tristezza mi ha detto due brevi parole: “Me das tan poco? – Me ne dai così poco?”. A quel punto ho capito che non aveva fatto la prima comunione, ma semplicemente aveva fame.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 22 ottobre, 29.ma Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui gli apostoli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di poter sedere, nella sua gloria, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Gesù risponde:

 

 «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?».

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Cristo ha appena finito il discorso sulla sua Pasqua, sulla sua Passione, quando gli si avvicinavano i figli di Zebedeo, dicendogli apertamente: “Maestro, noi vogliamo che Tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Persiste testardamente in tutta l’umanità l’attesa di un Messia taumaturgico, miracoloso. L’umanità sperimenta la propria insufficienza, per quanto riguarda la vita. Tutti prima o poi sperimentiamo il perire, ma la soluzione di questa precarietà e di questa insufficienza ontologica varia. Quello che comunemente si constata è che l’uomo, seguendo l’amore per la propria volontà, pensa di sapere di che cosa abbia bisogno per essere salvato. Cristo parla della Pasqua e, dunque, dell’amore. Ma l’uomo insiste con le soddisfazioni delle attese coltivate tra la passione e la vulnerabilità della carne. E Cristo torna a riproporre la partecipazione nostra alla sua Pasqua, a bere il calice.

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CHIESA E SOCIETA’

21 ottobre 2006

 

 

LA STORIA DI GESU’ NELLE CULTURE DELL’ASIA:

E’ IL TEMA AFFRONTATO NEL TERZO GIORNO DEL CONGRESSO MISSIONARIO ASIATICO

A CHIANG MAI, IN THAILANDIA

- A cura di Bernardo Cervellera -

 

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CHIANG MAI. = Le culture dell’Asia non sono estranee al cristianesimo, anche se spesso si sospetta che Cristo sia uno ‘straniero’. Con foto, racconti e danze di un gruppo di cattolici in costume, un sacerdote vietnamita ha mostrato come da secoli la fede cristiana abbia influenzato l’architettura delle chiese, la scultura e soprattutto l’attenzione verso gli altri in Vietnam. Molto toccanti due testimonianze: quella di un ricco businessman thailandese che ha salvato un’azienda e i posti di lavoro a 700 impiegati, mostrando che la fede ha vinto sui criteri del profitto e del consumismo, e quella di una donna filippina, impegnata nella pastorale dei migranti, che ha mostrato come la povertà sia un’occasione per la missione in altri Paesi asiatici come l’Arabia Saudita o altri Stati del Golfo. Sono seguiti racconti sui giovani e sulle coppie a matrimonio misto, dove la parte cattolica spesso rischia di dimenticarsi della fede. L’attenzione di tutti i delegati è però rivolta a questa sera: per celebrare la diversità di culture dell’Asia, ogni gruppo sta preparando canti e danze in costumi tradizionali. Perché questa espressività non divenga una specie di narcisismo etnico, questa mattina, nella Santa Messa, l’arcivescovo di Cebu, cardinale Ricardo Vidal, ha ricordato che occorre testimoniare con il dono della vita l’amore di Gesù. Un amore – ha sottolineato il porporato – che è senza confini, né geografici, né etnici.

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PREGATE PER LA PACE E LA RICONCILIAZIONE.

E’ QUANTO CHIEDONO ALLE POPOLAZIONI DI ETIOPIA ED ERITREA

I VESCOVI DEI DUE PAESI AFRICANI A CONCLUSIONE DELLA LORO ASSEMBLEA PLENARIA

 

