RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 330 - Testo della trasmissione di domenica 26 novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’angelus, Benedetto XVI esprime la propria stima e amicizia per il popolo turco, a due giorni dal suo viaggio apostolico nel Paese. Confermata dalla Sala stampa vaticana, la visita del Papa alla Moschea Blu di Istanbul. Sull’attesa dei cattolici in Turchia il pensiero di mons. Luigi Padovese

 

La riflessione spirituale dell’Angelus dedicata da Benedetto XVI alla solennita’ di Cristo Re, che chiude l’anno liturgico. Appello del Papa per i malati di AIDS, perché non vengano discriminati. Sulla ricorrenza liturgica,il commento dell’arcivescovo, Malcom Ranjit

 

Conclusa ieri in Vaticano, la Conferenza internazionale sulle malattie infettive: Con noi, mons. José Luis Redrado

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si conclude oggi a Parigi l’81.ma Settimana sociale dei cattolici francesi: intervista con il professor Franco Garelli

 

Oggi, in Vaticano, l’anteprima mondiale del film “Nativity”. Ai nostri microfoni, l’emozione della regista Catherine Hardwicke   

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si celebra oggi la Giornata nazionale italiana per il sostentamento del clero

 

Il 30 novembre, 500 città del mondo si mobiliteranno per la Giornata internazionale contro la pena di morte

 

Lanciata oggi, in Inghilterra e Galles, da organizzazioni cattoliche, una campagna per convincere i cittadini a “vivere con maggiore semplicità”

 

In programma dal 7 al 9 dicembre, a Bari, la Conferenza organizzativa delle ACLI

 

Un rapporto del CESNUR rivela che sono più di 600 le religioni praticate in Italia

 

24 ORE NEL MONDO:

In Afghanistan, almeno 57 morti in una drammatica serie di  scontri e attentati

 

E’ in vigore, nella Striscia di Gaza, la tregua voluta dal presidente palestinese e dal premier israeliano

 

Circa 9 milioni di elettori chiamati al voto, in Ecuador, per scegliere il nuovo presidente

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 novembre 2006

 

 

ALL’ANGELUS, BENEDETTO XVI ESPRIME LA PROPRIA STIMA E AMICIZIA PER IL POPOLO TURCO,A DUE GIORNI DAL SUO VIAGGIO APOSTOLICO NEL PAESE. LA RIFLESSIONE

SPIRITUALE DEDICATA ALLA SOLENNITA’ DI CRISTO RE,

 CHE CHIUDE L’ANNO LITURGICO

- Intervista con l’arcivescovo Malcom Ranjit -

 

         Un saluto “cordiale al popolo turco”, accompagnato da sentimenti di “stima e sincera amicizia”. All’Angelus di questa mattina, in Piazza San Pietro, il pensiero di Benedetto XVI è andato all’imminente viaggio apostolico in Turchia, che inizierà martedì prossimo. Un viaggio che il Papa ha posto sotto la protezione dei suoi predecessori, nel giorno in cui la liturgia - con l’ultima solennità di Cristo Re dell’Universo - riflette sull’avvento di Gesù alla fine dei tempi, mentre si prepara a celebrarne il primo: il Natale. La via per giungere al Regno di Dio, ha detto il Papa, si fonda sulla libertà dell’uomo di accogliere la verità e l’amore di Cristo “senza scorciatoie”. La cronaca dell’Angelus nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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         Tra poco meno di 48 ore, alle 13 ora locale di martedì 28 novembre, l’aereo papale atterrerà, secondo programma, all’aeroporto di Ankara ma, come di consueto in queste circostanze, Benedetto XVI ha chiamato a raccolta la Chiesa per chiedere preghiere e vicinanza spirituale in vista di questa importante tappa del suo Pontificato: tappa ecclesiale, ecumenica e interreligiosa:

 

“Fin d’ora desidero inviare un saluto cordiale al caro Popolo turco, ricco di storia e di cultura; a tale Popolo e ai suoi rappresentanti esprimo sentimenti di stima e di sincera amicizia. Con viva emozione attendo di incontrare la piccola Comunità cattolica, che mi è sempre presente nel cuore, e di unirmi fraternamente alla Chiesa Ortodossa, in occasione della festa dell’apostolo sant’Andrea. Con fiducia mi pongo sulle orme dei miei venerati predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II; ed invoco la celeste protezione del beato Giovanni XXIII, che fu per dieci anni Delegato Apostolico in Turchia e nutrì per quella Nazione affetto e stima. A tutti voi domando di accompagnarmi con la preghiera, perché questo pellegrinaggio possa portare tutti i frutti che Dio desidera”.

 

         In precedenza, prima della recita dell’Angelus, Benedetto XVI si era soffermato sul significato dell’ultima domenica prima dell’Avvento. E lì, nel “drammatico interrogatorio” davanti a Pilato – ha ricordato il Papa – che Gesù rivela la natura della sua regalità. Un Re che intende sì liberare gli uomini dalla schiavitù, ma quella del peccato e “riconciliarli con Dio”. Di fronte a Pilato, Cristo afferma di essere venuto nel mondo “per rendere testimonianza alla verità”. Ma quale verità, si è domandato Benedetto XVI:

 

“L’intera sua esistenza rivela che Dio è amore: è questa dunque la verità a cui Egli ha reso piena testimonianza con il sacrificio della sua stessa vita sul Calvario. La Croce è il “trono” dal quale ha manifestato la sublime regalità di Dio Amore: offrendosi in espiazione del peccato del mondo, Egli ha sconfitto il dominio del “principe di questo mondo” e ha instaurato definitivamente il Regno di Dio”.

 

         Se l’esistenza di Gesù è amore, la strada che il cristiano è chiamato a percorrere non può che essere la stessa. Benedetto XVI lo ha ribadito con chiarezza:

 

“La via per giungere a questa meta è lunga e non ammette scorciatoie: occorre infatti che ogni persona liberamente accolga la verità dell’amore di Dio. Egli è Amore e Verità, e sia l’amore che la verità non si impongono mai: bussano alla porta del cuore e della mente e, dove possono entrare, apportano pace e gioia. Questo è il modo di regnare di Dio; questo il suo progetto di salvezza, un “mistero” nel senso biblico del termine, cioè un disegno che si rivela a poco a poco nella storia”.

