RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 333 - Testo della trasmissione di mercoledì 29 novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Da Efeso, “cuore” mariano della Turchia, Benedetto XVI ha levato una preghiera di pace per la Terra Santa e per tutta l’umanità durante la celebrazione della Messa al Santuario dedicato alla Madre Maria. Nel pomeriggio, a Istanbul, lo storico incontro con il Patriarca Ecumenico ortodosso, Bartolomeo I: interviste con mons. Michel Sabbah, padre Adriano Franchini, padre Stefano De Fiores, Maddalena Santoro, mons. Brian Farrell e padre Federico Lombardi

 

Nella giornata dedicata dall’Università Lateranense a Romana Guarnieri, l’arcivescovo Agostino Marchetto ha ricordato la ricchezza degli scritti della storica discepola di don Giuseppe De Luca

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Vertice NATO in Lettonia: porte aperte, per una futura adesione, a Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Serbia: intervista con Federico Eichberg

 

“Genesi: i sette giorni della creazione”: tema della mostra dell’artista tedesca contemporanea, Karen Thomas, in corso a Roma fino al 10 dicembre. Con noi, Stefania Severi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Rilasciato padre Douglas al Bazi, il sacerdote cattolico caldeo rapito il 19 novembre a Baghdad

 

Lettera dei vescovi del Paraguay ai sacerdoti del Paese nel 50.mo della creazione della locale Conferenza episcopale

 

Si celebra oggi la Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese

 

Allarme dell’inviato ONU nel nordovest della Repubblica Centrafricana, dove i ribelli combattono contro le forze governative, che rispondono incendiando i villaggi

 

Rapporto 2006 del Centro europeo di monitoraggio sul razzismo e la xenofobia nel Vecchio Continente

 

Presentato ieri pomeriggio a Bologna, da mons. Elio Sgreccia, il nuovo libro del cardinale Carlo Caffarra dal titolo “Creati per amare”

 

Siglata ieri una convenzione tra la Commissione Europea e la provincia di Algeri per il restauro della Basilica ottocentesca di Notre-Dame-d’Afrique

 

24 ORE NEL MONDO:

Proposta dalla Commissione Europea un parziale congelamento del processo di adesione della Turchia all’Unione Europea

 

Violenze in Iraq: a Samarra, morti sei agenti nell’esplosione di una stazione di polizia

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 novembre 2006

 

DA EFESO, “CUORE” MARIANO DELLA TURCHIA E PONTE TRA ORIENTE E OCCIDENTE,

BENEDETTO XVI HA LEVATO UNA PREGHIERA DI PACE PER LA TERRA SANTA

E PER TUTTA L’UMANITA’ DURANTE LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA

AL SANTUARIO DEDICATO ALLA MADRE DI CRISTO. NEL POMERIGGIO, A ISTANBUL,

 LO STORICO INCONTRO CON IL PATRIARCA ECUMENICO ORTODOSSO, BARTOLOMEO I

-         Interviste con mons. Michel Sabbah padre Adriano Franchini,

padre Stefano De Fiores, Maddalena Santoro, mons. Brian Farrell

e padre Federico Lombardi -

 

Pace per Gerusalemme e il mondo, ma anche un grazie che scaturisce dal cuore del Papa per il servizio ecclesiale svolto dal “piccolo gregge della Turchia”. Sotto il sole di Efeso, a ridosso della Casa nella quale la tradizione vuole vi abbia soggiornato la Vergine insieme con l’Apostolo Giovanni, Benedetto XVI ha toccato stamattina uno dei capisaldi del suo viaggio apostolico in Turchia: l’incontro con la piccola Chiesa locale. Tra gli apprezzamenti della stampa musulmana - che oggi si sofferma con generale soddisfazione sui positivi contatti avuti ieri dal Papa con le autorità politiche e religiose di Ankara - il Pontefice, dopo un volo di oltre 500 chilometri, si è spostato oggi verso il Mediterraneo, a Smirne, e di lì a Efeso per presiedere la Santa Messa al Santuario di Meryem Ana Evì. La sintesi della cerimonia, nel servizio di uno dei nostri inviati al seguito del Papa, Sergio Centofanti:

 

**********

Il Papa ha portato qui ad Efeso l’affetto e l’incoraggiamento di tutta la Chiesa per la piccola comunità cattolica della Turchia: circa 30 mila fedeli su oltre 70 milioni di abitanti, al 99 per cento musulmani. Il piccolo Santuario di Meryem Ana Evi, cioè di Maria Madre, sorge in un luogo suggestivo: la cosiddetta “Collina dell’usignolo”, sul Mar Egeo, in mezzo ad un bosco purtroppo distrutto in parte quest’estate da un incendio, che si è fermato proprio davanti alla casa, dove, secondo un’antica tradizione, Maria ha vissuto gli ultimi anni della sua vita con San Giovanni Apostolo. Sono presenti i cattolici di diversi riti, latini, armeni, caldei, siro-cattolici. L’affetto per il Papa è grande. Tutti vogliono avvicinarsi, acclamano il suo nome, lo salutano con gioia e il Papa risponde col cuore, stringe le mani, benedice alcuni bambini:

 

“Con questa visita ho voluto far sentire l’amore e la vicinanza spirituale, non solo miei, ma della Chiesa universale alla comunità cristiana, che qui in Turchia è davvero una piccola minoranza ed affronta ogni giorno non poche sfide e difficoltà”.

 

Nell’omelia il Papa ricorda che qui ad Efeso si svolse nel 431 un celebre Concilio, che proclamò solennemente la maternità divina di Maria. Maria, dunque, Madre di Dio, affidata all’umanità da Gesù dall’alto della croce, come Madre dell’unità del genere umano, una fraternità di cui oggi, più che mai, c’è bisogno nel mondo. Il Papa eleva al Signore una speciale preghiera per la pace tra i popoli:

 

“Da questo lembo della Penisola anatolica, ponte naturale tra continenti, invochiamo pace e riconciliazione anzitutto per coloro che abitano nella Terra che chiamiamo “santa”, e che tale è ritenuta sia dai cristiani, che dagli ebrei e dai musulmani: è la terra di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, destinata ad ospitare un popolo che diventasse benedizione per tutte le genti. Pace per l’intera umanità! Possa presto realizzarsi la profezia di Isaia: “Forgeranno le loro spade in vomeri, / le loro lance in falci; / un popolo non alzerà più la spada contro una altro popolo, / non si eserciteranno più nell’arte della guerra”.

