RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 330 - Testo
della trasmissione di domenica 26 novembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
All’angelus,
Benedetto XVI esprime la propria stima e amicizia per il popolo turco, a due
giorni dal suo viaggio apostolico nel Paese. Confermata dalla Sala stampa
vaticana, la visita del Papa alla Moschea Blu di Istanbul. Sull’attesa dei cattolici in Turchia il pensiero di mons. Luigi
Padovese
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si celebra oggi la Giornata
nazionale italiana per il sostentamento del clero
In programma dal 7 al 9 dicembre,
a Bari, la Conferenza organizzativa delle ACLI
Un rapporto del CESNUR rivela
che sono più di 600 le religioni praticate in Italia
In Afghanistan, almeno 57 morti in una drammatica
serie di scontri
e attentati
E’ in vigore, nella Striscia di Gaza, la tregua
voluta dal presidente palestinese e dal premier israeliano
Circa 9 milioni di elettori chiamati al voto, in Ecuador,
per scegliere il nuovo presidente
26 novembre 2006
ALL’ANGELUS,
BENEDETTO XVI ESPRIME LA PROPRIA STIMA E AMICIZIA PER IL POPOLO TURCO,A DUE GIORNI DAL SUO VIAGGIO APOSTOLICO NEL PAESE. LA
RIFLESSIONE
SPIRITUALE
DEDICATA ALLA SOLENNITA’ DI CRISTO RE,
CHE CHIUDE L’ANNO LITURGICO
-
Intervista con l’arcivescovo
Malcom Ranjit -
Un saluto
“cordiale al popolo turco”, accompagnato da sentimenti di “stima e sincera
amicizia”. All’Angelus di questa mattina, in Piazza San Pietro, il pensiero di
Benedetto XVI è andato all’imminente viaggio apostolico in Turchia, che
inizierà martedì prossimo. Un viaggio che il Papa ha posto sotto la protezione
dei suoi predecessori, nel giorno in cui la liturgia - con l’ultima solennità di
Cristo Re dell’Universo - riflette sull’avvento di Gesù alla fine dei tempi,
mentre si prepara a celebrarne il primo: il Natale. La via per giungere al
Regno di Dio, ha detto il Papa, si fonda sulla libertà dell’uomo di accogliere
la verità e l’amore di Cristo “senza scorciatoie”. La cronaca dell’Angelus nel
servizio di Alessandro De Carolis.
**********
Tra poco meno di 48 ore, alle 13 ora locale di martedì 28 novembre,
l’aereo papale atterrerà, secondo programma, all’aeroporto di Ankara ma, come
di consueto in queste circostanze, Benedetto XVI ha chiamato a raccolta la
Chiesa per chiedere preghiere e vicinanza spirituale in vista di questa
importante tappa del suo Pontificato: tappa ecclesiale, ecumenica e
interreligiosa:
“Fin d’ora desidero inviare un saluto cordiale al caro Popolo turco,
ricco di storia e di cultura; a tale Popolo e ai suoi rappresentanti esprimo
sentimenti di stima e di sincera amicizia. Con viva emozione attendo di
incontrare la piccola Comunità cattolica, che mi è sempre presente nel cuore, e
di unirmi fraternamente alla Chiesa Ortodossa, in occasione della festa
dell’apostolo sant’Andrea. Con fiducia mi pongo sulle
orme dei miei venerati predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II; ed invoco la
celeste protezione del beato Giovanni XXIII, che fu per dieci anni Delegato
Apostolico in Turchia e nutrì per quella Nazione affetto
e stima. A tutti voi domando di accompagnarmi con la preghiera, perché questo
pellegrinaggio possa portare tutti i frutti che Dio desidera”.
In
precedenza, prima della recita dell’Angelus, Benedetto XVI si era soffermato
sul significato dell’ultima domenica prima dell’Avvento. E lì, nel “drammatico
interrogatorio” davanti a Pilato – ha ricordato il
Papa – che Gesù rivela la natura della sua regalità. Un Re che intende sì
liberare gli uomini dalla schiavitù, ma quella del peccato e “riconciliarli con
Dio”. Di fronte a Pilato, Cristo afferma di essere
venuto nel mondo “per rendere testimonianza alla verità”. Ma quale verità, si è
domandato Benedetto XVI:
“L’intera sua
esistenza rivela che Dio è amore: è questa dunque la verità a
cui Egli ha reso piena testimonianza con il sacrificio della sua stessa
vita sul Calvario. La Croce è il “trono” dal quale ha manifestato la sublime
regalità di Dio Amore: offrendosi in espiazione del peccato del mondo, Egli ha
sconfitto il dominio del “principe di questo mondo” e ha instaurato definitivamente
il Regno di Dio”.
Se
l’esistenza di Gesù è amore, la strada che il cristiano è chiamato a percorrere
non può che essere la stessa. Benedetto XVI lo ha ribadito con chiarezza:
“La via per giungere
a questa meta è lunga e non ammette scorciatoie: occorre
infatti che ogni persona liberamente accolga la verità dell’amore di
Dio. Egli è Amore e Verità, e sia l’amore che la verità non si impongono mai:
bussano alla porta del cuore e della mente e, dove possono entrare, apportano
pace e gioia. Questo è il modo di regnare di Dio; questo il suo progetto di
salvezza, un “mistero” nel senso biblico del termine, cioè un disegno che si
rivela a poco a poco nella storia”.