 

         Dopo i saluti in cinque lingue, Benedetto XVI si è soffermato su due appuntamenti molti sentiti per la loro finalità: la Giornata italiana per la ricerca sul cancro e più ancora la Giornata mondiale contro l’AIDS del primo dicembre prossimo:

 

“Auspico vivamente che tale circostanza favorisca un’accresciuta responsabilità nella cura della malattia, insieme all’impegno di evitare ogni discriminazione nei confronti di quanti ne sono colpiti. Mentre invoco sui malati e sulle loro famiglie il conforto del Signore, incoraggio le molteplici iniziative che la Chiesa sostiene in tale campo”.

 

E un apprezzamento particolare, il Papa lo ha manifestato ai musicisti e cantori che partecipano al XXVIII Congresso Nazionale di Musica Sacra, promosso dall’Associazione Italiana Santa Cecilia. “Cari amici – ha detto - sono lieto che abbiate commemorato, a 50 anni dalla morte, il grande Maestro Lorenzo Perosi, che è stato direttore della Cappella Sistina e ha lasciato opere musicali di altissima ispirazione religiosa. Vi auguro di essere autentici evangelizzatori con l’espressione della bellezza e dell’armonia della vostra arte musicale”.

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Un percorso di amore e di verità: è questa la direttrice tracciata da Benedetto XVI nello spiegare il significato profondo della solennità odierna di Cristo Re dell’Universo. Un festività sulla quale Giovanni Peduto ha chiesto un pensiero all’arcivescovo Malcom Ranjit, segretario della Congregazione  per i il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti:

 

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R. - La regalità di Cristo da un lato è veramente regalità universale, perché egli è il Figlio di Dio e ci ha parlato della sua regalità diverse volte, come nel Vangelo di San Giovanni, durante il suo processo davanti a Pilato quando questi gli ha posto la domanda se veramente era un re, e Gesù ha risposto di essere re: ma questo aspetto della sua regalità proclamata, annunciata da lui, è la regalità del servizio: egli si è posto come veicolo della pace, per portare una nuova cultura spirituale e religiosa nella vita dell’umanità e questo è il vero significato della regalità di Cristo.

 

D. - Con la festa di Cristo Re termina l’anno liturgico e entriamo nell’Avvento. Esattamente cosa significa entrare in Avvento?

 

R. - Nell’Avvento, noi ricordiamo le due venute di Gesù: la prima volta, la venuta in Betlemme, quando ha preso la natura umana, è diventato uno di noi, per iniziare il processo salvifico attraverso la sua vita, morte e resurrezione. Nel secondo momento, ci ricordiamo della sua venuta finale e la promessa che quando ritornerà sarà vinto definitivamente il male ed egli regnerà su tutto il Creato.

 

D. – Eccellenza, quali consigli darebbe ai nostri ascoltatori per vivere proficuamente questo tempo di Avvento?

 

R. – Quello di concentrare veramente la nostra vita su Cristo e cercare di unirci spiritualmente con lui nella sua regalità: l’impegno a vincere l’egoismo e il peccato che ci divide e che ci rende schiavi e cercare la vera libertà e anche creare una cultura nuova, di pace, di servizio. Una cultura aperta verso gli altri, soprattutto verso i poveri.

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CONFERMATA LA VISITA DI BENEDETTO XVI ALLA MOSCHEA BLU DI ISTANBUL,

 DURANTE IL SUO PROSSIMO VIAGGIO APOSTOLICO IN TURCHIA. GRANDE L’ATTESA

DELLA PICCOLA COMUNITA’ CATTOLICA, ALLA VIGILIA DELL’ARRIVO DEL PAPA.

LA TESTIMONIANZA DEL VICARIO APOSTOLICO DELL’ANATOLIA,

MONS. LUIGI PADOVESE

- Intervista con il presule -

 

In Turchia, dunque, fervono gli ultimi preparativi in vista dell’ormai prossima visita di Benedetto XVI. Il Papa partirà per Ankara martedì mattina. Durante i quattro giorni del viaggio, oltre alle autorità istituzionali turche, incontrerà la piccola comunità cattolica, il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e il Patriarca armeno apostolico Mesrob II, oltre al metropolita siro-ortodosso e al Gran Rabbino di Turchia. Il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha confermato stamani che la ventilata visita di Benedetto XVI alla Moschea Blu di Istanbul è stata ufficialmente inserita nel programma del viaggio apostolico, subito dopo la visita al Museo di Santa Sofia. Una sosta che conferisce ulteriore rilievo al primo viaggio internazionale di Benedetto XVI in un Paese per il 99 per cento a maggioranza musulmana.

 

La prossima visita del Papa in Turchia cancellerà i malintesi tra il mondo islamico e quello cristiano”, ha dichiarato intanto stamani il ministro degli Esteri turco, Abdullah.  Tuttavia, sempre da stamattina, nel quartiere Caglayan di Istanbul, alcune migliaia di persone hanno indetto una protesta contro la visita del Pontefice, organizzata dal Partito Saadet. Attesa e clima di festa si respirano invece all’interno della minoranza cristiana, che lo stesso Benedetto XVI ha detto stamani di voler incontrare con “viva emozione”.  Sui sentimenti della vigilia dei cattolici turchi, Sergio Centofanti ha parlato con mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia:

 

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R. – Da parte dei cristiani, è un’attesa molto sentita, partecipata. Siamo felicissimi che venga a trovarci!

 

D. – Quali sono le speranze della comunità cattolica in Turchia?

 

R. – Che si arrivi ad una pacificazione degli animi. Questa situazione un pochino difficile, secondo me, è da ricondurre a gruppi non soltanto – diciamo – di estrazione islamica radicale, se si vuole, ma anche a gruppi nazionalisti, perché è un fatto che non sono stati presi di mira i sacerdoti ortodossi ma soprattutto i sacerdoti cattolici stranieri che risiedono in questa terra.