 

Il Papa ricorda il motto di questo viaggio apostolico: “Egli, Cristo, è la nostra pace. Gesù infatti, non solo ha portato la pace, ma è lui stesso la nostra pace”. Cristo è la grazia, la forza, che trasforma l’uomo e il mondo, abbattendo i muri di separazione, per fare dell’umanità un’unica famiglia. Benedetto XVI si rivolge ancora una volta, in particolare al piccolo gregge di Cristo, che vive in questa nazione, e lo incoraggia a perseverare nella fiducia e nell’unità, cantando con Maria il Magnificat:

 

“Cantiamolo con gioia anche quando siamo provati da difficoltà e pericoli, come attesta la bella testimonianza del sacerdote romano Don Andrea Santoro, che mi piace ricordare anche in questa nostra celebrazione. Maria ci insegna che fonte della nostra  gioia  ed unico nostro saldo sostegno è Cristo, e ci ripete le sue parole: “Non temete”, “Io sono con voi”. Al suo braccio potente noi ci affidiamo. E tu, Madre della Chiesa, accompagna sempre il nostro cammino! Santa Maria Madre di Dio prega per noi! Aziz Meryem Mesih’in Annesi bizim için Dua et”.

 

Da Efeso, Sergio Centofanti, Radio Vaticana.

**********

 

L’appello di pace per la Terra Santa è stato uno dei passaggi “forti” dell’omelia di Benedetto XVI dal Santuario di Efeso. Levato dalla località mariana, “cuore” di dialogo e pace, suscita la piena condivisione di uno dei protagonisti della vita ecclesiale nei luoghi di Cristo: ai nostri microfoni il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah:

 

**********

R. - E’ precisamente questo, il significato di questo viaggio, malgrado tutta l’opposizione che si fa sentire: noi siamo per il dialogo. Anche se è difficile. Vogliamo entrare per parlare alla persona umana, chiunque sia: musulmana, di altra religione, di altra cultura e malgrado tutte le difficoltà. Io vedo in questo passo una determinazione, una volontà del Santo Padre a volersi affermare come Gesù, aperto a tutti: Gesù è venuto per tutta l’umanità. Dunque, questo è un passo verso questo incontro necessario, essenziale tra le varie culture, i vari popoli.

**********

Sono fiducioso che il messaggio del Papa arriverà al cuore del popolo turco: ai nostri microfoni, così si esprime il rettore del Santuario di Efeso, padre Adriano Franchini, che con altri due frati cappuccini e due suore provvede alla cura pastorale della Casa della Madre Maria. Uno dei nostri inviati, Bernard De Cottignies, lo ha incontrato:

 

**********

Nonostante i problemi che conosciamo dei giorni scorsi, adesso anche la stampa e il popolo turco sono molto più aperti e sono convinto che il messaggio di dialogo, di comprensione, di rispetto vicendevole passerà, anche perché il Santo Padre è uno dei più illustri e insieme, per così dire, uno dei milioni di persone che vengono in questo piccolissimo Santuario, Casa di Maria nella quale tutti si trovano a casa loro: musulmani, cristiani, indù, anche atei, vengono da tutto il mondo, si sentono davvero a casa loro. Noi non siamo proprietari del Santuario, siamo degli ospiti, non prendiamo niente, è tutto dello Stato: siamo qui per salvare il carattere sacro di questo luogo, perché purtroppo rischia facilmente di trasformarsi in un museo, in un’attrazione turistica. Non lo è ancora e non lo è naturalmente per i cattolici e per i musulmani, che spesso danno una lezione a noi: vengono veramente a pregare, stimano molto la Madonna, la amano. Dunque, è molto bello e noi siamo qui per questo servizio.

**********

 

Il Santuario di Efeso è un luogo di culto mariano unico al mondo: la Madre di Gesù vi è venerata non solo dai cristiani, ma anche dagli stessi musulmani, che lodano Maria come “l’unica donna non toccata dal demonio”. Il perché di questa devozione da parte islamica lo spiega il mariologo padre Stefano De Fiores, al microfono di Emanuela Campanile:

 

**********

R. – Mentre, da una parte, hanno grosse difficoltà ad accettare la figura di Gesù Cristo, vero Dio e uomo, perchè per il senso della trascendenza Dio non potrebbe, secondo loro, incarnarsi. Invece, per Maria non hanno difficoltà, perchè Maria è una creatura, una serva del Signore e quindi vedono in Maria un esempio dell’islam, cioè dell’abbandono fiducioso a Dio. Maria, quindi, è una delle quattro donne che vengono tenute in grande considerazione da parte dell’islam e, in particolare, la Vergine Maria è vista, assieme a Gesù, come Colei che non ha avuto mai nessun peccato e quindi è molto gradita a Dio. Una delle sure più belle del Corano è appunto la 19, dove si narra della doppia annunciazione di Maria. Quindi, Maria è senz’altro benedetta da loro ed è un motivo di fiducia verso questa figura che è venerata sia dal popolo cristiano, sia dal popolo musulmano.

********** 

 

Un simbolo della volontà di dialogo con la fede musulmana è certamente rappresentato dalla figura di don Andrea Santoro, il sacerdote romano fidei donum, ucciso a Trebisonda lo scorso 5 febbraio. Il Papa, nell’omelia da Efeso, ne ha voluto ricordare la sua “bella testimonianza”: la stessa che emerge dai suoi scritti pubblicati proprio in questi giorni dall’Editrice Città Nuova in un volume intitolato “Lettere dalla Turchia”, presentato ieri a Latina. Ma come germogliò in don Andrea il desiderio di costruire questo “ponte” tra Oriente e Occidente, come auspicato più volte in queste ore da Benedetto XVI? A rispondere è la sorella del sacerdote, Maddalena Santoro, intervistata da Davide Dionisi:

 

**********

R. – Stando lì sul posto, ha sentito veramente questo desiderio che la fiamma del cristianesimo, che è partita dal Medio Oriente, si rinsaldasse un po’, splendesse in tutto il suo folgore a livello di fede. E questo affinché l’Occidente ricevesse ancora questa fede originaria, ma allo stesso tempo l’Occidente potesse – sentiva egli stesso in quel momento il bisogno – dare un apporto a questa terra così sofferente, questa terra in cui si avvertiva la necessità di una presenza cristiana più viva e più confortevole.

 

D. – Il libro è una raccolta delle sue lettere. Quale, secondo lei, è quella che descrive meglio la sua missione e il suo straordinario cammino vocazionale?

 

R. – Io avverto grandissimo peso nella lettera del 15 settembre del 2004. In questa lettera, si legge tantissimo sia della sua vocazione, sia del modo di essere presente. Ricordiamo le sue bellissime parole: “In quest’angolo del Medio Oriente c’è bisogno di chi voglia essere semplicemente cristiano in mezzo alla gente, conducendo una via per metà semicontemplativa e per l’altra metà sulla porta”. E’ bellissimo quando poi aggiunge: “Accogliendo chi viene e andando incontro a chi non viene”. In questa lettera, mi sembra che riesca ad esprimere tutto il suo modo di essere lì ed esprime anche il suo cammino individuale, il suo cammino spirituale quando, ad esempio, parla della lancia che trafigge il cuore di Maria. Ma lui estende questo concetto di lancia che trafigge il cuore a tutti i cristiani e allora si domanda: qual è questa spada che ci trafigge a livello spirituale? E qui, ripercorre allora la vita personale e spirituale e quindi la spada spirituale può essere il cammino nella via della povertà, nella via della castità: può essere il cammino ascetico di restare in preghiera, anche quando a volte siamo distratti.

