RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 332 - Testo
della trasmissione di martedì 28 novembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Se la tregua non verrà
rispettata, riprenderanno gli attacchi nella Striscia di Gaza. Così il ministro
degli Esteri israeliano che definisce il cessate il fuoco una chance per la pace
In Iraq, il governo chiede di prorogare di un anno
il mandato della Forza multinazionale di 160 mila uomini
A Riga, in Lettonia, il vertice della
NATO incentrato sul ruolo dell’Alleanza per garantire stabilità e
sicurezza
28 novembre 2006
“HO
SEMPRE DESIDERATO VISITARE LA TURCHIA
PER
APPROFONDIRNE L’AMICIZIA CON LA SANTA SEDE,
AIUTARE
L’INCONTRO FRA LE CULTURE E LAVORARE
PER LA PACE E LA RICONCILIAZIONE”: COSI’ BENEDETTO XVI
ALL’ARRIVO IN TURCHIA,
PER IL
SUO QUINTO VIAGGIO APOSTOLICO INTERNAZIONALE,
IN
PROGRAMMA FINO AL PRIMO DICEMBRE.
CORDIALE
L’INCONTRO DEL PAPA CON IL PRIMO MINISTRO TURCO, ERDOGAN
-
Interviste con il cardinale Paul Poupard,
il vescovo Ruggero Franceschini
e
l’arcivescovo ortodosso Demetrios -
Il mio “non è un viaggio politico ma un viaggio
pastorale”, all’insegna della pace e del dialogo. E’ iniziato con queste parole
programmatiche il quinto viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI,
che due ore fa, alle 13 ora della Turchia, è atterrato all’aeroporto
internazionale di Ankara. Ai giornalisti presenti sul volo papale - un Airbus 321 dell’Alitalia - il
Papa ha subito voluto ribadire il significato autentico della visita, che
corona un suo ben noto desiderio. L’aereo con a bordo
il Pontefice è decollato poco dopo le 9.20 dall’aeroporto di Fiumicino: ad
attendere il Papa allo scalo romano, tra gli altri, il vescovo di Porto e Santa
Rufina, Gino Reali.
Nel tradizionale scambio di telegrammi con i capi di Stato
dei Paesi sorvolati, Benedetto XVI ha scritto al presidente della Repubblica
italiana, Giorgio Napolitano, di accingersi a “condividere” con i cattolici
locali “momenti di forte spiritualità” e di voler “incoraggiare il dialogo
ecumenico e interreligioso”. “Sono certo che la sua
visita - ha replicato il presidente Napolitano - offrirà un contributo di straordinario
valore alla causa della fratellanza e della pace fra i popoli, rafforzando le
ragioni profonde di mutua comprensione e di dialogo tra il cristianesimo ed il
mondo islamico”. Ma per
ripercorrere i primi passi di Benedetto XVI in terra turca, cediamo la parola a
uno dei nostri inviati, Pietro Cocco:
**********
“Turchia, punto di incontro e crocevia di religioni e
culture diverse”, con queste parole – scritte in inglese sul Libro d’oro del
Mausoleo di Atatürk, padre della Turchia moderna -
Benedetto XVI ha rivolto il suo saluto al Paese, dopo l’arrivo nella capitale
Ankara. “In questa terra, cerniera fra l’Asia e l’Europa – sono ancora parole
del Papa – volentieri faccio mie le parole del fondatore della Repubblica
turca, per esprimere l’augurio: pace in patria, pace nel mondo”. Un messaggio
che trova orecchie attente ad ascoltarlo, come ha mostrato la presenza
all’aeroporto del primo mnistro Erdoğan, con il quale il Papa
si è poi fermato a colloquio per circa una ventina di minuti. Un colloquio
cordiale, aperto da una sorridente stretta di mano, che ha contribuito a
sciogliere subito, in un rapporto diretto, le difficoltà e i dubbi della
vigilia. Come traspare dalle dichiarazioni che, dopo il loro incontro, il
primo ministro Erdoğan ha rilasciato ai
giornalisti.
“Il Papa ha fatto la sua visita
nel momento giusto, ha osservato il primo ministro, “in un mondo dove la
cultura della violenza dilaga e le diversità vengono in rilievo, è molto significativo
che il Papa venga in un Paese dove la maggioranza è musulmana, in un Paese
laico e democratico come
Anche la stampa turca, oggi rivolge un caloroso benvenuto
al Papa, addirittura il quotidiano Sabah lo formula in italiano in prima pagina. Ma anche gli altri
quotidiani riportano tutti la foto del Papa in prima
pagina, con il volto sorridente e a braccia aperte. Tutti hanno pagine interne
dedicate alla visita, e pur sottolineando che si tratta, prima di tutto, di una
visita al Patriarca Bartolomeo per progredire nel cammino ecumenico, esprimono
l’auspicio che si possano superare le incomprensioni
del passato. Su questo punto, il giornalista Hakan Selik, che incontrò il cardinale Ratzinger
prima della sua elezione al Soglio pontificio, dalle pagine del quotidiano
popolare Posta ricorda che chiese espressamente a lui se era vero che non
auspicava l’ingresso della Turchia in Europa. Il cardinale Ratzinger,
scrive il giornalista, rispose di essere stato frainteso, e che stimava molto
il popolo turco.
La piccola comunità cattolica, nei suoi diversi riti, è
intanto raccolta in preghiera per questa visita apostolica da cui aspetta
incoraggiamento e fiducia per guardare con serenità al futuro in questo paese.
Mentre siamo in onda, il Papa sta raggiungendo in auto il
palazzo presidenziale di Ankara per la cerimonia di benvenuto ufficiale, dove
lo attende il presidente della Repubblica turco, Ahmet
Necdet Sezer. Una cerimonia
che si svolgerà senza discorsi ufficiali. Il primo discorso della sua visita
apostolica, il Papa lo rivolgerà al presidente del Dicastero per gli Affari
religiosi, il prof. Ali Bardagoglu. Un discorso molto
atteso, non solo in Turchia, come ha sottolineato il presidente della
Commissione per il dialogo interreligioso della prestigiosa Università di Al Azhar dell
Cairo: “Potrebbe aprire la strada a molte cose. Aspettiamo le sue dichiarazioni
con estremo interesse e uno spirito positivo”.
