RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 281 - Testo della trasmissione di Domenica 8 ottobre 2006

 

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

C’è bisogno di famiglie che non si lascino travolgere da moderne correnti culturali ispirate a edonismo e  relativismo: cosi’ il Papa che all’Angelus chiede agli sposi di mantenersi fedeli alla loro vocazione in ogni stagione della vita

 

Nel pomeriggio, a Fiesole, la Beatificazione di Maria Scrilli, fondatrice dell’Istituto delle Suore di Nostra Signora del Carmelo.  Intervista con suor Maria Stella Marciano

 

Le politiche di sicurezza degli Stati non possono ledere i diritti dei richiedenti asilo e di chi è perguitato o emigra per necessità dal proprio Paese. Ai nostri microfoni mons. Silvano Tomasi 

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Conclusa l’Assemblea plenaria delle Conferenze episcopali d’Europa, che per la prima volta si è tenuta in Russia

 

Un anno dopo il devastante terremoto in Kashmir, la situazione resta drammatica nell’ampia area al confine fra India e Pakistan. La testimonianza di Hussein Syed

 

Oggi in Italia si celebra la Giornata nazionale della persona con sindrome down. Ce ne parla Anna Contardi

 

Con la vittoria di una soprano lituano, concluso ieri sera a Roma il V Concorso di musica sacra.   Con noi il cardinale Paul Poupard, Daniela De Marco e la vincitrice, Julija Samsonova

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi del Congo, in vista del ballottaggio per le elezioni presidenziali, esortano ad evitare la violenza e invitano i cittadini al voto

 

Per il timore di nuovi combattimenti, 2mila somali hanno lasciato le loro terre

 

Si conclude oggi a Fatima il Congresso mondiale per la vita

 

Restituita al culto, nella chiesa romana del Gesù, l’immagine della Madonna della strada

 

24 ORE NEL MONDO:

Uccisa ieri sera a Mosca la nota giornalista e opinionista Anna Politkovskaia

 

In violenti scontri a Diwaniya,  soldati dell'esercito iracheno e delle forze Usa denunciano la morte di  20 ''insorti''

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 ottobre 2006

 

 

C’È BISOGNO DI FAMIGLIE CHE NON SI LASCINO TRAVOLGERE DA MODERNE CORRENTI CULTURALI ISPIRATE ALL’EDONISMO E AL RELATIVISMO: COSI’ IL PAPA

CHE ALL’ANGELUS CHIEDE AGLI SPOSI DI MANTENERSI FEDELI

 ALLA LORO VOCAZIONE IN OGNI STAGIONE DELLA VITA

 

Il matrimonio e la famiglia al centro delle parole del Papa all’Angelus, il primo recitato in piazza San Pietro dopo il soggiorno estivo a Castel Gandolfo. La riflessione di Benedetto XVI ha preso spunto dal Vangelo di oggi che ci presenta le risposte di Gesù sul matrimonio. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“C’è bisogno di famiglie che non si lascino travolgere da moderne correnti culturali ispirate all’edonismo e al relativismo, e siano pronte piuttosto a compiere con generosa dedizione la loro missione nella Chiesa e nella società”. E’ l’insegnamento che Benedetto XVI ribadisce aggiungendo:

 

 Consapevoli della grazia ricevuta, possano i coniugi cristiani costruire una famiglia aperta alla vita e capace di affrontare unita le molte e complesse sfide di questo nostro tempo. C’è oggi particolarmente bisogno della loro testimonianza.

 

“Il mio pensiero va a tutti gli sposi cristiani” dice il Papa ringraziando “con loro il Signore per il dono del Sacramento del matrimonio”. E tutti gli sposi esorta a mantenersi fedeli alla loro vocazione in ogni stagione della vita,nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia’, come hanno promesso nel rito sacramentale.

 

Benedetto XVI ricorda che nel Vangelo di oggi a chi domandava a Gesù se fosse lecito al marito ripudiare la propria moglie, come prevedeva un precetto della legge mosaica, Egli rispose che quella era una concessione fatta da Mosè a motivo della “durezza del cuore”, mentre la verità sul matrimonio risaliva “all’inizio della creazione”, quando “Dio – come sta scritto nel Libro della Genesi – li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola”. E Gesù aggiunse: “Sicché non sono più due, ma una carne sola. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”.

 

E Benedetto XVI sottolinea che proprio questo progetto originario di Dio è stato ricordato anche dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et Spes, dove si legge: “L’intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale… Dio stesso è l’autore del matrimonio”.

 

Per poi sottolineare che nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio, il servo di Dio Giovanni Paolo II ha scritto che “il sacramento del matrimonio costituisce i coniugi e i genitori cristiani testimoni di Cristo «fino agli estremi confini della terra», veri e propri «missionari» dell’amore e della vita”. Benedetto XVI spiega che questa missione è diretta sia all’interno della famiglia – specialmente nel servizio reciproco e nell’educazione dei figli –, sia all’esterno: la comunità domestica, infatti, è chiamata ad essere segno dell’amore di Dio verso tutti.

 

E ci sono poi parole che hanno il sapore dell’incoraggiamento, di fronte ai limiti umani, ma anche dell’insegnamento di base.  Il Papa dice che si tratta di una “missione, questa, che la famiglia cristiana può portare a compimento solo se sorretta dalla grazia divina”.

 

“Per questo è necessario pregare senza mai stancarsi e perseverare nel quotidiano sforzo di mantenere gli impegni assunti il giorno del matrimonio. Su tutte le famiglie, specialmente su quelle in difficoltà, invoco la materna protezione della Madonna e del suo sposo Giuseppe. Maria, Regina della famiglia, prega per noi!”

