RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 290 - Testo della trasmissione di martedì 17 ottobre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ha speso la sua vita nell’amore di Cristo e degli uomini: così Benedetto XVI ricorda Giovanni Paolo II in un messaggio alla tv polacca a 28 anni dalla elezione di Karol Wojtyla al Soglio pontificio

 

Benedetto XVI ha presieduto ieri nella Basilica di San Pietro le esequie del cardinale Dino Monduzzi: “Si è conformato a Cristo – ha detto il Papa - nella virtù della pazienza”

 

La lotta contro il terrorismo non deve sacrificare i diritti umani: lo ha affermato mons. Migliore all’ONU

 

Favorire la conoscenza tra i popoli per combattere il pregiudizio religioso: l’intervento di mons. Ettore Balestrero all’Osce

 

Valorizzare sempre il capitale umano: l’invito dell’arcivescovo Silvano Tomasi, all’UNCTAD

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sono entrati nel vivo stamani a Verona i lavori del Convegno nazionale della Chiesa italiana: ai nostri microfoni il cardinale Camillo Ruini e mons. Luciano Monari

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale del rifiuto della miseria. Intervista con Marta Guglielmetti

 

L’irlandese Fra Donatus Forkan eletto Superiore generale dei Fatebenefratelli: intervista con fra Elia Tripaldi

 

Sarà eseguito stasera a Verona l’Oratorio “Resurrexi”, in occasione del IV Convegno nazionale della Chiesa italiana: con noi il maestro Colla, mons. Mogavero e il sovrintendente Orazi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oggi la Chiesa ricorda Sant’Ignazio di Antiochia

 

Drammatico incidente a Roma tra due treni della linea A della Metropolitana: il bilancio, ancora provvisorio, è di un morto e 140 feriti, tra cui 6 gravi

 

Ha preso il via ieri in Libano la “campagna per il ritorno a scuola”

 

Il mercato africano della droga non è più una realtà marginale, ma è il nuovo “Eldorado” del narcotraffico mondiale: è quanto denuncia l’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga

 

Negli USA è nato oggi il 300 milionesimo cittadino americano

 

24 ORE NEL MONDO:

La Corea del Nord è  pronta, secondo Giappone e Stati Uniti, ad un nuovo test nucleare

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 ottobre 2006

 

 

HA SPESO LA SUA VITA NELL’AMORE DI CRISTO E DEGLI UOMINI:

COSI’ BENEDETTO XVI RICORDA GIOVANNI PAOLO II

IN UN MESSAGGIO ALLA TV POLACCA A 28 ANNI DALLA ELEZIONE

 DI KAROL WOJTYLA AL SOGLIO PONTIFICIO

 

Un ringraziamento a Dio per la testimonianza offerta da Giovanni Paolo II. L’ha rivolto Benedetto XVI in un messaggio trasmesso ieri sera dalla tv polacca, in occasione del 28.mo anniversario dell’elezione al Soglio pontificio di Karol Wojtyla, avvenuta il 16 ottobre 1978. Ce ne parla Debora Donnini:

 

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L’indimenticabile “giorno della sua elezione”, “l’eco delle sue parole umili, sagge e piene di dedizione” quando accettò la scelta fatta dai cardinali. E ancora la figura forte e serena di Giovanni Paolo II, quando per la prima volta diede la benedizione Urbi et Orbi dalla Loggia della Basilica di San Pietro, il suo profetico richiamo “Non abbiate paura. Aprite le porte a Cristo”. Immagini portate nel cuore da Benedetto XVI che nel messaggio esprime un ringraziamento a Dio per aver potuto trascorrere più di due decenni al suo fianco, per poter continuare la sua opera sotto il suo sguardo protettore:

 

“Ringrazio Dio per la sua vita spesa nell’amore di Cristo e degli uomini, che ha arricchito le vicende di tutta l’umanità con la grazia dello Spirito Santo, in atteggiamento di fraternità e di pace. Infine ringrazio Dio per la testimonianza della sua sofferenza unita alla tribolazione di Cristo fino alla morte – testimonianza, che ci dà la forza per vivere e ci consolida nella speranza dell’eternità”.

 

E Benedetto XVI ricorda quanto cara fosse per Giovanni Paolo II “la Chiesa che è in Polonia”. “La amava come una madre che Gli aveva dato la vita nella fede e Lo aveva cresciuto nell’amore di Cristo e dei fratelli”. “Ma la amava anche - sottolinea ancora il Papa - come una comunità sempre unita intorno ai pastori, esposta nel passato alla sofferenza di diverse persecuzioni, ma sempre fedele ai valori evangelici”:

 

“Quanto pregava e quanto si sforzava, affinché la Polonia riacquistasse la libertà! E quando questo avvenne, Egli non smise di darsi premura, affinché i suoi connazionali imparassero a vivere la libertà dei figli di Dio e non dei figli di questo mondo, e affinché conservassero la fede”:

“Rimanete forti nella fede”, è il richiamo paolino che il Papa rivolge, ringraziando ancora per la testimonianza di fede viva e pregando che “Dio conservi la fede alle generazioni future di questa nobile terra”.

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BENEDETTO XVI HA PRESIEDUTO IERI NELLA BASILICA DI SAN PIETRO

LE ESEQUIE DEL CARDINALE DINO MONDUZZI:

“SI E’ CONFORMATO A CRISTO NELLA VIRTU’ DELLA PAZIENZA”

 

Un addio sobrio e solenne quello che si è svolto ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro, dove Benedetto XVI ha celebrato le esequie del cardinale Dino Monduzzi, prefetto emerito della Casa Pontificia. Gravemente malato, il porporato è scomparso giovedì scorso, all’età di 84 anni. Il servizio di Isabella Piro:

 

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“Di fronte al silenzio della morte ed al venir meno delle attese umane, sentiamo viva la speranza cristiana che, oltre le apparenze, scorge l’amore del Dio fedele alle promesse”. Queste le prime parole pronunciate da Benedetto XVI nella sua omelia per le esequie del cardinale Monduzzi. Parole di conforto poiché, ha detto il Papa, la pagina evangelica ci offre la consolante certezza che nessuno è escluso dall’amore di Colui che, in Cristo, “ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce”. Il Santo Padre ha poi ribadito il valore della fiducia nella presenza misteriosa di Dio, che ci accompagna in ogni momento, soprattutto nelle ore più difficili:

 

“La speranza cristiana, radicata in una fede solida nella parola di Dio, è l’ancora di salvezza che ci aiuta a superare le difficoltà apparentemente insormontabili e ci permette di intravedere la luce della gioia anche oltre il buio del dolore e della morte”.

 

Benedetto XVI ha poi ripercorso con la memoria la vita del cardinal Monduzzi, animata da una fede evangelica semplice e profonda, ricordando la sua partecipazione alle Missioni sociali, ossia quelle attività di risveglio religioso e morale che lo portarono in Calabria e Sardegna e l’impegno, quasi pionieristico, di cappellano dei braccianti presso l’Ente di riforma agraria del Fucino. Il Papa ha sottolineato, inoltre, le doti non comuni del porporato come Prefetto della Casa Pontificia ed organizzatore dei viaggi apostolici del Pontefice in Italia:

 

“Per il Regno dei cieli egli ha lavorato vedendo negli incontri con la gente occasioni preziose per suscitare la nostalgia delle cose di lassù e l’amore per la Chiesa ‘germe e inizio’ del Regno di Dio. (…) In ogni circostanza, seppe trovare nella virtù della pazienza la via maestra per conformare la sua vita a Cristo, sopportando difficoltà e sofferenze, e cercando di esercitare la carità verso tutti”.