CITTA’ DEL VATICANO. = “Aiutateci a costruire fiducia reciproca, speranza, comprensione, cooperazione e sviluppo nei nostri rispettivi Paesi”: è l’esortazione dei vescovi di Etiopia ed Eritrea alle popolazioni dei due Stati africani, nel comunicato finale della loro Assemblea plenaria, conclusasi ieri in Vaticano. “Vi esortiamo – affermano i presuli – a impegnarvi e a pregare per la pace e la riconciliazione, in modo da guarire le ferite che ci siamo causati reciprocamente, alla ricerca di una soluzione giusta, che metta fine al conflitto tra le nostre nazioni sorelle”. “Tutti noi – continuano – sappiamo benissimo che ci sono più cose in comune radicate nelle nostre culture, storie e fedi, che differenze, che possono aver portato a incomprensioni e a grandi sofferenze”. Secondo i due episcopati, la prospettiva di una convivenza pacifica porterebbe “grandi vantaggi per entrambe le società e i singoli cittadini, come quel progresso e quella prosperità di cui noi siamo affamati”. “Le nostre energie migliori – precisano i vescovi – dovrebbero essere indirizzate a lavorare in armonia, per ridurre la povertà, le malattie, alleviare le sofferenze che derivano da tutti i tipi di calamità e combattere la pandemia di HIV/AIDS”. I presuli ricordano, poi, che la Chiesa cattolica africana sta preparando la seconda Assemblea continentale dei vescovi proprio sui temi della riconciliazione della giustizia e della pace tra tutti i popoli e i Paesi dell’Africa, centrati sul messaggio di Cristo. “Qui riuniti vicino alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo – concludono – ci affidiamo all’intercessione della Vergine Maria, madre di Dio e di tutti noi, perché ci dia la grazia del dono della vera pace”. (R.M.)

 

 

L’ABORTO NON E’ UN DIRITTO DELLA DONNA E NON E’ UNA QUESTIONE POLITICA.

E’ QUANTO SCRIVONO, IN UNA NOTA, I VESCOVI PORTOGHESI DOPO LA DECISIONE

DEL PARLAMENTO DI LISBONA DI CONVOCARE UN REFERENDUM PER DEPENALIZZARE L’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA ENTRO LE PRIME DIECI SETTIMANE

 

LISBONA. = La vita umana, con tutta la sua dignità, inizia dal primo momento del concepimento ed è un “valore assoluto”, che non può essere “referendabile”. E’ quanto sottolinea, in una nota intitolata ‘Ragioni per scegliere la vita’, il Consiglio permanente dell’episcopato portoghese dopo la convocazione, decisa ieri dal Parlamento di Lisbona, di un referendum che punta a depenalizzare l’interruzione volontaria della gravidanza entro le prime dieci settimane di gestazione. Nessuna legge che permetta l’aborto - si legge nella nota - rispetta i valori etici fondamentali sulla vita. “Non possiamo dunque non dire ai fedeli cattolici - continuano i presuli – di votare no” e di aiutare a fare chiarezza sul significato della vita umana, fin dal suo primo momento. “Il periodo di dibattito che precede il referendum – precisano – non è una qualsiasi campagna politica”, ma un’occasione di riflessione per le coscienze. “La legalizzazione dell’aborto – spiegano i vescovi – non è il cammino adatto per risolvere il dramma dell’aborto clandestino”, aggiungendo che penalizzarlo o depenalizzarlo è una questione del diritto penale. L’aborto – prosegue la nota – “non è un diritto della donna” e “non è una questione politica”; la vita, invece, è un “diritto fondamentale”. Se la legge venisse approvata – prosegue il documento - ci troveremmo di fronte ad una “degenerazione”, ad una sorta di corruzione della norma stessa. “Per questo – conclude il comunicato – chiediamo a tutti i fedeli cattolici e quanti riconoscono questa visione della vita, di impegnarsi in un’opera di illuminazione delle coscienze”. (A.L.)

 

 

INIZIATE A ROMA, CON UNA SANTA MESSA NELLA BASILICA DI SAN PIETRO,

LE CELEBRAZIONI PER IL 25.MO ANNIVERSARIO

 DELLA “FONDAZIONE GIOVANNI PAOLO II”

 

ROMA. = Si sono aperte questa mattina, con un momento di preghiera presso la tomba di Papa Wojtyla e una Santa Messa nella Basilica Vaticana, le celebrazioni per il 25.mo anniversario di attività della “Fondazione Giovanni Paolo II”. Domani gli Amici della Fondazione assisteranno, inoltre, all’Angelus di Benedetto XVI, e lunedì saranno ricevuti in udienza  dal Santo Padre. La “Fondazione” – che ha sede a Roma, presso la Casa Polacca - venne istituita nel 1981 da Giovanni Paolo II come organizzazione volta a diffondere nel mondo il patrimonio della cultura cristiana e il magistero della Chiesa attraverso un’attività a carattere culturale, scientifico, sociale e pastorale. Nell’ottica della promozione della cultura cristiana, gli obiettivi erano quelli di instaurare rapporti di collaborazione con i centri scientifici e artistici polacchi e internazionali e di offrire opportunità educative ai giovani, particolarmente dell’Europa centro-orientale. Negli anni, con il sostegno degli Amici della Fondazione, è stato istituito un fondo che garantisce il funzionamento di quattro importanti istituzioni: la Casa Polacca a Roma, il Centro di Documentazione del Pontificato, l’Istituto di Cultura Cristiana e la Casa della Fondazione a Lublino.

