RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 280 - Testo
della trasmissione di Sabato 7 ottobre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Concluso a Bose, in Italia, il XIV Convegno
ecumenico internazionale di spiritualità
ortodossa
L’episcopato
messicano ritiene sbagliata la costruzione del muro di separazione tra Messico
e USA
Assegnato nei giorni scorsi alla
comunità ecumenica di Taizé il “Premio della bontà Paolo VI”
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU minaccia gravi
misure se
7 ottobre 2006
LA GIOIA DI ESSERE CRISTIANI, CONTRO LE INSIDIE DI UNA
SOCIETÀ CONSUMISTICA E SECOLARIZZATA: COSI’, BENEDETTO XVI AI PELLEGRINI DELLE
DIOCESI
DELLA
ROMAGNA, RIUNITI STAMANI IN AULA PAOLO VI, NEL VENTENNALE DELLA VISITA PASTORALE
DI GIOVANNI PAOLO II NELLE TERRE ROMAGNOLE
Contro
le insidie di una società consumistica e secolarizzata, testimoniare la gioia di essere cristiani: è questo l’invito che stamani,
in Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha rivolto ai circa 9500 pellegrini delle
diocesi della Romagna, giunti a Roma in occasione del 20.mo
anniversario della visita pastorale di Giovanni Paolo II nelle terre Romagnole,
nel maggio del 1986. Roberta Moretti:
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Affrontare le
sfide della società contemporanea “senza perdersi d’animo”, ma “guardando con
fiducia ai molti motivi di speranza che grazie a Dio non mancano”. Benedetto
XVI auspica che l’insegnamento e la testimonianza di Giovanni Paolo II siano
una spinta a non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà che anche la Romagna si
trova oggi a fronteggiare:
“Penso alle crisi che minacciano tante famiglie, al
crescente bisogno di vocazioni sacerdotali e religiose di fronte al
preoccupante calo numerico e all’avanzare dell’età dei sacerdoti; penso alle
tante insidie di una società consumistica e secolarizzata, che tenta di sedurre
un numero sempre crescente di persone, inducendole a subire un progressivo distacco
dai valori della fede nella vita familiare, civile e politica”.
Benedetto XVI invita i pellegrini
a portare a compimento “l’impegnativo mandato missionario” di papa Wojtyla,
affidandosi “al sostegno di Dio e alla valorizzazione convinta e coraggiosa del
patrimonio spirituale che la popolazione romagnola ha saputo salvaguardare e
difendere nel corso dei secoli” e che lo stesso Giovanni Paolo II ha
riconosciuto e sottolineato.
“Testimoniare la gioia di essere cristiani: sia
questo il vostro corale impegno. A tal fine, proseguite ed anzi intensificate
la comunione ecclesiale e siate protagonisti generosi della missione
evangelizzatrice che il Signore vi affida”.
Infine, l’affidamento alla Vergine
Maria, “che oggi veneriamo con il titolo di Madonna del Rosario”, affinché
continui ad accompagnare la popolazione romagnola, guidandola nel suo
itinerario spirituale e pastorale. Prima di incontrare Benedetto XVI, i
pellegrini hanno meditato sulle parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel
viaggio apostolico di 20 anni fa, guidati dal cardinale Ersilio
Tonini, che oggi pomeriggio presiederà una solenne
Concelebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro.
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Il Santo Padre ha nominato il cardinale Giovanni Battista
Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, Suo Inviato Speciale alla
celebrazione conclusiva del IX Centenario della dedicazione della cattedrale di
Parma, in programma il 4 dicembre 2006.
Il
Santo Padre ha nominato membri del Pontificio Consiglio della Pastorale per i
Migranti e gli Itineranti mons. Josef Voss, vescovo titolare di Tisiduo,
ausiliare di Münster (Germania); e mons. Renato Ascencio León, vescovo di Ciudad Juárez (Messico).
RINUNCIA
DI AUSILIARE DELL'ESARCATO APOSTOLICO
PER I
CATTOLICI DI RITO BIZANTINO NELLA REPUBBLICA CECA
Il Santo Padre ha accettato le
dimissioni dall'ufficio di vescovo ausiliare dell'Esarcato Apostolico per i
cattolici di rito bizantino nella Repubblica Ceca, presentate a norma del canone
218 del C.C.E.O., da mons. Ján Kočiš, vescovo titolare di Abritto.
OGGI MEMORIA LITURGICA DELLA
BEATA VERGINE MARIA DEL ROSARIO
-
Intervista con mons. Angelo Comastri -
La Chiesa ricorda oggi la memoria della Beata Vergine
Maria del Rosario. All’Angelus di domenica scorsa Benedetto XVI ha detto che “È
come se, ogni anno,
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R. – Il Rosario è una preghiera che non invecchia, perché
anzitutto è una preghiera semplice, come il Padre Nostro e l’Ave Maria che sono
preghiere comprensibili da tutti. E si può dire che sia una preghiera talmente
semplice da affratellare tutti, ma allo stesso tempo è una preghiera semplice
perché è una preghiera cristologica. Giovanni Paolo
II lo sottolineò in modo particolare: “Il Rosario ci fa meditare la vita di
Gesù insieme a Maria”. Si può dire che Maria ci prende per mano e ci fa
rivisitare tutta
D. – Il mese di ottobre è dedicato alla devozione del
Rosario, la preghiera che Maria ha tante volte raccomandato nelle sue
innumerevoli apparizioni. Ma come nasce questo legame?