**********

 

Prima di presentare le prossime tappe del viaggio, torniamo per qualche istante agli appuntamenti che hanno cadenzato, ad Ankara, il lungo pomeriggio di ieri di Benedetto XVI. Negli incontri serrati con un vice premier turco, poi con il presidente per gli Affari religiosi “Dyanet”, il prof. Ali Bardakoglu, e quindi con il Corpo diplomatico, il Papa ha avuto modo di affrontare temi delicati, tra cui quello dello status giuridico della Chiesa cattolica in Turchia e, più in generale, del diritto alla libertà religiosa. Ripercorriamo allora quelle ore, cedendo ancora la parola al nostro inviato, Sergio Centofanti:

 

**********

E’ stato un incontro importante, ieri ad Ankara, tra Benedetto XVI e il presidente per gli Affari Religiosi, Bardakoglu, che in passato non aveva risparmiato dure critiche per il discorso di Ratisbona. Benedetto XVI e il prof. Bardakoglu si sono presentati ai giornalisti con una forte e cordiale stretta di mano. Il presidente per gli Affari Religiosi ha definito questa visita apostolica un passo importante per lo sviluppo dell’armonia tra le religioni. Poi, ha denunciato la diffusione di una sorta di islamofobia, causata da quanti presentano l’islam come una religione violenta. “L’islam, invece – ha detto – è una religione di pace, fondata su un pensiero razionale e sulla libertà religiosa”.

 

Il Papa, nella risposta, ha ricordato le parole di Giovanni XXIII quando, arcivescovo, era rappresentante pontificio ad Istanbul: “Io amo i turchi”, e ha ribadito la sua stima e il suo rispetto per i musulmani, confermando che il dialogo non può essere una scelta stagionale:

 

“It cannot be reduced to an optional extra:  on the contrary, it is ‘a vital …

Al contrario il dialogo è una necessità vitale dalla quale dipende in larga misura il nostro futuro”.

 

Il Papa ha poi incontrato in nunziatura il Corpo diplomatico, ricordando che la presenza della Chiesa sulla scena internazionale vuole solo servire la causa dell’Uomo e la sua dignità. Ha ribadito che la vera pace ha bisogno della giustizia, ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale a promuovere la riconciliazione in tutto il mondo, soprattutto in Medio Oriente. Ha invitato a correggere le disuguaglianze economiche, stabilendo delle regole per meglio governare la globalizzazione delle economie. Quindi ha sottolineato che la libertà religiosa è un’espressione fondamentale della libertà umana:

 

“Religious liberty is a fundamental expression of human liberty

E’ compito delle autorità civili, in ogni Paese democratico – ha affermato – garantire la libertà effettiva di tutti i credenti e permettere loro di organizzare liberamente la vita della propria comunità religiosa. Unico obiettivo della Chiesa è far dunque crescere l’umanità dell’Uomo ed  per questo motivo – spiega il Papa – che la Chiesa cattolica intende rafforzare la collaborazione con la Chiesa ortodossa”. In questa luce, Benedetto XVI si appresta ad incontrare oggi ad Istanbul il Patriarca ecumenico Bartolomeo I”.

 

Dalla Turchia, Sergio Centofanti, Radio Vaticana.

**********

 

La doppia valenza ecumenica e interreligiosa del viaggio apostolico in Turchia vivrà oggi pomeriggio, come appena ricordato, un altro dei suoi momenti cruciali, quando alle immagini di Efeso si sostituiranno quelle di Istanbul: la città sul Bosforo sarà teatro - stasera, alle 19.30, ora locale - dell’atteso incontro tra Benedetto XVI e il Patriarca Ecumenico ortodosso, Bartolomeo I. Con la Chiesa ortodossa i cattolici condividono, in Turchia, il bisogno di una maggiore apertura per la loro testimonianza religiosa. Un aspetto sul quale si sofferma mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, intervistato da una delle nostre inviate, Philippa Hitchen:

 

**********

R. – Le circostanze intorno a questo viaggio hanno portato l’attenzione all’invito che il Papa ha fatto diverse volte perché il dialogo vada avanti: ma vada avanti in modo molto più intenso e molto più razionale, nel senso di intelligenza e di saggezza. Dobbiamo promuovere un dialogo tra tutte le comunità, tutte le nazioni, tutte le forze politiche, tutte le religioni. Tutti devono sentirsi obbligati, in questo momento, a fare un passo verso un dialogo sempre più intenso.

 

D. - Qui, in Turchia, la comunità cristiana – cattolici e ortodossi – vive una situazione abbastanza difficile, dove c’è libertà di culto ma non libertà giuridica, di costruire chiese o di riaprire il seminario ortodosso. Cosa può dire il Papa al governo turco per risolvere questi problemi?

 

R. - In passato, anche Giovanni Paolo II aveva invitato il governo a prestare attenzione a questo fatto del seminario, e ad altri punti. Noi cattolici stiamo da tempo cercando la via perché la Chiesa venga riconosciuta giuridicamente. Sono problemi che – penso – dovrebbero essere all’ordine del giorno proprio adesso, perché viviamo un momento in cui il processo di integrazione dell’Europa offre la possibilità di fare i cambiamenti necessari e di adottare da tutte le parti questi principi, alla base dell’identità dell’Europa che stiamo cercando di costruire. Non si tratta mai di una convenienza politica del giorno: noi dobbiamo guardare le cose in prospettiva, cioè che si tratta di uno sforzo lungo, difficile per costruire qualcosa di migliore e di durevole.