 

 

PROCLAMATI I VINCITORI DELLA PRIMA EDIZIONE DELLA FESTA INTERNAZIONALE

 DEL CINEMA DI ROMA, CUI È STATO CONSEGNATO IL MARCO AURELIO.

HA TROVATO POSTO, IN QUESTA GIORNATA CONCLUSIVA,

 ANCHE UN FILM TELEVISIVO DEDICATO ALLA FIGURA DI DON LUIGI DI LIEGRO

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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ROMA. = Bilancio positivo? Certamente: ogni manifestazione culturale e artistica che riesca a calamitare, anche e soprattutto, l’attenzione dei giovani e giovanissimi, portandoli in una sala cinematografica a riflettere, è una manifestazione benvenuta. Roma ha dunque vissuto la sua Festa, pur nella tragedia della metropolitana, pur con alcune difficoltà organizzative. E la Festa si chiude con il film televisivo L’uomo della carità – don Luigi Di Liegro, una biografia che andrà in onda a gennaio su Canale 5, dedicata al sacerdote responsabile della Caritas diocesana di Roma che si spese fino all’ultimo – morì prematuramente il 12 ottobre 1997 – per amore di Cristo e dei fratelli. Interpretato in modo sincero e naturale da Giulio Scarpati, che ne ha messo in luce il carattere caparbio ma l’illimitata e illuminata dimensione pastorale, il ritratto del sacerdote ne esce rafforzato soprattutto per quanti non ebbero modo di conoscerlo ma hanno il dovere di non dimenticare le sue coraggiose iniziative in favore dei poveri, dei barboni, dei malati, degli ultimi. Un film di qualità inserito nel programma della Festa che si è da poco conclusa con la premiazione dei vincitori, avvenuta nella Sala Santa Cecilia. Miglior film è risultato il russo “Playing the victim” del regista teatrale Kirill Serebrennikov, una cupa rivisitazione in chiave moderna del mito di Amleto. Felicissima la scelta della migliore attrice, Ariane Ascaride, sensibile interprete nel film del francese Guediguian, Voyage en Armenie, dedicato all’Armenia, e quella dell’attore teatrale italiano Giorgio Colangeli che nel bel film L’aria salata del debuttante Alessandro Angelini incarna in modo drammatico e realistico la figura di un padre rinchiuso in un carcere e che si trova inaspettatamente a fronteggiare una paternità rifiutata e nascosta. Infine, premio speciale all’intenso This is England di Shane Meadows: segue da vicino la trasformazione di un dodicenne da spensierato ragazzo a fanatico skinhead. Ambientato nel 1983, al tempo della guerra delle Falkland, racconta di una generazione in parte perduta, in parte ritrovata. Un film “necessario” per i giovani di oggi e per gli adulti che, troppo spesso, non li sanno ascoltare.

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NEL POMERIGGIO, A PRAIA A MARE, LA PRESENTAZIONE

 DELLA RISTAMPA DI “TERRA E TEMPIO DI MARIA”,

 OPERA DELLA SCRITTRICE STELLA GIUGNI LOMONACO,

DEDICATA ALLA STORIA DEL PAESE CALABRESE E DEL SUO SANTUARIO MARIANO

 