R. – Il Rosario è una preghiera che immette nel mistero di
Cristo, che introduce nella comunione con Gesù. Maria, quindi, ama il Rosario,
perché Maria vuole portarci a Gesù. Qualcuno stoltamente ha detto che la
devozione a Maria potrebbe allontanare da Gesù. Ma questo è impensabile, perché
Maria sulle labbra ha un solo nome, quello di Gesù: fate quello che lui vi dirà;
qualunque cosa Lui vi dirà, voi fatela. E’ questo il compito di Maria, questa è
la missione di Maria: non tenerci stretti a sé, ma portarci a Gesù. E siccome
il Rosario è una preghiera che porta a Gesù, anzi fa camminare sulle orme di
Gesù, è una preghiera particolarmente cara a Maria. Si può dire che è la
preghiera che compie la sua missione, è la preghiera attraverso la quale Maria
ci introduce nell’intimità con Gesù, nella comunione con Gesù e quindi ci aiuta
a diventare più credenti, ci aiuta a diventare più cristiani. E questo perché,
diventando mariani, si diventa cristiani: Maria non ci tiene per sé, Maria
rimanda e riporta sempre a Gesù.
D. – Nella Lettera apostolica Rosarium
Virginis Mariae, Giovanni
Paolo II scrisse che “attraverso il Rosario il popolo cristiano si mette alla
scuola di Maria”. Ma che cos’è la scuola di Maria per le famiglie di oggi?
R. – Maria è la donna che ci educa alla libertà. Oggi noi viviamo
un autentico sbandamento nei confronti della libertà. Per molti il capriccio è
libertà, per molti l’egoismo è libertà, per molti la cattiveria stessa è
libertà. Non sappiamo più cos’è la libertà e Maria ci educa alla libertà,
perché Maria ci educa al “sì”, al “sì” a Dio. La vetta più alta della libertà
umana è il momento in cui Maria, nella piccola casa di Nazareth, rispondendo
all’annuncio dell’Angelo, dice: “Eccomi, io sono la schiava del Signore”. In
quel momento Maria divenne la donna più libera: diventare schiava di Dio, vuol
dire diventare liberi, perché Dio è l’unico che non rende schiavi, perché Dio è
l’unico che non ci chiede niente, perché non ha bisogno di niente, e se ci
chiede qualche cosa ce lo chiede per il nostro
bene.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - L'udienza di Benedetto XVI ai
pellegrini delle Diocesi della Romagna, che ricordano con gratitudine la visita
pastorale compiuta vent'anni fa da Giovanni Paolo II. Di fronte alle sfide di
una società consumistica e secolarizzata - ha esortato il Papa - testimoniate la gioia di essere cristiani.
Servizio estero - Medio Oriente: il Premier
palestinese afferma che Hamas non intende riconoscere Israele.
Servizio culturale - Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "Rigore e innovazione contrapposti
alla superficialità": a Parma il festival musicale
"Traiettorie".
Servizio italiano - Sempre in rilievo il tema della
finanziaria.
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7 ottobre 2006
PETER ERDÖ, PRIMATE DI UNGHERIA, È IL NUOVO PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO
DELLE
34 CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA. E’ IL
CARDINALE PIU’ GIOVANE
Il più giovane cardinale del mondo, Peter Erdö, primate di Ungheria, è il nuovo presidente del
Consiglio delle 34 Conferenze episcopali d’Europa, la cui Assemblea plenaria è
in corso a San Pietroburgo. Eletti anche i vicepresidenti, il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria in Croazia, riconfermato
per altri cinque anni; e mons. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux. Il servizio di Mimmo Muolo:
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Il segnale che viene da questa elezione oltre ad un
notevole abbassamento dell’età media, è la volontà di vedere rappresentate
tutte le aree europee: occidente, middle Europa ed est. E anche il nuovo
presidente conferma che la scelta non è stata casuale. Il cardinale Erdö indica le priorità del suo servizio al Consiglio
delle Conferenze episcopali d’Europa: dialogo ecumenico, apertura agli altri
continenti, tra cui l’Africa soprattutto; rapporto con l’Islam e naturalmente
la sfida della secolarizzazione. Bussola orientativa - afferma - sarà il
magistero di Benedetto XVI. E a Bruxelles manda un primo messaggio: “Le leggi –
afferma – non possono essere emanate sulla moda del momento, ma occorre tener
presente la realtà dell’uomo”.