Dopo i saluti in cinque lingue, Benedetto XVI si è soffermato su
due appuntamenti molti sentiti per la loro finalità: la Giornata italiana per
la ricerca sul cancro e più ancora la Giornata mondiale contro l’AIDS del primo
dicembre prossimo:
“Auspico vivamente
che tale circostanza favorisca un’accresciuta responsabilità nella cura della
malattia, insieme all’impegno di evitare ogni discriminazione nei confronti di quanti ne sono colpiti. Mentre invoco sui malati e sulle
loro famiglie il conforto del Signore, incoraggio le molteplici iniziative che
la Chiesa sostiene in tale campo”.
E un apprezzamento particolare, il Papa lo ha manifestato
ai musicisti e cantori che partecipano al XXVIII Congresso Nazionale di Musica
Sacra, promosso dall’Associazione Italiana Santa Cecilia. “Cari amici – ha
detto - sono lieto che abbiate commemorato, a 50 anni dalla morte, il grande
Maestro Lorenzo Perosi, che è stato direttore della
Cappella Sistina e ha lasciato opere musicali di altissima ispirazione
religiosa. Vi auguro di essere autentici evangelizzatori con l’espressione
della bellezza e dell’armonia della vostra arte musicale”.
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Un percorso di amore e di verità:
è questa la direttrice tracciata da Benedetto XVI nello spiegare il significato
profondo della solennità odierna di Cristo Re dell’Universo. Un
festività sulla quale Giovanni Peduto ha
chiesto un pensiero all’arcivescovo Malcom Ranjit, segretario della Congregazione per i il Culto divino e la disciplina dei
Sacramenti:
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R. - La regalità di Cristo da un
lato è veramente regalità universale, perché egli è il Figlio di Dio e ci ha
parlato della sua regalità diverse volte, come nel Vangelo di San Giovanni,
durante il suo processo davanti a Pilato quando
questi gli ha posto la domanda se veramente era un re, e Gesù ha risposto di
essere re: ma questo aspetto della sua regalità proclamata, annunciata da lui,
è la regalità del servizio: egli si è posto come veicolo della pace, per
portare una nuova cultura spirituale e religiosa nella vita dell’umanità e
questo è il vero significato della regalità di Cristo.
D. - Con la festa di Cristo Re termina l’anno liturgico e
entriamo nell’Avvento. Esattamente cosa significa entrare in Avvento?
R. - Nell’Avvento, noi ricordiamo le due venute di Gesù:
la prima volta, la venuta in Betlemme, quando ha preso la natura umana, è
diventato uno di noi, per iniziare il processo salvifico attraverso la sua
vita, morte e resurrezione. Nel secondo momento, ci
ricordiamo della sua venuta finale e la promessa che quando ritornerà sarà
vinto definitivamente il male ed egli regnerà su tutto il Creato.
D. – Eccellenza, quali consigli darebbe ai nostri
ascoltatori per vivere proficuamente questo tempo di Avvento?
R. – Quello di concentrare veramente la nostra vita su
Cristo e cercare di unirci spiritualmente con lui nella sua regalità: l’impegno
a vincere l’egoismo e il peccato che ci divide e che ci rende schiavi e cercare
la vera libertà e anche creare una cultura nuova, di pace, di servizio. Una
cultura aperta verso gli altri, soprattutto verso i poveri.
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CONFERMATA
LA VISITA DI BENEDETTO XVI ALLA MOSCHEA BLU DI ISTANBUL,
DURANTE IL SUO PROSSIMO VIAGGIO APOSTOLICO IN
TURCHIA. GRANDE L’ATTESA
DELLA
PICCOLA COMUNITA’ CATTOLICA, ALLA VIGILIA DELL’ARRIVO DEL
PAPA.
LA
TESTIMONIANZA DEL VICARIO APOSTOLICO DELL’ANATOLIA,
MONS. LUIGI
PADOVESE
-
Intervista con il presule -
In Turchia, dunque, fervono gli ultimi preparativi in
vista dell’ormai prossima visita di Benedetto XVI. Il Papa partirà per Ankara
martedì mattina. Durante i quattro giorni del viaggio, oltre alle autorità
istituzionali turche, incontrerà la piccola comunità cattolica, il Patriarca
ecumenico Bartolomeo I e il Patriarca armeno apostolico Mesrob
II, oltre al metropolita siro-ortodosso e al Gran
Rabbino di Turchia. Il direttore della Sala stampa vaticana,
padre Federico Lombardi, ha confermato stamani che la ventilata visita
di Benedetto XVI alla Moschea Blu di Istanbul è stata ufficialmente inserita
nel programma del viaggio apostolico, subito dopo la visita al Museo di Santa
Sofia. Una sosta che conferisce ulteriore rilievo al primo viaggio
internazionale di Benedetto XVI in un Paese per il 99 per cento a maggioranza
musulmana.
“La prossima visita del Papa in
Turchia cancellerà i malintesi tra il mondo islamico e quello cristiano”, ha
dichiarato intanto stamani il ministro degli Esteri turco, Abdullah. Tuttavia, sempre da stamattina, nel
quartiere Caglayan di Istanbul, alcune migliaia di
persone hanno indetto una protesta contro la visita del Pontefice, organizzata
dal Partito Saadet. Attesa e clima
di festa si respirano invece all’interno della minoranza cristiana, che lo
stesso Benedetto XVI ha detto stamani di voler incontrare con “viva
emozione”. Sui sentimenti della vigilia
dei cattolici turchi, Sergio Centofanti ha parlato
con mons. Luigi Padovese, vicario apostolico
dell’Anatolia:
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R. – Da parte dei cristiani, è un’attesa molto sentita,
partecipata. Siamo felicissimi che venga a trovarci!
D. – Quali sono le speranze della comunità cattolica in
Turchia?
R. – Che si arrivi ad una pacificazione degli animi.
Questa situazione un pochino difficile, secondo me, è da ricondurre a gruppi
non soltanto – diciamo – di estrazione islamica radicale, se si vuole, ma anche
a gruppi nazionalisti, perché è un fatto che non sono stati presi di mira i
sacerdoti ortodossi ma soprattutto i sacerdoti
cattolici stranieri che risiedono in questa terra.
