RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 325 - Testo
della trasmissione di martedì 21 novembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
cardinale William Wakefield Baum
compie oggi 80 anni
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Mssaggio della CEI in vista della prossima Giornata per la
vita
150 religiosi riuniti da
oggi a Collevalenza, in Umbria, per un convegno sulla
vita consacrata
Per il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, gli Stati Uniti sono
in trappola in Iraq: “Non possono restare, ma non possono partire"
21 novembre 2006
USCIRA’
IN PRIMAVERA IL PRIMO LIBRO DI BENEDETTO XVI,
INCENTRATO
SULLA FIGURA DI GESU’ E IL SUO INSEGNAMENTO DIVINO:
AD
ANNUNCIARLO, STAMANI, LA SALA STAMPA E LA LIBRERIA EDITRICE VATICANA.
AI NOSTRI MICROFONI, PADRE FEDERICO LOMBARDI
DEFINISCE IL VOLUME
“UNA GRANDE OPERA DI TEOLOGIA, ESEGESI E
SPIRITUALITA’”
Benedetto XVI ha terminato di scrivere la prima parte di
un libro dal titolo Gesù di Nazareth. Dal
Battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione: è quanto viene
reso noto, oggi, dalla Sala Stampa della Santa Sede. Il libro, composto di 10
capitoli, è stato consegnato, nei giorni scorsi, alla Libreria Editrice
Vaticana, che ha già preso accordi con
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Un racconto appassionato, frutto “di un lungo cammino
interiore”: Benedetto XVI presenta la prima parte del volume Gesù di Nazareth con straordinaria
umiltà. “Questo libro – scrive nella prefazione, che porta la data del 30
settembre, festa di San Gerolamo – non è assolutamente un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca
personale del volto del Signore”. Per questo, prosegue, “ognuno è libero di
contraddirmi” e chiede ai lettori “quell’anticipo di
simpatia senza la quale non c’è alcuna comprensione”. Il Papa, che ha iniziato
a scrivere quest’opera prima dell’elezione al Soglio di Pietro, spiega che a
partire dagli anni Cinquanta divenne “sempre più ampio” lo strappo “tra il Gesù
storico” e il “Cristo della fede”. I progressi della ricerca storico-critica,
afferma, “condussero a distinzioni sempre più sottili” e dietro di essi la figura di Gesù “divenne sempre più incerta, prese
contorni sempre meno definiti”. Questi tentativi, scrive ancora il Santo Padre,
hanno determinato “l’impressione che noi sappiamo ben poco di certo su Gesù e
che solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato la sua immagine”.
Questa impressione, rileva con amarezza, “è penetrata profondamente nella coscienza
comune della cristianità”. Si tratta, è la riflessione del Papa, di una
“situazione drammatica per la fede perché rende incerto il suo autentico punto
di riferimento: l’intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende”.
Ecco allora che il Papa teologo ribadisce con forza la sua
“fiducia nei Vangeli”. E indica quanto si propone con questo volume: “fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il
vero Gesù, come il Gesù storico nel
vero senso della espressione”. Il Papa si dice convinto che “questa figura è
molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle
ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare
negli ultimi decenni”. Il Gesù dei Vangeli, si legge ancora nella prefazione,
“è una figura storicamente sensata e convincente”. D’altro canto, avverte,
“solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di
Gesù superarono radicalmente tutte le speranze e le aspettative dell’epoca, si
spiegano la sua Crocifissione e la sua efficacia”. Il Pontefice tiene a
precisare che “questo libro non è stato scritto contro la moderna esegesi”.
Questa, infatti, “ci ha fatto conoscere una grande quantità di fonti e di
concezioni attraverso le quali la figura di Gesù può divenirci presente in una
vivacità e profondità che solo pochi decenni fa non riuscivamo neppure ad
immaginare”. Il Papa spiega dunque di aver solo cercato di “andare oltre la
mera interpretazione storico-critica applicando i nuovi criteri metodologici,
che ci permettono una interpretazione propriamente teologica
della Bibbia e che naturalmente richiedono la fede senza per questo volere e
poter affatto rinunciare alla serietà storica”.
Che quest’opera sia un grande atto d’amore del Papa per il Signore lo si
comprende bene dalle parole che chiudono la prefazione. Il Santo Padre rivela
che, dalla sua elezione, ha usato “tutti i momenti liberi” per portare avanti
la redazione del volume e aggiunge: “Poiché non so quanto tempo e quanta forza
mi saranno ancora concessi mi sono ora deciso a pubblicare” la prima parte del
libro. Assieme alla prefazione è stata resa nota parte dell’introduzione del
libro, intitolata “Un primo sguardo sul segreto di Gesù”. L’insegnamento di
Gesù, scrive il Papa, “non proviene da un apprendimento umano”. Viene, invece,
“dall’immediato contatto con il Padre, dal dialogo faccia a faccia, dal vedere quello che è nel seno del Padre”. Per questo, afferma, il discepolo che segue Gesù viene coinvolto “insieme con lui nella comunione con Dio. Ed
è questo che davvero salva: il superamento dei limiti dell’uomo”.
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Dopo l’Enciclica Deus caritas est,
che è stata anche uno straordinario successo editoriale, si attende ora con
trepidazione questo nuovo lavoro di Benedetto XVI, incentrato sul fondamento
della fede cristiana. Sull’importanza per i fedeli e non solo del libro Gesù di Nazareth, la nota del nostro
direttore generale, padre Federico Lombardi:
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Il fatto che Benedetto XVI sia riuscito a portare a
termine la prima parte della sua grande opera su Gesù e fra pochi mesi sarà
nelle nostre mani è una bella, bellissima notizia. Trovo straordinario che
nonostante gli impegni e le preoccupazioni del pontificato egli abbia potuto
portare a maturazione un’opera di grande impegno scientifico oltre che
spirituale. Dice che ha dedicato ad essa tutti i
momenti liberi delle sue giornate. Già questo è un messaggio molto
significativo sulla importanza e l’urgenza che ha per lui quest’opera. Il Papa
dice chiaramente, con la sua abituale semplicità e umiltà, che non si tratta di
un “atto magisteriale” ma di un frutto della sua
ricerca personale e come tale potrà essere liberamente discusso e criticato.
