RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 294 - Testo
della trasmissione di sabato 21 ottobre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il 20 novembre il Papa riceverà in Vaticano il presidente
italiano, Giorgio Napolitano
OGGI IN PRIMO PIANO:
Domani la Chiesa celebra la Giornata missionaria
mondiale: con noi padre Antonio Bossetti
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Proclamati i vincitori della prima edizione della Festa
internazionale del cinema di Roma
4 civili uccisi stamane a Baghdad. Ieri religiosi sciiti e sunniti hanno
sottoscritto un documento per la pace
21 ottobre 2006
L’UNIVERSITA’
LATERANENSE DIFFONDA E DIFENDA LA VERITA’ CHE VIENE DA
DIO,
FONDAMENTO
DI LIBERTA’ IN UN MONDO IN CRISI DI IDENTITA’ E
CULTURA:
COSI’
BENEDETTO XVI NELLA VISITA ALL’ATENEO PONTIFICIO,
PER L’INAUGURAZIONE
DEL NUOVO ANNO ACCADEMICO
In un mondo in “crisi di cultura e
di identità”, l’insegnamento della verità che viene da Dio, attraverso la
Parola di Cristo, è una radice di libertà per qualsiasi essere umano. E’
l’insegnamento centrale che Benedetto XVI ha lasciato alle autorità accademiche
e agli studenti della Pontificia Università Lateranense, visitata questa
mattina dal Papa in occasione dell’inizio del nuovo anno accademico. Il Papa,
accolto con ripetute manifestazioni di affetto, ha benedetto i locali
ristrutturati dell’ateneo tra i quali la Biblioteca e
la nuova Aula magna, che da oggi porta il suo nome. La cronaca dell’avvenimento
nel servizio di Alessandro De Carolis.
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“Essere in cammino verso la verità, cercare di conoscere meglio la
verità in tutte le sue espressioni è realmente un servizio fondamentalmente
ecclesiale (...) Dio è Parola e parla a noi tramite la Scrittura. Quindi
suppone che noi cominciamo a leggere, a studiare, ad approfondire nelle
lettere, conoscendo la parola e le parole, anche la nostra conoscenza della
Parola (...) perché proprio leggendo in cammino verso la verità, studiando le
parole per trovare la Parola, siamo a servizio del Signore, a servizio
dell’agire per il mondo, poiché il mondo ha bisogno della Verità, senza verità
non c’è libertà, non siamo completamente nell’idea originale del Creatore”.
(applausi)
Sono bastati pochi secondi a
Benedetto XVI, appena sceso dall’auto che lo aveva scortato dentro il piazzale
della Lateranense, per ribadire a braccio l’essenza delle proprie convinzioni e
del suo magistero. Cristo è la Parola, la Parola porta alla verità, la verità
alla libertà. In questo percorso impegnativo, l’Università Lateranense gioca
ogni giorno un ruolo centrale “per dare profonda identità alla vita personale”
in un’epoca in cui proprio l’identità e la cultura versano in uno stato di
“crisi”. Un saluto “alto”, quello del Pontefice, che ha risposto al grande
entusiasmo degli studenti, assiepati lungo all’interno e all’esterno
dell’Università.
Scortato dal cardinale Camillo Ruini, gran cancelliere dell’ateneo pontificio, e dal
rettore, il vescovo Rino Fisichella, Benedetto XVI ha
iniziato l’atto accademico svelando una lapide commemorativa della visita
odierna e successivamente ha benedetto la ristrutturata biblioteca - ricca di
600 mila volumi, con oltre 22 mila tomi datati tra il Cinquecento e il
Settecento – intitolata al Beato Pio IX, dal nome del suo fondatore. Quindi
l’ingresso nella nuova Aula magna, celebrato da un annuncio particolare del
rettore, mons. Fisichella, a Benedetto XVI:
“Il Senato accademico ha
deliberato all’unanimità che quest’Aula magna venga
dedicata da oggi e per il futuro alla sua persona. Grazie per aver accettato
che questo si realizzasse”. (applausi)
Due anni fa, la vecchia Aula magna
fu chiusa per restauri subito dopo aver ospitato un dibattito diventato
celebre. Era il 13 dicembre 2004 quando il cardinale Joseph
Ratzinger e l’allora presidente del Senato italiano,
Marcello Pera, animarono un confronto su Europa, relativismo e radici
cristiane. Quasi sull’eco di quelle parole, Benedetto XVI ha ripreso una
citazione pronunciata allora: veluti si Deus daretur, “vivere come
se Dio esistesse”:
“Dio è la verità ultima a cui ogni ragione
naturalmente tende, sollecitata dal desiderio di compiere fino in fondo il
percorso assegnatole. Dio non è una parola vuota né un’ipotesi astratta; al
contrario, è il fondamento su cui costruire la propria vita. Vivere nel mondo ‘veluti si Deus daretur’ comporta l’assunzione di una responsabilità
che sa farsi carico di indagare ogni percorso fattibile pur di avvicinarsi il
più possibile a Lui, che è il fine verso cui tutto tende”.
Uno degli insegnamenti
fondamentali di Benedetto XVI è risuonato dunque ancora una volta nella “sua”
Università, che il Papa ha sollecitato ad essere - attraverso i suoi 200
insegnanti e le loro competenze teologiche, filosofiche e giuridiche -
promotrice della verità, conosciuta, ha detto, “in ogni sfaccettatura” e difesa
“da interpretazioni riduttive e distorte”:
“Porre al centro il tema della verità non è un atto meramente
speculativo, ristretto a una piccola cerchia di pensatori; al contrario, è una
questione vitale per dare profonda identità alla vita personale e suscitare la
responsabilità nelle relazioni sociali. Di fatto, se si lascia cadere la
domanda sulla verità e la concreta possibilità per ogni persona di poterla
raggiungere, la vita finisce per essere ridotta ad un ventaglio di ipotesi,
prive di riferimenti certi”.
Il Papa aveva iniziato il suo discorso
mettendo a fuoco il rapporto tra la “crisi di cultura e di identità” che
caratterizza i nostri tempi e la domanda basilare che le nuove generazioni
continuano a porre “sul senso della propria esistenza”:
“Questa attesa non dev’essere delusa. Il contesto
contemporaneo sembra dare il primato a un’intelligenza artificiale che diventa
sempre più succube della tecnica sperimentale e dimentica in questo modo che
ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l’uomo e promuovere la sua tensione
verso il bene autentico. Sopravvalutare il fare oscurando l’’essere’ non aiuta
a ricomporre l’equilibrio fondamentale di cui ognuno ha bisogno per dare alla
propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità”.