Da Istanbul, Pietro Cocco, Radio Vaticana.
**********
Il volo che lo portava in Turchia ha visto un Benedetto
XVI molto cordiale con i presenti sull’aereo, dai giornalisti al personale in
servizio. Il Papa è entrato nella cabina di pilotaggio dell’Airbus
ed ha ricevuto dai piloti ragguagli sulla rotta. Importante poi, come detto, la
conversazione avuta con i cronisti che lo attorniavano circa i motivi pastorali
del viaggio in Turchia. Parole delle quali ci riferisce il nostro inviato al
seguito del Pontefice, Sergio Centofanti:
**********
“Lo scopo di questo viaggio – ha detto il Papa, parlando
ai giornalisti - è il dialogo, la fraternità, un impegno per la comprensione
fra le culture e le religioni, per la riconciliazione”. “Tutti – ha
sottolineato – sentiamo la stessa responsabilità in questo momento difficile
della storia”. Alla domanda su come affronti questo viaggio in una situazione
di tensione, il Papa ha detto che lo intraprende “con grande fiducia e
speranza, accompagnato – ne è consapevole – dalla simpatia e la preghiera di
tante persone”. “So – ha aggiunto – che il popolo turco è ospitale, aperto e
che desidera la pace”.
Il Papa sottolinea con forza che questo non è un viaggio
politico ma pastorale, con l’obiettivo del dialogo con l’islam e con gli altri
fratelli cristiani, in particolare gli ortodossi, per una migliore comprensione
reciproca. “Non dobbiamo aspettarci grandi risultati da questo viaggio”, ha
precisato. “Il suo valore è simbolico e consiste negli stessi incontri di
amicizia e di rispetto in un comune impegno per la pace e la fraternità”.
Alla domanda sull’integrazione della Turchia in Europa, il
Papa ha ricordato che il Padre della Turchia moderna, Kemal
Atatürk, ha preso come modello la Costituzione
francese e, quindi, all’origine della Turchia moderna – ha notato – c’è il
dialogo con la ragione europea, il suo modo di pensare e di vivere, da
realizzare in un contesto storico e religioso diverso. “Perciò – ha detto – il
dialogo tra ragione europea e tradizione musulmana è inscritta nell’esistenza
stessa della Turchia moderna e in questo – ha affermato – abbiamo una
responsabilità reciproca: noi europei dobbiamo ripensare la nostra ragione
laicista, che esclude la dimensione religiosa dalla vita pubblica e che porta
ad una strada senza uscita. La Turchia, da parte sua, a partire dalla sua
storia, deve pensare con gli europei come ricostruire per il futuro il nesso
tra laicità e tradizione, tra una ragione aperta e tollerante che ha come
elemento fondamentale la libertà e quei valori fondati sulla religione che
danno contenuto alla libertà”.
Infine, rispondendo all’ultima domanda, relativa
all’incontro con il Patriarca Bartolomeo I, Benedetto
XVI ha sottolineato, al di là della consistenza numerica, il valore simbolico,
storico e spirituale del Patriarcato Ecumenico, come punto di riferimento per
tutto il mondo ortodosso. “Si tratta, dunque – ha detto – di un momento molto
importante nel cammino verso l’unità dei cristiani”.
L’ultimo pensiero il Papa lo ha voluto dedicare
all’incontro con la piccola comunità cattolica della Turchia.
Da Ankara, Sergio Centofanti,
Radio Vaticana.
**********
Su questo viaggio apostolico si appuntano, dunque, gli
auspici della Chiesa cattolica locale ma anche le speranze della Santa Sede. A
confermarlo, al microfono di Giovanni Peduto, è il cardinale Paul Poupard, presidente del
Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:
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R. – La mia grande speranza è che durante questo viaggio e
in questo clima divenuto così “caldo” da parte dei media
- come ho potuto constatare la settimana scorsa, mentre mi trovavo in India, e
poi nel mio passaggio a Vienna: tutti i media di lingua inglese, di lingua
tedesca ne parlano, è davvero un fenomeno mondiale – ebbene, giacché
l’attenzione di tutto il mondo è puntata su questo viaggio, sono certo che il
mondo non potrà non scoprire la semplicità, la bontà, la chiarezza, l’amabilità
del nostro Santo Padre, che farà come un commento in rilievo della sua
enciclica Deus caritas est, Dio è
amore. E’ un unico messaggio, non ce ne sono due: è lo stesso messaggio che va
diretto ai fratelli ortodossi, ai fratelli musulmani, ai fratelli e figli cattolici.
Lo stesso messaggio: “Dio è amore”. Dunque, una testimonianza di amore e
insieme di grande rispetto per questo grande popolo erede di una grande
civiltà, popolo-ponte tra due continenti, erede di una grande storia. E questa
eredità è pegno di un grande avvenire comune. Io, veramente, sono pieno di
speranza.
**********
In più occasioni, alla vigilia del viaggio, Benedetto XVI
ha manifestato il proprio affetto nei confronti della piccola comunità
ecclesiale della Turchia che, lo ricordiamo, costituisce lo 0,4% della
popolazione totale. Qual è allora lo stato d’animo dei cattolici, che domani
avranno, con la Messa al Santuario di Efeso, la prima occasione di stringersi
attorno al Papa? Il nostro inviato Sergio Centofanti
lo ha chiesto all’arcivescovo di Smirne, Ruggero Franceschini,
presidente della Conferenza episcopale della Turchia, che si sofferma in modo
circostanziato sulla situazione dei cattolici nel Paese:
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R. – La piccola comunità cristiana lo attende con gioia.
All’inizio c’era qualche timore, adesso è scoppiata la gioia.
D. – Qual è la situazione della comunità cattolica in
Turchia?