 

D. – Come sono i laici cattolici in Turchia?

 

R. – Estremamente variegati perché se c’è in alcuni un impegno forte, una coerenza cristiana che non si nasconde ma si professa apertamente c’è anche, invece, chi per ragioni di sopravvivenza, preferisce non parlare della propria fede e non dare troppo nell’occhio. Anche questi sono cristiani presenti in Turchia, cristiani che almeno ancora si dicono  tali; altri, nei decenni passati, hanno preferito percorrere un’altra strada, di una totale omologazione con il mondo musulmano, rinunciando anche alla propria identità religiosa.

 

D. – Quali sono le principali difficoltà che vengono dal fatto di non avere un riconoscimento giuridico?

 

R. – Sono parecchie. Io ne cito una. La mia difficoltà, ancora, attuale, ad avere un permesso di soggiorno. Io ho fatto richiesta tre mesi fa di avere rinnovato il mio permesso di soggiorno che mi era stato dato per un anno; dopo tre mesi io sto ancora aspettando che mi arrivi il permesso di soggiorno. Io sono tornato dall’Italia con il visto turistico, e questo mi rammarica profondamente, perché non sono qui come uno straniero che vuole fare lo straniero, ma sono uno che fa la scelta di servire il popolo turco al quale appartengono dei cristiani. Questo è un aspetto. Gli altri aspetti riguardano un po’ la gestione dei nostri beni, dei contenziosi che esistono ancora in rapporto a proprietà … ma, ripeto, su queste cose si potrebbe anche andare oltre, perché in fondo il nostro interesse non è quello di riacquisire dei beni dei quali siamo stati espropriati, quanto piuttosto di arrivare ad una buona sintonia, ad un buon rapporto di collaborazione. E poi, la difficoltà di non potere formare dei nostri giovani, perché se si intraprende l’iniziativa di metterli insieme e di tenerli insieme, questo già è visto come unattentato’ – diciamo così – al bene pubblico e alla sicurezza del Paese.

 

D. – Vi sentite un po’ come i cristiani ai tempi di San Paolo?

 

R. – No, perché non ci sentiamo degli eroi. Ci sentiamo persone che devono lottare ogni giorno con tante difficoltà e chiediamo che anche dall’Europa arrivi un pochino di preghiera per rafforzarci in questa situazione che a volte diventa un po’ pesante.

 

D. – Quale brano del Vangelo sta vivendo la piccola comunità cattolica in Turchia?

 

R. – Preferirei al momento presente riferirmi alla prima lettera di Pietro: “Siate sempre pronti a rendere testimonianza della speranza che è in voi”. Qui, di speranza c’è molto bisogno.

 

D. – E quale parola attendete dal Papa?

 

R. – Una parola che ci confermi nella nostra identità, nella gioia di sentirci cristiani, che non è un peso ma è un privilegio, e al tempo stesso nell’impegno di testimoniare questa speranza che è il sangue della fede e che ci permette di andare al di là delle difficoltà che si incontrano ogni giorno.

 

D. – Cosa chiedete alla Chiesa universale? Quale aiuto?

 

R. – C’è l’aiuto della comunione dei Santi, che è la preghiera. E l’altro aiuto è rendersi conto che ci siamo anche noi, cioè che esiste una piccola comunità cristiana che, tra l’altro, è erede delle prime comunità cristiane …

 

D. – C’è bisogno anche di aiuto materiale, economico?

 

R. – Siamo Chiese “senza fondo”, nel senso che quando arrivano dei soldi, finiscono subito; Chiese che hanno bisogno veramente di essere un po’ sostenute anche economicamente, e questo spiega il mio continuo viaggiare da qui all’Italia, alla Germania, alla Turchia, avanti, indietro, sempre in una ricerca di sostegni economici che ci permettano di andare avanti.

 

D. – Non è facile essere cristiani di frontiera?

 

R. – Siamo cristiani con tutte le difficoltà che si possono provare, diciamo, anche in Europa, con qualche cosa in più: che non ci troviamo in un ambiente cristiano, ma siamo una minoranza all’interno di un mondo musulmano: ed essere minoranza in un mondo musulmano non è la stessa cosa che essere minoranza in Europa.

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SOLLECITARE CON FORZA GLI STATI RICCHI NELL’ACCESSO ALLE CURE IDONEE

PER I MALATI IN POVERTA’, SPECIALMENTE QUELLI COLPITI DA VIRUS COME AIDS O TBC:IL CONCETTO RIBADITO CON URGENZA DURANTE LA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLE MALATTIE INFETTIVE, TERMINATA IERI IN VATICANO

- Intervista con mons. José L. Redrado -

 

         Si è conclusa ieri l’importante Conferenza internazionale sul tema delle malattie infettive, che ha visto centinaia di esperti di ogni parte del mondo intervenire in Vaticano su temi delicati come la cura e l’assistenza umana e spirituale ai malati di AIDS, tubercolosi, malaria, febbri emorragiche. Promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, la conferenza è culminata con l’udienza concessa due giorni fa da Benedetto XVI agli oltre 530 partecipanti. Udienza durante la quale il Papa ha ribadito l’urgenza che i governi si adoperino per consentire l’accesso alle cure per i più poveri, invitando la Chiesa ad assisterli con lo stile di carità che animò Cristo. Sul punto, ecco la riflessione di mons. José Luis Redrado, segretario del dicastero organizzatore, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. - Proprio la parola “pastorale” è quella che viene sottolineata nel nostro programma, cioè l’approccio che realmente noi credenti dobbiamo avere per l’uomo che soffre, qualunque sia la malattia. In questa conferenza, però si è parlato delle malattie infettive, quelle malattie che già suscitano problematiche individuali, collettive, paure. Ci sono tanti aspetti che realmente attirano tanto l’attenzione. E’ difficile stare accanto ad un ammalato in genere, ma le malattie infettive provocano atteggiamenti molto diversi, che di solito non suscita il malato in genere.

 

D. – Eccellenza, come coinvolgere gli Stati in una lotta più efficace contro le malattie infettive?

 

R. – Ogni volta che lo Stato viene coinvolto, il migliorare la lotta contro quello che è negativo nella popolazione giova allo Stato. Lo Stato deve pensare che se ha una nazione ricca in salute, è ricca in tanti altri aspetti. Pertanto credo sia molto importante che lo Stato si coinvolga nella realtà della salute della sua popolazione.