 

Il cardinal Monduzzi, ha concluso il Santo Padre, aveva fatto dell’acco-glienza “una dimensione primaria della sua vita sacerdotale”. Possa trovare “nel Signore Gesù l’amico fedele che lo prende con sé per assegnargli un posto nella casa del Padre, dimora di luce e di pace”.

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RESO NOTO IL CALENDARIO DELLE CELEBRAZIONI

 PRESIEDUTE DA BENEDETTO XVI FINO A DICEMBRE

 

La Sala Stampa vaticana ha pubblicato oggi il calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa fino a dicembre. Dopodomani 19 ottobre Benedetto XVI si recherà a Verona, dove nello Stadio Bentegodi presiederà la Messa in occasione del IV Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana. Il 2 novembre il Papa commemorerà i Pontefici defunti in una celebrazione che si terrà nelle Grotte Vaticane, mentre il 4 novembre presiederà nella Basilica Vaticana la Messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno. Dal 28 novembre al 1° dicembre il Papa compirà il viaggio apostolico in Turchia. L'8 dicembre si recherà nel pomeriggio in Piazza di Spagna per l’Atto di venerazione all’Immacolata.  Il 10 dicembre, II Domenica di Avvento, Benedetto XVI si recherà in visita pastorale alla parrocchia romana di Santa Maria Stella dell'Evangelizzazione. Il 24 dicembre alle 24.00, nella Solennità del Natale del Signore, il Papa presiederà nella Basilica di San Pietro  la Santa Messa della Notte, mentre il 25 dicembre a mezzogiorno impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi” dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana.  Infine, il 31 dicembre alle 18.00, il Papa preside, sempre in San Pietro, i Primi vespri in ringraziamento per l’anno trascorso.

 

NOMINE

 

In Inghilterra, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Birmingham mons. William Kenney, Passionista, finora titolare di Midica. Sessant’anni, mons. Kenney ha compiuto gli studi nel seminario minore dei Passionisti d'Inghilterra e poi nel Pontificio Ateneo dei Gesuiti di Heytrop, conseguendo la Licenza in Teologia. Ordinato sacerdote nel1969, è stato inviato in Svezia per gli studi di sociologia religiosa. Rimasto nel Paese scandivano, è stato nominato parroco di e professore di Sociologia religiosa all'Università di Göteborg. Nel 1987 è stato eletto ausiliare di Stockholm. Finora ha ricoperto anche l'ufficio di Segretario della Conferenza episcopale nordica.

 

In Sudafrica, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Kroonstad mons. Stephen Brislin, amministratore diocesano della medesima diocesi. Il neo vescovo, 50 anni, ha studiato Psicologia all'Università nazionale di Cape Town. Ha studiato Teologia presso il Missionary Institute di Mill Hill, a Londra, conseguendo il Baccalaureato dell'Università belga di Lovanio. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i ministeri di cappellano, parroco, di vicario generale e di amministratore diocesano della diocesi.

 

Nelle Filippine, il Papa ha nominato vescovo di Tagbilaran mons. Leonardo Yuson Medroso, finora vescovo di Borongan. Il presule ha 68 anni, ha studiato in patria e si è specializzato la laurea in Diritto Canonico. Ordinato sacerdote nel 1963, è stato per 20 anni parroco in alcune parrocchie di Leyte, ove contemporaneamente ha svolto gli incarichi di vicerettore in seminario, cancelliere, Vicario Foraneo ed infine Vicario Generale. Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo di Borongan nel 1986. Nell'ambito della Conferenza episcopale filippina, è presidente della Commissione episcopale per il Diritto Canonico

 

In Argentina, il Pontefice ha nominato esarca apostolico per i fedeli greco-melkiti cattolici residenti in Argentina padre Abdo Arbach, religioso Soarita, direttore della scuola dell’Ordine Basiliano Choueirita a Zahlé. Nato in Siria nel 1952, il nuovo presule ha conseguito la licenza in Liturgia presso l’Università libanese di St. Esprit e dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di presidente della Facoltà Orientale e di parroco di Cordoba in Argentina. Parla l’arabo, il francese e lo spagnolo.

 

         Il Santo Padre ha concesso il Suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita cattolica di padre Michel Abrass dell’Ordine Basiliano Aleppino, elevandolo alla sede titolare vescovile di Abido. Padre Michel Abrass è nato ad Aleppo (Siria) il 14 dicembre 1948, è entrato nell’Ordine Basiliano Aleppino dove è stato ordinato sacerdote nel 1981. Dopo aver ottenuto la licenza in Filosofia a Kaslik (Libano) nel 1973, è stato inviato a Roma al Collegio Greco per proseguire gli studi di filosofia, di teologia e di liturgia, ed ha ottenuto nel 1980 la licenza in Liturgia. È stato rettore del Seminario Minore del suo Ordine, poi di quello Maggiore. È professore di Liturgia all’Università di Kaslik.

 

         In data 14 ottobre 2006, il Patriarca Greco-Melkita cattolico, Sua Beatitudine Gregorios III Laham, con il consenso del Sinodo della Chiesa Greco-Melkita, ha trasferito a norma del can. 85 § 2 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, mons. Georges Haddad, da vescovo titolare di Mira ad arcivescovo di Baniyas, Cesarea di Filippo e Paneade dei Greco-Melkiti. Mons. Georges Haddad è nato a Beirut il 24 giugno 1957, e ha fatto gli studi secondari al Collegio Patriarcale di Beirut. Entrato nella Società dei Missionari di S. Paolo, ha ottenuto la Licenza in filosofia e in teologia nell'Istituto S. Paolo di Harissa. È stato ordinato sacerdote il 28 agosto 1983. Il 21 marzo 2002, il Santo Padre ha eretto l’esarcato apostolico per i Greco-Melkiti cattolici residenti in Argentina ed ha nominato mons. Georges Haddad primo esarca apostolico di detto esarcato, assegnandogli la sede titolare di Mira dei Greco-Melkiti Cattolici. Il presule è stato nominato il 15 marzo 2003, amministratore apostolico dell’arcieparchia Greco-Melkita cattolica di Akka, conservando l’ufficio di esarca fino alle sue dimissioni accettate il 10 dicembre 2005.

 

 

LA LOTTA CONTRO IL TERRORISMO NON DEVE SACRIFICARE I DIRITTI UMANI:

LO HA AFFERMATO MONS. MIGLIORE ALLA 61.MA ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU.

