RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 284 - Testo
della trasmissione di Mercoledì 11 ottobre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
In India, in vigore da ieri la legge contro il lavoro minorile:
ce ne parla Maria Gabriella Lay
Prosegue a Madrid il Congresso mondiale delle TV cattoliche
CHIESA E SOCIETA’:
La Corea del Nord considera eventuali sanzioni
come una dichiarazione di guerra. Smentito un nuovo test nucleare
Allarme di Amnesty
international sui bambini soldato: nella Repubblica Democratica del Congo, 11 mila ragazzi ancora nelle mani di gruppi
armati
11 ottobre 2006
IL
PAPA ALL’UDIENZA GENERALE, PARLANDO DEGLI APOSTOLI SIMONE
IL CANANEO
E GIUDA TADDEO, INVITA I CREDENTI A PROSEGUIRE
SULLA VIA DEL DIALOGO
TRACCIATA DAL CONCILIO VATICANO II, MA NELLO STESSO TEMPO A TESTIMONIARE CON
CHIAREZZA, FORZA E SERENITÀ L’IDENTITA’ DELLA FEDE CRISTIANA
Benedetto XVI invoca forza, chiarezza e coraggio nel
testimoniare la fede cristiana. A raccogliere l’appello del Papa, decine di
migliaia di pellegrini, circa 35 mila da ogni parte del mondo riuniti stamani
in Piazza San Pietro per l’udienza generale, dedicata agli apostoli Simone il Cananeo e Giuda Taddeo. Il servizio di Roberta Gisotti:
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Le parole del Papa sono riecheggiate tra la folla, per
richiamare i fedeli a “riscoprire sempre di nuovo” “la bellezza della fede
cristiana, sapendone dare testimonianza forte e insieme serena”. Prendendo
spunto dalle figure dei due apostoli Simone Cananeo e
Giuda Taddeo, il Papa ha ricordato come Gesù scelga “i suoi discepoli e
collaboratori dagli strati sociali e religiosi più diversi, senza alcuna
preclusione”:
“A Lui interessano
le persone, non le categorie sociali o le etichette!”
Era infatti Gesù “il motivo di
coesione, nel quale tutti si ritrovavano uniti”:
“Questo costituisce
chiaramente una lezione per noi, spesso inclini a sottolineare le differenze e
magari le contrapposizioni, dimenticando che in Gesù Cristo ci è data la forza
per comporre le nostre conflittualità”.
Benedetto XVI ha poi citato la Lettera di Giuda Taddeo,
dove l’apostolo mette in guardia i cristiani da chi cerca di “traviare altri
fratelli con insegnamenti inaccettabili, introducendo divisioni all’interno
della Chiesa”. Giuda Taddeo usa espressioni forti e un linguaggio polemico, che
oggi sarebbe inconsueto, ma che pure ci dice una cosa importante, ha osservato
il Papa, che tra “tutte le tentazioni che ci sono” oggi e “tutte le correnti
della vita moderna dobbiamo conservare l’identità della nostra fede”. Per
questo - ha aggiunto - “la via dell'indulgenza e del dialogo, che il Concilio
Vaticano II ha felicemente intrapreso, va sicuramente proseguita con ferma
costanza”, e tuttavia questa “via del dialogo cosi necessaria non deve far
dimenticare – ha raccomandato - il dovere di ripensare e di evidenziare sempre
con altrettanta forza le linee maestre e irrinunciabili della nostra identità
cristiana”:
“Occorre avere ben
presente che questa nostra identità richiede forza, chiarezza e coraggio davanti alle
contraddizioni del mondo nel quale viviamo”.
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IL
PAPA BENEDICE
AL
SECOLO EDITH STEIN, POSTA IN UNA NICCHIA
ALL’ESTERNO
DELLA BASILICA VATICANA
Al termine dell'udienza generale il Papa ha benedetto una
statua di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, compatrona d’Europa
insieme a Santa Brigida e Santa Caterina da Siena. La statua è stata collocata in una nicchia
all’esterno della Basilica Vaticana. Edith Stein,
ebrea tedesca, filosofa, carmelitana, è morta martire nel Campo di
concentramento nazista di Auschwitz nell’agosto del
1942.
Il Papa l’ha ricordata durante la sua visita ad Auschwitz, il 28 maggio scorso, sottolineando che Edith Stein è tra i “testimoni della verità e del bene” che anche
nel popolo tedesco, in quel periodo, “non era tramontato”. “Ringraziamo queste
persone – aveva detto il Pontefice - perché non si sono sottomesse al potere
del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia”. “Il mondo è in
fiamme – scriveva in quegli anni terribili Edith Stein
- la lotta tra Cristo e anticristo si è accanita apertamente, perciò se ti
decidi per Cristo può esserti chiesto anche il sacrificio della vita”.
IL 21 OTTOBRE
BENEDETTO XVI VISITERA’
PER L’APERTURA DELL’ANNO ACCADEMICO
DELL’ATENEO
Il 21 ottobre prossimo Benedetto XVI si recherà presso
MONS.
CELESTINO MIGLIORE ALL’ONU AUSPICA UN IMPEGNO DECISO
DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
PER FINANZIARE LO SVILUPPO DEI PAESI POVERI
La Santa
Sede chiede alla comunità internazionale un impegno deciso per finanziare lo
sviluppo dei Paesi poveri. E’ questo in sintesi quanto ha affermato ieri
l’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente vaticano presso l’ONU,
intervenendo nel contesto dei lavori della 61.ma sessione dell’Assemblea Generale
in corso al Palazzo di Vetro a New York. Il presule ha messo in risalto la
sfida cruciale della “lotta contro tutte le forme di corruzione” e la necessità
di procedere verso l’attuazione di quegli accordi che mirano ad aumentare le
risorse finanziarie interne dei Paesi in via di sviluppo. A questo riguardo
appaiono incoraggianti i progressi compiuti da 70 Paesi a basso reddito. Resta
preoccupante – secondo mons. Migliore – la questione del debito estero “che ha
messo in crisi molte economie per decenni”, anche se
vanno segnalate positivamente varie iniziative per la cancellazione del debito.
