RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 288 - Testo della trasmissione di Domenica 15 ottobre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI ha proclamato quattro nuovi santi: un vescovo messicano, un sacerdote napoletano e due religiose, una francese, l’altra italiana. Hanno abbandonato tutto per amare Gesù nei più poveri: la logica del dono e del servizio – ha detto il Papa - è l’unica che salva il mondo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Inizia domani pomeriggio a Verona il Convegno nazionale della Chiesa italiana per ridare speranza al Paese: intervista con mons. Bruno Forte

 

La testimonianza di Muhammad Yunus, premiato col Nobel per la pace per aver rivoluzionato le regole del credito col metodo: “più sei povero e più hai diritto ad avere un prestito”

 

Xenofobia in crescita in Italia: l’allarme è stato lanciato dal relatore speciale dell’ONU che ha redatto un rapporto su questo tema: con noi Doudou Diène

 

In Algeria la violenza torna a scuotere le regioni berbere: ce ne parla Luciano Ardesi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Domani sera, a Roma, una marcia per ricordare la deportazione degli ebrei dal ghetto il 16 ottobre 1943

 

In India, conferito al padre gesuita Cedric Prakash il Premio nazionale per i diritti delle minoranze 2006

 

I bambini nepalesi sono vittime di violenze nascoste: lo denuncia un rapporto dell’ONU

 

In Pakistan, preoccupa la diffusione della febbre di dengue

 

Allarme dell’UNESCO per le inondazioni in Thailandia

 

Annunciati, ieri sera a Trento, i vincitori della nona edizione del Festival cinematografico Religion Today

 

24 ORE NEL MONDO:

Incursioni israeliane a Gaza: morti 22 palestinesi in 48 ore

 

L’ONU vara sanzioni morbide contro la Corea del Nord dopo l’annuncio del test nucleare

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 ottobre 2006

 

 

IL PAPA HA PROCLAMATO QUATTRO NUOVI SANTI: UN VESCOVO MESSICANO,

UN SACERDOTE NAPOLETANO E DUE RELIGIOSE, UNA FRANCESE, L’ALTRA ITALIANA. HANNO ABBANDONATO TUTTO PER AMARE GESU’ NEI PIU’ POVERI:

LA LOGICA DEL DONO E DEL SERVIZIO E’ L’UNICA CHE SALVA IL MONDO

 

La Chiesa ha quattro nuovi Santi. Li ha proclamati questa mattina Benedetto XVI durante una solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro alla presenza di circa 40 mila fedeli: sono il vescovo messicano Rafael Guízar y Valencia, il sacerdote napoletano Filippo Smaldone, e due religiose, l’italiana Rosa Venerini e la francese Théodore Guérin. Hanno abbandonato tutto per seguire Gesù – ha detto il Papa – amandolo nei più poveri e nei sofferenti, in mezzo a difficoltà e persecuzioni, totalmente affidati alla Divina Provvidenza. Il Servizio di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa all’inizio della sua omelia parla di un santo mancato: un uomo che si limitava ad osservare i comandamenti. Prendendo spunto dal Vangelo odierno spiega il “no” del giovane ricco a Gesù che lo aveva invitato a vendere tutte le sue ricchezze per seguirlo. Il rifiuto provoca però una grande tristezza:

 

“Se l’uomo ripone la sua sicurezza nelle ricchezze di questo mondo non raggiunge il senso pieno della vita e la vera gioia; se invece, fidandosi della parola di Dio, rinuncia a se stesso e ai suoi beni per il Regno dei cieli, apparentemente perde molto, in realtà guadagna tutto. Il Santo è proprio quell’uomo, quella donna che, rispondendo con gioia e generosità alla chiamata di Cristo, lascia ogni cosa per seguirlo”.

 

“I nuovi Santi – afferma il Papa - hanno percorso questo esigente, ma appagante itinerario evangelico ed hanno ricevuto ‘il centuplo’ già nella vita terrena insieme con prove e persecuzioni, e poi la vita eterna.  Gesù, dunque – ha spiegato il Pontefice - può veramente garantire un’esistenza felice e la vita eterna, ma per una via diversa da quella che immaginava il giovane ricco: non cioè mediante un’opera buona, una prestazione legale, bensì nella scelta del Regno di Dio quale ‘perla preziosa’ per la quale vale la pena di vendere tutto ciò che si possiede”:

 

“Il giovane ricco non riesce a fare questo passo. Malgrado sia stato raggiunto dallo sguardo pieno d’amore di Gesù, il suo cuore non è riuscito a distaccarsi dai molti beni che possedeva. Ecco allora l’insegnamento per i discepoli:Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!’. Le ricchezze terrene occupano e preoccupano la mente e il cuore. Gesù non dice che sono cattive, ma che allontanano da Dio se non vengono, per così dire,investite’ per il Regno dei cieli, spese cioè per venire in aiuto di chi è nella povertà”.