PRAIA A MARE. = “Una striscia semicircolare di terra, un’insenatura e una distesa di mare: ecco la terra e il luogo che Maria predilesse”. E’ una delle prime, suggestive descrizioni presenti in “Terra e Tempio di Maria”, opera della scrittrice Stella Giugni Lomonaco dedicata alla storia del santuario mariano di Praia a Mare, paese in provincia di Cosenza. Il libro, a cura dell’amministrazione comunale, sarà presentato nel pomeriggio nell’amena località calabrese nell’ambito delle celebrazioni del primo centenario dell’incoronazione della Madonna della Grotta. L’opera è espressione della devozione dell’autrice per la Vergine Maria e del suo profondo amore per il paese natio, descritto come “un semicerchio di colline e monti”. Un vero e proprio “inno poetico” – si legge nella presentazione del sindaco, Biagio Praticò – scritto seguendo il “dettame del cuore” per narrare il “prodigioso approdo della Vergine a Praia e la storia del paese fino ai primi anni ‘50”. Il massiccio roccioso che ospita la grotta ed il santuario è sacro alla Madonna fin dal lontano 1326. In quell’anno, il capitano di una nave proveniente dall’Oriente nascose nella grotta una statua lignea della Vergine che i marinai volevano gettare in mare. Anche oggi, la devozione a Maria è molto sentita: nel mese di maggio la statua della Madonna viene portata in corteo per le vie del paese ed il 14 agosto, seguita da migliaia di persone, assume particolare rilevanza e solennità la processione sul mare. Altre opere  di Stella Giugni Lomonaco, scomparsa a Roma il 5 dicembre del 1983, sono: “Paolo VI pellegrino in terra Santa”, raccolta in versi donata personalmente dall’autrice a Papa Giovanni Battista Montini; “Celeste Monito”, in onore della Madonna di Siracusa; “Faville nel roseto”, il Santo Rosario in versi in onore della Madonna di Pompei. Quest’ultimo libro è stato donato dal figlio Giuseppe a Giovanni Paolo II nel 1991. Tutti i proventi delle opere sono stati devoluti in beneficenza. (A.L.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 ottobre 2006

 

- A cura di Fausta Speranza  -

 

Il presidente statunitense Bush torna a ribadire che la situazione in Iraq “è difficile”, dopo il paragone con il Vietnam, e annuncia eventuali cambi di tattica. Quasi 80 le perdite americane ad ottobre, per non parlare dell’incessante catena di sangue tra gli iracheni. Stamani  4 civili uccisi dall’esplosione su un bus a Baghdad pieno di donne e bambini in preparazione alla  festa per la fine del Ramadan. Ieri, 29 dignitari religiosi sciiti e sunniti iracheni hanno sottoscritto un documento per la pace, in una riunione a La Mecca, città santa in Arabia Saudita, su iniziativa dell'Organizzazione della Conferenza islamica (OCI). Il nostro servizio:

 

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Un documento  che chiede di porre fine al fiume di sangue  musulmano che scorre in Iraq; che condanna  divisioni intestine e violenze settarie, e chiede un calendario per il ritiro delle forze straniere (americane in testa) dall'Iraq. Un documento che potrà aiutare a “isolare terroristi e blasfemi se diverrà vincolante per tutti”, commenta da Kerbala il Grande Ayatollah Ahmed al-Sistani, massima autorità sciita irachena. Più freddo il suo contraltare sunnita Hareth al-Dari, capo del Consiglio degli Ulema dell'Iraq che in visita in Arabia Saudita, non ha partecipato alla riunione della Mecca data l'assenza da parte sciita di leader di primo piano come lo stesso Sistani. Intanto ieri, mentre si tentava il dialogo,  scorreva altro sangue. Ennesima ribellione delle milizie  sciite radicali di Moqtada al-Sadr, il cosiddetto Esercito del Mahdi, ad Amara, città a maggioranza sciita a sud di Baghdad: almeno 20 i morti prima del ritorno alla calma, stamani. Tensioni dal Consiglio dei Mujaheddin, braccio iracheno di Al Qaeda, a Ramadi, dove ha  autoproclamato un Califfato islamico separato su parte dell'attuale territorio dell'Iraq. Altrove, Baghdad compresa, disordini e massacri si colorano di ostilità interconfessionali tra sunniti, comunità dominante ai tempi di Saddam, e sciiti, forti oggi della maggioranza numerica nel Paese. Non si può dimenticare la faida permanente, che insanguina la città di Balad, a nord della capitale: 60 morti nell'ultima settimana. E anche un episodio reso noto oggi: una giovane donna irachena di 22 anni, accusata di adulterio, e' stata condannata a morte dai seguaci di Al Qaeda e poi lapidata in pubblico nella cittadina di Al-Qaim, a nord-ovest di Baghdad. In tutto ciò, due denunce. Secondo un memorandum interno dell'ONU, il primo ministro iracheno ha impedito al Ministero della sanità di Baghdad di comunicare  alle Nazioni Unite cifre allarmanti sulle perdite civili irachene di circa cento morti al giorno. Mentre l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati parla di circa 40 mila iracheni in fuga ogni mese nella sola Siria. 

