RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 329- Testo della trasmissione di sabato 25 novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Di fronte ai tentativi di scardinare le radici cristiane della civiltà occidentale, la stampa cattolica punti alla formazione dell’opinione pubblica secondo lo spirito del Vangelo: è l’esortazione di Benedetto XVI ai giornalisti della Federazione italiana settimanali cattolici, ricevuti in Vaticano. Con noi, don Giorgio Zucchelli

 

Cresce l’attesa per il viaggio del Papa in Turchia: allo studio la visita del Papa alla Moschea Blu di Istanbul

 

Mons. Dominique Mamberti ad “Avvenire”: “Sono certo che la società turca non mancherà di dimostrare la sua tradizionale accoglienza al Papa”

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Moltissime le iniziative internazionali per la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne: un miliardo le vittime di abusi, spesso tra le pareti domestiche. Intervista con Anna Boldri, Luca Lopresti e Barbara Pollastrini

 

Con il settimanale “Famiglia Cristiana” esce il calendario con le foto del Papa: la rivista devolve un euro per ogni copia venduta al progetto di un villaggio in Rwanda: ce ne parla Maurizio De Paoli

 

Il commento di padre Marko Ivan Rupnik al Vangelo di domani

 

CHIESA E SOCIETA’:

Sarà presentato nei prossimi giorni il nuovo testo della pastorale approvato dalla Conferenza episcopale spagnola

 

La Commissione degli episcopati della Comunità Europea in un messaggio ha precisato il ruolo dell’impronta cristiana nel progetto europeo

 

Svoltosi nei giorni scorsi a Fatima il 33.mo Incontro nazionale di pastorale degli zingari

 

La Chiesa del Vietnam ha pubblicato il suo primo calendario ufficiale

 

Scuola gratis in Sudafrica per 5 milioni di bambini

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, 22 ribelli e un civile uccisi dalle forze della coalizione. Trovati, a Baghdad, 21 corpi senza vita

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 novembre 2006

 

 

DI FRONTE AI TENTATIVI DI SCARDINARE LE RADICI CRISTIANE DELLA CIVILTA’

OCCIDENTALE, LA STAMPA CATTOLICA PUNTI ALLA FORMAZIONE DELL’OPINIONE

PUBBLICA SECONDO LO SPIRITO DEL VANGELO: E’ L’ESORTAZIONE DEL PAPA

AI GIORNALISTI DELLA FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI,

 RICEVUTI STAMANI IN VATICANO

- Con noi don Giorgio Zucchelli -

 

La stampa cattolica ha il compito di formare l’opinione pubblica secondo lo spirito del Vangelo: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nell’udienza di stamani ai partecipanti all'Incontro promosso dalla FISC, la Federazione italiana settimanali cattolici sul tema “Cattolici in politica. Liberi o dispersi?”. Il Papa ha messo l’accento sul ruolo dei periodici diocesani non solo per l’azione pastorale della Chiesa, ma anche come palestre di confronto tra idee per la crescita della comunità civile ed ecclesiale. La delegazione, ricevuta nella Sala Clementina del Palazzo apostolico, è stata guidata da mons. Giuseppe Betori, segretario della Conferenza episcopale italiana, e dal presidente della FISC, don Giorgio Zucchelli. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Obiettivo della stampa cattolica “è di offrire a tutti un messaggio di verità e di speranza, sottolineando fatti e realtà dove il Vangelo è vissuto, il bene e la verità trionfano”: è l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto ai direttori e giornalisti delle oltre 160 testate diocesane riunite nella Federazione italiana settimanali cattolici. Un compito, ha sottolineato il Papa, che si rivela ancor più urgente oggi:

 

“Di fronte ad una multiforme azione tesa a scardinare le radici cristiane della civiltà occidentale, la peculiare funzione degli strumenti di comunicazione sociale di ispirazione cattolica è quella di educare l’intelligenza e formare l’opinione pubblica secondo lo spirito del Vangelo”.

 

“Il rapido evolversi dei mezzi di comunicazione sociale” e l’avvento di “avanzate tecnologie nel campo dei media”, ha proseguito, non ha reso vana la funzione dei giornali diocesani, giacché “danno voce alle comunità locali che non possono trovare eco adeguata nei grandi organi di informazione”. I vostri periodici, ha detto il Papa, sono un “prezioso veicolo di informazione e un mezzo di penetrazione evangelica”. Grazie alla loro “capillare diffusione”, ha poi riconosciuto, i settimanali cattolici possono “giungere anche là dove non si riesce ad incidere con i tradizionali strumenti della pastorale”. Ha così sintetizzato il valore aggiunto che la stampa cattolica può offrire a tutta la società italiana:

 

“I vostri settimanali sono poi definiti giustamente ‘giornali del popolo’, perché restano legati ai fatti e alla vita della gente del territorio e tramandano le tradizioni popolari e il ricco patrimonio culturale e religioso dei vostri paesi e città. Raccontando le vicende quotidiane, fate conoscere quella realtà intrisa di fede e di bontà che non fa rumore, ma costituisce l’autentico tessuto della società italiana”.

 

Il Pontefice ha quindi esortato i direttori delle testate cattoliche a far sì che i loro giornali continuino ad essere “giornali della gente tra la gente”, “palestre di confronto e di dibattito leale fra opinioni diverse, così da favorire un autentico dialogo, indispensabile per la crescita della comunità civile ed ecclesiale”. Se il “legittimo pluralismo delle scelte politiche non ha nulla a che fare con una diaspora culturale dei cattolici”, ha rilevato, è allora ancor più significativo il ruolo che la stampa cattolica può svolgere “anche in campo sociale e politico”:

 

“I vostri settimanali possono rappresentare alcuni significativi ‘luoghi’ d’incontro e di attento discernimento per i fedeli laici impegnati in campo sociale e politico, al fine di dialogare e trovare convergenze ed obiettivi di azione condivisa al servizio del Vangelo e del bene comune”.

 

Per portare a compimento questo impegno, è stata la sua esortazione, coltivate sempre “una rapporto costante e profondo con Cristo nella preghiera”. Quanti lavorano nei settimanali cattolici, ha concluso, non svolgono “un qualsiasi lavoro”, ma sono “cooperatori della grande missione evangelizzatrice della Chiesa”.

