RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 278 - Testo
della trasmissione di Giovedì 5 ottobre 2006
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Afghanistan il comando della forza
multinazionale passa, anche nell’est del Paese, dalle truppe statunitensi alla NATO
5 ottobre 2006
IDENTITA’ SPIRITUALE DELL’EUROPA E DIALOGO TRA CRISTIANESIMO E ISLAM,
AL CENTRO DEL COLLOQUIO TRA IL
PAPA E IL PRESIDENTE AUSTRIACO FISCHER.
BENEDETTO XVI VISITERA’ NEL 2007
IL SANTUARIO MARIANO DI MARIAZELL
Il viaggio del Papa in Austria l’anno prossimo, l’identità
spirituale dell’Europa e il dialogo tra cristianesimo e islam sono stati al
centro stamani dell’incontro in Vaticano tra Benedetto XVI e il presidente
austriaco Heinz Fischer. Ce
ne parla Sergio Centofanti.
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L’incontro si è svolto in un clima di “grande cordialità”.
Il Papa ha ufficialmente accettato, e “volentieri”, l’invito del presidente Fischer a visitare il santuario mariano austriaco di Mariazell: la visita è prevista per il settembre del
prossimo anno. Durante i colloqui - rileva una nota della Sala Stampa Vaticana
- “ci si è soffermati sulla presenza e l’attività della Chiesa cattolica nella
società austriaca e
ci si è rallegrati delle buone relazioni bilaterali fra Santa Sede ed Austria e
della sintonia esistente sul tema dell’identità culturale e spirituale
dell’Europa. Sono stati inoltre presi in considerazione temi di particolare
importanza nell’odierno contesto mondiale, quale la promozione del dialogo fra
culture e religioni, in particolare fra cristianesimo e islam, e il rifiuto di
ogni forma di terrorismo”. Dopo l’udienza con il Papa, il presidente austriaco
si è incontrato con
il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Heinz
Fischer, 68 anni domenica prossima, socialdemocratico,
è stato eletto presidente nel 2004 e proprio ieri ha terminato le consultazioni
con i vari partiti dopo le elezioni parlamentari di domenica scorsa, vinte dal
partito socialdemocratico.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Il Papa stamane ha ricevuto
anche alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Canada Occidentale in
visita “ad Limina”. Nel pomeriggio riceverà il
cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli.
Il Santo Padre ha quindi nominato vescovo di Matehuala, in Messico, mons. Lucas
Martinez Lara, del clero dell’arcidiocesi di San Luis Potosì, vicario episcopale
della “Zona Medina” e parroco della parrocchia di “Santa Catalina” di Rioverde. Mons. Lucas Martinez Lara è nato il 13
marzo
MAGGIORI
FONDI ECONOMICI MA ANCHE VOLONTA’ POLITICA ED APERTURA CULTURALE
IN AIUTO AI PROFUGHI IN TUTTO IL MONDO.
INTERVENTO
DELL’ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI, ALLE NAZIONI UNITE DI GINEVRA
Date ai rifugiati solo un po’ di quello che si spende per
le armi per alleviare le sofferenze di una umanità non
protetta: l’appello lanciato ieri dell’arcivescovo Silvano Tomasi,
osservatore permanente delle Santa Sede, presso le Nazioni Unite a Ginevra. Il
servizio di Roberta Gisotti:
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Maggiori stanziamenti economici da parte degli Stati in
aiuto ai milioni di profughi nel mondo: li ha invocati il rappresentante
vaticano, nel suo intervento nel Comitato esecutivo dell’Alto Comissariato dell’ONU per i rifugiati, riunito nella città elevetica. Basterebbe – ha sottolineato - una piccola parte
di quanto si spende in armamenti per “alleviare le sofferenze di una umanità non protetta”, persone che “attraverso mari e deserti”, sono in fuga “dalla guerra, dalla
violazione dei loro diritti umani, dalla fame”.
Negli ultimi 10
anni, tra il ‘96 ed il 2005 - ha denunciato mons. Tomasi
- le spese
militari sono aumentate di ben il 34 per cento, fino a raggiungere la cifra da
capogiro di 1.118 miliardi di dollari. Oltre a maggiori fondi sono però
necessari anche volontà politica ed apertura culturale nell’opinione pubblica.
“Centinaia di vite perse negli ultimi tempi nella disperata ricerca di
un’esistenza più sicura e decente sono – ha osservato il presule – “un
campanello d’allarme che nel nostro mondo globalizzato la comunità
internazionale sta fallendo i suoi obiettivi di solidarietà e protezione”.
Infine una
richiesta particolare di fare chiarezza sull’identità del rifugiato rispetto a
quella del profugo o del migrante, perché la confusione tra queste figure lede
spesso il diritto d’asilo di quanti rischiano di essere rimpatriati in Paesi
che li perseguitano per motivi politici, religiosi, etnici o altro. Questi
rifugiati, una minoranza, vanno tutelati in modo prioritario.