Il presule ha tracciato un quadro positivo dell’impegno della comunità
internazionale negli aiuti allo sviluppo, ma sottolineando la necessità di
affrontare le questioni strutturali soprattutto per quello che riguarda la creazione di un
sistema finanziario e commerciale che sia “giusto, aperto e capace di sostenere
lo sviluppo”.
OGGI
IN VATICANO, L’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA “PETROS
ENI-PIETRO E’ QUI”
IN
OCCASIONE DEL V CENTENARIO DI FONDAZIONE DELLA BASILICA VATICANA
-
Intervista con mons. Angelo Comastri -
Viene inaugurata questo pomeriggio in
Vaticano la mostra “Petros Eni-Pietro è qui”, organizzata dalla Fabbrica di San Pietro in
occasione del V Centenario di fondazione
della Basilica Vaticana dedicata al Principe degli Apostoli. La mostra è
allestita nel Braccio di Carlo Magno e potrà essere visitata da domani, 12 ottobre,
fino all’8 marzo 2007. Il percorso si articola in sei sezioni che ripercorrono quasi due millenni di storia, a partire
dal frammento della Necropoli Vaticana
con il graffito “Petros eni”,
cioè “Pietro è qui”, inciso all’interno di un ossario presente nel luogo che la tradizione da sempre riconosce come
quello della sepoltura dell’Apostolo. Ma ascoltiamo, al microfono di Giovanni
Peduto, l’arcivescovo Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro:
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R. – La mostra parte dal fervore del cantiere
rinascimentale, iniziato il 18 aprile 1506, quando Giulio II si avventurò su
una scala – raccontano le cronache del tempo – piuttosto ardimentosa, per
arrivare a collocare la prima pietra. Presentiamo come primo cimelio il modello
ligneo della cupola di Michelangelo, la cupola di San Pietro, voluto e fatto
costruire dallo stesso Michelangelo, nel 1558-1560, quattro anni prima della
sua morte. Michelangelo volle che il modello venisse
costruito in legno, in modo che sapessero qual era la sua idea, qual era il suo
progetto e a quello si attenessero. Insieme al modello e al carteggio di
Michelangelo, ci sono anche documenti straordinari di Giacomo della Porta, del Borromini, del Bernini, del Maderno, di tutti coloro che hanno lavorato per la costruzione
della Basilica. Abbiamo i ritratti dei Papi che hanno lavorato per la
costruzione della Basilica, a cominciare da Giulio II del Tiziano, Leone X di
Raffaello, Sisto V del Facchetti. Dal cantiere
rinascimentale si passa a quello che resta e che possiamo documentare della
Basilica costantiniana, fino ad arrivare anche alla
necropoli, sulla quale Costantino costruì la sua Basilica, perchè sul colle
vaticano, accanto a Pietro, c’erano tante altre sepolture. Costantino non
demolì tutto il cimitero sottostante, semplicemente lo coprì di terra, lo interrò.
Molti secoli dopo, nel 1939, per decisione di Pio XII iniziarono gli scavi e
rivenne fuori, dopo 1600 anni, tutto questo spazio cimiteriale, questo spazio
sepolcrale, che gli architetti di Costantino avevano fatto interrare. Andando
avanti è venuta fuori la tomba di Pietro. Si sapeva che gli architetti di
Costantino l’avevano fasciata di marmo, ma nessuno era mai andato a vedere cosa
ci fosse dentro. Dal di sotto
si è arrivati alla tomba e sono venute fuori delle cose straordinarie, tutte
messe in mostra. Viene mostrato il frammento trovato
sul muro rosso, sul quale era appoggiata l’edicola – ed è ancora appoggiata –
costruita sopra la tomba di terra dell’apostolo Pietro. Su questo muro rosso è
stato ritrovato un piccolo frammento, nel quale era, ed è scritto ancora oggi,
“Petros eni”, Pietro è qui,
che poi è il titolo della mostra. Ma prima di arrivare a questa che potremmo
dire la ragione per cui qui è stata costruita
D. – Quale il messaggio che la mostra vuol dare ai
visitatori?
R. – Il messaggio che la mostra vuol dare è nelle tre
reliquie dell’ultima stanza, quando accanto alla crocifissione del Caravaggio e al piccolo frammento che dice “Pietro è qui”,
la tunica di Francesco, il manoscritto di Teresa di Lisieux e i sandali della
Beata Madre Teresa ci dicono: “Ecco, adesso tocca a te. Prendi i sandali del
pellegrino, lasciati in questo luogo rafforzare nella fede e poi vai nel mondo
senza paura a dire a tutti: ‘Gesù, da chi andremo? Tu
solo hai parole di vita eterna. Signore, Tu sei tutto, Tu sai che io ti amo e
voglio amarti come ti ha amato Pietro, fino all’effusione del sangue’”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Catechesi e cronaca
dell'udienza generale.
Un articolo di Andrea Riccardi
dal titolo "Una larga visione della pace": l'incontro del cardinale
Tarcisio Bertone, segretario di Stato, con il Corpo Diplomatico.
Servizio estero - Nucleare: anche la Cina si dice favorevole a misure punitive contro Pyongyang.