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La Federazione italiana Settimanali Cattolici celebra, in questi giorni, i 40 anni dalla sua nascita. Un’iniziativa sorta, nel 1966, per dare maggiore visibilità e incisività all’azione pastorale della Chiesa italiana. Oggi, sono 162 i giornali che aderiscono alla Federazione con l’obiettivo di avere un settimanale per ogni diocesi. L’attivismo che si registra al Sud e al Centro in questi ultimi anni fa ben sperare. Ma quali sono le difficoltà che questi mezzi di comunicazione incontrano nel lavoro di tutti i giorni? Alessandro Guarasci lo ha chiesto a padre Giorgio Zucchelli, presidente della Federazione:

 

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R. – Le difficoltà sono quelle di penetrare nel territorio. Questa è la difficoltà principale, o perché ci sono dei concorrenti o perché non c’è una tradizione, anche di cultura. Molti ci dicono che la gente non legge, che non c’è una tradizione e così via, quindi non ha il coraggio di partire. Noi cerchiamo di aiutarli e di spingerli.

 

D. – Vi sentite portatori di un messaggio originale, innovativo nella società?

 

R. – Come no, è sempre il vecchio e il nuovo messaggio cristiano, che noi proponiamo tramite i media. E’ un linguaggio cristiano che si traduce in un linguaggio particolare, che è quello di leggere, di vedere tutta la realtà a 360 gradi, con gli occhi della fede e con i valori cristiani.

 

D. – Insomma, far coniugare fede e ragione…

 

R. – Certamente, è il punto fondamentale da quando Benedetto XVI sottolinea questo aspetto come una delle emergenze principali del nostro momento. Noi ci sentiamo a casa nostra, perché questo è proprio il nostro compito: di tradurre nella vita quotidiana, nelle scelte quotidiane, i valori evangelici che poi si sposano effettivamente con la ragione.

 

D. – Ma i lettori vi seguono, anche coloro che poi non frequentano le parrocchie in modo assiduo?

 

R. – Come no. Al nord, molti giornali, compreso il mio, sono leader del territorio, perché sono i giornali della città. Quindi, trattano tutti gli argomenti. Vivono veramente la cittadinanza, favorendo la partecipazione anche politica e sociale dei cittadini. Quindi, noi parliamo di avamposti della missione, perché noi, diversamente dagli altri strumenti di pastorale, quali possono essere la liturgia, la catechesi - che sono di importanza fondamentale ovviamente – noi possiamo arrivare anche là dove questi strumenti oggi non arrivano più, cioè nelle case di coloro che non frequentano la Chiesa. In tante diocesi è così.

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CRESCE L’ATTESA PER IL VIAGGIO DI BENEDETTO XVI IN TURCHIA,

SULLA SCIA DEI SUOI PREDECESSORI.

ALLO STUDIO LA VISITA ALLA MOSCHEA BLU DI ISTANBUL

 

Cresce l’attesa per l’ormai imminente viaggio del Papa in Turchia. Benedetto XVI partirà per Ankara fra tre giorni, martedì 28 novembre, per tornare il 1° dicembre. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha detto che è allo studio una breve visita del Papa alla Moschea Blu di Istanbul, subito dopo la visita al vicino Museo di Santa Sofia. Benedetto XVI è il terzo Pontefice che viene in questo Paese. Ma i legami con questa terra riguardano anche altri Papi: a partire da San Pietro che, secondo la tradizione, prima di giungere a Roma, è stato vescovo di Antiochia, dove per la prima volta i discepoli di Gesù sono chiamati “cristiani”. Una storia di rapporti che riguarda soprattutto il secolo scorso. Ascoltiamo in proposito il servizio di Sergio Centofanti.

 

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La Turchia nutre una particolare stima per Benedetto XV, il Papa della pace che cercò di fermare ”l’inutile strage” della Prima Guerra Mondiale. Si adoperò molto per il rimpatrio dei prigionieri turchi. A Istanbul, una statua lo ricorda con questa dedica: “Ad un grande Papa ...  benefattore dei popoli senza distinzione di nazionalità o di religione”.

 

Grande simpatia anche per Giovanni XXIII: Angelo Roncalli per 10 anni, dal 1934 al 1944, è stato delegato apostolico a Istanbul. E’ chiamato “l’amico dei turchi” e gli è stata intitolata una via.

 

Paolo VI è stato il primo Papa a compiere un viaggio apostolico in Turchia dove si reca nel luglio del 1967. Incoraggia le piccole comunità cristiane, specialmente “quelli che sono provati dalla sofferenza”, invitando i discepoli di Gesù a mantenere sempre “alta la fiamma della fede!” Qui incontra nuovamente il Patriarca ecumenico ortodosso Atenagora, dopo lo storico abbraccio a Gerusalemme nel 1964 e la cancellazione delle reciproche scomuniche di nove secoli prima: Papa Montini sottolinea la necessità di lavorare “fraternamente per trovare insieme le forme adatte e progressive per sviluppare ... la comunione che, sebbene imperfetta, già esiste”. Nel dialogo teologico ormai avviato – afferma – si tratta di rispettarsi  “nella legittima diversità delle tradizioni liturgiche, spirituali, disciplinari e teologiche”, badando “con la massima attenzione di non imporre nulla ... se non ciò che è necessario per poter ristabilire e conservare la comunione e l’unità”.  Paolo VI, prima del viaggio, aveva già restituito alle autorità turche un antico stendardo, preso al tempo della battaglia di Lepanto del 1571, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano. Sempre nel 1967, Paolo VI riceve il nuovo ambasciatore della Turchia assicurando la fedeltà dei cattolici alle autorità locali e nello stesso tempo chiedendo per loro il rispetto dei  diritti e  “piena libertà di azione”.

 

Giovanni Paolo II è il secondo Pontefice a recarsi in Turchia: è il novembre del 1979. Vuole condividere con gli ortodossi la Festa di Sant’Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli. Alle comunità cristiane dice: “Abbiate sempre il coraggio e la fierezza della vostra fede”. Ricorda la fedeltà della comunità armena  spesso “segnata da grandi prove e anche da profonde sofferenze”. A Istanbul, incontra il Patriarca ecumenico Dimitrios I, cui ricorda “che fra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli esistono particolari legami di fraternità e d’intimità, e che una collaborazione più stretta è naturale tra queste due Chiese”. “Occorre affrettare il passo verso la perfetta riconciliazione fraterna”. E aggiunge: “La domanda che dobbiamo porci non è tanto di sapere se possiamo ristabilire la piena comunione, ma ancor più se abbiamo il diritto di restare separati”. A Efeso, sotto gli occhi materni di Maria, dice: “noi siamo pronti a riconoscere i nostri reciproci torti, i nostri egoismi, le nostre lentezze: ella ha generato un Figlio unico, noi purtroppo glielo presentiamo diviso”.