 

“Comprendere questo – ha aggiunto Benedetto XVI - è frutto” della “Sapienza del cuore” che “non è riducibile alla sola dimensione intellettuale” ma che “è un dono che viene dall’alto … e si ottiene con la preghiera”. Questa sapienza “è più preziosa dell’argento e dell’oro, anzi della bellezza, della salute e della stessa luce”. Per questo – sottolinea il Papa “perentrare nella vita’ è necessario osservare i comandamenti … ma non sufficiente!”, perchè “la salvezza non viene dalla legge, ma dalla Grazia” di Cristo “il quale però a chi gli si rivolge pone una condizione esigente: ‘Vieni e seguimi’”. “I santi – ha proseguito - hanno avuto l’umiltà e il coraggio di rispondergli ‘sì’, e hanno rinunciato a tutto per essere suoi amici”, come il vescovo messicano Rafael Guízar y Valencia. E’ il primo vescovo dell’America Latina ad essere canonizzato. Ha operato nel Messico all’inizio del 1900, quando infuriava la persecuzione contro i cattolici. Ha sofferto l’esilio, ha rischiato di essere ucciso, ma non ha mai smesso di annunciare il Vangelo. Era chiamato il “Vescovo dei poveri”:

 

“IMITANDO A CRISTO POBRE SE DESPRENDIÓ DE SUS BIENES Y NUNCA ACEPTÓ REGALOS DE LOS PODEROSOS…

Imitando Gesù Cristo povero, si liberò dei suoi beni e non accettò mai regali dai potenti, oppure li ridonava a sua volta in seguito. Perciò ricevette ‘cento volte di più e poté così aiutare i poveri, anche in mezzo a ‘persecuzioni’ senza tregua”.

 

Il sacerdote napoletano Filippo Smaldone, vissuto tra il 1800 e il 1900, fondatore della  Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori, aveva un “cuore grande – ha detto il Papa - nutrito di costante preghiera e di adorazione eucaristica” e ha operato in particolare a sostegno dei sordomuti:

 

“Nei sordomuti San Filippo Smaldone vedeva riflessa l’immagine di Gesù, ed era solito ripetere che, come ci si prostra davanti al Santissimo Sacramento, così bisogna inginocchiarsi dinanzi ad un sordomuto. Raccogliamo dal suo esempio l’invito a considerare sempre indissolubili l’amore per l’Eucaristia e l’amore per il prossimo. Anzi, la vera capacità di amare i fratelli ci può venire solo dall’incontro col Signore nel sacramento dell’Eucaristia”.

 

Il Papa ha poi parlato della religiosa italiana Rosa Venerini vissuta tra il 1600 e il 1700, fondatrice della Congregazione delle Maestre Pie Venerini: ha operato contro i pregiudizi del suo tempo a favore dell’istruzione delle ragazze più povere, aprendo tra l’altro la prima scuola pubblica femminile in Italia. Ha vissuto ogni sofferenza in unione con la Passione di Gesù:

 

“Amava ripetere:Io mi trovo tanto inchiodata nella divina volontà, che non m’importa né morte, né vita: voglio vivere quanto egli vuole, e voglio servirlo quanto a lui piace e niente più’”.

 

Infine il Pontefice ha ricordato la religiosa francese Théodore Guérin, vissuta nel 1800, fondatrice della Congregazione delle Suore della Provvidenza di Santa Maria “Ad Nemus”. Con altre 5 consorelle partì per l’America nel 1840, a soli 25 anni, per fondare scuole cattoliche e orfanotrofi. Dopo un lungo viaggio per terra e per mare il gruppo delle sei suore giunse nell’Indiana:

 

“THERE THEY FOUND A SIMPLE LOG-CABIN CHAPEL IN THE HEART OF THE FOREST

Là esse fondarono una semplice cappella, semplice capanna di legno nel cuore della foresta. Si inginocchiarono davanti al Santissimo Sacramento e resero grazie, chiedendo che Dio guidasse la nuova fondazione. Con grande fiducia nella Divina Provvidenza, Madre Théodore superò molte difficoltà e perseverò nel lavoro che il Signore le aveva chiesto di fare”.

 

La testimonianza esemplare di questi nuovi santi – ha concluso il Papa - “illumini e incoraggi specialmente i giovani, perché si lascino conquistare da Cristo, dal suo sguardo pieno d’amore”, perché siano “pronti ad abbandonare tutto per il Regno di Dio; disposti a far propria la logica del dono e del servizio, l’unica che salva il mondo”.

 

All’Angelus il Papa ha salutato nelle varie lingue i tanti fedeli giunti in particolare dai Paesi dei nuovi santi. Benedetto XVI ha domandato l’intercessione della Vergine Maria “affinché ogni credente risponda con gioia e generoso impegno alla chiamata che Dio gli rivolge ad essere segno della sua santità”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 ottobre 2006

 

 

INIZIA DOMANI A VERONA IL CONVEGNO NAZIONALE ECCLESIALE

 DELLA CHIESA ITALIANA PER RIDARE SPERANZA AL PAESE

- Intervista con mons. Bruno Forte -

 

Inizia domani pomeriggio a Verona, con una Messa presieduta dal vescovo diocesano Flavio Roberto Carraro, il 4° Convegno Nazionale Ecclesiale della Chiesa italiana. Titolo di questo appuntamento “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”. Al centro dell’evento, la sfida di comunicare in modo rinnovato il Vangelo in un mondo che cambia. Dal nostro inviato Massimiliano Menichetti.

 

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Tutto è pronto nella città scaligera, dove domani nella splendida cornice dell’Arena si aprirà il 4° Convegno Ecclesiale Nazionale. Oltre 2700 tra Vescovi, delegati, relatori faranno il punto sul cammino della Chiesa e le sfide che la società di oggi propone. Il tema di questo appuntamento decennale “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo” si snoderà in cinque giornate attraverso la preghiera, gli incontri, le tavole rotonde, ma anche momenti di cultura e di aggregazione. Grande è l’attesa per l’arrivo del Papa che giovedì mattina incontrerà i partecipanti al Convegno nella sede dei lavori, la Fiera di Verona, poi nel pomeriggio lo spostamento allo Stadio Comunale dove presiederà la Santa Messa. Verona dunque raccogliendo il cammino dei precedenti incontri, l’ultimo a Palermo nel 2005, si accinge ad aprire le porte alla speranza salvifica di Cristo e si propone come volano per la spinta missionaria della Chiesa. Ma quali sono le aspettative per questo Convegno? Lo abbiamo chiesto a mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti Vasto:

 

R. - Nella storia della Chiesa italiana i convegni ecclesiali hanno assunto il significato di un momento di lancio ed insieme di rilancio della missione evangelizzatrice della Chiesa in Italia e ora veniamo al tema della speranza. Ci veniamo non solo perché in un certo senso la fede prima e la carità poi sono stati i grandi temi dei convegni precedenti, e quindi completiamo in un certo senso l’itinerario delle virtù teologali, ma anche in modo particolare perché l’analisi della situazione storica in cui si trova la cultura dell’Occidente in generale, e in particolare quella italiana, ci fa capire quanto ci sia bisogno di ragioni di vita e di speranza per tutti e in particolar modo per le giovani generazioni.

