RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 274 - Testo della trasmissione di domenica 1  ottobre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dramma quotidiano della popolazione irachena, nelle parole di Benedetto XVI all’Angelus. Nel mese di ottobre l’invito a riscoprire la bellezza del Rosario e l’impegno missionario

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dieci anni fa veniva ucciso mons. Pierre Clavérie, vescovo di Orano in Algeria. Il padre Jean Jacques Perènnes, autore di un libro su di lui, lo ricorda ai nostri microfoni  

 

 Oggi elezioni in Bosnia Erzegovina per voltare pagina sul recente passato e guardare con fiducia all’Europa. Intervista con Federico Echeiberg

In un mondo dove fra i giovani cresce l’aggressività, bisogna educare alla non violenza. La riflessione di mons. Pietro Maria Fragnelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Da domani fino a mercoledì prossimo le reliquie di Santa Teresa di Gesù Bambino saranno trasferite da Lisieux alla parrocchia romana di Santa Melania

 

Oggi, Giornata internazionale delle persone anziane

 

La Chiesa cattolica celebra in ottobre il mese delle missioni. Domenica 22, la Giornata missionaria mondiale

 

Nell’isola indonesiana di Sulawesi ferito un uomo di fede cristiana ed incendiata una chiesa in costruzione

 

In Italia, si festeggia la III Giornata Nazionale “Noi e la Bibbia”

 

24 ORE NEL MONDO:

Nel nord della Nigeria 40 morti e 500 case distrutte per il crollo di una diga

 

Aperti i seggi in Brasile per 126 milioni di elettori. Altre 16 milioni di persone chiamate alle urne in Austria e Ungheria

 

Le due Coree riprendono il dialogo: previsto  domani un incontro tra rappresentanti militari

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 ottobre 2006

 

IL DRAMMA QUOTIDIANO DELLA POPOLAZIONE IRACHENA, NELLE PAROLE

DI BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS. NEL MESE DI OTTOBRE L’INVITO

A RISCOPRIRE LA BELLEZZA DEL ROSARIO E L’IMPEGNO MISSIONARIO

 

Il dramma dell’Iraq, nelle parole preoccupate di Benedetto XVI, nel dopo Angelus, invocando ancora una volta la pace per il martoriato Paese. Prima della preghiera mariana, il richiamo del Papa a riscoprire in questo mese di ottobre la “bellezza” del Rosario e “l’impegno per le missioni”. Il servizio di Roberta Gisotti

 

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“La tragica realtà” di un Paese in guerra: Benedetto XVI è rimasto impressionato dal colloquio privato avuto ieri con il patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, - di cui ha riferito oggi nel dopo Angelus – circa la tragica situazione “che deve affrontare quotidianamente la cara popolazione dell’Iraq – ha detto - dove cristiani e musulmani vivono insieme da 14 secoli come figli della stessa terra”.

 

“Auspico che non si allentino tra loro questi vincoli di fraternità, mentre, con i sentimenti della mia spirituale vicinanza, invito tutti ad unirsi a me nel chiedere a Dio Onnipotente il dono della pace e della concordia per quel martoriato Paese”.

 

Oggi primo ottobre, il Santo Padre ha richiamato due aspetti che caratterizzano questo mese: il Rosario e le Missioni. Cade sabato prossimo la Festa della beata Vergine del Rosario, occasione - ha ricordato - per “riscoprire la bellezza di questa preghiera, così semplice e tanto profonda”, tanto amata da Giovanni Paolo II, “grande apostolo del Rosario”, “preghiera contemplativa e cristocentrica”, “preghiera del cristiano che avanza nel pellegrinaggio della fede”

        

Vorrei invitarvi, cari fratelli e sorelle, a recitare il Rosario durante questo mese in famiglia, nelle comunità e nelle parrocchie per le intenzioni del Papa, per la missione della Chiesa e per la pace nel mondo”.

 

In ottobre si celebra anche la Giornata missionaria mondiale, nella domenica 22. “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi’, disse Gesù risorto agli Apostoli nel cenacolo”. Quindi “la Chiesa è per sua natura missionaria” e “anima della Missione” è la carità - ha osservato il Papa - sollecitando ogni cristiano “ad essere missionario dell’Amore laddove la Provvidenza lo ha posto”.

 

“La missione della Chiesa è il prolungamento di quella di Cristo: recare a tutti l’amore di Dio, annunciandolo con le parole e con la concreta testimonianza della carità”.

 

Poi l’invocazione a Santa Teresa di Gesù Bambino, vergine carmelitana e dottore della Chiesa, di cui oggi ricorre la memoria, perché ci aiuti tutti “ad essere testimoni credibili del Vangelo della carità”.