 

Nel 1989, Papa Wojtyla riceve in Vaticano  la Conferenza episcopale della Turchia sottolineando con pena “il continuo esodo” dei cristiani turchi verso altri Paesi. Parla della “realtà quotidiana” del dialogo con la maggioranza musulmana e nello stesso tempo invita i cristiani a non avere paura “di manifestare la loro fede ad esempio di Gesù che non si è imposto ma ha fatto di tutta la sua esistenza un annuncio chiaro dell’amore offerto dal Padre a tutti gli uomini”. Nel febbraio del 2004, Giovanni Paolo II riceve il nuovo ambasciatore turco Osman Durak  evidenziando l’importanza dello Stato di diritto a garanzia dell’eguaglianza di trattamento di tutti cittadini. “La chiara distinzione tra la sfera religiosa e quella civile – rileva – permette ad entrambi di esercitare in modo efficace le proprie responsabilità”, in completa libertà di coscienza. Auspica quindi il riconoscimento dello “status giuridico della Chiesa” da parte delle autorità turche. I cattolici, ha aggiunto, non cercano “speciali privilegi” ma chiedono solo il rispetto dei “propri diritti fondamentali”.

 

Benedetto XVI sarà dunque il terzo Papa a visitare la Turchia. Avrebbe voluto farlo già l’anno scorso per la Festa di Sant’Andrea. In questa occasione, invia un messaggio al Patriarca ecumenico Bartolomeo I affermando che  “la Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata a promuovere ogni iniziativa utile a rafforzare la carità, la solidarietà e il dialogo teologico”. Manifesta quindi la speranza che si arrivi ad una “comunione sempre più profonda per superare quegli ostacoli che ancora rimangono”, al fine di “poter celebrare assieme la Santa Eucaristia, sacrificio di Cristo per la vita del mondo”. Nel luglio del 2005, il Papa esprime il suo vivo cordoglio per le vittime dell’attentato terroristico compiuto contro la stazione balneare di Kudasi inviando la sua speciale benedizione al popolo turco.  Nel settembre 2005 fa pervenire un messaggio ad un Convegno interreligioso organizzato ad Antiochia auspicando che “la libertà religiosa, inclusa quella delle minoranze, sia protetta”. 

 

Il 5 febbraio di quest’anno, don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum, viene ucciso mentre è in preghiera nella Chiesa di Santa Maria a Trebisonda. Benedetto XVI esprime il suo grande dolore e prega perché il sangue versato da quest’uomo di Dio “diventi seme di speranza per costruire un’autentica fraternità tra i popoli”.  Il 17 novembre scorso, incontrando la plenaria del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani,  Benedetto XVI ha speso parole di grande apprezzamento per il “nuovo slancio” del dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, ripreso a settembre in Serbia dopo una lunga sosta. Il Papa sottolinea la necessità di un “ecumenismo dell’amore”. Infatti, “l’amore accompagnato da gesti coerenti  crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità – afferma Benedetto XVI - promuove e illumina il dialogo della verità”.

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MONS. MAMBERTI AD “AVVENIRE”:

“SONO CERTO CHE LA SOCIETA’ TURCA NON MANCHERA’

DI DIMOSTRARE LA SUA TRADIZIONALE ACCOGLIENZA AL PAPA”

 

“Sono certo che la società turca … non mancherà di dimostrare ancora una volta la sua tradizionale accoglienza verso” il Papa, “Pellegrino di pace e di dialogo, che si reca in quel Paese sulle orme dei suoi predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo II, e nella memoria del Beato Giovanni XXIII”. E’ quanto afferma mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, in una intervista al quotidiano “Avvenire” che sarà pubblicata nell’edizione di domani.

 

Di fronte agli episodi “che potrebbero suscitare qualche comprensibile timore – sottolinea il presule - la Santa Sede ha già reagito nel senso di non amplificarli oltre la loro reale consistenza. Non dubito, d’altra parte – ha aggiunto - che le autorità civili hanno predisposto tutto quanto è necessario per garantire la sicurezza e un tranquillo svolgimento della visita”. Riguardo all’influenza che potrebbe avere sull’esito del viaggio il discorso del Papa a Ratisbona, mons. Mamberti ha parlato sì di un influsso, ma in positivo perché Benedetto XVI “potrà ribadire quello che ha già detto, chiarendo il suo pensiero, circa la stima nei confronti dei musulmani, la volontà del dialogo – che non è stagionale – la possibilità di collaborazione a servizio dell’uomo e della sua causa, superando incomprensioni e malintesi”.

 

Infine, riguardo alla questione dell’adesione della Turchia all’Unione Europea, mons. Mamberti ha rilevato che non c’è una posizione “ufficiale” della Santa Sede in merito. La Sede Apostolica – ha affermato – “segue con grande interesse la questione e rileva che il dibattito da tempo in corso e le posizioni manifestate in favore o contro l’ammissione della Turchia nell’Unione Europea manifestano che la posta in gioco è di estrema rilevanza. Certo – ha concluso – la Santa Sede ritiene che, in caso di adesione, il Paese debba rispondere a tutti i criteri politici convenuti al Vertice di Copenhagen del dicembre 2002 e, per quanto riguarda più specificamente la libertà religiosa, alle raccomandazioni contenute nella decisione relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato per l’adesione della Turchia del 23 gennaio 2006”.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, l’arcivescovo di Pescara-Penne, Tommaso Valentinetti, e quello di Teramo-Atri, Michele Seccia, invisita ad Limina.

 

In Tanzania, il Papa ha nominato arcivescovo di Tabora mons. Paul R. Ruzoka, finora vescovo di Kigoma.

 

In India, il Pontefice ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Verapoly mons. Joseph Karikassery, vicario generale della medesima arcidiocesi. Il neo presule, 60 anni, è originario dello stato del Kerala. Dopo gli studi al St. Joseph’s Minor Seminary, ha completato la formazione sacerdotale presso il St. Joseph Pontifical Seminary di Alwaye. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di parroco, docente e rettore del St. Joseph’s Minor Seminary, Kalamassery.

 

Benedetto XVI ha nominato membri del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varela, l’arcivescovo di Yaoundé, Simon‑Victor Tonyé Bakot, e quello di San Francisco, George Hugh Niederauer. Tra i nuovi consultori del dicastero vaticano, Benedetto XVI ha nominato, fra gli altri, anche il direttore della Sala Stampa vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi.

