RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 278 - Testo della trasmissione di Giovedì 5  ottobre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Identità spirituale dell’Europa e dialogo tra cristianesimo e islam, al centro del colloquio tra il Papa e il presidente austriaco Fischer. Benedetto XVI visiterà l’anno prossimo il santuario mariano di Mariazell

 

L’arcivescovo Silvano Tomasi chiede all’ONU maggiori fondi economici ma anche volontà politica ed apertura culturale a sostegno dei profughi in tutto il mondo

 

Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace pubblica una nota per combattere la piaga della corruzione, diffusa in tutti i continenti

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si svolge da oggi, per la prima volta a San Pietroburgo, la plenaria dei presidenti del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa: ne parliamo con mons. Aldo Giordano

 

Da oggi a Calcutta l’incontro internazionale dei giovani promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé: la testimonianza di alcuni giovani

 

Da ieri e fino al 10 ottobre, la Settimana mondiale dello Spazio, per riflettere sul contributo della ricerca aerospaziale al miglioramento della condizione umana: con noi Franco Malerba

 

CHIESA E SOCIETA’:

I presidenti di nove conferenze episcopali del Sudamerica riuniti oggi e domani a Santiago del Cile, in preparazione alla V Conferenza generale degli episcopati latinoamericani e caraibici (CELAM), in programma nel 2007 in Brasile

 

Il governo irlandese “metta la Liberia tra i Paesi più bisognosi di aiuto”: è l’invito della Conferenza episcopale irlandese che ha discusso della grave crisi umanitaria nel Paese africano

 

Amnesty International lancia un appello all’Iran perché sospenda la pena capitale a sette donne accusate di adulterio. Stasera, intanto, davanti all’ambasciata iraniana a Roma, fiaccolata per Kobra Rahamanpour, la cui esecuzione e’ prevista il 12 ottobre

 

Ad un anno dal terremoto nel Kashmir pakistano, sono ancora un milione e 800 mila gli sfollati: lo denuncia Oxfam International in un rapporto sullo stato della ricostruzione

 

Limiti più severi per la qualità dell’aria possono ridurre i decessi del 15 per cento nelle città inquinate: lo afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

 

24 ORE NEL MONDO:

In Afghanistan il comando della forza multinazionale passa, anche nell’est del Paese, dalle truppe statunitensi alla NATO

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 ottobre 2006

 

 

IDENTITA’ SPIRITUALE DELL’EUROPA E DIALOGO TRA CRISTIANESIMO E ISLAM,

AL CENTRO DEL COLLOQUIO TRA IL PAPA E IL PRESIDENTE AUSTRIACO FISCHER.

BENEDETTO XVI VISITERA’ NEL 2007 IL SANTUARIO MARIANO DI MARIAZELL

 

Il viaggio del Papa in Austria l’anno prossimo, l’identità spirituale dell’Europa e il dialogo tra cristianesimo e islam sono stati al centro stamani dell’incontro in Vaticano tra Benedetto XVI e il presidente austriaco Heinz Fischer. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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L’incontro si è svolto in un clima di “grande cordialità”. Il Papa ha ufficialmente accettato, e “volentieri”, l’invito del presidente Fischer a visitare il santuario mariano austriaco di Mariazell: la visita è prevista per il settembre del prossimo anno. Durante i colloqui - rileva una nota della Sala Stampa Vaticana - “ci si è soffermati sulla presenza e l’attività della Chiesa cattolica nella società austriaca  e ci si è rallegrati delle buone relazioni bilaterali fra Santa Sede ed Austria e della sintonia esistente sul tema dell’identità culturale e spirituale dell’Europa. Sono stati inoltre presi in considerazione temi di particolare importanza nell’odierno contesto mondiale, quale la promozione del dialogo fra culture e religioni, in particolare fra cristianesimo e islam, e il rifiuto di ogni forma di terrorismo”. Dopo l’udienza con il Papa, il presidente austriaco si è incontrato  con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Heinz Fischer, 68 anni domenica prossima, socialdemocratico, è stato eletto presidente nel 2004 e proprio ieri ha terminato le consultazioni con i vari partiti dopo le elezioni parlamentari di domenica scorsa, vinte dal partito socialdemocratico.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa stamane ha ricevuto anche alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Canada Occidentale in visita “ad Limina”. Nel pomeriggio riceverà il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

 

Il Santo Padre ha quindi nominato vescovo di Matehuala, in Messico, mons. Lucas Martinez Lara, del clero dell’arcidiocesi di San Luis Potosì, vicario episcopale della “Zona Medina” e parroco della parrocchia di “Santa Catalina” di Rioverde. Mons. Lucas Martinez Lara è nato il 13 marzo 1943 in un piccolo paese vicino a Villa de la Paz, arcidiocesi di San Luis Potosì. E’ stato ordinato sacerdote il 27 ottobre 1968.

 

 

MAGGIORI FONDI ECONOMICI MA ANCHE VOLONTA’ POLITICA ED APERTURA CULTURALE IN AIUTO AI PROFUGHI IN TUTTO IL MONDO.

INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI, ALLE NAZIONI UNITE DI GINEVRA

 

Date ai rifugiati solo un po’ di quello che si spende per le armi per alleviare le sofferenze di una umanità non protetta: l’appello lanciato ieri dell’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente delle Santa Sede, presso le Nazioni Unite a Ginevra. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Maggiori stanziamenti economici da parte degli Stati in aiuto ai milioni di profughi nel mondo: li ha invocati il rappresentante vaticano, nel suo intervento nel Comitato esecutivo dell’Alto Comissariato dell’ONU per i rifugiati, riunito nella città elevetica. Basterebbe – ha sottolineato - una piccola parte di quanto si spende in armamenti per “alleviare le sofferenze di una umanità non protetta”, persone che “attraverso mari e deserti”, sono in fuga “dalla guerra, dalla violazione dei loro diritti umani, dalla fame”.

        

Negli ultimi 10 anni, tra il ‘96 ed il 2005 - ha denunciato mons. Tomasi -  le spese militari sono aumentate di ben il 34 per cento, fino a raggiungere la cifra da capogiro di 1.118 miliardi di dollari. Oltre a maggiori fondi sono però necessari anche volontà politica ed apertura culturale nell’opinione pubblica. “Centinaia di vite perse negli ultimi tempi nella disperata ricerca di un’esistenza più sicura e decente sono – ha osservato il presule – “un campanello d’allarme che nel nostro mondo globalizzato la comunità internazionale sta fallendo i suoi obiettivi di solidarietà e protezione”.

 

Infine una richiesta particolare di fare chiarezza sull’identità del rifugiato rispetto a quella del profugo o del migrante, perché la confusione tra queste figure lede spesso il diritto d’asilo di quanti rischiano di essere rimpatriati in Paesi che li perseguitano per motivi politici, religiosi, etnici o altro. Questi rifugiati, una minoranza, vanno tutelati in modo prioritario.

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IL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE PUBBLICA UNA NOTA

PER COMBATTERE LA PIAGA DELLA CORRUZIONE NEL MONDO

 

 “La lotta contro la corruzione”. E’  il titolo di una Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, disponibile a partire da oggi presso la Libreria Editrice Vaticana. Il testo fa seguito alla Conferenza internazionale del dicastero vaticano, svoltosi nel giugno scorso in presenza di funzionari, studiosi e diplomatici di numerosi Paesi. Al centro dell’attenzione la natura del fenomeno “corruzione” a livello internazionale e i metodi più efficaci per contrastarlo, chiarendo il contributo che la Chiesa può offrire in merito. I dettagli nel servizio di Gabriella Ceraso:

 

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All’analisi del fenomeno corruzione, che nega ai popoli il bene comune della legalità, è dedicata la prima parte della Nota. In evidenza un dato: la corruzione è da sempre esistita e non conosce limiti politici e geografici né sbarramenti sociali, cioè tocca Paesi ricchi e poveri, singoli Stati come Organismi internazionali. E’ vero che da pochi anni se ne è presa coscienza, ma anche che si stanno consolidando la necessità di combatterla e i mezzi per farlo, grazie soprattutto alla fine dei blocchi ideologici dopo il 1989 e alla globalizzazione delle informazioni.

 

Altro dato certo, si legge nella Nota è il danno apportato dalla corruzione: materiale, in quanto sottrae risorse all’economia e alle politiche sociali, grazie principalmente alla scarsa trasparenza nella finanza internazionale e alla disuguaglianza dei sistemi giuridici. E un danno qualitativo della vita: perché alimenta sfiducia nelle istituzioni, limitandone la funzionalità. Altro danno della corruzione sancito dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa, è la grave deformazione del sistema politico, del ruolo stesso delle Istituzioni, usate come terreno di scambio tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti.

 

Cosa fare dunque? Ed ecco la seconda parte della Nota del Pontificio Consiglio. Positivo è il passaggio da società autoritarie e chiuse a società democratiche e aperte, purché non significhi minare il consenso etico dei cittadini e la solidità dei legami sociali. Per evitare questi pericoli la dottrina sociale della Chiesa punta sul concetto dell’ecologia umana, cioè il rispetto delle fondamentali strutture naturali e morali donate all’uomo dal Creatore. La loro assenza nutre la corruzione. Ma la Chiesa può prevenirla non solo diffondendo principi quali dignità umana, bene comune, solidarietà, sussidiarietà, ma anche incentivandoli. L’ultimo riferimento è a livello internazionale: per la lotta alla corruzione è necessaria trasparenza delle transazioni ed armonizzazione della legislazione, se non un’autorità autonoma che accerti i reati. A questi livelli anche le Chiese locali sono fortemente chiamate a collaborare.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano -  Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Africa.

 

Servizio estero - Nucleare: per Solana, senza la sospensione dell’arricchimento, è impossibile riaprire le trattative con l’Iran.

 

Servizio culturale - Un articolo di Piero Viotto dal titolo “Il confronto filosofico fra Gilson e Maritain”: il volume “Alla ricerca della verità”.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della finanziaria.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 ottobre 2006

 

SI SVOLGE DA OGGI, PER LA PRIMA VOLTA A SAN PIETROBURGO,

LA PLENARIA DEI PRESIDENTI DEL CONSIGLIO

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA

- Intervista con  mons. Aldo Giordano -

 

Si svolge da oggi, per la prima volta a San Pietroburgo, in Russia, la plenaria dei presidenti del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE): il primo dei numerosi argomenti all’ordine del giorno riguarda la situazione della religione e della Chiesa in Russia. Sull’importanza di questo incontro Tiziana Campisi ha sentito il segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, mons. Aldo Giordano, raggiunto telefonicamente a San Pietroburgo:

 

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R. – Il primo scopo della presenza di tutti i presidenti delle Conferenze di Europa, in terra russa è quello di mostrare la vicinanza, la comunione e l’amicizia alla Chiesa cattolica che vive in queste terre, ma anche quello di esprimere la gratitudine per chi in queste terre ha testimoniato il Vangelo nei secoli, soprattutto la Chiesa ortodossa. 