 

Dopo la preghiera mariana, un saluto “con affetto” agli oltre 350 giovani “missionari”, appartenenti a parrocchie, associazioni, movimenti e comunità della Diocesi di Roma, che nei giorni scorsi, insieme con alcuni sacerdoti, religiose e seminaristi hanno dato vita alla terza edizione della “missione dei giovani ai giovani”, denominata “Gesù al centro”.

 

“Cari amici, mi congratulo per il vostro gioioso impegno di annunciare il Vangelo per le strade e nelle piazze, nelle scuole e negli ospedali, come pure nei luoghi di svago dei giovani romani. Vi incoraggio a mantenere questo stile missionario nella vita di tutti i giorni, approfittando sempre delle iniziative formative diocesane.

 

         Tra i saluti in diverse lingue, l’auspicio espresso in francese che possano i giovani riscoprire il valore dell’impegno del matrimonio e poi l’invito alle istituzioni pubbliche a sostenere l’istituzione coniugale e familiare.    

 

In spagnolo, il saluto particolare ai pellegrini della Basilica di Nuestra Senora de las Angustias, di Granada.

 

In polacco il ricordo della memoria, celebrata ieri, della Beata Vergine Maria del Rosario, con l’esortazione a questa preghiera ricordando che come ha scritto Giovanni Paolo II, “con il Rosario il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore”.

 

         Infine il saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Senago, Pogliano Milanese, Cercemaggiore e Asti; come pure i partecipanti al primo Rally per automobili ecologiche, organizzato dalla Federazione Auto Motoristica della Repubblica di San Marino. 

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OGGI, A FIESOLE, LA BEATIFICAZIONE DI MARIA SCRILLI

- Intervista con suor Maria Stella Marciano -

 

 A Fiesole, vicino Firenze, nel pomeriggio sarà proclamata Beata Maria Teresa di Gesù, al secolo Maria Scrilli, fondatrice dell’Istituto delle Suore di Nostra Signora del Carmelo, morta nel 1889. La cerimonia si svolgerà alle 16.30 e sarà presieduta dal prefetto della Congregazione per le cause dei santi, cardinale José Saraiva Martìns.

 

Maria Scrilli nasce a Montevarchi, in provincia di Arezzo, il 15 maggio 1825, secondogenita di una famiglia medio borghese. Nel 1846 entra nel monastero delle Monache Carmelitane di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze, ma in seguito si  iscrive al Terz’Ordine Carmelitano e, tornata a Montevarchi, inizia la sua missione di educatrice come direttrice delle Scuole Normali Femminili. Il 15 ottobre 1854 con alcune compagne dà vita a un nuovo Istituto religioso. Essere contemplative ed educatrici è il loro scopo. Nel 1859 a motivo della particolare situazione politica in cui si trova l’Italia, l’Istituto viene soppresso. La Madre si trasferisce a Firenze dove con alcune antiche Compagne nel 1875 ricostituisce la comunità. Madre Maria Teresa Scrilli muore il 14 novembre 1889, giorno in cui il Carmelo festeggia i suoi Santi.

        

Ma per capire meglio in che situazione ha svolto la sua attività Maria Teresa Scrilli, Giovanni Peduto ha parlato con suor Maria Stella Marzano, segretaria generale della Congregazione e vice postulatrice della Causa di Beatificazione:

 

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R. - Madre Maria Teresa Scrilli ha svolto la sua attività in Toscana in un periodo storico molto difficile perché vede la fine del Granducato di Toscana e l’Unità d’Italia. La sua opera fu travolta non solo dalla precarietà politica, ma da un clima decisamente anticlericale e ostile particolarmente alla vita religiosa femminile. I politici montevarchini, massoni e anticlericali, in nessun modo volevano monache nel paese pur avendo grande stima della Madre e della sua opera educativa tra le giovani.

 

D. – Qual è stato lo specifico della sua santità, il suo carisma peculiare?

 

R. - Madre Scrilli, fin dalla sua giovinezza, ha sempre cercato la volontà di Dio anteponendola alla propria. Questo l’ha guidata a scelte importanti quali la consacrazione a Dio, l’uscita dal monastero, la perseveranza nel volere l’Istituto nonostante le numerose avversità, perché convinta che fosse volere di Dio. Nel suo esemplare cammino con Dio, quale fu appunto la sua vita di santità, la Madre Scrilli ci mostra un itinerario che si può esprimere nell’affermazione: “dalla pedagogia della vita alla pedagogia della santità”, per i tratti caratteristici della sua vocazione al Carmelo e di educatrice.

 

D. – Qualche episodio caratteristico della sua vita?

 

R. - Capacità di prevedere avvenimenti futuri. Preghiera di intercessione per ottenere la salute del corpo e dell’anima di chi si raccomandava alle sue preghiere e che il Signore esaudiva. Viveva continuamente la presenza di Dio ed era fortemente attratta dall’Eucaristia. Una consorella riferisce l’episodio di un armadio, adiacente alla cappella, in cui venivano conservati i paramenti sacri e la suppellettile per la celebrazione. La Madre passando davanti a quell’armadio si inginocchiava e recitava la giaculatoria: “Sia lodato e ringraziato ogni momento…”. La suora domandò alla Madre perché si inginocchiasse davanti all’armadio. Ella rispose: “ Non posso farne a meno. Ogni volta che passo di lì, sento in me una forza misteriosa che mi porta, mi obbliga a inginocchiarmi e a pregare”. Avvisato il Confessore, osservando attentamente il calice, vide in fondo al medesimo, un piccolo foro; svitata la coppa fu notata la presenza del Preziosissimo Sangue.