Tema, questo, che è tornato in
mattinata, parlando della famiglia. Massima attenzione dei vescovi per i
cambiamenti legislativi che, soprattutto in Spagna, ma anche in altri Paesi
dell’Unione rischiano di stravolgere non solo il diritto familiare, ma anche la
stessa concezione antropologica del matrimonio. “La Chiesa – dicono i membri
del CCEE – riafferma la necessità di seguire il diritto naturale e mette in
guardia da una corrente culturale che vede questa affermazione in contrasto con
i pretesi nuovi diritti umani.
Da San Pietroburgo, per la Radio Vaticana, Mimmo Muolo.
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DOPO QUELLA DI BARCELLONA,
NEL ‘96, PER
ALL’UNIVERSITA’ PER
STRANIERI DI PERUGIA,
UNA CONFERENZA
INTERNAZIONALE SUI DIRITTI UMANI LINGUISTICI
- Intervista con Stefania
Giannini -
A dieci anni dalla Dichiarazione
universale sui diritti umani linguistici, scaturita nel ’96 dalla Conferenza
mondiale di Barcellona, all’Università per Stranieri di Perugia si è svolta
fino a ieri una Conferenza Internazionale per fare il punto sul cammino da
allora percorso sul terreno del multilinguismo. Si
tratta di una questione che tocca un piano scientifico ma anche uno socio-giuridico, alla luce delle più recenti
problematiche sociali generate
dall’imponenza dei flussi migratori dall’Est e dal Sud del mondo. Ma quali sono
i termini del dibattito attuale? Fausta Speranza lo ha chiesto a Stefania Giannini, rettore dell’Università per Stranieri di Perugia:
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R. – Si tratta di capire che il diritto alla lingua, nel
corso dell’ultimo decennio, è stato interpretato giustamente come un diritto
della persona, cioè come uno di quei beni inalienabili, come il diritto alla salute.
L’individuo porta con sé il diritto ad esprimersi liberamente in qualunque
contesto ci si venga a trovare, sconfinando quindi anche dal proprio
territorio d’origine e venendosi a trovare in un altro territorio nazionale.
Quindi, in un’Europa in cui ormai le comunità migranti sono una realtà
caratteristica di tutti gli Stati nazionali – l’Italia ne è un esempio chiaro –
il problema e la preoccupazione di difendere e di capire soprattutto l’identità
linguistica di queste minoranze e, comunque, del cittadino come soggetto
migrante, è un dovere civile e politico attualissimo.
D. – Nel 1996 la dichiarazione universale sui diritti
umani linguistici. Oggi, a distanza di dieci anni, che cosa possiamo dire, che
cosa ha portato questa dichiarazione?
R. – Presso l’università per stranieri di Perugia in
questi giorni abbiamo messo a confronto le due parti fondamentali per il
problema della lingua in quanto diritto: cioè giuristi e linguisti. Dall’una e
dall’altra parte è emerso che sul piano normativo è assolutamente necessario
intervenire, perchè anche la dichiarazione di Barcellona, che pur rappresenta
un punto di partenza della sensibilizzazione al concetto di diritto linguistico
come diritto umano, è ormai un testo superato di fatto
dagli eventi. Sarebbe sicuramente fondamentale e importante che si riuscisse a
far inserire concretamente in un documento ufficiale degli organismi
internazionali un riferimento al diritto alla lingua come diritto della persona
e come diritto non legato alla territorialità. Questo è il punto centrale. Sul
piano delle politiche linguistiche c’è veramente moltissimo da fare. Credo che
basti pensare alla situazione italiana, in cui il recentissimo disegno di legge
del ministro Amato per la richiesta della cittadinanza dei nuovi cittadini,
aspiranti cittadini italiani, prevede per la prima volta il requisito della conoscenza
linguistica oltre che culturale. Quindi, questo è un implicito riconoscimento
che parlare una lingua significa acquisire anche un diritto, non solo di
conservare la propria identità, ma di acquisirne un’altra.
D. – Sul piano europeo questo dibattito che spazio trova?
R. – E’ uno spazio direi centrale, almeno a partire dagli
ultimi dieci anni di riflessione e di normativa e di aggiornamento della
normativa esistente. Oltre alla carta regionale, che è stata emanata nel ’92, e
poi applicata nel ’98, che però manca di un riferimento preciso al diritto
linguistico come diritto umano, sganciato dalla territorialità, tutto il lavoro
della Commissione europea su questi temi è concentrato sull’obiettivo finale
del plurilinguismo e dell’affermazione delle lingue,
non solo dell’Unione, ma di tutte le lingue, comprese soprattutto quelle minoritarie.
Quindi, l’Europa guarda in maniera molto, molto attenta ai due livelli, quello
delle politiche linguistiche e quello dell’aggiornamento della normativa
esistente, per arrivare ad un contesto sociale autenticamente plurilingue.