 

Migliaia i pellegrini, stamane a Gastel Gandolfo tra cui un folto gruppo di dirigenti del Movimento dei focolari, venuti dai cinque continenti, festosamente raccolti per questo ultimo Angelus del Papa dalla sua residenza estiva, prima del rientro in Vaticano mercoledì prossimo. Prima di salutarli gioiosamente, Benedetto XVI ha menzionato diverse importanti ricorrenze. Anzitutto la Giornata mondiale per l’habitat, dedicata domani al tema “Città magneti di speranza”, che punta l’attenzione – ha sottolineato il Papa - “su uno dei più gravi problemi con cui l’umanità del XXI secolo è chiamata a confrontarsi”: “la gestione del rapido processo di urbanizzazione”. Da qui l’auspicio:

 

Esprimo il mio incoraggiamento a quanti, a livello locale e internazionale, operano affinché alle persone che abitano nelle periferie degradate siano assicurate degne condizioni di vita, la soddisfazione dei bisogni primari e la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni, in particolare nell’ambito familiare e in una convivenza sociale pacifica”.

 

Infine un indirizzo particolare ai partecipanti alla “Festa dello sportivo” organizzata dalla Conferenza episcopale del Lazio, tra cui sono 1500 giovani disabili di vari Paesi europei ed infine un incoraggiamento nell’odierna “Giornata nazionale per l’abbattimento della barriere architettoniche”, a quanti istituzioni e volontari si adoperano per questo obiettivo.

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 ottobre 2006

 

“VESCOVO TRA I MUSULMANI”: 10 ANNI FA LA MORTE IN ALGERIA

DI PIERRE CLAVERIE, RELIGIOSO DOMENICANO,

ASSASSINATO NELLA SUA DIOCESI DI ORANO

- Intervista con Jean Jacques Pérennès -

 

 

Nei giorni scorsi, nella Basilica romana di Santa Sabina all'Aventino, è stata ricordata la figura di mons. Pierre Clavérie, vescovo di Orano, a dieci anni dalla scomparsa. Il religioso domenicano venne  ucciso da una bomba posta all'esterno della Curia il primo agosto 1996. Mons. Clavérie ha speso tutta la vita nella ricerca del dialogo con i musulmani, sforzandosi di superare le barriere che la razza, la religione, la storia e soprattutto l'indifferenza creano tra gli uomini. Padre Jean Jacques Pérennès, dell'Istituto domenicano di Studi Orientali del Cairo, gli ha dedicato un volume dal titolo "Vescovo tra i musulmani. Pierre Clavérie, martire in Algeria", edito in Italia da Città Nuova.  Rosario Tronnolone lo ha intervistato:

 

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R. – Pierre Clavérie era un frate domenicano, nato in Algeria nel 1938, cioè al tempo dell’Algeria coloniale, francese. Ha fatto l’esperienza molto bella di scoprire il mondo arabo e musulmano all’età di vent’anni. Diceva di aver vissuto la sua giovinezza senza conoscere l’altro. “Ho vissuto – sottolineava - la mia infanzia ad Algeri in un quartiere popolare di quella città mediterranea cosmopolita a differenza di altri europei nati in campagna o in piccole località; io non ho avuto mai degli amici arabi. Non eravamo dei razzisti ma solo degli indifferenti perciò ignoravamo la maggioranza degli abitanti del Paese”. Clavérie è entrato nell’Ordine domenicano più o meno all’età di vent’anni, è voluto poi ritornare nel suo Paese dove è rimasto tutta la sua vita, 40 anni.

 

D. – Lei lo ha conosciuto personalmente?

 

R. – Siamo stati nella stessa comunità prima che fosse vescovo: è così che l’ho conosciuto. Il suo impegno a livello del dialogo interreligioso è stato per me una fonte di ispirazione molto grande.

 

D. – A dieci anni dalla scomparsa, quell’atteggiamento di indifferenza, non tanto di razzismo, è ancora un atteggiamento comune oggi…

 

R. – Pierre diceva molte volte che a livello profondo è difficile incontrare l’altro e affermava: “Dobbiamo avere la coscienza che il passato è molto pesante, ci sono delle ferite molto profonde  e prima di entrare in dialogo con l’altro abbiamo bisogno forse di conoscere e forse cercare di guarire queste ferite”. Allora Pierre Clavérie cercava in Algeria di creare i luoghi per il dialogo: per esempio nella Chiesa algerina, ci sono pochi cristiani, ma questa Chiesa ha la possibilità di aprire i suoi luoghi per tutta la gente che vuole lavorare insieme. C’è tanto da fare in questo Paese a livello dell’educazione, della promozione della donna: in tutte queste cose Pierre Clavérie aveva questo atteggiamento  di creare insieme i luoghi della conoscenza dell’altro.

 

D. - Padre vuole leggere un ultimo messaggio di Pierre Clavérie?

 

R. – Due mesi prima della morte ha fatto una bellissima omelia: “Dopo l’inizio del dramma algerino – disse - mi è stato chiesto più di una volta:Ma cosa ci fate laggiù? Perché rimanete in quel Paese? Scuotete finalmente la polvere dai vostri calzari e tornatevene a casa’. Ma dov’è davvero la nostra casa? Noi siamo in Algeria per amore di questo Messia crocifisso solo e unicamente per amore suo, non abbiamo alcun interesse da salvare, alcuna influenza da difendere; non siamo stati spinti da alcuna perversione masochista, non abbiamo alcun potere, ma siamo laggiù come al capezzale di un amico, di un fratello, ammalato, in silenzio, stringendogli la mano solo per amore di Gesù, poiché è lui che sta soffrendo a motivo di questa violenza che non risparmia nessuno, crocifisso nuovamente nella carne di migliaia di innocenti. Come Maria, la madre e l’apostolo Giovanni, anche noi ci troviamo ai piedi della Croce su cui Gesù muore abbandonato dai suoi e schernito dalla folla – e concludeva: non è forse il dovere di ogni cristiano essere presente nei luoghi dove qualcuno viene respinto e abbandonato?”.