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Un palestinese di 50 anni  è stato ucciso poco prima dell'alba da colpi di arma da fuoco di soldati israeliani nei pressi del valico di Soufam, a sud della Striscia di Gaza. L'esercito israeliano ha detto che i militari stavano effettuando un controllo. Forze della sicurezza palestinese e testimoni oculari hanno riferito anche di un’altra offensiva israeliana in corso a nord di Gaza con l'utilizzo di 20 carri armati che sono penetrati nei Territori, hanno bloccato l'entrata alla cittadina di Beit Hanoun e hanno trovato una resistenza di uomini armati. Non ci  sono per ora notizie di feriti. L'esercito israeliano ha fatto sapere che sta prendendo  notizie su quanto sta avvenendo.

 

 

Ratko Mladic è in Serbia, a Belgrado e nei dintorni della città”. Lo ha detto il procuratore del TPI, Carla Del Ponte, in un’intervista al quotidiano francese Liberation, pubblicata oggi. Come già fatto lunedì al termine di una riunione a Lussemburgo, Carla Del Ponte ha lamentato “la reale mancanza di volontà politica a Belgrado” nelle indagini per arrivare all'arresto del criminale di guerra. “Fortunatamente - ha aggiunto il procuratore - la Comunità internazionale è ora unanime nell'esigere il trasferimento di Mladic all’Aja”, sede del Tribunale Penale Internazionale. Il generale Mladic è accusato di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, in particolare per il massacro di circa ottomila musulmani a Srebrenica durante la guerra in  Bosnia, nel mese di luglio del 1995.

 

Domani elezioni presidenziali in Bulgaria, sei milioni di elettori sono chiamati alle urne per scegliere il capo dello Stato tra i 7 principali candidati in lizza. Ad avere il favore dei sondaggi è il presidente uscente, Georgi Parvanov, mentre è attesa dagli analisti una bassa affluenza alle urne. Un’elezione significativa alla vigilia del previsto ingresso nell’Unione Europea, il 1° gennaio 2007. Il servizio di Iva Mihailova:

 

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Secondo gli esperti il voto dimostrerà anche la valutazione dei cittadini per i cambiamenti fondamentali fatti nel Paese negli ultimi 17 anni dalla caduta del comunismo e sarà una prova per i partiti politici. Preoccupa il crescente appoggio verso il candidato nazionalista, Volen Siderov, che richiama il caso Le Pen delle presidenziali francesi del 2002. In Bulgaria, esiste grande divario tra le persone ricche e la gente comune e questo alimenta simili posizioni. La presente situazione si è creata anche per l’indebolimento della destra divisa in due che non ha potuto presentare una forte candidatura.

 

Da Sofia, per la Radio Vaticana, Iva Mihailova

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Continua il braccio di ferro tra Iran e comunità internazionale sul programma nucleare di Teheran. In attesa, la prossima settimana, di nuovi passi del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il presidente iraniano, Ahmadinejad, nei giorni scorsi è tornato ad attaccare Israele, l’Occidente e, in particolare, proprio l’organismo delle Nazioni Unite. Sui motivi delle nuove dichiarazioni del capo di Stato, Giancarlo La Vella ha raccolto il parere di Ahmad Rafat, giornalista iraniano in Italia:

 

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        R. – Io credo che gli attacchi all’Occidente siano fatti in vista della bozza di Risoluzione che i Paesi europei, Germania, Francia e Gran Bretagna, dovrebbero presentare all’inizio della prossima settimana. Questa bozza della Risoluzione andrà poi a finire sul tavolo del Consiglio di Sicurezza. L’idea è pertanto di delegittimarlo fin da adesso: in modo che quando sarà approvata questa Risoluzione, agli occhi dell’opinione pubblica sarà una Risoluzione approvata da un organismo non legittimo.

 

D. – Secondo te, c’è una manovra concordata che stanno portando avanti Teheran e la Corea del Nord proprio sul tema del nucleare?