NON SOLO LA POLITICA E L’ECONOMIA,

MA ANCHE LA CAPACITA’ DI DIALOGO INTERRELIGIOSO POSSONO CONTRIBUIRE

A TOGLIERE FORZA ALL’ABERRANTE LOGICA DEI TERRORISTI

 

Il terrorismo e chi lo fomenta vanno combattuti senza quartiere, ma senza che le misure adottate per contrastarli violino gli elementari diritti umani. E’ il concetto centrale dell’intervento che l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, ha tenuto ieri durante i lavori della 61.ma Assemblea generale in corso a New York. La lotta contro il terrorismo, ha affermato il presule, va condotta sui binari di politiche e di impegno diplomatico ed economico coraggiose, che allevino le situazioni di emarginazione che nutrono la logica del terrore. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Il terrorismo si è evoluto e registra collusioni in campo politico, economico, tecnologico. Combatterlo è una priorità sull’agenda della comunità internazionale, ma la battaglia in nome della sicurezza non va combattuta calpestando la dignità inviolabile di ogni essere umano. Su questo terreno delicato, oggetto di dibattito al Palazzo di Vetro di New York, la Santa Sede ha fatto sentire ieri la propria voce attraverso il suo osservatore permanente, mons. Celestino Migliore. Nel pianificare misure antiterrorismo, ha affermato il presule, “la protezione dei diritti dell'uomo è l'obiettivo primario di tutta la strategia”, proprio perché sono i terroristi per primi, con il loro “disprezzo e l’assoluta negligenza nei riguardi della vita umana” a rendere “assolutamente inaccettabile” ogni loro azione. Un disprezzo per la vita che, ha osservato mons. Migliore, “giunge cinicamente al punto di usare individui non colpevoli e intere popolazioni come scudi umani per nascondere e proteggere i terroristi e le loro armi”.  Al contrario, la Chiesa ritiene sia “fondamentale affermare dall'inizio” del dibattito che mira all’adozione di una Convenzione antiterrorismo che “misure efficaci di antiterrorismo e protezione dei diritti dell'uomo non sono obiettivi in conflitto”. “La strategia antiterrorismo – ha dichiarato l’osservatore della Santa Sede - non deve sacrificare i diritti dell'uomo fondamentali in nome della sicurezza”,  poiché una simile scelta “corroderebbe i valori stessi che intende proteggere, alienando da sé gran parte della popolazione mondiale e diminuendo la forza morale di una simile strategia”. Inoltre, ha proseguito l’osservatore della Santa Sede, una simile “mancanza” equivarrebbe a prestare il fianco ai terroristi, conferendo una qualche dignità “alle rivendicazioni che essi proclamano per giustificare il loro aberrante comportamento”. Ma neppure il loro disprezzo per la vita e la dignità umana “può giustificare - secondo la Chiesa - il rifiuto nei loro confronti di un trattamento secondo le norme internazionali dei diritti dell’uomo e quelle umanitarie”.

 

Se la Convenzione sul terrorismo internazionale dovrebbe chiaramente mostrare che nessuna circostanza può “scusare né legittimare” l’uccisione o il ferimento deliberati delle popolazioni civili, tuttavia – ha ribadito mons. Migliore – il fenomeno del terrorismo va compreso a fondo, perché le sole “misure legali o le armi sono insufficienti”. Il terrorismo, ha detto il presule, “è una manifestazione culturale, nel senso di anti-cultura e di anti-civilizzazione”, originata da “percezioni deformate della realtà” ed è “ampiamente riconosciuto” che il reclutamento dei terroristi avviene più facilmente laddove “i diritti sono calpestati e le ingiustizie tollerate”. Anche, se ha riconosciuto, la pretesa del terrorista “di agire in nome dei poveri è un’evidente falsità”. Quindi, alla logica del terrore si deve rispondere – secondo mons. Migliore -“anche con strumenti culturali capaci di convincere che alternative non-violente in grado di rispondere a rimostranze genuine esistono”. Oltre alla politica e alla diplomazia, ha concluso l’osservatore vaticano, la minaccia terroristica può essere estirpata alla radice con interventi economici che risanino le situazioni di crisi di molte popolazioni e grazie anche al dialogo tra le religioni, avverse per loro natura alla violenza e inclini “alla promozione della cultura di pace e del rispetto reciproco”.

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MONS. ETTORE BALESTRERO ALL’OSCE: FAVORIRE LA CONOSCENZA TRA I POPOLI

PER COMBATTERE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE

NEI CONFRONTI DEI CRISTIANI E DEI MEMBRI DI ALTRE RELIGIONI

 

Favorire la conoscenza tra i popoli “per combattere contro il pregiudizio, l’intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani e dei membri di altre religioni”: lo ha raccomandato mons. Ettore Balestrero, capo della delegazione vaticana, alla riunione annuale dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, svoltasi a Varsavia. Il Servizio di Roberta Gisotti:

 

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''Oggi le religioni - ha affermato mons. Balestrero - sono troppo spesso manipolate e anche fraintese come parte del problema mentre invece sono e dovrebbero essere considerate come parte della soluzione ai problemi che esistono  tra differenti culture e civiltà”.  L’intervento del rappresentante vaticano si è inserito nel dibattito fra i delegati dei 56 Paesi dell’OSCE, che hanno fatto il punto sugli impegni assunti nell’ambito dei diritti umani. “Alcuna collaborazione tra culture, religioni, identità etniche può essere stabilita senza reciproca conoscenza”, ha sottolineato mons. Balestrero. Collaborazione che “richiede dialogo” - ha aggiunto - “dialogo” che “è solo il primo passo” per “identificare un comune e solido ‘terreno’” su cui stabilire “una collaborazione permanente”.

 

Di conseguenza ha osservato mons. Balestrero – l’OSCE dovrebbe promuovere responsabilità e sensibilità nell’affrontare argomenti religiosi e interculturali, raccogliendo l’invito della Santa Sede “a non considerare l’irrisione del sacro un diritto di libertà”. Così nella prospettiva ben sottolineata da Benedetto XVI, “che la religione non dovrebbe essere accomunata con la violenza, ma con la ragione”, l’OSCE dovrebbe “assicurare che le religioni non siano strumentalizzate da quanti perseguono una strategia di tensione”.

 

In tale direzione “il sistema educativo e i media hanno una particolare responsabilità per evitare stereotipi, distorsioni, attitudini di intolleranza e il frequente disprezzo della religione e della cultura”. “Questo è un importante compito per l’OSCE”, ha evidenziato mons. Balestrero, “tanto più se i media, il dibattito civile e politico o il sistema educativo danno poco valore alle religioni o le presentano usando pregiudizio o linguaggio sprezzante”. “Le stesse religioni “non sono più effettivamente capaci di contrastare gli stereotipi, se loro stesse ne sono vittime”. E bisogna partire dai giovani nell’opera di prevenzione, ha sollecitato il delegato vaticano, puntando il dito contro i “sentimenti di odio e vendetta” che “sono stati inculcati in numerosi ragazzi in quelle parti del mondo segnate da conflitti, in contesti ideologici dove sono coltivati i semi di antichi risentimenti, e le loro anime preparate per future violenze”. “Queste barriere - ha ammonito mons. Balestrero - devono essere abbattute e l’incontro deve essere incoraggiato!”

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VALORIZZARE SEMPRE IL CAPITALE UMANO:

L’INVITO DELL’ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI,

ALLA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE

PER IL COMMERCIO E LO SVILUPPO, RIUNITA A GINEVRA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Per avanzare sulla strada della “riduzione della povertà”, e colmare il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri serve una “politica innovativa”. Lo ha sollecitato l’arcivescovo Silvano Tomasi, rappresentante della Santa Sede presso l’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, riunita nei giorni scorsi a Ginevra, per dibattere i criteri che debbono orientare l’aiuto allo sviluppo nelle Nazioni più svantaggiate del Pianeta. “Le buone prestazioni del mondo economico e i benefici della globalizzazione – ha osservato il presule – non sono equamente distribuiti tra i Paesi.

 

La crescita significativa degli ultimi anni non è stata ancora consolidata in diversi Paesi poveri, principalmente in Africa, che sono ancora ai margini del processo di sviluppo”. Di qui la necessità di proseguire sulla strada intrapresa con gli Obiettivi del Millennio (MDG) e con le “varie iniziative” di riduzione del debito: “tutte rivolte – ha sottolineato il rappresentante vaticano – a dare un decisivo contributo alla riduzione della povertà e alla sua eliminazione”, e che hanno “creato aspettative crescenti tra i Paesi in via di sviluppo”. Tra gli accorgimenti suggeriti da mons. Tomasi, la consapevolezza che “il capitale umano è centrale in ogni programma di sviluppo” e l’attenzione alle “tradizioni locali”, affinché non vengano minacciate dal processo di globalizzazione. “Se noi veramente – ha concluso il presule – teniamo alle persone e ai popoli e al loro sviluppo, sconfiggere la povertà non rimarrà un miraggio, ma un obiettivo raqgiungibile”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Servizio vaticano - Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la celebrazione delle esequie del cardinale Dino Monduzzi.