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OGGI,
GIORNATA NAZIONALE DEI RISVEGLI PER
VOLUTA
NELL’AMBITO DELL’ELABORAZIONE DI PROGETTI
PER PAZIENTI IN COMA E STATO
VEGETATIVO
-
Intervista con Fulvio De
Nigris -
“Per la legge dei vasi comunicanti qui si guarda in faccia
al coma”. E’ questo lo slogan dell’VIII “Giornata nazionale dei Risvegli per la
ricerca sul coma - Vale la pena”, che si celebra oggi. L’iniziativa si deve
all’associazione di volontariato Onlus "Gli
amici di Luca", sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Una Giornata cresciuta nel
tempo di pari passo con il progetto della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, il centro innovativo per pazienti in coma e stato
vegetativo inaugurato a Bologna due anni fa. Antonella
Villani ha chiesto a Fulvio De Nigris,
presidente dell’Associazione “Gli Amici di Luca” perché è così importante
parlare di coma e risvegli:
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R. – Per dare voce alle famiglie. Sono tantissime quelle
che vivono il problema del coma, dello stato vegetativo. Molte hanno anche in
casa persone in questa situazione e sono tutte molto determinate nel voler
andare avanti.
D. – In un anno, quanti sono i pazienti che entrano in
coma?
R. – Sono circa 20 mila le persone che ogni anno vanno in
coma per incidenti stradali o altre cause, e circa 1.500 quelli che sono in
stato vegetativo.
D. - Due anni dall’inaugurazione della Casa di Risvegli:
quali sono i risultati ottenuti da questo innovativo centro a Bologna?
R. – Ha già ricoverato 31 pazienti, la maggior parte dei
quali, un’età media di 40 anni, sono tornati poi al domicilio e devo dire con
ottimi risultati, anche per quanto riguarda i cosiddetti risvegli che sono
ovviamente risvegli anche molto cauti dal punto di vista della ripresa ma che
comunque portano ad un’autosufficienza molto importante.
D. – Ma cosa significa relazionarsi con un paziente in
stato vegetativo?
R. – Questi pazienti sono molto complessi e bisogna
pensare ad una comunicazione differente. Le famiglie sono le principali
detentrici di questa comunicazione e lo fanno molto bene. I medici possono dare
loro degli ottimi strumenti. Nella Casa dei risvegli Luca De Nigris la famiglia è proprio al centro della terapia: c’è
questa alleanza terapeutica con medici volontari e associazioni come la nostra.
Questa è la grande differenza: l’importante che la famiglia possa condividere
un luogo ospedaliero che diventa, però, la sua casa.
D. – Che pensa della richiesta di alcuni pazienti e
parenti di “staccare la spina”?
R. – Qui non c’è nulla da staccare perché sono persone che
autonomamente vivono, respirano e hanno terapie. Noi diciamo sempre che c’è un
diritto alla vita e, prima di questo, c’è un diritto all’assistenza e di questo
dobbiamo farcene carico tutti senza scorciatoie.
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Domani, 8 ottobre, 27.ma domenica del Tempo Ordinario,
“Per la durezza del
vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione
Dio li creò maschio e femmina; per questo l'uomo
lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono
più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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(musica)
Cristo afferma la totalità dell’amore, anche l’amore tra
uomo e donna partecipa pienamente all’amore di Dio, anzi la Chiesa lo riconosce
come di Dio e perciò lo benedice, sapendolo Sacramento. Solo un cuore duro,
cioè un cuore corrotto dal peccato, non riconosce il dono di Dio che è l’amore
fedele. Un cuore indurito fa calcoli anche sull’amore e si riconosce tale relazione
proprio perché manca della vera libera adesione. Solo Dio può unire le persone
in modo libero, senza costrizioni e mutilazioni vicendevoli. Già San Giovanni
Crisostomo affermava che “Dio ha creato due, l’uomo e la donna, affinché
nell’amore diventino una sola cosa”. Libera adesione nell’amore significa
realizzare pienamente la somiglianza di Dio. Tale libera unità delle persone è
secondo il disegno del Creatore ed ha il suo fondamento in Dio stesso, in cui
vive la perfetta ed assoluta unità trinitaria.
(musica)
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7 ottobre 2006
LA
CHIESA VENEZUELANA COMINCIA UN CAMMINO DI NUOVA EVANGELIZZAZIONE.
CON LA
CHIUSURA DEL CONCILIO PLENARIO DEI VESCOVI SARÀ ADOTTATO
UN
PIANO PASTORALE ELABORATO IN 15 DOCUMENTI
CARACAS. = Con una solenne cerimonia, alla quale prenderà
parte il cardinale Jorge Arturo Medina Estévez, prefetto emerito della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nominato inviato
speciale da Benedetto XVI lo scorso 10 agosto, si conclude oggi a Caracas, in
Venezuela, il Concilio Plenario dei vescovi. I presuli hanno analizzato in sei
sessioni (dal 1997 al 2005) la presenza, la vita, la missione e il ruolo della
Chiesa di Cristo nel Paese, dove oltre il 90 per cento della popolazione si
professa cattolica. Quindici i documenti che, elaborati durante i lavori ed
approvati dalla Santa Sede, oggi vengono adottati come una sorta di “piano
pastorale organico”. Il Concilio ha voluto dare forme
concrete alla “nuova evangelizzazione” attraverso un nuovo annuncio del messaggio
di Gesù e si è posto come obiettivi quello di rendere più incisivi, come
fermento della società, i valori del Vangelo; favorire nei cristiani la
coerenza tra fede e vita; superare le ingiustizie; promuovere la dignità umana
difendendo la vita, la famiglia e il lavoro per accelerare la realizzazione di
modelli socio-economici conformi alla persona umana. Oggi, nel Parco
delle Nazioni Unite di Caracas, ci sarà l’intronizzazione della Madonna di Coromoto, patrona nazionale. Saranno illustrate le
conclusioni del concilio e seguiranno testimonianze di laici, sacerdoti,
religiosi, diaconi e catechisti. (T.