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ELEZIONI IN BOSNIA ERZEGOVINA PER VOLTARE PAGINA

SUL RECENTE PASSATO E GUARDARE CON FIDUCIA ALL’EUROPA

- Ai nostri microfoni Federico Eichberg -

 

Si svolgono oggi in Bosnia Erzegovina le elezioni legislative. La regione balcanica, con capitale Sarajevo, in base agli accordi di Dayton del novembre 1995, è oggi costituita da due entità, la Federazione croato-musulmana e la Repubblica serbo-bosniaca, ognuna con proprie istituzioni. Il Paese è ancora alle prese con le conseguenze del drammatico conflitto che negli anni ’90 infiammò l’ex Jugoslavia. Che cosa ha lasciato ancor oggi quella sanguinosa guerra civile? Alessandro Guarasci lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto dell’area balcanica:

 

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R. – Ha lasciato delle ferite profonde – non solo quelle visibili, ovviamente: soprattutto quelle relative alla sfiducia reciproca dei popoli, delle diverse culture che animano la Bosnia-Erzegovina, quindi ferite che rendono incomunicabile quanto dovrebbe essere a fondamento del Paese, che rendono difficili i rapporti tra Repubblica serba Srpska da un lato e la Federazione croato-musulmano dall’altra, e tra le diverse istituzioni, ancora oggi imbalsamate. Questa è la ferita principale che oggi constatiamo. La ricostruzione dal punto di vista economico stenta, ma finalmente i tassi di crescita sono tra il 4 e il 5 per cento e l’import-export cresce quasi del 25 per cento annuo. Quindi,la ricostruzione materiale è in corso, ma la ricostruzione della fiducia reciproca è ancora purtroppo abbastanza lontana.

 

D. – E allora quali sono le sfide odierne di questo Paese, secondo lei?

 

R. – Questo Paese dei traguardi li ha raggiunti. Queste elezioni sono le prime elezioni che si svolgono da quando è stato avviato formalmente il negoziato per la sottoscrizione dell’accordo di stabilizzazione e associazione all’Unione Europea. Quindi, questa è una Bosnia nuova, da 11 mesi a questa parte. Anche per la presenza internazionale: oggi c’è una missione dell’Unione Europea e non più della NATO per garantire la convivenza nella Bosnia Erzegovina: quindi, alcuni risultati sono stati conseguiti. E’ un risultato positivo anche il fatto che le minacce di secessione della Repubblica Srpska o degli erzegovesi rispetto alla Federazione dei musulmani, sono minacce che ormai non hanno una grandissima credibilità. Resta però molto da fare, sul fronte della effettiva efficacia degli strumenti governativi unitari, in quanto la non fiducia reciproca tra le popolazioni si traduce nella sostanziale inefficacia di questi strumenti.

 

D. – La presenza di più etnie può essere invece un aspetto positivo, oggi?

 

R. – Lo è certamente, nella misura in cui la Bosnia Erzegovina offre una singolarità di sensibilità culturale che pur riferendosi in alcuni casi a delle madrepatrie esterne – è il caso degli erzegovesi rispetto alla Croazia e dei serbi di Bosnia rispetto alla Serbia propriamente detta – in realtà hanno, nei decenni, sviluppato una loro singolarità: esiste una letteratura serba di Bosnia così come esiste una letteratura erzegovese, così come esiste una letteratura dei musulmani di Bosnia. Allora, la capacità che avranno queste singole capacità culturali di identificarsi, quanto più questo avverrà tanto più la Bosnia potrà avere un futuro. Ma identificare le singole culture come elemento di ricchezza è doveroso.

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EDUCARE ALLA NON VIOLENZA, IN UN MONDO DOVE CRESCE L’AGGRESSIVITA’ TRA I GIOVANI, SIA NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO CHE IN QUELLI PIU’ RICCHI

- Con noi mons. Pietro Maria Fragnelli -

 

Aumenta nel mondo la violenza dei giovani: si tratta di un fenomeno che non tocca solo i Paesi in via di sviluppo ma anche le società dell’opulenza, dove un bisogno, un semplice divieto o un fallimento, possono far scatenare l’aggressività. Un fenomeno preoccupante che investe sopratutto le grandi città.  Ma cosa implica e cosa comporta  la scelta educativa alla non violenza e al dominio di ? Risponde mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Castellaneta e membro della Commissione CEI per la Famiglia e la Vita. L'intervista è di Emanuela Campanile:

 