D. – Come sono i laici cattolici in Turchia?
R. – Estremamente variegati perché se c’è in alcuni un
impegno forte, una coerenza cristiana che non si nasconde ma
si professa apertamente c’è anche, invece, chi per ragioni di sopravvivenza,
preferisce non parlare della propria fede e non dare troppo nell’occhio. Anche
questi sono cristiani presenti in Turchia, cristiani che almeno ancora si
dicono tali;
altri, nei decenni passati, hanno preferito percorrere un’altra strada, di una
totale omologazione con il mondo musulmano, rinunciando anche alla propria
identità religiosa.
D. – Quali sono le principali difficoltà che vengono dal
fatto di non avere un riconoscimento giuridico?
R. – Sono parecchie. Io ne cito una. La mia difficoltà,
ancora, attuale, ad avere un permesso di soggiorno. Io ho fatto richiesta tre
mesi fa di avere rinnovato il mio permesso di soggiorno che mi era stato dato
per un anno; dopo tre mesi io sto ancora aspettando che mi arrivi il permesso
di soggiorno. Io sono tornato dall’Italia con il visto turistico, e questo mi
rammarica profondamente, perché non sono qui come uno straniero che vuole fare
lo straniero, ma sono uno che fa la scelta di servire il popolo turco al quale
appartengono dei cristiani. Questo è un aspetto. Gli altri aspetti riguardano
un po’ la gestione dei nostri beni, dei contenziosi che esistono ancora in
rapporto a proprietà … ma, ripeto, su queste cose si
potrebbe anche andare oltre, perché in fondo il nostro interesse non è quello
di riacquisire dei beni dei quali siamo stati espropriati, quanto piuttosto di
arrivare ad una buona sintonia, ad un buon rapporto di collaborazione. E poi,
la difficoltà di non potere formare dei nostri giovani, perché se si
intraprende l’iniziativa di metterli insieme e di tenerli insieme, questo già è
visto come un ‘attentato’ – diciamo così – al bene pubblico
e alla sicurezza del Paese.
D. – Vi sentite un po’ come i cristiani ai tempi di San
Paolo?
R. – No, perché non ci sentiamo degli eroi. Ci sentiamo
persone che devono lottare ogni giorno con tante difficoltà e chiediamo che
anche dall’Europa arrivi un pochino di preghiera per rafforzarci in questa
situazione che a volte diventa un po’ pesante.
D. – Quale brano del Vangelo sta vivendo la piccola
comunità cattolica in Turchia?
R. – Preferirei al momento presente riferirmi alla prima
lettera di Pietro: “Siate sempre pronti a rendere testimonianza della speranza
che è in voi”. Qui, di speranza c’è molto bisogno.
D. – E quale parola attendete dal Papa?
R. – Una parola che ci confermi nella nostra identità,
nella gioia di sentirci cristiani, che non è un peso ma
è un privilegio, e al tempo stesso nell’impegno di testimoniare questa speranza
che è il sangue della fede e che ci permette di andare al di là delle
difficoltà che si incontrano ogni giorno.
D. – Cosa chiedete alla Chiesa universale? Quale aiuto?
R. – C’è l’aiuto della comunione dei Santi, che è la
preghiera. E l’altro aiuto è rendersi conto che ci siamo anche noi, cioè che
esiste una piccola comunità cristiana che, tra l’altro, è erede delle prime
comunità cristiane …
D. – C’è bisogno anche di aiuto materiale, economico?
R. – Siamo Chiese “senza fondo”, nel senso che quando arrivano dei soldi, finiscono subito; Chiese che
hanno bisogno veramente di essere un po’ sostenute anche economicamente, e
questo spiega il mio continuo viaggiare da qui all’Italia, alla Germania, alla
Turchia, avanti, indietro, sempre in una ricerca di sostegni economici che ci
permettano di andare avanti.
D. – Non è facile essere cristiani di frontiera?
R. – Siamo cristiani con tutte le
difficoltà che si possono provare, diciamo, anche in Europa, con qualche cosa
in più: che non ci troviamo in un ambiente cristiano, ma siamo una minoranza
all’interno di un mondo musulmano: ed essere minoranza in un mondo musulmano
non è la stessa cosa che essere minoranza in Europa.
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SOLLECITARE CON FORZA GLI STATI RICCHI
NELL’ACCESSO ALLE CURE IDONEE
PER I
MALATI IN POVERTA’, SPECIALMENTE QUELLI COLPITI DA VIRUS COME AIDS O TBC:IL CONCETTO RIBADITO CON URGENZA DURANTE LA CONFERENZA
INTERNAZIONALE SULLE MALATTIE INFETTIVE, TERMINATA IERI IN VATICANO
-
Intervista con mons. José L.
Redrado -
Si è
conclusa ieri l’importante Conferenza internazionale sul tema delle malattie
infettive, che ha visto centinaia di esperti di ogni parte del mondo intervenire
in Vaticano su temi delicati come la cura e l’assistenza umana e spirituale ai
malati di AIDS, tubercolosi, malaria, febbri emorragiche. Promossa dal Pontificio
Consiglio per la Pastorale della salute, la conferenza è culminata con
l’udienza concessa due giorni fa da Benedetto XVI agli oltre 530 partecipanti.