C.)
LA
LITURGIA EUCARISTICA STRUMENTO DI COMUNIONE E MOMENTO FORMATIVO PER APRIRSI AL DIALOGO: QUESTA LA SINTESI DEL XIV CONVEGNO ECUMENICO
INTERNAZIONALE DI SPIRITUALITÀ ORTODOSSA SVOLTOSI A BOSE, IN ITALIA
BOSE. = In un tempo in cui la
domanda di senso che abita l’uomo contemporaneo non può essere elusa dai
cristiani, il porsi in ascolto della comprensione della liturgia eucaristica e
dell’intimo legame che essa mantiene con la vita missionaria della Chiesa, è
un’occasione preziosa di dialogo fraterno. Lo ha sottolineato il priore della
Comunità di Bose, Enzo Bianchi, nelle conclusioni
appena pubblicate del XIV Convegno Ecumenico Internazionale di Spiritualità Ortodossa, svoltosi nel monastero di Bose, in provincia di Biella, in
Italia, dal 14 al 20 settembre. “Solo
se i cristiani sapranno essere veramente uomini e donne
eucaristici, capaci di trovare autentiche vie di comunione tra di loro,
potranno essere credibili anche nell’incontrare quanti vivono nell’indifferenza
religiosa, o appartengono a tradizioni religiose diverse – ha detto Bianchi – e
solo ritrovando il primato dell’agape fraterna, i cristiani sapranno farsi
“conversazione e dialogo”, sapranno scorgere nell’incontro con l’altro
un’occasione per creare spazi di vita e di accoglienza per tutti gli uomini”.
Al centro dei dibattiti, il tema della liturgia, cuore della vita
cristiana e momento di trasfigurazione cosmica, e l’annuncio del Vangelo nella
Russia del nord, in Siberia in Giappone e in Alaska. Organizzato con il
patrocinio del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di
Mosca, il convegno prosegue una pluriennale tradizione di incontri ecumenici,
nell’intenzione di offrire un’occasione di scambio fraterno e riflessione
comune, tra cristiani d’oriente e d’occidente, su aspetti essenziali della vita
spirituale cristiana. Benedetto XVI, nel suo messaggio ai partecipanti
all’incontro, ha auspicato che attraverso il convegno emergano
sempre più “i comuni valori di fede dell’Oriente e dell’Occidente, pur nella
distinzione dei cammini di vita cristiana e dei differenti approcci all’unico
Vangelo”. Per la Chiesa Cattolica erano presenti il cardinale Achille Silvestrini e padre Milan Žust del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità
dei Cristiani, oltre a numerosi vescovi della Conferenza episcopale piemontese.
Numerose le personalità di spicco delle diverse Chiese. Il Patriarcato di
Costantinopoli era rappresentato dai metropoliti Gennadios
d’Italia ed Emilianos di Silyvria,
mentre la delegazione del Patriarcato di Mosca era guidata dall’arcivescovo Ioann di Belgorod, presidente del
Dipartimento per le missioni. La Chiesa ortodossa di Grecia era rappresentata
invece dal metropolita Ioannis di Thermopyli
e da diversi archimandriti. Significative le delegazioni della Chiesa ortodossa
di Antiochia, Serbia, Bulgaria, Romania, Ucraina,
Armenia, Bielorussia, America e Giappone, della
Chiesa d’Inghilterra e del Consiglio
ecumenico delle Chiese di Ginevra.
(T.C.)
L’EPISCOPATO
MESSICANO RITIENE SBAGLIATA LA COSTRUZIONE DI UN MURO DI
SEPARAZIONE
TRA MESSICO E USA. PER I PRESULI IL PROBLEMA DELL’EMIGRAZIONE VERSO GLI STATI
UNITI VA RISOLTO ATTRAVERSO NEGOZIATI FRA I GOVERNI
CITTÀ DEL MESSICO. = “L’elevazione di muri non sembra
essere la risposta giusta o appropriata per affrontare una sfida del XXI secolo
com’è la migrazione umana”. È quanto scrivono i vescovi del Messico, riferisce
l’agenzia Zenit, in un documento che critica la costruzione del muro che
dividerà la frontiera messicana con gli USA. Il presidente degli Stati Uniti,
George W. Bush, ha firmato
in Arizona, mercoledì scorso, una legge in proposito. Il muro dovrebbe
estendersi per 1.200 chilometri. “Negli ultimi 20 anni – segnala il comunicato
della Conferenza episcopale messicana – gli Stati Uniti hanno incrementato le
loro spese cercando di rafforzare la sicurezza alla frontiera: recinzioni,
apparecchiature ad alta tecnologia e un numero più elevato di personale di rinforzo”.