 

D. – Qual è il messaggio di Maria Teresa Scrilli  per l’umanità di oggi?

 

R. – Madre Maria Teresa ha maturato una santità semplice dicendo a Dio il proprio sì nella contingenza quotidiana. Ha vissuto i suoi giorni in semplicità e fedeltà. Ha dimostrato che la ricchezza di Dio vale più di quella del mondo. Precorrendo il tempo dell’emancipazione femminile, si è fatta partecipe delle necessità dei più deboli, provando che la vera nobiltà risiede nella capacità evangelica di spendere la vita. L’esperienza storica e spirituale di Madre Scrilli, come testimonianza di una vita donata agli altri in Cristo, mostra a noi tutti come essere santi per “costruire una nuova civiltà dell’amore”, di uomini e donne che accolgono il dono di Dio e rispondono senza misura al suo infinito amore, con una dinamica di vita spirituale che invade ogni dimensione umana e che forgia il santo nell’oggi.

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LE POLITICHE DI SICUREZZA DEGLI STATI NON POSSONO LEDERE

I DIRITTI DEI RICHIEDENTI ASILO E DI CHI E’ PERGUITATO

O EMIGRA PER NECESSITA’ DAL PROPRIO PAESE

- Intervista con l’arcivescovo Silvano Tomasi -

 

“Le misure per controllare l’immigrazione illegale non devono ledere i diritti dei richiedenti asilo”: lo ha ribadito Antonio Guterres, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, richiamando la comunità internazionale “a garantire la protezione delle vittime della violenza e della persecuzione, specie “in un momento nel quale l’intolleranza prevale in molte società”. Chiudendo i lavori del Comitato esecutivo dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, riunito questa settimana a Ginevra, Guterres, riferendosi ai clandestini approdati di recente in Spagna ed Italia, ha sottolineato che seppure siano per la maggior parte persone fuoriuscite dai loro Paesi per motivi economici, è “gente che ha bisogno di protezione”, al di là del “diritto degli Stati a gestire le proprie frontiere” e “ad applicare proprie politiche di sicurezza”. Presenti nella città elvetica i delegati di 70 Paesi, oltre all’Osservatore della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, l’arcivescovo Silvano Tomasi, intervistato da Roberta Gisotti:

 

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R. – Il problema delle risorse necessarie per affrontare il numero crescente di persone che hanno bisogno di protezione è uno dei punti maggiormente dibattuti in questi giorni. Infatti, anche se i rifugiati, nel senso tecnico della definizione della convenzione di Ginevra del ’51, stanno diminuendo, il numero degli sfollati interni, che sono comunque di interesse dell’Alto Commissariato per i rifugiati, sta crescendo. Ci sono circa 9 milioni di rifugiati, ma 24 e più milioni di persone che sono praticamente come dei rifugiati all’interno dei loro Paesi. Davanti a questa situazione, la comunità internazionale deve porsi la domanda: “Come fare per eliminare dalla mappa del mondo queste ‘macchie nere’, che sono questi enormi campi di rifugiati e di sfollati?”

 

D. – Lei, in particolare, ha lanciato una denuncia, dichiarando che basterebbe poco di quanto si spende per gli armamenti per alleviare le sofferenze di questa umanità in pena…

 

R. – Sì, io ho voluto usare il confronto con la crescita delle spese per gli armamenti per dire: “Mettiamo sulla bilancia anche le sofferenze di questa poca umanità sradicata e vediamo come risolvere il loro problema”. Pensiamo che dal 1996 al 2005 le spese militari sono cresciute del 34 per cento, arrivando l’anno scorso ad una spesa di 1118 miliardi di dollari, una cifra incredibile che alle volte si fa fatica con la fantasia a rappresentare. Mentre il budget annuale dell’Alto Commissariato per i Rifugiati è solamente di un miliardo di dollari. Dobbiamo, quindi, vedere dove sono le priorità della comunità internazionale, come cercare di far crescere di più la coscienza di dover essere più solidali con le persone che soffrono. Dobbiamo tener conto delle esigenze della sicurezza, ma non in maniera così sbilanciata.

 

D. – Lei ha chiesto anche di fare chiarezza sull’identità del rifugiato rispetto a quella del profugo e a quella del migrante…

 

D. – Bisogna che manteniamo la distinzione chiara: i rifugiati, per ragioni specifiche di persecuzione o di discriminazione, devono essere considerati come un soggetto prioritario di protezione. Non è che con questo, però, dobbiamo esentare la responsabilità della comunità internazionale dalla protezione di cui hanno bisogno anche gli immigrati. Abbiamo troppe vittime che muoiono cercando di andare dalla Somalia verso lo Yemen, dalla Libia verso Lampedusa, dal Senegal verso le isole Canarie o dal Marocco verso Gibilterra. Troppi morti! Ce ne abbiamo praticamente quasi ogni giorno. Se la gente rischia la propria vita sapendo di rischiarla per cercare di sopravvivere, questa è una specie di luce rossa di allarme, che dovrebbe allertare la comunità internazionale a farsi la domanda: “Perché questo avviene? Come possiamo rimediare a questa situazione di disperazione?”

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 ottobre 2006

 

SI E’ CONCLUSA L’ASSEMBLEA PLENARIA DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE D’EUROPA CHE PER LA PRIMA VOLTA  SI E’ SVOLTA IN RUSSIA

- Il servizio di Mimmo Muolo -

 

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Con una presidenza tutta nuova il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa riparte per un altro quinquennio di lavoro, dopo l’importante Assemblea plenaria di San Pietroburgo, la prima in Russia. Importante non solo perché ha visto l’elezione del Primate di Ungheria, cardinale Peter Erdö a presidente dell’organismo ma soprattutto per le implicazioni ecumeniche e le intenzioni di più stretta collaborazione con i cattolici manifestate dalla Chiesa ortodossa russa. E’ importante inoltre per la compattezza dimostrata dai 34 presidenti delle Conferenze episcopali europee nel considerare la sfida della secolarizzazione, che rappresenta una priorità assoluta dei prossimi 5 anni. Parte da San Pietroburgo un duplice messaggio: alla cultura del nostro tempo, si chiede   un dialogo che, come dice Benedetto XVI, coniughi fede e ragione; alle istituzioni di Bruxelles, si dice che sono chiamate a costruire un’Europa che promuova il vero bene dell’uomo. Per questo, cardinali e vescovi delle CCEE chiedono che non siano stravolte le norme che regolano matrimonio e famiglia e assicurano un forte impegno comune su questo punto.