Questa è una osservazione molto importante, perché
mette in chiaro che quanto lui scrive nel libro non vincola la ricerca di
esegeti e teologi. Non si tratta di una lunga enciclica su Gesù, ma della
personale presentazione della figura di Gesù del teologo Joseph
Ratzinger, che è stato eletto Vescovo di Roma. Allo
stesso tempo, il fatto che colui che è stato eletto Vescovo di Roma e ha il
compito di sostenere la fede dei suoi fratelli abbia sentito così forte la
chiamata a darci una rinnovata presentazione della figura di Gesù è molto
significativo.
La lunga Prefazione, di cui ci sono stati già resi noti
l’inizio e la fine, spiega efficacemente che nella situazione culturale attuale
e in molte presentazioni della figura di Gesù, la distanza fra il “Gesù
storico” e “il Cristo della fede” è diventata sempre più grande, che è diffusa la impressione che sappiamo ben poco di certo su Gesù e che
solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato la sua immagine. Questa
situazione – dice espressamente il Papa – “è drammatica per la fede, perché
rende incerto il suo punto di riferimento: l’intima amicizia con Gesù, da cui
tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto”. Joseph
Ratzinger, tenendo conto di tutti i risultati della
ricerca moderna, intende ripresentarci il Gesù dei Vangeli come il vero “Gesù
storico”, come una figura sensata e convincente a cui
possiamo e dobbiamo fare riferimento con fiducia e su cui abbiamo ben motivo di
poggiare la nostra fede e la nostra vita cristiana. Con il suo libro, il Papa
intende quindi svolgere un servizio fondamentale per sostenere la fede dei suoi
fratelli, e lo fa sul punto centrale della fede, cioè Gesù Cristo.
Da quanto leggiamo nei brani resi noti della Introduzione,
Gesù ci viene presentato come il nuovo Mosé, il nuovo profeta, che parla con “Dio faccia a
faccia”, che è il Figlio, profondamente unito con il Padre. Se si lascia da
parte questo aspetto centrale la figura di Gesù diventa contraddittoria e incomprensibile.
Joseph Ratzinger ci parla
dunque con passione della intima unione di Gesù con il Padre e vuole
coinvolgere il discepolo che segue Gesù in questa comunione. Leggeremo dunque
una grande opera di esegesi e di teologia ma anche una grande opera di
spiritualità.
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La Casa Editrice Rizzoli,
consapevole dei legami di stima e di amicizia, protrattisi in oltre 50 anni,
fra la famiglia Herder e il professore e poi
cardinale Joseph Ratzinger,
ha già ceduto alla Herder Verlag
i diritti sull’opera per
TRA UNA SETTIMANA LA VISITA DI BENEDETTO XVI IN TURCHIA.
MONS. PIERO MARINI DESCRIVE NEL MESSALE LE TRE DIMENSIONI DEL VIAGGIO:
PASTORALE, ECUMENICA E
INTERRELIGIOSA
Benedetto XVI esattamente tra una settimana,
martedì prossimo 28 novembre, partirà per
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Mons. Marini ricorda come da questa terra sia iniziato il grande viaggio della fede: Abramo lascia Harran, un villaggio dell’attuale Turchia, “in spirito di
totale dipendenza da Dio, fidandosi unicamente della parola a lui rivelata”: e
“partì senza sapere dove andava”. Ma occorre ricordare
anche che l’Asia Minore, corrispondente più o meno all’attuale Turchia, è stata
la prima terra di missione della comunità cristiana. Partito da Gerusalemme,
San Barnaba si reca a Tarso, in Cilicia, prendendo
con sé San Paolo per fondare la prima Chiesa di questa regione ad Antiochia: qui per la prima volta i discepoli di Gesù sono
chiamati “cristiani”. San Paolo è il grande evangelizzatore di queste terre. Ma
anche San Pietro, Sant’Andrea e San Giovanni portano
il Vangelo in questi luoghi. Ad Efeso, secondo la tradizione, Maria vive
gli ultimi anni della sua vita insieme con San
Giovanni, ed è qui che, sempre secondo un’antica tradizione, è stata assunta in
cielo.
Gli Atti degli Apostoli, la prima Lettera di
San Pietro, le Lettere di San Paolo agli Efesini, ai Colossesi, ai Galati e a Timoteo,
e
San Paolo non ha più paura da
quando Gesù gli ha rivoluzionato la vita sulla strada di Damasco: “Sono
stato crocifisso con Cristo – scrive ai Galati – e
non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”. Anche San Pietro incoraggia i
fedeli “dispersi” in queste terre, afflitti da persecuzioni, calunnie, insulti,
ingiustizie. Li esorta a comportarsi “da uomini liberi” e con una condotta
“irreprensibile” dinanzi ai pagani, senza “rendere male per male”. Siate
“pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è
in voi – scrive San Pietro – Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto,
con una retta coscienza”.
Dinanzi alle persecuzioni San Giovanni invita
le comunità dell’Asia a vincere l’odio con l’amore, perché “Dio è amore”. Alla
Chiesa di Smirne scrive, facendo parlare Gesù: “Conosco la tua tribolazione e
la tua povertà … Non temere ciò che stai per soffrire … sii fedele fino alla
morte e ti darò la corona della vita”. Ma non mancano in queste prime
comunità asiatiche divisioni, debolezze e scandali. Alla Chiesa di Laodicea arriva il celebre rimprovero: “tu
non sei né freddo, né caldo. Magari fossi freddo o
caldo. Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per
vomitarti dalla mia bocca. Tu dici ‘Sono ricco … non ho bisogno di nulla’, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un
povero, cieco e nudo … ravvediti”.
Intanto, già agli albori del cristianesimo si
moltiplicano i falsi maestri che diffondono le prime eresie. San
Paolo scrive ai Colossesi: “Badate che nessuno
vi inganni con la sua filosofia e i suoi vuoti raggiri ispirati alla tradizione
umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo”. E invita gli
Efesini a non essere “come fanciulli sballottati
dalle onde e portati qua e là da qualche vento di dottrina, secondo l’inganno
degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore”. Dinanzi
a persecuzioni ed eresie San Giovanni incoraggia le piccole comunità cristiane
di questa terra e le sostiene con queste parole di Cristo: “per
quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato
il mio nome”. “Verrò presto. Tieni saldo quello che hai … il vincitore lo
porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più”.
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NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’arcidiocesi di Benin City, in Nigeria,
presentata da mons. Patrick Ebosele
Ekpu, per raggiunti limiti di età.