 

D. – Eccellenza, il costo delle medicine che talvolta impedisce agli ammalati dei Paesi poveri di accedere alle cure necessarie è un problema molto serio…

 

R. – Perché - mi domando io stesso - ci sono malati ricchi e malati poveri? Malati ai quali noi realmente non possiamo dare medicinali e malati che hanno tanto in abbondanza. Questo è ingiusto. Anche qui, Stato, gruppi e così via devono farsi carico di questa ingiustizia e fare tutto ciò che è possibile per rimediare.

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 novembre 2006

 

 

 

RENDERE LA FRANCIA UN PAESE PIÙ ATTENTO ALLE ESIGENZE DI GIUSTIZIA

DI OGNI INDIVIDUO: QUESTO  IL TEMA

DELL’81.MA SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI FRANCESI

- Intervista con Franco Garelli -

 

“Che cos’è una società giusta?”: su questo interrogativo hanno riflettuto i partecipanti all’81.ma sessione delle Settimane sociali dei cattolici francesi, che si conclude oggi a Parigi. Economisti, filosofi, sociologi, teologi e altri esponenti della cultura si sono confrontati, tra conferenze e dibattiti, sul come rendere la Francia un Paese più attento alle esigenze di giustizia di ogni individuo. Ma in che contesto ecclesiale si è svolto l’incontro? Qual è l’impegno e il ruolo dei cattolici nella Chiesa francese? Ada Serra lo ha chiesto al professor Franco Garelli, presente a Parigi in qualità di segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali in Italia:

 

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R. - Nella Chiesa francese, c’è una particolarità rispetto ad altre, rispetto ad esempio a quella italiana. Lì ci sono poche iniziative dell’istituzione ecclesiale, perché questa ha una presenza più sobria, meno diffusa, anche meno consistente dal punto di vista della struttura. Quindi, c’è più spazio anche per il laicato. I cattolici francesi hanno pochi momenti di incontro, ma tutti molto intensi e molto attivi. Rispetto, però, ad esempio all’organizzazione della Settimana sociale italiana, lì non si tratta di delegati delle realtà religiose ecclesiali di base, ma di una libera partecipazione di cattolici francesi a questo evento.

 

D. - Quali sono le sfide maggiori, secondo lei, che devono fronteggiare i laici cattolici francesi? Quindi, che risonanza può avere questo evento della Settimana Sociale?

 

R. - Ha la risonanza, anzitutto, di contribuire al dibattito culturale, che comunque è vivo nella società francese. Anche la Francia è alle prese con tutta una serie di problemi tipici della modernità: la difficoltà di integrazione, di legame sociale, la marginalità di una serie di giovani, soprattutto nelle banlieau delle grandi città. Quindi, da un lato, il bisogno di partecipare con le idee, con la riflessione, a questa esigenza di avere nuove fonti di pensiero, di identificazione. Dall’altro lato, può essere una riflessione specifica del mondo cattolico francese, che vive come minoranza in una società, ma non matura un senso di appartenenza conflittuale ad altre culture o ad altre minoranze.

 

D. - In un contesto europeo sempre più secolarizzato, come possono i laici cristiani offrire una presenza incisiva e una testimonianza credibile?

 

R. - Oggi c’è molto spazio tra i laici e i credenti nella società, nel senso che nessuno ha delle ricette facili per questioni rilevanti, che riguardano sia la società, sia la ricerca di senso dell’individuo: il problema di attingere alla propria memoria di senso, di significato, di esperienza per cammini rilevanti, ma insieme a tutti gli uomini di buona volontà. Oggi è importante che ogni area culturale faccia la sua parte e attinga a delle fonti di significato e di ricerca e contribuisca a creare le ragioni della speranza. A livello di contesto europeo, molti Paesi possono essere indubbiamente alle prese con la difficoltà di avere delle radici o di ritrovare al proprio interno delle condizioni di convivenza positiva tra culture diverse. Credo che anche i credenti siano chiamati a riscoprire le radici della propria memoria, della propria storia, e ad attualizzarle: di fronte a identità religiose e culturali diverse si può essere sollecitati a ripensare seriamente alle proprie, per offrire un contributo sempre nel segno del confronto e del dialogo.

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ANTEPRIMA MONDIALE, IN AULA PAOLO VI, DEL FILM “NATIVITY”,

CHE NARRA GLI AVVENIMENTI CHE PORTARONO ALLA NASCITA DI GESU’

FINO ALLA FUGA IN EGITTO DELLA FAMIGLIA DI NAZARETH

- Intervista con Catherine Hardwicke -

 

         L’Aula Paolo VI in Vaticano sarà teatro, questo pomeriggio alle 17.30, dell’anteprima mondiale del film “Nativity” della regista americana, Catherine Hardwicke. Il film condensa il racconto evangelico della nascita di Gesù e del viaggio che Maria e Giuseppe intrapresero verso Betlemme e, successivamente, alla volta dell’Egitto, per sfuggire ad Erode. Tra i presenti all’anteprima, saranno i cardinali Sergio Sebastiani e Giovanni Cheli, gli arcivescovi John Patrick Foley, Paul Cordes e  Angelo Comastri e i vescovi Renato Boccardo e Melchor Sanchez.  L’anteprima del film, distribuito in Italia dalla Eagle Pictures, sarà l’occasione per un momento di riflessione e di preghiera, e anche per la promozione di un gesto di carità: prima della proiezione, l’attore Gigi Proietti leggerà i Vangeli della Natività e una preghiera dedicata al Natale scritta da mons. Angelo Comastri. Inoltre, sarà lanciato il progetto di una raccolta di fondi per la costruzione di una scuola nel villaggio di Mughar in Galilea, dove convivono cristiani, drusi e musulmani. Quest’ultima iniziativa è promossa dall’arcivescovo greco-melkita di Akka. L’uscita del film nelle sale di tutto il mondo è prevista per il primo dicembre. Il servizio di Rosario Tronnolone.