 

D. – Si raccolgono anche le sfide della società contemporanea. C’è un filo che ricuce tutto, questa nuova spinta missionaria?

 

R. - Certamente, perché le cose sono connesse. Ascoltare il tempo presente, gli scenari del tempo, gli scenari del cuore, questo bisogno straordinario di un orizzonte di senso e di speranza che non sia quello violento dell’ideologia ma che non sia neanche la rinuncia alla ricerca del senso e del significato proprio del relativismo e del nichilismo postmoderni, significa contemporaneamente annunciare Gesù Cristo ma annunciarlo alle donne e agli uomini di questa generazione, di questo contesto storico-culturale. Quindi il convegno diventa un esame di coscienza, una verifica del cammino ecclesiale ma diventa, senza dubbio, anche un esame approfondito del contesto culturale in cui ci poniamo, per trovare la coniugazione fra la salvezza e la storia, fra la parola da annunciare e le domande vere di coloro a cui va annunciato.

 

D. – Concretamente quali sono le maggiori difficoltà che incontra la Chiesa oggi?

 

R. - C’è il problema di evangelizzare i giovani, di far pervenire ai giovani il messaggio della speranza di Cristo, che poi è l’unico capace di dare senso e gioia profonda alla vita. Naturalmente insieme alla sfida dei giovani c’è la sfida delle famiglie che riguarda proprio la consistenza del tessuto della vita famigliare nel nostro Paese. Anche l’Italia sta conoscendo i fenomeni ormai tipici dell’Occidente di crisi della famiglia-istituzione, ma questa non è una buona ragione per abbandonare il modello della famiglia che invece è il modello fondativo della società e della Chiesa. Poi ci sono i grandi temi dello scenario mondiale, i temi del dialogo interreligioso, i temi della giustizia e della pace. Ecco, mi sembra che questi siano i grandi orizzonti su cui dovremo insieme rilanciare l’impegno missionario della Chiesa in Italia.

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LA TESTIMONIANZA DI MUHAMMAD YUNUS, PREMIATO COL NOBEL PER LA PACE

PER AVER RIVOLUZIONATO LE REGOLE DEL CREDITO:

PIU’ SEI POVERO E PIU’ HAI DIRITTO AD AVERE UN PRESTITO”

 

Tra le tante manifestazioni di felicitazione, “vivi complimenti” sono giunti al vincitore del premio Nobel per la pace 2006, Muhammad Yunus, dalla Commissione europea che sottolinea di condividere l’idea di sviluppo del cosiddetto “banchiere dei poveri”. Il servizio di Fausta Speranza.

 

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 Yunus è un economista, nato 66 anni fa nella poverissima Chittagong, che per anni ha insegnato negli Stati Uniti e oggi viene premiato per il suo progetto della Grameen Bank, la banca del microcredito per i più poveri avviata 30 anni fa. Di fatto dal 1983 la sua 'Banca rurale' (questo il significato, in lingua bangla, del termine 'Grameen’) funziona come qualsiasi altra banca: apre sportelli, crea utili e, fatto rilevante, vanta un recupero di crediti pari al 98%, quanto cioè ben pochi altri istituti di credito possono vantare. In Bangladesh ha oltre 6 milioni di clienti, opera in più di 17.000 villaggi ed ha quasi 19.000 dipendenti. Più difficile calcolare quante - tantissime – famiglie sono uscite dalla miseria e dalla povertà grazie al progetto che solo qualche anno fa poteva sembrare utopistico.  Scegliamo di riproporre un’intervista realizzata con lo stesso Muhammad Yunus dal programma inglese della nostra emittente nel 1995. Chiarisce la teoria economica su cui il Nobel per la pace ha scommesso e testimonia come la stessa filosofia, identica negli anni, abbia tuttora ancora una portata rivoluzionaria:

 

R. – PEOPLE ARE SUFFERING…

Le persone soffrono, hanno fame e vivono in un terribile caos. Quindi, ho cercato di venirne fuori. E’ un’economia alla quale non credo e che non posso insegnare ai miei studenti. Io voglio trovare un’economia in cui credere. Lungo questo percorso ho visto le persone soffrire per pochi soldi e ho visto quanto crescano i prestiti. Lavorano per i creditori, non per se stessi. Penso che questo sia sbagliato. Perchè le Banche dovrebbero dare prestiti a persone che sono già ricche? Le Banche sono costruite secondo un principio per il quale più hai e più puoi ottenere. Se non hai niente, non ti danno niente. Persino divertente. Ma nessuno se lo domanda. Noi solleviamo il problema e stravolgiamo la lezione, dicendo: meno hai e più hai diritto di avere un prestito. Se non hai niente, hai ancora più diritto. E ha funzionato. Grameen Bank non è altro che questo. Dicevano che le donne non sapevano maneggiare i soldi. Noi abbiamo deciso di scoprirlo. Il 95 per cento dei richiedenti un prestito, in Bangladesh, sono donne e nessuno può dire che siano ‘povere richiedenti’. Hanno fatto un lavoro eccellente. Quindi, tutte le cose che ci sono state raccontate del sistema bancario sono state rivoltate. Con questo voglio dire che devono essere costruite delle istituzioni che facciano affari, non carità. Sto dicendo che il credito è un diritto umano, non che lo sia la carità. Devono essere date delle possibilità, devono essere costruite delle istituzioni, per dare la possibilità a tanta gente di vivere da esseri umani completi, invece di farli vivere come degli esseri umani rinchiusi negli zoo, in cui ogni giorno si è sfamati. Gli esseri umani non sono animali rinchiusi in uno zoo: sono persone creative e bisogna liberare la creatività. Le persone contano. Quindi, bisogna controllare il budget quanto vuoi, ma ricreare le istituzioni che favoriscono la povertà. La povertà non è stata creata dai poveri: la povertà è stata creata dalle istituzioni. Quindi, dobbiamo concentrarci su di esse e la povertà scomparirà e nessuno avrà bisogno del welfare.