Servizio culturale - Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "Come cambia la fruizione di un'opera quando il fruitore è immerso in un'esperienza
globale": considerazioni sul "Cinquantesimo Festival internazionale
di musica contemporanea" di Venezia.
Servizio italiano - In rilievo i temi della
finanziaria e dell'immigrazione.
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11 ottobre 2006
IN VIGORE DA IERI IN INDIA
- Intervista con Maria Gabriella Lay-
La legge indiana contro il
lavoro minorile appena entrata in vigore rappresenta un notevole passo avanti a
tutela dell’infanzia. E’ questo il commento concorde degli esperti internazionali
e dei rappresentanti delle ONG sulla legge varata in India che vieta l’impiego
dei minori di 14 anni come lavoratori domestici o negli esercizi commerciali.
Molte tuttavia le perplessità sulla reale efficacia del provvedimento e sulle
possibili ripercussioni economiche che potrà avere sui redditi di molte famiglie
indiane. Per comprendere meglio gli aspetti di questo complesso fenomeno,
Stefano Leszczynski ha intervistato Maria Gabriella Lay, responsabile della campagna per l’eliminazione del
lavoro minorile dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro di Ginevra:
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R. – Volendoci riferire a
questa iniziativa, direi prima di tutto che è un’iniziativa nella direzione
giusta, perché le leggi a tutela dei diritti dei bambini sono importanti punti
di partenza. Non possiamo non chiederci se insieme all’intervento legislativo
siano stati parallelamente sviluppati e attuati dei provvedimenti per garantire
la protezione dei bambini e perché questi bambini possano andare a scuola.
Allora la stessa volontà politica che ha originato questo provvedimento
legislativo, deve anche manifestarsi sul piano attuativo.
D. – Ecco, in sostanza, per
capire se questa legge sarà efficace bisogna vedere come, quando e dove sarà
possibile applicarla…
R. – Sì, perché non si può mai
prescindere dalla realtà. Si dice tante volte che i bambini sono l’unica fonte
di reddito delle famiglie e pertanto il lavoro minorile sia
inevitabile quindi c’è un atteggiamento di accettazione - io parlo anche
localmente - e vorrei ricordare la moltitudine di bambini che lavorano in agricoltura,
nelle industrie, per la lavorazione dei tappeti, della carta, del tabacco, dei
fiammiferi, dei fuochi d’artificio, degli articoli sportivi, ma insomma potrei
dirne ancora; sono tutti prodotti destinati all’esportazione. Vogliamo
riflettere un attimo sulla de-localizzazione della produzione e vogliamo
chiederci se ci sia una volontà davvero di restituire ai bambini l’infanzia.
Sono interrogativi inquietanti e questa legge dovrebbe portarci a riflettere
perchè la situazione non riguarda solo l’India, riguarda ovviamente il mondo
intero.
D. – Quello che colpisce è che
non preveda il divieto per quelli che non che vengono
considerati i lavori pericolosi…
R.- L’Organizzazione internazionale del Lavoro ha
adottato due significative convenzioni che sono dei trattati ovviamente
giuridici internazionali: quella relativa all’età minima e quella per
l’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile. Debbo dire che le due
convenzioni non sono state ratificate dall’India.
D. – Per dare un’idea di quello
che è il fenomeno, quali sono le cifre attendibili?
R. – Sono 218 milioni i bambini
nella fascia di età che va dai 5 ai 17 anni di cui 126 milioni quelli che
riguardano le forme cosiddette peggiori del lavoro minorile.
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SI CELEBRA OGGI
PER
- Intervista con Donata Lodi -
Oggi si celebra la Giornata internazionale per la prevenzione
dei disastri naturali. Tema di quest’anno: “Attenuazione dei rischi, il lavoro
inizia a scuola”. “Negli ultimi 10 anni - ha ricordato il segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan
– le catastrofi naturali hanno mietuto più di 600 mila morti e colpito 2.4
miliardi di persone, la maggior parte delle quali nei Paesi in via di
sviluppo”. Antonella Villani ha chiesto a Donata Lodi,
portavoce di UNICEF Italia, perchè è così importante fare prevenzione nelle
scuole:
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R. – Intanto sono le vittime principali delle catastrofi e
poi perché educare i bambini significa anche educare l’intera comunità e le
famiglie, creando così una cultura della reazione all’emergenza che è fondamentale.
D. – Come preparare i ragazzi ad affrontare una calamità?
R. – Aiutandoli a conoscere, anzitutto, le calamità che si
sono già verificate sul loro territorio e ad affrontare con calma gli eventuali
eventi che possono accadere. Occorre fare un lavoro di identificazione di
alcuni segnali di allarme ben precisi, che idealmente dovrebbero essere gli
stessi su tutto il territorio nazionale, e memorizzare anche attraverso una
serie di esercitazioni, che su questo tema devono essere fatte, le modalità di
reazioni ai diversi tipi di allarmi. Le faccio un esempio molto banale: in
Indonesia, dove non esisteva un sistema di allerta, adesso – pur non essendoci
un sistema come quello che esiste in Giappone di allerta anti-tsunami
– esiste su tutto il territorio nazionale un sistema, che si sta insegnando tra
l’altro in tutte le scuole delle aree costiere, per cui
c’è tutta una serie di segnali che sono sempre quelli che vengono dati in caso
di possibile rischio e che i ragazzi imparano, attraverso esercitazioni fatte
con gli insegnamenti: come reagire in questi casi, come fuggire, quando fuggire
e a quali segnali invece limitarsi ad uscire all’aperto.
D. – Ma esiste un coordinamento a livello internazionale
per quanto riguarda programmi di educazione giovanile in questo campo?