 

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Nativity” è un film che si apre con la Strage degli innocenti e si chiude col Magnificat, che racconta la storia di un amore che nasce, di Maria per Giuseppe, e quella di un amore eterno, di Dio per l’uomo. La regista Catherine Hardwicke guarda il Natale attraverso gli occhi di Maria, di cui offre un ritratto sottile e insolito, e alla cui adolescenza rivolge sguardi attenti e inteneriti. Maria ci viene mostrata nella povera quotidianità di Nazareth, tra le ragazze del suo villaggio, intente alla semina. Keisha Castle-Hughes, la giovanissima attrice che la interpreta, ha un volto che sa incupirsi di caparbietà infantile e illuminarsi di fiducia. Non è la più graziosa, non è la più vivace, non è la prima su cui si sofferma il nostro sguardo. Niente indica in lei l’eccezionalità della prescelta. Eppure, per un disegno misterioso, è lei che Dio ha benedetto fra le donne. Catherine Hardwicke spiega così il fascino che il personaggio di Maria ha esercitato su di lei:

 

“Ho cominciato a pensare alle ragazzine di tredici o quattordici anni che conosco, a come si sarebbero sentite, come avrebbero reagito se i genitori avessero imposto loro di sposare un uomo, e poi se un angelo avesse loro annunciato: “Darai alla luce il Figlio di Dio”. Mi è sembrato straordinario immaginare una ragazzina che cerca di confrontarsi con un fatto così grande, e questo mi ha molto interessata. Volevo che Maria avesse un aspetto mediterraneo, una bella carnagione olivastra, che fosse molto giovane e vulnerabile, ma con una bellezza nel cuore e con una grande pace interiore, tale da permetterle di affrontare queste difficoltà”.

 

Frutto di un approfondimento fedele alle pagine dei Vangeli di Matteo e di Luca, il film riempie gli spazi tra le righe con accurate ricerche storiche ed efficaci annotazioni psicologiche. Alla vivacità in continuo movimento della comunità di Nazareth, si contrappone il mondo livido e immobile dei potenti. Erode, cui Ciaran Hinds presta un volto che ha la fissità grave delle maschere funebri, è ossessionato dalla paura di perdere il potere e si sta, appunto, costruendo una tomba.

 

Nella rappresentazione della nascita di Cristo il film perde di originalità, o piuttosto non la cerca, preferendo una raffigurazione tradizionale del presepe, quasi che il cinema facesse un passo indietro per inchinarsi al Mistero, al modo semplice con cui esso parla al nostro cuore sin dall’infanzia.

 

Il Magnificat, dicevamo, chiude il film, ma pervade in realtà ogni scena. Saltato nel racconto filmico al momento della visita ad Elisabetta, ritorna invece nel finale, durante la fuga in Egitto, quando Maria, nell’immensità del deserto, medita nel suo cuore le parole sgorgate nel pieno della gioia. Catherine Hardwicke spiega così le ragioni di questa scelta:

 

“Perché sentivo che in questo momento della sua vita Maria ha finalmente assorbito, imparato, compreso. È cresciuta come persona ed è cresciuta nella fede. In un certo senso il Magnificat al momento della Visitazione sembrava un’espressione troppo matura, mentre alla fine Maria lo sente profondamente in se stessa e può pronunciare quelle bellissime parole”.

 

“Grandi cose ha fatto l’Onnipotente”, dice Maria nel Magnificat: si è fatto compagnia agli uomini, pellegrini nel deserto.

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CHIESA E SOCIETA’

26 novembre 2006

 

 

 

“I SACERDOTI AIUTANO TUTTI. AIUTA TUTTI I SACERDOTI”: CON QUESTO SLOGAN, SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA NAZIONALE ITALIANA PER IL SOSTENTAMENTO DEL

CLERO, INDETTA DALLA CEI: 26 MILA LE PARROCCHIE COINVOLTE

 

ROMA. = Lo slogan che accompagna l’odierna Giornata nazionale italiana per il sostentamento del clero, indetta dalla Conferenza episcopale italiana e giunta al XVIII appuntamento, dice: “I sacerdoti aiutano tutti. Aiuta tutti i sacerdoti”. Nelle 26 mila parrocchie italiane, i fedeli possono ricevere tutte le informazioni necessarie su come aiutare il clero e, in particolare, su come dedurre fiscalmente le offerte dirette alla Chiesa. Ma la Giornata è anche un modo per far comprendere alla comunità ecclesiale il valore solidale di questa forma di contributo ai sacerdoti, stabilito nel 1984, in seguito alla revisione del Concordato. Bisogna infatti considerare che da circa 20 anni i sacerdoti non ricevono più la così detta “congrua” dallo Stato e spetta quindi ai fedeli contribuire, anche con offerte dirette, al loro sostentamento. Obiettivo della Giornata è anche quello di far comprendere che più crescono questo tipo di offerte per i religiosi, più la Chiesa può destinare le altre risorse, come quelle derivate dall’otto per mille, alle opere di carità e di solidarietà sociale. Infine, è bene ricordare che il denaro devoluto al sostentamento del clero contribuisce a mantenere le comunità più piccole e disagiate, i sacerdoti anziani e malati, e i 600 fidei donum che operano nelle missioni all’estero. “L’impegno dei parroci e delle loro comunità - sottolinea Paolo Mascarino, responsabile del Servizio Cei per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica - può contribuire a far crescere sempre di più la corresponsabilità e la partecipazione alla vita della Chiesa”. “Ogni offerta donata a tutti i sacerdoti - continua Mascarino - sarà così un gesto di comunione fraterna e di stima verso tutti i nostri presbiteri. Pur non conoscendo tutti i sacerdoti che riusciremo a sostenere con le nostre offerte deducibili, permetteremo comunque loro di dedicarsi a tempo pieno al Vangelo, con la stessa tranquillità e contando sugli stessi servizi”. (I.P.)