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XENOFOBIA IN CRESCITA IN ITALIA: L’ALLARME E’ STATO LANCIATO

DAL RELATORE SPECIALE DELL’ONU CHE HA REDATTO UN RAPPORTO

 SU QUESTO TEMA

- Intervista con Doudou Diène -

 

Soddisfazione per le modifiche proposte dal Governo italiano alla legge sull’immigrazione Bossi-Fini, ma preoccupazione per la crescente tendenza della società alla xenofobia. Questi i punti principali contenuti nel Rapporto della Nazioni Unite sul razzismo e discriminazione in Italia, redatto dal relatore speciale Doudou Diène, a conclusione della sua missione nel Paese. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, non presenta preoccupanti segnali di razzismo. Tuttavia, la situazione riscontrata dal relatore speciale dell’ONU Doudou Diène, in 5 giorni d’indagini nel Paese, è quella di una società in cui la xenofobia appare pericolosamente in crescita, così come gli episodi di discriminazione verso gli stranieri dimostrano. Obiettivo del relatore speciale, esperto indipendente delle Nazioni Unite invitato dal governo italiano della scorsa legislatura, era quello di raccogliere dati da presentare al Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e all'Assemblea generale ONU. Doudou Diène ha visitato per prima cosa alcuni centri di accoglienza per immigrati, tra i quali quello di Lampedusa. Ecco la sua testimonianza:

 

“Ho potuto seguire tutto il percorso dei migranti dal momento dello sbarco a quello dell’accoglienza nel Centro di Permanenza Temporanea (CPT). E’ evidente che il nuovo governo italiano sta intraprendendo dei passi diretti a far sì che in questi posti la dignità ed i diritti degli immigrati vengano sempre più rispettati. Tuttavia, penso che questo miglioramento sia dovuto oltre che alla volontà politica del governo anche alla presenza molto attiva delle organizzazioni umanitarie internazionali e nazionali in questi luoghi. Certamente il dramma dell’immigrazione resta”.

 

Non mancano le preoccupazioni per il trattamento che richiedenti asilo e rifugiati ricevono in Italia in nome di malintese norme sulla sicurezza e il terrorismo. L’allarme sociale nei confronti degli stranieri – ritiene Dièneè dovuto poi al modo strumentale con cui i partiti politici presentano le questioni dell’immigrazione:

 

“Il modo in cui alcuni atteggiamenti razzisti e xenofobi di alcuni partiti contaminano progressivamente i programmi dei partiti democratici e le alleanze che in occasione della formazione dei governi vengono strette con partiti di estrema destra in tutta Europa, più recentemente in Italia, rischiano di dare una base di legittimità alla sempre più dilagante xenofobia della società.”

 

Di qui le raccomandazioni al governo italiano affinché vengano elaborati programmi d’azione finalizzati ad un miglioramento degli standard sui diritti umani in materia di immigrati, ma anche di sensibilizzazione dell’opinione pubblica in materia di multiculturalismo.

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IN ALGERIA LA VIOLENZA TORNA A SCUOTERE LE REGIONI BERBERE

- Intervista con Luciano Ardesi -

 

Torna la violenza in Cabilia, la regione dell'Algeria settentrionale, già teatro negli anni scorsi di forti proteste in difesa dei diritti delle popolazioni berbere. È stato infatti assassinato il presidente dell'Assemblea popolare della prefettura di Tizi Ouzou, membro del Fronte delle forze socialiste. Non è ancora chiaro se si sia trattato di un regolamento di conti o di un'azione del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, legato ad Al Qaeda. Dall’inizio del Ramadan, in Algeria ci sono stati diversi morti tra agenti della gendarmeria, miliziani islamici e civili. Ricordiamo che in Algeria la minoranza berbera costituisce il 26% della popolazione di fronte al 74% della maggioranza araba. Ma perché questa recrudescenza della violenza, che ora ha colpito anche la Cabilia? Giada Aquilino lo ha chiesto a Luciano Ardesi, della Lega per i diritti dei popoli ed esperto di questioni algerine:

 

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R. - La violenza non è mai cessata in questi anni, ci sono stati diversi attentati e poi, a questa violenza del terrorismo fondamentalista, si era aggiunto, a partire dall’anno 2000, una forte rivendicazione popolare di autonomia berbera in questa regione molto povera dell’Algeria. Le due violenze, in qualche modo, si sono sommate, talvolta anche confuse.

 

D. – Il presidente dell’Assemblea popolare di Tizi Ouzou era un oppositore della politica di riconciliazione voluta dal presidente Bouteflika. Che risultati ha portato fino ad oggi tale linea seguita dal capo di Stato?