Udienza durante la quale il Papa ha ribadito l’urgenza che i governi si
adoperino per consentire l’accesso alle cure per i più poveri, invitando la Chiesa
ad assisterli con lo stile di carità che animò Cristo. Sul punto, ecco la
riflessione di mons. José Luis Redrado,
segretario del dicastero organizzatore, intervistato da Giovanni Peduto:
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R. - Proprio la parola “pastorale” è quella che viene sottolineata nel nostro programma, cioè l’approccio
che realmente noi credenti dobbiamo avere per l’uomo che soffre, qualunque sia
la malattia. In questa conferenza, però si è parlato delle malattie infettive,
quelle malattie che già suscitano problematiche individuali, collettive, paure.
Ci sono tanti aspetti che realmente attirano tanto l’attenzione. E’ difficile
stare accanto ad un ammalato in genere, ma le malattie infettive provocano
atteggiamenti molto diversi, che di solito non suscita il malato in genere.
D. – Eccellenza, come coinvolgere gli Stati in una lotta
più efficace contro le malattie infettive?
R. – Ogni volta che lo Stato viene
coinvolto, il migliorare la lotta contro quello che è negativo nella
popolazione giova allo Stato. Lo Stato deve pensare che se ha una nazione ricca
in salute, è ricca in tanti altri aspetti. Pertanto credo sia molto importante
che lo Stato si coinvolga nella realtà della salute della sua popolazione.
D. – Eccellenza, il costo delle medicine che talvolta
impedisce agli ammalati dei Paesi poveri di accedere alle cure necessarie è un
problema molto serio…
R. – Perché - mi domando io stesso - ci sono malati ricchi
e malati poveri? Malati ai quali noi realmente non possiamo dare medicinali e
malati che hanno tanto in abbondanza. Questo è ingiusto. Anche qui, Stato,
gruppi e così via devono farsi carico di questa ingiustizia e fare tutto ciò
che è possibile per rimediare.
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26 novembre 2006
RENDERE LA FRANCIA UN
PAESE PIÙ ATTENTO ALLE ESIGENZE DI GIUSTIZIA
DI OGNI INDIVIDUO: QUESTO IL TEMA
DELL’81.MA SETTIMANA
SOCIALE DEI CATTOLICI FRANCESI
- Intervista con Franco Garelli
-
“Che cos’è una
società giusta?”: su questo interrogativo hanno riflettuto i partecipanti
all’81.ma sessione delle Settimane sociali dei
cattolici francesi, che si conclude oggi a Parigi. Economisti, filosofi,
sociologi, teologi e altri esponenti della cultura si sono confrontati, tra
conferenze e dibattiti, sul come rendere la Francia un
Paese più attento alle esigenze di giustizia di ogni individuo. Ma in che contesto
ecclesiale si è svolto l’incontro? Qual è l’impegno e il ruolo dei cattolici
nella Chiesa francese? Ada Serra lo ha chiesto al professor Franco Garelli, presente a Parigi in qualità di segretario del
Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali in Italia:
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R. - Nella Chiesa francese, c’è una particolarità rispetto
ad altre, rispetto ad esempio a quella italiana. Lì ci
sono poche iniziative dell’istituzione ecclesiale, perché questa ha una
presenza più sobria, meno diffusa, anche meno consistente dal punto di vista
della struttura. Quindi, c’è più spazio anche per il laicato. I cattolici
francesi hanno pochi momenti di incontro, ma tutti molto intensi e molto attivi.
Rispetto, però, ad esempio all’organizzazione della Settimana sociale italiana,
lì non si tratta di delegati delle realtà religiose ecclesiali di base, ma di
una libera partecipazione di cattolici francesi a questo evento.
D. - Quali sono le sfide maggiori, secondo lei, che devono
fronteggiare i laici cattolici francesi? Quindi, che risonanza può avere questo
evento della Settimana Sociale?
R. - Ha la risonanza, anzitutto, di contribuire al
dibattito culturale, che comunque è vivo nella società francese. Anche la Francia è alle prese con tutta una serie di problemi tipici
della modernità: la difficoltà di integrazione, di legame sociale, la
marginalità di una serie di giovani, soprattutto nelle banlieau delle grandi città.
Quindi, da un lato, il bisogno di partecipare con le idee, con la riflessione,
a questa esigenza di avere nuove fonti di pensiero, di identificazione.
Dall’altro lato, può essere una riflessione specifica del mondo cattolico francese,
che vive come minoranza in una società, ma non matura un senso di appartenenza
conflittuale ad altre culture o ad altre minoranze.
D. - In un contesto europeo sempre più secolarizzato, come
possono i laici cristiani offrire una presenza incisiva e una testimonianza
credibile?
R. - Oggi c’è molto spazio tra i laici e i credenti nella
società, nel senso che nessuno ha delle ricette facili per questioni rilevanti,
che riguardano sia la società, sia la ricerca di senso dell’individuo: il
problema di attingere alla propria memoria di senso, di significato, di
esperienza per cammini rilevanti, ma insieme a tutti gli uomini di buona
volontà. Oggi è importante che ogni area culturale faccia la sua parte e
attinga a delle fonti di significato e di ricerca e contribuisca a creare le
ragioni della speranza. A livello di contesto europeo, molti Paesi possono
essere indubbiamente alle prese con la difficoltà di avere delle radici o di
ritrovare al proprio interno delle condizioni di convivenza positiva tra
culture diverse. Credo che anche i credenti siano chiamati a riscoprire le
radici della propria memoria, della propria storia, e ad attualizzarle: di
fronte a identità religiose e culturali diverse si può essere sollecitati a
ripensare seriamente alle proprie, per offrire un contributo sempre nel segno
del confronto e del dialogo.