 

D. – Tra gli argomenti che state affrontando vi è quello della situazione della religione e della Chiesa in Russia. Cosa può dirci in proposito?

 

R. – In Russia c’è certamente una grande tradizione di spiritualità, una grande tradizione anche culturale collegata alla religione, ma, d’altra parte, in tempi recenti anche la Russia viene segnata da quella che noi chiamiamo in Occidente la presenza della secolarizzazione. Quindi anche qui in Russia, anche per frutto dei lunghi anni di comunismo, si sente una certa lontananza dalla Chiesa, una certa “ignoranza” del fatto cristiano. Risulta, quindi, importante comprendere che qui è necessario anche aiutarci nel campo della evangelizzazione. Questo ci spinge a domandarci come poter collaborare insieme per questo grande compito.

 

D. – Quali rapporti oggi esistono tra Chiesa cattolica ed ortodossa?

 

R. -  C’è un clima di collaborazione, c’è un clima di stima reciproca. Naturalmente si sentono in Russia le problematiche che abbiamo ereditato dalla storia, come ad esempio la problematica relativa al proselitismo e quindi la conseguente critica della Chiesa ortodossa verso le altre Chiese - compresa anche la Chiesa cattolica - di un’azione di tipo proselitista, quasi come se volessimo venire a mettere del nostro ovile delle pecore che appartengono ad un’altra Chiesa. Questo richiede certamente dei chiarimenti. E’ necessario chiarire cos’è veramente l’evangelizzazione, cosa vuol dire servire i cattolici di questo Paese e cosa vorrebbe invece dire il proselitismo inteso in senso negativo.

 

D. – Parliamo di dialogo interreligioso. In questo momento particolare come far sì che questo dialogo cresca?

 

R. - C’è bisogno di capire l’altro, di conoscere l’altro. Ma, come ultimo passo, per realizzare un vero dialogo è necessario comprendere che nelle nostre diversità  noi ci lasciamo interrogare da una verità che è già diversa da noi, che è altro da noi e che noi tutti dobbiamo imparare. Credo che tanti problemi che nascono tra le religioni sono problemi di tipo politico, sono problemi che riguardano la vita civile, la vita sociale, i rapporti tra gli Stati, i rapporti tra le culture. Quindi noi ci attendiamo anche che la politica faccia bene il suo lavoro, faccia il compito tipico della politica che è quello di creare situazioni di giustizia, quello di creare rapporti tra gli Stati, le nazioni ed i popoli che siano corretti. Se la politica realizza questo, anche grazie al contributo delle Chiese, credo che le Chiese siano allora più libere di compiere questo dialogo con criteri tipicamente religiosi e non con criteri della politica, in chiave teologica e partendo dai problemi delle religioni.

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DA OGGI A CALCUTTA L’INCONTRO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI

PROMOSSO DALLA COMUNITA’ ECUMENICA DI TAIZÉ

 

E’ iniziato oggi a Calcutta, in India, l’Incontro internazionale di giovani, animato dalla Comunità di Taizé. L’iniziativa risponde al desiderio di Frère Roger, espresso poco prima della morte nella sua “Lettera incompiuta”, di allargare oltre i confini europei le mete del “pellegrinaggio di fiducia” che tradizionalmente la Comunità organizza a fine anno in una città del Vecchio Continente. Migliaia i giovani presenti a Calcutta, giunti in particolare dall’Asia e dall’Europa. Ascoltiamo le testimonianze di alcuni ragazzi italiani a partire da Michele. Le interviste sono di  Silke Schmitt:

 

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R. –  E’ stata una grande gioia poter unire lo spirito di Taizé con l’ospitalità e la gioia di questa città. E’ stata una cosa grandiosa, che mi riempie di speranza per il futuro.

 

D. – Che ti aspetti da questo incontro?

 

R. – Le aspettative sono tante. In effetti, come diceva Frère Roger, è un modo per allargare - e lo penso anch’io - il proprio cuore verso l’umanità, che tante volte vediamo ristretta all’interno delle nostre case, dei nostri villaggi. E’ invece un modo per aprirsi al mondo.

 

R. – Io sono Anna ed è la seconda volta che vengo a Calcutta.

 

D. – Che cosa ti ha spinto a venire qui?

 

R. – Ero già stata a Calcutta e volevo tornarci. In più conoscevo Taizé. Quindi, è stato perfetto unire le due cose. Quello che mi aspetto dal Meeting è di poter vivere la dimensione cristiana della preghiera e della riflessione in questo posto, che è pieno di domande, di contraddizioni, un posto che già di per sé fa pensare.

 

D. – Adesso c’è anche la festa di Puja e si vede come gli indù festeggino in un altro modo. Questa interreligiosità, che proprio qui, in questa città, è più evidente rispetto ad altre città, come la vivi?

 

R. – A Calcutta questa cosa si vive benissimo. Anche in passato abbiamo lavorato con musulmani ed indù. C’è una tolleranza molto grande, soprattutto da parte degli indiani di religione induista. Quindi, questo è un insegnamento grandissimo che loro ci danno.

