RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 324 - Testo della trasmissione di lunedì 20 novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Compie
50 anni la rivista dei Dehoniani “Il Regno”: con noi padre Lorenzo Pressi
CHIESA E SOCIETA’:
Ucciso a Timor Est un missionario
protestante
Si è aperta a Madrid l’88.ma Assemblea ordinaria dei vescovi spagnoli
I vescovi del Cile lanciano un
appello perché nel Paese si risvegli la coscienza morale e sociale
Al via in India il primo
incontro dei Centri culturali cattolici
Senza fine la violenza in
Iraq: almeno 100 morti nelle ultime 24 ore
Giornata storica ieri in
Mauritania dove si sono svolte le elezioni politiche per il ritorno alla
democrazia
20 novembre 2006
LA LIBERTA’ RELIGIOSA NON PREGIUDICA GLI INTERESSI
DELLO STATO:
E’
QUANTO SOTTOLINEATO DA BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA AL PRESIDENTE
DELLA
REPUBBLICA ITALIANA, GIORGIO NAPOLITANO, PER LA PRIMA VOLTA
IN
VATICANO. RIBADITA DA ENTRAMBE L’IMPORTANZA DELLA COOPERAZIONE
TRA
STATO E CHIESA PER IL BENE DELLA SOCIETA’ ITALIANA
Un incontro per ribadire il
legame tutto particolare che lega l’Italia al Successore di Pietro: con questo
spirito si è svolta stamani in Vaticano la visita al Papa del presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato, accompagnato dalla moglie Clio e dal seguito, ha incontrato anche il cardinale
segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Benedetto XVI ha ribadito che la libertà
religiosa non pregiudica gli interessi dello Stato. Dal canto suo, Napolitano
ha espresso apprezzamento per la dimensione sociale e pubblica del fatto
religioso. Entrambi hanno poi riaffermato l’importanza della collaborazione tra
Chiesa e Stato per promuovere il bene integrale della persona. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
**********
(Inno di Mameli)
L’inno di Mameli, risuonato nel Cortile di San Damaso, ha segnato l’inizio della visita ufficiale del
presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano a Benedetto XVI. Una
visita al Palazzo Apostolico, durata circa due ore, che ha avuto quali momenti
culminanti il colloquio privato, di circa 25 minuti, e soprattutto i discorsi
del Papa e del capo dello Stato italiano, per la prima volta in Vaticano dalla
sua elezione al Quirinale, lo scorso 10 maggio. Il Pontefice ha voluto subito
ribadire la sua gratitudine al popolo italiano, che, ha detto, con “calore ed
entusiasmo” lo sostiene fin dall’inizio della sua missione di Successore di
Pietro. Parole corredate da un significativo augurio rivolto alla nazione italiana:
“La Nazione italiana
sappia avanzare sulla via dell'autentico progresso e possa offrire alla
Comunità internazionale il suo prezioso contributo, promuovendo sempre quei
valori umani e cristiani che sostanziano la sua storia, la sua cultura, il suo
patrimonio ideale, giuridico e artistico, e che sono tuttora alla base
dell’esistenza e dell’impegno dei suoi cittadini”.
In questo sforzo, ha assicurato il Papa, “non mancherà,
certo, il leale e generoso contributo dato dalla Chiesa cattolica, attraverso
l’insegnamento dei suoi vescovi” che a breve incontrerà nella loro visita ad Limina. Citando la Gaudium et Spes, Benedetto
XVI ha sottolineato che la comunità politica e la Chiesa, pur “indipendenti e
autonome l’una dall’altra nel proprio campo” sono a servizio “della vocazione
personale e sociale delle stesse persone umane”. Ecco allora l’importanza di
una sana collaborazione tra di loro:
“Chiesa e Stato, pur
pienamente distinti, sono entrambi chiamati, secondo la loro rispettiva
missione e con i propri fini e mezzi, a servire l’uomo, che è allo stesso tempo
destinatario e partecipe della missione salvifica della Chiesa e cittadino
dello Stato. E’ nell’uomo che queste due società si incontrano e collaborano
per meglio promuoverne il bene integrale”.
Un’impostazione, ha proseguito, che ha ispirato anche
l’Accordo che apporta modificazioni al Concordato Lateranense. Ha così messo
l’accento sulla dimensione religiosa della persona, la quale, secondo gli
insegnamenti del Concilio Vaticano II, va rispettata e promossa dall’autorità
umana. D’altro canto, ha avvertito, non si può ritenere garantito questo
diritto semplicemente “quando non si fa violenza o non
si interviene sulle convinzioni personali”. La libertà religiosa, è stato il
suo richiamo, “è un diritto non solo del singolo, ma altresì della famiglia,
dei gruppi religiosi e della stessa Chiesa”. Dunque, ha detto ancora, il potere
civile deve creare “condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa”,
nell’interesse stesso della società:
“La libertà, che la
Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato o di
altri gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma è piuttosto la condizione affinché, come ho detto
durante il recente Convegno Nazionale Ecclesiale svoltosi a Verona, si possa
espletare quel prezioso servizio che la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese
in cui essa è presente”.
Tale servizio alla società, ha ribadito, si esprime nei
riguardi dell’ambito civile e politico, giacché la Chiesa pur non intendendo
essere un agente politico, ha tuttavia un “interesse profondo per il bene della
comunità politica”. Quindi, ha messo l’accento sul ruolo dei fedeli laici:
“Questo apporto
specifico viene dato principalmente dai fedeli laici,
i quali, agendo con piena responsabilità e facendo uso del diritto di
partecipazione alla vita pubblica che hanno alla pari di tutti i cittadini, si
impegnano con gli altri membri della società a costruire un giusto ordine nella
società”.