In Italia, il Papa ha nominato arcivescovo di Crotone-Santa Severina mons. Domenico Graziani,
finora vescovo di Cassano all’Jonio. Mons. Domenico Graziani è nato a Calopezzati, arcidiocesi di Rossano-Cariati
e provincia di Cosenza, il 23 maggio 1944. Nel 1967 si è iscritto alla
Pontificia Università Gregoriana conseguendo
In Austria, il Santo Padre ha nominato ausiliare di Sankt Pölten il rev. Anton Leichtfried, del clero
della medesima diocesi, rettore del Seminario Maggiore di Sankt
Pölten, assegnandogli la sede titolare vescovile di Rufiniana. Il rev. Anton Leichtfried è nato a Scheibbs
(diocesi di Sankt Pölten)
il 30 maggio
CURA PASTORALE E SANITARIA DEI CONTAGIATI
DA VIRUS CHE OGGI
FANNO
MILIONI DI VITTIME: SE NE PARLA ALLA PROSSIMA
CONFERENZA
INTERNAZIONALE ORGANIZZATA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA PASTORALE DELLA SALUTE. IL DICASTERO
VATICANO HA PRESENTATO
ALLA
DOTTRINA DELLA FEDE UNO STUDIO SUI PROFILATTICI
Quali sono gli aspetti pastorali, ma anche le migliori
politiche sanitarie o comportamentali per affrontare il grave problema delle
malattie infettive? A questa domanda si incaricherà di rispondere la 21.ma Conferenza internazionale
organizzata dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, in
programma dal 23 al 25 novembre prossimi, alla quale prenderanno parte oltre
530 esperti. Il simposio è stato presentato nella Sala Stampa vaticana ed ha
suscitato molta attenzione nei giornalisti, specialmente attorno alla questione
della prevenzione nei confronti dell’AIDS, flagello che continua a uccidere
milioni di persone, al pari di altri virus. I particolari nel servizio di
Alessandro De Carolis.
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Nel 21.mo
secolo si chiamano AIDS, SARS o, di nuovo, tubercolosi come un tempo si
chiamavano peste, vaiolo, colera. Sono i nuovi o vecchi virus che oggi
infettano e mietono vittime a centinaia di migliaia nel mondo. Il cardinale Javier Lozano Barragán
ha introdotto con l’elenco dei nuovi o riemergenti agenti patogeni gli scopi
che perseguirà la 21.ma edizione dedicata agli
“Aspetti pastorali della cura delle malattie infettive”. Da soli, AIDS, TBC e
malaria sono oggi causa di un terzo della mortalità mondiale da contagio. La
malaria, ancora agli inizi del terzo millennio, conta 300 milioni di casi e un
milione di vittime. L’AIDS 40 milioni e il trend, ha spiegato il cardinale Barragán, non accenna in questo caso a diminuire:
“L’epidemia dell’AIDS non sta rallentando. Però, si vede
nelle statistiche che la progressione della malattia è un po’ diminuita nei
Paesi che hanno i mezzi adeguati, in particolare gli antiretrovirali
e l’alimentazione corretta, la dieta (...) Per esempio, nell’Europa occidentale
abbiamo circa 720 mila casi di AIDS, mentre in Sudafrica ce ne
sono cinque milioni e mezzo, lo stesso in India. Invece, in Europa occidentale, ne abbiamo meno
di un milione”.
Affiancato dai vertici del dicastero vaticano, e da un
medico italiano, il prof. Nicola Petrosillo, esperto
del settore, il presidente del Pontificio Consiglio ha illustrato i tre momenti
della Conferenza, che inizierà giovedì prossimo per concludersi sabato. Oltre a
indagare le cause che provocano l’insorgere delle malattie – alimentazione,
cambiamenti ambientali e tecnologici, ma anche la mutazione dei batteri – i
partecipanti alla conferenza faranno luce su quale debba
essere il comportamento cristiano nell’affrontare tali malattie: ovvero, il
“punto di vista morale ed etico” in rapporto alla speranza e all’impegno
cristiani nel curarle. Del resto, ha affermato il segretario del Pontificio
Consiglio, mons. José Luis Redrado, la Chiesa in questo settore offre da sempre
un’assistenza di altissimo profilo:
“La Chiesa è stata sempre molto presente in questa realtà.
Ancora di più, nelle malattie infettive, la Chiesa è stata sempre
all’avanguardia. Quanti religiosi e religiose sono in
questi luoghi di cura dove a volte lo Stato non c’è. E molti sono anche i laici
in questa realtà (...) Abbiamo condotto uno studio come Pontificio Consiglio.
Su un campione di 146 strutture sanitarie cattoliche presenti nei cinque
continenti, il 64% di queste strutture si occupa di pazienti con malattie
infettive, in particolare il 59% dei centri sanitari cattolici che hanno
risposto alla nostra domanda ha un programma specifico sulla tubercolosi; il
49% sulla malaria”.
Anche il punto di vista psicologico e
culturale, come pure le iniziative politiche e sanitarie, saranno
valutati nell’ottica di un miglioramento degli interventi per arginare la forza
distruttiva delle pandemie. Il prof. Petrosillo ha
stigmatizzato, tra l’altro, l’uso massivo di farmaci
di ultima generazione che hanno portato, nei Paesi sviluppati, all’insorgenza
di nuovi virus o alla mutazione di altri già esistenti, diventando causa di
nuovi decessi, pur in ambienti di avanzata tecnologia sanitaria e ospedaliera.
I giornalisti di numerose testate internazionali hanno
spaziato con le loro domande su molti temi scottanti, giacché le malattie
infettive chiamano quasi sempre in causa miseria, scarsità di igiene e di
alimentazione, efficacia delle politiche nazionali. Sulla prevenzione dal contagio
dell’AIDS, e in particolare sull’uso del preservativo, il cardinale Barragán ha annunciato uno studio condotto dal dicastero
vaticano:
“Certamente, è un punto che preoccupa molto Benedetto XVI
(…) Lui mi ha chiesto di condurre un dialogo con la Congregazione per la
Dottrina della Fede sull’uso del preservativo. Seguendo il suo desiderio,
abbiamo compiuto uno studio accurato sul preservativo tanto dal punto di vista
scientifico quanto dal punto di vista morale, e abbiamo consegnato il nostro studio
– più di 100 pagine, quasi 200 pagine – alla Dottrina per la Fede, che lo sta
esaminando. E speriamo che il Santo Padre dica quello che sia più conveniente
su questo argomento (...) Se poi si debba dare una risposta, o come sia tale
risposta, io non lo so. Penso che nessuna risposta della Chiesa debba essere
tale da favorire il libertinaggio sessuale. Questo lo dobbiamo sapere
chiaramente”.