R. – C’è una circolazione delle esperienze migliori,
quelle cioè che hanno funzionato, anche sul piano dell’educazione e della
formazione. Se va a vedere cosa fanno i bambini di una scuola in Indonesia
nelle esercitazioni antisismiche e va a vedere cosa fanno i nostri nelle scuole
dell’Appennino, vedrà certamente delle procedure molto simili.
D. – I più colpiti, come spesso accade, sono proprio i
Paesi in via di sviluppo, dove le catastrofi, tra l’altro, mietono un numero
maggiore di vittime e i danni gettano la popolazione in una povertà ancora più
disperata. Come fare prevenzione in questi Paesi?
R. – Un aspetto fondamentale è questo: dopo una catastrofe
è necessario ricostruire meglio. Da questo punto di vista, ancora una volta,
l’esperienza dell’Indonesia è stata esemplare, perché nonostante tutto adesso
si sta finalmente ricominciando a ricostruire secondo un modello standard,
antisismico, con l’utilizzo di materiali locali. Certamente questo richiede dei
tempi leggermente più lunghi, ma è proprio nel dopo emergenza che si pongono le
basi per prevenire un impatto pesante delle emergenze successive. Pensiamo
anche alle scuole da noi: la verifica che il Ministero della Pubblica Istruzione
ha annunciato per le scuole italiane, anche per verificarne l’antisismicità, è
una cosa importantissima. Occorre che gli edifici, in particolare dove i
bambini stanno di più o gli ospedali e le scuole, prima ancora delle case vengano costruiti o ricostruiti con criteri antisismici.
D. – Quali sono i pericoli più comuni a
cui i bambini vanno incontro?
R. – Il crollo di edifici scolastici mal costruiti, dove
l’ora e il giorno possono far aumentare enormemente il numero di vittime. Non
ci dimentichiamo che in buona parte del mondo in via di sviluppo i bambini
lavorano, i bambini
sono in condizione di scarsa protezione generale. Nella situazione di
emergenza, certamente, questo rischio diventa esponenziale. Nel terremoto in
Pakistan, ad esempio, dopo una settimana c’erano i reclutatori
delle fabbriche locali che andavano a cercare i bambini da avviare al lavoro,
in condizioni di semischiavitù. Chiaramente, in un dopo emergenza, senza
risorse, con la propria famiglia che non si trova, nella disperazione generale,
i bambini sono più esposti.
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PROSEGUE A MADRID IL CONGRESSO
MONDIALE DELLE TV CATTOLICHE
Dopo l’incontro a sorpresa, ieri, con i principi di Asturias, don Felipe de Borbón e Doña Letizia Ortiz, ricevuti nel Palazzo de la Zarzuela, i lavori del Congresso
mondiale delle TV cattoliche in corso a Madrid, sono stati incentrati oggi sulle
prospettive delle nuove tecnologie e sulla situazione, in particolare, del
mondo televisivo nei Paesi africani. Il servizio di Luis
Badilla:
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Il Congresso delle televisioni cattoliche, in corso a
Madrid, è proseguito oggi con due relazioni: la prima, curata dal professore
Francesco Casseti, è stata incentrata sul “futuro
delle tecnologie televisive e le loro conseguenze”. Successivamente, il
Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, della nostra emittente e del
Centro Televisivo Vaticano (CTV), padre Federico Lombardi, è intervenuto con
una relazione sull’uso, da parte della Chiesa, delle nuove tecnologie. Il CTV -
ha detto padre Lombardi - è un mezzo televisivo molto
vicino all’attività della Santa Sede ed è al servizio del Santo Padre. Ciò che
noi produciamo - ha aggiunto - lo mettiamo al servizio degli altri e proprio
per questo abbiamo bisogno delle televisioni che desiderano usare i nostri
prodotti. “Tra i grandi utenti del CTV – ha precisato padre
Lombardi - si possono annoverare le grandi agenzie televisive e le Tv
sia nazionali che private in ogni luogo del mondo”. I partecipanti al Congresso
hanno anche ascoltato alcune testimonianze sulla situazione delle Tv cattoliche
in Spagna e in Africa. L’arcivescovo emerito di Abidjan, cardinale Bernard Agré, ha parlato in
particolare dell’Africa soffermandosi sulle grandi difficoltà economiche. Anche
per risolvere alcune di queste problematiche che affliggono molti Paesi del
Continente africano e non solo, è stata annunciata martedì scorso la nascita di
una Banca di programmi televisivi gratuiti. La responsabile dei rapporti
istituzionali e internazionali di Sat2000, Silvia Costantini,
ha spiegato che questa iniziativa, possibile grazie ad Internet, “è un progetto
di solidarietà e senza fini di lucro”. La Banca di Programmi “si propone di
raccogliere, organizzare e distribuire tutto il materiale audiovisivo che le
diverse realtà del mondo cattolico metteranno a disposizione”.
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11 ottobre 2006
PATRIARCHI E CAPI DELLE CHIESE CRISTIANE DI
GERUSALEMME PROPONGONO,
IN UN
DOCUMENTO, PER LO STATUTO DI GERUSALEMME “IL RISPETTO DEI DIRITTI
FONDAMENTALI
DELLE PERSONE E DELLE COMUNITÀ CHE VI ABITANO”
LIBERTA’
DI CULTO E PIENI DIRITTI POLITICI E SOCIALI
- A
cura di Tiziana Campisi -
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GERUSALEMME.