 

 

NESSUNA GIUSTIZIA SENZA LA VITA: GIOVEDÌ 30 NOVEMBRE 500 CITTÁ DEL MONDO

SI MOBILITERANNO PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA PENA DI MORTE, PROMOSSA DALLA COMUNITÁ DI SANT’EGIDIO

 

ROMA. = L’appuntamento per dire “No alla pena di morte” è per giovedì prossimo, 30 novembre, quando 500 città del mondo, tra cui 33 capitali, si collegheranno con Roma e daranno vita “Città per la vita, città contro la pena di morte”, una mobilitazione internazionale contro le esecuzioni capitali. L’iniziativa, dallo slogan “No justice without life – Nessuna giustizia senza la vita”, è promossa dalla Comunità di Sant’Egidio ed ha raggiunto ormai la quinta edizione, con l’obiettivo di fermare ovunque tutte le condanne a morte. All’evento aderiscono le principali associazioni internazionali per i diritti umani, tra cui Amnesty International e FIACAT: per l’occasione, i monumenti simbolo delle città coinvolte verranno illuminati per richiamare l’attenzione su questa tragica realtà.  La Giornata ricorda la prima abolizione, nel 1786, della pena di morte dall’ordinamento di uno Stato europeo, il Granducato di Toscana. Oggi, progressi del fronte abolizionista si segnalano un po’ ovunque, anche in molti Paesi mantenitori quali gli Stati Uniti, dove si è aperto un ampio dibattito sulla costituzionalità dell’iniezione letale. In Giappone, inoltre, un nutrito gruppo di parlamentari ha proposto una moratoria delle esecuzioni. Recentemente anche in Cina, Paese che detiene il record delle esecuzioni (circa 5 mila ogni anno), la Corte Suprema ha deciso di avocare a sé tutte le condanne a morte, decisione che dovrebbe ridurre il numero delle condanne. Occorre poi ricordare l’abolizione avvenuta nelle Filippine, dove il presidente Gloria Arroyo, con il sostegno del Parlamento e della Chiesa cattolica, ha definitivamente annunciato la fine delle esecuzioni capitali. Anche l’Africa si distingue per una tendenza positiva sia nella diminuzione costante del numero delle esecuzioni che nell’aumento dei Paesi che attuano una moratoria. Prima del 2002, dieci Paesi africani hanno abolito giuridicamente la pena capitale (Sud Africa, Angola, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gibuti, Guinea-Bissau, Mauritius, Mozambico, Namibia e l’arcipelago di São Tome e Principe). Altri dieci sono considerati abolizionisti nella realtà dei fatti (Benin, Burkina Faso, Repubblica del Congo-Brazaville, Gambia, Madagascar, Mali, Niger, Repubblica Centro Africana, Togo). Da qualche anno, infine, anche Liberia e Senegal sono entrati nel novero dei Paesi abolizionisti. (I.P.)

 

 

“LIVE SIMPLY”: È IL TITOLO DELLA CAMPAGNA LANCIATA OGGI IN INGHILTERRA E

GALLES DA DIVERSE ORGANIZZAZIONI CATTOLICHE PER CONVINCERE I CITTADINI

A “VIVERE CON MAGGIORE SEMPLICITÀ”

 

LONDRA. = Convincere cattolici e non a “vivere con maggiore semplicità”: è questo l’intento di “Live simply”, la campagna lanciata oggi in Inghilterra e Galles dall’Organizzazione cattolica per il Terzo Mondo (CAFOD), dal Catholic Charismatic Renewal, il movimento carismatico, e dalla National Board of Catholic women, che rappresenta le donne cattoliche nel Paese. Come riferisce l’agenzia SIR, l'iniziativa, in vista del 40.mo anniversario dell’Enciclica di Paolo VI, Populorum progressio (26 marzo 1967), ha il patrocinio del vescovo di Portsmouth, Roger Francis Crispian Hollis, e dell’arcivescovo di Birmingham, Vincent Gerard Nichols. Gli organizzatori invitano a partecipare alla campagna per un commercio equo e solidale, per la cancellazione del debito dei Paesi del Terzo Mondo e per condizioni migliori nell’industria delle miniere d’oro, incoraggiando l’acquisto di regali etici come libri di scuola per un bambino asiatico o africano. Con lo scopo di raggiungere anche i non cattolici, nel 2007 verrà lanciata anche una “Promise Bank”, una “Banca delle promesse”, dove sarà possibile depositare, via Internet, le proprie promesse di cambiamento di vita. (R.M.)

 

 

“INSIEME CON, INSIEME PER - LEGAMI ASSOCIATIVI E AZIONE VOLONTARIA”:

È IL TITOLO DELLA CONFERENZA ORGANIZZATIVA DELLE ACLI, IN PROGRAMMA A BARI, NEL SUD ITALIA, DAL 7 AL 9 DICEMBRE

 

BARI. = Sono circa 700 i dirigenti delle Associazioni cristiane lavoratori italiani attesi a Bari, dal 7 al 9 dicembre, in occasione della Conferenza organizzativa e programmatica delle ACLI. Due i temi principali in esame: i legami associativi e l’azione volontaria. “Dono e relazione – spiega il presidente Andrea Olivero – ossia azione volontaria e libero legame tra persone che condividono un progetto di società migliore sono gli elementi fondanti dell’esperienza di impegno civile delle ACLI”. “Tornare ad affermare il valore dei legami e della fedeltà che ne scaturisce – aggiunge – è un modo per le ACLI di vivere la spiritualità cristiana, radicata nel legame comunitario ed ecclesiale, a partire dall’adesione al messaggio evangelico”. Quanto all’azione volontaria, Olivero ribadisce che “essa rappresenta la linfa e il nutrimento quotidiano per la nostra vita associativa”, non solo perché si tratta di un’azione gratuita, ma soprattutto perché fa riferimento a “quella libertà di scelta che la rende possibile”. Il volontariato, conclude il presidente delle ACLI, “riconduce all’economia del dono che, in un contesto sociale e culturale sempre più dominato dallo scambio e dalla logica di mercato, costituisce un modello alternativo, un valore aggiunto del nostro modo di produrre la coesione sociale”. (I.P.)