Al termine della visita, Benedetto
XVI ha salutato a lungo i docenti e gli studenti della Lateranense, dopo
l’apertura ufficiale dell’anno accademico 2006-2007, nel 234.mo
anno di fondazione dell’ateneo.
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Moltissimi, come
detto, gli
studenti dell’Università Lateranense affollatisi tra i locali dell’edificio per
salutare il Papa. Al microfono di Emanuela Campanile, alcuni giovani raccontano
motivazioni ed esperienze scaturite all'interno di uno degli atenei più
internazionali:
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R. – La finalità del Laterano è
quella di costruire la Chiesa del domani, che parte dai rapporti con le
persone. Ci sono sacerdoti, religiosi e laici che vengono da tutto il mondo e
ci si accorge davvero che dai rapporti che nascono qui, ci saranno poi le
premesse della Chiesa del domani.
R. – Ho scelto questa università
soprattutto per la qualità.
D. – Tu da dove vieni?
R. – Io vengo dalla Repubblica
Ceca.
D. – Tornerai nel tuo Paese, dopo
gli studi?
R. – Sì, sicuramente.
D. – Che tipo di eredità di
aspetti da questi studi e questo ambiente?
R. – C’è il valore della
formazione universitaria. Ma per me è più importante l’incontro
con le diverse culture, con la ricchezza della Chiesa, i suoi Ordini e
le sue Congregazioni religiose. Questa è una cosa splendida che non è facile
incontrare tutti i giorni lungo la strada.
D. – Quindi, un’esperienza molto
ricca…
R. – E’ un’esperienza che ti apre
al mondo, ti apre all’universalità della Chiesa. Capisci che la tua strada non
è l’unica possibile, ma che stai camminando con altre persone. E’ molto bello!
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IL 20
NOVEMBRE IL PAPA RICEVERA’ IN VATICANO
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO
Il 20 novembre prossimo, alle ore
11.00, il Papa riceverà in visita ufficiale in Vaticano il presidente della
Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Benedetto XVI, l’11 maggio scorso, il
giorno dopo l’elezione di Giorgio Napolitano, aveva inviato un telegramma al
nuovo presidente, augurandogli di poter “esercitare con ogni buon esito il suo
alto compito”. Il Papa aveva invocato “sulla sua persona la costante assistenza
divina per un’illuminata ed efficace azione di promozione del bene comune nel
solco degli autentici valori umani e cristiani che costituiscono il mirabile
patrimonio del popolo italiano”. Benedetto XVI aveva già ricevuto in Vaticano
il presidente Carlo Azeglio Ciampi il 3 maggio 2005,
recandosi a sua volta al Quirinale il 24 giugno successivo.
LE
ESEQUIE DEL CARDINALE MARIO FRANCESCO POMPEDDA
PRESIEDUTE IERI POMERIGGIO IN SAN PIETRO DA BENEDETTO XVI
In una
Basilica Vaticana affollata, ma raccolta in commossa
preghiera, Benedetto XVI ha presieduto ieri pomeriggio le esequie del cardinale
Mario Francesco Pompedda, prefetto emerito del
Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Gravemente malato da lungo tempo,
il porporato si è spento mercoledì scorso a Roma, all’età di 77 anni. Il
servizio di Isabella Piro:
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(canto)
La morte non ha l’ultima parola
sul destino dell’uomo. Lo ha sottolineato con forza Benedetto XVI, all’inizio
della sua omelia. “La vita non è tolta – ha detto - ma trasformata, e mentre si
distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene
preparata un’abitazione eterna nel cielo”. Con questa certezza, ha aggiunto il
Papa, ha vissuto ed è morto il cardinale Mario Francesco Pompedda.
Ricordandone le tappe salienti della vita, Benedetto XVI ha sottolineato la
preparazione teologica, biblica e giuridica del porporato, che collaborò presso
il Tribunale della Rota Romana, sino ad assumere l’alta responsabilità di
prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e di presidente della
Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano.
A quanti lo incontravano, ha detto
ancora il Papa, il cardinal Pompedda comunicava la
solidità della sua fede ed illuminava le coscienze con i principi e gli
insegnamenti della dottrina cattolica. Negli ultimi anni della sua vita, ha
aggiunto il Santo Padre, la lunga malattia gli ha impedito di svolgere
qualsiasi attività e lo ha assimilato alla Passione di Cristo. E alla volontà
divina egli si è abbandonato senza riserve:
“’Soli Deo’ era il motto che scelse quando fu eletto Arcivescovo; solo in Dio ha potuto
trovare vero conforto nei momenti della sofferenza e della prova ed ora è Lui,
il Padre celeste, a spalancargli le braccia del suo amore misericordioso”.
Il porporato si è spento con la
consapevolezza che Cristo è il vincitore della morte e con la speranza di
essere da Lui risuscitato nell’ultimo giorno, ha concluso Benedetto XVI, perché
chi crede in Cristo ha la vita eterna:
“Gesù non elimina la morte. Essa resta come pesante debito da pagare
al nostro limite umano e al potere del male. Con la sua risurrezione, però,
Egli ha sconfitto la morte per sempre. E con Lui l’hanno sconfitta anche coloro
che in Lui credono e dalla sua pienezza attingono grazia su grazia”.
E al termine della sua omelia,
Benedetto XVI ha invitato ad accompagnare, con una fraterna preghiera, l’esodo
da questo mondo del cardinal Pompedda, affidandolo alla
celeste protezione di Maria.
(canto)
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UDIENZE
E NOMINE
Il Santo Padre riceverà questo
pomeriggio il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per
i Vescovi.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Arequipa,
in Perú, presentata da mons. José Paulino Ríos Reynoso, in conformità al
can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Javier Del Río
Alba, finora vescovo coadiutore della medesima sede.
Il Papa ha eretto l’eparchia caldea di Oceania con il
titolo di "San Tommaso Apostolo di Sydney dei Caldei"
ed ha nominato mons. Djibrail Kassab,
primo vescovo della nuova eparchia, trasferendolo
dalla sede di Bassorah, e conservando al presule il
titolo di arcivescovo "ad personam".
Mons. Djibrail Kassab è nato a Telkef il
4 agosto 1938 nell’arcieparchia di Mossul. È stato ordinato sacerdote a Baghdad il 19 gennaio
1961 e fino al
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo di Białystok, in Polonia, mons. Edward Ozorowski, finora
Ausiliare della medesima arcidiocesi. Mons. Edward Ozorowski è nato il 1°
maggio
Il Papa ha nominato vescovo
ausiliare della diocesi di Kamyanets-Podilskyi dei
Latini, in Ucraina, il rev. Jan Niemiec,
finora rettore del Seminario Maggiore Vescovile della medesima circoscrizione
ecclesiastica, assegnandogli la sede titolare vescovile di Decoriana.