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R. – Educare al superamento della tentazione della violenza, bisogna dire che suppone un processo educativo completo. Intanto un processo di accoglienza della persona: si tratta di dare sempre di più, da parte delle istituzioni, quella certezza dell’accoglienza dei ragazzi. Si pensa con grande dolore a quelle situazioni dei ragazzi di strada dell’America Latina che non appartengono a nessuno e diventano protagonisti di una violenza personale che però è il frutto di una violenza strutturale di cui sono vittime molte volte. Quindi educare al senso forte dell’appartenenza, ritornare alla convivialità, alla solidarietà. In questo, parrocchia, scuole, istituzioni socio-culturali devono essere in prima linea, ridonare questo senso forte di appartenenza. Un altro aspetto di questo educare, che è l’aspetto un po’ più squisitamente culturale è che questi giovani sono protagonisti di uno sbandamento culturale, di un disorientamento nel quale sembra che la cultura della vita pratica si rivalga su una cultura prevalentemente teorica. Bisogna dunque aiutarli, sostenerli nella ricerca di un nuovo equilibrio tra cultura e vita, tra le dimensioni pratiche e difficoltà concrete della solitudine della vita e della ricerca della comunione con gli altri con cui essi hanno a misurarsi.

 

D. – Come mai lei ha parlato di questa scissione tra vita teorica e vita reale. Ci può fare un esempio?

 

R. – Credo - è sempre sotto gli occhi di tutti - anche nella tendenza a contrapporre l’istruzione e la formazione con percorsi che sembrano dire solo istruzione, dunque come riuscire a padroneggiare e, al limite, dominare anche con una propria forza violenta la realtà che ci circonda: sono i percorsi dell’“istruzione”. I percorsi invece della formazione sono quelli che abilitano con un corredo di valori, con una deontologia che si deve avere nella vita di ogni giorno. Credo che il binomio istruzione e formazione vada riconiugato insieme. Bisogna dare ai giovani questo input perché cerchino, non solo un rapporto con la realtà che è fatto di dominio, ma anche soprattutto di contemplazione, rapporto con gli altri che non è solo un rapporto di timore e di aggressione ma è un rapporto di convivialità, perdono, riconciliazione.

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CHIESA E SOCIETA’

1 ottobre 2006

 

 

 

OGGI LA CHIESA RICORDA SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO, DOTTORE DELLA CHIESA E PATRONA DELLE MISSIONI. DA DOMANI FINO A MERCOLEDI’,

LE RELIQUIE SARANNO TRASFERITE DA LISIEUX ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MELANIA

- A cura di Roberta Moretti -

 

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LISIEUX. = Sensibilissima e precoce, Thérèse Martin nacque nel 1873 ad Alençon da una famiglia cristiana della piccola borghesia. Fin da bambina decise di dedicarsi a Dio e a soli 15 anni entrò nel Carmelo di Lisieux, dopo essersi recata a Roma a chiederne l’autorizzazione dal Papa. Nel solco della tradizione carmelitana, scoprì la sua “piccola via” dell’“infanzia spirituale”, ispirata alla semplicità e all’umile confidenza nell’amore misericordioso del Padre. Posta la sua vocazione contemplativa nel cuore della Chiesa, si aprì all’ideale missionario, offrendo a Dio le sue giornate di preghiera e silenzio per gli apostoli del Vangelo. Le sue esperienze interiori, scritte per obbedienza e raccolte sotto il titolo “Storia di un’anima”, sono la cronaca quotidiana del suo cammino di identificazione con l’Amore. Un cammino di salvezza che comincia a Betlemme e si consuma sul Calvario. Per tale ragione, Thérèse si professava di Gesù Bambino e del Volto Santo. La croce - la sofferenza nel corpo e nell’anima - marcò profondamente la sua vita. La morte prematura della madre, la salute malferma, la separazione dalle sorelle maggiori, gli ostacoli al suo ingresso in Carmelo, le prove dei primi anni in monastero, il tramonto del padre, fino alla malattia che lentamente la consumò, furono croce sempre accolta, abbracciata e trasformata in offerta a Dio per il prossimo.

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NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE PERSONE ANZIANE,

IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU KOFI ANNAN ESORTA I GOVERNI

A VALORIZZARE LA TERZA ETÀ

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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NEW YORK. = Un richiamo per tutte le comunità a lavorare per politiche e programmi che permettano alle persone anziane di vivere in un ambiente che potenzi le loro capacità, promuova la loro indipendenza, e fornisca il supporto e le cure adatte alla loro età: questo vuole essere la Giornata Internazionale delle Persone Anziane che si celebra oggi. Le Nazioni Unite hanno scelto come tema: “Migliorare la qualità di vita delle persone anziane: promuovere le strategie globali dell’ONU”. Il segretario generale Kofi Annan ha sottolineato, in un messaggio, che agli anziani occorre anzitutto “assicurare una casa, mezzi di trasporto, ed altre condizioni di vita che consentano alle persone di mantenere la propria indipendenza il più a lungo possibile e di ‘invecchiare sul posto’, pur rimanendo attivi, insieme alle proprie comunità”.  “Ugualmente importante – scrive Annan – è il riconoscimento e il rispetto della dignità, autorità, saggezza e produttività delle persone anziane in tutte le società, in particolar modo nei loro ruoli di volontariato e assistenza multi-generazionale”. Sono 600 milioni le persone che oggi, in tutto il mondo, hanno superato i 60 anni di età; su di loro, sostiene Annan, è da riconoscere “il potenziale di dare un contributo straordinario al processo di sviluppo e al lavoro di costruzione di società più produttive, pacifiche e sostenibili”. “Faccio appello ai governi, al settore privato, alle organizzazioni della società civile e alle persone di qualsiasi parte del mondo – conclude Annanaffinchè concentrino le loro forze sulla costruzione di una società per tutte le età, come previsto dal Piano d’Azione Internazionale sull’Invecchiamento di Madrid e in linea con gli Obiettivi di sviluppo del millennio e la più ampia agenda globale sullo sviluppo”. (T.C.)