 

R. – Ci sono stati diversi provvedimenti. L’ultimo è quello che è scaduto alla fine di agosto e che ha portato alla resa di circa 300 guerriglieri e all’inizio di indennizzazione dei familiari delle vittime di questi anni di violenza, quelli che la legge chiama appunto “la tragedia nazionale” dell’Algeria, che ha fatto oltre 100 mila morti.

 

D. – Il politico assassinato perché era un oppositore della politica di Bouteflika?

 

R. – L’opposizione della Cabilia è molto complessa e condotto da forze diverse. Il Fronte delle forze socialiste (FFS), a cui appartiene l’uomo politico assassinato, era contrario soprattutto alla politica del governo e al fatto che il governo avesse, in qualche modo, “strizzato l’occhio” anche ai fondamentalisti.

 

D. – Dalla questione berbera alle azioni dei gruppi vicini ad Al Qaeda, alla Cabilia, che situazione vive in questi anni?

 

R. – La Cabilia non è mai stata risparmiata dal terrorismo e ha vissuto, forse più di altre regioni, le contraddizioni di questa situazione, forse meno colpita nelle azioni violente, ma comunque sempre più emarginata rispetto al dibattito politico nazionale. E quando si parlava di quale ruolo dovesse avere l’Islam nel Paese, nella politica del Paese, sono state dimenticate completamente le radici berbere, non solo di questa regione ma di tutto il Paese. In qualche modo la rivendicazione cabila ha cercato di far capire a tutto il Paese che la diversità di origine, di cultura, poteva essere anche un’occasione per rafforzare la diversità politica ed ideologica nel Paese stesso.

 

D. – Ed oggi dove va?

 

R. – C’è stato un accordo con il governo affinché venga riabilitata la lingua berbera, possa essere insegnata, utilizzata nei mass-media, possano essere fatti consistenti investimenti nello sviluppo, perché ricordiamo che poi, alla base di questa rivendicazione, c’era anche una motivazione materiale ed economica e poi, quello di trovare uno spazio istituzionale a questo movimento di protesta politica che si è manifestato al di fuori del sistema tradizionale dei partiti.

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CHIESA E SOCIETA’

15 ottobre 2006

 

 

DOMANI SERA, A ROMA, UNA MARCIA PER RICORDARE LA DEPORTAZIONE DEGLI EBREI DAL GHETTO IL 16 OTTOBRE 1943. L’INIZIATIVA È PROMOSSA DALLA COMUNITÀ

DI S. EGIDIO E DALLA COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA


ROMA. = Per non dimenticare il tragico 16 ottobre del 1943, Roma commemorerà domani sera gli ebrei vittime della razzia del ghetto di Roma con una marcia silenziosa, dal titolo: “Non c’è futuro senza memoria”. Il “pellegrinaggio della memoria”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità ebraica di Roma, si snoderà a ritroso da piazza di S. Maria in Trastevere, lungo il percorso dei deportati, che dal ghetto furono condotti al collegio militare di Trastevere, prima di essere imprigionati nei treni con destinazione Auschwitz. Giunti poi a Largo 16 ottobre 1943, accanto alla Sinagoga, prenderanno la parola, tra gli altri, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Amos Luzzatto, Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio e il cardinale Walter Kasper, in qualità di presidente della Pontificia Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo. Al termine della manifestazione, seguirà la proiezione del documentario realizzato da Sergio Zavoli, dal titolo: “Piazza Giudia”. Inoltre, Zavoli e Massimo Rendina, presidente dell’ANPI, associazione nazionale partigiani del Lazio, dialogheranno sui tragici fatti avvenuti in quei luoghi nel 1943. Seguirà il concerto organizzato dalla Fondazione Archivio Nazionale Ricordo e Progresso “Le porte della memoria”. (R.M.)

 

 

IN INDIA, CONFERITO AL PADRE GESUITA CEDRIC PRAKASH IL PREMIO NAZIONALE

PER I DIRITTI DELLE MINORANZE 2006

 

NEW DELHI. = In India, il padre gesuita Cedric Prakash ha ricevuto un premio dalla Commissione per le minoranze (NCM) in riconoscenza del suo attivo impegno in difesa dei loro diritti. Il riconoscimento gli verrà consegnato il prossimo 18 dicembre, Giornata nazionale delle minoranze, che coincide con l’anniversario della Dichiarazione ONU sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali, etniche, religiose e linguistiche. Padre Prakash è attualmente direttore del Centro dei Gesuiti per la giustizia e la pace “Prashant” di Ahmedabad, da lui fondato nel 2001, e coordinatore della sezione provinciale dell’Ufficio per lo sviluppo sociale integrale che promuove iniziative di sviluppo, giustizia e pace nello Stato indiano del Gujarat. Assiduo e coraggioso difensore dei diritti umani, in questi anni padre Prakash ha ripetutamente denunciato gli eccessi del fondamentalismo indù contro le minoranze in India, in particolare contro i cristiani e i musulmani nel Gujarat. Un’attività che gli ha procurato fastidi dalle autorità locali, ma anche prestigiosi riconoscimenti. L’ultimo in ordine di tempo è il titolo di  Cavaliere della Legion d’Onore  francese, conferitogli il 14 luglio scorso. (L.Z.)