**********

 

Intense, non senza fatica, ma certamente fruttuose: con queste parole il direttore della Sala Stampa vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, definisce dunque le prime 24 ore del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Turchia. Alessandro De Carolis lo ha raggiunto telefonicamente ad Efeso, al termine della Messa presieduta questa mattina dal Papa:

 

**********

R. – Il clima qui, stamattina, è assolutamente straordinario, perché è un luogo molto semplice, molto povero e molto bello. Quindi, è completamente diverso dalla situazione di Ankara: una grande città, con tutti i problemi delle megalopoli. Qui, invece, siamo su una collina, in mezzo al verde, vicino al mare: è un posto veramente splendido, che ispira serenità. Quindi, è un posto adatto a ritrovare le radici semplici della fede cristiana, tramite la riflessione, la meditazione di una figura come quella di Maria. E’ un posto adatto anche a vedere l’umiltà e la semplicità della vita cristiana di una comunità che è piccola, che è effettivamente povera, umile, rispetto al mondo che la circonda. Ecco, la figura di Maria in un certo senso può essere anche un’immagine, un’ispiratrice per una comunità cristiana come quella della Chiesa cattolica in Turchia, come quella dei cristiani in Turchia. Allo stesso tempo, però, questo non è un qualcosa che isoli il Santuario dal mondo circostante, perché pure molti musulmani apprezzano la figura di Maria, la venerano e vengono in questo luogo. Quindi, direi che in questo posto delle radici semplici della fede, del rapporto essenziale con Dio, ci si ritrova anche più uniti, non solo come piccola comunità cattolica o come fedeli cristiani, ma anche con i fedeli sinceri che cercano Dio anche per altre vie, come i fratelli musulmani. Da questo luogo, quindi, credo che l’appello del Papa per la pace, che è stato così importante nell’omelia di oggi – “pace per Gerusalemme, pace per la Terra Santa, pace per il mondo intero” – abbia un tono suo caratteristico, diverso da quello che forse si può avere in grandissime assemblee o in luoghi importanti e solenni. A partire da un luogo così semplice della fede e dell’amore, ma allo stesso tempo così vero, l’invito alla pace è assolutamente credibile.

 

D. – Che impressione le ha suscitato sentire il Papa parlare della figura di don Santoro qui, in Turchia, in questo luogo che riporta alle radici più profonde della cristianità?

R. - Direi che, effettivamente, era il luogo adatto per una figura come quella di don Santoro, che ha vissuto di una fede estremamente semplice e coraggiosa: una fede “pura” in un mondo per certi aspetti a lui estraneo dal punto di vista della fede, ma piena di desiderio di un annuncio di carità e di disponibilità. Credo che questo fosse il luogo giusto per parlare di don Santoro, perché è un luogo vicino allo spirito con cui lui ha vissuto.

D. – Un suo commento sulla giornata intensa, anche faticosa, ma soprattutto molto importante che il Papa ha vissuto con le autorità politiche e religiose della Turchia…

 

R. – E’ stata una giornata ricchissima di incontri, anche faticosa - possiamo dire - per il Santo Padre, ma penso molto fruttuosa. Si è vissuta tutta la dimensione dell’incontro con il popolo turco e anche con le sue autorità, l’incontro con la sua storia recente, la storia della nuova Repubblica, il mausoleo di Atatürk ma anche l’incontro con il presidente, con il primo ministro, con il vice primo ministro, con il presidente degli Affari Religiosi: dunque, un po’ tutte le autorità che esprimono la vita della società e anche la dimensione musulmana della società turca. Gli incontri sono stati piuttosto sereni, piuttosto cordiali. Il Papa, forse contrariamente a quanto si potesse temere nelle settimane precedenti, è stato veramente benvenuto. E’ stato avvertito come un ospite importante, che può dare un suo appoggio anche morale al popolo turco in un tempo per esso non è facile. Il Papa ha abbracciato una grande prospettiva, naturalmente una prospettive di pace nel Medio Oriente, in particolare nel discorso al Corpo diplomatico, che poi è tornata anche nell’omelia di questa mattina. Ma anche una prospettiva sulla Turchia come ponte tra l’Europa e l’Asia, le responsabilità e l’impegno della Turchia per la pace, nell’area del Medio Oriente, il suo attuale impegno nel Libano e anche lo sforzo della Turchia per avvicinarsi all’Europa in un cammino non facile, del quale il Papa apprezza in particolare lo sforzo di condivisione di principi e di valori verso i quali bisogna camminare perché questo avvicinamento sia sostanzioso, sia significativo e durevole. Benedetto XVI ha potuto ribadire i principi essenziali del dialogo con i musulmani nel confronto con un’autorità importante, come il presidente del Dipartimento per gli Affari Religiosi, Bardakoglu, ma erano presenti a questo incontro anche i due Gran Muftì di Istanbul e di Ankara, personalità certamente significative per la comunità musulmana. I principi del dialogo sono stati ribaditi con chiarezza dal Papa, a partire dal Concilio Vaticano II e poi da tutte le prese di posizione dei suoi predecessori e anche dalle posizioni che egli stesso, soprattutto negli ultimi mesi, ha più volte manifestato, di rispetto per i musulmani, di condivisione di una fede in un Dio unico, di condivisione per la preoccupazione della dimensione spirituale dell’uomo nel mondo secolarizzato di oggi. Si è visto, quindi, che c’è veramente qualcosa su cui il dialogo può continuare a lavorare, mettendo in rilievo degli aspetti comuni significativi. Non è mancato anche il richiamo - più volte e chiaro - al tema della libertà religiosa: questo è un tema che va approfondito qui, in Turchia, perché esso è presente nella Costituzione turca, che è di uno Stato laico e garantisce, esprime esplicitamente il diritto della libertà religiosa. Forse, però, essa si realizza più per il culto o la vita spirituale dei singoli e un po’ meno per quella delle comunità religiose. C’è stato anche un momento - in uno dei dialoghi che il Papa ha avuto con il vice primo ministro - in cui sono stati affrontati i temi dei problemi concreti che le comunità cattoliche possono vivere qui: sia per ciò che riguarda le loro proprietà e il loro personale, sia per l’auspicio che si svolgano i incontri tra il governo e rappresentanti della Chiesa per cercare di affrontarli concretamente. Si tratta, quindi, di segni di un cammino positivo che può portare anche dei miglioramenti nella vita delle comunità cattoliche.

**********

 

Prima di chiudere quest’ampia pagina dedicata al viaggio apostolico in Turchia, ricordiamo agli ascoltatori alcuni appuntamenti che la nostra emittente seguirà oggi pomeriggio e domattina in radiocronaca diretta: alle 18.20 di oggi, l’incontro tra Benedetto XVI e il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I, con commento in italiano per la zona di Roma sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz, e commento in tedesco sull’onda corta di 6.170 kHz. Domattina, a partire dalle 8.45, la celebrazione della Divina Liturgia e la Firma della Dichiarazione congiunta nel Patriarcato Ecumenico di Istanbul, con commento in italiano e tedesco sulle consuete lunghezze d’onda.

 

 

RINUNCIA

 

In Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Francia, presentata da mons. Diógenes Silva Matthes per raggiunti limiti di età. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Caetano Ferrari, dell’Ordine dei frati minori, finora coadiutore della medesima diocesi.