“Chiamato a sovrintendere alla Casa del Vicaro di Cristo - ha affermato il Papa - ha fatto dell'accoglienza una dimensione primaria della sua vita sacerdotale”.

 

Servizio estero - Nucleare: timori per un altro test della Corea del Nord.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Marchesi dal titolo “Un 'dialogo-confronto' sulla ragione e sulla fede”: raccolto in un libro l'incontro tra Forte e Giorello.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Franco Lanza dal titolo “Un filo indissolubile lega la biografia e l'opera del poeta”: “Vita di Dante. I giorni e le opere” di Emilio Pasquini.

 

Servizio della cronaca - L'incidente nella metropolitana a Roma.

 

Servizio italiano - In rilievo sempre il tema della finanziaria.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 ottobre 2006

 

 

SONO ENTRATI NEL VIVO STAMANE A VERONA I LAVORI

DEL IV CONVEGNO NAZIONALE ECCLESIALE DELLA CHIESA ITALIANA

- Interviste con il cardinale Camillo Ruini e mons. Luciano Monari -

 

Si è aperta con la preghiera corale dei 2700 convegnisti riuniti nell’aula assembleare della Fiera di Verona la prima giornata di lavori del 4° Convegno nazionale ecclesiale della Chiesa italiana. Oggi le relazioni sulle “Prospettive spirituali culturali e sociali”: ad introdurre gli interventi don Franco Giulio Brambilla docente di Cristologia e antropologia teologica e preside della facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. In questi minuti è in corso la conferenza stampa seguita all’evento ci colleghiamo con il nostro inviato Massimiliano Menichetti.

 

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E’ iniziata da pochi minuti la conferenza stampa che riassume i contenuti di questa prima mattinata di lavoro. Presente anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e presidente del Comitato preparatorio del Convegno, che ha parlato della fecondità di questo incontro. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il porporato ha auspicato per la Chiesa e per la società quella che ha definito la “triade” ovvero un cammino di comunione, collaborazione, corresponsabilità. Sul ruolo dei laici ha augurato un confronto vivo. Passando ai lavori, don Giulio Brambilla, preside della facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, ha ricordato che canovaccio per l’intero Convegno è la Prima Lettera di Pietro, richiamo alla missionarietà ed alla speranza cristiana che vive nella consapevolezza del Cristo risorto e che per questo è matrice di dignità e libertà dell’uomo. Tratteggiato il concetto di popolo cristiano “immagine di una Chiesa viva e consapevole”, incoraggiata sempre più una Chiesa che si fa conoscere senza barriere, non distante.

 

A parlare di società in estremo cambiamento “che ha bisogno di un’apertura di cuore” fortemente radicata nell’identità cristiana, Paola Bignardi, direttrice di “Scuola Italiana Moderna” e coordinatrice nazionale di ReteInOpera, che ha anche indicato i tanti testimoni di Cristo che nel mondo perdono la vita come esempio di fortezza ed ha auspicato un maggiore coinvolgimento dei laici nella Chiesa. Il rettore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, Lorenzo Ornaghi, ha presentato la necessità di una cultura legata a doppio filo con la speranza cristiana, contro lo spaesamento dell’agire generato – ha detto - dalla mancanza di consapevolezza che grava sull’uomo contemporaneo. Da qui la rinnovata responsabilità anche nella vita politica del cristiano e l’obbligo della testimonianza culturale. Poi Savino Pezzotta, presidente della Fondazione “Ezio Tarantelli”, già segretario generale CISL, quasi seguendo l’intervento precedente ha evidenziato che il sociale è il luogo privilegiato di testimonianza dei cristiani e che non bisogna piegarsi a logiche nichilistiche, ma testimoniare il Vangelo in ogni ambito:  serve - ha detto - un maggiore impegno socio politico per ridare speranza. Diretto poi il richiamo ai vescovi che devono – secondo Pezzotta - far sentire con forza la propria voce per guidare i fedeli. A chiudere i lavori della mattina il saluto di Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea Rabbini d’Italia.

 

Dalla Fiera di Verona, Massimiliano Menichetti.

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E ascoltiamo, nel servizio di Tiziana Campisi, le diverse interviste raccolte in queste ore a Verona da Massimiliano Menichetti:

 

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“Attendiamo molto da questo lavoro di insieme, da questo confronto di idee e anche di testimonianze pratiche, come attendiamo moltissimo da quello che ci dirà il Santo Padre giovedì”.

 

 Con queste parole il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Camillo Ruini, ha commentato l’apertura del convegno ecclesiale di Verona sul tema “Testimoni di Gesù Risorto. Speranza del mondo”. Ma che cosa vuole dire affidarsi alla speranza salvifica di Cristo? Il nostro inviato Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a mons. Luciano Monari, vicepresidente della CEI:

 

R. – Vuol dire che la fede in Cristo Risorto, e la speranza che nasce dalla fede in Cristo Risorto - una speranza che per definizione supera anche quel limite estremo della morte - deve essere capace di cambiare concretamente lo stile di vita nelle cose quotidiane. Deve, quindi, manifestarsi in un modo diverso di affrontare le difficoltà del quotidiano ed i rapporti interpersonali. Il problema è vedere come la Resurrezione del Signore incida dentro il nostro modo di pensare e di vivere il quotidiano. Se una persona è capace di perdonare, e di perdonare senza risentimento, ad esempio, vuol dire che ha una speranza immensa. O avere la capacità di riconoscere con sincerità la propria fragilità, di non maledire il mondo e la vita per questo. Avere delle fragilità che vengono riconosciute e che pesano, o la capacità di accettare la fragilità degli altri e di rispondere a questa non con il disprezzo o con l’indifferenza, ma con amicizia e solidarietà… Tutte queste sono espressioni di speranza. Il laico che si sporca le mani, per così dire, a contatto con la realtà quotidiana, deve metterci dentro il Vangelo e deve trovare lui i linguaggi, deve trovare lui le formule, le risposte.

 

E al convegno di Verona stanno prendendo parte anche tanti giovani. Massimiliano Menichetti ne ha incontrati alcuni: a loro ha chiesto di che cosa hanno bisogno oggi le nuove generazioni:

 

R. – Hanno bisogno di attenzione, di ascolto.

 

D. – La Chiesa, secondo te, in questo momento, risponde a questa esigenza oppure no?

 

R. – Risponde, anche se in parte. Dovrebbe continuamente porsi in atteggiamento di ascolto nei confronti delle nuove generazioni. Questo significa fare più attenzione alle esigenze delle giovani generazioni, alle loro problematiche.

 

D. – Come giovane che cosa ti aspetti dal Convegno di Verona?

 

R. – Ho un sogno grande: che la Chiesa sia più giovane nel pensiero, nel modo di agire, nel modo di porsi, e anche come presenza fisica.

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L’avvio ufficiale al Convegno della Chiesa italiana è avvenuto ieri nella cornice dell’Arena di Verona gremita di fedeli. Mons Flavio Roberto Carraro vescovo della città ha presieduto la celebrazione liturgica. Nella sua prolusione il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e presidente del Comitato preparatorio del Convegno ha ribadito che “siamo chiamati a custodire, ossia conservare, vivere e rilanciare l’originalità, unica e universale, della speranza cristiana, il Dna cristiano della speranza”. Il servizio di Massimiliano Menichetti.