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ANTEPRIMA
MONDIALE, IN AULA PAOLO VI, DEL FILM “NATIVITY”,
CHE
NARRA GLI AVVENIMENTI CHE PORTARONO ALLA NASCITA DI GESU’
FINO
ALLA FUGA IN EGITTO DELLA FAMIGLIA DI NAZARETH
-
Intervista con Catherine Hardwicke
-
L’Aula Paolo
VI in Vaticano sarà teatro, questo pomeriggio alle 17.30, dell’anteprima
mondiale del film “Nativity” della regista americana,
Catherine Hardwicke. Il
film condensa il racconto evangelico della nascita di Gesù e del viaggio che
Maria e Giuseppe intrapresero verso Betlemme e, successivamente, alla volta
dell’Egitto, per sfuggire ad Erode. Tra i presenti all’anteprima, saranno i cardinali Sergio Sebastiani e
Giovanni Cheli, gli arcivescovi John
Patrick Foley, Paul Cordes e Angelo Comastri e i vescovi Renato Boccardo e Melchor Sanchez. L’anteprima
del film, distribuito in Italia dalla Eagle Pictures, sarà l’occasione per un momento di riflessione e
di preghiera, e anche per la promozione di un gesto di carità: prima della
proiezione, l’attore Gigi Proietti leggerà i Vangeli della Natività e una
preghiera dedicata al Natale scritta da mons. Angelo Comastri. Inoltre, sarà
lanciato il progetto di una raccolta di fondi per la costruzione di una scuola
nel villaggio di Mughar in Galilea, dove convivono
cristiani, drusi e musulmani. Quest’ultima iniziativa è promossa dall’arcivescovo
greco-melkita di Akka.
L’uscita del film nelle sale di tutto il mondo è prevista per il primo
dicembre. Il servizio di Rosario Tronnolone.
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“Nativity” è un film che si apre
con la Strage degli innocenti e si chiude col Magnificat, che racconta la
storia di un amore che nasce, di Maria per Giuseppe, e quella di un amore
eterno, di Dio per l’uomo. La regista Catherine Hardwicke guarda il Natale attraverso gli occhi di Maria,
di cui offre un ritratto sottile e insolito, e alla cui adolescenza rivolge
sguardi attenti e inteneriti. Maria ci viene mostrata
nella povera quotidianità di Nazareth, tra le ragazze del suo villaggio, intente alla semina. Keisha Castle-Hughes, la giovanissima attrice che la interpreta,
ha un volto che sa incupirsi di caparbietà infantile e illuminarsi di fiducia.
Non è la più graziosa, non è la più vivace, non è la prima su cui si sofferma
il nostro sguardo. Niente indica in lei l’eccezionalità della prescelta.
Eppure, per un disegno misterioso, è lei che Dio ha benedetto fra le donne. Catherine Hardwicke spiega così
il fascino che il personaggio di Maria ha esercitato su di lei:
“Ho cominciato a pensare alle ragazzine di tredici o
quattordici anni che conosco, a come si sarebbero sentite, come avrebbero
reagito se i genitori avessero imposto loro di sposare un uomo, e poi se un
angelo avesse loro annunciato: “Darai alla luce il Figlio di Dio”. Mi è
sembrato straordinario immaginare una ragazzina che cerca di confrontarsi con
un fatto così grande, e questo mi ha molto interessata. Volevo che Maria avesse
un aspetto mediterraneo, una bella carnagione olivastra, che fosse molto giovane
e vulnerabile, ma con una bellezza nel cuore e con una grande pace interiore,
tale da permetterle di affrontare queste difficoltà”.
Frutto di un approfondimento fedele alle pagine dei
Vangeli di Matteo e di Luca, il film riempie gli spazi tra le righe con
accurate ricerche storiche ed efficaci annotazioni psicologiche. Alla vivacità
in continuo movimento della comunità di Nazareth, si contrappone il mondo
livido e immobile dei potenti. Erode, cui Ciaran Hinds presta un volto che ha la fissità grave delle
maschere funebri, è ossessionato dalla paura di perdere il potere e si sta,
appunto, costruendo una tomba.
Nella rappresentazione della nascita di Cristo il film
perde di originalità, o piuttosto non la cerca, preferendo una raffigurazione
tradizionale del presepe, quasi che il cinema facesse un passo indietro per
inchinarsi al Mistero, al modo semplice con cui esso parla al nostro cuore sin
dall’infanzia.
Il Magnificat, dicevamo, chiude il film, ma pervade in
realtà ogni scena. Saltato nel racconto filmico al momento della visita ad
Elisabetta, ritorna invece nel finale, durante la fuga in Egitto, quando Maria,
nell’immensità del deserto, medita nel suo cuore le parole sgorgate nel pieno
della gioia. Catherine Hardwicke
spiega così le ragioni di questa scelta:
“Perché sentivo che in questo momento della sua vita Maria
ha finalmente assorbito, imparato, compreso. È cresciuta come persona ed è cresciuta
nella fede. In un certo senso il Magnificat al momento della Visitazione
sembrava un’espressione troppo matura, mentre alla fine Maria lo sente profondamente in se stessa e può pronunciare quelle
bellissime parole”.
“Grandi cose ha fatto l’Onnipotente”, dice Maria nel
Magnificat: si è fatto compagnia agli uomini, pellegrini nel deserto.
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26 novembre 2006
“I SACERDOTI
AIUTANO TUTTI. AIUTA TUTTI I SACERDOTI”: CON QUESTO SLOGAN, SI CELEBRA OGGI
CLERO, INDETTA DALLA CEI: 26 MILA LE PARROCCHIE COINVOLTE
ROMA. = Lo slogan che
accompagna l’odierna Giornata nazionale italiana per il sostentamento del
clero, indetta dalla Conferenza episcopale italiana e giunta al XVIII appuntamento,
dice: “I sacerdoti aiutano tutti. Aiuta tutti i sacerdoti”. Nelle 26 mila
parrocchie italiane, i fedeli possono ricevere tutte le informazioni necessarie
su come aiutare il clero e, in particolare, su come dedurre fiscalmente le
offerte dirette alla Chiesa. Ma
NESSUNA
GIUSTIZIA SENZA
SI
MOBILITERANNO PER
ROMA.