= I patriarchi e i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme si appellano alle
“autorità locali, alla comunità internazionale e alle Chiese del mondo”
affinché “trovino una visione comune per lo Statuto di Gerusalemme”. In un
documento, riferisce l’agenzia SIR, i leader religiosi chiedono che lo Statuto
si basi sulle risoluzioni internazionali tenendo conto dei diritti dei due
popoli, israeliani e palestinesi, e delle tre religioni monoteistiche,
ebraismo, cristianesimo ed islam. “È tempo per una pace totale, giusta e
definitiva – si legge nel testo – l’avvenire della città deve essere deciso di
comune accordo, con la collaborazione e la consultazione. Soluzioni imposte
metteranno in pericolo la pace e la stabilità”. Sul futuro di Gerusalemme i
firmatari della dichiarazione affermano che “diverse soluzioni sono possibili.
La città potrebbe restare unificata, con una sovranità divisa, esercitata
ugualmente da israeliani e palestinesi. Potrebbe anche essere divisa, se tale
fosse il desiderio dei suoi due popoli, con due distinte sovranità, per
arrivare ad una vera unità dei cuori nelle due parti della città”,
mentre “il muro dovrebbe far posto alla tolleranza e alla fiducia
reciproca”. Per lo Statuto speciale di Gerusalemme i capi religiosi propongono
dei punti fermi: anzitutto, “il rispetto dei diritti fondamentali delle persone
e delle comunità che vi abitano”, quindi libertà di culto, di movimento, pieni
diritti politici e sociali (proprietà, sanità, istruzione e cultura), così come
“libertà per le comunità religiose di possedere e gestire le opere necessarie
al loro ministero come chiese, scuole, ospedali, ostelli”. “Gerusalemme – si
legge nella dichiarazione - deve essere una città aperta e i suoi due popoli
sono i guardiani della sua santità e sono loro che devono darle uno statuto che
corrisponda al carattere di città santa, universale e locale. Una volta redatto lo statuto la comunità internazionale è
chiamata a confermarlo con garanzie internazionali”.
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I
VESCOVI DELL’ECUADOR CRITICANO UNO DEI CANDIDATI ALLE PRESIDENZIALI
DI
DOMENICA PROSSIMA, PER AVER USATO NEI COMIZI, LA BIBBIA E LA CROCE
E RIBADISCONO
L’INVITO A VOTARE CON SERIETA’ E RESPONSABILITA’
QUITO.
= I vescovi dell’Ecuador hanno censurato alcuni comportamenti del candidato
alle elezioni presidenziali, previste domenica prossima, Alvaro Noboa. I presuli sostengono che i suoi atteggiamenti con
apparenti profili religiosi sono “un abuso”. Mons. Néstor Herrera Heredia, vescovo di Machala e
presidente della Conferenza episcopale, parlando con la stampa, ha precisato
che l’episcopato si riferisce al fatto che il candidato Noboa,
nei suoi comizi, si presenti con una grande croce sul petto e con la Bibbia fra
le mani, e che, oltre a parlare del suo programma politico, preghi e inviti a
pregare i suoi sostenitori. Alvaro Noboa, è un
militante del “Partido Renovador
Institucional de Acción Nacional” (PRIAN) e nei sondaggi appare ora al terzo, ora
al quarto posto delle preferenze. Mons. Herrera, nelle sue recenti dichiarazioni, ha rinnovato
l’appello ai vescovi a votare con “serietà e responsabilità”, rammentando i
punti principali del documento della Conferenza episcopale sulle elezioni del
21 settembre scorso. La famiglia e la difesa della vita, l’educazione e le
politiche sociali, sono fra i temi affrontati dai vescovi nel loro messaggio.
In particolare, l’episcopato invita ad un riscatto della moralità pubblica,
esortando a porre fine alla corruzione, alla pornografia, al consumo e al traffico
di droga e al pagamento di tangenti negli appalti pubblici o privati. Oltre nove milioni di ecuadoriani sono attesi
alle urne per le elezioni presidenziali, parlamentari e amministrative. L'eventuale
secondo turno è fissato per il 26 novembre. Sono 13 i candidati
alla presidenza; di questi solo quattro hanno qualche possibilità di vincere o
passare al secondo turno: Correa, candidato di sinistra per il movimento considerato
vicino al venezuelano Hugo Chavez,
Alianza Pais; il
socialdemocratico Leon Roldos
(Red Democratica-Izquierda
Democratica); l’imprenditore Gustavo Noboa e Cynthia Viteri (Partito socialcristiano). Correa ha avuto ampi consensi
durante la campagna elettorale e secondo alcuni analisti è a pochissimi punti
dall’aggiudicarsi la presidenza al primo turno.
Intanto gli osservatori dell’OSA (Organizzazione Stati Americani) sono al lavoro
per monitorare il corretto svolgimento delle operazioni della vigilia. La loro
presenza è assicurata nei comizi politici dei diversi candidati, mentre la campagna
elettorale si chiuderà ufficialmente domani, secondo quanto stabilito dalla
legge. Alla vigilia del voto gli osservatori dovranno controllare la situazione
nei 36.607 seggi elettorali di tutto il Paese. (L.B. – T.C.)
IN LIBERIA INIZIA LE SUE INDAGINI LA COMMISSIONE
PER LA VERITA’ E LA RICONCILIAZIONE,
CHE CERCHERA’ DI FAR LUCE SU 25 ANNI DI GUERRE E VIOLENZE
MONROVIA.