 

D. – Anch’io mi chiamo Michele ed è la prima volta che vengo in India. Il primo impatto con l’India è stato forte, perchè le differenze sono tante. E’ un Paese che ha veramente qualcosa di particolare. Negli occhi degli indiani che si incontrano si vede tanta voglia di vivere, tanta voglia di andare avanti.

 

D. – Allora cosa desideri da questo incontro?

 

R. – Tutti gli anni partecipo all’incontro di fine anno, organizzato dalla Comunità di Taizé in Europa. Ogni anno si porta a casa qualcosa di nuovo, ma sempre una conferma, quella di avere fiducia nel prossimo, di avere fiducia in se stessi. Sono convinto, per quanto riguarda il mio percorso di giovane cristiano, di avere trovato questa via nella fede, che si vive ogni giorno, non in modo astratto, ma  nella fede che si pratica concretamente e si vive innanzitutto nel proprio cuore e insieme agli altri.

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DA IERI, FINO AL 10 OTTOBRE, LA SETTIMANA MONDIALE DELLO SPAZIO,

PER RIFLETTERE SUL CONTRIBUTO DELLA RICERCA AEROSPAZIALE

 AL MIGLIORAMENTO DELLA CONDIZIONE UMANA

- Con noi, Franco Malerba -

 

Riflettere sul contributo della ricerca aerospaziale al miglioramento della condizione umana: con questo intento, è in corso da ieri, 4 ottobre, fino al 10 ottobre, la Settimana mondiale dello spazio, promossa dalle Nazioni Unite. Due date, il 4 e il 10 ottobre, che commemorano le pietre miliari dell’ingresso nello spazio, ovvero il lancio del primo satellite terrestre, lo Sputnik I, il 4 ottobre 1957, e il primo Trattato internazionale spaziale “Outer Space Treaty,”, entrato in vigore il 10 ottobre 1967. Dei benefici per l’umanità della ricerca aerospaziale, ci parla, al microfono di Roberta Moretti, il primo astronauta italiano, Franco Malerba:

 

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R. – I benefici sono l’osservazione della Terra, la mitigazione degli effetti delle catastrofi naturali della meteorologia e anche le questioni legate al cambiamento climatico, alla variazione dello strato dell’ozono, tutte cose che riguardano l’ambiente nel quale viviamo e per il quale i satelliti ci danno delle informazioni estremamente utili.

 

D. – Quali sono le nuove frontiere della ricerca aerospaziale?

 

R. – E’ un discorso di infrastruttura spaziale, cioè di tecnologie, di capacità industriale, di veicoli che ci permettono di navigare in questo nuovo mare senza materia che è lo spazio. Poi, la parte che forse più stimola il nostro desiderio di sapere, che è la parte scientifica, quella dell’esplorazione dell’universo, del sistema solare, che ci permette di sognare un giorno di andare ad esplorare anche con esseri umani Marte, o magari ritornare sulla Luna per costruirvi degli habitat permanenti, un po’ come già sappiamo fare nell’Antartide, nelle zone più ostili del pianeta Terra. C’è una missione che porterà prossimamente un robot che cammina da solo sul suolo marziano, così come ce ne sono già state due americane un paio di anni fa e che hanno dato tanti risultati interessanti e poi, naturalmente, guardando più lontano, verso mondi curiosi e, forse, luoghi di forme di vita, come Europa, che è un satellite di Giove, coperto di ghiaccio che forse all’interno nasconde un habitat di acqua.

 

D. – Viaggiando nello spazio, vedendo la Terra da lontano, un astronauta pensa di più a Dio, si sente più vicino al Creatore? Quali sono le riflessioni che nascono nello spirito?

 

R. – Dio lo portiamo dentro di noi. Semmai lo spettacolo di questa uniformità, di questa coerenza, di questa straordinaria consistenza dell’universo, per cui le leggi che piano, piano riusciamo a scoprire nel piccolo del nostro pianeta - la legge di gravitazione, le leggi elettromagnetiche, le leggi che aggregano la materia e che permettono di prevedere i movimenti dei pianeti - si applicano a qualunque altra parte dell’universo. E’ come se l’universo fosse una grande cattedrale concepita tutta dallo stesso “Architetto”. In ogni dettaglio si riconosce la mano dell’Artista. Quindi, io credo che la lezione della lettura dell’universo, in prima fila, rafforzi la nostra fede.

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CHIESA E SOCIETA’

5 ottobre 2006

 

I PRESIDENTI DI NOVE CONFERENZE EPISCOPALI DEL SUDAMERICA RIUNITI OGGI E

DOMANI A SANTIAGO DEL CILE, IN PREPARAZIONE ALLA V CONFERENZA GENERALE

DEGLI EPISCOPATI LATINOAMERICANI E CARAIBICI (CELAM),

IN PROGRAMMA NEL 2007 IN BRASILE

- A cura di Luis Badilla -

 