 

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Le note dell’organo, il silenzio, la preghiera hanno scandito l’inizio della celebrazione liturgica presso l’Arena di Verona. A sovrastare l’anfiteatro la Croce con il Crocifisso-Risorto con gli occhi aperti, non sofferente, contornato da 206 espositori con le immagini dei santi a richiamare la simbologia della vela che porta verso Cristo. La Chiesa di Verona riunita nell’Arena, dopo l’introduzione del vescovo della città mons. Flavio Roberto Carraio, ha visto l’arrivo dei delegati delle Chiese d’Italia che, guidati da alcuni brani della Prima Lettera di Pietro e da canti responsoriali e litanici, sono giunti nell’anfiteatro processionalmente partendo da 4 chiese della città simboleggiando la fine del pellegrinaggio verso Verona.

 

Mons. Carraro riprendendo le parole della Lettera di Pietro e contemplando le figure dei santi e dei martiri “testimoni di Cristo e speranza per l’uomo” ha rimarcato la radicalità del tema del Convegno “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”, la centralità del Vangelo per la vita dell’uomo. Poi il saluto del sindaco della città scaligera, Zanotto il ringraziamento al Papa e al presidente della CEI il cardinale Ruini per aver permesso alla città di vivere questo evento. Quindi, la prolusione del cardinale Tettamanzi, arcivescovo di Milano e presidente del Comitato preparatorio del Convegno Ecclesiale, che ricordando le origini del Convegno da Roma ‘76, a Loreto e poi Palermo, eredità delle aperture del Concilio Vaticano II, ha evidenziato lo scopo di Verona 2006, che affronta le sfide del tempo presente come l’individualismo, o la tendenza ad una religione “fai da te”:

 

“In concreto, l’appello è a rivisitare alcuni cammini ecclesiali che stiamo facendo, a lasciarci incrociare dalle sfide di cui questi cammini sono oggi segnati, e a sciogliere le sfide con la forza della testimonianza”.

 

Centrale la missionarietà, la speranza in Cristo “parte essenziale e integrante del realismo cristiano”. Parlando dei lavori, entrati ormai nel vivo, ha rimarcato la necessità della comunione ecclesiale, del rilancio del ruolo dei laici, dell’urgenza della formazione e della testimonianza cristiana quotidiana in un mondo sempre più esposto al secolarismo in modo da superare la distanza tra fede e società. “Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere - ha concluso citando il martire Sant’Ignazio di Antiochia - Ora non si tratta di fare una professione di fede a parole, ma di perseverare nella pratica della fede sino alla fine. E’ meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”. Quindi, le note dell’Orchestra e del Coro della Fondazione Arena di Verona, che hanno chiuso l’evento.

 

Massimiliano Menichetti, Radio Vaticana.

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEL RIFIUTO DELLA MISERIA

- Intervista con Marta Guglielmetti -

 

“Risolvere insieme il problema della povertà”: questo il tema dell’odierna Giornata mondiale per l’eliminazione della povertà, che chiama tutti i Paesi del mondo ad un’alleanza contro la miseria. Nata per iniziativa di padre Joseph Wresinki, fondatore del Movimento “Aiuto ad ogni miseria-Quarto Mondo”, e riconosciuta dall’ONU nel 1992, la giornata viene ricordata anche da una lapide situata a Parigi e dedicata alle vittime della povertà. Davanti ad essa, il 21 agosto 1997, sostò Giovanni Paolo II. Oggi sono un  miliardo e 200 milioni le persone che vivono con meno di un dollaro al giorno. I morti per fame ogni giorno sono 24 mila. Ogni 7 secondi muore di stenti un bambino sotto i dieci anni d'età. Ma quali sono i Paesi più colpiti dalla piaga della miseria? Isabella Piro lo ha chiesto a Marta Guglielmetti dell’ONU Italia:

 

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R. – Sicuramente l’Africa, e in particolare l’Africa subsahariana, è l’area del mondo che più vive, quotidianamente, la povertà. Questo è importante ricordarlo, perché gli obiettivi del millennio ricordano come gli sforzi dei Paesi ricchi debbano essere focalizzati per aiutare i Paesi più poveri tra i poveri.

 

D. - La Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà è stata riconosciuta dall’ONU nel 1992: cosa è cambiato in 14 anni?

 

R. – E’ cambiato molto, perché oggi abbiamo le risorse economiche, la tecnologia e la capacità e anche l’impegno dei politici per affrontare e risolvere il problema della povertà. Ricordiamo che nel 2000, 189 Paesi hanno firmato e sottoscritto la Dichiarazione del Millennio e si sono impegnati contestualmente a raggiungere gli otto obiettivi che vogliono rendere accessibile l’istruzione, combattere l’AIDS e la malaria, avere uno sviluppo sostenibile, creare una partnership tra Paesi ricchi e Paesi poveri eccetera. Non si tratta più di una utopia, non si tratta più di un sogno, ma la volontà politica non è ancora sufficiente. I politici e i governi devono rispettare gli impegni.

 

D. – In questi giorni si è svolta, in contemporanea in tutto il mondo, la manifestazione “Stand up! Contro la povertà. Alzati per gli obiettivi del Millennio”. Possiamo tracciare un bilancio delle adesioni?

 

R. – Abbiamo raggiunto più di 200 mila persone. La cosa importante di questa mobilitazione era non solo coinvolgere i cittadini e le persone, ma anche il fatto di chiedere loro un qualcosa in più, un atto in più, ovvero di registrarsi, in modo tale da avere dei dati precisi da poter dare ai nostri governi e per poter dir loro: “Attenzione ci sono tante  persone  che non solo si sono interessate, che non solo hanno aderito, ma che si sono presi la briga, una domenica pomeriggio, di andare sul sito e di registrarsi”.

 

D. - Ma i poveri, che lottano ogni giorno per la sopravvivenza, possono essere un simbolo di speranza per un mondo migliore?

 

R. – Credo proprio di sì e lo dico anche per una esperienza personale. In questo momento ho davanti agli occhi un ricordo dell’America Latina e specificamente dell’Ecuador: una cosa che mi ha colpito moltissimo è come queste popolazioni così povere, quando ti ospitano ti offrono tutto quello che hanno e quel poco che hanno lo dividono. Nel momento in cui riescono ad avere una piccola speranza hanno una grande forza, una grande intelligenza, una grande creatività e soprattutto una grande voglia di fare. Bisogna dar loro l’occasione e l’opportunità per sviluppare ancora di più queste loro potenzialità.

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L’IRLANDESE FRA DONATUS FORKAN ELETTO

SUPERIORE GENERALE DEI FATEBENEFRATELLI

- Intervista con fra Elia Tripaldi -

 

Il Capitolo Generale dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, meglio noto come Fatebenefratelli, ha eletto il nuovo Superiore Generale: si tratta di Fra Donatus Forkan, irlandese, 64 anni. Per un bilancio del Capitolo generale, che si svolge a Roma dal 2 al 22 ottobre, Giovanni Peduto ha sentito fra Elia Tripaldi, appena nominato consigliere generale dell’Ordine:

 

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R. – Credo che sia, per adesso, un bilancio abbastanza positivo, perché affrontare i problemi antichi con un mondo che continuamente evolve è qualcosa che è sempre positivo e vitale per un Ordine che ha i suoi 500 anni di età. Quindi gli argomenti trattati anzitutto sono argomenti che riguardano la vita dell’Ordine, la vita dei religiosi e quindi anche la relativa pastorale vocazionale, la formazione iniziale e permanente e poi anche le nuove forme di vita fraterna perché le comunità diminuiscono di numero e quindi bisogna trovare qualcosa di veramente nuovo. Poi c’è la missione dell’Ordine che è una missione particolare che riguarda i malati, i sofferenti, i bisognosi, i poveri: come attuarla? Con una gestione carismatica, con una integrazione religiosa dei collaboratori, con la trasmissione dei valori dell’Ordine alle persone che lavorano per noi.