R. – E’ un’“assenza di presenza”. Noi abbiamo codificato
così il nostro modo di essere qui. Non potendo fare tanto apostolato, dobbiamo
essere presenti e testimoni, testimoni con la vita semplice, con la vita
sorridente, con una vita accogliente.
D. – Per quanto riguarda lo status giuridico, voi che cosa
chiedete alle autorità?
D. – Chiediamo di essere riconosciuti come ente morale.
Adesso noi non siamo riconosciuti in alcun modo. Io sono sì arcivescovo, ma
sono il signor Franceschini Ruggero e basta. Noi,
come Chiesa, non siamo riconosciuti e chiediamo di esserlo, perché, abbiamo
detto, non si può dialogare con chi non esiste. Loro, le autorità, lo hanno
capito. Noi non chiediamo niente di più. Allora, potremo riparare le nostre
chiese, potremo avere piccoli seminari per costruire, come Chiesa, il nostro
futuro. Ecco, chiediamo solo questo, niente di più. Non sarà facile risolvere
questi problemi, ma con un minimo di lungimiranza sanno che, venendo in Europa,
dovranno farlo. Vogliamo essere riconosciuti come cittadini liberi di praticare
la propria religione, liberi di parlare, tranquilli e sereni come tutti gli
altri.
D. – In Turchia ci sono seminari?
R. – No, nessuno.
D. – Attualmente non si possono costruire chiese?
R. – Si dovrebbe, perchè come si possono costruire
moschee, in uno Stato laico, si dovrebbero poter costruire anche chiese. Ma qui
non si capisce come la giurisdizione si fermi. Comunque, chiese non se ne
possono costruire. D’altra parte, per quanto riguarda le tasse, le moschee ne
sono esenti, ma le nostre chiese non ne sono esenti.
D. – Come sono i rapporti con i musulmani, i rapporti di
tutti i giorni?
R. – I rapporti di tutti i giorni sono correttissimi. C’è
un’ottima convivenza. Lavoriamo insieme. Addirittura ci avevano chiesto di
andare a fare scuola di italiano nelle fabbriche, perchè molte fabbriche sono a
capitale misto italo-turco. Noi abbiamo qui i nostri
aiutanti, quattro persone, che ci aiutano nell’episcopio, e sono tutti turchi.
Sono molto bravi.
D. - La visita del Papa ad Efeso, questa città così
importante per i cristiani, che significato ha per voi?
R. – Un grande significato, nel senso che ci incoraggia.
Abbiamo delle comunità stanche. Anche dal lato economico, in fondo, siamo dei
“figli di nessuno”. Se non avessimo creato delle amicizie… Io sono un emiliano
e ho persone che a Modena, Reggio Emilia, mi sostengono tutta la diocesi,
altrimenti non ce la faremmo. Noi abbiamo bisogno anche di persone che vengano qui per due, tre mesi. Il volontariato sarà la
nostra salvezza, visto che non potranno venire persone stabilmente. Inventeremo
nuovi modi per farci aiutare.
D. – Ad Efeso, secondo un antica
tradizione, è stata assunta in cielo Maria…
R. – Certo, e noi custodiamo questa Casa di Maria nella
quale lei ha vissuto con Giovanni, sul colle che si chiama “Colle
dell’usignolo”, dove c’è il Santuario di Maria Madre, isolato in mezzo al
bosco. Ma è triste adesso, perché il bosco ha subito un incendio clamoroso alla
fine dell’estate e di un secondo ancora. Si è salvata soltanto la piccola area
del Santuario, della casa dei Frati cappuccini e delle suore.
D. – Un incendio doloso?
R. – Nessuno dice questo aggettivo... Ma
noi ci passiamo sopra, perchè abbiamo visto che le persone turche musulmane
hanno lavorato con una tenacia, con una laboriosità incredibile e hanno spento
l’incendio.
D. – I rapporti tra cattolici e ortodossi come sono?
R. – I rapporti sono molto buoni e sono buoni ancora di
più ai livelli bassi, cioè a livello di amicizia, per esempio fra coinquilini
dello stesso palazzo. Ci si invita gli uni alle feste degli altri,
tranquillamente. Si è realizzato un ecumenismo di fatto. La gente che crede, armena,
ortodossa, cattolica, supera le divisioni.
D. – Quali sono le sue speranze e quale parola attendono
dal Papa le comunità cristiane in Turchia?
R. - Crediamo che la visita del Papa riaccenda veramente
una speranza. E’ un’ottima occasione per i turchi per dichiararsi laici e veri
musulmani, perché possono essere religiosi, ma laici e
rispettosi degli altri. E’ un’occasione da non perdere, anche per noi, rinnovandoci.
**********
Anche il Patriarca ecumenico Bartolomeo I esprime “la
grande gioia” con cui si appresta ad accogliere il Papa, in un articolo
pubblicato sulla prima pagina dell’Osservatore Romano di oggi. Bartolomeo I definisce
il viaggio apostolico del Papa in Turchia un “momento storico”. Questa visita,
si legge nell’articolo, “mostra anche la nostra profonda convinzione e la
nostra disponibilità ad intensificare” il dialogo “teologico di amore, di
verità e di rispetto reciproco”. Ancora, il Patriarca ecumenico si dice
convinto che la visita di Benedetto XVI offrirà un’opportunità per “rinnovare”
l’impegno “a proseguire il cammino spirituale comune verso l’unità della
Chiesa”. Sulle aspettative per la visita di Benedetto XVI da parte del
Patriarcato Ecumenico, una delle nostre inviate, Philippa
Hitchen, ha intervistato Sua Eminenza l’arcivescovo
ortodosso Demetrios di America, coordinatore delle
comunicazioni durante il viaggio papale per contro del Patriarcato Ecumenico:
**********
R. - THE EXPECTED PRESENCE…
L’attesa per la sua presenza è molto forte a livello
internazionale. Personaggi come Papa Benedetto XVI aiutano a migliorare diverse
condizioni, innanzitutto la libertà di religione e poi la possibilità da parte
delle varie comunità religiose di svilupparsi sempre di più.