 

         L’Assemblea si è conclusa con l’approvazione dei messaggi al Papa e al Patriarca Alessio II e con ultime comunicazioni: in particolare, quella relativa alla terza Assise ecumenica di Sibiu, il prossimo anno nella città romena. Un’altra tappa di quel cammino di riavvicinamento delle Chiese del Continente dopo le tante difficoltà del recente passato.

 

         Da San Pietroburgo per la Radio Vaticana, Mimmo Muolo.

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UN ANNO DOPO IL DEVASTANTE TERREMOTO IN KASHMIR, LA SITUAZIONE RESTA DRAMMATICA NELL’AMPIA AREA AL CONFINE FRA INDIA E PAKISTAN

- Intervista con Hussein Syed -

 

Un lungo suono di sirene e un minuto di silenzio. E’ iniziata così la commemorazione delle circa 74 mila vittime del devastante terremoto che esattamente un anno fa colpì il Kashmir, un’ampia area al confine fra India e Pakistan. Nella parte pachistana della regione il presidente Pervez Musharraf ha deposto una corona sul monumento alle vittime del sisma, che l’8 ottobre dell’anno scorso lasciò senza tetto  tre milioni  e mezzo di persone. Oggi, 365 giorni dopo, la situazione nell’area resta purtroppo drammatica, come conferma al microfono di Salvatore Sabatino, Hussein Syed, operatore dell’Organizzazione umanitaria per l’emergenza “Intersos”, impegnata da allora nella regione terremotata:

 

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R. - La situazione oggi, certamente, è ancora abbastanza grave perchè tanto è stato fatto ma non è stato fatto quanto si sarebbe dovuto o potuto fare. La causa è  certamente anche la mancanza di aiuti, soprattutto da parte dell’Occidente oppure, se ci sono stati, sono stati in via  molto parziale. Questo sicuramente ha penalizzato questo Paese.

 

D. – Questo disinteresse del mondo, nei confronti di un territorio che è stato messo letteralmente in ginocchio dal terremoto… Ci riusciamo a spiegare il perché, ci sono dei motivi pratici, ci sono delle responsabilità politiche?

 

R. – Finché la cosa è calda, fa notizia, siamo un po’ tutti buoni e bravi, poi, a lungo andare, sicuramente dove ci vogliono degli impegni sostanziali veramente, allora le cose possono cambiare d’aspetto. E qui in Pakistan, appunto, questa cosa è stata dimostrata abbastanza e cioè che se non c’è un impegno veramente preciso e sentito da parte della classe politica e dei mass-media, sicuramente cala un sipario su tutto quello che è successo, rimane solo nella memoria di pochi, oppure sono pochi quelli che sono presenti in loco e continuano con le loro piccolissime possibilità, come l’“Intersos”. Non abbiamo abbandonato, nonostante le difficoltà immense.

 

D. – Problemi dunque oggettivi di finanziamento del progetto, ma in questo momento lei vuole lanciare un appello ai nostri radioascoltatori? La popolazione di che cosa ha bisogno ancora oggi?

 

R. – Abbiamo sicuramente bisogno di tutto quello di cui avevamo bisogno un anno fa e oggi sicuramente c’è più bisogno. Allora avevamo bisogno delle tende, avevamo bisogno di tutti quei materiali per poter fare fronte a quell’emergenza. Oggi sicuramente le cose sono cambiate perché bisogna essere in grado di ricostruire questo Paese. Certamente sono due le necessità: una è quella di ospitare e continuare ad ospitare questa gente da qualche parte; dall’altra parte, si deve continuare per assicurare a questi beneficiari la soluzione permanente o almeno più solida dove si possa ricredere e ricominciare la vita di queste persone qui.

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PER COMBATTERE PREGIUDIZI E LUOGHI COMUNI, SI CELEBRA IN TUTTA ITALIA

LA QUARTA GIORNATA NAZIONALE DELLA PERSONA CON SINDROME DI DOWN

- Con noi Anna Contardi -

 

Si celebra in tutta Italia oggi la quarta Giornata Nazionale della persona con sindrome di Down. In 60 città sono allestiti 200 punti d’incontro dove sarà possibile acquistare cioccolato del commercio equo-solidale. Due gli obbiettivi dell’iniziativa: sfatare pregiudizi e luoghi comuni e promuovere l’integrazione a

 

scuola e nel mondo del lavoro. Antonella Villani ha chiesto ad Anna Contardi, coordinatrice dell’Associazione Italiana persone Down, come nasce lo slogan scelto per quest’anno “Più Uno vale Uno”:

 

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R. – Perché la caratteristica della sindrome di down è un cromosoma in più nella coppia “21” però avere un cromosoma in più, in questa situazione, spesso comporta che le persone con la sindrome di down vengano considerate di meno. Noi riaffermiamo il diritto a valere “uno”, una persona con dei diritti, delle capacità, con delle cose da far scoprire agli altri quando li incontreremo in piazza.