 

R. – Sì, la collaborazione militare tra Iran e Corea del Nord è ormai un fatto noto. I famosi missili iraniani “shaat”, che possono raggiungere anche l’Italia oltre che Israele, sono prodotti in Iran e sono una versione più aggiornata e più potente dei missili nordcoreani. Si tratta perciò di una collaborazione che dura negli anni e credo che più i Paesi sono isolati più sono condannati a collaborare.

 

D. – Se per la Corea del Nord questo braccio di ferro punta ad avere più aiuti, qual è l’obiettivo dell’Iran?

 

R. – Era e rimane quello di affermarsi come una potenza regionale, soprattutto nell’area del Golfo Persico. L’idea è quella di un Iran atomico, potenza incontrastata e incontestata.

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Dialogo difficile tra Unione Europea e Russia sul problema energetico. Ieri a Lathi, in Finlandia, si sono incontrati i vertici di Mosca e Bruxelles, ma un accordo sulle forniture di gas e materie prime russe sembra ancora lontano. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

 

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Mosca continua a non voler adottare criteri definiti nella carta energetica e propone ora di lavorare alla formulazione di un nuovo futuro trattato. L’adozione della carta considerata centrale nella strategia dell’UE significherebbe una maggiore apertura del mercato interno russo delle materie prime agli stranieri e l’uso in comune degli oleodotti. Un paio di settimane fa, in occasione del vertice di Dresda, Vladimir Putin aveva rilanciato, offrendo alla Germania di diventare il principale centro di smistamento del gas russo per il vecchio continente. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, aveva detto di no, ribadendo la fedeltà alla linea europea. Bruxelles chiede trasparenza, concorrenza e prezzi di mercato. Mosca ha di recente messo in discussione anche la partecipazione europea e statunitense ad alcuni importanti progetti comuni.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato

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E proprio andando verso Mosca, il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, in aereo con i giornalisti, ha invitato la Russia e la Georgia ad  allentare la tensione fra di loro, evocando il rischio che le azioni provocatorie nelle due regioni georgiane separatiste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud possano sfuggire al  controllo. La Rice ha annunciato che parlerà della questione con il presidente russo, Vladimir Putin. Tbilisi e Mosca hanno rapporti  tesi da quando la “Rivoluzione delle rose” dell'autunno 2003 portò al potere in Georgia il presidente filo-occidentale e filo-NATO, Mikhail Saahashvili. Ma la crisi è scoppiata dopo l'arresto, qualche settimana fa, di alcuni ufficiali russi sospettati di spionaggio. La Georgia, inoltre, accusa la Russia di “cavalcare”, in funzione anti-Tbilisi, le velleità secessioniste delle due Repubbliche autonome, nominalmente georgiane ma “filorusse”, dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, con le quali Mosca ha rapporti privilegiati.

 

La Marina militare dello Sri Lanka ha distrutto nove imbarcazioni dei separatisti delle Tigri Tamil, uccidendo almeno 41 ribelli in due diverse battaglie navali in meno di 24 ore. Ieri sera, i ribelli e le forze del governo hanno combattuto  per circa tre ore e mezza al largo della costa della penisola di  Jaffna, regione al nord del Paese a maggioranza tamil. Il presidente Rajapakse ha lanciato un appello per la pace. A partire dalla guerra civile del 1983, i ribelli hanno assunto il controllo di intere porzioni dell'isola-Stato nell'Oceano Indiano. Dal febbraio 2002, grazie anche alla mediazione internazionale e in particolare del governo  norvegese, è entrata in vigore una tregua in teoria ancora vigente. La recrudescenza dello scontro tra l'esercito e i ribelli Tamil è iniziata il 26 luglio scorso quando il governo di Colombo ha accusato l'LTTE di aver bloccato il canale di  Maavilaru, nei pressi di Muttur (nord), privando così dell'acqua circa 15.000 famiglie.

 

Un appello diretto ai rapitori di Gabriele Torsello, in Afghanistan, é stato fatto dalla madre del fotoreporter tramite le telecamere delle televisioni locali della regione, la Puglia, in cui vive la famiglia. “State facendo - ha detto la mamma del rapito, affiancata dal marito in lacrime - un gravissimo errore. Gabriele ama il vostro  popolo, é un grosso errore se non lo lasciate libero. Gabriele  ama tutti, ama i bambini che hanno bisogno. Gabriele ama anche voi”.

 

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