SANTIAGO DEL CILE. = Valutare l’andamento dei lavori nei Paesi che si preparano alla V Conferenza generale degli episcopati latinoamericani e caraibici (CELAM), in programma dal 13 al 31 maggio 2007 in Brasile: con questo intento, i presidenti di nove Conferenze episcopali dell’America Latina – Bolivia, Brasile, Peru, Cile, Ecuador, Uruguay, Paraguay e Argentina – si incontreranno oggi e domani a Santiago del Cile. In particolare, saranno analizzati i progressi di numerose iniziative di coordinamento pastorale, per i quali le Chiese locali hanno collaborato scambiando materiale di riflessione ed esperienze. Dalla riunione, che ha un carattere privato e che sarà presieduta dall’arcivescovo di Santiago, il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, presidente del CELAM, dovranno emergere nuove proposte per affrontare la fase finale della preparazione dell’incontro continentale, al quale, come è noto, prenderà parte anche Benedetto XVI. Da mesi, in tutta l’America Latina sono in corso numerose iniziative continentali o nazionali: da un parte, il CELAM si è fatto promotore di eventi specifici, come i Congressi dedicati alla Dottrina Sociale della Chiesa e alla pastorale mariana; dall’altra, le Chiese particolari continuano, a livello nazionale, a dar vita a momenti d’incontro dedicati all’educazione cattolica e alla famiglia (Cile), alla pastorale indigena (Bolivia e Messico), alla pastorale sociale e alla giustizia (Argentina), e alla mobilità umana e la crisi umanitaria (Colombia). Nel mese di agosto, i presidenti delle Conferenze episcopali di Cile, Bolivia e Perù si erano già incontrati, per affrontare le problematiche sociali che riguardano la società di oggi e le sfide che queste pongono alla Chiesa. Nel loro messaggio congiunto, i tre episcopati si sono impegnati a coltivare i grandi temi della comunione e della collaborazione fraterna tra i popoli latinoamericani e ad elaborare proposte adeguate, all’interno degli atenei cattolici, circa la pastorale per la mobilità umana. Infine, sulla V Conferenza generale degli episcopati dell’America Latina e dei Caraibi, definita un “evento dello Spirito”, i tre presidenti si sono dichiarati convinti che essa servirà a rinnovare la coscienza dei cristiani di essere discepoli di Cristo e che contribuirà a rivitalizzare il lavoro missionario.

 

 

IL GOVERNO IRLANDESE “METTA LA LIBERIA TRA I PAESI PIÙ BISOGNOSI DI AIUTO”: È L’INVITO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE IRLANDESE, CHE DURANTE LA SUA ASSEMBLEA PLENARIA HA DISCUSSO DELLA GRAVE CRISI UMANITARIA NEL PAESE AFRICANO

 

DUBLINO. = Un appello per la Liberia, Paese africano segnato da una grave crisi umanitaria, è stato lanciato in questi giorni dalla Conferenza episcopale irlandese, riunita per la sua Assemblea Plenaria. Dal 2003, in Liberia operano 450 militari irlandesi all’interno del contingente delle Nazioni Unite di 15 mila uomini, chiamato a ripristinare la pace e la stabilità dopo circa 15 anni di guerra civile, che ha provocato oltre un milione di sfollati su una popolazione di poco più di tre. “Il contributo dei nostri soldati – ha detto mons. Raymond W. Field, presidente della Commissione Giustizia e Affari sociali, citato dall’agenzia Sir – è riconosciuto, ma serve fare di più, ampliando il numero dei progetti umanitari gestiti da organismi di aiuto, come Trócaire e Concern”. Il presule ha ricordato che “in Liberia non esistono reti elettriche e telefoniche, le strade sono dissestate e le ferrovie non funzionano”, ma, ha precisato, “le principali emergenze si registrano nel campo sanitario e in quello dell’istruzione”. “La Liberia – ha aggiunto – ha un’altissima percentuale di mortalità infantile e gli analfabeti raggiungono il 75 per cento. Le scuole sono state in gran parte distrutte nel conflitto. Il Paese è totalmente dipendente dall’aiuto estero e in special modo dalle ONG”. Per questo, ha concluso mons. Field, occorre che il governo irlandese metta “la Liberia tra i Paesi più bisognosi di aiuto”. (R.M.)

 

 

AMNESTY INTERNATIONAL LANCIA UN APPELLO ALL’IRAN PERCHÉ SOSPENDA

LA PENA CAPITALE A SETTE DONNE ACCUSATE DI ADULTERIO. STASERA, INTANTO,

DAVANTI ALL’AMBASCIATA IRANIANA A ROMA, FIACCOLATA PER KOBRA RAHAMANPOUR, LA CUI ESECUZIONE E’ PREVISTA IL 12 OTTOBRE

 

ROMA. = Una fiaccolata per salvare Kobra Rahamanpour, la venticinquenne iraniana condannata a morte dal tribunale di Teheran per aver ucciso la suocera che la perseguitava da anni, la cui esecuzione per impiccagione è stata fissata per il 12 ottobre: la promuove questa sera a Roma, davanti all’ambasciata dell’Iran, Amnesty International, che in una lettera indirizzata alla Repubblica Islamica ha chiesto la sospensione della pena capitale anche per altre sette donne iraniane, condannate alla lapidazione con l’accusa di adulterio. Amnesty International riferisce che l’ayatollah Shahroudim, capo della giustizia iraniana, ha potuto spesso rinviare le esecuzioni, ma non ha l’autorità per commutare la condanna a morte in ergastolo. Inoltre, nonostante la moratoria adottata da Teheran nel 2002 sulla lapidazione per adulterio, lo scorso maggio almeno due persone sarebbero state lapidate nella Repubblica Islamica. La Sharia prevede che il prigioniero venga sotterrato fino al petto, con le mani bloccate. Persino la dimensione delle pietre da lanciare è specificata, così che la morte sia dolorosa e più lenta. Possono essere condannati sia gli uomini che le donne, ma sono soprattutto le donne a scontare questa pena. “E’ ora che questa pratica brutale abbia fine, – ha affermato Nicole Choueiry, portavoce di Amnesty International per il Medio Oriente – non solo si viene privati della vita, ma si viene anche torturati durante il processo. L’Iran dovrebbe rivedere urgentemente la propria legislazione – ha aggiunto – e metterla in linea con gli standard internazionali dei diritti umani”. (R.M.)