 

 

NELLA GIORNATA DI STUDI CHE L’UNIVERSITÀ LATERANENSE HA DEDICATO

 ALLA FIGURA DI ROMANA GUARNIERI,

 L’ARCIVESCOVO AGOSTINO MARCHETTO HA RICORDATO

 LA RICCHEZZA DEGLI SCRITTI DELLA STORICA DISCEPOLA DI DON GIUSEPPE DE LUCA

 

Il segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha presieduto questa mattina, alla Pontificia Università Lateranense, una giornata di studio in memoria di Romana Guarnieri, storica e studiosa vissuta nel secolo scorso. Olandese di nascita, conosce a Roma don Giuseppe De Luca e facendo tesoro dei suoi insegnamenti si applica agli studi storico-umanistici. Collabora alle battaglie culturali del sacerdote per innalzare ponti tra le più svariate discipline - filologia, poesia, storia, arti figurative - e per far cadere barriere e muri divisori soprattutto tra cultura laica e cattolica. La sua è stata una vita fatta di libero studio vissuto come ascesi, di preghiera spontanea, di isolamento, e di servizio personale agli altri e alla Chiesa. Nel suo intervento, mons. Marchetto ha voluto ricordare, in particolare, lo stile e il metodo di ricerca applicato da Romana Guarnieri. Un metodo tipicamente agostiniano, ha spiegato il presule, che parte dalla ricerca interiore per poi addentrarsi nella studio della Verità.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il resoconto dei diversi momenti della visita pastorale del Papa in Turchia. I servizi del nostro inviato Giampaolo Mattei.

 

Servizio estero - Vertice NATO a Riga: pace e stabilità in Afghanistan priorità dell'Alleanza Atlantica. Nuove adesioni nel 2008.

 

Servizio culturale - Un articolo sulla “giornata di studio” - alla Pontificia Università Lateranense - dedicata a Romana Guarnieri

Vengono pubblicati ampi stralci del contributo del nostro collaboratore don Felice Accrocca.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro. In rilievo la finanziaria.   

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

29 novembre 2006

 

VERTICE DELLA NATO IN LETTONIA: APERTE LE PORTE, PER UNA FUTURA ADESIONE,

 A BOSNIA-ERZEGOVINA, MONTENEGRO E SERBIA

- Intervista con Federico Eichberg -

 

La NATO ha offerto a Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Serbia l’adesione al programma “Partnership per la pace”, anticamera dell’ingresso nell’Alleanza Atlantica. La decisione è stata presa durante il vertice della NATO in corso a Riga, in Lettonia. L’odierna giornata di lavori si è aperta con un minuto di silenzio in onore delle vittime delle missioni dell’Alleanza Atlantica nel mondo. Sono previste discussioni anche su accordi di partenariato e sulla “trasformazione” della NATO in un’organizzazione capace di intervenire a livello globale. Ma quali sono le priorità per la NATO? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche:

 

**********

R. – In particolare sui Balcani il desiderio della NATO è far sì che, grazie a nuove membership, ma anche grazie ad un coinvolgimento dell’Unione Europea, siano sempre più realtà locali a far sì che la stabilizzazione sia completa. E’ fuori di dubbio che l’Unione Europea cerchi attraverso il riconoscimento di una sorta di status internazionale, qual è quello della partnership for peace con la NATO, di far sì che questi Paesi compaiano uno sforzo di dinamica interna. In particolar modo se pensiamo alla Serbia, essendo aperto il dossier Kosovo, è evidente che un coinvolgimento internazionale ed un riconoscimento di status possa essere anche per le leadership locali un importante attestato.

 

D. – Si prendono in considerazione anche altre possibili candidature per il futuro?

 

R. – Croazia, Macedonia ed Albania sono sottoscrittori del cosiddetto Action Plan della NATO, che è una sorta di descrizione di tappe da realizzare in vista della membership. Sono, quindi, leggermente avanti rispetto a Bosnia, Serbia e Montenegro. Partecipano già – per capirci – ad operazioni della NATO in teatri di crisi. Il fatto che questi tre Paesi ancora non conoscano la membership piena deriva dalla difficoltà interna della NATO.

 

D. – Questo ulteriore possibile allargamento quanto può infastidire Mosca?

 

R. – La Russia ha a cuore che alcuni Paesi di riferimento non vengano posti in una sorta di categoria inferiore: questo è il caso della posizione assunta dalla Russia in ambito del Consiglio di sicurezza riguardo al possibile riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. La Russia, quindi, abbraccia delle posizioni serbe consapevole che è importante non umiliare la Serbia. In questo senso ritengo che Mosca non abbia particolari ostacoli da porre.

**********

 

 

“GENESI: I SETTE GIORNI DELLA CREAZIONE”: TEMA DELLA MOSTRA DELL’ARTISTA

TEDESCA CONTEMPORANEA, KAREN THOMAS, IN CORSO A ROMA FINO AL 10 DICEMBRE

- Con noi, Stefania Severi -

 

Colori forti, foglie d’argento, rilievi in gesso e uno stile al limite dell’astrazione: sono le caratteristiche della mostra “Genesi: i Sette giorni della Creazione”, in corso fino al 10 dicembre presso la Basilica romana di Santa Maria in Montesanto. L’esposizione, inaugurata nei giorni scorsi da mons. Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, riunisce nove dipinti dell’artista tedesca contemporanea, Karen Thomas, che raffigurano con un linguaggio moderno il più antico degli eventi. Ma cosa dicono le storie della Genesi all’uomo di oggi? Roberta Moretti lo ha chiesto alla curatrice, Stefania Severi:

 

**********

R. – Il tema della Creazione è atemporale. La Creazione è di fronte a noi in qualsiasi momento. In questa epoca, in cui non guardiamo più al cielo per scoprirne le bellezze, in cui roviniamo le foreste, in cui siamo incuranti di questi doni che ci vengono dalla Genesi, dovremmo stare più attenti non solo a riscoprirne la bellezza e quindi ritrovare lo stupore, ma soprattutto a recuperare il rispetto nei loro confronti.

 

D. – In che modo l’uso astratto dei colori ci rimanda alle storie della Genesi?

 

R. – Il primo dei dipinti “In principio, le tenebre coprivano gli abissi”, è tutto realizzato con prevalenti tonalità di blu – colore della trascendenza – e all’interno di questo magma si intravede una piccola luce. E’ il sentimento della meraviglia di qualcosa che, all’improvviso, si manifesta. Un altro esempio è “Il terzo giorno della Creazione”, quando Dio disse “La terra si copra di verde”: è una foresta, quella che l’artista ha realizzato, simbolica, stilizzata, molto vivace nella cromia dei blu ma anche dei rossi, dei gialli, dei verdi e si intuiscono molto chiaramente delle forme vegetali, però date con un effetto di primordialità. Abbiamo anche dipinti con tonalità decisamente più calde, come quello dedicato al settimo giorno: “Dio benedisse il settimo giorno in cui predomina l’oro, il giallo. E’ veramente una sinfonia di luce solare che vuole essere un omaggio alla divinità.