= Hanno preso il via in questi giorni, in Liberia, i lavori della Commissione
per la verità e la riconciliazione, istituita con lo scopo di raccogliere testimonianze
su violazioni dei diritti umani, crimini economici e casi di corruzione
verificatisi nel Paese tra il 1979 e il 2003. La Commissione era stata creata
nel febbraio scorso e avrebbe dovuto essere operativa da giugno. L’inizio delle
attività è stato tuttavia ritardato per consentire la formazione dei 400 agenti
che devono collaborare con l’organismo. Voluta dall’attuale presidente
liberiana Ellen Johnson Sirleaf e finanziata anche dalle Nazioni Unite,
l’istituzione è guidata dall’esperto sui diritti umani Jerome
Verdier. La Commissione non avrà il potere di perseguire
i colpevoli, ma potrà consigliare eventuali azioni penali e raccomandare, con
l’accordo delle vittime, un’amnistia per chi riconosca
le proprie colpe. Questa, però, non potrà riguardare violazioni dei diritti
umani e crimini contro l’umanità. (A.S.)
DA UNO STUDIO DELLE NAZIONI UNITE, REALIZZATO IN 71
PAESI, EMERGE
CHE UN’ALTA PERCENTUALE DI DONNE SUBISCE VIOLENZE E
MOLESTIE SESSUALI
NEW
YORK. = Una donna su tre subisce violenza almeno una volta nella vita. A
rivelarlo è un rapporto delle Nazioni Unite, condotto in 71 Paesi, sulle
violenze fisiche, sessuali, psicologiche e le mutilazioni dei genitali. Lo studio illustra che, fra le donne che subiscono molestie
sessuali, il 40-50 per cento vive nell’Unione Europea. Il rapporto - 139
pagine - afferma poi che soltanto 89 Paesi hanno una legislazione sulle
violenze familiari e che in Australia, Canada, Israele, Sudafrica e Stati
Uniti, le donne assassinate dal marito o dall’amante sono tra il 40 e il 70 per
cento. Sono invece 130 milioni le ragazze che subiscono mutilazioni
genitali, soprattutto in Africa, in alcuni Paesi del Medio Oriente e
nelle comunità di immigrati. Infine, la violenza sessuale sulle donne aumenta
durante i conflitti. L’ONU ha stimato, ad esempio, che, durante il genocidio
del Rwanda del 1994, siano state violentate tra le
250 e le 500 mila donne e che tra le 20 e le 50 mila abbiano subito la stessa sorte durante il conflitto in
Bosnia, negli anni Novanta. Secondo il rapporto il modo migliore per combattere
le violenze è quello di farle conoscere pubblicamente, parlarne, prendere
impegni politici e di coinvolgere società civile e organizzazioni, in particolare
quelle delle donne, nell’elaborazione di leggi. (T.C.)
RESTITUITA ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ URBANIANA UNA BIBBIA IN LATINO
DEL 1576 RUBATA CIRCA 10 ANNI FA. ERA STATA MESSA IN VENDITA SU INTERNET PER
4.500 EURO
ROMA. = Una Bibbia in latino del 1576, l’ “Ad
vetustissima exemplaria nunc
recens castigata”, rubata da ignoti dalla biblioteca
della Pontificia Università Urbaniana il 3 dicembre
1997 e recuperata dai militari del Nucleo Carabinieri tutela patrimonio
culturale di Firenze, è stata riconsegnata ieri pomeriggio al rettore mons.
Ambrogio Spreafico. Il volume, di particolare pregio
e in ottimo stato di conservazione, presenta una legatura in pergamena ed è
composto da 792 pagine di testi Sacri e 62 di indice.
Sul frontespizio vi è raffigurato San Girolamo che traduce la Sacra Scrittura.
Le indagini che hanno permesso il recupero del prezioso libro, coordinate dalla
procura della Repubblica di Pesaro, si sono basate sul monitoraggio di siti
internet che mettono in vendita opere d’arte. Nel corso dei controlli è stato
identificato un professionista marchigiano, che proponeva l’opera al prezzo di
4.500 euro. A favorire l’esito delle indagini è stata anche la collaborazione
di padre Marek A. Rostkowski,
direttore della biblioteca dell’Urbaniana. “I timbri
della nostra biblioteca sono stati sbiancati, con una sorta di collage di carta,
nel tentativo di cancellarli – ha detto padre Rostkowski
– per fortuna questi timbri vengono impressi con un pò di forza, tanto da lasciare traccia anche nelle pagine
successive, elemento questo che ci ha aiutato nell’esame di identificazione, durato
molto tempo”. Il volume torna a far parte di una biblioteca che consta di 350 mila
volumi, di cui 1.500 cinquecentine, molto rare, delle
quali fa parte l’opera appena ritrovata. (T.C.)
LA
FESTA EBRAICA DELLE CAPANNE, OCCASIONE D’INCONTRO,
IERI
SERA A ROMA, FRA I RAPPRESENTANTI DI DIVERSE RELIGIONI
ROMA. = “In un mondo tormentato da violenze, poterci
incontrare e mangiare tutti insieme sotto una sukkà, già di per sé simbolo di pace, ci dà grande fiducia”:
con queste parole il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha accolto ieri
sera, presso il tempio ashkenazita di via Balbo,
alcuni rappresentanti delle comunità musulmana, cattolica, e valdese. Motivo
dell’incontro è stata la Festa ebraica delle capanne, che quest’anno si celebra
in coincidenza con il Ramadan. Il “Sukkot” ricorda i
40 anni trascorsi dal popolo ebraico nel deserto dopo la cacciata dall’Egitto.
La capanna, sotto la quale i fedeli trascorrono i nove giorni della festa,
simboleggia la precarietà della vita, in cui unica garanzia è la protezione divina.
L’appuntamento interreligioso è stato promosso dall’assessore alle politiche
giovanili del Comune di Roma, Jan Leonard
Touadì, con lo scopo di proporre la creazione di un
centro interculturale nella capitale. (A.S.)