Il rev. Jan Niemiec è nato
il 14 marzo
Il Santo Padre ha nominato vice
direttore dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del
Vaticano il dott. arch. Giuseppe Facchini, finora capo ufficio nella medesima
Direzione dei Servizi Tecnici.
DOMANI,
IN SPAGNA E IN GERMANIA, LE BEATIFICAZIONI
DI
MARGARITA MARÍA LÓPEZ DE MATURANA, FONDATRICE
DELLE SUORE MERCEDARIE MISSIONARIE DI BÉRRIZ,
E DI PAUL JOSEF NARDINI,
FONDATORE
DELLE SUORE FRANCESCANE DELLA SACRA FAMIGLIA
Da
domani
Suor
Margarita María López de Maturana, al secolo Pilar López,
nacque a Bilbao nel 1884. Donna intelligente, riflessiva e ricca di umanità, a
19 anni entrò nel convento di clausura dell’Ordine delle Mercedarie
di Bérriz, dove coniugò la profonda spiritualità
contemplativa all’esigenza di abbracciare in modo nuovo il carisma attivo Mercedario. Ottenuto l’appoggio papale, nel 1926, trasformò
il Convento delle Mercedarie di Bérriz
in Istituto missionario, attivo nelle terre di evangelizzazione.
Paul Josef Nardini
nacque invece nel 1822 a Germersheim, in Germania.
Nel 1851 divenne parroco nella difficile e povera parrocchia di Pirmansens, dove rimase fino alla morte. Per sollevare
dalla miseria i bambini orfani e abbandonati e prendersi cura degli ammalati e
degli anziani, nel 1855 diede vita alla Congregazione delle Suore Francescane
della Sacra Famiglia.
MONS.FRANCESCO FOLLO
ALL’UNESCO AUSPICA
L’ELABORAZIONE DI UNA DICHIARAZIONE INTERNAZIONALE
SULL’ETICA SCIENTIFICA, CHE VINCOLI GLI SCIENZIATI
ALL’ESIGENZA
UNIVERSALE DEL RISPETTO DELL’ESSERE UMANO
L’opportunità
di elaborare una dichiarazione internazionale sull’etica scientifica, che
vincoli gli scienziati all’esigenza universale del rispetto dell’essere umano,
è stata sottolineata da mons. Francesco Follo, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’UNESCO,
in un intervento tenuto l’11 ottobre scorso durante la 175esima
sessione del Consiglio esecutivo dell’UNESCO. “Il punto debole della
moltiplicazione delle morali settoriali che noi sviluppiamo attualmente – ha
detto il rappresentante vaticano – è di ridurre i problemi morali a questioni
puramente etico-tecniche e di dimenticare la questione
dell’universalità delle norme proposte. Solo un’etica filosofica fondamentale –
ha aggiunto – dovrebbe condurre a designare ciò che è effettivamente
umanizzante per tutta l’umanità e di conseguenza ciò che gli scienziati non
possono fare. Ma per questo bisogna accettare di ridare un ruolo alla filosofia
nei nostri programmi etici”. Il testo dell’intervento di mons. Follo è stato
pubblicato dalla Sala Stampa vaticana in francese e in arabo.
SPERANZE
E TIMORI DELLA CHIESA PER IL CONTINENTE AMERICANO SONO STATI
ESPRESSI
DURANTE I LAVORI DEL CONSIGLIO SPECIALE PER L'AMERICA
DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI
Le sfide della Chiesa nel
Continente americano sono state affrontate nell’undicesima riunione del
Consiglio Speciale per l'America della Segreteria Generale del Sinodo dei
Vescovi svoltasi il 2 e 3 ottobre scorsi in Vaticano sotto la presidenza del
segretario generale mons. Nikola Eterović.
Due i temi sono emersi con particolare evidenza: la
pastorale vocazionale e la promozione della vita umana dal momento del
concepimento fino alla morte naturale. “La situazione sociale ed ecclesiale nel
continente – afferma un comunicato del Consiglio - mostra segni di speranza, ma
anche di preoccupazione. Quanto alla politica, la crisi delle strutture
democratiche favorisce forme populiste e demagogiche di governo, spesso di
segno neomarxista e tendenti a manipolare, per motivi ideologici, la promozione
sociale. Nelle Nazioni dell’America Centrale e Meridionale – continua la nota -
si segnalano gravi problemi di povertà, di emigrazione e di
violenza congiunti con il narcotraffico ed il commercio delle armi. Il
progetto di legge che prevede il prolungamento del muro lungo la frontiera
Stati Uniti-Messico – si sottolinea - non risolverà
il problema del flusso migratorio tra i due Paesi e non servirà ad attuare una
politica coordinata ed umanitaria della migrazione”.
Il comunicato segnala poi “le
insidie dell'aumento dei divorzi, della diffusione dell'aborto,
dell'infanticidio e della mentalità contraccettiva,
incoraggiando una decisa reazione a tale mentalità con l’incremento di
iniziative pastorali rivolte alle famiglie, soprattutto in un continente, com’è
l’America, caratterizzato da un notevole sviluppo demografico”. In una società
dominata dai potenti – leggiamo ancora nel comunicato – “le vittime più
colpite sono i più poveri e deboli: bambini non nati, vittime indifese
dell'aborto; anziani e malati incurabili, talora oggetto di eutanasia; tanti altri esseri
umani messi ai margini dal consumismo e dal materialismo”. Si menziona anche la
pena di morte, tema di nuovo reso attuale in alcune Nazioni americane”. Inoltre
la difesa della vita si impone come un compito fortemente
attuale a fronte di tentativi diretti ad introdurre o incrementare l’aborto. In
qualche Nazione addirittura mancano leggi precise circa l’aborto e la
sperimentazione genetica. La questione dell’aborto è molto dibattuta ed ha
purtroppo causato una polarizzazione tra i cattolici”.
In questo quadro “i segni positivi
non mancano e il più vistoso è quello dell’aumento delle vocazioni al
sacerdozio soprattutto nel clero secolare”. Al riguardo dal 1978 al 2004 il
numero di sacerdoti diocesani è aumentato del 17,66%, passando da
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il
discorso di Benedetto XVI all'Università Lateranense in occasione dell'inizio
dell'Anno Accademico.
Servizio estero -
L'intervento della Santa Sede sul commercio internazionale, alla 61.ma sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Servizio
culturale - Un articolo di Valerio De Cesaris dal
titolo “Quando la cronaca diventa storia”: il 24 ottobre sarà inaugurata a
Palazzo Valentini la mostra: “‘L'Osservatore Romano’: da Roma al mondo".