 

D. – Come pensate di riattualizzare il messaggio di San Giovanni di Dio?

 

R. – Noi lo riattualizziamo proprio attraverso il coinvolgimento di tutti i nostri collaboratori che molte volte sono collaboratori molto vicini a noi, quindi hanno sposato, in un certo senso, il nostro carisma. E quindi, noi responsabilizzeremo questi nostri collaboratori  nella conduzione delle nostre opere: ospedali, istituti vari per persone portatrici di handicap, asili notturni eccetera … in modo che l’Opera in genere non perda la sua caratteristica specifica dei Fatebenefratelli: perché il carisma di carità, il carisma di assistenza, il carisma di ospitalità portato avanti da Giovanni di Dio nel 1500, possa continuare anche oggi.

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PRIMA ASSOLUTA DELL’ORATORIO “RESURREXI” DI ALBERTO COLLA

E ROBERTO MUSSAPI QUESTA SERA AL TEATRO FILARMONICO DELL’ARENA

DI VERONA IN OCCASIONE DEL IV CONVEGNO ECCLESIALE

- Con noi il maestro Colla, mons. Mogavero della CEI e il sovrintendente Orazi -

 

Un nuovo Oratorio sacro, per tradurre in musica il tema del IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”. Resurrexi è l’opera che la Fondazione Arena di Verona e la CEI hanno commissionato al compositore Alberto Colla e al poeta Roberto Mussapi, in programma questa sera al Teatro Filarmonico, con replica giovedì 19 e il 21 alla Basilica di San Marco a Milano. Il servizio di A.V..

 

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(musica)

        

Dopo anni di sperimentalismo e avanguardia, la musica contemporanea torna a rivolgersi a un ampio pubblico, e al tempo stesso ad affrontare temi elevati, ma diffusi nel sentimento popolare, come il sacro. Questo avviene nel “Resurrexi” di Alberto Colla. Ascoltiamolo.

 

R. - Confrontarsi con il sacro è ancora un discorso diverso perché oggi la musica contemporanea cerca di ritrovare questo nesso, che poi è fondamentale. In fondo la musica è espressione di emozioni, espressione di un qualcosa che va al di là delle parole e quindi inesorabilmente, deve essere indirizzata a qualcuno.

 

Mons. Domenico Mogavero, sottosegretario della CEI, spiega le ragioni della committenza:

 

R. - Si è voluto affiancare ai momenti classici di un Convegno, un’iniziativa che avesse anche un interesse ulteriore e che potesse rappresentare sia un ampliamento del messaggio, sia anche una prosecuzione nel dopo perché un’opera, indubbiamente, non finisce nel momento in cui viene eseguita ma viene consegnata come patrimonio culturale a destinatari che oggi possiamo solo preventivare o ipotizzare. Probabilmente, il discorso potrebbe avere un seguito che abbia il valore di un festival, di una rassegna del sacro.

 

La musica è parte integrante della riflessione religiosa, così come il sacro è tra gli indirizzi artistici dell’Arena di Verona, per il Sovrintendente Claudio Orazi:

 

R. - Questa piece è inserita a tutto tondo dentro la settimana del Convegno. E’ un momento in se stesso di studio di compenetrazione delle problematiche è di ascolto allo stato puro. Ci dà la possibilità di ricercare, di innovare il modo di fare la musica, dentro il solco di un’idea che si andava a fare del teatro musicale.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

17 ottobre 2006

 

 

OGGI LA CHIESA RICORDA SANT’IGNAZIO D’ANTIOCHIA,

VESCOVO E MARTIRE DEL II SECOLO, CONSIDERATO UN PILASTRO

DELLA CHIESA PRIMITIVA, INCENTRATA SULL’EUCARISTIA

 

ROMA. = “Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo”: queste, le celebri parole che Sant’Ignazio d’Antiochia, di cui oggi la Chiesa fa memoria, scrisse ai Romani mentre era in viaggio verso l’Urbe, dove fu martirizzato nel 107. Secondo successore di Pietro come vescovo di Antiochia, in Siria, Ignazio è considerato un pilastro della Chiesa primitiva, incentrata sull’Eucaristia. Uomo di ingegno acutissimo e pastore ardente di zelo, i suo discepoli dicevano di lui che era “di fuoco”, e non solo per il nome, visto che “ignis” in latino significa fuoco. Arrestato e condannato a essere sbranato dalle fiere durante la persecuzione di Traiano, Ignazio partì alla volta di Roma, dove si allestivano manifestazioni in onore dell’Imperatore vittorioso in Dacia, nel corso delle quali, per fare spettacolo, i cristiani dovevano lottare contro animali feroci. Durante il viaggio, lungo e penoso, il vescovo di Antiochia scrisse sette lettere alle comunità locali, in cui raccomandava ai fedeli di fuggire il peccato, di guardarsi dagli errori degli Gnostici e, soprattutto, di mantenere l’unità della Chiesa. Ignazio ebbe una concezione Eucaristica del martirio: lo considerava un prolungamento del sacramento del sacrificio di amore di Cristo celebrato nell’Eucaristia. Per questo, ai cristiani di Roma scrisse di non intervenire in suo favore e di non provare a salvarlo dal martirio. E giunto a Roma, fu veramente “macinato” dalle innocenti belve del circo, per le quali Ignazio trovò espressioni di tenerezza e poesia: “Accarezzatele – scriveva, infatti – affinché siano la mia tomba e non facciano restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno”. (R.M.)

 

 

DRAMMATICO INCIDENTE A ROMA TRA DUE TRENI

DELLA LINEA A DELLA METROPOLITANA. IL BILANCIO, ANCORA PROVVISORIO,

E’ DI UN MORTO E 140 FERITI, TRA CUI 6 GRAVI

 

ROMA. = In Italia, la rete metropolitana di Roma è stata teatro, stamani, di un drammatico incidente: due convogli della Linea A, diretti verso la stazione Termini, si sono scontrati nella stazione di piazza Vittorio Emanuele. Il bilancio, ancora provvisorio, è di un morto, una donna di 30 anni, mentre è stata smentita la notizia del decesso del macchinista di uno dei due convogli. I feriti sono almeno 140, tra cui 6 gravi. In base alle prime ricostruzioni, un treno in corsa non avrebbe rispettato il semaforo rosso, tamponando così un altro convoglio che era fermo alla stazione di piazza Vittorio Emanuele. L’impatto è stato molto violento, tanto che testimoni oculari parlano di un treno entrato dentro l’altro per circa due metri. Ancora ignote le cause dell’incidente, forse da attribuirsi a una centralina guasta. Immediati i soccorsi e in circa mezzora tutti i feriti sono stati portati in superficie e quelli più gravi ricoverati in sette ospedali romani. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, giunto sul posto, come il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, ha detto di "aver chiesto spiegazioni alla società Met.Ro”. Intanto, si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà e di cordoglio, come quella del presidente italiano, Giorgio Napolitano, che ha espresso “vicinanza ai numerosi feriti”. Anche la diocesi di Roma si è detta “profondamente colpita e commossa per l’accaduto”. In un comunicato, a nome del cardinale vicario Camillo Ruini, che si trova a Verona per il Convegno Ecclesiale Nazionale, “invita i fedeli alla preghiera” e affida “all’amore infinito di Dio la salvezza eterna delle persone decedute e la guarigione dei feriti, specialmente di quelli che sono in pericolo”. “Il Signore – si legge nella nota - protegga e benedica questa nostra amata città”. (R.M.)