 

Di seguito, i nomi degli altri consultori nominati dal Papa. I reverendi: mons. Owen F. Campion, della diocesi di Nashville, direttore del “Our Sunday Visitor”, Huntington (Stati Uniti d’America); mons. Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana; mons. Stanislas Lalanne, segretario generale della Conferenza episcopale francese; José Maria Gil Tamayo, direttore del segretariato della Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale della Conferenza episcopale spagnola; David Gutiérrez Gutiérrez, dell’arcidiocesi di Coro (Venezuela), direttore dell’ufficio stampa del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), Bogotá (Colombia); António Pereira Rego, coordinatore dei programmi religiosi della Televisione portoghese, Lisbona (Portogallo); Silvio Sassi, superiore generale della Società San Paolo; P. Jacob Srampickal, direttore del Centro Interdisciplinare di Comunicazioni Sociali della Pontificia Università Gregoriana, Roma; suor Maria Antonietta Bruscato, superiora generale della Pia Società Figlie di San Paolo; e inoltre: il prof. Carl Albert Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo (Stati Uniti d’America); Benedict Assorow, direttore del CEPACS, simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SECAM), Accra (Ghana); il dott. Ettore Bernabei, Roma; il dott. Jesús Colina (Spagna), direttore dell’Agenzia Zenit, Roma; Ignatius Handoko, presidente di Indosiar, Jakarta (Indonesia); il dott. Giancarlo Leone, Roma; il dott. Albert Scharf, già direttore del “Bayerischer Rundfunk” (Germania); Anthony Spence, direttore di “Catholic News Service”, Washington (Stati Uniti d’America); il dott. Dirk H. Voss, direttore del “St. Ulrich Verlag”, Augsburg (Germania).

 

 

CREAZIONE E RISTRUTTURAZIONE DI PROVINCE ECCLESIASTICHE

 

Nel Burundi, Benedetto XVI ha creato la nuova provincia ecclesiastica di Bujumbura, dividendola dall’unica provincia ecclesiastica di Gitega. La nuova provincia ecclesiastica comprenderà le diocesi suffraganee di Bubanza e Bururi. Come primo arcivescovo metropolita di Bujumbura, il Papa ha nominato mons. Evariste Ngoyagoye, finora vescovo della medesima Diocesi.

 

Il Burundi, situato nella zona dei Grandi Laghi africani di Tanganica e Vittoria, si estende su una superficie di 27.834 kmq e conta una popolazione di circa 6 milioni e 700 mila abitanti, raggruppata in 15 province amministrative, ed appartenente per l’85% all’etnia hutu, per il 14% tutsi e per l’1% a quella di Twa. L’alta percentuale dei cattolici, che raggiunge il 61,83% della popolazione, fa del Burundi uno dei Paesi più cattolici del continente nero. I cattolici sono oltre 4 milioni, raggruppati nelle 131 parrocchie. Il clero diocesano è in costante aumento, e conta oltre 300 unità. E’ significativa anche la presenza dei religiosi e delle religiose (oltre 1000 membri).

 

In India, il Pontefice ha creato la nuova provincia ecclesiastica di Goa e Damão, finora arcidiocesi immediatamente soggetta alla Santa Sede. La nuova provincia ecclesiastica comprenderà la diocesi suffraganea di Sindhudurg. Il Papa ha quindi nominato primo arcivescovo metropolita di Goa e Damão, Patriarca ad honorem delle Indie Orientali, mons. Felipe Neri António Sebastião do Rosario Ferrão, finora arcivescovo della medesima sede.

 

La provincia ecclesiastica di Goa e Damão avrà una superficie di oltre 25 mila kmq, con 7 milioni di abitanti, dei quali 645 mila cattolici, suddivisi in 182 parrocchie, 398 sacerdoti diocesani, 246 sacerdoti religiosi e 959 religiose, e avrà come diocesi suffraganea Sindhudurg. Il nome, la sede, la cattedrale, l’episcopio e la curia rimarranno quelli dell’attuale diocesi di Goa e Damão.

 

In Messico, Benedetto XVI, accogliendo la richiesta dell’episcopato locale, ha disposto la seguente ristrutturazione delle province ecclesiastiche del Messico, erigendo le province ecclesiastiche di:

 

- Baja California, elevando a Chiesa metropolitana la sede di Tijuana, assegnandole come suffraganee le diocesi di La Paz e Mexicali, e nominando arcivescovo metropolita di Tijuana mons. Rafael Romo Muñoz;

 

- Bajío, elevando a Chiesa metropolitana la sede di León, assegnandole come suffraganee le diocesi di Celaya, Irapuato e Querétaro, e nominando arcivescovo metropolita di León mons. José Guadalupe Martín Rábago;

 

- Hidalgo, elevando a Chiesa metropolitana la sede di Tulancingo, assegnandole le diocesi di Huejutla e Tula, e nominando arcivescovo metropolita di Tulancingo Sua Eccellenza Reverendissima mons. Pedro Aranda Díaz-Muñoz;

 

- Chiapas, elevando a Chiesa metropolitana la sede di Tuxtla Gutierrez, assegnandole come suffraganee le diocesi di San Cristóbal de las Casas e Tapachula, e nominando arcivescovo metropolita di Tuxtla Gutierrez mons. Rogelio Cabrera López;

 

Il Santo Padre ha poi assegnato, come suffraganee:

 

- alla Chiesa metropolitana di Hermosillo, le diocesi di Ciudad Obregón e Culiacán;

- alla Chiesa metropolitana di Durango, le diocesi di Mazatlán, Torreón e la Prelatura Territoriale di El Salto;

- alla Chiesa metropolitana di Monterrey, le diocesi di Ciudad Victoria, Linares, Matamoros, Nuevo Laredo, Saltillo, Piedras Negras e Tampico;

- alla Chiesa metropolitana di San Luis Potosí, le diocesi di Ciudad Valles, Matehuala e Zacatecas;

- alla Chiesa metropolitana di Guadalajara, le diocesi di Aguascalientes, Autlán, Ciudad Guzmán, Colima, San Juan de los lagos e Tepic e la Prelatura territoriale di Jesús María;

- alla Chiesa metropolitana di Morelia, le diocesi di Apatzingán, Ciudad Lázaro Cárdenas, Tacámbaro e Zamora;

- alla Chiesa metropolitana di México, le diocesi di Atlacomulco, Cuernavaca e Toluca;

- alla Chiesa metropolitana di Acapulco, le diocesi di Chilpancingo-Chilapa, Ciudad Altamirano e Tlapa;

- alla Chiesa metropolitana di Puebla de los Ángeles, Puebla, le diocesi di Huajuapan de León, Tehuacán e Tlaxcala;

- alla Chiesa metropolitana di Antequera, Oaxaca, le diocesi di Puerto Escondido, Tehuantepec, Tuxtepec e le Prelature territoriali di Huautla e Mixes;

 

Infine, il Pontefice ha confermato, come suffraganee:

 

- alla Chiesa metropolitana di Chihuahua, le diocesi di Ciudad Juárez, Cuauhtémoc-Madera, Nuevo Casas Grandes, Parral e Tarahumara;

- alla Chiesa metropolitana di Tlalnepantla, le diocesi di Cuautitlán, Ecatepec, Netzahualcóyotl, Texcoco e Valle de Chalco;

- alla Chiesa metropolitana di Jalapa, le diocesi di Coatzacoalcos, Córdoba, Orizaba, Papantla, San Andrés Tuxtla, Tuxpan e Veracruz;

- alla Chiesa metropolitana di Yucatán, le diocesi di Campeche e Tabasco e la prelatura territoriale di Cancún-Chetumal.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

 

Servizio vaticano – L’udienza di Benedetto XVI alla Federazione italiana settimanali cattolici.