 

 

A UN ANNO DAL TERREMOTO, NEL KASHMIR PAKISTANO SONO ANCORA UN MILIONE E 800 MILA GLI SFOLLATI: LO DENUNCIA OXFAM INTERNATIONAL

IN UN RAPPORTO SULLO STATO DELLA RICOSTRUZIONE

 

LAHORE = A un anno dal violento terremoto che l’8 ottobre del 2005 ha colpito il Kashmir pakistano, provocando 73 mila morti e quasi tre milioni e mezzo di sfollati, almeno un milione e ottocentomila persone si preparano a passare un secondo inverno fuori dalle loro case: è quanto denuncia la ONG britannica, Oxfam International, in un rapporto sullo stato della ricostruzione pubblicato ieri. “Oltre 40 mila persone – si legge nel documento – vivono nei campi di rifugio ufficiali, mentre migliaia di persone vivono in tende vicino ai loro villaggi. La neve ha già iniziato a cadere, in una regione con un’altitudine tra le più elevate al mondo, caratterizzata dall’assenza di infrastrutture e dall’estrema povertà. Secondo Oxfam International, gli interventi statali a favore dei terremotati si sono rivelati tardivi. Solo di recente, infatti, le organizzazioni internazionali sono state autorizzate ad aiutare la popolazione per la ricostruzione. Negli ultimi tempi, comunque, più di 370 mila famiglie hanno ricevuto fondi governativi. Tuttavia, le nuove costruzioni spesso non vengono realizzate in conformità con le norme antisismiche e ciò, il più delle volte, per mancanza d’informazione a riguardo. Secondo Oxfam International, quattro sono le necessità più urgenti: fornire rifugi di fortuna per le popolazioni delle aree rurali e montane; creare una rete d’informazione sulle tecniche di costruzione antisismica; raccogliere dati precisi sulla situazione della popolazione per realizzare politiche mirate; offrire supporto politico, tecnico e finanziario per la ricostruzione. (A.S.)

 

 

LIMITI PIÙ SEVERI PER LA QUALITÀ DELL’ARIA POSSONO RIDURRE I DECESSI DEL

15 PER CENTO NELLE CITTÀ INQUINATE: LO AFFERMA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE

DELLA SANITÀ (OMS), CHE OGGI PRESENTA LE NUOVE

“LINEE GUIDA SULLA QUALITÀ DELL’ARIA”

 

GINEVRA. = L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lancia oggi la sfida a tutti i governi del mondo per migliorare la qualità dell’aria nelle loro città e proteggere la salute dei cittadini. L’appello giunge con la pubblicazione delle nuove “Linee guida sulla qualità dell’aria”, in cui per la prima volta l’OMS estende a livello mondiale le indicazioni già per l’Europa. Nel testo si sottolinea che abbassare la soglia per un particolare tipo di inquinante, noto come PM10, può ridurre i decessi fino al 15 per cento l’anno nelle città inquinate. Inoltre, vengono abbassati sostanzialmente i limiti raccomandati per l’ozono e per il biossido di zolfo. “L’inquinamento atmosferico, sotto forma di particolato fine o biossido di zolfo, ozono o biossido di azoto – si legge nel documento – causa gravi effetti sulla salute. Nell’Unione Europea, per esempio, il solo particolato più fine (PM2.5) causa per l’europeo medio una perdita dell’attesa di vita di circa 8.6 mesi”. “Nonostante il particolato fine sia considerato il principale fattore di rischio per la salute dell’inquinamento atmosferico – continua – le nuove linee guida abbassano anche il limite giornaliero dell’ozono, ridotto da 120 a 100 microgrammi per metro cubo”. Il raggiungimento di questi livelli sarà una sfida per molte città, “specialmente nei Paesi in via di sviluppo” e, in particolare, “per quelle con molte giornate di sole, in cui le concentrazioni di ozono raggiungono livelli più elevati, causando problemi respiratori e attacchi di asma”. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 ottobre 2006

 

 

- A cura di Fausta Speranza e Amedeo Lomonaco -

 

Sale la tensione in vista del primo esperimento atomico nordcoreano, annunciato dal governo di Pyongyang senza indicare data e modalità. Il sottosegretario di Stato americano ha detto ieri che gli Stati Uniti non sono disponibili a tollerare una Corea del Nord dotata di armi atomiche. Il sottosegretario statunitense ha anche rivelato che gli Stati Uniti hanno avviato un contatto diretto con la Corea del Nord. In Corea del Sud, intanto, il presidente Roh ha ordinato di predisporre un piano di emergenza, nel caso la situazione dovesse peggiorare. Al governo sudcoreano, Roh ha chiesto inoltre il massimo sforzo diplomatico per far recedere la Corea del Nord dai suoi propositi.