 

D. – Ci descrive un’altra opera particolarmente significativa?

 

R. – La creazione dell’Uomo, che riguarda “Il sesto giorno”, è molto interessante perché c’è una figura che non si individua chiaramente come maschio o femmina, che simboleggia l’umanità tutta. Questo è reso con un amalgama di blu, rosa e gialli quasi ad indicare un elemento di trasformazione, un divenire, è come colto in una frazione di tempo in cui la Creazione è in fieri, e questo la rende particolarmente suggestiva.

**********              

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

29 novembre 2006

 

RILASCIATO IERI, A BAGHDAD, PADRE DOUGLAS AL BAZI, IL SACERDOTE CATTOLICO CALDEO RAPITO IL 19 NOVEMBRE NELLA CAPITALE IRACHENA

 

BAGHDAD. = E’ stato rilasciato ieri a Baghdad padre Douglas Al Bazi, il sacerdote cattolico caldeo rapito il 19 novembre nella capitale irachena. La notizia è stata accolta “con gioia da tutta la comunità cristiana irachena e caldea in particolare”, come ha dichiarato al SIR, il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, che, senza rivelare i particolari della vicenda, ha affermato che padre Al Bazi “è molto provato, fisicamente e psicologicamente, ma è vivo”. “La situazione per la minoranza cristiana resta critica – ha aggiunto – e dobbiamo prestare molta attenzione. In Iraq, le cose vanno sempre peggio. Comunque, godiamoci questa bella notizia e continuiamo a pregare”. Quello di padre Al Bazi è stato il quarto caso di sequestro di un sacerdote caldeo ed è avvenuto solo un mese dopo quello di padre Paul Iskandar, sacerdote siro-ortodosso di Mossul, barbaramente ucciso il giorno dopo il suo sequestro. Con questo rapimento, il numero di rappresentanti cristiani sequestrati in Iraq è salito a otto. Ai cinque rapiti quest’anno, si devono aggiungere i due monaci caldei ed l’arciepiscopo di Mossul dei Siri, mons. Georges Basile Casmoussa. (R.M.)

 

 

“DOBBIAMO INTRAPRENDERE IL CAMMINO VERSO LA NOSTRA SANTIFICAZIONE

E IL RINNOVAMENTO PASTORALE”: COSÌ, I VESCOVI DEL PARAGUAY, IN UNA LETTERA

AI SACERDOTI DEL PAESE NEL 50.MO DELLA CREAZIONE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE PARAGUAYANA

 

ASUNCIÒN. = “Come pastori del popolo di Dio, ringraziamo tutti per il generoso impegno nella vita sacerdotale, coerente e con spirito di sacrificio. Sappiamo che insieme possiamo superare le grandi difficoltà che ci si presentano”: è quanto scrivono i vescovi del Paraguay, in una lettera inviata a tutti i sacerdoti del Paese in occasione dei 50 anni dalla creazione della Conferenza episcopale paraguayana. I presuli – riferisce l’agenzia Fides – segnalano il pericolo di “rinchiudersi nella routine pastorale”, la tentazione di trasformarsi in semplici funzionari di servizi, perdendo l’identità sacerdotale e missionaria, o ancora, citano il problema dell’eccesso di lavoro senza molta soddisfazione. “Alcuni – notano i vescovi – usano il loro tempo libero dedicandosi all’insegnamento o ad altre attività remunerate, mettendo in pericolo il proprio ministero sacerdotale”. La povertà, la mancanza di mezzi di sussistenza, il poco sostegno economico dei parrocchiani, la mancanza di un’organizzazione interna per una vita sacerdotale più degna sono alcune delle sfide indicate dall’episcopato paraguayano. “Nella causa del Regno – spiegano i presuli – non è tempo di guardare indietro e men che mai di lasciarsi trasportare dalla pigrizia. È molto quello che ci aspetta e per questo motivo dobbiamo intraprendere il cammino verso la nostra santificazione e il rinnovamento pastorale”. I presuli si impegnano quindi ad essere più vicini a ognuno dei sacerdoti attraverso visite, come pastori che hanno sempre aperta la porta del dialogo e della comprensione; intendono inoltre condividere l’Eucaristia nelle feste di compleanno e negli anniversari, in un clima familiare e di amicizia sincera; si impegnano poi a offrire a tutti i sacerdoti, specialmente malati e anziani, l’aiuto necessario per la loro sussistenza e la dignità umana. (R.M.)

 

 

OGGI, GIORNATA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON IL POPOLO PALESTINESE.

SECONDO IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,

“UNA FINE DELLE VIOLENZE È ASSOLUTAMENTE ESSENZIALE”

- A cura di Roberta Moretti -

NEW YORK. = “Lo spargimento di sangue degli ultimi mesi è stato fra i più tragici, perché sappiamo che la maggioranza dei palestinesi e degli israeliani vogliono una soluzione negoziata di due Stati”: così si esprime il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese sottolinea che “una fine delle violenze è assolutamente essenziale”. Il 29 novembre del 1947, l’Assemblea generale dell’ONU adottava la Risoluzione 181 (II), nota come “Risoluzione sulla partizione”, che disponeva la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo, con Gerusalemme sottoposta a un regime internazionale speciale. Dei due Stati, tuttavia, solo quello di Israele ha visto finora la luce, mentre il popolo palestinese, costituito da otto milioni di persone, vive soprattutto nel territorio palestinese occupato da Israele nel 1967, inclusa Gerusalemme est, parte della quale è ora amministrata dall’ANP. “Con l’annuncio di un cessate-il fuoco a Gaza – ha affermato Annan – abbiamo avuto un barlume di speranza che le ultime violenze potessero lasciare spazio a un periodo di calma. Faccio appello – aggiunge – a entrambe le parti a rispettare la tregua e a evitare ogni azione che possa mettere a repentaglio ulteriori progressi”. Riferendosi poi alle recenti e sanguinose operazioni israeliane nella Striscia di Gaza, il segretario generale dell’ONU definisce “cruciale” che lo Stato ebraico riconosca “la sua responsabilità di proteggere i civili palestinesi secondo la legge internazionale”. Ma anche i lanci di razzi palestinesi contro obiettivi civili israeliani “sono inaccettabili e devono essere interrotti immediatamente”. Annan auspica poi generosità e partecipazione da parte della comunità internazionale per far fronte alla crisi politica ed economica palestinese. “Credo anche – afferma – che i leader di entrambe le parti, il presidente (dell’ANP), Abbas, e il primo ministro (israeliano), Olmert, sono sinceramente intenzionati a liberare i loro popoli da decadi di dolore e incertezza”. “Nessuno – conclude Annan – può fare la pace al posto loro, imporre loro la pace, o volere la pace più di loro”.