Servizio italiano - In
primo piano sempre il tema della finanziaria.
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21 ottobre 2006
NUOVE
SFIDE DOPO IL CONVEGNO NAZIONALE DELLA CHIESA ITALIANA:
Ieri
si è concluso a Verona il IV Convegno nazionale della
Chiesa italiana: è tempo di bilanci. Per
cinque giorni 2700 convegnisti si sono confrontati sulle principali sfide che
attendono la comunità ecclesiale in questo inizio di Terzo Millennio. Il Papa,
nel suo intervento a Verona, giovedì scorso, ha invitato i cattolici ad essere
“veri testimoni del Risorto … portatori della gioia e della speranza nel
mondo”, esortando a rinnovare, come strada maestra per l’evangelizzazione,
l’unità “tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita
caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai
sofferenti”. Sul Convegno di Verona ascoltiamo il commento dell’arcivescovo di
Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, al microfono di Massimiliano Menichetti:
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R. - A
me è parso di vedere continuamente in questo Convegno, o meglio nei
convegnisti, il riflesso concreto della Chiesa in Italia. Una Chiesa che è viva
anzitutto perchè è profondamente legata a Gesù Cristo che è la nostra Parola, è
il Pane di vita, è la speranza; perché Lui è risorto e quindi è presente e operante
nella vita di ogni giorno di questa Chiesa. Una Chiesa viva anche perché è
presente in mezzo alla gente con una precisa consegna missionaria: quella di
essere, nella semplicità dei gesti quotidiani, una trasparenza di Gesù risorto,
di Colui che sa offrire grazia, consolazione, misericordia e nello stesso tempo
che sospinge tutte le persone a realizzare la propria esistenza nell’amore ma
nell’amore vero.
D. -
Quale il tratto caratteristico di questo IV Convegno nazionale ?
R. - A
me pare che tra i tratti più caratteristici ci siano queste realtà di una
comunione sempre più profonda, sempre più consapevole, sempre più voluta e
amata. La realtà di una comunione che non è inerte, ma al contrario è
profondamente attiva e operante. Ho avuto la sensazione davvero chiara che
tutti volessero collaborare alla riuscita del
Convegno, sia nell’accogliere i tanti doni che sono venuti dal discorso del
Santo Padre, dall’omelia allo stadio di Verona, dalla conclusione del
cardinale Ruini,
ma anche dai tanti elementi oltre che delle relazioni anche delle conclusioni
emerse dai gruppi di lavoro. Dunque una Chiesa di comunione e collaborazione ma
anche una Chiesa cosciente che ha davanti a sé un grande compito, ma che lo sa
affrontare - almeno questa è la mia sensazione - nel segno di una grande
fiducia, di una grande speranza, perché
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DOMANI
LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA MISSIONARIA
MONDIALE,
SUL TEMA “LA CARITÀ, ANIMA DELLA MISSIONE”
-
Intervista con padre Antonio Bossetti -
Domani la Chiesa celebra l’80.ma Giornata Missionaria Mondiale, sul tema “La carità,
anima della missione”. Nel suo Messaggio per l’occasione, Benedetto XVI indica nell’amore che Dio nutre
per ogni persona, il “cuore dell’esperienza e dell’annuncio del Vangelo”; ecco
perché – spiega il Papa – “se la missione non è orientata dalla carità, se non
scaturisce da un profondo atto di amore divino, rischia di ridursi a mera
attività filantropica e sociale”. “Essere missionari – aggiunge - è chinarsi,
come il buon Samaritano, sulle necessità di tutti, specialmente dei più poveri
e bisognosi, perchè chi ama con il cuore di Cristo non cerca il proprio
interesse, ma unicamente la gloria del Padre e il bene del prossimo”. Il
Pontefice ribadisce infine che l’annuncio di Gesù, morto e risorto per la
salvezza dell’umanità, “costituisce per tutti i credenti un impegno
irrinunciabile e permanente”. Ma quali sono i bisogni più urgenti che
s’incontrano nella missione? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Antonio Bossetti, missionario della Comunità Missionaria di Villaregia, che ha trascorso 7 anni a Lima, in Perù, in
mezzo a un’immensa baraccopoli:
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R. – Normalmente il bisogno più
forte che le persone manifestano è quello di conoscere
un Dio vivo, presente in mezzo a loro. Spesso incontriamo uomini e donne
affamate di verità, di valori autentici, alla ricerca di un senso profondo per
la loro vita. Il più delle volte queste stesse persone sono private dei diritti fondamentali e segnate da una forte povertà
materiale: mancanza di casa, di cibo, di istruzione, di lavoro, di un’adeguata
assistenza sanitaria… Nella nostra missione alla periferia di Lima, ad esempio,
stiamo lavorando per aiutare i giovani ad avere una migliore formazione
culturale e professionale che consenta loro di inserirsi più facilmente nel
mondo del lavoro. È solo un accenno ad una situazione ben più ampia ed
articolata…
D. – Come sensibilizzare oggi i fedeli alla missionarietà?
R. – Credo che oggi sia
fondamentale la testimonianza di uomini e donne di buona volontà che, a partire
da un’esperienza di incontro con Dio, maturino scelte di condivisione, di
apertura, di solidarietà, lasciandosi interpellare dai bisogni dei più poveri.
Ritengo che sia importante, poi, promuovere delle vere e proprie attività di
animazione e di formazione missionaria, per stimolare e, spesso, risvegliare
quella vocazione missionaria propria di ciascun cristiano. Come
Comunità, in Italia ad esempio, svolgiamo varie attività in questa direzione:
nelle parrocchie, ad esempio, proponiamo le settimane di animazione comunitaria
e missionaria; nelle scuole offriamo interventi di educazione allo sviluppo;
nei nostri centri organizziamo incontri mensili per giovani, coppie e adulti,
nonché fine settimana di evangelizzazione…
D. –
Padre Antonio, qual è stata la genesi del vostro spirito missionario?
R. – La nostra Comunità è nata il
6 novembre 1980, per essere una Comunità missionaria. Un’espressione a noi
molto cara, fin dagli inizi, è questa: “Essere Comunità per la missione, fare
missione essendo Comunità”. Sin dai primi tempi, i nostri fondatori
padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona
hanno intuito che l’esperienza comunitaria è la vita della Chiesa. L’impegno di
vivere tra noi una intensa vita di comunione vuole
esser il nostro primo annuncio, la nostra testimonianza dell’amore di Dio a
quanti ancora non hanno ricevuto la buona notizia del Vangelo. La parola del
Testamento di Gesù: “Che tutti siano uno, perché il mondo creda” vorremmo che
fosse l’anima del nostro spirito missionario.