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IL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE PUBBLICA UNA NOTA
PER COMBATTERE
“La lotta contro la corruzione”. E’ il titolo di una Nota del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, disponibile a partire da oggi presso
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All’analisi del fenomeno corruzione, che nega ai popoli il
bene comune della legalità, è dedicata la prima parte della Nota. In evidenza
un dato: la corruzione è da sempre esistita e non conosce limiti
politici e geografici né sbarramenti sociali, cioè tocca Paesi ricchi e
poveri, singoli Stati come Organismi internazionali. E’ vero che da pochi anni
se ne è presa coscienza, ma anche che si stanno consolidando la necessità di
combatterla e i mezzi per farlo, grazie soprattutto alla fine dei blocchi
ideologici dopo il 1989 e alla globalizzazione delle informazioni.
Altro dato certo, si legge nella Nota è il danno apportato
dalla corruzione: materiale, in quanto sottrae risorse all’economia e alle
politiche sociali, grazie principalmente alla scarsa trasparenza nella finanza
internazionale e alla disuguaglianza dei sistemi giuridici. E un danno
qualitativo della vita: perché alimenta sfiducia nelle istituzioni, limitandone
la funzionalità. Altro danno della corruzione sancito dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa, è la grave
deformazione del sistema politico, del ruolo stesso delle Istituzioni, usate
come terreno di scambio tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti.
Cosa fare dunque? Ed ecco la seconda parte della Nota del
Pontificio Consiglio. Positivo è il passaggio da società autoritarie e chiuse a
società democratiche e aperte, purché non significhi minare il consenso etico
dei cittadini e la solidità dei legami sociali. Per evitare questi pericoli la
dottrina sociale della Chiesa punta sul concetto dell’ecologia umana, cioè il
rispetto delle fondamentali strutture naturali e morali donate all’uomo dal
Creatore. La loro assenza nutre la corruzione. Ma
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della
Chiesa in Africa.
Servizio estero - Nucleare: per Solana,
senza la sospensione dell’arricchimento, è impossibile riaprire le trattative
con l’Iran.
Servizio culturale - Un articolo di Piero Viotto dal titolo “Il confronto filosofico fra Gilson e Maritain”: il volume “Alla ricerca della verità”.
Servizio italiano - In primo piano il tema della
finanziaria.
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5 ottobre 2006
SI
SVOLGE DA OGGI, PER
DELLE
CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA
-
Intervista con mons.
Aldo Giordano -
Si svolge da oggi, per la prima volta a San Pietroburgo,
in Russia, la plenaria dei presidenti del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa (CCEE): il primo dei numerosi argomenti all’ordine del giorno riguarda
la situazione della religione e della Chiesa in Russia. Sull’importanza di
questo incontro Tiziana Campisi ha sentito il
segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, mons.
Aldo Giordano, raggiunto telefonicamente a San Pietroburgo:
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R. – Il primo scopo della presenza di tutti i presidenti
delle Conferenze di Europa, in terra russa è quello di mostrare la vicinanza,
la comunione e l’amicizia alla Chiesa cattolica che vive in queste terre, ma
anche quello di esprimere la gratitudine per chi in queste terre ha
testimoniato il Vangelo nei secoli, soprattutto la Chiesa ortodossa.
D. – Tra gli argomenti che state affrontando vi è quello
della situazione della religione e della Chiesa in Russia. Cosa può dirci in
proposito?
R. – In Russia c’è certamente una grande tradizione di
spiritualità, una grande tradizione anche culturale collegata alla religione,
ma, d’altra parte, in tempi recenti anche la Russia viene
segnata da quella che noi chiamiamo in Occidente la presenza della secolarizzazione.
Quindi anche qui in Russia, anche per frutto dei lunghi anni di comunismo, si
sente una certa lontananza dalla Chiesa, una certa “ignoranza” del fatto
cristiano. Risulta, quindi, importante comprendere che qui è necessario anche
aiutarci nel campo della evangelizzazione. Questo ci spinge a domandarci come
poter collaborare insieme per questo grande compito.
D. – Quali rapporti oggi esistono tra Chiesa cattolica ed
ortodossa?
R. -
C’è un clima di collaborazione, c’è un clima di stima reciproca.
Naturalmente si sentono in Russia le problematiche che abbiamo ereditato dalla
storia, come ad esempio la problematica relativa al proselitismo e quindi la
conseguente critica della Chiesa ortodossa verso le altre Chiese - compresa
anche la Chiesa cattolica - di un’azione di tipo proselitista, quasi come se
volessimo venire a mettere del nostro ovile delle pecore che appartengono ad
un’altra Chiesa. Questo richiede certamente dei chiarimenti. E’ necessario
chiarire cos’è veramente l’evangelizzazione, cosa vuol dire servire i cattolici
di questo Paese e cosa vorrebbe invece dire il proselitismo inteso in senso
negativo.
D. – Parliamo di dialogo interreligioso. In questo momento
particolare come far sì che questo dialogo cresca?