D. - Soffermiamoci sulla non
facile situazione che gli ortodossi e le altre minoranze cristiane affrontano
qui in Turchia. Può spiegarci meglio le difficoltà del rapporto con le autorità?
R. – I WOULD EMPHASIZE…
Io sottolineerei quattro aspetti. Il primo: che il
Patriarcato non ha uno status legale e questo è importante anche per le
minoranze, perché proibisce un numero di attività che di solito sono associate
ad un normale status delle comunità religiose. Secondo, c’è una reiterata
confisca della proprietà su vasta scala. Sto parlando di centinaia e centinaia
di proprietà di tutti i tipi. Terzo, un aspetto legato specificamente al
Patriarcato, ossia il rifiuto di riconoscerne il titolo di “ecumenico”, un
titolo che è stato associato ad esso per 15 secoli.
Questa è storia, non possiamo dire all’improvviso: “Non lo riconosciamo!”
L’ultima questione, molto importante, è che continuano a tenere chiusa la
scuola teologica, dal 1971. Questa scuola era l’unica istituzione che formava
il clero per le chiese. Se non si ha un’istituzione in grado di formare un
clero, allora non si ha un clero, e si conduce così la Chiesa verso
l’estinzione.
*********
Fitta anche l’agenda pomeridiana di Benedetto XVI che, a
partire dalle 16 di oggi, incontrerà, tra gli altri, il presidente per gli
Affari religiosi della Turchia, Ali Bardakoglu, e quindi
si intratterrà con il Corpo diplomatico nella Nunziatura apostolica di Ankara.
La nostra emittente trasmetterà questo incontro in radiocronaca diretta a
partire dalle 17.20, con commento in italiano per la zona di Roma, sull’onda
media di 585 kHz e sulla
modulazione di frequenza di 105 MHz.
DA
OGGI L’AGENZIA ZENIT, IN COLLABORAZIONE CON
E
ANCHE
CHE
BENEDETTO XVI PRONUNCERÀ NEL VIAGGIO APOSTOLICO IN TURCHIA
- A
cura di Tiziana Campisi -
L’agenzia di informazioni ZENIT, in collaborazione con il
programma arabo della nostra emittente e con la rivista del patriarcato di
Venezia “Oasis”, inizia da oggi la pubblicazione dei
suoi bollettini in lingua araba. In occasione del viaggio del Papa in Turchia,
l’agenzia tradurrà tutti i discorsi di Benedetto XVI in arabo e li pubblicherà
sul proprio sito Internet, www.zenit.org,
insieme alle notizie prodotte dal nostro programma arabo. A sua volta, anche
sul nostro sito www.vaticanradio.org
sarà possibile leggere in arabo i discorsi del Santo Padre. L’edizione in arabo
di ZENIT è in parte finanziata da “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. L’agenzia ha
lanciato questo servizio per rispondere alle richieste delle comunità cristiane
dei Paesi arabi che chiedono di leggere la parola del Papa e di conoscere i
grandi avvenimenti della vita della Chiesa direttamente nella propria lingua.
Attraverso un’informazione rigorosa, il progetto cerca di essere un ponte di
dialogo tra culture e religioni.
NOMINA
In Francia, il Papa ha nominato
vescovo di
IL
PAPA CELEBRERÀ SABATO POMERIGGIO, NELLA BASILICA DI SAN
PIETRO,
I
PRIMI VESPRI DELLA I DOMENICA DI AVVENTO
- A
cura di Tiziana Campisi -
Subito dopo il suo ritorno dalla Turchia, Benedetto XVI
presiederà sabato alle 17, nella Basilica Vaticana, la celebrazione dei Primi
Vespri della Prima domenica di Avvento. La nostra emittente seguirà l’evento in
diretta. Le quattro settimane dell’Avvento, scrive il maestro delle
Celebrazioni liturgiche pontificie, l’arcivescovo Piero Marini, “sono un tempo
di grazia per rivivere la lunga attesa che ha preceduto l’Incarnazione, un
periodo in cui
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il
dettagliato resoconto della visita pastorale del Papa in Turchia.
Servizio estero - NATO: si apre
a Riga un cruciale vertice sul nuovo ruolo dell'Alleanza Atlantica nel XXI
secolo.
Servizio culturale - Un
articolo dal titolo “Nel 1468 le mani abili di un orefice di Lodi portarono a
Milano la rivoluzionaria arte della stampa”: un convegno di studi e un volume
per il V centenario della morte di Filippo Cavagni,
primo tipografo meneghino.
Per l'“Osservatore libri” un
articolo di Claudio Toscani dal titolo “Il ‘salto nel sogno’ di uno scrittore dall'ampia vena narrativa”:
“Romanzi” di Mario Soldati nei “Meridiani”.
Servizio italiano - In primo
piano il tema degli incidenti sul lavoro.
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28 novembre 2006
APERTO A RIGA, IN LETTONIA, IL VERTICE DELLA
NATO INCENTRATO
SUL RUOLO DELL’ALLEANZA
- Intervista con Andrea de Guttry -
Un’Europa più forte, capace di assumere anche
un onere militare “adeguato”, è la chiave del rafforzamento della
NATO, nella cornice di un mondo in cui terrorismo internazionale, nazionalismi
aggressivi e la volontà di potenza di taluni Stati costituiscono i nuovi
pericoli per la pace. E’ quanto ha auspicato il presidente francese, Chirac, in vista del vertice della NATO,
che si apre oggi in Lettonia. L’amministrazione americana invoca una maggiore “organizzazione di sicurezza globale”.
L’Europa insiste, invece, per preservarne la natura transatlantica, sia pure
aperta a missioni “fuori area”. Ma quale sarà la posizione che prevarrà nel
prossimo futuro? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Andrea de Guttry, docente di Diritto internazionale presso
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R. – E’ difficile fare delle previsioni, anche se
probabilmente si raggiungerà un certo compromesso tra le posizioni americane e
quelle europee. Quello che è certo è che
D. – Infatti la NATO, così come
l’ONU, ha bisogno certamente di una revisione. Come dovrebbe essere la NATO del futuro per essere efficace sui vari scenari internazionali?