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DA OGGI, E PER TUTTO OTTOBRE, LA CHIESA PREGA PER LE MISSIONI.

IL MESE MISSIONARIO CULMINERÀ IL 22 OTTOBRE CON LA CELEBRAZIONE DELLA

GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE DI CUI QUEST’ANNO RICORRE

L’80.MO ANNIVERSARIO

 

ROMA. = La Chiesa cattolica celebra a partire da oggi il Mese delle Missioni, ricordando ad ogni battezzato il dovere di collaborare alla sua missione universale. Iniziative e campagne dedicate alla presenza della Chiesa nel mondo, culmineranno il 22 ottobre con la Giornata Missionaria Mondiale, in alcune nazioni spostata ad altra domenica dello stesso mese. Quest’anno, scrive l’agenzia Fides, si celebra l’80.mo anniversario dell’istituzione della Giornata Missionaria Mondiale. Il 14 aprile 1926 infatti Pio XI dava la sua approvazione alla richiesta formulata dal Consiglio superiore generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede che, riunito per l’Assemblea plenaria, aveva chiesto al Sommo Pontefice di stabilire “una giornata di preghiere e di propaganda per le missioni da celebrarsi in uno stesso giorno in tutte le diocesi, le parrocchie e gli istituti del mondo cattolico”. Ottobre è stato scelto come mese missionario a ricordo della scoperta del continente americano, che aprì una nuova pagina nella storia dell’evangelizzazione. “È ancora necessario, oggi, farsi missionari presso questa umanità così travagliata ed inquieta – ha affermato il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il cardinale Ivan Dias – perché coloro che non hanno ancora sentito parlare di Gesù Cristo lo possano conoscere e quanti lo hanno rinnegato con il loro comportamento, possano ritornare sulla via giusta”. Per il porporato la missione affidata da Gesù Cristo alla sua Chiesa è più che mai attuale. “L’intenzione missionaria proposta dal Santo Padre Benedetto XVI per questo mese – ha detto il cardinale Dias – ci invita a pregare affinché ‘la celebrazione della Giornata Mondiale incrementi dappertutto lo spirito di animazione e cooperazione’”. Il porporato, nel suo messaggio per gli 80 anni della Giornata Missionaria Mondiale, esorta ognuno ad assumere maggiore consapevolezza del fatto di essere chiamato, in quanto battezzato, ad annunciare il messaggio di Gesù Cristo, Salvatore e Redentore. “Secondo la bella espressione del Concilio Vaticano II, questa Giornata è l’occasione di riconoscerci tutti Popolo di Dio ‘in missione’ – ha scritto il cardinale Dias – ogni giorno della nostra vita, in ogni ambito in cui le vicende e le scelte della nostra storia personale ci portano, con quanti veniamo a contatto e il Signore pone sul nostro cammino”. Il porporato, nel raccomandare la preghiera, ha ricordato quanto Benedetto XVI ha scritto nella sua prima Enciclica Deus Caritas est (n.37), e cioè che “il cristiano che prega non pretende di cambiare i piani di Dio o di correggere quanto Dio ha previsto. Egli cerca piuttosto l’incontro con il Padre di Gesù Cristo, chiedendo che Egli sia presente con il conforto del suo Spirito in lui e nella sua opera”. (T.C.)

 

 

A POSO, NELLE SULAWESI, FERITO UN UOMO DI FEDE CRISTIANA MENTRE

LA NOTTE SCORSA È STATA INCENDIATA UNA CHIESA IN COSTRUZIONE.

INCIDENTI ANCHE A PAMONA

 

POSO. = Un uomo di fede cristiana è stato accoltellato questa mattina nella città di Poso, nell’isola indonesiana di Sulawesi, dove, dopo l’esecuzione, il 22 settembre scorso, dei tre cattolici Fabianus Tibo, Domingus da Silva e Marinus Riwu, le tensioni tra comunià  cristiana e musulmana sono cresciute. Secondo quanto riferisce la Associated Press, gli aggressori hanno trascinato la vittima giù da un autobus e lo hanno colpito alla schiena. L’uomo sarebbe stato subito ricoverato nell’ospedale della città. La scorsa notte, sempre a Poso, sono esplosi due ordigni; poco dopo lo scoppio, un gruppo di musulmani ha dato alle fiamme una chiesa in costruzione. L’altro ieri, invece, si apprende dall’agenzia Asianews, un gruppo di abitanti di Pamona est, reggenza di Poso, ha attaccato il capo della polizia provinciale, Badrodin Haiti, recatosi in visita ufficiale al comando di polizia locale. In quello stesso momento erano in corso i festeggiamenti tradizionali per il Padungku, la festa del raccolto. Dopo aver riconosciuto Haiti, che scendeva da una motocicletta, la folla ha iniziato ad inseguirlo: due veicoli della polizia sono stati incendiati, ma non vi sono stati feriti. In molti, nelle Sulawesi centrali, ritengono Haiti responsabile della fucilazione di Tibo e compagni, condannati a morte come leader di una milizia di cristiani responsabile di alcuni massacri a danno di musulmani durante gli scontri interreligiosi di Poso nel 2000. Il reverendo Rinaldy Damanik ha espresso dispiacere per l’accaduto. (T.C.)