 

 

SONO PIÙ DI 600 LE RELIGIONI PRATICATE IN ITALIA: LO RIVELA IL RAPPORTO DEL CESNUR. IN CRESCITA I TESTIMONI DI GEOVA, GLI ISLAMICI E GLI ORTODOSSI

 

ROMA. = Sono più di 600 le fedi religiose, sia quelle istituzionali che quelle così dette “new age”, praticate in Italia. È quanto risulta dal censimento del CESNUR (Centro studio delle nuove religioni), illustrato nel volume “Le religioni in Italia”, pubblicato da Elledici. Tra i dati più rilevanti, c’è la crescita dei Testimoni di Geova, degli islamici e degli ortodossi, ma il volume analizza anche i gruppi che praticano l’occultismo e lo spiritismo. “In Italia – spiega Massimo Introvigne, direttore del CESNUR – grazie agli immigrati, sono cresciuti i Testimoni di Geova, che hanno a disposizione le cosiddette ‘sale del regno’ specializzate in lingue arabe”. “Una crescita spettacolare – continua – si registra anche per l’islam e l’Ortodossia orientali, che sono religioni relativamente nuove in Italia, specialmente in alcune varianti e forme arrivate negli ultimi anni con gli immigrati”. Introvigne si sofferma poi sul concetto di “religione fai-da-te”, che non sfocia nell’adesione a gruppi organizzati, ma piuttosto in esperienze individuali: “Si tratta - dice - di un bricolage di idee tratte dalle fonti più svariate, dal Papa al Dalai Lama, cosicché molti dichiarano di credere insieme alla Resurrezione e alla reincarnazione”. Secondo il direttore del CESNUR, per quanto riguarda l’Islam, eventuali nuove sanatorie “potrebbero in pochi mesi fare aumentare il numero dei musulmani italiani, attualmente stimati intorno alle 925 mila unità, che potrebbero diventare un milione nel 2008”. (I.P.)



 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco  -

 

 

In furiosi scontri avvenuti nel sud dell’Afghanistan sono rimasti uccisi almeno 57 presunti ribelli talebani. Lo hanno annunciato fonti della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF), aggiungendo che un militare della NATO è morto in seguito ad un incidente. Un attacco suicida, verificatosi ieri sera in una provincia al confine con il Pakistan, ha poi provocato la morte di 7 civili. Nella turbolenta provincia meridionale di Helmand, è stato sequestrato inoltre un collaboratore pakistano dell’Agenzia di stampa italiana AdnKronos.

 

In Iraq, almeno cinque persone sono morte per l’esplosione di un’autobomba in un affollato mercato a sud di Baghdad. A Baluba, 8 ribelli sono rimasti uccisi durante scontri con agenti della polizia. Sempre a Baquba, le forze americane hanno ucciso 4 presunti terroristi, ritenuti legati al braccio iracheno di Al Qaeda. Intanto, alcuni capi tribù dell’area sunnita di al Anbar hanno offerto collaborazione agli Stati Uniti per contrastare i miliziani di al Qaeda. “Noi conosciamo la regione, sappiamo dove si nascondono. Dateci armi e mezzi e trasformeremo la provincia in un posto sicuro”, ha promesso uno sceicco. Sul versante politico, il presidente iracheno Jalal Talabani, si recherà domani a Teheran per una visita ufficiale. I partiti sunniti hanno poi reso noto che non abbandoneranno il governo del premier Nuri al Maliki.

 

Nella Striscia di Gaza è entrata in vigore, questa mattina, la tregua concordata dal premier israeliano, Ehud Olmert, e dal presidente palestinese, Abu Mazen. Sul cessate-il-fuoco, che sembra reggere nonostante il lancio di diversi razzi da parte di estremisti palestinesi. Il nostro servizio.

        

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Israele ha ritirato le proprie forze dalla Striscia di Gaza ma non è terminato, come stabilito nell’accordo, il lancio di razzi da parte di estremisti palestinesi verso lo Stato ebraico. Gli attacchi, rivendicati dalla Jihad islamica, non hanno comunque provocato né morti né feriti e non ci sono stati, finora, altri episodi di violenza. I principali movimenti palestinesi hanno ribadito di voler rispettare la tregua e nella regione sono anche state schierate forze di sicurezza palestinesi. Un portavoce della Jihad islamica ha però dichiarato che il cessate-il-fuoco non è accettabile fin quando Israele non si impegnerà ad estendere la tregua anche alla Cisgiordania. Abu Mazen ha condannato la violazione dell’accordo da parte di estremisti palestinesi ed Ehud Olmert ha detto che, per il momento, Israele non reagirà. Il ministro della Difesa israeliano ha precisato che le operazioni militari nella Striscia di Gaza riprenderanno nel caso in cui non dovesse arrestarsi immediatamente il lancio di razzi palestinesi contro lo Stato ebraico.

 

Ma la tregua siglata ieri sembra, comunque, una nuova pagina per dare ulteriore linfa al difficile processo di pace in Medio Oriente. “Dobbiamo considerarla come l’avvio di un’opportunità”, come “l’alba di un nuovo giorno” ha detto il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni. La tregua potrebbe anche accelerare gli sforzi per arrivare ad uno scambio di prigionieri palestinesi col caporale israeliano rapito a giugno in una incursione sferrata da alcuni gruppi militanti palestinesi. E’ stato proprio quell’episodio ad innescare l’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza.

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 “L’ordine di uccidere la giornalista Anna Politkovskaya è arrivato direttamente da Vladimir Putin”. Lo ha detto l’ex colonnello del Kgb, Alexander Litvinenko, pochi giorni prima di morire a Londra a causa di un veleno. Intanto, i detective di Scotland Yard non escludono nessuna pista, neanche quella che porta al suicidio.

 

 Ancora tragedie in miniere cinesi: almeno 53 minatori sono morti a causa di potenti esplosioni avvenute in due impianti minerari nel sud. Le miniere della Cina sono tra le più pericolose del mondo: migliaia di minatori muoiono ogni anno a causa di esplosioni, incendi ed allagamenti. La produzione di carbone riesce a soddisfare il 70 per cento del fabbisogno energetico della Cina ma i minatori non sono, nella maggior parte dei casi, adeguatamente tutelati.

 

Nel sud delle Filippine, continuano le ricerche di 21 passeggeri dispersi in seguito al capovolgimento di un traghetto, avvenuto ieri al largo dell'isola di Hinatuan e costato la vita, finora, a 14 persone. Autorità locali hanno precisato che, finora, sono stati tratti in salvo 66 passeggeri.