 

 

“RIPORTARE I BAMBINI A SCUOLA DOPO UN’EMERGENZA O UNA GUERRA COSTITUISCE UNO DEI PASSI PIÙ IMPORTANTI DEL PROCESSO DI RICOSTRUZIONE”:

CON QUESTO PRESUPPOSTO, HA PRESO IL VIA IERI IN LIBANO LA “CAMPAGNA PER IL RITORNO A SCUOLA”, PROMOSSA DALL’UNICEF E DAL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

 

ANSARIEH. = Far tornare i bambini a scuola, dopo il cessate il fuoco che ha messo fine al conflitto in Libano: è questa la finalità della “Campagna per il ritorno a scuola”, che è stata lanciata ufficialmente ieri, presso la scuola pubblica danneggiata di Ansarieh, alla presenza del ministro dell’Istruzione libanese, Khaled Gabbani, e del rappresentante dell’UNICEF in Libano, Roberto Laurenti. “Riportare i bambini a scuola dopo un’emergenza o una guerra - ha commentato Laurenti - costituisce uno dei passi più importanti del processo di ricostruzione”. Attualmente, sono circa 300 le scuole libanesi che hanno subito danni parziali alle strutture. Per i bambini delle oltre 50 scuole completamente distrutte, le lezioni sono riprese nelle scuole dei villaggi vicini, facendo ricorso, quando necessario, ai doppi turni. Inoltre, molti istituti non danneggiati dalla guerra hanno dato accoglienza a sfollati. L’UNICEF sta fornendo materiali didattici a oltre 1.400 scuole, nonché il necessario per il funzionamento delle classi, tra cui lavagne, gessetti, orologi, penne e altri materiali scolastici. A più di 400 mila scolari, poi, si stanno distribuendo cartelle scolastiche con quaderni, matite, gomme da cancellare, pennarelli e righelli. In questo contesto, l’UNICEF sostiene anche la campagna “Formare gli addetti alla formazione”, diretta a educatori incaricati di trasmettere, a loro volta, le conoscenze necessarie ai maestri per occuparsi al meglio dei bambini colpiti dalla guerra, tra cui le capacità di riconoscere e gestire i sintomi di traumi emotivi, organizzare al meglio le classi e contribuire al recupero psico-sociale dei bambini. Promossi, infine, anche vasti programmi e campagne di informazione nelle scuole sul pericolo delle mine anti-uomo (R.M.)

 

 

IL MERCATO AFRICANO DELLA DROGA NON È PIÚ UNA REALTÀ MARGINALE,

MA È IL NUOVO “ELDORADO” DEL NARCOTRAFFICO MONDIALE:

E’ QUANTO DENUNCIA L’UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE PER LA LOTTA ALLA DROGA

 

ROMA. = Il mercato africano della droga è il nuovo “eldorado” del narcotraffico mondiale: è quanto denuncia l’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga (PNUCID), secondo cui la sostanza più consumata nel continente è la marijuana, di cui fanno uso 25 milioni di africani. Come riferisce l’agenzia Fides, i dati risultano ancor più preoccupanti se si pensa che, a livello relativo, il 5,8 per cento della popolazione adulta dell’Africa fa uso di marijuana, a fronte di una percentuale mondiale del 3,4 per cento. Segue il mandrax, una droga sintetica, diffusa soprattutto nell’Africa australe e che, al tempo dell’apartheid, era impiegata in Sudafrica nell’ambito della ‘guerra segreta’ condotta dai servizi del regime segregazionista. Oltre al mandrax, pare che sia molto ampio anche il consumo di medicinali rubati, come barbiturici o anfetamine. Accanto alle sostanze sintetiche, si stanno diffondendo sempre più sul mercato africano anche l’eroina e la cocaina, quest’ultima sotto forma di crack, che si ottiene aggiungendo bicarbonato di sodio e ammoniaca alla cocaina cloridrato. Se inizialmente il crack era una sostanza riservata alle élite, ora il suo consumo è diffuso in tutti gli strati sociali. Anche l’uso di eroina è in crescita, soprattutto nel regno dello Swaziland, piccola nazione dell’Africa meridionale, che costituisce ormai un punto di transito per gli stupefacenti provenienti dall’Asia meridionale, importati attraverso il Mozambico. Mentre negli anni ‘80 la droga arrivava dall’Africa verso l’Europa, ora la situazione si è rovesciata e l’interesse dei narcotrafficanti per il consumo locale è crescente. Risulta addirittura che il primo mercato unificato della regione sia proprio quello della droga. Le reti per lo spaccio degli stupefacenti risultano, tuttavia, ancora frammentarie e poco strutturate, costituite per lo più da immigrati clandestini, in Sudafrica, o da ex contrabbandieri. Il traffico di droga ha inoltre rappresentato una fonte di finanziamento per alcuni dei maggiori conflitti africani degli ultimi decenni, tra cui quelli in Angola, Mozambico, Liberia e Senegal. Il fenomeno riguarda purtroppo anche i bambini, soprattutto quelli di strada che, non potendo comprare crack o marijuana, utilizzano colle e solventi per inebriarsi. Un altro dato sconcertante concerne la somministrazione di marijuana e anfetamine per ‘infondere coraggio’ nei bambini soldato. Per questo, nei programmi per il reinserimento degli ex bambini soldato, si è dovuto pensare anche a una fase di disintossicazione da stupefacenti. (A.S.)

 

 

E’ NATO OGGI, NEGLI STATI UNITI, IL 300 MILIONESIMO CITTADINO AMERICANO:

E’ PROBABILMENTE FIGLIO DI IMMIGRATI

 

WASHINGTON. = Alle 7.46 di questa mattina, gli Stati Uniti hanno raggiunto la quota di 300 milioni di abitanti. Considerando i nati, i morti e gli immigrati, gli esperti calcolano che la popolazione nazionale cresca di un cittadino ogni 11 secondi. Il computo, però, non tiene conto degli immigrati clandestini. Probabilmente, affermano gli studiosi, il 300 milionesimo cittadino sarà un ispanico: negli Stati Uniti, infatti, il tasso di immigrazione è molto alto e i messicani sono il gruppo più numeroso. Da oggi, quindi, gli Stati Uniti sono il terzo Paese più popolato del mondo, dopo Cina e India. La quota 100 milioni era stata toccata nel 1915, mentre il raddoppio era avvenuto nel 1967. I ritmi di crescita demografica si sono accelerati. Infatti, se per passare da 100 a 200 milioni di abitanti ci sono voluti 52 anni, ne sono trascorsi solo 39 per raggiungere la soglia di 300 milioni e si stima che la popolazione americana toccherà i 400 milioni tra soli 37 anni, nel 2043. Date le estese dimensioni del territorio, la densità di popolazione è ancora di gran lunga inferiore rispetto a quella europea. D’altra parte, l’area occupata da abitazioni si sta espandendo notevolmente, sia a causa del fatto che sempre più persone vivono da sole, sia perché si costruiscono case sempre più grandi. Esistono però anche dati preoccupanti: gli statunitensi, infatti, pur costituendo solo il cinque per cento della popolazione mondiale, consumano il 25 per cento delle risorse ed emettono un quarto dei gas inquinanti nell’atmosfera, contribuendo così notevolmente all’effetto serra e all’innalzamento della temperatura del pianeta. (A.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 ottobre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco  -