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IL
CARDINALE WILLIAM WAKEFIELD BAUM COMPIE OGGI 80 ANNI
Il cardinale William Wakefield Baum compie oggi 80 anni. Il porporato è nato infatti il 21 novembre del
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq. A Baghdad trovati
sessanta cadaveri. Ristabilite, dopo 25 anni, le relazioni diplomatiche con la
Siria. Piano del Pentagono per uscire dalla crisi.
Servizio vaticano - Cinque pagine dedicate al
prossimo viaggio del Papa in Turchia.
Servizio estero - Intervento della Santa Sede sul
tema: "Mettere da parte miopi interessi e interrompere la tragica spirale
della violenza"
Intervento della Santa Sede sul tema:
"Coordinamento, efficienza e rispetto dell'autonomia delle organizzazioni
umanitarie".
Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli
Agosti dal titolo "Dalle prime acquisizioni del principe Karl I cinque secoli di una collezione che ora si apre a
circuiti europei".
Per l' "Osservatore
libri" un articolo di Paolo Miccoli dal titolo
"Profonde e originali riflessioni sulla funzione teurgica
dell'arte": "L'estasi del bello nella sofiologia
di S.N. Bulgakov"
di Luigi Razzano.
Servizio italiano - Professioni; verrà
ammodernato il sistema degli ordini. Pronto il disegno di legge di riforma.
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21 novembre 2006
INAUGURATO,
STAMANE A ROMA, L’ANNO ACCADEMICO
DELL’UNIVERSITÀ
CATTOLICA DEL SACRO CUORE CON UNA MESSA PRESIEDUTA
DAL
CARDINALE SEGRETARIO DI STATO TARCISIO BERTONE
Si è inaugurato, stamane a Roma,
l’Anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con una Messa
presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario
di Stato. Presente alla celebrazione il cardinale vicario, Camillo Ruini e per la città di Roma, il vicesindaco Maria Pia Garavaglia. Il servizio di Roberta Gisotti.
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“Aprire orizzonti nuovi di fecondo dialogo tra la teologia
e gli altri saperi scientifici”, questo l’impegno raccomandato dal cardinale Bertone all’Università Cattolica chiamata ad “essere luogo
privilegiato par la pastorale dell’intelligenza, che è un’alta forma di
carità”, ha spiegato il porporato:
“Il rapporto tra fede e ragione, più volte richiamato dal
Santo Padre, va oltre la ricerca dei rispettivi confini, per incamminarsi verso
l’approfondimento della nuova
situazione dell’uomo contemporaneo, che si presenta all’orizzonte
ricca di prospettive positive, anche se offuscata da pregiudizi
culturali e ideologici che rendono tortuoso e incerto il futuro”.
“Dove è in gioco il destino dell’uomo, – ha aggiunto il
segretario di Stato vaticano – lì
“E’ quanto mai necessario richiamare la positività e profeticità della proposta morale cristiana in un contesto
culturale progettuale, in cui il bene dell’uomo acquisti il vero significato e
la sua bellezza”.
Il cardinale ha portato quindi i saluti e la benedizione
del Santo Padre estesa all’intera comunità dell’Università Cattolica, in particolare
ai malati e a quanti ogni giorno sono impegnati a
portare loro “consolazione, dono di sé e speranza”.
Dopo
A margine della cerimonia il cardinale Bertone
interpellato dai giornalisti ha cosi commentato la visita ieri in Vaticano del
capo di Stato italiano a Benedetto XVI:
“Il presidente Napolitano è un uomo di speranza e quindi
noi abbiamo speranza
per il futuro dell’Italia e del mondo, Italia che ha un ruolo importante anche
nella comunità internazionale”.
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OGGI,
NELLA MEMORIA LITURGICA DELLA PRESENTAZIONE DI MARIA,
-
Intervista con suor Giuseppina Fragasso -
Oggi, 21 novembre, memoria liturgica della Presentazione
al Tempio della Beata Vergine Maria,
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R. – In media raggiungiamo i 150-180 monasteri. In questi
ultimi anni c’è anche una richiesta proveniente dall’Est Europeo e dal
continente africano ed americano.
D. – Quali possono essere i bisogni che spesso noi non
conosciamo di un monastero di clausura?
R. – Le direi che dall’ultima raccolta dati del 2005 - e
questa è stata una sorpresa anche per noi del Segretariato – è emerso che
alcuni monasteri necessitano anche di alimenti, di farmaci e di altre cose. E
questo al di là delle necessità relative alla formazione di nuovi membri e
quindi necessità di sussidi, di libri che possano coltivare la formazione delle
giovani monache.
D. – Lei non è una religiosa claustrale, tuttavia può
dirci qual è il senso della vita di queste donne un tempo
chiamate ‘le sepolte vive’?
R. – Per me è un senso vivo nella Chiesa e già dal
Concilio Vaticano II, nella Lumen Gentium ed anche nella Perfectae
Caritatis si mette in evidenza la dimensione contemplativa
della vita consacrata. Anche noi, quindi, di vita apostolica siamo invitate a
fare sintesi tra l’azione e la contemplazione. Le monache ci aiutano e ci
sostengono e sperimentiamo una solidarietà tra loro e noi che alimenta la
comunione nella Chiesa.
D. – Cosa risponderebbe a chi sostiene l’inutilità
dell’esistenza delle claustrali?
R. – Risponderei che proprio il mondo di oggi, l’uomo
post-moderno, in tanti modi ci indica il bisogno dell’Assoluto, il bisogno
dell’aldilà, e queste nostre sorelle, con un paragone
un po’, per così dire, molto semplice, ci aiutano ad alzare gli occhi al di
sopra dei tetti mentre l’uomo moderno è tutto ripiegato al di sotto dei tetti e
guarda quindi soltanto la realtà materiale, volendosi quasi sottrarre
all’Assoluto. Queste sorelle sono per noi e per l’umanità intera dei segni
luminosi, come delle frecce che ci guidano sulla strada giusta, sulla strada
del Dio Unico, Signore della storia.