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11 ottobre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In
primo piano, la crisi nucleare nord coreana: la Corea
del Nord ha annunciato una serie di contromisure in caso di sanzioni e ha
avvertito di considerare come una dichiarazione di guerra l’adozione di misure
restrittive nei suoi confronti. Il nostro servizio:
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Sembra
sempre più granitica la politica estera di Pyongyang
dopo il primo test nucleare condotto lunedì scorso: il Ministero degli esteri nord coreano ha reso noto, con un comunicato,
che la Nord Corea prenderà “concrete contromisure” se proseguiranno le
pressioni statunitensi e ribadisce che “eventuali sanzioni saranno interpretate
come un atto di guerra”. Il numero due del regime
comunista, Kim Yong-nam, ha
avvertito poi che il Paese asiatico condurrà ulteriori esperimenti atomici se
non cambierà la linea americana nei confronti del governo nordcoreano.
Contemporaneamente, è anche arrivata la notizia di un nuovo esperimento atomico, prima
diffusa da una televisione giapponese e poi smentita da autorità cinesi e
statunitensi. Intanto, la comunità internazionale continua a mobilitarsi per
far fronte alla crisi: i 5 Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza
dell’ONU più il Giappone, stanno definendo tempi e modalità per eventuali
sanzioni contro la Corea del Nord. L’ambasciatore
cinese alla Nazioni Unite ha detto di essere favorevole
a misure restrittive, ma adeguate, contro l’esecutivo di Pyongyang.
Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha chiarito che gli Stati Uniti “non hanno alcuna
intenzione di attaccare o di invadere la Corea del Nord”. Ma la Rice ha anche ricordato che “il presidente statunitense non
ha mai escluso alcuna opzione dal suo tavolo”. Il Giappone, che ha già adottato
una serie di misure contro la Corea del Nord, ha poi deciso oggi un bando
totale, nell’arcipelago nipponico, per le navi nordcoreane.
La Corea del Sud, favorevole a sanzioni economiche ma contraria a qualsiasi
azione militare, ha temporaneamente sospeso, infine, l’invio degli aiuti
d’emergenza alla Corea del Nord. Poco prima,
l’organizzazione umanitaria ‘Human
Rights Watch’ aveva lanciato un appello chiedendo di non sospendere gli
aiuti e invitando a “distinguere tra governo e cittadini nordcoreani”.
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La
legge marziale sarà in vigore in Thailandia ancora per un mese. Lo ha detto il ministro della Difesa di Bangkok precisando
che la decisione di abolire la legge spetta al generale Sonthi
Boonyaratglin, che lo scorso 19 settembre ha rovesciato
con un colpo di Stato il governo del premier Taksin Shinawatra.
Il governo di Colombo e il mediatore norvegese per la pace in Sri Lanka negano offensive militari in corso nel nord del
Paese, contro i ribelli Tamil. Soltanto stamani, le
Tigri avevano diffuso una nota in cui denunciavano un’operazione "su larga
scala" dell’esercito regolare. I soldati hanno comunque ammesso di aver
perso 22 uomini nei combattimenti nella penisola di Jaffna.
Nei giorni scorsi, i ribelli Tamil si erano detti
disponibili a riprendere i negoziati di pace.
Dodici
persone sono morte ed altre decine sono rimaste ferite per un attentato dinamitardo,
non ancora rivendicato, compiuto nel sud delle Filippine. Lo hanno reso noto fonti della polizia precisando che la bomba è esplosa a
Makilala durante le celebrazioni per il 52.mo anniversario di questa città.
Violenze
anche in Iraq un’ennesima autobomba è esplosa nell'area di Al-Gadir
di Baghdad, enclave prevalentemente cristiana nella parte est della capitale
irachena. La polizia ha riferito che la deflagrazione ha provocato la morte di
almeno due civili. Gli agenti hanno anche precisato che l’ordigno è esploso al
passaggio una pattuglia della polizia. Sul versante politico, il Parlamento
iracheno ha definitivamente approvato il disegno di legge per la creazione di
uno Stato federale.
I
compiti della missione militare delle Nazioni Unite in Libano, alla quale
partecipa anche l’Italia, non saranno cambiati perché esistono regole e limiti fissate dalla risoluzione 1701. Lo ha
ribadito il capo dell’esecutivo italiano, Romano Prodi, incontrando a Beirut,
in Libano, il premier Fouad Siniora. Il primo
ministro libanese ha ricordato che con la risoluzione si cercano garanzie
affinché il Libano abbia totale sovranità e “non ci siano armi oltre quelle
dell’esercito libanese”.
Una
collisione fra treni nel nord-est della Francia ha
causato un numero ancora imprecisato di vittime. Ne hanno dato notizia fonti
della protezione civile francese precisando che i morti sono almeno 12.
Andiamo in Italia, dove sono in corso gli esami per la
legge finanziaria del governo Prodi. In questi giorni c’è stato il sostanziale
via libera della Commissione europea, ma anche la bocciatura della Corte dei
Conti. Al via poi il cammino parlamentare: il confronto con l’opposizione
dovrebbe portare a qualche modifica. Una è già stata annunciata ieri, con la
riduzione dei tagli agli enti locali. Servizio di Giampiero Guadagni:
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Finanziaria più leggera per Comuni e Province. E’ il
risultato dell’incontro di ieri tra Governo ed enti locali. Un miliardo di
tagli in meno, come chiedevano a gran voce i sindaci, molti dei quali di
centrosinistra, che avevano paventato la necessità di aumentare le imposte
territoriali. Ma l’entità complessiva della manovra resta inalterata: 34,7
miliardi di euro. Dunque andrà verificato in che modo il Governo troverà la
copertura per la decisione presa. E questo anche in vista di probabili analoghe
richieste di altri soggetti, dalle regioni ai sindacati, che sollecitano ad
esempio l’abolizione dei ticket sanitari per le visite non urgenti al pronto soccorso.