D. – In
che maniera e dove siete concretamente impegnati nelle missioni?
R. – Attualmente abbiamo 6
missioni:
D. – Un fatto particolare legato
alla sua esperienza personale durante il lavoro svolto in missione …
R. – Un giorno sono andato a
celebrare la Messa in una missione vicino alla nostra. In chiesa vi saranno
state circa 800 persone. Ho celebrato con calma l’Eucaristia, ho spiegato
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 22 ottobre, 29.ma Domenica del Tempo Ordinario,
«Voi non sapete ciò che
domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui
io sono battezzato?».
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko
Ivan Rupnik:
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Cristo ha appena finito il
discorso sulla sua Pasqua, sulla sua Passione, quando gli si avvicinavano i
figli di Zebedeo, dicendogli apertamente: “Maestro,
noi vogliamo che Tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Persiste testardamente
in tutta l’umanità l’attesa di un Messia taumaturgico, miracoloso. L’umanità
sperimenta la propria insufficienza, per quanto riguarda la vita. Tutti prima o
poi sperimentiamo il perire, ma la soluzione di questa precarietà e di questa
insufficienza ontologica varia. Quello che comunemente si constata è che
l’uomo, seguendo l’amore per la propria volontà, pensa di sapere di che cosa
abbia bisogno per essere salvato. Cristo parla della Pasqua e, dunque,
dell’amore. Ma l’uomo insiste con le soddisfazioni delle attese coltivate tra
la passione e la vulnerabilità della carne. E Cristo torna a riproporre la
partecipazione nostra alla sua Pasqua, a bere il calice.
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21 ottobre 2006
LA STORIA DI GESU’ NELLE CULTURE DELL’ASIA:
E’ IL TEMA
AFFRONTATO NEL TERZO GIORNO DEL CONGRESSO MISSIONARIO ASIATICO
A CHIANG MAI, IN
THAILANDIA
- A cura di Bernardo Cervellera -
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CHIANG MAI. = Le culture dell’Asia non sono estranee al
cristianesimo, anche se spesso si sospetta che Cristo sia uno ‘straniero’. Con
foto, racconti e danze di un gruppo di cattolici in costume, un sacerdote
vietnamita ha mostrato come da secoli la fede cristiana abbia influenzato
l’architettura delle chiese, la scultura e soprattutto l’attenzione verso gli
altri in Vietnam. Molto toccanti due testimonianze: quella di un ricco
businessman thailandese che ha salvato un’azienda e i posti di lavoro a 700
impiegati, mostrando che la fede ha vinto sui criteri del profitto e del
consumismo, e quella di una donna filippina, impegnata nella pastorale dei
migranti, che ha mostrato come la povertà sia un’occasione per la missione in
altri Paesi asiatici come l’Arabia Saudita o altri Stati del Golfo. Sono
seguiti racconti sui giovani e sulle coppie a matrimonio misto, dove la parte
cattolica spesso rischia di dimenticarsi della fede. L’attenzione di tutti i
delegati è però rivolta a questa sera: per celebrare la diversità di culture
dell’Asia, ogni gruppo sta preparando canti e danze in costumi tradizionali.
Perché questa espressività non divenga una specie di narcisismo etnico, questa
mattina, nella Santa Messa, l’arcivescovo di Cebu,
cardinale Ricardo Vidal, ha ricordato che occorre
testimoniare con il dono della vita l’amore di Gesù. Un amore – ha sottolineato
il porporato – che è senza confini, né geografici, né etnici.
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PREGATE PER LA
PACE E LA RICONCILIAZIONE.
E’ QUANTO
CHIEDONO ALLE POPOLAZIONI DI ETIOPIA ED ERITREA
I VESCOVI DEI
DUE PAESI AFRICANI A CONCLUSIONE DELLA LORO ASSEMBLEA PLENARIA
CITTA’
DEL VATICANO. = “Aiutateci a costruire fiducia reciproca, speranza,
comprensione, cooperazione e sviluppo nei nostri rispettivi Paesi”: è
l’esortazione dei vescovi di Etiopia ed Eritrea alle popolazioni dei due Stati
africani, nel comunicato finale della loro Assemblea plenaria, conclusasi ieri
in Vaticano. “Vi esortiamo – affermano i presuli – a impegnarvi e a pregare per
la pace e la riconciliazione, in modo da guarire le ferite che ci siamo causati
reciprocamente, alla ricerca di una soluzione giusta, che metta fine al
conflitto tra le nostre nazioni sorelle”. “Tutti noi – continuano – sappiamo
benissimo che ci sono più cose in comune radicate nelle nostre culture, storie
e fedi, che differenze, che possono aver portato a incomprensioni e a grandi
sofferenze”. Secondo i due episcopati, la prospettiva di una convivenza
pacifica porterebbe “grandi vantaggi per entrambe le società e i singoli
cittadini, come quel progresso e quella prosperità di cui noi siamo affamati”.
“Le nostre energie migliori – precisano i vescovi – dovrebbero essere
indirizzate a lavorare in armonia, per ridurre la povertà, le malattie,
alleviare le sofferenze che derivano da tutti i tipi di calamità e combattere
la pandemia di HIV/AIDS”. I presuli ricordano, poi, che la Chiesa cattolica
africana sta preparando la seconda Assemblea continentale dei vescovi proprio
sui temi della riconciliazione della giustizia e della pace tra tutti i popoli
e i Paesi dell’Africa, centrati sul messaggio di Cristo. “Qui riuniti vicino
alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo – concludono – ci affidiamo
all’intercessione della Vergine Maria, madre di Dio e di tutti noi, perché ci
dia la grazia del dono della vera pace”. (R.M.)
L’ABORTO NON E’ UN DIRITTO DELLA
DONNA E NON E’ UNA QUESTIONE POLITICA.
E’ QUANTO SCRIVONO, IN UNA NOTA, I VESCOVI PORTOGHESI DOPO
LA DECISIONE
DEL PARLAMENTO DI LISBONA DI CONVOCARE UN REFERENDUM PER DEPENALIZZARE L’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA
ENTRO LE PRIME DIECI SETTIMANE
LISBONA.
= La vita umana, con tutta la sua dignità, inizia dal primo momento del
concepimento ed è un “valore assoluto”, che non può essere “referendabile”.