R. - C’è bisogno di capire l’altro, di conoscere l’altro.
Ma, come ultimo passo, per realizzare un vero dialogo è necessario comprendere
che nelle nostre diversità
noi ci lasciamo interrogare da una verità che è già diversa da
noi, che è altro da noi e che noi tutti dobbiamo imparare. Credo che tanti
problemi che nascono tra le religioni sono problemi di tipo politico, sono
problemi che riguardano la vita civile, la vita sociale, i rapporti tra gli
Stati, i rapporti tra le culture. Quindi noi ci attendiamo anche che la
politica faccia bene il suo lavoro, faccia il compito
tipico della politica che è quello di creare situazioni di giustizia, quello di
creare rapporti tra gli Stati, le nazioni ed i popoli che siano corretti. Se la
politica realizza questo, anche grazie al contributo delle Chiese, credo che le
Chiese siano allora più libere di compiere questo
dialogo con criteri tipicamente religiosi e non con criteri della politica, in
chiave teologica e partendo dai problemi delle religioni.
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DA OGGI A CALCUTTA
L’INCONTRO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI
PROMOSSO DALLA COMUNITA’ ECUMENICA
DI TAIZÉ
E’ iniziato oggi a Calcutta, in India, l’Incontro
internazionale di giovani, animato dalla Comunità di Taizé. L’iniziativa
risponde al desiderio di Frère Roger, espresso poco prima della morte nella sua
“Lettera incompiuta”, di allargare oltre i confini europei le mete del
“pellegrinaggio di fiducia” che tradizionalmente
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R. –
E’ stata una grande gioia poter unire lo spirito di Taizé con
l’ospitalità e la gioia di questa città. E’ stata una cosa grandiosa, che mi
riempie di speranza per il futuro.
D. – Che ti aspetti da questo incontro?
R. – Le aspettative sono tante. In effetti, come diceva
Frère Roger, è un modo per allargare - e lo penso anch’io - il proprio cuore
verso l’umanità, che tante volte vediamo ristretta all’interno delle nostre
case, dei nostri villaggi. E’ invece un modo per aprirsi al mondo.
R. – Io sono Anna ed è la seconda volta che vengo a
Calcutta.
D. – Che cosa ti ha spinto a venire qui?
R. – Ero già stata a Calcutta e volevo tornarci. In più
conoscevo Taizé. Quindi, è stato perfetto unire le due cose. Quello che mi
aspetto dal Meeting è di poter vivere la dimensione cristiana della preghiera e
della riflessione in questo posto, che è pieno di domande, di contraddizioni,
un posto che già di per sé fa pensare.
D. – Adesso c’è anche la festa di Puja
e si vede come gli indù festeggino in un altro modo. Questa interreligiosità,
che proprio qui, in questa città, è più evidente rispetto ad altre città, come
la vivi?
R. – A Calcutta questa cosa si vive benissimo. Anche in
passato abbiamo lavorato con musulmani ed indù. C’è una tolleranza molto
grande, soprattutto da parte degli indiani di religione induista. Quindi,
questo è un insegnamento grandissimo che loro ci danno.
D. – Anch’io mi chiamo Michele ed è la prima volta che
vengo in India. Il primo impatto con l’India è stato forte, perchè le
differenze sono tante. E’ un Paese che ha veramente qualcosa di particolare.
Negli occhi degli indiani che si incontrano si vede tanta voglia di vivere,
tanta voglia di andare avanti.
D. – Allora cosa desideri da questo incontro?
R. – Tutti gli anni partecipo all’incontro di fine anno,
organizzato dalla Comunità di Taizé in Europa. Ogni anno si porta a casa
qualcosa di nuovo, ma sempre una conferma, quella di avere fiducia nel
prossimo, di avere fiducia in se stessi. Sono convinto, per quanto riguarda il
mio percorso di giovane cristiano, di avere trovato questa via nella fede, che
si vive ogni giorno, non in modo astratto, ma nella fede che si pratica
concretamente e si vive innanzitutto nel proprio cuore e insieme agli altri.
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DA
IERI, FINO AL 10 OTTOBRE, LA SETTIMANA MONDIALE DELLO SPAZIO,
PER
RIFLETTERE SUL CONTRIBUTO DELLA RICERCA AEROSPAZIALE
AL MIGLIORAMENTO DELLA CONDIZIONE
UMANA
- Con
noi, Franco Malerba -
Riflettere sul
contributo della ricerca aerospaziale al miglioramento della condizione umana:
con questo intento, è in corso da ieri, 4 ottobre, fino al 10 ottobre, la Settimana
mondiale dello spazio, promossa dalle Nazioni Unite. Due date, il 4 e il 10
ottobre, che commemorano le pietre miliari dell’ingresso nello spazio, ovvero
il lancio del primo satellite terrestre, lo Sputnik I, il 4 ottobre 1957, e il primo Trattato internazionale
spaziale “Outer Space Treaty,”,
entrato in vigore il 10 ottobre 1967. Dei benefici per l’umanità della ricerca
aerospaziale, ci parla, al microfono di Roberta Moretti,
il primo astronauta italiano, Franco Malerba:
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R. – I benefici
sono l’osservazione della Terra, la mitigazione degli effetti delle catastrofi
naturali della meteorologia e anche le questioni legate al cambiamento
climatico, alla variazione dello strato dell’ozono, tutte cose che riguardano
l’ambiente nel quale viviamo e per il quale i satelliti ci danno delle
informazioni estremamente utili.