Il ministro dell’Economia, Padoa Schioppa,
ha presentato ieri la Finanziaria ai colleghi europei, garantendo sugli
obiettivi di risanamento e sviluppo. L’Europa ha gradito. Il commissario
europeo per gli affari monetari Almunia giudica la
manovra adeguata a far rientrare l’Italia nei parametri del Patto di stabilità,
ma fa anche sapere che i conti pubblici restano sotto controllo. Più difficile,
almeno nell’immediato, sembra l’esame interno. Dalla Corte dei Conti è arrivata
una bocciatura: troppe tasse, dicono i magistrati contabili, deprimono la
crescita e favoriscono l’aumento della spesa. Sul fronte politico, il
centrodestra annuncia una forte opposizione in Parlamento, ma pensa anche ad
una mobilitazione in piazza, contro la quale si schiera, però, l’UDC, che ormai
contesta apertamente la leadership di Berlusconi, che oggi incontrerà Casini
proprio per decidere una linea comune sulla Finanziaria. Intanto,
CDL e quei settori della maggioranza più insoddisfatti dalla manovra hanno
aperto il cosiddetto tavolo dei volenterosi: partecipano esponenti di entrambi
gli schieramenti che intendono proporre modifiche soprattutto in due direzioni:
un intervento sui trattamenti di fine rapporto che non danneggi le piccole e
medie imprese; e soprattutto una riforma delle aliquote IRPEF che vada davvero
incontro alle esigenze dei nuclei familiari. Uno studio sulla revisione
adottata in Finanziaria dimostra, infatti, che la nuova IRPEF favorisce
soprattutto chi vive da solo.
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Al via oggi in Scozia le trattative tra i
governi di Londra e Dublino con i partiti del Nord Irlanda. L’obiettivo del
Vertice, al quale parteciperanno anche il premier britannico Blair e il collega irlandese Ahern,
è quello di trovare un nuovo e definitivo assetto politico per la regione
dell’Ulster.
Ancora un fatto di cronaca nera a Mosca. Un direttore di banca è stato ucciso ieri sera nella
capitale russa, pochi giorni dopo l’assassinio della giornalista Anna Politkovskaia. Proprio ieri in città centinaia di
persone hanno partecipato ai funerali della donna, uccisa da un commando sabato
scorso. E mentre le indagini vanno avanti, il
presidente Putin, durante il suo viaggio in Germania,
ha espresso la volontà di fare giustizia.
I “bambini-soldato” una piaga diffusa nei conflitti di
tutto il mondo, ma soprattutto nella Repubblica Democratica del
Congo. 11 mila dei circa 30 mila bambini sequestrati e costretti a
combattere durante la guerra dal 1998 al 2003 o usati come schiavi sessuali sono
ancora nelle mani dei gruppi armati o risultano dispersi. Questo il drammatico
allarme lanciato da Amnesty International, nel rapporto dal titolo “Bambini in
guerra: creando speranza per il loro futuro”. Ma come spiegare questo triste
fenomeno? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre
Giulio Albanese, per tanti anni missionario in Africa ed autore di libri sui
bambini-soldato:
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R. – Anzitutto perché i bambini sono obbedienti, non
costano niente e poi perché – questo è l’aspetto inquietante – gli adulti,
soprattutto quelli che hanno avuto la possibilità di andare a scuola, di queste
guerre non vogliono assolutamente saperne nulla. La verità è che dietro le
quinte ci sono sempre stati questi famelici ‘signori della guerra’,
al servizio di interessi più o meno occulti. Non dimentichiamo che l’ex-Zarie è un Paese dove le materie prime abbondano. Per
questo, molte volte vengono utilizzati i ragazzi per
innescare meccanismi ‘predatori’ nei confronti di queste risorse che vengono
poi svendute all’estero per somme irrisorie.
D. – Esistono parallelamente dei programmi di
riconversione, una volta che i minori, almeno i più fortunati, vengono sottratti alle armi?
R. – Sì, i piani esistono, ma purtroppo scarseggiano i
fondi. Ci sono diverse Organizzazioni non governative ed Organizzazioni
missionarie che in questi anni hanno tentato, non solo nel
Congo, ma anche in altre parti dell’Africa di far fronte in modo
intelligente a questo problema. E purtroppo il dramma di questi ragazzi
continua perché, se effettivamente non vengono
seguiti, rischiano davvero di essere abbandonati al loro destino.
D. – Padre Albanese, lei è stato parecchi anni missionario in Africa, ha avuto modo di incontrare
qualcuno di questi cosiddetti bambini soldato?
R. – Ne ho incontrati davvero tanti, sia in Sierra Leone
che in Liberia, nel Nord dell’Uganda ed anche in Congo. Ci si trova di fronte
dei ragazzi, che sono costretti davvero a combattere, che hanno dovuto
rinunciare proprio a tutto, ovviamente non volontariamente. Molti di loro hanno
espresso, in più circostanze, la voglia di tornare a scuola. Comunque, in tutti
questi incontri, quello che mi ha colpito sempre è stata propria la loro
voglia, il loro desiderio di continuare a vivere una vita normale.
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In
Nigeria decine di ostaggi, lavoratori nigeriani alle dipendenze della Shell o di aziende appaltatrici del colosso petrolifero,
sono stati liberati da un gruppo di ribelli. Secondo fonti
della sicurezza, 15 lavoratori sono ancora nelle mani di uomini armati in una
stazione di pompaggio nel Delta del Niger.
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