 

 

 

CONOSCERE LA BIBBIA E TROVARE MOMENTI DI AGGREGAZIONE INTORNO AD ESSA: È LO SCOPO DELLA III GIORNATA NAZIONALE “NOI E LA BIBBIA”

CHE SI FESTEGGIA OGGI IN ITALIA

 

MESSINA. = Un giorno di festa e aggregazione intorno alla Sacra Scrittura per bambini, giovani, adulti e parrocchie: è quanto propone la terza Giornata nazionale “Noi e la Bibbia” che si festeggia oggi in Italia, promossa dal gruppo di formazione e animazione missionaria “Goccia dopo Goccia” delle Missionarie Secolari Comboniane. Questa giornata, riferisce l’agenzia MISNA, è stata voluta dai giovani dell’associazione (www.gocciadopogoccia.it), presenti in varie città italiane e con sede principale a Messina. Colpiti dall’appello che Giovanni Paolo II ha lanciato durante l’Angelus del 27 luglio 2003 circa la necessità di accostarsi più intimamente alla Sacra Scrittura, questi giovani hanno dato vita a diverse iniziative. “Noi e la Bibbia”, che è anche il nome di un sito ricco di informazioni (www.noielabibbia.it), è un evento che vede impegnate varie realtà che aderiscono ciascuna nella propria sede, ma unite spiritualmente attorno alla Parola nello stesso giorno: la domenica successiva alla memoria di San Girolamo - traduttore della Bibbia in latino -, che ricorre il 30 settembre. Strumento privilegiato per vivere la Giornata è il gioco di società “Il Cammino della Bibbia”. Realizzato da un gruppo di missionarie in America Latina per stimolare la conoscenza delle Sacre Scritture, prevede che ogni partecipante abbia la Bibbia tra le mani, proprio per poterla conoscere meglio sfogliandola. I ricavati della vendita del gioco finanziano progetti realizzati nel Sud del mondo. (T.C.)

 

 

                                           

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 ottobre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco  -

 

In Medio Oriente, l’Esercito israeliano ha completato il ritiro dai settori occupati nel sud del Libano. Il controllo di queste aree passa, adesso, alla Forza di interposizione delle Nazioni Unite, l’UNIFIL. Il ritiro era una delle condizioni chiave dell’accordo di cessate-il-fuoco siglato per porre fine all'offensiva israeliana contro i guerriglieri Hezbollah, iniziata lo scorso 12 luglio in seguito all’uccisione di tre soldati dello Stato ebraico e al rapimento di altri due da parte di gruppi radicali libanesi. Il conflitto, durato 34 giorni, è costato la vita a 150 israeliani e a 850 libanesi.

 

In Iraq, è stato diffuso un filmato che mostra il nuovo leader di al Qaeda, Abu Ajub al Masri, mentre prepara un’autobomba. Il consigliere per la sicurezza nazionale, presentando il video in una conferenza stampa, ha detto che Al Masri ha confezionato “più di 2000 autobombe che hanno causato la morte di oltre 6000 iracheni”. A Baghdad, intanto, la Polizia ha trovato i corpi senza vita di 23 persone, non identificate.

 

In Afghanistan, un ex soldato americano, Brent Bennet, è stato liberato dalle autorità afghane dopo oltre due anni di carcere. Era stato arrestato nel luglio del 2004, con altri due connazionali, per avere gestito una prigione privata dove deteneva illegalmente e torturava presunti terroristi. Durante il processo, i tre avevano affermato di aver operato per conto del governo americano e dell’amministrazione afghana. Ma le autorità di Washington e Kabul hanno smentito ogni legame. In Italia, intanto, è morto ieri il militare Vincenzo Cardella, rimasto gravemente ferito nell’attentato di martedì scorso a Kabul, lo stesso drammatico attacco costato la vita al caporal maggiore Giorgio Langella.

 

La Russia ha interrotto il ritiro delle sue truppe dalle due basi militari in Georgia. Lo ha rivelato il Ministero della difesa russo, spiegando che con la crisi diplomatica in atto i militari non avrebbero garanzie di sicurezza nell’attraversare il Paese. All’origine della crisi, l’arresto in Georgia di 4 ufficiali russi accusati di spionaggio. Il ritiro delle truppe russe dalla Georgia, deciso con un accordo bilaterale, dovrebbe esaurirsi entro il 2008.