= L’appuntamento per dire “No alla pena di morte” è per giovedì prossimo, 30
novembre, quando 500 città del mondo, tra cui 33 capitali, si collegheranno con
Roma e daranno vita “Città per la vita, città contro la pena di morte”, una
mobilitazione internazionale contro le esecuzioni capitali. L’iniziativa, dallo
slogan “No justice without life – Nessuna giustizia senza la vita”, è promossa
dalla Comunità di Sant’Egidio ed ha raggiunto ormai
la quinta edizione, con l’obiettivo di fermare ovunque tutte le condanne a morte.
All’evento aderiscono le principali associazioni internazionali per i diritti
umani, tra cui Amnesty International
e FIACAT: per l’occasione, i monumenti simbolo delle città coinvolte verranno illuminati per richiamare l’attenzione su questa
tragica realtà.
“LIVE
SIMPLY”: È IL TITOLO DELLA CAMPAGNA LANCIATA OGGI IN INGHILTERRA E
GALLES
DA DIVERSE ORGANIZZAZIONI CATTOLICHE PER CONVINCERE I CITTADINI
A
“VIVERE CON MAGGIORE SEMPLICITÀ”
LONDRA. = Convincere cattolici e
non a “vivere con maggiore semplicità”: è questo l’intento di “Live simply”, la campagna lanciata oggi in Inghilterra e Galles
dall’Organizzazione cattolica per il Terzo Mondo (CAFOD), dal Catholic Charismatic Renewal, il movimento carismatico, e dalla National Board of Catholic women, che rappresenta le donne cattoliche nel Paese. Come
riferisce l’agenzia SIR, l'iniziativa, in vista del 40.mo
anniversario dell’Enciclica di Paolo VI, Populorum progressio (26 marzo 1967), ha il patrocinio
del vescovo di Portsmouth, Roger Francis
Crispian Hollis, e
dell’arcivescovo di Birmingham, Vincent Gerard Nichols. Gli organizzatori
invitano a partecipare alla campagna per un commercio equo e solidale, per la
cancellazione del debito dei Paesi del Terzo Mondo e per condizioni migliori
nell’industria delle miniere d’oro, incoraggiando l’acquisto di regali etici
come libri di scuola per un bambino asiatico o africano. Con lo scopo di raggiungere
anche i non cattolici, nel 2007 verrà lanciata anche
una “Promise Bank”, una “Banca delle promesse”, dove
sarà possibile depositare, via Internet, le proprie promesse di cambiamento di
vita. (R.M.)
“INSIEME
CON, INSIEME PER - LEGAMI ASSOCIATIVI E AZIONE VOLONTARIA”:
È IL TITOLO
DELLA CONFERENZA ORGANIZZATIVA DELLE ACLI, IN PROGRAMMA A BARI, NEL SUD ITALIA,
DAL 7 AL 9 DICEMBRE
BARI. = Sono circa 700 i
dirigenti delle Associazioni cristiane lavoratori italiani attesi a Bari, dal 7
al 9 dicembre, in occasione della Conferenza organizzativa e programmatica
delle ACLI. Due i temi principali in esame: i legami associativi e l’azione
volontaria. “Dono e relazione – spiega il presidente Andrea Olivero – ossia
azione volontaria e libero legame tra persone che condividono un progetto di
società migliore sono gli elementi fondanti dell’esperienza di impegno civile
delle ACLI”. “Tornare ad affermare il valore dei legami e della fedeltà che ne
scaturisce – aggiunge – è un modo per le ACLI di vivere la spiritualità
cristiana, radicata nel legame comunitario ed ecclesiale, a partire dall’adesione
al messaggio evangelico”. Quanto all’azione volontaria, Olivero ribadisce che
“essa rappresenta la linfa e il nutrimento quotidiano per la nostra vita
associativa”, non solo perché si tratta di un’azione gratuita, ma soprattutto
perché fa riferimento a “quella libertà di scelta che la rende possibile”. Il
volontariato, conclude il presidente delle ACLI, “riconduce all’economia del
dono che, in un contesto sociale e culturale sempre più dominato dallo scambio
e dalla logica di mercato, costituisce un modello alternativo, un valore
aggiunto del nostro modo di produrre la coesione sociale”. (I.P.)
SONO PIÙ DI
600 LE RELIGIONI PRATICATE IN ITALIA: LO RIVELA IL RAPPORTO DEL CESNUR. IN
CRESCITA I TESTIMONI DI GEOVA, GLI ISLAMICI E GLI ORTODOSSI
ROMA. = Sono più di 600 le fedi religiose,
sia quelle istituzionali che quelle così dette “new age”,
praticate in Italia. È quanto risulta dal censimento del CESNUR (Centro studio
delle nuove religioni), illustrato nel volume “Le religioni in Italia”,
pubblicato da Elledici. Tra i dati più rilevanti, c’è
la crescita dei Testimoni di Geova, degli islamici e
degli ortodossi, ma il volume analizza anche i gruppi che praticano
l’occultismo e lo spiritismo. “In Italia – spiega Massimo Introvigne,
direttore del CESNUR – grazie agli immigrati, sono cresciuti i Testimoni di Geova, che hanno a disposizione le cosiddette ‘sale del regno’ specializzate in lingue arabe”. “Una crescita
spettacolare – continua – si registra anche per l’islam e l’Ortodossia
orientali, che sono religioni relativamente nuove in Italia, specialmente in
alcune varianti e forme arrivate negli ultimi anni con gli immigrati”. Introvigne si sofferma poi sul concetto di “religione fai-da-te”, che non sfocia nell’adesione a gruppi
organizzati, ma piuttosto in esperienze individuali: “Si tratta - dice - di un
bricolage di idee tratte dalle fonti più svariate, dal Papa al Dalai Lama, cosicché molti dichiarano di credere insieme
alla Resurrezione e alla reincarnazione”. Secondo il direttore del CESNUR, per
quanto riguarda l’Islam, eventuali nuove sanatorie “potrebbero in pochi mesi
fare aumentare il numero dei musulmani italiani, attualmente stimati intorno
alle 925 mila unità, che potrebbero diventare un milione nel
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26 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In furiosi scontri avvenuti nel sud dell’Afghanistan sono
rimasti uccisi almeno 57 presunti ribelli talebani. Lo hanno annunciato fonti
della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF), aggiungendo che
un militare della NATO è morto in seguito ad un incidente.