 

 In Messico, almeno nove persone sono rimaste ferite in scontri con agenti durante una manifestazione di protesta avvenuta ieri sera a Oaxaca. In questa città, gli insegnanti sono in sciopero e si sono alleati con i movimenti indios e di sinistra nel tentativo di costringere il governatore, accusato di corruzione, alle dimissioni.

 

 Il presidente cubano Fidel Castro non è morente ed è pronto ad iniziare un “secondo mandato”. Lo ha affermato il capo di Stato venezuelano, Hugo Chàvez, mostrando una lettera del leader cubano. La dichiarazione giunge mentre Cuba si appresta a celebrare gli 80 anni di Castro e il cinquantenario della rivoluzione.

 

 Nove milioni di ecuadoriani sono chiamati oggi all’appuntamento con le urne per scegliere il nuovo capo di Stato. I candidati, arrivati all’odierno ballottaggio, sono l’imprenditore di destra, Alvaro Noboa, e l’economista di sinistra, Rafael Correa. Il servizio di Luis Badilla:

 

 

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Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio, a differenza di previsioni meno recenti, il candidato della sinistra, Rafael Correa. Secondo l’Istituto Cedatos-Gallup, il recente calo di consensi verso l’imprenditore Noboa, considerato l’uomo più ricco dell’Ecuador, è dovuto all’eccessiva enfasi con cui l’imprenditore ha cercato di conquistare i favori delle fasce più povere della popolazione. Secondo diversi analisti le sue promesse, unite ad un eccessivo anticomunismo e a riferimenti spregiudicati alla religione, non sono ritenute credibili. L’esito finale della consultazione appare comunque incerto, poiché il 17 per cento degli intervistati ha affermato di essere ancora indeciso. Il nuovo capo di Stato sarà chiamato, a partire da lunedì, ad affrontare sfide decisive, tra le quali l’estrema povertà: secondo l’ONU, circa il 65 per cento dei quasi 14 milioni di ecuadoriani vive in condizioni economiche precarie. Legato a questo dramma ci sono poi i gravi fenomeni della prostituzione e del lavoro nero che coinvolgono migliaia di bambine e bambini. A causa di questa difficile situazione economica, centinaia di migliaia di ecuadoriani sono inoltre stati costretti ad emigrare negli Stati Uniti o in Europa, in particolare in Spagna e in Italia. Sulle elezioni presidenziali, i vescovi dell’Ecuador hanno sottolineato, in un messaggio diffuso dopo il primo turno, di sperare in un responsabile e serio impegno da parte del futuro capo di Stato. I presuli auspicano anche una migliore distribuzione della ricchezza, un riscatto della morale pubblica e l’eliminazione della corruzione.

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 Urne aperte oggi anche in Polonia per il secondo turno delle elezioni amministrative. Sono 827 i comuni chiamati ad eleggere i rispettivi sindaci. Grande attesa per l’esito delle votazioni a Varsavia, dove l’ex premier, Kasimierz Marcinkiewicz, appoggiato dal governo, ha ottenuto, al primo turno, il 38,4 per cento delle preferenze rispetto al 32,4 per cento della sfidante Hanna Gronkiewicz. Il clima elettorale è tranquillo e i seggi rimarranno aperti fino alle 20, tranne nella capitale dove, a causa del ritardo nell’apertura di una sede elettorale nel centro città, la chiusura delle votazioni verrà fatta slittare di un’ora.

 

 Ed oggi si è votato anche in Svizzera, dove i cittadini si sono pronunciati, tramite referendum, su due quesiti. Il primo era il cosiddetto “miliardo si solidarietà”, ossia la legge che prevede di destinare nei prossimi dieci anni un miliardo di franchi di aiuti (pari a circa 630 milioni di euro) ai dieci nuovi membri dell’Unione Europea, di cui la Confederazione elvetica fa parte. Il “sì” ha vinto con il 53% delle preferenze. Circa la metà della somma dovrebbe essere stanziata a favore della Polonia. Il secondo quesito referendario, invece, riguardava una nuova legge che prevede un assegno familiare minimo di 200 franchi per ogni figlio fino ai 16 anni e di almeno 250 franchi al mese per i giovani in formazione tra i 16 e i 25 anni. Si attendono ancora i risultati.

 

 L’opposizione sciita del Bahrein ha ottenuto oltre il 40 per cento dei seggi alla Camera dei deputati nelle parlamentari tenutesi ieri. Lo hanno reso noto fonti locali precisando che sono stati eletti 16 candidati dell’Associazione di intesa nazionale islamica, principale forza di opposizione sciita. Alla votazione ha partecipato il 72 per cento degli aventi diritto. I risultati elettorali dovrebbero essere confermati in giornata dal ministro della giustizia.

 

 Tre soldati indiani e un abitante di un villaggio hanno perso la vita nel corso di scontri tra l’esercito indiano e presunti militanti islamici nel Kashmir, la regione a maggioranza musulmana contesa tra India e Pakistan. Lo ha reso noto, stamani, un portavoce dell’esercito di Nuova Delhi precisando che i combattimenti sono avvenuti nel distretto di Baramulla, 60 chilometri a nord della capitale estiva Srinagar.

 

 L’esercito del Ciad ha ripreso, senza ricorrere alle armi, il controllo di Abeche, città caduta ieri nelle mani dei ribelli. L’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) ha reso noto, intanto, che i continui combattimenti nella parte orientale del Paese mettono a rischio la distribuzione di aiuti umanitari per oltre 200 mila rifugiati del Ciad e del Sudan. L’UNHCR gestisce vicino al confine tra i due Stati 12 campi dove si trovano circa 218 mila rifugiati sfuggiti alle violenze nella regione sudanese del Darfur e quasi 90 mila ciadiani costretti a lasciare le loro case a causa degli scontri, nell’est, tra insorti e soldati governativi.

 

Il leader del partito Forza Italia, Silvio Berlusconi, è stato colto da un
malore durante il suo intervento al convegno di Montecatini. Poco prima, Berlusconi aveva esortato “tutte le forze della Casa delle libertà a fondersi in un unico partito”. Il convegno è stato sospeso e Berlusconi è stato sottoposto a visita cardiologica.

 

 

 

 

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