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E’ SCOMPARSO IERI A NAIROBI IL MISSIONARIO GESUITA
PADRE
ANGELO D’AGOSTINO. A LUI SI DEVONO IN KENYA
DIVERSE
STRUTTURE PER I BAMBINI SIEROPOSITIVI E I MALATI DI AIDS
- La
testimonianza di Adriana De Pero -
Si è spento ieri mattina a Nairobi, in Kenya, all’età di
80 anni, padre Angelo D’Agostino, missionario gesuita e medico. Nato negli
Stati Uniti, per anni ha portato avanti in Africa progetti per combattere
l’AIDS. A Nairobi ha dato vita ad un villaggio che accoglie bambini
sieropositivi e diverse sono le opere di assistenza da lui iniziate. Ma
ascoltiamo al microfono di Tiziana Campisi il ricordo
di Adriana De Pero, vice presidente della Nyumbani
Italia, onlus che sostiene le iniziative di padre
D’Agostino:
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R. – Io ho conosciuto padre D’Agostino nel 1993. Facevo
l’assistente di volo e durante un mio volo con sosta a Nairobi, andai a
visitare questo villaggio. Lui ha avuto il sostegno di tanti amici, perché non
ha mai avuto aiuti a livello governativo. Padre Angelo D’Agostino, rendendosi
conto della tragedia dell’AIDS in Africa, decise di iniziare questo villaggio e
di dedicarsi totalmente al sostegno degli orfani sieropositivi: questa è la
missione di Nyumbani e quello che fa anche Nyumbani Italia per sostenere questi progetti.
D. – Cosa ha significato per lei lavorare al fianco di
padre Angelo D’Agostino?
R. – E’ una lezione di vita che si apprende giorno per
giorno e in cui si impara che la Chiesa di Cristo, la
Chiesa missionaria, è dedicata a coloro che hanno meno di noi, dedicata a
coloro che hanno più bisogno ed in particolare ai bambini che sono veramente le
vittime innocenti di una tragedia alla quale non so fino a che punto il mondo
occidentale guarda con realismo, perché bisogna vedere, per capire cosa sta
succedendo.
D. – Grazie all’impegno di padre Angelo D’Agostino, la
maggior parte dei bambini da lui seguiti è diventata sieronegativa…
R. – I bambini che sono entrati in Nyumbani
molto, molto piccoli, curati in modo adeguato sono diventati sieronegativi e
quindi, in questo caso, i bambini sono stati dati in adozione. Sono molti i
bambini adottati in giro per il mondo che vengono da Nyumbani.
Quelli, invece, che continuano ad essere sieropositivi
sono tuttora a Nyumbani. Nel Duemila è stato
possibile, grazie all’intervento del governo brasiliano, che ha donato una
parte dei farmaci antiretrovirali assistere questi
bambini, per i quali l’aspettativa di vita è decisamente aumentata.
D. – Nyumbani Village possiamo dire che sia una cittadella della
solidarietà: come potrà continuare a vivere ora?
R. – C’è una persona, che è sister
Mary, che è incaricata della gestione del villaggio e dei progetti di Nyumbani. A lei facciamo capo per la continuazione
dell’opera di padre Angelo. I progetti di Nyumbani
sono tre distinti ed importanti: il villaggio che abbiamo a Nairobi ospita 94
bambini al momento; abbiamo otto ambulatori nelle baraccopoli che assistono
circa 3 mila bambini, tutti orfani che vivono con famiglie affidatarie.
C’è poi il grande progetto, che ha rappresentato il suo sogno e che è nato tre
anni fa che è quello del grande villaggio di Nyumbani
Nikitui, che sorge su un’area di 500 ettari, dove
dovrebbero trovare alloggio 1.200 orfani e 200 anziani con funzioni genitoriali, che hanno bisogno di molto sostegno e di molto
aiuto. Speriamo ora di finirlo, perché lo abbiamo inaugurato insieme e insieme
vogliamo portarlo avanti.
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21 novembre 2006
IN INDONESIA I GENITORI DI TRE RAGAZZE CRISTIANE, DECAPITATE NEL
2005,
PERDONANO GLI IMPUTATI ACCUSATI DI AVER PARTECIPATO
ALL’OMICIDIO DELLE LORO FIGLIE
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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POSO. = I genitori
delle tre ragazze cristiane decapitate nel 2005 a Poso, in Indonesia, hanno
incontrato, ieri, tre imputati accusati di aver collaborato “intenzionalmente” agli omicidi per
seminare “terrore e paura tra la gente”. L’organizzatore del triplice
assassinio – riferisce l’Agenzia AsiaNews – ha
ripetuto di essere pentito ed ha espresso il proprio profondo dolore. I militanti islamici e i familiari delle tre giovani barbaramente
uccise si sono poi abbracciati e scambiati un segno di pace. Il portavoce della
polizia ha spiegato che “l’incontro non ha avuto alcun fine politico se
non quello di promuovere l’armonia”. Si è trattato – ha aggiunto – di “un
momento storico”, in cui le vittime e gli assassini possono “scambiare le loro
sensazioni più profonde e provare a perdonare”. Il vicepresidente indonesiano
ha anche auspicato che quella di ieri possa diventare
“un’occasione per portare la pace a Poso”, dove almeno 2000 persone sono morte tra il 1998 e il 2001 per scontri
tra cristiani e musulmani. Il drammatico episodio delle giovani cristiane decapitate
risale al 29 ottobre 2005, quando tre ragazze sono state prima aggredite e poi
decapitate con un machete. Il Papa aveva subito espresso profondo cordoglio per
la “barbara uccisione”.