R. – C’è una condivisione di massima sul fatto che
D. – Il primo banco di prova è sicuramente l’Afghanistan,
dove la NATO guida una missione di 32 mila uomini: una
missione che – lo ricordiamo – quest’anno ha pagato un prezzo altissimo, con
oltre 150 morti. Quale potrebbero essere i risultati di questo summit, proprio
da questo punto di vista?
R. – E’ noto che un gruppo di Stati – e in modo
particolare gli Stati Uniti, il Canada, i Paesi Bassi e
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MILIONI
DI EURO DALL’ITALIA AL MOZAMBICO: SIGLATO UN ACCORDO BILATERALE
TRA I
DUE PAESI PER UNA NUOVA STAGIONE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
-
Interviste con Valentina Torresani e padre Riccardo Regonesi -
Il governo italiano e quello del Mozambico hanno siglato
due importanti accordi in materia di cooperazione, di decentramento
amministrativo e di dialogo politico. I fondi garantiti dall’Italia e
presentati nel corso di una visita ufficiale guidata dal viceministro
degli Esteri con delega alla cooperazione, Patrizia Sentinelli,
ammontano ad oltre 6 milioni di euro e rappresentano una prima inversione di
tendenza in termini di finanziamento allo sviluppo, dopo anni di costanti tagli. Gli aiuti premiano un Paese spesso
presentato come modello di stabilità, dopo una lunga e sanguinosa guerra civile.
Ma non mancano le ombre. Il servizio di Lucas Dùran.
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La firma degli accordi bilaterali in materia di
cooperazione rilanciano l’antica amicizia, come l’ha definita l’on. Patrizia Sentinelli, tra
Italia e Mozambico. Un percorso che ha avuto il suo culmine a livello politico
con gli accordi di pace siglati a Roma nel 1992, patrocinati dalla Comunità di
Sant’Egidio. Quattordici anni dopo quella storica
firma, il quadro economico del Mozambico è contraddittorio. Grazie anche alla
stabilità politica conseguita, il prodotto interno lordo del Paese africano è
cresciuto negli ultimi dieci anni con una media del 7%. Eppure, il Mozambico
resta uno degli Stati fra i più poveri al mondo. Più di un terzo della
popolazione urbana e i due terzi di quella rurale vivono in condizioni di
povertà assoluta. La dimostrazione la si ha recandosi
nei sobborghi della capitale Maputo. Qui, sorgono
spesso discariche di ogni sorta. Nel quartiere di Hulene
ce n’è una legale, l’unica ad essere organizzata per ricevere rifiuti solidi
urbani. E qui opera l’Associazione di cooperazione e volontariato
internazionale con il progetto “Recicla” finanziato
per larga parte dalla Caritas italiana. Valentina Torresani
è la coordinatrice di Recicla:
“Ci sono circa 800 persone del quartiere che gravitano
intorno a questa discarica. E’ un quartiere periferico rispetto al centro di Maputo, a quella che si chiama “città di cemento”, ed è un
quartiere sicuramente tra i più poveri della città: mancano servizi di base,
come quelli sanitari, non c’è nessun posto di salute al suo interno, anche il
sistema scolastico è carente, ma questo è chiaro in tutta la città e
soprattutto in periferia. E’ appunto anche un quartiere che ha notevoli
problemi ambientali, proprio per la presenza della discarica, per cui rifiuti per autocombustione liberano fumi comunque
dannosi per la salute o per il colato di questi rifiuti che si infiltra nella
falda sotterranea e quindi inquina tutta la falda. Essendoci ancora numerosi
pozzi all’interno del quartiere, sappiamo bene cosa significa”.
Resta il fatto che in una città come Maputo
i poveri cha vagano alla ricerca di soldi e cibo sono tantissimi. Ad
accoglierli, in prima linea, sono i missionari. Padre Riccardo Regonesi, Dehoniano originario di
Bergamo, si confronta ogni giorno con il dilemma tra carità e scarse risorse.
“Io dico sempre a tutti che soldi, soldi no, a nessuno o a
pochi. Sentendo un po’ ciascuno e il suo problema cerchi di capire se sia vero
o no, se ha bisogno o non ha bisogno: però per tutti quelli che passano in casa
c’è sempre un po’ da mangiare”.
Eppure, nonostante i tanti problemi, la diffusione
crescente dell’AIDS, la criminalità urbana in ascesa verticale, il Mozambico
resta una speranza nel quadro conflittuale del continente africano. E il
rinnovato interesse dell’Italia per questo Paese è una dimostrazione di fiducia
non indifferente.
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28 novembre 2006
LA
CONFERENZA EPISCOPALE DI INGHILTERRA E GALLES HA CHIESTO
AL
GOVERNO BRITANNICO DI SMANTELLARE IL PROPRIO ARSENALE NUCLEARE
LONDRA. = Smantellare l’arsenale nucleare: è quanto ha
chiesto la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles al governo britannico.
Sette mesi dopo l’analoga richiesta fatta dai presuli scozzesi, anche i vescovi
inglesi e gallesi hanno emesso un comunicato in cui citano l’appello del Papa
per la Giornata della pace 2006 e avvertono dei
pericoli del nucleare nel mondo. La presa di posizione – riferisce l’agenzia SIR
– si inserisce nel dibattito pubblico sull’argomento avviato lo scorso giugno
dal premier, Tony Blair. “Il Papa – affermano i
vescovi – ha spiegato che le armi nucleari non garantiscono la sicurezza di chi
le possiede o la pace del mondo. Il Regno Unito – aggiungono – si trova a un
punto di non ritorno. La sua capacità nucleare non è sostenibile oltre il 2020
senza notevoli investimenti”. Per questo, “le decisioni iniziali vanno prese da
questo Parlamento che potrebbe arrivare al 2010”. Secondo i presuli, il Regno
Unito ha “un’opportunità unica di dimostrare alla comunità internazionale che
sicurezza e legittima autodifesa sono possibili anche senza la minaccia irragionevole
del nucleare e di dare nuovo slancio al processo più ampio di
completo disarmo nucleare”. Da parte sua, il vescovo di Portsmouth, mons. Roger Francis Crispian
Hollis, presidente del dipartimento per gli Affari Internazionali,
ha affermato che “i pericoli del nucleare sono aumentati per la mancanza di
stabilità nelle relazioni internazionali”. “La guerra fredda – ha spiegato –
era abbastanza ben controllata, ma ora l’elemento di controllo non esiste più”.