 

Servizio estero - Intervento della Santa Sede sul tema: “L’interdizione delle armi biologiche rappresenta un elemento fondamentale nella costruzione della pace e della sicurezza di tutta la famiglia umana”.

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo “Per costruire la pace promuovere il disarmo”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo “Una garbata e sobria struttura narrativa accompagna il cammino della Sacra Famiglia”: con la leggerezza di una tradizione popolare il film “Natività” esprime l’Evento con felice fantasia ricostruttiva.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 novembre 2006

 

 

MOLTISSIME INIZIATIVE INTERNAZIONALI PER LA GIORNATA MONDIALE

PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE: ALMENO UN MILIARDO

 LE VITTIME DI ABUSI IN TUTTO IL PIANETA, AIUTATE DALLA SOLIDARIETA’

DI ONG E VOLONTARIATO

- Con noi Anna Boldri, Luca Lopresti e Barbara Pollastrini -

 

Quando c’è violenza contro le donne, non esistono società civili. Combattere questo flagello richiede un cambiamento di mentalità, sforzi maggiori e un forte ruolo guida da parte delle Nazioni Unite. Così il segretario dell’ONU, Kofi Annan, nel Messaggio inviato per l’odierna Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ad ottobre, nell’ultimo Rapporto in merito proprio delle Nazioni Unite, il fenomeno era presentato come globale con cifre in crescita, seppur di pari passo con quelle che dimostrano il coraggio della denuncia. Un flagello che non conosce differenza di ceti, Paesi, culture o gruppi etnici. Basti pensare che in società considerate avanzate come l’Italia la violenza colpisce 10 milioni di donne e gli abusi maggiori avvengono tra le mura domestiche. Il servizio di Gabriella Ceraso.

 

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(musica)

 

Una donna su tre in tutto il mondo, all’incirca un miliardo, subisce almeno una volta nella vita una qualche forma di violenza: se si è donna, tra il 40 e il 70 per cento si è destinate a morire per mano del marito o del fidanzato, più di quanto non si muoia per cancro. Lo dice l’ultimo Rapporto ONU sulla violenza contro le donne. E in 192 Stati, tra quelli che fanno parte delle Nazioni Unite, non esistono leggi che puniscano gli uomini protagonisti di tali violenze.

 

Stupro etnico: solo in Rwanda, per 500 mila donne. Aborto selettivo per il 30 per cento dei feti nella Corea del Nord. Forzata sterilizzazione in Europa sulle donne Rom. Matrimoni coatti per 6 mila donne indiane. Mutilazioni genitali per 130 milioni di donne. Tratta e riduzione in schiavitù, ma anche bulimia e anoressia sono forme di violenza psicologica su giovani donne costrette a diventare filiformi per apparire mercificate negli spot. Ma, perché? Risponde Anna Boldri, psicologa sociale:

 

“Bisogna poter capire di quale tipo di violenza si parla. E’ vero che dietro ogni forma di sopruso, sia esso lo sfruttamento sessuale, sia la violenza sessuale, sia altre pratiche in uso in alcune realtà mondiali, sono comunque esercitate dal genere maschile. Quindi, la componente sociale e culturale è una delle più forti in senso interpretativo, perché la violenza è un modo di sancire una presunta superiorità, tollerata spesso, sancita in maniera più o meno esplicita culturalmente e storicamente in quei contesti sociali e culturali dove, pur completamente punita dalla legge e dalle regole, continua a permanere nell’ambito familiare”.

 

Nel mondo esistono centinaia di organizzazioni a sostegno delle donne, che arrivano anche nelle province più remote. Lì, un lento lavoro di inculturazione porta le donne ad aprirsi. Luca Lopresti dirige la Fondazione internazionale PANGEA:

 

“La soluzione è lavorare sulla totalità della comunità di appartenenza. Noi scegliamo di vivere in un posto per almeno 6-8 mesi, entrare con complicità nelle case delle donne che ci vengono segnalate da associazioni locali che scegliamo come partner, piano piano, con cautela, educazione… E’ un lavoro difficile proprio perché non bisogna urtare le sensibilità, ed è un lavoro che deve salvaguardare innanzitutto la figura della donna contattata una volta che noi ci chiamiamo fuori dal contesto in cui lei vive”.

 

La vera sfida, però, è investire nelle voci inascoltate: le vedove di Kabul, per esempio, la loro sfida l’hanno vinta: sono protagoniste del progetto di microcredito “Jamila” organizzato da PANGEA:

 

“Si parte dall’educazione sessuale, all’educazione sanitaria, alla scolarizzazione di base per arrivare a corsi di formazione professionale che danno loro la proprietà di un lavoro e infine un prestito”.

 

Altrove, nel mondo, sono i centri anti-violenza o le case di accoglienza a raccogliere denunce e voglia di ricominciare da parte delle donne. Il coraggio di parlare cresce di pari passo al tasso di violenza, in Italia come in Europa. La denuncia e il volontariato, però, pur necessari, non bastano. Lo Stato, dov’è?

 

Massicci finanziamenti portano Spagna e Francia all’avanguardia in prevenzione e lotta alla violenza contro le donne, con provvedimenti di legge e azioni di coordinamento. E’ la strada che vuole intraprendere anche l’attuale governo italiano. Il ministro per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini:

 

“Io penso che ci siano delle leggi che corrispondano e che non vengono pienamente applicate. Ma che ci siano anche delle modifiche legislative da fare. Per questo pensavamo di proporre una legge mirata soprattutto alla tutela della vittima”.