 

Tragedia in Nigeria: almeno 40 persone sono morte ed oltre 500 abitazioni sono state distrutte per il crollo di una diga nello Stato settentrionale di Zamfara. Lo ha riferito la BBC precisando che il cedimento è stato causato dalle piogge torrenziali delle ultime settimane. Lo straripamento dell’acqua, che secondo diversi testimoni ha creato effetti simili a quello di uno tsunami, ha completamente riempito l’invaso. Il governatore dello Stato nigeriano ha subito chiesto l’intervento dell’esecutivo e ha spiegato che i tecnici non sono riusciti ad aprire le valvole per far defluire l’acqua. Nella zona teatro della sciagura è stato immediatamente allestito un campo profughi per l’emergenza.

 

E’ stato localizzato, in Brasile, il boeing della compagnia brasiliana Gol scomparso venerdì scorso dai radar dopo una collisione con un jet da turismo riuscito poi ad atterrare. Resti del boeing, che al momento dello scontro stava sorvolando lo Stato amazzonico del Parà, sono stati rinvenuti nello Stato del Mato Grosso. Per le autorità sono minime le possibilità di trovare sopravvissuti tra le 155 persone che si trovavano a bordo dell’aereo. Il presidente brasiliano Lula da Silva ha proclamato tre giorni di lutto nazionale.

 

Restiamo In Brasile, dove oltre 126 milioni di persone sono chiamate oggi alle urne per eleggere il nuovo presidente, rinnovare l’Assemblea nazionale e nominare i governatori di 27 Stati. Secondo i sondaggi, il presidente Lula da Silva resta in corsa per un secondo mandato nonostante diversi scandali che hanno colpito suoi stretti collaboratori. L’ultimo, legato all’acquisto di un dossier che avrebbe dovuto danneggiare l’opposizione di centro-destra, ha portato alle dimissioni del presidente del Partito dei lavoratori. Il servizio di Luis Badilla:

 

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Prima della chiusura della campagna elettorale, i principali candidati non solo hanno molto insistito sulla gravità delle accuse di corruzione contro il presidente Lula. Ma hanno anche fatto capire apertamente che se Lula sarà rieletto, sarà accusato costituzionalmente e, dunque, destituito. Cristovam Buarque, candidato del Partito democratico laburista, è stato categorico: “Domenica i brasiliani corrono il rischio di eleggere Lula e di trovarsi fra poco come capo di Stato il suo vice presidente”. Geraldo Alckmin, candidato della socialdemocrazia brasiliana (PSDB) e principale avversario di Lula, ha dichiarato: “A mio avviso l’esperienza del Partito dei lavoratori è già finita”. “La nostra – ha aggiunto - sarà un’opposizione intransigente anche perché sulla questione degli scandali non cambieremo e andremo fino in fondo”. Alckmin si riferiva, tra l’altro, alle riforme politiche e tributarie che, per essere approvate nel nuovo Parlamento, hanno bisogno dei 2/3 dei consensi. Ma, come riconosce lo stesso partito del presidente, sarà impossibile raggiungerli. Secondo le previsioni, gli elettori penalizzeranno, infatti, proprio il partito di Lula. L’attuale ministro Tarso Genro, prevedendo una vittoria risicata e soprattutto un secondo mandato molto difficile, ha già messo le mani avanti dicendo: se Lula vincerà, convocherà “un grande patto nazionale che includa anche molti settori delle opposizioni”. Genro ha poi aggiunto: “La vera questione del futuro dopo il voto di domenica è la governabilità della Nazione”. A questo punto, gli analisti brasiliani ed internazionali si interrogano soprattutto sul futuro del Brasile, nazione geopoliticamente strategica per l’emisfero americano. Per questo, ha voluto evitare di acutizzare lo scontro politico. Ma, secondo diversi osservatori, un secondo turno finirà inesorabilmente per portare il Paese ad una rischiosa spaccatura socio-politica.

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Urne aperte anche in Austria, dove oltre sei milioni di persone sono chiamate al voto per il rinnovo del  Parlamento federale. E’ la seconda consultazione dopo le sanzioni decise, all’inizio del 2000 dall’Unione Europea, per l’ingresso nel governo a Vienna del partito nazionalista di Jörg Haider. Com’è cambiato il quadro politico da allora? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’esperto di politica austriaca, Peter Ulram:

 

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R. – Il successo di Haider ormai è passato. Haider è stato ridotto a un politico regionale: il suo partito si è diviso e in ogni caso anche questi due partiti insieme non prenderanno neanche la metà dei voti che aveva preso nel ’99. Il voto dovrebbe confermare al primo posto il partito liberaldemocristiano, anche se con qualche perdita. L’opposizione socialdemocratica si situerà probabilmente in seconda posizione con una distanza meno drammatica come l’ultima volta. Poi c’è una cosa nuova per l’Austria: ci sono più partiti in lizza che non avranno un’importanza rilevante per i risultati ma poi magari, possono avere qualche ruolo nella formazione delle coalizioni.

 

D. – Quali sono stati i punti su cui si è giocata la campagna elettorale?

 

R. – La campagna si è giocata parzialmente sulla situazione del mercato del lavoro, l’economia, la sanità, i problemi che vengono dall’invecchiamento della popolazione, il problema delle badanti che, come succede in Italia, vengono dai Paesi dell’Est e praticamente sono illegali. Poi abbiamo una forte discussione sull’immigrazione, cioè quanti stranieri vogliamo in Austria. Questo è stato un tema che però i due grandi partiti non  hanno toccato.