D. – Quali sono
le nuove frontiere della ricerca aerospaziale?
R. – E’ un
discorso di infrastruttura spaziale, cioè di tecnologie, di capacità industriale,
di veicoli che ci permettono di navigare in questo nuovo mare senza materia che
è lo spazio. Poi, la parte che forse più stimola il nostro desiderio di sapere,
che è la parte scientifica, quella dell’esplorazione dell’universo, del sistema
solare, che ci permette di sognare un giorno di andare ad esplorare anche con
esseri umani Marte, o magari ritornare sulla Luna per costruirvi degli habitat
permanenti, un po’ come già sappiamo fare nell’Antartide, nelle zone più ostili
del pianeta Terra. C’è una missione che porterà prossimamente un robot che
cammina da solo sul suolo marziano, così come ce ne sono già state due americane
un paio di anni fa e che hanno dato tanti risultati interessanti e poi,
naturalmente, guardando più lontano, verso mondi curiosi e, forse, luoghi di
forme di vita, come Europa, che è un satellite di Giove, coperto di ghiaccio
che forse all’interno nasconde un habitat di acqua.
D. – Viaggiando
nello spazio, vedendo la Terra da lontano, un astronauta pensa di più a Dio, si
sente più vicino al Creatore? Quali sono le riflessioni che nascono nello spirito?
R. – Dio lo
portiamo dentro di noi. Semmai lo spettacolo di questa uniformità, di questa
coerenza, di questa straordinaria consistenza dell’universo, per
cui le leggi che piano, piano riusciamo a scoprire nel piccolo del
nostro pianeta - la legge di gravitazione, le leggi elettromagnetiche, le leggi
che aggregano la materia e che permettono di prevedere i movimenti dei pianeti
- si applicano a qualunque altra parte dell’universo. E’ come se l’universo
fosse una grande cattedrale concepita tutta dallo stesso “Architetto”. In ogni
dettaglio si riconosce la mano dell’Artista. Quindi, io credo che la lezione
della lettura dell’universo, in prima fila, rafforzi la nostra fede.
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5 ottobre 2006
I
PRESIDENTI DI NOVE CONFERENZE EPISCOPALI DEL
SUDAMERICA RIUNITI OGGI E
DOMANI
A SANTIAGO DEL CILE, IN PREPARAZIONE ALLA V CONFERENZA GENERALE
DEGLI
EPISCOPATI LATINOAMERICANI E CARAIBICI (CELAM),
IN
PROGRAMMA NEL 2007 IN BRASILE
- A
cura di Luis Badilla -
SANTIAGO
DEL CILE. = Valutare l’andamento dei lavori nei Paesi che si preparano alla V
Conferenza generale degli episcopati latinoamericani e caraibici (CELAM), in
programma dal 13 al 31 maggio 2007 in Brasile: con questo intento, i presidenti
di nove Conferenze episcopali dell’America Latina – Bolivia, Brasile, Peru, Cile, Ecuador, Uruguay, Paraguay e Argentina – si
incontreranno oggi e domani a Santiago del Cile. In particolare, saranno
analizzati i progressi di numerose iniziative di coordinamento pastorale, per i
quali le Chiese locali hanno collaborato scambiando materiale di riflessione ed
esperienze. Dalla riunione, che ha un carattere privato e che sarà presieduta
dall’arcivescovo di Santiago, il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, presidente
del CELAM, dovranno emergere nuove proposte per affrontare la fase finale della
preparazione dell’incontro continentale, al quale, come è noto, prenderà parte
anche Benedetto XVI. Da mesi, in tutta l’America Latina sono in corso numerose
iniziative continentali o nazionali: da un parte, il
CELAM si è fatto promotore di eventi specifici, come i Congressi dedicati alla
Dottrina Sociale della Chiesa e alla pastorale mariana; dall’altra, le Chiese
particolari continuano, a livello nazionale, a dar vita a momenti d’incontro
dedicati all’educazione cattolica e alla famiglia (Cile), alla pastorale
indigena (Bolivia e Messico), alla pastorale sociale e alla giustizia
(Argentina), e alla mobilità umana e la crisi umanitaria (Colombia). Nel mese
di agosto, i presidenti delle Conferenze episcopali di Cile, Bolivia e Perù si
erano già incontrati, per affrontare le problematiche sociali che riguardano la
società di oggi e le sfide che queste pongono alla Chiesa. Nel loro messaggio
congiunto, i tre episcopati si sono impegnati a coltivare i grandi temi della
comunione e della collaborazione fraterna tra i popoli latinoamericani e ad
elaborare proposte adeguate, all’interno degli atenei cattolici, circa la pastorale
per la mobilità umana. Infine, sulla V Conferenza generale degli episcopati
dell’America Latina e dei Caraibi, definita un “evento dello Spirito”, i tre
presidenti si sono dichiarati convinti che essa servirà a rinnovare la
coscienza dei cristiani di essere discepoli di Cristo e che contribuirà a rivitalizzare il lavoro missionario.