(R.M.)
NELLO SRI LANKA, LA CHIESA DI JAFFNA
RITIENE “SINCERA” LA PROPOSTA
DEL PRESIDENTE, RAJAPAKSE, DI RIAPRIRE LA
A9 PER GLI AIUTI AI TAMIL.
IL LEADER DEI RIBELLI ACCUSA INVECE
COLOMBO DI MASCHERARE DIETRO IL PROCESSO DI PACE LA VOLONTÀ DI ANNIENTARE LA
MINORANZA ETNICA
COLOMBO. = La
Chiesa di Jaffna, penisola settentrionale dello Sri Lanka, apprezza l’iniziativa del presidente, Mahinda Rajapakse, di inviare
aiuti di prima necessità alla popolazione locale tramite l’autostrada A9,
chiusa da agosto in seguito all’escalation di violenza tra esercito e
separatisti Tamil. In una lettera inviata al capo di
Stato, mons. Thomas Savundaranayagam,
vescovo di Jaffna, ha ringraziato il governo per la
decisione di riprendere, in via temporanea, gli aiuti alla penisola tagliata fuori da ogni comunicazione. La popolazione è sull’orlo
della crisi umanitaria: mancano cibo, medicinali e
carburante. Gli unici rifornimenti arrivano via mare, ma le attuali condizioni
meteorologiche rendono più lenta e costosa la consegna e la distribuzione. Il
presule è convinto che “la proposta di Colombo non sia mera propaganda per
soddisfare i grandi donatori, ma un gesto umile e di buona volontà per
costruire fiducia tra autorità e popolo tamil”.
“Ritengo sincero – ha aggiunto – il desiderio del governo dello Sri Lanka di soddisfare i bisogni della popolazione”. Non è
dello stesso parere Velupillai Prabhakaran,
leader delle Tigri Tamil, che ha accusato il governo
centrale di nascondere dietro i negoziati la volontà di annientare la minoranza
etnica. Nel suo discorso annuale ha dichiarato che ai ribelli “non resta altra
scelta che l’indipendenza”. Secondo analisti locali,
le sue parole sono il colpo di grazia al processo di pace con Colombo. (R.M.)
ASSEGNATO
AL CARDINALE PÉTER ERDŐ, ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM-BUDAPEST,
IL
PREMIO “PER GLI EBREI IN UNGHERIA”
BUDAPEST. = “Per il rafforzamento del dialogo tra la
Chiesa cattolica e la comunità ebraica, e per la conservazione della memoria
degli ebrei uccisi durante l’Olocausto e di coloro che li salvarono”: con
questa motivazione, il premio “Per gli ebrei in Ungheria” è stato assegnato
quest’anno al il cardinale Péter
Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest
e presidente della Conferenza episcopale ungherese. E’ la prima volta che tale
riconoscimento va a un esponente della comunità cattolica. “E’ un fatto senza
precedenti – ha affermato Péter Feldmájer,
presidente della Federazione delle Comunità Ebraiche in Ungheria (MAZSIHISZ) –
ma credo che ogni strada positiva debba essere iniziata”. Da parte sua, il cardinale
Erdő ha ricordato che il premio “è andato a
tutta la Chiesa, attraverso la sua persona”. “Il ritorno al passato e la
ricerca comune della verità – ha affermato – possono avere un influsso benefico
e curativo sulla società”. (R.M.)
SONO 38 MILIONI I BAMBINI ANALFABETI NELL’AFRICA SUB-SAHARIANA, OLTRE LA
METÀ DEI QUALI DI SESSO FEMMINILE: E’ LA DENUNCIA DEL V RAPPORTO UNESCO SULLA
SCOLARIZZAZIONE
INFANTILE, PRESENTATO IN QUESTI GIORNI A DAKAR, IN SENEGAL
DAKAR. = Nell’Africa sub-sahariana
sono circa 38 milioni i bambini totalmente analfabeti, oltre la metà dei quali
di sesso femminile; l’80 per cento in zone rurali. E’ quanto emerge dal V Rapporto
annuale dell’UNESCO sulla scolarizzazione infantile, presentato in questi
giorni a Dakar, capitale del Senegal, nel corso di un Vertice che riunisce,
fino a giovedì, i rappresentanti dei ministeri africani responsabili della
prima infanzia, di organizzazioni internazionali come l’UNICEF e la Banca
Mondiale e di alcune ONG. Come riferisce l’agenzia MISNA, durante l’incontro è
stata sottolineata la necessità di seguire i bambini fin dai primi anni di vita,
dando spazio a progetti dedicati alla cura e all’istruzione della prima infanzia.
Resta altrettanto importante il ruolo delle istituzioni africane, che dovrebbero
impegnarsi ad assumere 1,6 milioni di insegnanti opportunamente formati. Oltre
alla presentazione del Rapporto, si analizzano alcuni studi di casi - in particolare,
Mauritius, Ghana, Senegal, Malawi, Sudafrica, Mauritania e Kenya - e si discute
delle politiche da attuare nei prossimi anni per accelerare il processo di alfabetizzazione. I Paesi oggetto
del Rapporto sono stati ordinati in base ad un indice di sviluppo basato su
diversi parametri: le prime tre posizioni sono occupate da Regno Unito,
Slovenia e Finlandia; le ultime da Burkina Faso, Niger e Ciad. (R.M.)