Un attacco suicida, verificatosi ieri sera in una provincia al confine con il Pakistan,
ha poi provocato la morte di 7 civili. Nella turbolenta provincia meridionale
di Helmand, è stato sequestrato inoltre un
collaboratore pakistano dell’Agenzia di stampa italiana AdnKronos.
In Iraq, almeno cinque persone sono morte per
l’esplosione di un’autobomba in un affollato mercato a sud di Baghdad. A
Baluba, 8 ribelli sono rimasti uccisi durante scontri con agenti della polizia.
Sempre a Baquba, le forze americane hanno ucciso 4
presunti terroristi, ritenuti legati al braccio iracheno di
Al Qaeda. Intanto, alcuni
capi tribù dell’area sunnita di al
Anbar hanno offerto collaborazione agli Stati Uniti
per contrastare i miliziani di al Qaeda. “Noi
conosciamo la regione, sappiamo dove si nascondono. Dateci armi e mezzi e
trasformeremo la provincia in un posto sicuro”, ha promesso uno sceicco. Sul
versante politico, il presidente iracheno Jalal Talabani, si recherà domani a Teheran
per una visita ufficiale. I partiti sunniti hanno poi reso noto che non
abbandoneranno il governo del premier Nuri al Maliki.
Nella Striscia di Gaza è entrata in vigore, questa
mattina, la tregua concordata dal premier israeliano, Ehud
Olmert, e dal presidente palestinese, Abu Mazen. Sul cessate-il-fuoco, che sembra
reggere nonostante il lancio di diversi razzi da parte di estremisti palestinesi.
Il nostro servizio.
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Israele ha ritirato le proprie forze dalla Striscia di Gaza ma non è terminato, come stabilito nell’accordo, il
lancio di razzi da parte di estremisti palestinesi verso lo Stato ebraico. Gli
attacchi, rivendicati dalla Jihad islamica, non hanno
comunque provocato né morti né feriti e non ci sono stati, finora, altri
episodi di violenza. I principali movimenti
palestinesi hanno ribadito di voler rispettare la tregua e nella regione sono
anche state schierate forze di sicurezza palestinesi. Un portavoce della
Jihad islamica ha però dichiarato che il cessate-il-fuoco non è accettabile fin
quando Israele non si impegnerà ad estendere la tregua anche alla Cisgiordania.
Abu Mazen ha condannato la
violazione dell’accordo da parte di estremisti palestinesi ed Ehud Olmert ha detto che, per il
momento, Israele non reagirà. Il ministro della Difesa israeliano ha precisato
che le operazioni militari nella Striscia di Gaza riprenderanno nel caso in cui
non dovesse arrestarsi immediatamente il lancio di razzi palestinesi contro lo
Stato ebraico.
Ma la tregua siglata ieri sembra, comunque, una nuova
pagina per dare ulteriore linfa al difficile processo di pace in Medio Oriente.
“Dobbiamo considerarla come l’avvio di un’opportunità”, come “l’alba di un
nuovo giorno” ha detto il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi
Livni. La tregua potrebbe anche accelerare gli sforzi
per arrivare ad uno scambio di prigionieri palestinesi col caporale israeliano
rapito a giugno in una incursione sferrata da alcuni
gruppi militanti palestinesi. E’ stato proprio quell’episodio
ad innescare l’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza.
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“L’ordine di
uccidere la giornalista Anna Politkovskaya è arrivato
direttamente da Vladimir Putin”. Lo ha detto l’ex
colonnello del Kgb, Alexander
Litvinenko, pochi giorni prima di morire a Londra a
causa di un veleno. Intanto, i detective di Scotland Yard non escludono
nessuna pista, neanche quella che porta al suicidio.
Ancora tragedie in
miniere cinesi: almeno 53 minatori sono morti a causa di potenti esplosioni
avvenute in due impianti minerari nel sud. Le miniere della
Cina sono tra le più pericolose del mondo: migliaia di minatori muoiono
ogni anno a causa di esplosioni, incendi ed allagamenti. La produzione di
carbone riesce a soddisfare il 70 per cento del fabbisogno energetico della Cina ma i minatori non sono, nella maggior parte dei
casi, adeguatamente tutelati.
Nel sud delle Filippine, continuano le
ricerche di 21 passeggeri dispersi in seguito al capovolgimento di un
traghetto, avvenuto ieri al largo dell'isola di Hinatuan
e costato la vita, finora, a 14 persone. Autorità locali hanno precisato che,
finora, sono stati tratti in salvo 66 passeggeri.
In
Messico, almeno nove persone sono rimaste ferite in scontri con agenti durante
una manifestazione di protesta avvenuta ieri sera a Oaxaca.