E’ quanto sottolinea, in una nota intitolata ‘Ragioni per scegliere la vita’, il Consiglio permanente dell’episcopato portoghese
dopo la convocazione, decisa ieri dal Parlamento di Lisbona, di un referendum
che punta a depenalizzare l’interruzione volontaria
della gravidanza entro le prime dieci settimane di gestazione. Nessuna legge
che permetta l’aborto - si legge nella nota - rispetta
i valori etici fondamentali sulla vita. “Non possiamo dunque non dire ai fedeli
cattolici - continuano i presuli – di votare no” e di aiutare a fare chiarezza
sul significato della vita umana, fin dal suo primo momento. “Il periodo di dibattito
che precede il referendum – precisano – non è una qualsiasi campagna politica”,
ma un’occasione di riflessione per le coscienze. “La legalizzazione dell’aborto
– spiegano i vescovi – non è il cammino adatto per risolvere il dramma
dell’aborto clandestino”, aggiungendo che penalizzarlo o depenalizzarlo
è una questione del diritto penale. L’aborto – prosegue la nota – “non è un
diritto della donna” e “non è una questione politica”; la vita, invece, è un
“diritto fondamentale”. Se la legge venisse approvata
– prosegue il documento - ci troveremmo di fronte ad una “degenerazione”, ad
una sorta di corruzione della norma stessa. “Per questo – conclude il
comunicato – chiediamo a tutti i fedeli cattolici e quanti riconoscono questa
visione della vita, di impegnarsi in un’opera di illuminazione delle
coscienze”. (A.L.)
INIZIATE A ROMA,
CON UNA SANTA MESSA NELLA BASILICA DI SAN PIETRO,
LE CELEBRAZIONI PER IL 25.MO ANNIVERSARIO
DELLA “FONDAZIONE GIOVANNI PAOLO II”
ROMA. =
Si sono aperte questa mattina, con un momento di preghiera presso la tomba di
Papa Wojtyla e una Santa Messa nella Basilica Vaticana, le celebrazioni per il
25.mo anniversario di attività della “Fondazione
Giovanni Paolo II”. Domani gli Amici della Fondazione assisteranno, inoltre,
all’Angelus di Benedetto XVI, e lunedì saranno ricevuti in udienza dal Santo Padre. La
“Fondazione” – che ha sede a Roma, presso la Casa Polacca - venne
istituita nel 1981 da Giovanni Paolo II come organizzazione volta a diffondere
nel mondo il patrimonio della cultura cristiana e il magistero della Chiesa
attraverso un’attività a carattere culturale, scientifico, sociale e pastorale.
Nell’ottica della promozione della cultura cristiana, gli obiettivi erano
quelli di instaurare rapporti di collaborazione con i centri scientifici e
artistici polacchi e internazionali e di offrire opportunità educative ai
giovani, particolarmente dell’Europa centro-orientale. Negli anni, con il
sostegno degli Amici della Fondazione, è stato istituito un fondo che
garantisce il funzionamento di quattro importanti istituzioni: la Casa Polacca
a Roma, il Centro di Documentazione del Pontificato, l’Istituto di Cultura
Cristiana e la Casa della Fondazione a Lublino.
PROCLAMATI I VINCITORI DELLA PRIMA
EDIZIONE DELLA FESTA INTERNAZIONALE
DEL CINEMA DI ROMA, CUI È STATO CONSEGNATO IL
MARCO AURELIO.
HA TROVATO POSTO, IN QUESTA
GIORNATA CONCLUSIVA,
ANCHE UN FILM TELEVISIVO DEDICATO ALLA FIGURA
DI DON LUIGI DI LIEGRO
- A cura di Luca Pellegrini -
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ROMA. = Bilancio positivo?
Certamente: ogni manifestazione culturale e artistica che riesca a calamitare,
anche e soprattutto, l’attenzione dei giovani e giovanissimi, portandoli in una
sala cinematografica a riflettere, è una manifestazione benvenuta. Roma ha
dunque vissuto la sua Festa, pur nella tragedia della metropolitana, pur con
alcune difficoltà organizzative. E la Festa si chiude con il film televisivo L’uomo della carità – don Luigi Di Liegro, una biografia che andrà in onda a gennaio su Canale 5, dedicata al sacerdote responsabile
della Caritas diocesana di Roma che si spese fino all’ultimo – morì
prematuramente il 12 ottobre 1997 – per amore di Cristo e dei fratelli.
Interpretato in modo sincero e naturale da Giulio Scarpati,
che ne ha messo in luce il carattere caparbio ma l’illimitata e illuminata
dimensione pastorale, il ritratto del sacerdote ne esce rafforzato soprattutto
per quanti non ebbero modo di conoscerlo ma hanno il
dovere di non dimenticare le sue coraggiose iniziative in favore dei poveri,
dei barboni, dei malati, degli ultimi. Un film di qualità inserito nel
programma della Festa che si è da poco conclusa con la premiazione dei
vincitori, avvenuta nella Sala Santa Cecilia. Miglior film è risultato il russo
“Playing the victim” del regista
teatrale Kirill Serebrennikov,
una cupa rivisitazione in chiave moderna del mito di Amleto. Felicissima la
scelta della migliore attrice, Ariane Ascaride,
sensibile interprete nel film del francese Guediguian,
Voyage en Armenie,
dedicato all’Armenia, e quella dell’attore teatrale italiano Giorgio Colangeli che nel bel film L’aria salata del debuttante Alessandro Angelini incarna in modo
drammatico e realistico la figura di un padre rinchiuso in un carcere e che si
trova inaspettatamente a fronteggiare una paternità rifiutata e nascosta.
Infine, premio speciale all’intenso This is England di Shane Meadows: segue da vicino la
trasformazione di un dodicenne da spensierato ragazzo a fanatico skinhead. Ambientato nel 1983, al tempo della guerra delle
Falkland, racconta di una generazione in parte perduta, in parte ritrovata. Un
film “necessario” per i giovani di oggi e per gli adulti che, troppo spesso,
non li sanno ascoltare.
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NEL POMERIGGIO, A PRAIA A MARE, LA
PRESENTAZIONE
DELLA RISTAMPA DI “TERRA E TEMPIO DI MARIA”,
OPERA DELLA SCRITTRICE STELLA GIUGNI LOMONACO,
DEDICATA ALLA STORIA DEL PAESE
CALABRESE E DEL SUO SANTUARIO MARIANO
PRAIA A MARE. = “Una striscia
semicircolare di terra, un’insenatura e una distesa di mare: ecco la terra e il
luogo che Maria predilesse”. E’ una delle prime, suggestive descrizioni
presenti in “Terra e Tempio di Maria”, opera della scrittrice Stella Giugni
Lomonaco dedicata alla storia del santuario mariano di Praia a Mare, paese in
provincia di Cosenza. Il libro, a cura dell’amministrazione comunale, sarà
presentato nel pomeriggio nell’amena località calabrese nell’ambito delle
celebrazioni del primo centenario dell’incoronazione della Madonna della Grotta.