NEL CORNO D’AFRICA, UN MILIONE E 800 MILA PERSONE COLPITE DALLE PEGGIORI
INONDAZIONI
DEGLI ULTIMI 50 ANNI
NAIROBI/MOGADISCIO/ADDIS ABEBA. = Oltre
un milione e 800 mila persone sono state colpite nel
Corno d’Africa dalle peggiori inondazioni degli ultimi 50 anni, seguite a settimane
di piogge torrenziali: intere regioni centrali e meridionali somale sono
sommerse, i fiumi Juba e Tana hanno inondato una
vasta regione del nordest del Kenya e in Etiopia è stata invasa dalle acque la regione
somala. Come riferisce l’agenzia MISNA, ieri in Somalia, nella quarta settimana
di forti piogge, sette persone sono morte – tra cui cinque bambini – portando
ad almeno 96 morti il bilancio degli straripamenti dei fiumi Shabelle e Juba. Buona
parte delle vittime sarebbe stata uccisa dai coccodrilli, trasportati dall’acqua
per le vie dei centri abitati. Secondo l’ONU, le alluvioni hanno colpito circa un milione di
persone nella nazione somala, costringendone almeno 336 mila ad abbandonare le
proprie abitazioni. In Kenya, invece, le piogge torrenziali hanno causato almeno
80 morti e 200 mila sfollati, mentre sono complessivamente 300 mila le persone
ad aver bisogno di aiuti umanitari. In entrambe le nazioni sono andati distrutti
raccolti, strade, villaggi e si teme il diffondersi di malattie diffuse
dall’acqua: in Somalia si sono già riscontrati casi di colera in due zone,
mentre in Kenya almeno 60 bambini sono stati ricoverati per dissenteria o
malaria. (R.M.)
PER SALVARE DAL DEGRADO I SUOI TESORI, L’EGITTO SI
APPRESTA A CHIUDERE
LE
TOMBE DELLA VALLE DEI RE DI TEBE A LUXOR: LO HA RESO NOTO, IERI AL CAIRO,
IL SEGRETARIO
GENERALE DEL CONSIGLIO SUPREMO PER LE ANTICHITÀ DEL PAESE
IL CAIRO. = Le autorità egiziane
si apprestano a chiudere le tombe della Valle dei Re di Tebe
a Luxor, quella di Tutankhamon in testa, per salvarle
dal degrado, conseguenza dell’assalto del turismo di massa. Lo ha annunciato
ieri al Cairo Zahi Hawass,
responsabile del patrimonio archeologico egiziano, come segretario generale del
Consiglio Supremo per le Antichità. “Le centinaia di visitatori giornalieri –
ha spiegato Hawass - con il fiato e il sudore, per
non parlare di chi tocca tutto con le mani o usa il flash sfuggendo alla sorveglianza,
stanno facendo sparire le pitture, la cui brillantezza e definizione cambia
quasi a vista d'occhio”. La soluzione, secondo l’archeologo (ma non si conosce
ancora il parere del ministro del Turismo) è puntare ad avere in Egitto la metà
dei visitatori, dagli attuali 8-10 milioni l’anno a 4-5 milioni “disposti a
pagare per quel che vogliono vedere”. Comunque, per le masse di turisti, Hawass ha spiegato che si sta lavorando alla creazione, per
esempio, di una tomba di Tutankhamon in tutto simile
e vicina all’originale, con la pittura a grandezza naturale grazie a un sistema
di fotoriproduzione laser. (R.M.)
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28 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -
La tregua concordata nei giorni scorsi dal
premier israeliano, Ehud Olmert,
e dal presidente palestinese Abu Mazen
riguarda per ora solo la zona di Gaza e non
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Peretz ha anche avvertito
che se la tregua non verrà rispettata, Israele risponderà
duramente. Il ministro della Difesa israeliano ha sottolineato, poi, l’impegno
israeliano per promuovere la pace. “Vogliamo dare una chance alla riconciliazione”, ha detto Peretz
durante una visita ad una sezione della controversa barriera di difesa presso
Gerusalemme. Ma ci sono – ha aggiunto - fazioni estremiste interessate a
trascinare la regione verso una escalation delle violenze. Le parole di Peretz
giungono dopo che 13 missili Qassam sono stati
sparati dalla Striscia di Gaza contro Israele fra domenica e lunedì, malgrado il cessate il fuoco entrato in vigore all’alba di
domenica. Oggi non è stato sparato, finora, alcun razzo. Ma il Ministero della difesa
israeliano ha comunque cambiato le regole di ingaggio per i soldati lungo il
confine con Gaza. Ai militari viene ora permesso di
sparare nel caso identifichino militanti palestinesi pronti a lanciare missili.
In Cisgiordania, intanto, l’esercito israeliano ha arrestato 13 militanti
palestinesi. Sul versante politico, si deve registrare la visita del presidente palestinese Abu Mazen in Giordania per
incontrare re Abdallah e discutere della situazione
nell’area. Giovedì prossimo è previsto, poi, l’incontro a Gerico del presidente
palestinese, Abu Mazen, con
il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice.
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Il premier iracheno, Nuri Al Maliki, ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’ONU di prorogare
di un anno il mandato della Forza multinazionale di 160 mila uomini in Iraq. Maliki ricorda che la prima priorità del suo governo è di
assumere appena possibile il controllo della sicurezza per garantire la
stabilità nel Paese, ma che occorre più tempo. A Kirkuk,
intanto, una persona è morta per un attentato contro il convoglio di mezzi che
scortava il governatore della provincia, sfuggito all’agguato.
È di un morto il bilancio provvisorio di un attentato
kamikaze contro un mezzo della polizia avvenuto questa mattina in Afghanistan,
nella provincia occidentale di Herat. Si tratta del
quarto attacco negli ultimi quattro giorni. Intanto, in occasione del vertice
NATO che si apre a Riga, l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch ha inviato al segretario generale dell’Alleanza
Atlantica una lettera in cui sostiene che i Servizi segreti afgani avrebbero
praticato sevizie e torture nei confronti di alcuni detenuti.