 

D. – Pensando alla persona down, c’è l’idea che rimanga a vita dipendente dei genitori…

 

R. – Chiaramente una persona con la sindrome di down è una persona con una disabilità di tipo intellettivo, quindi con un bisogno di sostegno da parte dei familiari, da parte della società tutta. Quello su cui però abbiamo lavorato molto in questi anni, è la conquista dell’autonomia possibile. Quindi noi oggi vediamo delle persone con sindrome di down che riescono ad andare a lavorare, che possono prendere un autobus o fare da soli i propri acquisti. Tutto questo, ovviamente, ha dietro un grande lavoro delle famiglie, dell’associazionismo, degli operatori che seguono le persone con la sindrome di down. E’ un obbiettivo possibile su cui vogliamo continuare a lavorare.

 

D. – Anche perché l’aspettativa di vita si è molto allungata per queste persone?

 

R. – Se alla fine degli anni ’40, l’aspettativa di vita di un bambino con la sindrome di down era di 12 anni, oggi è di 62 anni. Questo chiaramente determina, non solo una realtà visibilmente diversa - perché oggi incontriamo molti più adulti nelle strade, sui luoghi di lavoro - ma soprattutto determina la necessità di attivare più risposte a quelle che sono le esigenze e i problemi dell’adulto: un bisogno di casa, di lavoro, di un’occupazione adeguata e di una vita di qualità anche per chi non è in grado di andare a lavorare.

 

D. – Sfatare pregiudizi e luoghi comuni, è il vostro obiettivo per questa giornata. Per questo voi sarete presenti in 200 piazze?

 

R. – In ogni città ci saranno più punti di informazione; avvicinandosi ai punti della giornata, ognuno potrà offrire un contributo in cambio di una tavoletta di cioccolata che sarà una tavoletta un po’ particolare: oltre ad essere una tavoletta di cioccolata del commercio equo e solidale, sarà una tavoletta che contiene un messaggio, non solo perché fatta a forma di lettera, ma perché dentro ci saranno delle esperienze che vengono da persone con sindrome di down stessa, dai loro familiari, dai loro amici. Qualcosa per farci riflettere.

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E’ IL SOPRANO LITUANO JULIJA SAMSONOVA LA VINCITRICE DEL V CONCORSO VOCALE INTERNAZIONALE DI MUSICA SACRA CONCLUSOSI IERI A ROMA

- Con noi il cardinale Paul Poupard, Daniela De Marco e Julija Samsonova -

 

Oltre 50 diverse nazionalità sono state rappresentate dai partecipanti al V Concorso Vocale Internazionale di Musica Sacra che, promosso dall'Accademia Culturale Europea, si è svolto a Roma dal 3 al 7 ottobre sotto l'egida del Pontificio Consiglio della Cultura. L'ha seguito per noi A.V.:

 

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         Un uguale anelito religioso vibra nelle voci dei finalisti e si spande nella Basilica di San Lorenzo in Lucina, gremita ieri sera per il Concerto di Gala presieduto dal Cardinale Paul Poupard:

 

“Mi rallegro molto di vedere che in questo momento c’è un ritorno alla musica sacra, che era stata un po’ messa da parte, e soprattutto di vedere tanti giovani appassionati per la musica sacra. Benedetto XVI ha ribadito l’importanza della musica sacra in tutte le sue espressioni: dal Gregoriano, alla Polifonia e ai grandi classici. Noi del Pontificio Consiglio della Cultura siamo in sintonia con il suo intendimento, perché proprio in questi giorni stanno per uscire gli atti dell’ultima plenaria del Dicastero che era dedicata alla “Via Pulchritudinis”, la via della bellezza, e andrò a Parigi per presentare il libro in versione francese.      

 

La direttrice artistica Daniela De Marco spiega le finalità del Concorso:

 

“Lo spirito è, prima di tutto, di comunicare un grande entusiasmo per questo genere di musica. Chiediamo musicisti fatti, finiti e completi e che cantino anche con una grande anima. Questo è quello che abbiamo riscontrato nella vincitrice: lei pregava cantando”.


Primo premio al soprano lituano Julija Samsonova, 24 anni, con Salve Maria di Mercadante. La Giuria internazionale era presieduta da Josef Hussek, direttore dell'Opera di Amburgo, e composta da Marc Clèmeur, Sovrintendente Opera Fiamminga di Anversa e Gent; Carlo Donadio, direzione artistica teatro dell’Opera di Roma; Giovanni Pacor, coordinatore Artistico Arena di Verona; Helen Sykes, Artists’ Management di Londra; Antonio Tasca, segretario artistico Teatro Carlo Felice di Genova. Illustrano così le sue qualità:

 

Giovanni Pacor: “Una maturità nella vocalità e nel modo di cantare, proprietà della tecnica che le permette di comunicare, ad un livello superiore rispetto agli altri concorrenti, con il pubblico”;

 

Mar Clèmeur: “Un timbro di voce bellissimo che fa un po’ pensare alla grande soprano romena Eliana Contrubas. Ha anche interpretato il brano con una grandissima emozionalità che vuole dire che l’aria cantata in questo concorso di musica sacra diventava veramente una preghiera”.

 

Helen Sykes: “Tutto il pubblico ha capito che canta con il cuore”.

 

Chiediamo alla stessa vincitrice Samsonova perché ha scelto il canto sacro:

 

“Perché posso esprimermi molto meglio che con qualsiasi altro repertorio, perché non si rimane indifferenti a quello che si canta, perché ti tocca molto più nell’intimo. Penso che il contatto proprio con le persone che incontri in chiesa non avvenga in una sala da concerto”.