 

 

ALLARME DELL’INVIATO ONU NEL NORDOVEST DELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA,

DOVE I RIBELLI COMBATTONO CONTRO LE FORZE GOVERNATIVE, CHE RISPONDONO

INCENDIANDO I VILLAGGI: “SI STA PREPARANDO UNA TRAGEDIA”

 

BANGUI. = Si rischia una tragedia nella Repubblica Centrafricana, dove movimenti ribelli combattono contro le forze governative, che rispondono incendiando villaggi: lo ha affermato ieri a Ginevra Ibrahim Fall, inviato speciale dell’ONU, che all'inizio di novembre ha guidato una missione umanitaria nel nordovest del Paese, passato sotto il controllo di movimenti ribelli. La situazione, ha aggiunto, “è fosca da numerosi anni. Lo sta diventando ancor di più di giorno in giorno”. Secondo Fall, la guardia presidenziale dà fuoco ai villaggi che si sospetta ospitino ribelli e la gente si rifugia nella boscaglia. In tali condizioni, i lavoratori umanitari incontrano grandi difficoltà a raggiungere i civili, in un Paese in cui vi sarebbero 150 mila sfollati, oltre a 50 mila persone rifugiate in Ciad. (R.M.)

 

 

L’EUROPA ANCORA TEATRO DI EPISODI DI RAZZISMO E XENOFOBIA,

MA MANCANO I DATI UFFICIALI:

COSÌ, NEL RAPPORTO 2006 DEL CENTRO EUROPEO DI MONITORAGGIO SUL TEMA

 

VIENNA. = In gran parte dell’Europa, i richiedenti asilo, i rifugiati, gli immigrati e le minoranze continuano a essere vittime di discriminazioni nella ricerca di abitazioni e lavoro, o persino di totale segregazione nelle scuole, e talvolta subiscono maltrattamenti da parte dei pubblici funzionari: è quanto rivela l’ultimo Rapporto del Centro europeo di monitoraggio sul razzismo e la xenofobia (EUMC), con sede a Vienna, presentato ieri alla Commissione “Libertà civili” del Parlamento Europeo. Tra i fenomeni preoccupanti, la crescente islamofobia, l’avversione contro la comunità dei ROM e alcuni episodi di antisemitismo. Purtroppo, però, ha sottolineato Beate Winkler, direttore dell’EUMC, “la maggior parte dei membri UE non raccoglie i dati necessari a monitorare come le politiche sociali ed economiche colpiscano le loro comunità etniche” e “questa mancanza di dati fa sì che la persistente discriminazione in aree chiavi rimanga inosservata e che alcune minoranze etniche siano vittime di discriminazioni senza un’adeguata risposta dello Stato”. Sui 25 stati membri dell’UE, infatti, solo Gran Bretagna e Finlandia hanno un sistema efficace di raccolta dati sugli abusi razziali, mentre in cinque Paesi – tra cui l’Italia – mancano dati ufficiali sugli episodi di violenza razzista avvenuti tra il 2004 e il 2005. Manca inoltre, a livello europeo, una definizione comune di “crimine a sfondo razziale” e non tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno recepito la direttiva UE del 2000 sull’eguaglianza razziale. (R.M.)

 

 

PRESENTATO IERI POMERIGGIO A BOLOGNA, DA MONS ELIO SGRECCIA,

PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLA VITA, IL NUOVO LIBRO DEL

CARDINALE CARLO CAFFARRA, “CREATI PER AMARE”

- A cura di Stefano Andrini -

 

**********

BOLOGNA. = La Chiesa non si stanca mai di ricordare che Dio ha creato l’uomo e la donna con amore e per amore. E’ questo il filo conduttore di “Creati per amare”, nuovo libro del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, presentato ieri pomeriggio all’Istituto “Veritatis Splendor” di Bologna da mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia della Vita, e da Sergio Belardinelli, docente di sociologia della cultura. Il volume raccoglie, tra l’altro, le catechesi proposte a Radio Maria e i testi di incontri che hanno avuto luogo a Bologna, Roma e Ferrara. Con quest’opera, l’arcivescovo di Bologna si inserisce a pieno titolo nella stessa tradizione pastorale e teologica cui diede inizio il giovane sacerdote Karol Woj-tyla a Cracovia, quando scrisse il suo “Amore e responsabilità”. “Prima di tutto mi ha colpito il genere letterario del libro – ha spiegato il presidente della Pontificia Accademia della Vita – non è un trattato scritto a tavolino, ma nasce da una pastorale in atto. E’ come vedere una gara mentre si compie o uno spettacolo mentre si realizza. Assistiamo in presa diretta alla creazione del soggetto cristiano”. Soffermandosi sui contenuti, mons. Sgreccia ha evidenziato un grande pregio dell’opera: l’aver rimesso al centro del discorso la Creazione. “La secolarizzazione – ha affermato – ha cancellato Dio creatore lasciando l’uomo vuoto in un universo vuoto. E sostanzialmente disperato. Oggi si parte dal caso perché solo così l’uomo può manipolare la vita. In opposizione a questa prospettiva, Caffarra rilancia la certezza che la vita è il frutto di un amore che ha un progetto sulla sua creatura. E compie un’operazione che ha una grande valenza culturale”.

**********

 

 

SIGLATA IERI UNA CONVENZIONE TRA LA COMMISSIONE EUROPEA E LA PROVINCIA

DI ALGERI PER IL RESTAURO LA BASILICA OTTOCENTESCA DI NOTRE-DAME-D’AFRIQUE

- A cura di Amina Belkassem -

 

**********

ALGERI. = La Basilica di Notre-Dame-d’Afrique, che dal 1872 domina la baia di Algeri, ritroverà almeno in parte il suo antico splendore. La Commissione Europea e la provincia di Algeri hanno siglato ieri una Convenzione dell’ammontare di un milione di euro per il restauro della monumentale chiesa in stile bizantino, sospesa tra cielo e terra, su una delle colline della capitale algerina. I lavori, finanziati dalla Commissione Europea, dalla provincia di Algeri, dalla città e regione di Marsiglia e dallo Stato francese, coinvolgeranno inizialmente le torrette e il campanile e oltre 100 metri cubi di pietra scolpita della “Signora l’Africa”, come la chiamano gli algerini, profondamente danneggiata dal terremoto che nel 2003 devastò il nord del Paese maghrebino, provocando oltre 2 mila morti. “Questo edificio testimonia l’armonia esistente tra musulmani e cristiani in Algeria, in un contesto mondiale piuttosto sfavorevole”, ha detto mons. Henri Teissier, arcivescovo di Algeri, spiegando che la chiesa, nonostante il suo immenso valore, è stata lasciata in stato di abbandono. Ci vollero oltre 14 anni, tra il 1855 e il 1872, per realizzare la Basilica voluta dall’allora vescovo di Algeri e opera dell’architetto Jean-Eugène Fromageau. Migliaia di ex voto ricoprono le pareti della chiesa: “Nostra Signora d’Africa, prega per noi e per i musulmani”, si legge nella cupola centrale che accoglie una statua in bronzo di una Madonna Nera, vestita con colori sgargianti. E proprio con questo restauro, l’Algeria vuole lasciare un messaggio politico, ha detto Moulud Hamai, del Ministero degli esteri. In un momento in cui alcuni sostengono la teoria dello shock di civilizzazioni, in un Paese musulmano le altre religioni vengono rispettate come l’Islam.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

29 novembre 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -

 

La Commissione Europea ha proposto un parziale congelamento del processo di adesione della Turchia all’Unione Europea. Al governo di Ankara l’Unione Europea chiede, in particolare, l’apertura degli scali aeroportuali turchi alle navi della Repubblica di Cipro greco-cipriota, non riconosciuta dalla Turchia ma già membro dell’Unione Europea.