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MESSAGGIO
DELLA CEI IN VISTA DELLA 29.MA GIORNATA PER
CHE SI
CELEBRERÀ IL PROSSIMO 4 FEBBRAIO
ROMA. = “Non si può non amare la vita: è il primo e il più
prezioso bene per ogni essere umano. La vita umana può e deve essere donata,
per amore, e nel dono trova la pienezza del suo significato; mai può essere
disprezzata e tanto meno distrutta”. Sono i primi passi del messaggio del
Consiglio episcopale permanente della CEI in vista della 29.ma
Giornata per la vita, che si celebrerà il prossimo 4 febbraio. “A volte –
aggiungono i presuli - si è indotti spontaneamente ad apprezzare la vita”, mentre altre volte “la fatica, la malattia, la
solitudine ce la fanno sentire come un peso”. Per chi ha il dono della fede –
si legge poi nel messaggio - ogni vita umana “porta” l’impronta del Creatore ed
“è destinata all’eternità”, con la consapevolezza che essa “ci è stata affidata
e non ne siamo i padroni assoluti”. Chi ama la vita – prosegue il documento -
si interroga “anche sul senso della morte e di come affrontarla”, ma “non cade
nel diabolico inganno di pensare di poter disporre della vita fino a chiedere
che si possa legittimarne l’interruzione con l’eutanasia”. Amare la vita,
proseguono i vescovi, “significa anche non negarla ad alcuno, neppure al più
piccolo e indifeso nascituro, tanto meno quando presenta gravi disabilità”. Di
fronte alla “piaga dell’aborto”, al “tentativo di legittimare l’eutanasia”, al
calo demografico, per i presuli “è necessaria una decisa svolta per imboccare
il sentiero virtuoso dell’amore alla vita”. I vescovi guardano poi “con
particolare attenzione e speranza ai giovani”, “capaci di amare la vita senza
condizioni, capaci di una generosità che la maggior parte degli adulti ha
smarrito”. Ma i giovani – osservano i vescovi - possono però sprofondare, a
volte, in drammatiche crisi di disamore e di non-senso fino al punto di mettere
a repentaglio la loro vita, o di ritenerla un peso insopportabile. Da qui il
ringraziamento e l’incoraggiamento “a quanti investono risorse per dare ai
giovani un futuro sereno e, in particolare, una formazione e un lavoro
dignitosi”. “Amare e desiderare la vita – concludono i presuli - è adoperarsi
perché ogni donna e ogni uomo accolgano la vita come dono, la custodiscano con
cura attenta e la vivano nella condivisione e nella solidarietà”. (A.L.)
IL GOVERNO DELLO SRI LANKA RIAPRIRÀ PROVVISORIAMENTE L’AUTOSTRADA
CHE COLLEGA JAFFNA AL RESTO DEL PAESE. MA LE TIGRI TAMIL
CHIEDONO “UN COLLEGAMENTO PERMANENTE”
COLOMBO. = Il governo dello Sri Lanka ha annunciato la temporanea riapertura dell’autostrada
che collega Jaffna al resto del Paese per permettere
la distribuzione di aiuti umanitari ad oltre 500 mila civili. L’autostrada era
stata chiusa lo scorso mese di agosto, quando si sono
intensificati gli scontri tra ribelli delle Tigri Tamil
e soldati governativi. Il governo - riferisce l’Agenzia AsiaNews
- aveva preso questa decisione anche per impedire il trasporto di armi e
combattenti da parte degli insorti. L’annuncio della riattivazione
dell’importante via di comunicazione, posta tra le condizioni indicate dai
ribelli durante i colloqui di pace tenutesi a Gineva
alla fine di ottobre, è stata aspramente criticata dalle Tigri Tamil: i ribelli hanno ribadito, infatti, la necessità di
riattivare “in modo permanente” il collegamento via terra con la penisola di Jaffna e hanno definito il provvedimento “uno stratagemma
politico”. Le Tigri Tamil fanno notare, in
particolare, che l’iniziativa del presidente Mahinda Rajapakse è stata presa alla vigilia della Conferenza dei
principali Paesi donatori dello Sri Lanka, prevista
per questa sera a Washington. Nei giorni scorsi il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam, ha inviato una lettera agli Stati
donatori chiedendo di convincere il governo di Colombo a rispettare la tregua
del 2002. “Solo così – spiega il presule – si può evitare fame e malnutrizione
anche tra le generazioni future”. (A.L.)
IN
SPAGNA NOTA DI PROTESTA DELLE DIOCESI DI BILBAO, VITORIA E SAN SEBASTIAN CONTRO
UN PROGRAMMA TELEVISIVO CHE DENUNCIAVA
PARTE
DEL CLERO BASCO PER LE SUE PRESUNTE SIMPATIE VERSO L’ETA
- A
cura di padre Ignacio Arregui
-
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SAN SEBASTIAN. = I responsabili diocesani dei mezzi di
comunicazione sociale a Bilbao, Vitoria e San Sebastian hanno pubblicato oggi una nota critica contro il
contenuto e la forma di un programma televisivo che aveva come obiettivo la
denuncia di una parte del clero interdiocesano basco per le sue ipotetiche
simpatie verso l’ETA e l’uso della violenza.
Il programma, presentato come investigativo, è stato trasmesso da una
rete nazionale giovedì scorso con il titolo “Investigation
3”. Già nell’apertura del programma-inchiesta, gli autori hanno manifestato il
loro proposito di fare uso di telecamere nascoste e di intervistatori camuffati
con dati personali falsi allo scopo di ottenere dagli
intervistati dichiarazioni confidenziali. Sono stati intervistati
numerosi sacerdoti, parroci, qualche vicario e perfino un vescovo. In realtà,
il documentario non ha offerto importanti rivelazioni e, alla chiusura del
programma, è stata criticata anche la Conferenza Episcopale spagnola per non
aver reagito contro ipotetici abusi di una parte del clero basco. Oggi i
delegati diocesani dei mezzi di comunicazione sociale hanno diramato una nota
nella quale denunciano la manipolazione esercitata nel documentario, il mancato
rispetto delle norme più elementari dell’etica professionale e le violazioni
dei diritti umani delle persone intervistate. La nota si conclude con
espressioni di solidarietà verso le persone così ingiustamente trattate e con
una denuncia generale contro l’uso immorale di alcuni mezzi di informazione.
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“MISTERO
PASQUALE, MISTERO NUZIALE E VITA CONSACRATA”.