Spese, prosegue il documento, che non sono servite a ridurre l’emigrazione
messicana; l’unico effetto che hanno avuto è stato l’aumento del traffico degli
illegali che ha reso il tragitto verso gli USA assai pericoloso. Lo scorso anno
circa 500 messicani hanno perso la vita cercando di raggiungere il “sogno
americano”, e quest’anno si contano già 450 morti. I messicani che giungono
negli Stati Uniti sono circa mezzo milione ogni anno. “Più dei muri materiali –
afferma l’episcopato – è preoccupante l’ampliamento dei muri intangibili: il
muro dell’intransigenza, dell’intolleranza e della mancanza di un effettivo
negoziato tra i governi delle nazioni coinvolte in questi fenomeni”. I vescovi
affermano che “oggi più che mai è importante che le autorità che si incaricano
di far rispettare, implementare e applicare le leggi migratorie, rivedano le
politiche nazionali e locali di migrazione: “Non sono i muri
ma i ponti che porteranno soluzioni giuste alle sfide del nuovo
millennio”, conclude la nota. (T.C.)
ASSEGNATO NEI GIORNI SCORSI ALLA COMUNITÀ ECUMENICA DI TAIZÈ IL
“PREMIO
DELLA BONTÀ PAOLO VI”, PER L’IMPEGNO DI FRÈRE ROGER
IN
FAVORE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI
CONCESIO. = Il Premio della bontà Paolo VI è stato
assegnato quest’anno alla comunità ecumenica francese di Taizé. Il
riconoscimento, riferisce l’agenzia MISNA, è andato alla memoria di Frère
Roger, fondatore della comunità ucciso nell’agosto dello scorso anno, durante
la preghiera pubblica serale, nella chiesa della Riconciliazione di Taizé, per
la sua attività e l’impegno in favore dell’unità tra le Chiese cristiane. La
consegna è avvenuta nei giorni scorsi in Italia, a Concesio,
in provincia di Brescia, città natale di Papa Montini,
in occasione della VII Settimana Montiniana. Alla
cerimonia di premiazione ha partecipato anche l’arcivescovo Henryk
Hoser, segretario aggiunto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente delle Pontificie Opere
Missionarie. Hanno ritirato il premio, a nome della comunità di Taizé, Frère John e Frère Charles Eugene. Quest’ultimo ha
voluto ricordare la grande amicizia che legava Paolo VI e Frère Roger, un
rapporto iniziato durante la prima visita del religioso in Vaticano, nel 1949,
e caratterizzato da profonda stima e fiducia reciproca. (A.S.)
L’APOSTOLATO
DI DON LUIGI SERENTHÀ NELLA DIOCESI MILANESE: A VENT’ANNI
DALLA
MORTE DEL SACERDOTE LOMBARDO, SI È TENUTO STAMANI A MILANO
UN
CONVEGNO PER RICORDARLO. DIVERSE LE TESTIMONIANZE DI CHI LO HA
CONOSCIUTO,
TRA QUESTE QUELLA DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI
- A
cura di Fabio Brenna -
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MILANO.= E’ tornato dal suo ritiro di studio e di
preghiera a Gerusalemme, per ricordare don Luigi Serenthà,
“collaboratore fidato e disponibile”, nel ventennale della sua scomparsa. Il
cardinale Carlo Maria Martini, nel corso del convegno organizzato dall’Azione
Cattolica, ha parlato in modo appassionato, dicendosi grato al sacerdote
ambrosiano da lui scelto, prima, per guidare l’Istituto diocesano che segue i
giovani preti e, poi, come rettore maggiore dei seminari milanesi. Don Serenthà, scomparso all’età di 48 anni, è stato anche un
teologo finissimo, docente della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale,
ma soprattutto, come ha ricordato il cardinale Martini, “uno straordinario
educatore”. Grande è stata la sua passione per i giovani e per gli ospiti
dell’Istituto “La nostra famiglia” di cui è stato assistente spirituale,
interprete e continuatore del fondatore, il beato don Luigi Monza. “Quella di
don Serenthà è una storia spirituale e intellettuale
che ha ancora tanto da dire”, ha poi osservato l’arcivescovo emerito di Milano,
rimarcando più volte la collaborazione ricevuta dal sacerdote, quando muoveva i
primi passi da vescovo della grande diocesi, e la straordinaria disponibilità
ad accompagnarlo e ad aiutarlo ad interpretare i primi anni ‘80 a Milano. E’
stato poi ricordato il modo di fare educazione seminaristica
e la progettazione del cammino educativo dei futuri sacerdoti con innovazioni ancora
oggi applicate. Nel corso del convegno sono stati ripercorsi altri tratti della
storia e dell’opera del sacerdote ambrosiano scomparso prematuramente come
l’impegno con l’Azione Cattolica per un laicato adulto nella fede.