In questa città, gli insegnanti sono in sciopero e si sono alleati con i
movimenti indios e di sinistra nel tentativo di costringere
il governatore, accusato di corruzione, alle dimissioni.
Il
presidente cubano Fidel Castro non è morente ed è
pronto ad iniziare un “secondo mandato”. Lo ha affermato il capo di Stato venezuelano, Hugo Chàvez, mostrando una
lettera del leader cubano. La dichiarazione giunge mentre
Cuba si appresta a celebrare gli 80 anni di Castro e il cinquantenario della
rivoluzione.
Nove milioni di
ecuadoriani sono chiamati oggi all’appuntamento con le urne per scegliere il
nuovo capo di Stato. I candidati, arrivati all’odierno ballottaggio, sono
l’imprenditore di destra, Alvaro Noboa, e
l’economista di sinistra, Rafael Correa. Il servizio di Luis
Badilla:
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Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio, a differenza di
previsioni meno recenti, il candidato della sinistra, Rafael Correa. Secondo
l’Istituto Cedatos-Gallup, il recente calo di consensi
verso l’imprenditore Noboa, considerato l’uomo più
ricco dell’Ecuador, è dovuto all’eccessiva enfasi con
cui l’imprenditore ha cercato di conquistare i favori delle fasce più povere
della popolazione. Secondo diversi analisti le sue promesse, unite ad un eccessivo
anticomunismo e a riferimenti spregiudicati alla religione, non sono ritenute
credibili. L’esito finale della consultazione appare comunque incerto, poiché
il 17 per cento degli intervistati ha affermato di essere ancora indeciso. Il
nuovo capo di Stato sarà chiamato, a partire da lunedì, ad affrontare sfide
decisive, tra le quali l’estrema povertà: secondo l’ONU, circa il 65 per cento
dei quasi 14 milioni di ecuadoriani vive in condizioni economiche precarie.
Legato a questo dramma ci sono poi i gravi fenomeni della prostituzione e del
lavoro nero che coinvolgono migliaia di bambine e bambini. A causa di questa
difficile situazione economica, centinaia di migliaia di ecuadoriani sono
inoltre stati costretti ad emigrare negli Stati Uniti o in Europa, in
particolare in Spagna e in Italia. Sulle elezioni presidenziali, i vescovi
dell’Ecuador hanno sottolineato, in un messaggio diffuso dopo il primo turno,
di sperare in un responsabile e serio impegno da parte del futuro capo di
Stato. I presuli auspicano anche una migliore distribuzione della ricchezza, un
riscatto della morale pubblica e l’eliminazione della corruzione.
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Urne aperte oggi
anche in Polonia per il secondo turno delle elezioni amministrative. Sono 827 i
comuni chiamati ad eleggere i rispettivi sindaci. Grande attesa per l’esito
delle votazioni a Varsavia, dove l’ex premier, Kasimierz Marcinkiewicz, appoggiato dal governo, ha
ottenuto, al primo turno, il 38,4 per cento delle preferenze rispetto al 32,4
per cento della sfidante Hanna Gronkiewicz.
Il clima elettorale è tranquillo e i seggi rimarranno aperti fino alle 20,
tranne nella capitale dove, a causa del ritardo nell’apertura di una sede
elettorale nel centro città, la chiusura delle votazioni verrà
fatta slittare di un’ora.
Ed oggi si è votato anche in Svizzera, dove i cittadini si
sono pronunciati, tramite referendum, su due quesiti. Il primo era il
cosiddetto “miliardo si solidarietà”, ossia la legge
che prevede di destinare nei prossimi dieci anni un miliardo di franchi di
aiuti (pari a circa 630 milioni di euro) ai dieci nuovi membri dell’Unione
Europea, di cui
L’opposizione
sciita del Bahrein ha ottenuto oltre il 40 per cento
dei seggi alla Camera dei deputati nelle parlamentari tenutesi ieri. Lo hanno
reso noto fonti locali precisando che sono stati
eletti 16 candidati dell’Associazione di intesa nazionale islamica, principale
forza di opposizione sciita. Alla votazione ha partecipato il 72 per cento
degli aventi diritto. I risultati elettorali
dovrebbero essere confermati in giornata dal ministro
della giustizia.
Tre
soldati indiani e un abitante di un villaggio hanno perso la vita nel corso di
scontri tra l’esercito indiano e presunti militanti islamici nel Kashmir, la
regione a maggioranza musulmana contesa tra India e Pakistan. Lo ha reso noto,
stamani, un portavoce dell’esercito di Nuova Delhi precisando che i combattimenti
sono avvenuti nel distretto di Baramulla, 60
chilometri a nord della capitale estiva Srinagar.
L’esercito del Ciad
ha ripreso, senza ricorrere alle armi, il controllo di Abeche,
città caduta ieri nelle mani dei ribelli. L’Agenzia per i rifugiati delle
Nazioni Unite (UNHCR) ha reso noto, intanto, che i continui combattimenti nella
parte orientale del Paese mettono a rischio la distribuzione di aiuti umanitari
per oltre 200 mila rifugiati del Ciad e del Sudan. L’UNHCR gestisce vicino al
confine tra i due Stati 12 campi dove si trovano circa 218 mila rifugiati
sfuggiti alle violenze nella regione sudanese del Darfur
e quasi 90 mila ciadiani costretti a lasciare le loro
case a causa degli scontri, nell’est, tra insorti e soldati governativi.
Il leader del partito Forza Italia, Silvio Berlusconi, è
stato colto da un
malore durante il suo intervento al convegno di Montecatini. Poco prima,
Berlusconi aveva esortato “tutte le forze della Casa delle libertà a fondersi
in un unico partito”. Il convegno è stato sospeso e Berlusconi è stato
sottoposto a visita cardiologica.
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