IL
GOVERNO IRLANDESE “METTA LA LIBERIA TRA I
PAESI PIÙ BISOGNOSI DI AIUTO”: È L’INVITO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
IRLANDESE, CHE DURANTE LA SUA ASSEMBLEA PLENARIA HA DISCUSSO DELLA GRAVE CRISI
UMANITARIA NEL PAESE AFRICANO
DUBLINO. = Un appello per la Liberia, Paese
africano segnato da una grave crisi umanitaria, è stato lanciato in questi
giorni dalla Conferenza episcopale irlandese, riunita per la sua Assemblea
Plenaria. Dal 2003, in Liberia operano 450 militari irlandesi all’interno del
contingente delle Nazioni Unite di 15 mila uomini, chiamato a ripristinare la
pace e la stabilità dopo circa 15 anni di guerra civile, che ha provocato oltre
un milione di sfollati su una popolazione di poco più di tre. “Il contributo
dei nostri soldati – ha detto mons. Raymond W. Field, presidente della
Commissione Giustizia e Affari sociali, citato dall’agenzia Sir
– è riconosciuto, ma serve fare di più, ampliando il numero dei progetti
umanitari gestiti da organismi di aiuto, come Trócaire
e Concern”. Il presule ha ricordato che “in Liberia
non esistono reti elettriche e telefoniche, le strade sono dissestate e le ferrovie
non funzionano”, ma, ha precisato, “le principali
emergenze si registrano nel campo sanitario e in quello dell’istruzione”. “La
Liberia – ha aggiunto – ha un’altissima percentuale di mortalità infantile e
gli analfabeti raggiungono il 75 per cento. Le scuole sono state in gran parte
distrutte nel conflitto. Il Paese è totalmente dipendente dall’aiuto estero e
in special modo dalle ONG”. Per questo, ha concluso mons. Field,
occorre che il governo irlandese metta “la Liberia tra i Paesi più bisognosi di
aiuto”. (R.M.)
AMNESTY
INTERNATIONAL LANCIA UN APPELLO ALL’IRAN
PERCHÉ SOSPENDA
LA
PENA CAPITALE A SETTE DONNE ACCUSATE DI ADULTERIO. STASERA, INTANTO,
DAVANTI
ALL’AMBASCIATA IRANIANA A ROMA, FIACCOLATA PER KOBRA RAHAMANPOUR, LA CUI ESECUZIONE
E’ PREVISTA IL 12 OTTOBRE
ROMA. = Una fiaccolata per
salvare Kobra Rahamanpour,
la venticinquenne iraniana condannata a morte dal tribunale di Teheran per aver ucciso la suocera che la perseguitava da
anni, la cui esecuzione per impiccagione è stata fissata per il 12 ottobre: la
promuove questa sera a Roma, davanti all’ambasciata dell’Iran, Amnesty International, che in una lettera indirizzata alla
Repubblica Islamica ha chiesto la sospensione della pena capitale anche per
altre sette donne iraniane, condannate alla lapidazione con l’accusa di adulterio.
Amnesty International riferisce che l’ayatollah Shahroudim, capo della giustizia iraniana, ha potuto spesso
rinviare le esecuzioni, ma non ha l’autorità per commutare la condanna a morte
in ergastolo. Inoltre, nonostante la moratoria adottata da Teheran
nel 2002 sulla lapidazione per adulterio, lo scorso maggio almeno due persone
sarebbero state lapidate nella Repubblica Islamica. La Sharia
prevede che il prigioniero venga sotterrato fino al
petto, con le mani bloccate. Persino la dimensione delle pietre da lanciare è
specificata, così che la morte sia dolorosa e più lenta. Possono essere
condannati sia gli uomini che le donne, ma sono soprattutto le donne a scontare
questa pena. “E’ ora che questa pratica brutale abbia fine, – ha affermato Nicole Choueiry, portavoce di Amnesty International per il Medio Oriente – non solo si viene privati della vita, ma si viene anche torturati
durante il processo. L’Iran dovrebbe rivedere urgentemente la propria legislazione
– ha aggiunto – e metterla in linea con gli standard internazionali dei diritti
umani”. (R.M.)