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- A cura di Eugenio Bonanata -
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha chiesto alla Corea
del Nord di interrompere gli esperimenti nucleari, annunciati nei giorni
scorsi. Nello stesso tempo, le grandi potenze mondiali riunite a Londra hanno
minacciato di applicare severe sanzioni nei confronti dell’Iran, se non
rinuncerà al proprio programma di arricchimento dell’uranio. Il servizio è di
Eugenio Bonanata:
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Giornata febbrile ieri per la diplomazia internazionale,
preoccupata per le condotte di Corea del Nord ed Iran sul versante nucleare. Il
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, riunito a New York, ha adottato
all’unanimità una dichiarazione in cui invita la Corea del Nord a tornare
immediatamente al tavolo dei negoziati e soprattutto a non effettuare l’esperimento
nucleare annunciato nei giorni scorsi. Le “misure gravi” – se pur non meglio
precisate - annunciate dall’organismo, sembrano non intimorire Pyongyang. L’intelligence statunitense ritiene infatti che la Corea del Nord possa procedere al test già
nel prossimo week-end, mentre fonti cinesi ritengono che sia stata scelta una
miniera abbandonata per l’esperimento. Il testo, frutto di un compromesso tra
gli Stati Uniti, fautori di una posizione più dura, e la
Cina, alleata di Pyongyang, esige che la Corea
del nord “si astenga da ogni atto che possa aggravare la tensione”. Ma la
tensione, specie fra le due Coree, è alta: oggi al confine, soldati sudcoreani hanno sparato alcuni colpi contro militari nordcoreani che avevano attraversato per un breve tratto la
frontiera. Intanto, sempre ieri, i rappresentanti dei cinque Paesi membri del
Consiglio di sicurezza più la Germania si sono riuniti
per esaminare il dossier nucleare dell’Iran, che come è ormai noto, si rifiuta
di sospendere il proprio programma atomico. Da Londra le sei superpotenze hanno
annunciato che sono maturi i tempi per discutere di sanzioni economiche contro Teheran: un dibattito in questo senso potrebbe essere
avviato già la prossima settimana. Ma non si chiude la porta ai negoziati.
Restano infatti le posizioni divergenti di Russia e
Cina, che da sempre sono favorevoli ad una soluzione negoziale.
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In Iraq non accenna a diminuire l’ondata di violenza. Un
attentato suicida contro una postazione dell’esercito
regolare a Tall Afar, nella
parte nord del Paese, ha provocato la morte di quattro soldati e altrettanti
civili. Intanto, un rapporto delle forze USA rivela che in Iraq ammontano a
circa 4 mila i poliziotti iracheni uccisi in servizio negli ultimi due anni nel
Paese, mentre sono 8 mila quelli rimasti feriti.
Terminate le ostilità fra Israele ed Hezbollah, il Fondo
monetario internazionale (FMI) torna a Beirut. La decisione è legata alla
normalizzazione delle condizioni di sicurezza in Libano. Nel dare notizia della
riapertura del centro un portavoce del Fondo ha tuttavia precisato che
l’organismo non intende per ora essere presente a Baghdad.
Disinnescati in Pakistan due razzi puntati sulla sede dei
servizi segreti del Paese (ISI). Solo nei giorni scorsi erano stati trovati
altri razzi che avevano come obiettivo la presidenza. Autorità locali hanno
precisato che in tutti e due i casi gli ordigni erano di fabbricazione russa.
Il premier britannico Tony Blair
ha espresso la massima disponibilità a fornire tutti mezzi necessari alle truppe
impegnate in Afghanistan. In un’intervista all’emittente delle forze armate britanniche,
Blair ha infatti promesso
l’invio di veicoli corazzati ed elicotteri. Intanto, dal Paese asiatico è
giunta la notizia della morte di due giornalisti tedeschi colpiti oggi nel
corso di un attacco sferrato da un commando armato nel nord dell'Afghanistan.
Un soldato dell'Alleanza atlantica è morto infine nei pressi della città meridionale
di Kandahar.
Tensioni più accese tra Russia e Georgia. Dopo la
sospensione dei collegamenti ed il blocco economico, Mosca ieri ha espulso 130
georgiani che si trovavano irregolarmente su territorio russo. Inoltre, sembra
stia procedendo a controlli fiscali su georgiani che lavorano e dimorano in
Russia. Un contenzioso politico, dunque, che rischia di allargarsi alla
cittadinanza dei rispettivi Paesi. Ma è legittimo sul piano internazionale
l’atteggiamento russo? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a Fabrizio Dragosei, corrispondente a Mosca
per il Corriere della Sera:
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R. – Certamente in alcuni casi si tratta di provvedimenti
dovuti, ma in altri casi siamo ovviamente di fronte ad un atteggiamento che
mira ad ottenere lo scopo di aumentare la pressione su Tbilisi.
Io non credo, francamente, che un Paese che riesce a far fronte alle pressioni
sul gas e sulle esportazioni vitali, come vino ed acqua minerale, possa poi
piegarsi di fronte all’espulsione di qualche commerciante.