E’ IL
TEMA DELL’INCONTRO, APERTOSI OGGI A COLLEVALENZA,
AL
QUALE PARTECIPANO 150 RELIGIOSI PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA
- A cura di padre Egidio Picucci -
COLLEVALENZA. = 150 religiosi, provenienti da tutta
Italia, sono riuniti da oggi a venerdì
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21 novembre 2006
- A cura di Fausta Speranza -
Almeno tre persone, fra cui un neonato, sono morte questa
mattina per un’incursione aerea americana su Sadr
City, il grande quartiere sciita di Baghdad, nell'ambito delle operazioni USA
per dare la caccia alle squadre della morte e per cercare un soldato statunitense
rapito. I feriti sembra siano più di 50. Intanto, ci sono dichiarazioni di
preoccupazione da parte del segretario generale dell’ONU, Kofi
Annan, e novità sul piano delle relazioni dell’Iraq
con i Paesi vicini. Il nostro servizio:
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Gli Stati Uniti sono “in un certo modo in trappola, nel
senso che non possono restare, ma non possono partire”: parole di Kofi Annan, in conferenza stampa
a Ginevra. Ha spiegato che le modalità della partenza dovranno essere
“ottimali, nel senso che non dovranno condurre ad un ulteriore deterioramento
della situazione”. Il segretario dell’ONU ha definito la situazione in Iraq
“molto, molto difficile”. Ha auspicato l’aiuto dei Paesi vicini, riconoscendo
che c’è bisogno di loro e della comunità internazionale. Ha esortato dunque Siria
e Iran ad “usare la loro influenza” per contribuire alla pacificazione
dell’Iraq. E’ inoltre importante “portare gli iracheni insieme” a discutere e
“risolvere le divergenze interne”. Il segretario generale ha quindi suggerito
una revisione della Costituzione, per una suddivisione equa del potere e dei
redditi. Intanto, proprio a proposito di Paesi vicini, Iraq e Siria hanno
ristabilito relazioni diplomatiche dopo una rottura che durava da 25 anni. I
capi della diplomazia, in conferenza stampa a Baghdad, hanno sottolineato che i
due Paesi “coopereranno in materia di sicurezza”. Il capo della diplomazia siriana,
Walid Muallem, sarà da
domenica a Baghdad: prima visita dalla caduta di Saddam
Hussein di un ministro siriano. E c’è da dire che
ieri il presidente iraniano ha invitato Siria e Iraq per un vertice a tre nel
fine settimana. Già ufficializzata la presenza del presidente iracheno, e anche
la Siria sembra confermare anche se ancora a livello di indiscrezioni.
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Due palestinesi, una donna di 70 anni e un miliziano del
braccio armato di Hamas, sono stati uccisi da soldati israeliani in
un’incursione nella città di Gaza. Poco
dopo, un cittadino israeliano è stato ferito gravemente nella città di Sderot, in Israele meridionale, dall’esplosione di un razzo
artigianale lanciato da miliziani palestinesi dalla Striscia di Gaza. L’attacco
è avvenuto mentre a Sderot è
giunta Louise Arbour,
commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Intanto, per la terza
volta in tre giorni, scudi umani palestinesi sono riusciti a sventare il
bombardamento di case di Gaza. Da una parte, le incursioni israeliane,
dall’altra, il lancio dei razzi e gli scudi umani palestinesi: a cosa porterà
questa contrapposizione di strategie? Giada Aquilino lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di Sviluppo politico del Medio
Oriente all’Università di Bologna:
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R. – Porterà sicuramente ad altre stragi di civili
innocenti, quindi è meglio che la politica si muova e si muova in fretta, nel
senso che quando si arriva a schierare la popolazione
civile a mo’ di scudo umano, si è proprio all’ultimo stadio: questo è anche un
segnale – tra l’altro – della società civile, vista l’impasse della politica palestinese che sta cercando di trattare per
la creazione di un governo di unità nazionale tra al Fatah
e Hamas.
D. – Perché ora questo ennesimo aggravarsi della crisi israelo-palestinese?
R. – Il momento è dato – credo – soprattutto dalle
elezioni americane di medio termine. Chiaramente, a livello mediorientale sono
state percepite come un forte segnale di debolezza degli Stati Uniti e quindi,
di converso, anche di Israele. Per cui, si sono rimosse tutte quelle forze
estremiste che hanno tutto l’interesse a far deragliare qualsiasi tipo di
progetto politico. Se si riuscisse a portare ad un tavolo di negoziato un
qualche rappresentante israeliano con un qualche esponente palestinese, che
andassero avanti nonostante gli estremisti, forse a qualcosa si potrebbe
arrivare.
D. – Che influenza possono avere i nuovi contatti tra Iran,
Iraq e Siria sulla situazione mediorientale?
R. – Quando si muovono le diplomazie alla luce del sole, è
sempre bene. Certamente, però, se e qualora la stabilizzazione dell’Iraq
avvenisse solo per iniziativa di Iran e di Siria, si andrebbe ad un totale rovesciamento
dei tavoli, per quello che riguarda tutta la regione. Quindi, io spero che in
fretta almeno l’Europa si ritagli un ruolo importante in questo processo di
stabilizzazione.
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E il presidente del Consiglio, Romano Prodi, sottolinea
che una eventuale conferenza di pace per il Medio
Oriente potrebbe avvenire solo alla fine di un processo ben definito e che in
questa fase è “un discorso prematuro”. Lo ha detto dal Cairo al termine di un
colloquio con il primo ministro egiziano, Ahmed Nazif. Il premier italiano ha spiegato che “si sta
lavorando ad un allargamento” dell’impegno portato avanti da Francia, Spagna ed
Italia per il Medio Oriente: allargamento destinato soprattutto a coinvolgere
Gran Bretagna e Germania. “Serve un accordo più vasto per poter fare qualcosa
di utile ed accettabile; servono - ha aggiunto il premier - azioni concrete su
fatti concreti”.
Il premier libanese, Fuad
Sinora, ha dichiarato che “il dialogo è l’unica via per ristabilire la fiducia
tra i libanesi”, dopo le minacce di proteste di piazza seguite alle dimissioni
dei cinque ministri dei movimenti sciiti Hezbollah e Amal e di un sesto ministro cristiano. Aprendo stamani a
Beirut i lavori di una Conferenza per la ricostruzione del Libano, dopo le
distruzioni provocate dalla guerra d’estate tra Israele e Hezbollah,
Siniora ha affermato che “ogni disprezzo delle regole
democratiche può condurre alla catastrofe”. Pur senza nominarli, il premier ha
quindi invitato Hezbollah e i suoi alleati
dell’opposizione prosiriana a “rispettare le altre
opzioni” e ha affermato che il Libano sta attraversando “un periodo cruciale
nella sua storia”, dopo la “seconda indipendenza” seguita al ritiro delle
truppe siriane nell’aprile 2005. Siniora ha
puntualizzato che dei due miliardi di dollari promessi dai Paesi donatori per
la ricostruzione, il Libano ha finora ricevuto solo 813 milioni.