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CON IL SETTIMANALE “FAMIGLIA CRISTIANA” ESCE IL CALENDARIO

 CON LE FOTO DEL PAPA: LA RIVISTA DEVOLVE UN EURO PER OGNI COPIA VENDUTA

AL PROGETTO DI UN VILLAGGIO IN RWANDA

- Con noi Maurizio De Paoli -

 

Già dalla copertina si comprende come il numero questa settimana in edicola della rivista Famiglia Cristiana presenti un avvenimento particolare: in allegato al giornale c’è il calendario della solidarietà che vede come protagonista per il 2007 Papa Benedetto XVI. L’iniziativa, che festeggia anche i 75 anni della rivista, prevede che, per ogni copia venduta, un euro vada a favore di un villaggio in Rwanda che accoglie bambini che non hanno più nessuno. Fabio Colagrande ha chiesto a Maurizio De Paoli, capo redattore a Milano di Famiglia Cristiana, come è nata questa idea:

 

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R. - Abbiamo pensato: qual è il massimo che possiamo fare per i nostri lettori presentando loro un calendario? Il nostro direttore ha detto “sarebbe bello fare un calendario dedicato al Papa”. L’idea sembrava troppo ambiziosa, invece è diventata realtà, perché ora è in vendita questo calendario speciale che si intitola “Insieme un anno con il Papa” e contiene 14 foto esclusive che il Papa si è prestato a realizzare per noi. Il nostro fotografo, Giancarlo Giuliani, ad agosto, è stato con il Papa a Castel Gandolfo e l’ha fotografato in vari momenti della sua giornata trovando una disponibilità straordinaria da parte di Benedetto XVI, che si è prestato anche con molta simpatia e molta serenità. Ne è nato un calendario di cui hanno parlato tutti i giornali in tutto il mondo. Ci hanno chiesto queste foto, che sono esclusive a livello mondiale e noi queste foto le raccogliamo tutte e le presentiamo anche all’interno del giornale. Per noi è un bel modo di iniziare a festeggiare i nostri 75 anni.

 

D. - Il Pontefice come ha accolto la vostra iniziativa?

 

D. - Il Pontefice sul primo momento ha detto: “Un calendario con me?” Poi ci ha pensato: “Ma questo calendario per cosa viene fatto?” Noi lo facciamo sempre per un’opera di solidarietà, gli abbiamo spiegato: e allora è venuto il sì. Il Papa ha detto: “La mia immagine, se può aiutare qualcuno, la presto ben volentieri”. Così questo calendario è nato, ed è nato su indicazione dello stesso Pontefice. Abbiamo chiesto a lui, ovviamente, a quale opera volesse destinare il ricavato e lui ha scelto un’opera che stava tanto a cuore al suo predecessore, Giovanni Paolo II. Si tratta di un villaggio di ragazzi , lanciato come iniziativa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia: serve a dare una famiglia ai bambini che non ce l’hanno, ed è stato inaugurato nel 1998 dallo stesso Giovanni Paolo II. Il Papa ha detto: va benissimo quest’iniziativa, “diamo una famiglia ai bambini rwandesi che non ce l’hanno”. Sono bambini di strada, sono vittime di quelle guerre terribili che hanno devastato il loro Paese. Così è nata quest’iniziativa.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 26 novembre, 34.ma e ultima Domenica del Tempo Ordinario, la Chiesa festeggia la solennità di Cristo Re. La Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Pilato domanda a Gesù se sia il re dei Giudei. Gesù gli risponde che il suo regno non è di questo mondo. Pilato insiste: «Dunque tu sei re?». Il Signore allora afferma:

 

«Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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(musica)

Il regno di Cristo non è di questo mondo, ma si manifesta in questo mondo e la sua manifestazione è la salvezza del mondo. I regni di questo mondo si affermano e difendono con forza e potenza, il regno di Dio si compie invece nell’umiltà e nell’obbedienza. Cristo compie la sua missione in obbedienza al padre. “Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato”. La vita di Cristo è una testimonianza della comunione con il Padre e questa comunione, proprio perché non si spezza mai, è la vita eterna. La vita che non viene meno è la verità, la verità è ciò che rimane, che non illude, non inganna, ma afferma la fedeltà. Questo è il Cristo Re. Cristo con la sua comunione salva noi uomini dalla solitudine e dall’isolamento in cui ci troviamo a causa del peccato, noi siamo un gregge disperso ma  Cristo ci raccoglie con il suo dono nelle mani di ogni uomo e uniti al lui ci presenta al padre.

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

25 novembre 2006

 

 

SarA’ presentato nei prossimi giorni il NUOVO testo della pastorale

approvato dalla conferenza episcopale spagnola. Il documento,

dal titolo “gli orientamenti morali

di fronte all’attuale societa’ spagnola”,

respinge il negoziato con l’eta voluto dal governo

- A cura di padre Ignacio Arregui -

 

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MADRID. = A conclusione dei lavori dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale spagnola, (Madrid 20-24 novembre) i vescovi, hanno approvato un documento intitolato “Orientamenti morali di fronte alla attuale società spagnola”. Il testo completo sarà pubblicato nei prossimi giorni. Ma ieri è stato anticipato il capitolo intitolato “Il terrorismo”, sul quale c’era la massima attesa nell’opinione pubblica. Tutti sono obbligati a lavorare insieme con ogni mezzo legittimo perché si ottenga quanto prima possibile la fine del terrorismo. Dopo questa affermazione generale, il documento precisa alcune condizioni per il processo di pace sul quale si discute oggi in Spagna. L’azione contro il terrorismo – sostengono i presuli - richiede l’unione di tutti rinunciando a legittime differenze politiche o strategiche. Nessuno deve cercare alcun vantaggio a suo favore. Alle vittime, ai loro familiari e amici va espressa la più sincera solidarietà. Si proclama che è oggettivamente illecita ogni forma di collaborazione con i terroristi e con quanti lo appoggiano. Una organizzazione terrorista non deve essere riconosciuta come rappresentante politico della popolazione. Questioni riguardanti l’organizzazione politica della società vanno escluse dagli eventuali contatti con i terroristi, nei quali devono affrontarsi solo le condizioni relative alla scomparsa dell’organizzazione terrorista, vale a dire dell’ETA. La fine di ogni violenza e la rinuncia da parte dei terroristi alla imposizione dei loro progetti per mezzo della violenza sono requisiti indispensabili per la normalizzazione sociale e la riconciliazione. In alcuni casi, sarebbe lecito applicare misure di indulgenza che aiutino alla fine della violenza. La dichiarazione dei vescovi è oggi notizia di prima pagina in quasi tutti i giornali. Alcuni mettono l’accento sull’espressione di condanna ed i limiti per il dialogo mentre altri invece mettono in risalto la possibilità della riconciliazione.