A UN
ANNO DAL TERREMOTO, NEL KASHMIR PAKISTANO SONO
ANCORA UN MILIONE E 800 MILA GLI SFOLLATI: LO DENUNCIA
OXFAM INTERNATIONAL
IN UN
RAPPORTO SULLO STATO DELLA RICOSTRUZIONE
LAHORE = A un anno dal violento
terremoto che l’8 ottobre del 2005 ha colpito il Kashmir pakistano, provocando
73 mila morti e quasi tre milioni e mezzo di sfollati, almeno un milione e
ottocentomila persone si preparano a passare un secondo inverno fuori dalle loro case: è quanto denuncia la ONG britannica, Oxfam International, in un rapporto sullo stato della
ricostruzione pubblicato ieri. “Oltre 40 mila persone – si legge nel documento
– vivono nei campi di rifugio ufficiali, mentre migliaia di persone vivono in
tende vicino ai loro villaggi. La neve ha già iniziato a cadere, in una regione
con un’altitudine tra le più elevate al mondo, caratterizzata dall’assenza di
infrastrutture e dall’estrema povertà. Secondo Oxfam
International, gli interventi statali a favore dei terremotati si sono rivelati
tardivi. Solo di recente, infatti, le organizzazioni internazionali sono state
autorizzate ad aiutare la popolazione per la ricostruzione. Negli ultimi tempi,
comunque, più di 370 mila famiglie hanno ricevuto fondi governativi. Tuttavia,
le nuove costruzioni spesso non vengono realizzate in
conformità con le norme antisismiche e ciò, il più delle volte, per mancanza
d’informazione a riguardo. Secondo Oxfam
International, quattro sono le necessità più urgenti: fornire rifugi di fortuna
per le popolazioni delle aree rurali e montane; creare una rete d’informazione
sulle tecniche di costruzione antisismica; raccogliere dati precisi sulla
situazione della popolazione per realizzare politiche mirate; offrire supporto
politico, tecnico e finanziario per la ricostruzione. (A.S.)
LIMITI
PIÙ SEVERI PER LA QUALITÀ DELL’ARIA POSSONO RIDURRE
I DECESSI DEL
15 PER
CENTO NELLE CITTÀ INQUINATE: LO AFFERMA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
DELLA
SANITÀ (OMS), CHE OGGI PRESENTA LE NUOVE
“LINEE
GUIDA SULLA QUALITÀ DELL’ARIA”
GINEVRA. = L’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) lancia oggi la sfida a tutti i governi del mondo
per migliorare la qualità dell’aria nelle loro città e proteggere la salute dei
cittadini. L’appello giunge con la pubblicazione delle nuove “Linee guida sulla
qualità dell’aria”, in cui per la prima volta l’OMS estende a livello mondiale
le indicazioni già per l’Europa. Nel testo si sottolinea che abbassare la
soglia per un particolare tipo di inquinante, noto come PM10, può
ridurre i decessi fino al 15 per cento l’anno nelle città inquinate. Inoltre, vengono abbassati sostanzialmente i limiti raccomandati per
l’ozono e per il biossido di zolfo. “L’inquinamento atmosferico, sotto forma di
particolato fine o biossido di zolfo, ozono o
biossido di azoto – si legge nel documento – causa gravi effetti sulla salute.
Nell’Unione Europea, per esempio, il solo particolato
più fine (PM2.5) causa per l’europeo medio
una perdita dell’attesa di vita di circa 8.6 mesi”. “Nonostante il particolato fine sia considerato il principale fattore di
rischio per la salute dell’inquinamento atmosferico – continua – le nuove linee
guida abbassano anche il limite giornaliero dell’ozono, ridotto da 120 a 100
microgrammi per metro cubo”. Il raggiungimento di questi livelli sarà una sfida
per molte città, “specialmente nei Paesi in via di sviluppo” e, in particolare,
“per quelle con molte giornate di sole, in cui le concentrazioni di ozono
raggiungono livelli più elevati, causando problemi respiratori e attacchi di
asma”. (R.M.)
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5 ottobre 2006
- A cura di Fausta Speranza e Amedeo
Lomonaco -
Sale la tensione in vista del primo
esperimento atomico nordcoreano, annunciato dal governo
di Pyongyang senza indicare data e modalità. Il
sottosegretario di Stato americano ha detto ieri che gli Stati Uniti non sono
disponibili a tollerare una Corea del Nord dotata di armi atomiche. Il
sottosegretario statunitense ha anche rivelato che gli Stati Uniti hanno
avviato un contatto diretto con la Corea del Nord. In
Corea del Sud, intanto, il
presidente Roh ha ordinato di predisporre un piano di
emergenza, nel caso la situazione dovesse peggiorare. Al governo sudcoreano, Roh ha chiesto
inoltre il massimo sforzo diplomatico per far recedere la Corea del Nord dai
suoi propositi.
Non si sblocca neanche l’intricata questione
nucleare iraniana: il presidente
iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha ribadito di non voler
sospendere i processi di arricchimento dell’uranio ma anche detto che la
Repubblica islamica è intenzionata a proseguire sulla strada dei colloqui. La
replica dell’Unione Europea è stata immediata: l’Alto Rappresentante europeo per la Politica
Estera e di Sicurezza Comune, Javier Solana, ha avvertito il governo di Teheran che il tempo per i negoziati sta per scadere. Il
rischio – ha aggiunto – è di arrivare a sanzioni. Il ministro degli Esteri della Russia Sergei
Lavrov ha ribadito, intanto, che il suo Paese si
oppone all’ipotesi delle sanzioni. Lavrov ha definito
questa misura “troppo radicale” e ha sottolineato che si deve fare di tutto per
persuadere l’Iran a riprendere i negoziati. La crisi – ha aggiunto - deve
essere risolta diplomaticamente. Leader di Stati Uniti, Russia, Cina,
Inghilterra, Francia e Germania stanno pianificando un incontro per domani o
sabato per discutere sulla questione.