Ankara ha respinto la data ultimativa del 6 dicembre posta
ieri dall’Unione Europea per aprire gli scali turchi marittimi ed aerei alle merci greco- cipriote. “Per noi non è possibile fare un
passo avanti”: è quanto ha dichiarato alla rete NTV il portavoce del governo,
il ministro della Giustizia Cemil Cicek,
commentando la dichiarazione rilasciata ieri dalla presidenza di turno
finlandese dell’UE.
Le Nazioni Unite ritengono che occorra far presto nel Darfur, dopo l’annuncio di un accordo di principio per una operazione mista ONU-Unione
Africana nella tormentata regione del Sudan occidentale, teatro da oltre tre
anni di una guerra civile che ha causato 200 mila morti. “La situazione sul
terreno è più peggiorata che migliorata nelle ultime settimane e negli ultimi
mesi”, ha detto il capo delle operazioni di ‘peacekeeping’ dell’ONU, Jean-Marie Guehenno, in una
conferenza alla Brookings Institution
di Washington.
Continua inesorabile l’avanzata delle milizie islamiche
sul territorio somalo: sono entrate, senza trovare alcuna resistenza, anzi
accolte con apparente giubilo dalla popolazione, nella cittadina di Abduudwaak, l’ultimo centro non ancora nelle loro mani
dell’importante regione di Galgudud, Somalia
centrale. Intanto si segnalano combattimenti più o meni continui tra milizie
islamiche e truppe governative, protette e rafforzate da quelle etiopiche, e
soprattutto dai loro mezzi militari, nell’area circostante Baidoa,
245 km a nord est di Mogadiscio, sede provvisoria del governo federale di
transizione nazionale.
Il presidente ugandese, Yoweri Museveni, ha respinto,
giudicandolo falso, un rapporto dell’ONU che accusa il suo Paese, assieme ad
altri nove, di inviare armi e truppe in Somalia, in appoggio al governo di
transizione o alle varie fazioni in lotta.
Un rapporto commissionato dall’ONU cita Uganda ed Etiopia tra i Paesi
che forniscono uomini, armi ed equipaggiamenti al governo nazionale di transizione
(TNG) somalo, alle prese con una crescente offensiva degli integralisti delle
Corti islamiche, che controllano Mogadiscio e buona parte della
Somalia. Altri Paesi, tra cui Libia e Yemen,
sono accusati di appoggiare gli integralisti islamici.
Il governo del Rwanda ha
definito oggi “accuse totalmente infondate” quelle alla base della
raccomandazione del giudice francese Jean-Louis Bruguiere, che ha chiesto di processare il presidente rwandese, Paul Kagame, per l’as-sassinio nel 1994 dell’allora presidente
del Paese africano, Juvenal Habyarimana.
Un gommone con una quarantina di clandestini, tra cui una
donna incinta, è stato soccorso stamani a 20 miglia a Sud di Lampedusa dalla
nave Orione della Marina Militare. Ieri, a Lampedusa, erano giunti complessivamente
107 ex-tracomunitari, in quattro sbarchi successivi. Nel Centro di prima
accoglienza dell’isola si trovano in questo momento oltre 300 clandestini.
Il
presidente cinese Hu Jintao
è in India. Una visita che può essere molto significativa: un’intesa strategica
tra Cina e India, i due giganti del continente più popoloso del pianeta,
potrebbe ridisegnare gli equilibri dell’Asia. Sugli incontri previsti nei
quattro giorni di visita, riferisce Maria Grazia Coggiola:
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Una promessa di risolvere entro breve tempo l’annosa
disputa sui confini, il rafforzamento delle relazioni commerciali, l’apertura
di consolati a Calcutta e nella città portuale di Guanzu
e nuove intese in campo culturale. Sono i risultati principali dell’accordo in
10 punti stilato dal presidente cinese e dal premier indiano nel loro incontro
di stamattina. Un incontro definito molto positivo da parte di New Delhi che
considera le relazioni con Pechino cruciali per l’intero assetto geopolitico e geoeconomico
dell’Asia ed anche per la sua visione del mondo multipolare.
“India e Cina non si considerano più rivali, ma alleati.
C’è abbastanza spazio per i nostri due Paesi, per svilupparsi e sostenersi
reciprocamente”: lo ha detto Hu ai giornalisti, dopo
la firma di una dichiarazione comune, che spiana la strada verso una nuova
partnership che tocca praticamente tutti i settori,
dalla cooperazione scientifica a quella in materia di turismo. In particolare
New Delhi spera di ricevere supporto da Pechino per quanto riguarda l’intesa
siglata con gli americani sul nucleare civile. E’ stata salutata positivamente
anche la decisione di accelerare i negoziati per la demarcazione dei confini.
Una questione ancora aperta dopo la guerra del 1962. Rimangono, però, ancora
molte ombre e una di queste è la questione tibetana.
Centinaia di dimostranti hanno manifestato pacificamente stamattina per le
strade della capitale, affermando che il governo cinese commette atrocità in
Tibet.
Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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L’inviato americano ai negoziati a sei sul programma
nucleare della Corea del Nord, Christopher Hill, ha detto oggi che i colloqui con Pyongyang
riprenderanno probabilmente a metà dicembre. “E’ importante per noi che siano
preparati bene e questa è la ragione per cui sono venuto qui
oggi”, ha dichiarato Hill ai giornalisti
all’aeroporto di Pechino, dopo una visita di meno di 24 ore in Cina. E va detto
che la Cina ha scongelato, d’intesa con gli USA, metà
dei fondi nordcoreani di una banca di Macao il cui
blocco era stato indicato da Pyongyang come motivo
del suo rifiuto di portare avanti una politica di denuclearizzazione.
Il provvedimento, di cui ha dato notizia l’agenzia sudcoreana
Yonhap, rappresenta un primo importante passo proprio
verso un rilancio della trattativa internazionale a sei sul nucleare nordcoreano.
Centinaia di migliaia di persone sono state mobilitate
nella Corea del Sud per una serie di scioperi e manifestazioni in programma
domani come protesta per l'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. La
polizia ha preannunciato un suo massiccio schieramento per evitare incidenti.
Il governo sudcoreano e quello americano stanno negoziando
un rinnovo delle intese commerciali fra i due Paesi, che dovrebbe essere
definito entro il prossimo marzo e molti nella penisola temono eccessive
concessioni verso Washington a discapito dell'industria e dell'agricoltura
nazionali.
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