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l’Europa deve essere edificata sui valori comuni. CosI’ la Commissione

degli Episcopati della ComunitA’ Europea (COMECE), che in un messaggio

ha precisato il ruolo dell’impronta cristiana nel progetto europeo

- A cura di Laura Forzinetti -

 

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BRUXELLES. = A conclusione dei tre giorni di lavoro della Plenaria, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) ha adottato una dichiarazione sui valori che hanno e devono ispirare l’Unione Europea. L’occasione è data dalla futura celebrazione del 50.mo anniversario dei Trattati di Roma, costitutivi della Comunità Europea, per cui è prevista l’elaborazione di un documento solenne, la cosiddetta Dichiarazione di Berlino. I vescovi della COMECE hanno voluto dare il loro contributo per la stesura della Dichiarazione di Berlino, considerata un’opportunità unica per mettere in luce i valori condivisi e l’ambizione di realizzarli. I vescovi ricordano che per tutti i fondatori l’impronta cristiana nel progetto europeo è stata un fatto indiscutibile. Si tratta di valori con alla base il rispetto per la dignità umana che - si legge nel comunicato – devono essere tuttavia “perfezionati” di fronte alle nuove sfide contemporanee. La Dichiarazione di Berlino dovrà quindi riflettere – si sottolinea ancora – le motivazioni religiose ed umanistiche dei cittadini europei. I lavori della COMECE hanno sviluppato anche due altre tematiche focali nella politica comunitaria: l’energia e l’immigrazione. A proposito dell’approvvigionamento energetico, si è sottolineata la necessità di fare un uso solidale delle fonti di energia e di cambiare stili di vita, imparando a vivere la frugalità nell’abbondanza. Il messaggio dei vescovi verrà inviato alla futura presidenza tedesca dell’UE, al presidente della commissione europea, José Barroso, e al presidente del Parlamento europeo, Josep Borrell.

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LA PREOCCUPAZIONE PER LE DISCRIMINAZIONI CONTRO LA COMUNITA’ NOMADE

IN PORTOGALLO, ESPRESSA DALLA CHIESA LOCALE NEL COMUNICATO

DEL 33.MO INCONTRO NAZIONALE DI PASTORALE DEGLI ZINGARI,

SVOLTOSI NEI GIORNI SCORSI A FATIMA

 

FATIMA. = La Chiesa portoghese ha manifestato la sua preoccupazione di fronte ai continui atteggiamenti discriminatori di cui è vittima la comunità zingara in Portogallo. Nel comunicato finale del 33.mo Incontro nazionale di pastorale degli zingari, svoltosi nei giorni scorsi a Fatima, si condanna “la ripetuta discriminazione nei confronti delle famiglie zingare per ciò che concerne la concessione in affitto delle case, nelle scuole, nell’opinione popolare”. In particolare – riferisce l’agenzia Sir – la nota critica l’atteggiamento dei poteri locali, “che proibiscono la permanenza delle famiglie nomadi per un periodo superiore ad alcuni giorni nelle strutture municipali previste, promuovendo, anzi, la loro espulsione dal territorio”. Considerata “la sistematica repressione, la discriminazione e l’esclusione delle comunità nomadi in Portogallo durante cinque secoli”, i partecipanti all’incontro hanno anche auspicato “una riparazione finanziaria adeguata” e un rinnovamento legislativo a livello locale che salvaguardi il commercio ambulante, che continua ad essere il principale mezzo di sussistenza di tali popolazioni. Quanto ai progetti di evangelizzazione, è stata presa in considerazione l’esigenza e la convenienza di studiare un possibile arricchimento liturgico con il contributo della cultura gitana. (R.M.)

 

 

AIUTARE I CATTOLICI VIETNAMITI A VIVERE MEGLIO LA LORO FEDE:

CON QUESTO SCOPO, LA CHIESA DEL VIETNAM

HA PUBBLICATO IL SUO PRIMO CALENDARIO UFFICIALE

 

HANOI. = La Chiesa del Vietnam ha lanciato il suo primo calendario ufficiale. L’iniziativa segue la recente decisione del governo di Hanoi di autorizzare le religioni ufficiali a pubblicare calendari religiosi per i propri fedeli. “Lo scopo - spiega il segretario della Conferenza episcopale vietnamita -  è aiutare i cattolici nel Paese a praticare meglio la loro fede nel quotidiano”, secondo l’invito rivolto dai vescovi in una lettera pastorale pubblicata a settembre, al termine della loro ultima plenaria. Nel documento, i presuli esortavano i fedeli e il clero locale a rispettare la dignità umana, ad aiutare il prossimo con amore e a contribuire alla costruzione di una società più giusta. Il calendario, pubblicato da una casa editrice statale e venduto in tre formati, è composto di 365 pagine, una per ognuno dei giorni dell’anno, con citazioni dalla Bibbia e principi di buon comportamento cristiano: dalla visita ai malati, all’aiuto a tutti i bisognosi, dalla preghiera all’evangelizzazione. (L.Z.)

 

 

Scuola gratis in sudafrica per 5 milioni di bambini. E’ la decisione

del ministero dell’educazione che mira sconfiggere l’analfabetismo

nelle fasce più povere del paese

 

CITTA’ DEL CAPO. = Oltre cinque milioni di bambini, in più di 13.800 scuole sparse in tutto il Sudafrica, saranno esonerati dalle tasse durante il prossimo anno scolastico. Lo ha deciso il Ministero dell’educazione sudafricano dopo che giorni fa il ministro, Naledi Pandor, aveva annunciato in Parlamento un impegno in tal senso. Il provvedimento – come precisa l’agenzia MISNA - rientra nell’Atto di riforma dell’educazione, proposto lo scorso anno e promulgato dal presidente, Thabo Mbeki. La riforma mira a lottare contro l’analfabetismo dei più poveri, in linea con lo spirito della Costituzione che sancisce il diritto all’istruzione di base per tutti indipendentemente dalle risorse. Così, basandosi sui livelli di povertà delle aree geografiche, il ministro ha esonerato dalle tasse alcune scuole. Con oltre 1 milione e 100 mila studenti, in 3.341 scuole, la provincia di KwaZuluNatal è quella che più beneficia del provvedimento, mentre nella provincia del Capo settentrionale – la meno densamente popolata – gli studenti esentati in 335 scuole sono poco più di 102 mila. In questo momento, 7.800 scuole, per un totale di 2 milioni e 500 mila studenti, godono dell’aiuto del governo, che ha stanziato oltre 530 rand (57 euro) per studente esonerato. (E.B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

25 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -

 

 

L’Iraq continua ad essere infiammato da violenze tra sciiti e sunniti: dopo la strage di giovedì scorso, avvenuta nel quartiere sciita di Baghdad, e costata la vita ad oltre 200 persone, sono stati ritrovati questa mattina i corpi senza vita di 21 sciiti rapiti nella notte in un villaggio a nord est della capitale. A nord di Baghdad, ventidue presunti guerriglieri e un civile sono rimasti uccisi, inoltre, in scontri con le forze della coalizione. Sempre nella capitale, colpi di mortaio hanno raggiunto 4 moschee e diverse abitazioni di una enclave sunnita. Ieri, diversi attacchi nella città sunnita di Tal Afar hanno provocato la morte di 30 persone.

 

Il vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, è arrivato stamani a Riad, in Arabia Saudita, per una serie di colloqui con le autorità locali incentrati soprattutto sulla difficile situazione del vicino Iraq. Durante la visita, è previsto un incontro anche con il principe ereditario, Sultan ben Abdel Aziz.