 

Non si sblocca neanche l’intricata questione nucleare iraniana: il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha ribadito di non voler sospendere i processi di arricchimento dell’uranio ma anche detto che la Repubblica islamica è intenzionata a proseguire sulla strada dei colloqui. La replica dell’Unione Europea è stata immediata: l’Alto Rappresentante europeo per la Politica Estera e di Sicurezza Comune, Javier Solana, ha avvertito il governo di Teheran che il tempo per i negoziati sta per scadere. Il rischio – ha aggiunto – è di arrivare a sanzioni.  Il ministro degli Esteri della Russia Sergei Lavrov ha ribadito, intanto, che il suo Paese si oppone all’ipotesi delle sanzioni. Lavrov ha definito questa misura “troppo radicale” e ha sottolineato che si deve fare di tutto per persuadere l’Iran a riprendere i negoziati. La crisi – ha aggiunto - deve essere risolta diplomaticamente. Leader di Stati Uniti, Russia, Cina, Inghilterra, Francia e Germania stanno pianificando un incontro per domani o sabato per discutere sulla questione.

 

La Nato ha da questa mattina esteso il suo controllo su tutto il territorio afghano, prendendo sotto il suo comando anche la zona est del Paese, unica regione rimasta, fino a ieri, sotto l’autorità statunitense. Il passaggio di consegne è avvenuto a Kabul, alla presenza del presidente afghano Karzai. Ma cosa cambia, di fatto, sul terreno? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al generale Luigi Caligaris:

 

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R. – Sul terreno la situazione non cambia molto perché gli americani lasceranno, comunque, dei supporti di una certa consistenza in modo da non lasciare soli gli europei. C’è tutto un complesso di cose, tipo la sorveglianza, il comando, il controllo, ma anche gli interventi di precisione condotti con gli aerei, che devono potersi avvalere degli americani. Quindi gli americani resteranno, anche se non saranno più così visibili in quanto scompare – questa è la cosa più importante – Enduring Freedom, ossia la parte dell’impegno americano che era rivolta alla sconfitta dei talebani e alla cattura di Bin Laden.

 

D. – In questi giorni stiamo assistendo ad una recrudescenza della violenza in Afghanistan. Può essere legato, secondo lei, anche a questo passaggio di consegne un segnale?

 

R. – Questo, senza dubbio, è un incentivo per chi vuole riconquistare il controllo del territorio e in competizione ce ne sono molti che, poi, di volta in volta, si alleano uno contro l’altro. Ci sono i famosi signori della guerra, che sono soprattutto nel nord del Paese; ci sono i talebani che vogliono acquisire, al momento, soprattutto, la fascia sud, quella intorno a Kandahar; ma ci sono anche i trafficanti di droga, che appartengono, tra l’altro, a tutte e due le categorie. Tutti sperano, in questo momento di cambiamento, di riuscire ad acquistare ed acquisire maggior potere, considerando che il potere del governo centrale è molto limitato: Karzai è una persona sì affidabile, ma conta abbastanza poco in un territorio in cui le particolarità prevalgono. 

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L’esercito americano e le autorità irachene hanno smentito la notizia della presunta morte del numero uno di Al Qaeda in Iraq, Abu Ayyub Al Masri. In precedenza, l’emittente Al Arabiya aveva rivelato che il leader dell’organizzazione terroristica era rimasto ucciso in seguito ad un’offensiva delle truppe statunitensi. Il nostro servizio:

 

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L’esercito americano ha negato che Al Masri sia morto e ha annunciato, con un comunicato, che sono stati arrestati 31 ribelli e un importante collaboratore del leader dell’organizzazione terroristica. Secondo Al Arabiya ed altre due emittenti satellitari arabe, Al Masri potrebbe invece essere morto in seguito ad un raid aereo americano condotto ad Hadissa, nella parte occidentale del Paese. Il Ministero dell’Interno iracheno ha riferito, poi, che si attende l’esame del DNA su un uomo morto durante un’incursione. Secondo alcune fonti, si tratterebbe del capo di Al Qaeda in Iraq. E’ certo invece che le operazioni militari per stanare Al Masri sono state intensificate in questi giorni: il consigliere iracheno per la sicurezza, presentando un video domenica scorsa con le prime immagini del terrorista mentre prepara una bomba, aveva definito “imminente” la sua cattura.  Al Masri è stato nominato capo della rete terroristica in Iraq lo scorso mese di giugno quando l’ex luogotenente di Osama Bin Laden, Al Zarqawi, è rimasto ucciso in seguito ad un bombardamento aereo americano a Baquba. Sulla sua identità ci sono alcuni dubbi: secondo diversi analisti Al Masri sarebbe, in realtà, Abu Hamza al Muhajir, esperto di intelligence e militante di Al Qaeda che avrebbe partecipato alla Jihad islamica in Egitto e combattuto in Afghanistan.

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Soldati israeliani hanno colpito a morte oggi un militante palestinese nella Striscia di Gaza vicino al confine con Israele.  Un portavoce dell’esercito israeliano a Tel Aviv fa sapere che l’uomo stava per oltrepassare il confine a sud di Kissufim e aveva cercato di sistemare materiale esplosivo.  Da parte sua, il gruppo militante della Jihad islamica ha riferito che l’uomo faceva parte dell’organizzazione. 