L’opera è espressione della devozione dell’autrice per la Vergine Maria e del
suo profondo amore per il paese natio, descritto come “un semicerchio di
colline e monti”. Un vero e proprio “inno poetico” – si legge nella
presentazione del sindaco, Biagio Praticò – scritto seguendo il “dettame del
cuore” per narrare il “prodigioso approdo della Vergine a Praia e la storia del
paese fino ai primi anni ‘50”. Il massiccio roccioso che ospita
la grotta ed il santuario è sacro alla Madonna fin dal lontano 1326. In quell’anno, il capitano di una nave proveniente
dall’Oriente nascose nella grotta una statua lignea della Vergine che i marinai
volevano gettare in mare. Anche oggi, la devozione a Maria è molto sentita: nel
mese di maggio la statua della Madonna viene portata
in corteo per le vie del paese ed il 14 agosto, seguita da migliaia di persone,
assume particolare rilevanza e solennità la processione sul mare. Altre opere di Stella Giugni Lomonaco, scomparsa a
Roma il 5 dicembre del 1983, sono: “Paolo VI pellegrino in terra Santa”,
raccolta in versi donata personalmente dall’autrice a Papa Giovanni Battista Montini; “Celeste Monito”, in onore della Madonna di
Siracusa; “Faville nel roseto”, il Santo Rosario in versi in onore della
Madonna di Pompei. Quest’ultimo libro è stato donato dal figlio Giuseppe a
Giovanni Paolo II nel 1991. Tutti i proventi delle opere sono stati devoluti in
beneficenza. (A.L.)
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21 ottobre 2006
- A cura di Fausta Speranza -
Il presidente statunitense Bush torna a ribadire che la situazione in Iraq “è
difficile”, dopo il paragone con il Vietnam, e annuncia eventuali cambi di
tattica. Quasi 80 le perdite americane ad ottobre, per non parlare
dell’incessante catena di sangue tra gli iracheni. Stamani 4 civili uccisi dall’esplosione su un
bus a Baghdad pieno di donne e bambini in preparazione alla festa per la fine del Ramadan. Ieri, 29
dignitari religiosi sciiti e sunniti iracheni hanno sottoscritto un documento
per la pace, in una riunione a La Mecca, città santa
in Arabia Saudita, su iniziativa dell'Organizzazione della Conferenza islamica
(OCI). Il nostro servizio:
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Un documento che chiede di porre fine al fiume di
sangue musulmano che scorre in Iraq; che
condanna divisioni intestine e violenze
settarie, e chiede un calendario per il ritiro delle forze straniere (americane
in testa) dall'Iraq. Un documento che potrà aiutare a “isolare terroristi e
blasfemi se diverrà vincolante per tutti”, commenta da Kerbala
il Grande Ayatollah Ahmed al-Sistani,
massima autorità sciita irachena. Più freddo il suo contraltare sunnita Hareth al-Dari, capo del
Consiglio degli Ulema dell'Iraq che in visita in
Arabia Saudita, non ha partecipato alla riunione della Mecca data l'assenza da
parte sciita di leader di primo piano come lo stesso Sistani.
Intanto ieri, mentre si tentava il dialogo, scorreva altro sangue. Ennesima
ribellione delle milizie
sciite radicali di Moqtada al-Sadr, il cosiddetto Esercito del Mahdi,
ad Amara, città a maggioranza sciita a sud di Baghdad: almeno 20 i morti prima
del ritorno alla calma, stamani. Tensioni dal Consiglio dei Mujaheddin,
braccio iracheno di Al Qaeda, a Ramadi,
dove ha autoproclamato
un Califfato islamico separato su parte dell'attuale territorio dell'Iraq.
Altrove, Baghdad compresa, disordini e massacri si colorano di ostilità
interconfessionali tra sunniti, comunità dominante ai tempi di Saddam, e
sciiti, forti oggi della maggioranza numerica nel Paese. Non si può dimenticare
la faida permanente, che insanguina la città di Balad,
a nord della capitale: 60 morti nell'ultima settimana. E anche un episodio reso
noto oggi: una giovane donna irachena di 22 anni, accusata di adulterio, e'
stata condannata a morte dai seguaci di Al Qaeda e poi
lapidata in pubblico nella cittadina di Al-Qaim, a
nord-ovest di Baghdad. In tutto ciò, due denunce. Secondo un memorandum interno
dell'ONU, il primo ministro iracheno ha impedito al Ministero della sanità di
Baghdad di comunicare alle
Nazioni Unite cifre allarmanti sulle perdite civili irachene di circa cento
morti al giorno. Mentre l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati parla di circa 40 mila iracheni in fuga ogni mese nella sola
Siria.
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Un palestinese di 50 anni è stato ucciso poco
prima dell'alba da colpi di arma da fuoco di soldati israeliani nei pressi del
valico di Soufam, a sud della Striscia di Gaza.
L'esercito israeliano ha detto che i militari stavano effettuando un controllo.
Forze della sicurezza palestinese e testimoni oculari hanno riferito anche di
un’altra offensiva israeliana in corso a nord di Gaza con l'utilizzo di 20
carri armati che sono penetrati nei Territori, hanno bloccato l'entrata alla
cittadina di Beit Hanoun e
hanno trovato una resistenza di uomini armati. Non ci sono per ora notizie di feriti.
L'esercito israeliano ha fatto sapere che sta prendendo notizie su quanto sta avvenendo.
“Ratko Mladic è in Serbia, a Belgrado e nei dintorni della città”.
Lo ha detto il procuratore del TPI, Carla Del Ponte, in un’intervista al
quotidiano francese Liberation,
pubblicata oggi. Come già fatto lunedì al termine di una riunione a
Lussemburgo, Carla Del Ponte ha lamentato “la reale mancanza di volontà
politica a Belgrado” nelle indagini per arrivare all'arresto del criminale di
guerra. “Fortunatamente - ha aggiunto il procuratore - la Comunità
internazionale è ora unanime nell'esigere il trasferimento di Mladic all’Aja”, sede del
Tribunale Penale Internazionale. Il generale Mladic è
accusato di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, in
particolare per il massacro di circa ottomila musulmani a Srebrenica
durante la guerra in Bosnia,
nel mese di luglio del 1995.