 

 

I BAMBINI NEPALESI SONO VITTIME DI VIOLENZE NASCOSTE: LO DENUNCIA

UN RAPPORTO DELL’ONU, CHE PARLA DI ABUSI E MALTRATTAMENTI

ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA

 

KATHMANDU. = I bambini nepalesi sono oggetto di violenze tremende, “spesso nascoste e addirittura socialmente accettate”. Lo denuncia un rapporto dell’ONU, presentato a Kathmandu giovedì scorso. Dallo studio – riferisce l’Agenzia AsiaNews – emerge che l’8 per cento delle ragazze e il 6 per cento dei ragazzi intervistati “sono oggetto di disgustosi abusi da parte dei loro stessi familiari”. “I bambini maltrattati dai parenti non hanno nessuno cui chiedere aiuto”, racconta Norbert Rai, cristiano e operatore umanitario in Nepal. Secondo il rapporto, quasi il 96 per cento dei bambini e oltre il 31 per cento delle bambine intervistate dicono di aver subito violenze sessuali. Il ministro nepalese per gli Affari sociali, Urmila Aryal, si è detta “preoccupata”: “Il governo – ha dichiarato – lavorerà per affrontare il problema”. Ma non sono solo le violenze all’interno della famiglia a minacciare l’incolumità dei piccoli nepalesi. Omicidi, rapimenti e suicidi sono altrettanto diffusi. Tuladhar, attivista per i diritti dei minori in Nepal, denuncia che “ci sono prove che ogni anno almeno 50 bambini vengono assassinati, mentre circa 100 sono rapiti. Di questi, solo il 30 per cento riesce a far ritorno a casa”. “In tutto il Paese – conclude Sumnima – ogni anno si suicidano almeno 100 bambini, spesso perché non riescono a superare il trauma della diverse forme di violenza subite”. (A.L.)

 

 

IN PAKISTAN, LA FEBBRE DI DENGUE HA CAUSATO ALMENO 17 MORTI

 NEGLI ULTIMI 4 MESI. LE AUTORITÀ HANNO INDETTO LO STATO

DI ALLERTA NEGLI OSPEDALI DI KARACHI

 

KARACHI. = Almeno 17 persone sono morte negli ultimi 4 mesi a Karachi, in Pakistan, a causa dell’epidemia di dengue, malattia tropicale causata da un tipo di zanzara che prolifera nell’acqua. Lo hanno reso noto fonti mediche locali. Le autorità pakistane hanno dichiarato, inoltre, lo stato di allerta negli ospedali della città, dopo che circa 250 persone sono risultate positive al virus. “Non è una situazione critica – sostiene Abdul Majid, segretario aggiunto alla Sanità della provincia meridionale di Sindh – ma nelle ultime settimane il numero dei casi è aumentato quotidianamente”. Alcuni gruppi dell’opposizione e diversi mezzi di informazione hanno criticato il governo locale per non essere stato in grado di prevenire l’epidemia dopo la stagione delle piogge. Nelle scorse settimane, la dengue ha duramente colpito anche la vicina India, dove però la situazione sta lentamente migliorando, grazie ad opere di disinfestazione e all’abbassamento delle temperature. In tutto il Paese, i decessi fino ad ora sono stati 97 e i contagiati 4700. (A.L.)

 

 

ALLARME DELL’UNESCO PER LE INONDAZIONI IN THAILANDIA CHE, OLTRE

 AD AVER CAUSATO DECINE DI MORTI, MINACCIANO TEMPLI BUDDISTI E PALAZZI

DI GRANDE VALORE ARCHITETTONICO

 

BANGKOK. = E’ alto l’allarme in Thailandia per le inondazioni, causate da forti piogge, che hanno provocato almeno 48 morti. La rottura degli argini del fiume Chao Phrava – riferisce l’Agenzia MISNA – minaccia inoltre di distruggere diversi templi buddisti, antiche fortezze e pagode. L’Organizzazione dell’ONU per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) ha iscritto nella lista dei siti Patrimonio mondiale l’intera provincia e i suoi circa 500 palazzi e templi. La sola città di Ayutthaya, già capitale dal 1350 al 1767 e dimora di ben 33 sovrani, vanta numerosissimi tesori architettonici. Sei distretti della provincia sono già sommersi da almeno 100 centimetri d’acqua. Le alluvioni minacciano antichi templi anche nelle vicine province di Singburi e Aung Thong. Intanto, il Dipartimento di prevenzione dei disastri ha comunicato che in 29 province l’allerta è rientrata, mentre altre 17 sono ancora colpite da alluvioni. I danni, al momento, ammontano a 305,3 milioni di baht, pari a circa 6,5 milioni di euro. (A.L.)

 

 

ANNUNCIATI, IERI SERA A TRENTO, I VINCITORI DELLA NONA EDIZIONE DEL FESTIVAL CINEMATOGRAFICO RELIGION TODAY: BEN TRE RICONOSCIMENTI A PELLICOLE IRANIANE

 