 

Il presidente della compagnia di gas della Georgia, Energy Invest, tra i maggiori importatori del Paese, ha detto che il gigante russo del gas Gazprom sta cercando di alzare il prezzo delle forniture di gas per il 2007.  Si parlerebbe di passare dagli attuali 110 dollari attuali per 1000 metri cubi a una cifra tra i 170 e i 250.  La Georgia, con una popolazione di 5 milioni di persone, dipende totalmente dal fornitore russo, che ha prospettato prezzi più alti anche all’Ucraina e alla Bielorussia. Osservatori internazionali sottolineano che dietro la questione energetica ci sono le tensioni causate da posizioni politiche pro-occidente assunte dal presidente georgiano Saakashvili. E proprio oggi si svolgono, in Georgia, elezioni locali che possono essere un test sulla popolarità delle politiche di Saakashvili.

 

Il generale tailandese Sondhi Boonyaratkalin, che due settimane fa ha guidato il colpo di Stato per rovesciare il premier Thaksin Shinawatra, ha accettato di tenere dei colloqui con i leader dei gruppi islamici ribelli del sud del Paese. Dal gennaio del 2004, quando è iniziata la ribellione nelle aree meridionali, le violenze hanno causato la morte di oltre 1700 persone. I ribelli chiedono l’istituzione di uno Stato islamico nel sud della Thailandia, a maggioranza musulmana.

 

In Italia, alla vigilia dell’approdo in Parlamento, la legge finanziaria approvata la settimana scorsa dal Governo continua ad animare il dibattito delle forze politiche e sociali. Tra le questioni più calde, ci sono la revisione delle aliquote IRPEF, il trasferimento all’INPS del 50 per cento delle liquidazioni e i tagli agli enti locali. Il servizio di Giampiero Guadagni:


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Che una manovra da 33 miliardi e mezzo di euro, per ammontare complessivo la seconda più pesante nella storia italiana, facesse discutere era cosa prevedibile. Ed è quel che puntualmente sta accadendo. Il capo dell’esecutivo, Romano Prodi, e il ministro dell’Economia, Padoa-Schioppa intervenendo in Parlamento hanno difeso strenuamente la Finanziaria. Il premier l’ha definita di giustizia e risanamento. E il ministro ha detto di non capire le lamentele dei ricchi. Una stoccata che non è affatto piaciuta al presidente di Confindustria, Montezemolo, che ha replicato: bisogna prima creare la ricchezza per poterla ridistribuire. A Confindustria la manovra, insomma, non piace; piace invece ai sindacati, che con gli imprenditori condividono, tuttavia, la contrarietà al trasferimento all’INPS del 50 per cento del trattamento di fine rapporto (TFR). Sul fronte politico, aumentano le voci preoccupate che si levano nella maggioranza di centrosinistra. I più critici sono quelli della Rosa nel Pugno, per i quali sono previste troppe tasse e poche riforme strutturali. Sulla stessa linea, l’UDEUR di Mastella che vede penalizzato il ceto medio e chiede al centrodestra di lavorare insieme per modificare la Finanziaria in Parlamento. Berlusconi fa sapere di non credere che la Finanziaria sia emendabile e annuncia una dura opposizione parlamentare ma pensa anche ad una forte mobilitazione di piazza. Intanto, uno dei suoi collaboratori più fidati, Sandro Bondi, sta però dando vita assieme ad altri esponenti di maggioranza e opposizione ad una sorta di gruppo di volenterosi, che dovrebbero elaborare modifiche sostanziali e condivise alla finanziaria. Contro la quale si schierano anche i sindaci dell’Unione, da Veltroni a Cofferati, preoccupati perché i robusti tagli agli enti locali metteranno in condizione di aumentare le imposte comunali. Una voce che andrebbe ad assommarsi alla riforma dell’IRPEF, tra i capitoli più spinosi e studiati della manovra. Aumentano, infatti, tutte le aliquote fiscali, tranne quelle più basse, colpendo il cosiddetto ceto medio, la stragrande maggioranza della popolazione. E anche le famiglie stanno facendo i loro conti, considerando anche le detrazioni e gli assegni familiari.   

 

Giampiero Guadagni, per la Radio Vaticana.

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La polizia messicana ha insabbiato le prove delle molestie e degli abusi commessi su alcuni dimostranti, che lo scorso mese di maggio hanno preso parte alle proteste per una migliore assegnazione delle terre. E’ quanto denuncia Amnesty International, secondo cui gli inquirenti hanno eliminato le deposizioni di alcuni testimoni. In due giorni di violenze, il 3 ed il 4 maggio scorsi, sono state arrestate 212 persone.

 

Una portavoce delle Nazioni Unite rende noto che le autorità svizzere hanno messo in allarme l’ONU su un possibile attacco ai suoi uffici a Ginevra. Non sono state fornite ulteriori informazioni sui possibili autori, su mezzi e modalità o sui precisi obiettivi.

 

I sette lavoratori di compagnie petrolifere rapiti in Nigeria sono in buone condizioni e per loro è stato chiesto un riscatto. Lo fa sapere un diplomatico spiegando che il governo del Paese si sta muovendo per avviare negoziati con i rapitori. Nella notte si sono placati gli scontri tra militanti del gruppo ribelle e truppe che mercoledì hanno provocato la morte, in un’altra parte, rispetto al rapimento, della zona del Delta del Niger di 17 soldati nigeriani. Va detto che nella zona del Delta del Niger, teatro di tensioni e violenze, si registrano povertà, corruzione e assenza di legalità. La maggior parte degli abitanti hanno visto ben pochi benefici da 50 anni di estrazione del petrolio che ha avuto invece ripercussioni negative sull’ambiente. 

 

 

 

 

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