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CHIESA E SOCIETA’

8 ottobre 2006

 

 

CONGO: IN VISTA DEL BALLOTTAGGIO PER LE ELEZIONI PRESIDENZIALI, LA CONFERENZA EPISCOPALE ESORTA IN UN DOCUMENTO AD EVITARE LA VIOLENZA,

INVITA I CITTADINI AL VOTO E SI APPELLA ALLE AUTORITÀ PERCHÉ LA

III REPUBBLICA GARANTISCA GIUSTIZIA E PACE

 

KINSHASA. = Un messaggio di speranza al popolo congolese e un appello pressante ai futuri dirigenti della III Repubblica a governare per il bene del Paese: a rivolgerli sono stati i vescovi del Congo in documento pubblicato al termine dell’assemblea plenaria ordinaria conclusasi a Kinshasa il 5 ottobre. “La verità vi renderà liberi. Il risultato delle urne nella trasparenza”: questo il titolo del messaggio pubblicato in vista del ballottaggio presidenziale del 29 ottobre. Con il documento, i presuli vogliono illuminare le coscienze dei fedeli ed apportare, nell’esercizio della loro missione profetica, un contributo all’edificazione di uno Stato di diritto e alla ricostruzione materiale e morale del Paese. “La Chiesa non intende fare politica – affermano i vescovi – ma rivendica la libertà di esprimere il proprio giudizio morale … per la difesa dei diritti fondamentali delle persone o per la salvezza delle anime”. La Conferenza episcopale congolese invita poi a tener conto del lavoro degli osservatori  “perché la verità delle urne venga accettata nella calma e nella serenità”. E condanna, nelle campagne elettorali, violenze e discorsi che si appellano all’odio e alla divisione. Profonda indignazione è stata anche espressa dai vescovi per gli avvenimenti del 27 luglio e del 20-22 agosto a Kinshasa, che hanno provocato morte e distruzione. Intanto, ieri, nella turbolenta regione di Ituri le milizie ribelli hanno attaccato l’Esercito regolare congolese a Mont Awi, ferendo due 'caschi blu' della Monuc, la missione delle Nazioni Unite. Il capitano Chales Boeka, ufficiale di collegamento delle Forze Armate dell’ex Zaire con il contingente Onu di stanza nella zona, ha reso noto che sono stati uccisi dodici assalitori. “Che nessuno riporti la guerra nel Paese - scrivono i presuli - di fronte alla minaccia della separazione fra est ed ovest del Paese; con il popolo diciamo no a qualunque tentativo di frammentazione del Congo per indebolirlo e perché se ne possa disporre a proprio piacimento”. L’integrità territoriale e la sovranità nazionale non sono negoziabili – si legge ancora nel documento della Conferenza episcopale – la trasparenza deve restare un’esigenza particolare della Commissione elettorale indipendente. I vescovi si appellano poi ai nuovi dirigenti perché esercitino il potere in “uno spirito di servizio, integrità, onestà e vicinanza a tutti i cittadini”. A proposito del commercio delle armi leggere, i vescovi ne denunciano la diffusione su larga scala ed inoltre si dicono stupiti del silenzio della comunità internazionale sul saccheggio ancora persistente delle risorse del Congo. Il messaggio della Conferenza episcopale si conclude con l’invito ai congolesi a recarsi alle urne, quindi il documento ribadisce la neutralità della Chiesa cattolica di fronte a persone e partiti politici: “Essa non sostiene né candidati, né partiti, né raggruppamenti politici”. L’auspicio dell’episcopato, infine, è che la III Repubblica in Congo si fondi sui valori morali della vita sociale: “Il Congo – affermano i vescovi – ha bisogno di responsabili politici santi … la politica è un’arte nobile e una vocazione”. Quindi nel ribadire che la Chiesa intende perseguire la sua missione di formazione delle coscienze per una cittadinanza responsabile l’episcopato chiede ai cristiani e a tutti i credenti di organizzare preghiere il 25, 26 e 27 ottobre, per il felice esito dello scrutinio del 29 ottobre e per una pace giusta e durevole nel Paese. (T.C.)

 

 

NEL TIMORE DI NUOVI COMBATTIMENTI, ALMENO DUEMILA SOMALI HANNO LASCIATO

LE LORO TERRE. SECONDO DATI DELL’ONU

IN CENTINAIA STANNO GIUNGENDO IN KENYA E YEMEN

 

MOGADISCIO. = Circa 2mila somali sono fuggiti dal loro Paese mentre i miliziani delle Corti Islamiche stanno avanzando verso le città dell’estremo sud della Somalia. In tanti, scrive l’agenzia MISNA, temono nuovi combattimenti ed un numero sempre più elevato di persone sta lasciando la propria terra. Secondo i dati delle Nazioni Unite, il flusso di civili in fuga per cercare riparo in Kenya si era attestato intorno alle 100-300 persone al giorno, ma dai primi settembre sia la rotta verso il Kenya (in cui dall’inizio dell’anno hanno già riparato oltre 30 mila somali) che quella verso lo Yemen, garantita dai trafficanti di uomini, hanno subito un’impennata. Sempre secondo le agenzie umanitarie dell’ONU, nel solo mese di settembre almeno 3.500 somali hanno raggiunto lo Yemen pagando i 70 dollari di biglietto chiesto dai gestori dei migranti clandestini per attraversare il golfo di Aden. Negli ultimi giorni, numerose famiglie hanno lasciato la zona di Kismaayo e le regioni di Juba per cercare riparo nella provincia della Bassa Shabelle. Si sarebbero diffuse voci di un imminente attacco da parte dell’Alleanza della valle di Juba (Jva), il gruppo armato che ha giurato di riconquistare Kismaayo, persa il 25 settembre scorso, quando la terza più importante città del Paese è finita sotto il controllo delle Corti Islamiche. Le Corti islamiche hanno annunciato ieri la chiusura di una parte della frontiera con l’Etiopia, accusando Addis Abeba di aver effettuato nei giorni scorsi bombardamenti, incursioni militari in territorio somalo, oltre ad aver minato alcune zone di frontiera. L’Etiopia ha seccamente smentito le accuse. (T.C.)