Domani elezioni presidenziali in
Bulgaria, sei milioni di elettori sono chiamati alle urne per scegliere il capo
dello Stato tra i 7 principali candidati in lizza. Ad avere il favore dei
sondaggi è il presidente uscente, Georgi Parvanov, mentre è attesa
dagli analisti una bassa affluenza alle urne. Un’elezione significativa alla
vigilia del previsto ingresso nell’Unione Europea, il 1° gennaio 2007. Il
servizio di Iva Mihailova:
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Secondo gli esperti il voto
dimostrerà anche la valutazione dei cittadini per i cambiamenti fondamentali
fatti nel Paese negli ultimi 17 anni dalla caduta del comunismo e sarà una
prova per i partiti politici. Preoccupa il crescente appoggio verso il
candidato nazionalista, Volen Siderov,
che richiama il caso Le Pen delle presidenziali
francesi del 2002. In Bulgaria, esiste grande divario tra le persone ricche e
la gente comune e questo alimenta simili posizioni. La presente situazione si è
creata anche per l’indebolimento della destra divisa in due che non ha potuto
presentare una forte candidatura.
Da Sofia, per la Radio Vaticana,
Iva Mihailova
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Continua il braccio di ferro tra
Iran e comunità internazionale sul programma nucleare di Teheran.
In attesa, la prossima settimana, di nuovi passi del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il presidente iraniano, Ahmadinejad, nei
giorni scorsi è tornato ad attaccare Israele, l’Occidente e, in particolare,
proprio l’organismo delle Nazioni Unite. Sui motivi delle nuove dichiarazioni
del capo di Stato, Giancarlo La Vella ha raccolto il
parere di Ahmad Rafat,
giornalista iraniano in Italia:
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R. – Io credo che gli attacchi
all’Occidente siano fatti in vista della bozza di Risoluzione che i Paesi
europei, Germania, Francia e Gran Bretagna, dovrebbero presentare all’inizio
della prossima settimana. Questa bozza della Risoluzione andrà poi a finire sul
tavolo del Consiglio di Sicurezza. L’idea è pertanto di delegittimarlo fin da
adesso: in modo che quando sarà approvata questa Risoluzione, agli occhi
dell’opinione pubblica sarà una Risoluzione approvata da un organismo non
legittimo.
D. – Secondo te, c’è una manovra
concordata che stanno portando avanti Teheran e la
Corea del Nord proprio sul tema del nucleare?
R. – Sì, la collaborazione
militare tra Iran e Corea del Nord è ormai un fatto noto. I famosi missili
iraniani “shaat”, che possono raggiungere anche
l’Italia oltre che Israele, sono prodotti in Iran e sono una versione più
aggiornata e più potente dei missili nordcoreani. Si
tratta perciò di una collaborazione che dura negli anni e credo che più i Paesi
sono isolati più sono condannati a collaborare.
D. – Se per la Corea del Nord
questo braccio di ferro punta ad avere più aiuti, qual è l’obiettivo dell’Iran?
R. – Era e rimane quello di
affermarsi come una potenza regionale, soprattutto nell’area del Golfo Persico.
L’idea è quella di un Iran atomico, potenza incontrastata e incontestata.
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Dialogo difficile tra Unione Europea e
Russia sul problema energetico. Ieri a Lathi, in
Finlandia, si sono incontrati i vertici di Mosca e Bruxelles, ma un accordo
sulle forniture di gas e materie prime russe sembra ancora lontano. Ce ne parla
Giuseppe D’Amato:
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Mosca continua a non voler
adottare criteri definiti nella carta energetica e propone ora di lavorare alla
formulazione di un nuovo futuro trattato. L’adozione della carta considerata
centrale nella strategia dell’UE significherebbe una maggiore apertura del
mercato interno russo delle materie prime agli stranieri e l’uso in comune
degli oleodotti. Un paio di settimane fa, in occasione del vertice di Dresda,
Vladimir Putin aveva rilanciato, offrendo alla Germania di diventare il principale centro di
smistamento del gas russo per il vecchio continente. Il cancelliere tedesco,
Angela Merkel, aveva detto di no, ribadendo la
fedeltà alla linea europea. Bruxelles chiede trasparenza, concorrenza e prezzi
di mercato. Mosca ha di recente messo in discussione anche la partecipazione
europea e statunitense ad alcuni importanti progetti comuni.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato
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E proprio andando verso Mosca, il
segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, in aereo con i giornalisti, ha invitato la Russia e
la Georgia ad allentare
la tensione fra di loro, evocando il rischio che le azioni provocatorie nelle
due regioni georgiane separatiste dell'Abkhazia e
dell'Ossezia del Sud possano sfuggire al controllo. La Rice
ha annunciato che parlerà della questione con il presidente russo, Vladimir Putin. Tbilisi e Mosca hanno
rapporti tesi
da quando la “Rivoluzione delle rose” dell'autunno 2003 portò al potere in
Georgia il presidente filo-occidentale e filo-NATO, Mikhail
Saahashvili. Ma la crisi è scoppiata dopo l'arresto,
qualche settimana fa, di alcuni ufficiali russi sospettati di spionaggio. La
Georgia, inoltre, accusa la Russia di “cavalcare”, in funzione anti-Tbilisi, le velleità secessioniste delle due
Repubbliche autonome, nominalmente georgiane ma “filorusse”,
dell'Abkhazia e dell'Ossezia
del Sud, con le quali Mosca ha rapporti privilegiati.
La Marina militare dello Sri Lanka ha distrutto nove
imbarcazioni dei separatisti delle Tigri Tamil,
uccidendo almeno 41 ribelli in due diverse battaglie navali in meno di 24 ore.
Ieri sera, i ribelli e le forze del governo hanno combattuto per circa tre ore e mezza al largo
della costa della penisola di Jaffna, regione al nord del Paese a maggioranza tamil. Il presidente Rajapakse ha
lanciato un appello per la pace. A partire dalla guerra civile del 1983, i
ribelli hanno assunto il controllo di intere porzioni dell'isola-Stato
nell'Oceano Indiano. Dal febbraio 2002, grazie anche alla mediazione
internazionale e in particolare del governo norvegese, è entrata in vigore una
tregua in teoria ancora vigente. La recrudescenza dello scontro tra l'esercito
e i ribelli Tamil è iniziata il 26 luglio scorso quando il governo di Colombo ha accusato l'LTTE di
aver bloccato il canale di Maavilaru, nei pressi di Muttur
(nord), privando così dell'acqua circa 15.000 famiglie.
Un appello diretto ai rapitori di
Gabriele Torsello, in Afghanistan, é stato fatto dalla madre del fotoreporter tramite
le telecamere delle televisioni locali della regione, la Puglia, in cui vive la
famiglia. “State facendo - ha detto la mamma del rapito, affiancata dal marito
in lacrime - un gravissimo errore. Gabriele ama il vostro popolo, é un grosso errore se non lo
lasciate libero. Gabriele
ama tutti, ama i bambini che hanno bisogno. Gabriele ama anche
voi”.
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