 

Nuova giornata di violenze in Iraq: a Samarra, a nord di Baghdad, una stazione di polizia è stata colpita da un’autobomba che ha provocato la morte di sei agenti. Nella capitale, due civili sono rimasti uccisi, inoltre, per l’esplosione di un ordigno al passaggio di una pattuglia della polizia. Proseguono poi, nel Paese arabo, le azioni militari condotte da soldati americani: nel corso di un attacco dell’esercito statunitense a Baquba sono rimasti uccisi otto presunti membri di Al Qaeda e due donne. Sempre nel cosiddetto triangolo sunnita, cinque bambine sono morte ieri, a Ramadi, in seguito ad un’operazione americana. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, su richiesta del governo iracheno, ha approvato intanto, all’unanimità, una proroga al mandato della missione multinazionale fino alla fine del 2007.

 

Si apre oggi ad Amman, in Giordania, il terzo “Forum per l’avvenire”, promosso dall’amministrazione americana per incoraggiare la via delle riforme in Medio Oriente. All’incontro, partecipano i ministri degli Esteri dei Paesi arabi e degli Stati del G8. Sono previsti colloqui anche tra il re di Giordania, Abdallah II, e il presidente americano, George Bush. Sui negoziati di pace tra israeliani e palestinesi sarà inoltre incentrato, domani, l’incontro tra il presidente palestinese, Abu Mazen, ed il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice.

 

 “E’ probabile che ci sia un coinvolgimento del governo afghano, ad alti livelli, nel traffico di droga”. E’ quanto emerge da un rapporto congiunto della Banca mondiale e dell'Agenzia delle Nazioni Unite sulla droga e il crimine. La lotta al narcotraffico avrebbe raggiunto, secondo il dossier, obiettivi limitati a causa della corruzione degli ufficiali governativi, che proteggono i commercianti di oppio. La sua produzione quest’anno ha raggiunto livelli record, con un aumento del 49 per cento rispetto allo scorso anno, nonostante i forti investimenti della comunità internazionale e dello stesso governo afgano nel programma di lotta alla droga.

 

Un nuovo inquietante caso tinge di giallo la storia di un altro cittadino russo: Egor Gaidar, ex primo ministro sotto la presidenza di Boris Eltsin, è stato colpito nei giorni scorsi da una malattia non ancora identificata mentre si trovava in Irlanda. Lo ha rivelato, stamani, il quotidiano inglese Financial Times precisando che l’uomo è sottoposto a continui esami. Il nostro servizio:

 

**********

Attualmente Gaidar, economista liberale che ha più volte duramente criticato l’attuale governo russo, è ricoverato in un ospedale a Mosca. Le sue condizioni sono stabili ma si teme sia stato avvelenato. I primi sintomi sono stati riscontrati lo scorso 24 novembre, il giorno dopo la morte a Londra dell’ex colonnello del KGB, Aleksandr Litvinenko. A Londra, intanto, sono state trovate altre tracce di polonio, la sostanza radioattiva che ha ucciso l’ex spia russa. Tre persone sono ricoverate in ospedale con sintomi sospetti ma il ministro dell’Interno britannico ha comunque assicurato che non ci sono rischi per la popolazione. Sulla morte di Litvinenko, il premier britannico, Tony Blair, ha comunque messo in guardia dal giungere a “conclusioni affrettate”. Ma la vicenda appare sempre più intricata: l’ex amministratore delegato della Yukos ha rivelato che l’ex colonnello del KGB possedeva informazioni su presunti reati compiuti dal governo russo nella vicenda della bancarotta del colosso petrolifero. A questi misteriosi casi si aggiunge poi quello del decesso della giornalista russa Anna Politkoskaya, avvenuto lo scorso 7 ottobre, su cui indagava Litvinenko. L’ex spia aveva indicato nel presidente russo Vladimir Putin il mandante di questo omicidio, ma il capo del Cremlino ha sempre respinto ogni accusa.

**********

 

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha sollecitato il Consiglio per i Diritti umani a tenere una riunione speciale sulla martoriata regione sudanese del Darfur. Il servizio di Giulio Albanese:

 

**********

In una lettera, inviata a Louise Arbour, il capo dell’Agenzia ONU, Kofi Annan, ha stigmatizzato che quanto sta accadendo nella tormentata regione sudanese, dove dal febbraio del 2003 si combatte una sanguinosa guerra civile, è degno della stessa attenzione della crisi mediorientale ed ha ammonito che c’è in gioco la reputazione stessa del Consiglio. Insomma, non si possono continuare a valutare le crisi internazionali secondo la logica dei due pesi e delle due misure. Nella nota diretta a tutti e 47 gli Stati membri, Annan ha evidenziato che la situazione del Darfur è di fatto alla stregua di quella palestinese, così come quella dei territori di Gaza, se non addirittura peggiore. D’altronde, in questi mesi sono continuate nel Darfur le atrocità perpetrate dai Janjaweed, i famelici predoni a cavallo che hanno seminato morte e distruzione, razziando villaggi ed uccidendo gente innocente. Annan ha poi ricordato che il Consiglio dei Diritti dell’uomo ha tenuto tre sessioni speciali, dalla sua costituzione nel giugno scorso, tutte dedicate al conflitto mediorientale: “A questo punto – ha concluso Annan – non è troppo tardi per smentire le critiche, auspicando equità globale per il bene comune dei popoli”.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

**********

 

Nella Repubblica Democratica del Congo, Jean-Pierre Bemba, il candidato sconfitto al ballottaggio presidenziale dello scorso 29 ottobre, ha accettato il verdetto delle urne, assicurando che si impegnerà in una forte opposizione politica negli interessi della nazione. Nelle scorse settimane, Bemba aveva presentato ricorsi contro i risultati pubblicati dalla commissione elettorale, che ha assegnato la vittoria al presidente uscente, Joseph Kabila, con il 58 percento dei voti. Gli osservatori internazionali hanno riscontrato alcune irregolarità a favore di entrambi i candidati, ma non tali da influenzare l’esito della consultazione.

 

 

=======ooo=======