Il presidente dello Sri Lanka,
Mahinda Rajapakse, ha
nuovamente invitato i ribelli delle Tigri Tamil a
riprendere i negoziati. Il leader delle Tigri ha dichiarato, intanto, che non
ci sono altre soluzioni al di fuori dell’indipendenza. Il capo dei ribelli ha
anche accusato il governo di Colombo di nascondere dietro i propositi per le
trattative di pace, la volontà di discriminare la minoranza tamil,
circa 2,5 milioni di persone.
In Thailandia, sarà presentata
domani al governo la proposta per l’abolizione della legge marziale in 40 delle
76 province del Paese. Lo hanno reso noto fonti delle Forze
armate thailandesi senza precisare in quali regioni
resterà in vigore la legge marziale. La giunta militare ha più volte denunciato
la presenza di “correnti sotterranee” nel nord, dove è più forte il sostegno
verso l’ex premier Thaksin Shinawatra,
deposto con il colpo di Stato incruento dello scorso 19 settembre. Attacchi
sferrati da gruppi separatisti hanno causato nel sud della Thailandia,
a partire dal gennaio del 2004, più di 1600 morti. Nelle regioni meridionali,
la popolazione è di origine malese e maggioranza musulmana. Nel resto del
Paese, invece, gli abitanti sono prevalentemente buddhisti.
Il conflitto nella martoriata regione sudanese del Darfur ha provocato, a partire dal 2003, la morte di circa
9 mila persone e non ha causato oltre 200 mila vittime come indicato dall’ONU.
Lo sostiene il presidente del Sudan, Omar el Bashir, aggiungendo che tutte le statistiche riferite al Darfur “sono false”. Il tasso di mortalità infantile in
questa regione non supera quello di Khartoum”,
afferma poi il presidente sudanese, che accusa i mezzi di informazione
occidentali di gonfiare le cifre per giustificare un intervento nel Paese.
Le autorità della Repubblica Centrafricana
hanno reso noto che l’esercito ha ripreso, ieri, il controllo della città
settentrionale di Birao, a circa
Le autorità del Rwanda hanno lanciato un ultimatum alle
radio, alle agenzie e alle scuole francesi che operano nel Paese africano,
dando tempo fino a lunedì prossimo per cessare le loro attività. Radio France International ha già interrotto le trasmissioni e numerosi
istituti francesi sono stati chiusi. Il Rwanda ha deciso, nei giorni scorsi, di
rompere ogni relazione diplomatica con
Aumenta la tensione in Somalia. Nel corso di una
manifestazione, cui hanno partecipato a Mogadiscio decine di migliaia di
persone, il capo del Consiglio esecutivo delle Corti islamiche, Sheik Sharif Sheik
Ahmed, ha accusato l’Etiopia di aver bombardato la
città di Bandiradley, nel centro del Paese, conquistata
dalle corti all’inizio di novembre. Si acuisce così la crisi tra movimento islamico
e governo transitorio somalo, appoggiato dall’Etiopia. Le proteste giungono
alla vigilia di una seduta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in
cui si valuterà la possibilità inviare una missione in Somalia. Se effettivamente
l’ONU inviasse forze, ha aggiunto il leader islamico,
“le nostre porte per la jihad
sarebbero aperte ai musulmani di tutto il mondo”.
Stato di allerta in Kenya, dove crescono i timori per
possibili attentati. L’allarme è contenuto, secondo fonti
di stampa, in una nota riservata del Ministero degli esteri italiano. A quattro
anni dall’attentato che, nel novembre
La Corte suprema della Repubblica Democratica del Congo ha ufficialmente reso noto, ieri sera, i risultati
definitivi delle elezioni presidenziali dello scorso 29 ottobre: Joseph Kabila è stato proclamato presidente con poco più
del 58 per cento dei voti. È stato anche respinto il ricorso dell’altro
candidato, Jean-Pierre Bemba. Kabila, che è al secondo mandato e presterà giuramento il prossimo 6
dicembre, ha 35 anni ed è il più giovane capo di Stato in Africa. Sul terreno,
intanto, elicotteri della missione ONU nello Stato africano sono intervenuti,
ieri, per bloccare l’avanzata di militari ribelli verso la città di Goma, nell’est del Paese. L’operazione non ha
fortunatamente causato vittime.
In Ecuador, sembra ormai scontata la vittoria
del candidato socialdemocratico, Rafael Correa, al ballottaggio per le
presidenziali di domenica scorsa: dopo l’ultimo bollettino ufficiale relativo
all’85 per cento dei voti scrutinati, Correa è infatti
saldamente in testa con oltre il 58 per cento dei voti. Il suo rivale,
l’imprenditore di destra Alvaro Noboa,
ha ottenuto, finora, poco più del 41 per cento dei consensi.
A Cuba si aprono oggi i festeggiamenti per gli
80 anni di Fidel Castro che il leader cubano ha
compiuto lo scorso 13 agosto. Per il prossimo 2 dicembre, è stata anche organizzata
dal governo una parata, alla quale è prevista la partecipazione di oltre 300
mila persone, per celebrare il 50.mo anniversario
della rivoluzione. Fidel Castro ha delegato il potere,
dopo 47 anni, al fratello Raul in seguito ad un intervento chirurgico per
un’emorragia intestinale.
In Cile, la magistratura ha nuovamente
ordinato gli arresti domiciliari per l’ex dittatore Augusto Pinochet,
nell’ambito delle indagini riguardanti gli omicidi di due guardie del corpo del
presidente Salvador Allende, ucciso durante il colpo
di Stato del 1973. Pinochet, che sabato ha compiuto
91 anni, era stato già posto nei giorni scorsi agli arresti domiciliari in
seguito ad un'altra inchiesta, quella per le torture commesse nel famigerato
centro di detenzione “Villa Grimaldi”. A Santiago,
intanto, il presidente del Cile, Micelle Bachelet, e
il capo di Stato della Colombia, Alvaro Uribe, hanno
firmato il trattato di libero commercio. “Il Cile è un esempio di pragmatismo”
per i suoi sforzi di integrazione nell’economia internazionale, ha detto Uribe, sottolineando che “occorre concentrarsi più sui
risultati che sui dibattiti ideologici”.
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