La Nato ha da questa mattina esteso il
suo controllo su tutto il territorio afghano, prendendo sotto il suo comando
anche la zona est del Paese, unica regione rimasta, fino a ieri, sotto
l’autorità statunitense. Il passaggio di consegne è avvenuto a Kabul, alla
presenza del presidente afghano Karzai. Ma cosa cambia, di fatto, sul terreno? Salvatore
Sabatino lo ha chiesto al generale Luigi Caligaris:
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R. – Sul terreno la situazione non cambia molto perché gli
americani lasceranno, comunque, dei supporti di una certa consistenza in modo
da non lasciare soli gli europei. C’è tutto un complesso di cose, tipo la
sorveglianza, il comando, il controllo, ma anche gli interventi di precisione
condotti con gli aerei, che devono potersi avvalere degli americani. Quindi gli
americani resteranno, anche se non saranno più così visibili in quanto scompare
– questa è la cosa più importante – Enduring Freedom, ossia la parte dell’impegno americano che era
rivolta alla sconfitta dei talebani e alla cattura di Bin
Laden.
D. – In questi giorni stiamo assistendo ad una
recrudescenza della violenza in Afghanistan. Può essere legato, secondo lei,
anche a questo passaggio di consegne un segnale?
R. – Questo, senza dubbio, è un incentivo per chi vuole
riconquistare il controllo del territorio e in competizione ce ne sono molti
che, poi, di volta in volta, si alleano uno contro l’altro. Ci
sono i famosi signori della guerra,
che sono soprattutto nel nord del Paese; ci sono i talebani che vogliono
acquisire, al momento, soprattutto, la fascia sud, quella intorno a Kandahar; ma ci sono anche i trafficanti di droga, che
appartengono, tra l’altro, a tutte e due le categorie. Tutti sperano, in
questo momento di cambiamento, di riuscire ad acquistare ed acquisire maggior
potere, considerando che il potere del governo centrale è molto limitato:
Karzai è una persona sì affidabile, ma conta abbastanza poco in un territorio
in cui le particolarità prevalgono.
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L’esercito americano e le autorità irachene hanno smentito
la notizia della presunta morte del numero uno di Al
Qaeda in Iraq, Abu Ayyub Al
Masri. In precedenza, l’emittente Al Arabiya aveva rivelato che il leader dell’organizzazione
terroristica era rimasto ucciso in seguito ad un’offensiva delle truppe
statunitensi. Il nostro servizio:
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L’esercito americano ha negato che Al Masri
sia morto e ha annunciato, con un comunicato, che sono stati arrestati 31
ribelli e un importante collaboratore del leader dell’organizzazione
terroristica. Secondo Al Arabiya ed altre due emittenti
satellitari arabe, Al Masri potrebbe invece essere
morto in seguito ad un raid aereo americano condotto ad
Hadissa, nella parte occidentale del Paese. Il
Ministero dell’Interno iracheno ha riferito, poi, che si attende l’esame del
DNA su un uomo morto durante un’incursione. Secondo alcune fonti, si
tratterebbe del capo di Al Qaeda in Iraq. E’ certo
invece che le operazioni militari per stanare Al Masri
sono state intensificate in questi giorni: il consigliere iracheno per la
sicurezza, presentando un video domenica scorsa con le prime immagini del
terrorista mentre prepara una bomba, aveva definito “imminente” la sua
cattura. Al Masri
è stato nominato capo della rete terroristica in Iraq lo scorso mese di giugno quando l’ex luogotenente di Osama
Bin Laden, Al Zarqawi, è rimasto ucciso in seguito ad un bombardamento
aereo americano a Baquba. Sulla sua identità ci sono
alcuni dubbi: secondo diversi analisti Al Masri
sarebbe, in realtà, Abu Hamza
al Muhajir, esperto di intelligence e militante di Al Qaeda che avrebbe partecipato alla Jihad
islamica in Egitto e combattuto in Afghanistan.
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Soldati israeliani hanno colpito a morte oggi un militante
palestinese nella Striscia di Gaza vicino al confine con Israele. Un portavoce dell’esercito israeliano a Tel
Aviv fa sapere che l’uomo stava per oltrepassare il confine a sud di Kissufim e aveva cercato di sistemare materiale
esplosivo. Da parte sua, il gruppo
militante della Jihad islamica ha riferito che l’uomo
faceva parte dell’organizzazione.
Il presidente della compagnia di gas della Georgia, Energy Invest, tra i maggiori
importatori del Paese, ha detto che il gigante russo del gas Gazprom sta cercando di alzare il prezzo delle forniture di
gas per il 2007. Si parlerebbe di
passare dagli attuali 110 dollari attuali per 1000 metri cubi a una cifra tra i
170 e i 250. La Georgia, con una popolazione
di 5 milioni di persone, dipende totalmente dal fornitore russo, che ha prospettato
prezzi più alti anche all’Ucraina e alla Bielorussia.
Osservatori internazionali sottolineano che dietro la questione energetica ci
sono le tensioni causate da posizioni politiche pro-occidente assunte dal
presidente georgiano Saakashvili. E proprio oggi si
svolgono, in Georgia, elezioni locali che possono essere un test sulla
popolarità delle politiche di Saakashvili.