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Appuntamento elettorale anche in Ungheria: oltre 8 milioni di persone sono chiamate alle urne per le amministrative. Secondo gli osservatori, si tratta di un test cruciale per il primo ministro socialista, Ferenc Gyurcsany, duramente contestato nelle ultime due settimane dopo l’ammissione di aver mentito sui risultati ottenuti dal governo per vincere le elezioni aprile. Il principale partito di opposizione ha già fatto sapere di esigere le dimissioni premier in caso di sconfitta della coalizione socialista-liberale, attualmente al governo.

 

Una finanziaria per i diritti dei più deboli. Così il presidente del Consiglio Romano Prodi, prima alla festa per i 100 anni della CGIL poi in conferenza stampa con il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa, difende e valorizza la manovra economica in Italia. Manovra attaccata invece con forza dal centrodestra e criticata anche da Confcommercio e associazioni dei consumatori che annunciano una giornata di protesta. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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La legge finanziaria da 33 miliardi e mezzo di euro è dunque precisata anche nei dettagli. E Romano Prodi parla di un segnale chiaro da parte del governo per cominciare a rimettere a posto la redistribuzione del reddito, diventata troppo ingiusta. L’Unione sostiene la manovra, anche se si registra la preoccupazione di chi, come la Rosa nel pugno e l’ex presidente del Consiglio Dini, lamenta le troppe tasse e i pochi tagli alla spesa. Durissimo il centrodestra, che punta il dito contro la manovra, definita un duro colpo ai ceti medi e alle aziende. La Casa delle libertà, compatta, pensa ora ad una manifestazione nazionale di piazza e prepara una ferma opposizione in Parlamento. Insoddisfatti anche Confindustria e consumatori, più cauti i sindacati. Ma quali sono le linee guida della Finanziaria? Al centro, la revisione delle aliquote fiscali. Che salgono al 43 per cento per i redditi sopra i 75 mila euro; al 41 per cento sopra i 55 mila; al 38 per cento per i redditi da 28 a 55 mila euro. Detrazioni, invece, per quelli sotto i 40 mila euro,  che rappresentano il 90 per cento dei contribuenti. La riforma dell’Irpef dovrebbe far entrare nelle casse dello Stato 7 miliardi di euro. Che serviranno ad aumentare la cosiddetta no tax area e a finanziare le misure a sostegno della famiglia, attraverso assegni e detrazioni. Più fondi, infine, per la sanità, ma verrà introdotto un ticket per le visite non urgenti al pronto soccorso. Capitolo previdenza: la riforma sarà oggetto di una trattativa futura tra governo e parti sociali. Nel 2007 non cambia nulla nel diritto ad andare in pensione. Una novità è invece il trasferimento all’INPS del 65 per cento del trattamento di fine rapporto non destinato dai lavoratori ai fondi pensione.

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Corea del nord e Corea del sud hanno annunciato di voler riprendere i colloqui per allentare la tensione. Lo ha reso noto il Ministero della difesa di Seul. Un portavoce sudcoreano ha anche precisato che un primo incontro tra rappresentanti militari dei due Stati, fortemente voluto dal governo di Pyongyang, si terrà domani. Il nostro servizio:

 

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Si tratta dei primi colloqui militari bilaterali dopo i test missilistici effettuati a luglio dalla Corea del nord, al centro delle preoccupazioni internazionali per le sue ambizioni nucleari. I due Paesi sono divisi da quasi 60 anni. La recente storia della penisola coreana comincia infatti a prendere un bivio nel 1945, quando la Corea venne occupata da truppe sovietiche a nord e da forze americane a sud. Nel 1948 nascono due Stati separati che, due anni dopo, danno inizio ad un sanguinoso conflitto. La guerra, conclusasi nel 1953, riconferma la divisione lungo la linea del 38.mo parallelo. Una divisione che continua a proporre anche oggi profonde divergenze: in Corea del nord, il corso politico di matrice comunista ha visto prima l’autoritario governo di Kim Il Sung e, quindi, l’attuale regime di suo figlio, Kim Jong Il. L’economia è quasi completamente collettivizzata e il sistema produttivo è in gran parte obsoleto. Gli investimenti stranieri sono limitati, la povertà è diffusa ma il Paese possiede centrali nucleari e sostiene ingenti spese militari. In Corea del Sud, invece, il governo è stato a lungo controllato da militari e nel 1992 è stato eletto per la prima volta un civile, Kim Young Sam. La Corea del Sud, grazie soprattutto al sostegno degli Stati Uniti, ha avuto un formidabile processo di crescita economica e di integrazione nell’economia mondiale. Oggi il PIL pro capite in Corea del Sud è circa 20 volte superiore rispetto a quello della Corea del Nord. Nel 2000 i leader dei due Paesi si sono incontrati per la prima volta a Pyongyang, ristabilendo le relazioni tra i due Stati e ponendo le basi per una possibile riunificazione. In seguito, i due governi hanno anche concluso alcuni importanti accordi, tra cui intese per ricongiungimenti familiari, aiuti alimentari, e sostegni all’agricoltura nordcoreana.

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