TRENTO. = Spopola l’Iran alla nona edizione del Festival cinematografico Religion Today, quest’anno sul tema: “Il miracolo”. Alla cerimonia di premiazione, svoltasi ieri sera a Trento, ben tre riconoscimenti sono andati a film iraniani. Il premio per il miglior cortometraggio è stato assegnato ad “A Letter for Andre”, di Zohreh Zamani e Ali Hajipoor. Il film riguarda i problemi tipici dei filmmaker: che fare, infatti, quando il protagonista del film muore prima che sia stata girata una sola sequenza? L’uomo è un cristiano di 88 anni, che si è preso cura di una donna musulmana e del suo bambino, dopo aver loro affittato una casa. La pellicola “mette in gioco le relazioni umane nell’accezione più profonda”. A “He”, di Rahbar Ghanbari, è andato invece il premio per il miglior film a soggetto. E’ la storia del dilemma dell’onorato cittadino di un piccolo villaggio, invitato a diventare mullah in un villaggio più ricco: sono forti i legami che lo vincolano al villaggio d’origine, come l’amore che i compaesani nutrono per lui. “La passione e la sensibilità da cui è tratto il suo dilemma – si legge nelle motivazioni del riconoscimento – è un tributo alla cinematografia”. Il premio speciale “Donna e Religione”, poi, è andato a un altro film iraniano: “When all where asleep”, di Fereydoon Hasanpour. All’israeliano “Covenant: Women, God And All Between”, di Nurti Jacobs Yinon, è andato il riconoscimento per il miglior documentario. La pellicola descrive le circostanze della circoncisione di un bambino appena nato da una donna ebreo-ortodossa e riflette l’esperienza di ogni madre che non vuole veder soffrire il proprio figlio, nonostante si senta costretta ad accettare le pratiche della propria religione. Una menzione speciale della giuria è andata inoltre al bulgaro “With Extreme Cruelty”, di Rossen Elezov, un documentario che racconta la storia di Svoboda Bucharova, la figlia comunista di un anarchico ucciso dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, convertita al cristianesimo. Il Gran Premio “Nello spirito della fede” è stato assegnato, infine, a “For Whom The Bell Tolls”, di Dzemal Sabic (Bosnia Erzegovina). Il cortometraggio mostra la tenacia con cui il sacerdote continua a celebrare la Messa per i fedeli, che probabilmente - quasi di certo - non si presenteranno mai. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 ottobre 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato ieri una risoluzione  che condanna il test nucleare condotto dalla Corea del Nord lunedì scorso. Il documento, varato dopo una giornata di negoziati, impone sanzioni commerciali a Pyongyang per forzare il ritorno alla trattativa sul disarmo della penisola coreana. Ce ne Parla Eugenio Bonanata:

 

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I membri del Consiglio di Sicurezza hanno approvato all’unanimità la risoluzione numero 1718, che, tuttavia, è una versione diversa da quella - più dura - proposta inizialmente dagli Stati Uniti. Le sanzioni sono state progressivamente ammorbidite nel corso dei negoziati che hanno visto in regia soprattutto Russia e Cina. Mosca ha ottenuto l’inserimento del testo sotto l’articolo 41 del capitolo sette della Carta dell’ONU, che in pratica esclude l’uso delle armi per far applicare la risoluzione. Risoluzione che ovviamente chiede alla Corea del Nord di smetterla con il nucleare. Il testo, che per Bush è una risposta “rapida e decisa”, vieta scambi con la Corea del Nord di tutti i materiali che potrebbero contribuire alla realizzazione di programmi nucleari. L’embargo riguarda le armi convenzionali, ma non tutte come chiedeva inizialmente Washington: solo carri armati, navi da guerra, aerei da combattimento e missili. In questo quadro l’ONU chiede agli Stati membri di ispezionare i cargo in entrata e in uscita dalle acque nordcoreane: però – come voleva la Cina – tale richiesta non è un obbligo.  A livello economico poi gli Stati – recita ancora la risoluzione – dovrebbero congelare i fondi di quelle persone che sostengono l’armamento nordcoreano. A queste persone dovrebbe inoltre essere impedito di viaggiare liberamente. La Corea del Nord, che rifiuta il testo, attraverso il suo ambasciatore all’ONU ha fatto sapere che il Consiglio di Sicurezza si comporta come un “gangster”. Tuttavia, oggi fonti diplomatiche russe affermano che Pyongyang, attualmente impegnata a valutare bene la sua prossima mossa, penserebbe ad una ripresa dei negoziati sulla denuclearizzazione della penisola. Questo mentre in Giappone, Paese storicamente antinucleare, si discute della possibilità atomica per non soccombere in caso di attacco nordcoreano.

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Domenica di sangue in Iraq. Cinque kamikaze sono entrati in azione simultaneamente in vari punti città settentrionale di Kirkuk: il bilancio provvisorio parla di almeno una decina di morti. Altre sette presone sono morte a Baghdad, quando due bombe sono esplose al passaggio del convoglio su cui viaggiava un alto funzionario del ministero dell’Interno, che, secondo fonti della sicurezza, è rimasto illeso. In un altro attacco, a sud della capitale, sono morti infine tre militari statunitensi.

 

Sono proseguite fino a questa notte le incursioni israeliane nella Striscia di Gaza. Secondo testimoni, nove persone sono morte quando decine di carri armati e mezzi militari sostenuti dall'aviazione sono entrati a Beit Hanun, una cittadina a Nord della regione. L’intensificazione degli attacchi nell’area, decretata giovedì da Israele in risposta ai lanci di razzi da parte di miliziani palestinesi, ha provocato nelle ultime 48 ore la morte di 22 palestinesi.

 

Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in una moschea a Zehri, nel Sud Ovest del Pakistan. Sei persone sono morte quando il commando ha aperto il foco contro i fedeli. L’attacco sembra avere origine in una faida tra clan rivali.

 

Gabriele Torsello, il fotoreporter italiano scomparso da giovedì in Afghanistan, “sta bene”. Lo scrive l’agenzia online, Peacereporter, secondo cui stamani ci sarebbe stato un nuovo contatto tra gli uomini che dicono di aver sequestrato Torsello e lo staff di Emergency a Lashkargah. E proprio ad Emergency lo stesso Torsello aveva telefonato ieri, per avvertire del suo rapimento. Prima che si interrompesse la comunicazione, il fotoreporter aveva chiesto di spiegare ai rapitori le sue buone intenzioni e il fatto di essere di fede musulmana. Anche la Farnesina, intanto, stamani ha confermato il sequestro. Sospettati i miliziani Talebani, che però hanno smentito ogni loro coinvolgimento.