 

 

UN CAMMINO DI ESERCIZI SPIRITUALI PERCHÉ SI SVILUPPI LA CULTURA DELLA VITA: PROPOSTO A FATIMA AL CONGRESSO MONDIALE PER LA VITA, CHE SI CONCLUDE OGGI

 

FATIMA. = “Maria, ti affidiamo la causa della vita”: è questo il tema che accompagna il  Congresso mondiale per la vita, in corso a Fatima dal 4 ottobre e che si conclude oggi. L’incontro, scrive l’agenzia Fides, è stato organizzato, in vista dell’odierna  Giornata mondiale di preghiera per la vita umana, che invita tutti i cattolici a recitare il Santo Rosario, affidando così a Maria la protezione della vita, e i credenti di altre religioni a pregare secondo la loro fede, realizzando così una rete mondiale di preghiera per la vita. Il congresso è stato voluto dall’Apostolato Mondiale di Fatima, dalla sezione austriaca della Human Life International, dagli Helpers of God’s Precious Infants, dalla fondazione “Sì alla Vita Internazionale” e dall’Azione Europea dei Medici. L’evento ha inoltre l’appoggio del Pontificio Consiglio per la Famiglia. I promotori del congresso hanno voluto realizzare il desiderio che Giovanni Paolo II espresse nell’enciclica Evangelium vitae: “È urgente una grande preghiera per la vita, che attraversi il mondo intero.” (n. 100). Per questo motivo, l’incontro di Fatima è articolato come un cammino di esercizi spirituali. Contemporaneamente, il congresso vuole sostenere gli sforzi pastorali di Benedetto XVI a favore della famiglia e della cultura della vita. Nei vari interventi di questi giorni si è riflettuto sull’insegnamento della Chiesa cattolica sulle questioni della vita. È stato poi evidenziato il modo in cui San Pio da Pietralcina, Santa Gianna Beretta Molla, Madre Teresa di Calcutta hanno annunciato il Vangelo della vita. (A.S.)

 

 

RESTITUITA AL CULTO, NELLA CHIESA ROMANA DEL GESÙ,

 L’IMMAGINE DELLA MADONNA DELLA STRADA.

 ASSAI CARA AI GESUITI, DIEDE VITA AD UNA DEVOZIONE POPOLARE NEL500

 

ROMA. = Una solenne celebrazione è stata presieduta stamani a Roma, nella chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina, dal cardinale vicario Camillo Ruini, per restituire al culto l’immagine restaurata della Madonna della Strada. Si tratta di un affresco eseguito con buona probabilità tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XIV, attualmente applicato a un supporto di ardesia. La Vergine è rappresentata a mezzo busto con in braccio il Bambino, che tiene con la sinistra, mentre ha la destra, aperta, rivolta ai fedeli. Nel complesso l’Immagine sembra evocare la tipologia della Madre mediatrice di grazia che  invita alla fiducia nel Figlio e intercede presso di Lui. L’immagine si trovava originariamente nella piccola chiesa detta degli Astalli, successivamente degli Altieri (dal nome della piazza su cui si affacciava), infine denominata Madonna della Strada. La devozione popolare cominciò a crescere dal500. Dopo la costruzione della Chiesa del Gesù, l’immagine fu collocata nella cappella appositamente allestita alla destra dell’altare maggiore ed è tutto ciò che resta della prima chiesa della Compagnia di Gesù. Il padre gesuita Pietro Tacchi Venturi ricorda che, anteriormente alla soppressione del 1773, i padri professavano nelle mani del generale davanti all’immagine della Madonna della Strada, che davanti ad essa si soffermavano a pregare i gesuiti che lasciavano Roma e vi si congedavano i missionari. Sant’Ignazio di Loyola l’aveva molto cara e ad essa si legano episodi importanti della sua vita. (T.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 ottobre 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Stava preparando un articolo sulla tortura in Cecenia Anna Politkovskaia, la giornalista russa uccisa ieri a Mosca nell'ascensore della sua abitazione. Lo ha riferito il vice direttore del giornale per il quale lavorava, precisando che la donna era in possesso di foto “molto importanti”. La giornalista era molto nota per le sue posizioni critiche nei confronti del Cremlino e soprattutto per il conflitto in Cecenia. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

 

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L’hanno uccisa sparandole a bruciapelo 4 volte. Anna Politkovskaia è spirata subito. Da anni subiva minacce per i suoi articoli sul conflitto in Caucaso settentrionale e per le sue continue denunce delle violazioni dei diritti umani, ma la giornalista, inviata di guerra in Cecenia, non si era mai piegata o intimorita. La polizia ricerca un giovane di altezza superiore alla media con un cappello in testa. Non c’è ancora un identikit. I migliori specialisti si sono immediatamente messi al lavoro. La giornalista scomparsa era nota per le sue critiche alla politica del Cremlino in Caucaso. La 48enne Anna Politkovskaia apparteneva all’elite dell’intelighentia moscovita, scriveva da 7 anni per la Novaia Gazeta, foglio legato a Gorbaciov. I suoi crudi reportage hanno fatto epoca e le sono valsi importanti riconoscimenti internazionali.

 

 Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato

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Mattinata di sangue in Iraq, dove nella città meridionale di Diwaniya almeno 20 miliziani sciiti sono morti in violenti combattimenti contro forze irachene e statunitensi. Per gli intensi combattimenti, nell’area è stato subito imposto il coprifuoco. A Baghdad, infine, è stato ucciso un alto funzionario della polizia irachena. Intanto, secondo il Times, gli Stati Uniti avrebbero elaborato un nuovo piano che prevede di dividere il Paese arabo in tre regioni. L’obiettivo è quello di uscire da una crisi che rischia di avere ripercussioni sul piano interno dell’amministrazione Bush.