D. – C’è il rischio che questo confronto si risolva poi nel colpire le prerogative fondamentali della
persona?
R. – Diciamo che se è vero che ha iniziato la Georgia con
l’espulsione dei diplomatici, è vero anche che lo scontro era già in corso da
tempo ed è dovuto all’aumento vertiginoso del prezzo
del gas che la russa Gazprom – società statale –
fornisce alla Georgia. In gioco c’è l’influenza di Mosca su Tbilisi,
che è uno snodo fondamentale nel Caucaso. La partita
in ballo è grossa: Tbilisi con il presidente, Mikhail Saakashvili, si è
avvicinata molto all’Occidente e molto all’America e questo oggi non piace al
presidente russo Vladimir Putin. Certamente le azioni
che stanno compiendo oggi i poliziotti russi a Mosca nei confronti dei
georgiani sono formalmente legali, ma nella sostanza vanno a colpire quei
diritti umani che dovrebbero essere rispettati. Ricordiamo che a Mosca sono
milioni le persone che vivono senza permesso di residenza o con un permesso
illegale. Il fatto, quindi, di andare a colpire unicamente i georgiani che si
trovano in questa situazione di paralegalità evidentemente ha un significato
politico.
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Il Parlamento ungherese ha rinnovato ieri la fiducia al
premier Ferenc Gyurcsany.
Il primo ministro socialista e il suo governo hanno ottenuto 207 voti contro
165, 14 voti più del minimo necessario. Nonostante questo risultato, l’opposizione
ha annunciato una dura campagna di proteste. Da settimane il premier è
bersaglio di dure critiche per aver mentito sulle condizioni del governo, con
lo scopo di vincere le elezioni.
Un milione e mezzo di elettori sono chiamati oggi al voto
in Lettonia per rinnovare il Parlamento unicamerale. Si tratta delle prime
elezioni legislative nel Paese baltico da quando, due
anni fa, è entrato nell’Unione Europea. Sono 19 i partiti in lizza, tuttavia,
gli ultimi sondaggi vedono favoriti i due partiti della coalizione di
centrodestra al governo: il Partito del Popolo e l’Unione dei Verdi e dei Contadini.
Le operazioni di voto sono iniziate stamani alle sette e proseguiranno fino
alle 22.
Applicare senza indugi il diritto all’autodeterminazione
della regione del Sahara Occidentale. E’ quanto chiesto dall’Alto Commissariato
dell’ONU per i diritti umani in un rapporto diffuso dal Fronte Polisario, l’agenzia che si batte per l’indipendenza del
popolo saharaui dal Marocco. Il documento, redatto da
una delegazione che si è recata sul posto, denuncia una serie di violazioni dei
diritti umani compiute da Rabat nella regione. Il Marocco si oppone al
referendum che, secondo gli accordi, avrebbe dovuto
dare al popolo la possibilità di decidere l’indipendenza del Sahara Occidentale.
Proseguono gli scontri nella Repubblica democratica del Congo. In Itruri, nella zona
nord orientale del Paese, le milizie ribelli hanno attaccato le posizioni
dell'Esercito regolare congolese, ferendo due caschi blu delle Nazioni Unite.
Nei combattimenti sono rimasti uccisi anche 12 miliziani.
La crisi politica in Costa d’Avorio al centro del summit
della Comunità Economica dell’Africa occidentale, tenutosi ieri ad Abuja in Nigeria. Ad una prossima stabilizzazione del Paese
guardano con attenzione sia l’Unione Africana che l’ONU. Ce ne parla Giulio Albanese:
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La sensazione, a detta degli osservatori, è che il rinnovo
del mandato presidenziale a Laurent Gbagbo rappresenta un nodo da sciogliere. In sostanza i
suoi avversari hanno chiesto che esca di scena definitivamente, altrimenti la
crisi continuerà in tempo indeterminato, rendendo
impossibile il disarmo delle formazioni armate. D’altronde il periodo di
transizione, messo a punto dall’ONU, sta per concludersi e le elezioni che avrebbero dovuto segnare la svolta, sono state invece
rinviate in seguito alle profonde divisioni fra i lealisti
di Gbagbo e i ribelli che controllano il
nord del Paese. Il capo di Stato nigerino, attuale presidente di turno della
CDA, ha riconosciuto che il cammino è davvero tutto in salita. Le notizie che
sono filtrate dal Summit di Abuja, al momento, sono
decisamente scarse, ma è chiaro che il passaggio invocato dalla comunità internazionale,
vale a dire il salto dalla lotta armata al negoziato politico esige l’avvento
di nuovi interlocutori rispetto ai leader degli opposti schieramenti che
attualmente si contendono il potere.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Ancora sbarchi in Italia. Almeno 150 migranti di etnia curda sono approdati nella notte nella Locride,
in Calabria. Del gruppo, giunto su un barcone di 20 metri, fanno parte 25 donne
e 15 bambini. Le autorità stanno indagando per individuare gli scafisti.
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