 

La Corea del Nord si prepara ad effettuare un nuovo test atomico, nonostante le sanzioni imposte sabato scorso dalle Nazioni Unite. Lo ha rivelato il governo giapponese precisando di avere indizi che confermerebbero l’imminenza dell’esperimento. La Corea del Nord, intanto, continua a lanciare duri moniti contro la comunità internazionale. Il nostro servizio:

 

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La prima reazione ufficiale nordcoreana dopo le sanzioni decise dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite conferma la linea dura del governo di Pyongyang: le misure adottate dall’ONU dopo il test nucleare – si legge in un comunicato del Ministero degli esteri nordcoreano – sono “una dichiarazione di guerra” e la Corea del Nord colpirà chiunque violi la propria sovranità. Il regime di Kim Jong Il sostiene, inoltre, che l’aver sperimentato una bomba atomica rientra “nell'esercizio dei propri diritti legittimi e indipendenti di Stato sovrano”. Gli appelli della comunità internazionale e le sanzioni dell’ONU non sembrano poi in grado di dissuadere il Paese asiatico neanche dal proposito di condurre un nuovo esperimento nucleare. Secondo il ministro degli Esteri giapponese e i Servizi di intelligence americani, diversi indizi fanno temere un secondo e imminente esperimento nucleare da parte della Corea del Nord. Parlando di “tempismo politico”, alcuni osservatori ritengono che il nuovo test, dopo quello compiuto lo scorso 9 ottobre nel giorno della designazione ufficiale del sudocreano Ban Ki-Moon a segretario generale dell’ONU, potrebbe avvenire giovedì prossimo, quando il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, sarà in visita a Seul. Alla rigida posizione nordcoreana si contrappone infine la linea, altrettanto dura, dell’amministrazione statunitense: il presidente George Bush ha ribadito il proprio “no” ad un dialogo bilaterale con la Corea del Nord, ritenendo che la pressione internazionale imporrà al leader nordcoreano Kim Jong Il di “fare delle scelte” e porterà ad una soluzione pacifica della vicenda.

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La comunità internazionale non si ferma davanti alla violenza che ha colpito negli ultimi mesi lo Sri Lanka. Il mediatore norvegese, Jon Hanssen-Bauer, torna oggi nel Paese asiatico per assicurare che le trattative di pace – previste in Svizzera per il prossimo 28 ottobre – possano svolgersi regolarmente tra governo di Colombo e separatisti Tamil. Ieri, lo Sri Lanka è stato funestato dal più sanguinoso attentato suicida della sua storia, con almeno 103 soldati uccisi e oltre 150 feriti per l'esplosione di un camion bomba a Dambulla, nel nord-est del Paese. L’aviazione di Colombo ha risposto bombardando una base dei ribelli nella penisola di Jaffna. La situazione tra autorità dello Sri Lanka e Tamil si è deteriorata a partire dal novembre del 2005, quando l’attuale presidente, Mahinda Rajapakse, escluse la concessione dell'autonomia allo Stato autonomo Tamil rivendicato dalle Tigri. Ma era prevedibile un aggravarsi delle tensioni? Giada Aquilino lo ha chiesto alla professoressa Marzia Casolari, docente di Relazioni internazionali dell’Asia orientale all’Università di Forlì:

 

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R. - Credo fosse prevedibile, nel senso che esattamente un anno fa ha vinto le elezioni un’alleanza di forze più estremiste, contraria ad addivenire ad un qualsiasi accordo con la minoranza Tamil, che preveda anche soltanto una soluzione federalista per lo Sri Lanka. Negli anni passati, un principio di cessate-il-fuoco era stato costruito - tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002 - dall’allora primo ministro, Ranil Wickramasinghe. Lui rappresentava la parte più possibilista, più moderata dell’elettorato, favorevole a scendere a patti con i Tamil e a concedere loro un certo grado di autonomia nella forma di uno Stato federale.

 

D. - Adesso è cambiata questa linea politica?

 

R. - E’ cambiata, sì, perché l’allora presidente, Chandrika Kumaratunga - che comunque era su posizioni antitetiche rispetto a Wickramasinghe - non è stata più rieletta e al tempo stesso ha vinto le elezioni uno schieramento politico con posizioni assolutamente diverse sia rispetto a quelle della Kumaratunga, sia rispetto a quelle di Wickramasinghe: è vero che la Kumaratunga era lei stessa contraria a conferire allo Sri Lanka una configurazione federalista, però aveva un atteggiamento sicuramente più aperto rispetto a quello seguito oggi.

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In Iraq, la polizia ha rivelato che più di 70 corpi sono stati rinvenuti ieri in diverse zone della capitale irachena. Almeno 40 cadaveri sono stati ritrovati nell’ovest di Baghdad, popolato in maggioranza da sunniti, e i rimanenti nell’est, in prevalenza sciita. A Baghdad, intanto, è ripreso questa mattina il processo per lo sterminio di 180 mila curdi iracheni alla fine degli anni ‘80, nel quale è imputato l’ex presidente Saddam Hussein, suo cugino Ali Hassan al Majid e altri quattro ex funzionari del deposto regime.

 

Almeno 10 taleban sono stati uccisi in un’operazione congiunta della NATO e della coalizione internazionale, lanciata nel sud dell’Afghanistan. Lo ha annunciato la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza dell’Alleanza atlantica, precisando che “aerei di una coalizione guidata dagli Stati Uniti hanno supportato all’alba un’offensiva terrestre di militari nella provincia di Uruzgan”.

 

E’ salito ad almeno tre il numero dei palestinesi rimasti uccisi in seguito alla battaglia scoppiata in mattinata a Qabatiyah, villaggio della Cisgiordania settentrionale situato poco a sud-ovest di Jenin. Le vittime degli scontri tra estremisti e soldati israeliani sono due civili e un giovane militante della Jihad islamica.

 

Italia, Belgio, Indonesia e Sudafrica diventano membri non permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU per il biennio 2007-2008. Lo ha confermato il portavoce dell’Assemblea generale del Palazzo di Vetro. I quattro Paesi dal primo gennaio 2007 prenderanno il posto di Danimarca, Grecia, Giappone e Tanzania. I nuovi membri non permanenti entrano nel Consiglio di Sicurezza per i prossimi due anni insieme ai cinque permanenti (Russia, Cina, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna) e ad altri cinque membri non permanenti già eletti (Congo, Ghana, Perù, Qatar e Slovacchia).

 

Il primo ministro della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, è stato ricoverato in un ospedale di Ankara a causa di un malore. Erdogan avrebbe dovuto partecipare ad una riunione del suo partito. Secondo quanto riferito dalle emittenti tv locali, all'origine del malore potrebbe esserci un abbassamento della pressione arteriosa.

 

In Sudafrica, 14 deputati hanno pubblicamente ammesso di aver gonfiato le proprie spese di viaggio a spese dei contribuenti, per una truffa che ammonterebbe a 3 milioni di dollari. Dichiarandosi colpevoli, i 14 imputati hanno potuto evitare la prigione grazie a sospensioni delle pene o a commutazione delle stesse in pene pecuniarie. Non è ancora chiaro se i parlamentari dovranno dimettersi, mentre altri 5 deputati saranno sentiti nei prossimi giorni dall’unità anticorruzione della polizia sudafricana.

 

 

 

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