Il
generale tailandese Sondhi Boonyaratkalin,
che due settimane fa ha guidato il colpo di Stato per rovesciare il premier Thaksin Shinawatra, ha accettato
di tenere dei colloqui con i leader dei gruppi islamici ribelli del sud del
Paese. Dal gennaio del 2004, quando è iniziata la ribellione nelle aree
meridionali, le violenze hanno causato la morte di oltre 1700 persone. I
ribelli chiedono l’istituzione di uno Stato islamico nel sud della Thailandia,
a maggioranza musulmana.
In Italia, alla vigilia
dell’approdo in Parlamento, la legge finanziaria approvata la settimana scorsa
dal Governo continua ad animare il dibattito delle forze politiche e sociali.
Tra le questioni più calde, ci sono la revisione delle aliquote IRPEF, il
trasferimento all’INPS del 50 per cento delle liquidazioni e i tagli agli enti
locali. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Che una manovra da 33 miliardi e mezzo di euro, per ammontare complessivo la
seconda più pesante nella storia italiana, facesse discutere era cosa prevedibile.
Ed è quel che puntualmente sta accadendo. Il capo dell’esecutivo,
Romano Prodi, e il ministro dell’Economia, Padoa-Schioppa
intervenendo in Parlamento hanno difeso strenuamente la Finanziaria. Il premier
l’ha definita di giustizia e risanamento. E il ministro ha detto di non capire
le lamentele dei ricchi. Una stoccata che non è affatto piaciuta al presidente
di Confindustria, Montezemolo,
che ha replicato: bisogna prima creare la ricchezza per poterla ridistribuire.
A Confindustria la manovra, insomma, non piace; piace
invece ai sindacati, che con gli imprenditori condividono, tuttavia, la
contrarietà al trasferimento all’INPS del 50 per cento del trattamento di fine
rapporto (TFR). Sul fronte politico, aumentano le voci preoccupate che si
levano nella maggioranza di centrosinistra. I più critici sono quelli della
Rosa nel Pugno, per i quali sono previste troppe tasse e poche riforme
strutturali. Sulla stessa linea, l’UDEUR di Mastella
che vede penalizzato il ceto medio e chiede al centrodestra di lavorare insieme
per modificare la Finanziaria in Parlamento. Berlusconi fa sapere di non
credere che la Finanziaria sia emendabile e annuncia
una dura opposizione parlamentare ma pensa anche ad una forte mobilitazione di
piazza. Intanto, uno dei suoi collaboratori più fidati, Sandro Bondi, sta però dando vita assieme ad altri esponenti di
maggioranza e opposizione ad una sorta di gruppo di volenterosi, che dovrebbero
elaborare modifiche sostanziali e condivise alla finanziaria. Contro la quale
si schierano anche i sindaci dell’Unione, da Veltroni
a Cofferati, preoccupati perché i robusti tagli agli
enti locali metteranno in condizione di aumentare le imposte comunali. Una voce
che andrebbe ad assommarsi alla riforma dell’IRPEF, tra i capitoli più
spinosi e studiati della manovra. Aumentano, infatti, tutte le aliquote
fiscali, tranne quelle più basse, colpendo il cosiddetto ceto medio, la
stragrande maggioranza della popolazione. E anche le famiglie stanno facendo i
loro conti, considerando anche le detrazioni e gli assegni familiari.
Giampiero Guadagni, per la Radio
Vaticana.
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La polizia messicana ha insabbiato
le prove delle molestie e degli abusi commessi su alcuni dimostranti, che lo
scorso mese di maggio hanno preso parte alle proteste per una migliore
assegnazione delle terre. E’ quanto denuncia Amnesty
International, secondo cui gli inquirenti hanno eliminato le deposizioni di
alcuni testimoni. In due giorni di violenze, il 3 ed il 4 maggio scorsi, sono
state arrestate 212 persone.
Una portavoce delle Nazioni Unite rende noto che le
autorità svizzere hanno messo in allarme l’ONU su un possibile attacco ai suoi
uffici a Ginevra. Non sono state fornite ulteriori informazioni sui possibili
autori, su mezzi e modalità o sui precisi obiettivi.
I sette lavoratori di compagnie petrolifere rapiti in
Nigeria sono in buone condizioni e per loro è stato chiesto un riscatto. Lo fa
sapere un diplomatico spiegando che il governo del Paese si sta muovendo per avviare negoziati con
i rapitori. Nella notte si sono placati gli scontri tra militanti del gruppo
ribelle e truppe che mercoledì hanno provocato la morte, in un’altra parte,
rispetto al rapimento,
della zona del Delta del Niger di 17 soldati nigeriani. Va detto che nella zona
del Delta del Niger, teatro di tensioni e violenze, si registrano povertà,
corruzione e assenza di legalità. La maggior parte degli abitanti hanno visto
ben pochi benefici da 50 anni di estrazione del petrolio che ha avuto invece
ripercussioni negative sull’ambiente.
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