 

Nessuna tregua in Medio Oriente: due palestinesi sono stati uccisi da soldati israeliani nella Striscia di Gaza. Il movimento fondamentalista Hamas ha minacciato, intanto, una “terza Intifada” se “entro sei mesi” la comunità internazionale non riuscirà a trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese con la creazione di uno Stato palestinese sulla base dei confini del 1967, che comprendono anche Gerusalemme est. Il governo israeliano ha rifiutato, inoltre, la richiesta di cessate-il-fuoco dei gruppi armati palestinesi che, in cambio della sospensione del lancio di razzi Qassam verso lo Stato ebraico, hanno chiesto la fine delle operazioni militari nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

 

Quattro soldati indiani e due presunti militanti islamici sono morti ieri sera in scontri a fuoco nel Kashmir indiano. Lo ha riferito un portavoce dell'esercito. La rivolta separatista, iniziata nel 1989, è costata la vita a più di 45 mila persone.

 

Il vertice di Helsinki tra Russia e Unione Europea si è chiuso con un unico accordo: l’abolizione delle tariffe per il sorvolo della Siberia applicate, finora, alle compagnie aeree europee. Intanto ad Helsinki, a margine del vertice, il presidente russo, Vladimir Putin, ha affrontato il caso Litvinenko, l’ex agente del KGB che si sospetta sia stato ucciso a Londra con un veleno radioattivo. Il capo del Cremlino parla di strumentalizzazioni mentre da Londra le autorità britanniche chiedono a Mosca di collaborare. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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Continua a salire la temperatura dei rapporti tra Russia e Regno Unito, dopo l’atto di accusa contro il Cremlino lanciato dall’ex agente del KGB, Livtienko. Il Cremlino si difende: Putin ha respinto ogni accusa cercando di rimanere fuori dalla triste vicenda, ma è stato poi costretto a sollecitare l’apertura di un’indagine da parte di Scotland Yard. “La morte è sempre una tragedia”, ha detto il portavoce della presidenza russa a margine del vertice tra Unione Europea e Russia. Adesso, tocca indagare ai servizi segreti britannici competenti. La palla, dunque, rimbalza a Londra ma le ultime, durissime parole di sfida di Livtienko hanno fatto ormai il giro del mondo e sono cadute come un macigno sul vertice di Helsinki. Pressato dai cronisti, Putin ha definito una provocazione politica l’uso di eventi tragici come la morte, augurandosi che le autorità britanniche non permettano che si alimentino scandali politici.

 

Per Radio Vaticana, da Mosca, Chiaretta Zucconi.

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Vigilia elettorale in Ecuador, dove domani si scontreranno al ballottaggio presidenziale l’imprenditore di destra, Àlvaro Noboa, e l’economista di sinistra, Rafael Correa. All’inizio della campagna elettorale per il secondo turno, i due erano separati da 15 punti percentuali ma, al momento, sembra essere stata raggiunta una sostanziale parità nelle preferenze dei votanti. Il servizio di  Maurizio Salvi:

 

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Noboa ha chiesto agli ecuadoregni di dargli fiducia e di credere fermamente che la formula che ha permesso a lui di trasformarsi nell’uomo più ricco dell’Ecuador possa servire di garanzia per il suo mandato presidenziale. Correa, invece, ha parlato della necessità di introdurre nel Paese una rivoluzione civica per mettere fine alla sudditanza neocoloniale di cui è stato per secoli vittima. Secondo gli analisti comunque i candidati interpretano bene le due facce del populismo che convivono in America Latina. Una di destra, basata sul concetto del presidente buono, del presidente papà - ed in questo Noboa ha saputo interpretare perfettamente il ruolo - che può risolvere il problema della povera gente. E l’altra di sinistra, che fa leva sulla presa di coscienza della popolazione a cui si promette, come ha assicurato Correa, una protezione integrale da parte dello Stato. Gli occhi di tutti sono ora puntati sugli exit poll di domani: se il verdetto dovesse essere di vittoria di stretta misura di uno dei due contendenti, la situazione potrebbe diventare, come è avvenuto spesso in passato, decisamente allarmante.

 

Dall’America latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.

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Urne aperte, stamani, nel regno del Bahrain per le seconde elezioni parlamentari nella storia del Paese dopo quelle del 2002. Sono quasi 300 mila gli elettori chiamati a scegliere 40 membri del Parlamento bicamerale e rappresentanti dei consigli locali. Nei giorni scorsi, la comunità maggioritaria sciita ha organizzato manifestazioni di protesta contro il governo e la famiglia regnante, di etnia sunnita. La popolazione sciita teme, in particolare, brogli e irregolarità. Tra i candidati, anche 23 donne e un cristiano.

 

Tre morti e 19 feriti: è il bilancio, ancora provvisorio, degli scontri avvenuti questa mattina nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Sono stati i ribelli fedeli al generale Laurent Nkunda a lanciare l’offensiva contro le postazioni dell’esercito nazionale a Sake, al confine tra l’area controllata dal governo e quella in mano ai ribelli della provincia del Kivu nord, al confine col Rwanda. Gran parte della popolazione aveva già abbandonato la città per le tensioni seguite all’uccisione di un esponente dell’etnia tutsi, che sostiene i ribelli. Questa nuova offensiva arriva pochi giorni dopo gli scontri, a Kinshasa, tra polizia e sostenitori dello sconfitto alle elezioni presidenziali, Jean-Pierre Bemba.

 

Il Rwanda ha rotto le relazioni diplomatiche con la Francia. La decisione è arrivata ieri dopo che la Procura della Repubblica di Parigi ha avallato, mercoledì scorso, la richiesta del giudice antiterrorismo francese di far processare il presidente rwandese, Paul Kagame, davanti al Tribunale penale internazionale per il Rwanda. Poco prima dell’annuncio della rottura dei rapporti tra i governi di Kigali e Parigi, il ministro degli Esteri rwandese aveva dichiarato che non si possono conservare relazioni diplomatiche con un Paese “ostile”. Il ministro degli Esteri francese ha espresso “rammarico” per questa decisione e ha annunciato “contromisure”.

 

In Ciad, un gruppo di ribelli che si oppongono al regime del presidente, Idriss Deby Itno, ha lanciato questa mattina un’offensiva nella città di Abéché, nell’est del Paese. Questa nuova incursione ha spinto le agenzie dell’ONU a sospendere le operazioni umanitarie per i rifugiati. Si acuiscono, inoltre, le tensioni tra Ciad e Sudan. Quest’ultimo Paese è accusato dal governo di N’Djaména di appoggiare i ribelli. Al confine tra i due Stati vivono, nei campi profughi, circa 200 mila rifugiati provenienti dalla martoriata regione sudanese del Darfur.

 

 

 

 

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