 

Un attivista palestinese è stato ucciso all’alba da militari israeliani durante un'incursione nel campo profughi di Balata a Nablus, in Cisgiordania. Lo hanno reso noto le fonti della sicurezza, precisando che il raid ha provocato il ferimento di altri tre palestinesi. La vittima apparteneva alle Brigate dei martiri di al Aqsa, gruppo terroristico legato ad al-Fatah.

 

All’indomani della dichiarazione dell’ONU che ha avvertito la Corea del Nord di non compiere l’annunciato esperimento nucleare, l’attenzione resta puntata nell’area asiatica. Il nuovo primo ministro giapponese, Shinzo Abe, che domani sarà in Corea del Sud, oggi si è recato a Pechino, in Cina, per una storica visita che mira a riavvicinare le due super potenze. Il nostro servizio: 

 

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Riconciliazione. E’ questa la parola d’ordine per il Giappone del dopo Koizumi. Il primo viaggio all’estero di Abe dopo la sua recente elezione è anche il primo vertice fra i due Paesi negli ultimi 5 anni. La volontà, nelle parole di Abe, è proprio quella di riportare “un clima sereno nell’avvenire dei rapporti”. Una volontà condivisa anche dal capo del governo cinese, Wen Jiabao, che, accogliendo il collega giapponese al Palazzo del Popolo di Pechino, ha precisato: “Lo sviluppo delle relazioni di amicizia e di cooperazione servono agli interessi dei due popoli”. Abe, che domani sarà in Corea del Sud, vuole anche rimuovere dalla memoria le visite dell’ex premier Koizumi al santuario di Yasukuni, considerate un tentativo di glorificare il passato militarista del Giappone. La missione giapponese assume però un significato specifico nella regione, in seguito alla crisi nucleare della Corea del Nord. Cina e Giappone in un comunicato congiunto hanno infatti espresso “profonda inquietudine” al riguardo. Hanno inoltre confermato che lavoreranno “insieme per incoraggiare il processo di negoziati multilaterali (...) per ottenere una penisola coreana denuclearizzata e la pace e la   stabilita' nell'Asia del nordest''.

 
Dal canto suo, la Corea del Nord oggi è in festa per le celebrazioni dei nove anni di potere del suo leader indiscusso, Kim Jong Il. La stampa ufficiale nordcoreana ha esaltato attraverso decine di editoriali i meriti della politica di Pyongyang, che in questo momento sta letteralmente sfidando la Comunità internazionale con la minaccia di effettuare test atomici.

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Ripartono i colloqui di pace in Nepal. Esponenti del governo e dei ribelli maoisti si sono incontrati oggi nella capitale Katmandu per discutere della redazione della Costituzione provvisoria e della gestione delle armi possedute dai ribelli. L’intenzione è di formare un’assemblea costituente e di indire elezioni generali nel Paese.

 

In Vietnam 20 bambini sono morti per il rovesciamento della barca con cui stavano attraversando un fiume per andare a scuola. Secondo fonti ufficiali vietnamite, sull'imbarcazione si trovavano 30 bambini, alcuni dei quali sono riusciti a salvarsi grazie all’aiuto del conducente della barca. La sciagura è avvenuta sul fiume Lam, nella provincia di Nghe An, 300 km a sud di Hanoi, probabilmente per la rottura del timone.

 

L’esercito indiano ha ucciso otto presunti militanti islamici mentre tentavano di passare il confine tra India e Pakistan, nella regione contesa del Kashmir. Lo hanno reso noto fonti dell'esercito indiano. Oltre 45 mila persone sono morte da quando è scoppiata la rivolta separatista contro il governo indiano del Kashmir nel 1989.

 

Rappresentanti musulmani indonesiani hanno messo in guardia il governo danese condannando l’esistenza di un video, girato da giovani danesi di estrema destra, che presenta Maometto come un cammello che beve birra o come un terrorista ubriaco che bombarda Copenaghen. “La Danimarca dovrebbe fare attenzione - ha detto Amidhan, presidente del Consiglio degli ulema indonesiani - perché il Paese condivide la responsabilità degli atti dei suoi cittadini”.

 

In Lettonia, la coalizione di centrodestra uscente si è riconfermata alle elezioni legislative di ieri. Secondo i risultati relativi al 99% dei seggi, il Partito del popolo, alla testa della compagine di centrodestra, guidata dal premier Aigars Kalvitis, ha vinto lo scrutinio con il 19,3% dei voti. Gli alleati dell’Unione dei verdi e degli agricoltori hanno ottenuto il 16,6% dei suffragi. Al terzo posto, con il 16%, il partito d’opposizione Nuova Era. A sorpresa, il partito Armonia, sostenuto soprattutto dalla minoranza russa, ha ottenuto il 14,03%.

 

La vicenda della bambina bielorussa, tenuta nascosta dalla coppia di italiani che l’aveva in affidamento, non pregiudicherà la pratica di inviare all’estero altri bambini bielorussi per soggiorni di cura e vacanza. Lo ha affermato il presidente dell’ex repubblica sovietica, Lukashenko, precisando che l’incidente non intaccherà le relazioni fra Bielorussia e Italia.

 

Per il momento l’Unione Europea non dovrebbe allargarsi a nuovi Paesi. E’ quanto ribadito ieri dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, concludendo una visita di due giorni in Turchia. Merkel, che è contraria alla piena adesione di Ankara all’Unione, preferendo invece una partnership privilegiata, ha individuato nel rilancio della carta costituzionale una delle priorità della presidenza tedesca della UE nella prima metà del 2007.

 

In Belgio sette milioni e mezzo di elettori sono chiamati alle urne per le elezioni amministrative. L’attenzione è puntata soprattutto sui risultati raggiunti dall’estrema destra nelle Fiandre, che è in costante ascesa negli ultimi 15 anni.

 

 

 

 

 

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