 

Rimaniamo in Afghanistan, dove sei persone sono morte oggi in diversi attacchi di sospetti miliziani talebani. Tra le vittime, un consigliere provinciale a Kandahar, ucciso a colpi di arma da fuoco davanti al suo ufficio. Nella provincia sudorientale di Khost, i guerriglieri hanno ucciso 3 poliziotti in un attacco all’alba vicino al confine con il Pakistan. Qualche ora più tardi due civili hanno perso la vita per la deflagrazione di una carica esplosiva posta su una strada a sud di Herat. Da segnalare, infine, che l’edizione online del Times riferisce di un video, recapitato all’emittente televisiva pakistana, in cui il capo militare dei talebani, il mullah Dadullah, decapita otto uomini accusati di essere delle spie degli americani e dei britannici in Afghanistan.

 

“Non riteniamo che la sede delle Nazioni Unite fosse l’obiettivo dell’attacco”. Così una fonte ONU a Beirut in merito alle granate che nella notte hanno colpito una costruzione vicino al quartier generale delle Nazioni Unite nella capitale libanese. Secondo testimoni le granate, lanciate da una piccola collina nel centro della città, hanno centrato un edificio dove si trovano alcuni uffici, parte di una banca e un night-club. L’attacco, che non è stato rivendicato da nessun gruppo, ha provocato il ferimento di quattro persone. Polizia ed esercito hanno isolato la zona e avviato le indagini. Intanto oggi nel porto di Beirut si è svolta la cerimonia per il passaggio di consegne tra l'Italia e la Germania nel comando della forza navale dell’UNIFIL.

 

Giornata di voto oggi in Ecuador, dove oltre nove milioni di elettori sono chiamati alle urne per eleggere il presidente, i cinque rappresentanti del Parlamento, i 100 parlamentari del Congresso e per il rinnovo di diversi consigli comunali e provinciali. Sulla corsa alla presidenza ci riferisce Luis Badilla: 

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Dei numerosi candidati in lizza solo quattro sono effettivamente in corsa. Su tutti spicca Rafael Correa, leader del partito “Alianza Pais” che, con un discorso antisistema e antiliberista e una buona dose di carisma e oratoria, ha sorprendentemente conquistato dal 30% al 37% delle intenzioni di voto. Suo diretto antagonista è il miliardario Alvaro Noboa Ponton, leader del Partido Renovador Institucional Accion Nacional (PRIAN). Con il 20% delle intenzioni di voto, vi è Leon Roldos, un socialista già vicepresidente del Paese, al terzo tentativo per diventare capo di Stato. Infine, l’unica donna in lizza, Cinthya Viteri, candidata per il partito di destra Social Cristiano. Sembra difficile che il presidente possa essere letto già nel primo turno di oggi, perciò si prevede un secondo turno per il 26 novembre. Sulla situazione elettorale qualche settimana fa è intervenuto anche l’episcopato locale, che, in un breve documento, rivolto ai candidati ed elettori, ha sottolineato il bisogno di politiche sociali capaci di migliorare le condizioni dei lavoratori e dei settori più poveri del Paese. I presuli hanno anche ribadito la necessità di rilanciare la moralità pubblica, attraverso la lotta alla corruzione, invocando infine politiche in difesa della famiglia e della vita.

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Il governo sudanese e i ribelli del fronte dell’Est hanno firmato ieri un accordo di pace ad Asmara, negoziato con la mediazione del governo eritreo e teso a mettere fine a dodici anni di conflitto armato. L’accordo comprende tre parti dedicate alla divisione del potere, a quella delle risorse e alla sicurezza. Sebbene nulla di preciso sia stato reso noto, fonti di Asmara ritengono che a rappresentanti del Fronte verrà assegnato un  posto di ministro nel governo centrale oltre a vari parlamentari.

 

Le Nazioni Unite hanno concesso alla Costa d’Avorio un nuovo rinvio di 12 mesi, fino ad ottobre dell’anno prossimo, per organizzare le elezioni generali. La decisione, preannunciata nelle settimane scorse, è stata ufficializzata ieri. La situazione del Paese sarà al centro del vertice dell’Unione Africana, che si terrà martedì prossimo ad Addis Abeba. Anche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, probabilmente a fine mese, dovrà pronunciarsi sulla condotta del presidente ivoriano, Laurent Gbagbo, ed il primo ministro, Charles Konan Banny, accusati di impedire la fine della crisi per rimanere al potere. Il processo di pace in Costa d'Avorio mira a riunificare un Paese diviso in due dopo il colpo di stato tentato ai danni di Gbagbo, nel settembre 2002. Il presidente ivoriano continua a controllare il sud del Paese, mentre il nord è in mano ai ribelli delle Forze Nuove (FN).

 

Sono arrivati ieri sera a Verona Claudio Chiodi e Ivano De Capitani, i due escursionisti italiani rilasciati nella notte tra giovedì e venerdì in Libia dopo essere stati rapiti in Niger lo scorso mese di agosto. I due sono in buona salute. Chiodi parlando della liberazione, favorita anche dalla Fondazione Gheddafi per lo sviluppo, ha raccontato che i sequestratori hanno ricevuto pezzi di ricambio di auto, taniche di benzina e pacchi di viveri.

 

Le Ferrovie del Lussemburgo (CFL) sono responsabili della collisione tra due treni avvenuta mercoledì scorso in Francia nei pressi della frontiera con il Lussemburgo. Lo ha ammesso il ministro dei Trasporti lussemburghese, Lucien Lux, presentando oggi alla stampa le conclusioni di un’inchiesta interna sull’incidente che ha causato la morte di sei persone.

 

In Grecia 9,8 milioni di elettori sono chiamati oggi alle urne per il primo turno delle elezioni municipali e regionali. La tornata è considerata un importante test per il governo di Kostas Karamanlis, leader del partito di centro-destra Nea Demokratia (ND), eletto nel 2004.

 

 

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