Il Pontefice ha aggiunto che quando i fedeli si impegnano
a fronteggiare le grandi sfide attuali, come guerra, terrorismo, fame, povertà,
ma anche la tutela della vita umana in tutte le sue fasi, “non agiscono per un
loro interesse peculiare o in nome di principi percepibili unicamente da chi
professa un determinato credo religioso”. Lo fanno, ha ribadito, “secondo le
regole della convivenza democratica” “per il bene di tutta la società” e “in
nome di valori che ogni persona di retto sentire può condividere”. Valori, ha
rilevato il Papa, che per la gran parte sono proclamati dalla Costituzione
italiana. Nel suo indirizzo d’omaggio, il presidente Napolitano ha ringraziato
il Santo Padre per i suoi appelli di pace “risoluti e limpidi” e per la ferma
denuncia del flagello della fame. Quindi, parlando dell’armonia dei rapporti
tra Chiesa e Stato italiano, ha riconosciuto il ruolo straordinario della
Chiesa per il bene della società italiana:
“Crediamo profondamente nell'importanza di questa
collaborazione, guardando alla tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà
verso i bisognosi e i sofferenti che è propria della Chiesa - e per essa della Caritas, del volontariato cattolico, delle
Parrocchie - e guardando anche a una comune missione educativa là dove sia
ferito e lacerato il tessuto della coesione sociale, il senso delle istituzioni
e della legalità, il costume civico, l'ordine morale. Conosciamo e apprezziamo,
più in generale, la dimensione sociale e pubblica dei fatto
religioso”.
Il presidente ha inoltre affermato che la politica “non
dovrebbe mai spogliarsi della sua componente ideale e spirituale, della parte
etica e umanamente rispettabile della sua natura”. Guardando poi all’Italia,
Napolitano ha auspicato “un clima più disteso, uno sforzo maggiore di ascolto e
di dialogo”, per “favorire la ricerca di soluzioni valide” su quei problemi complessi
dal sostegno alla famiglia, alla tutela della vita, alla libertà
dell'educazione, “che suscitano l'attenzione e le preoccupazioni della Chiesa e
del suo Pastore”. “Il nostro principale assillo – ha detto ancora Napolitano –
è rinsaldare l'unità della Nazione e la coesione della società italiana”. Un
compito per il quale, ha affermato, l’Italia sa di “poter contare” sulla
“speciale sensibilità e sollecitudine” di Benedetto XVI. Volgendo poi il
pensiero al Vecchio Continente, Napolitano si è detto convinto che l’Europa “unita”
può fare molto “per la causa della pace e della giustizia nel mondo”.
Un’Europa, è stato il suo auspicio, che parli “con una sola voce”
riconoscendosi “in grandi valori condivisi, che riflettono il ruolo storico e
la sempre viva lezione ideale del Cristianesimo”. Dopo i discorsi, pronunciati
nella sala della Biblioteca, il Papa ha donato al capo dello Stato italiano un mosaico, assieme a una medaglia del II anno di
Pontificato. Napolitano ha ricambiato con un bassorilievo in argento,
intitolato “Pace”, opera dello scultore Antonio Nocera.
Al termine dell’incontro con Benedetto XVI, il
presidente Napolitano assieme al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, accompagnati dal cardinale segretario di Stato,
Tarcisio Bertone hanno incontrato, nella Sala Regia i membri del corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Nel suo discorso, il cardinale
Bertone ha sottolineato che anche l’impegno della diplomazia “è al servizio della missione
spirituale” di “Colui che per divino mandato è il Padre comune non solo dei
credenti, ma di tutti, perché tutti sono creature di Dio”. “Non a caso – ha
sottolineato – anche chi non condivide la fede cristiana, guarda al Papa come
al Portavoce delle supreme istanze morali, e ne ascolta i richiami al rispetto
della dignità dell'uomo, alla promozione della pace e dello sviluppo e alla
collaborazione sincera fra popoli, religioni e culture per un avvenire migliore
della famiglia umana”.
La mattina in Vaticano del presidente Giorgio Napolitano
si è conclusa con una visita alla Basilica di San Pietro, dove il capo dello
Stato italiano si è soffermato per alcuni momenti dinnanzi alla tomba
dell’Apostolo Pietro. Prima del congedo, il corteo presidenziale ha ascoltato
l’Inno pontificio, intonato dalla Banda musicale pontificia, sul sagrato della
Basilica Vaticana.
(Inno pontificio)
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In una nota, diramata a fine mattinata,
dalla Sala Stampa vaticana si legge che durante i colloqui è stato ribadito che
“nel rispetto del diritto alla libertà religiosa e dell’autonomia propria della
comunità ecclesiale e civile, come pure della reciproca collaborazione, i
cattolici italiani continueranno a dare il loro contributo a favore della
dignità dell’uomo, a tutela della vita e della famiglia e per il bene comune
della società”.
Gli incontri, afferma ancora la nota della Sala Stampa,
“hanno altresì permesso di prendere in considerazione diversi aspetti della
vita internazionale, soffermandosi in particolare sulla delicata situazione in
Medio Oriente, sulle prospettive del processo di integrazione europea e sui
gravi problemi del Continente africano”.
UDIENZE
Il
Papa stamane ha ricevuto un altro gruppo di presuli
della Conferenza episcopale tedesca, in visita "ad
Limina".
DOMANI
IL
PAPA NE HA PARLATO IERI ALL’ANGELUS:
I
MONASTERI SONO OASI DELLO SPIRITO E FANNO BENE A TUTTI
-
Intervista con suor Giovanna Zoletto -
I monasteri di vita contemplativa
“apparentemente inutili … fanno bene a tutti anche … a quanti ne ignorano
l’esistenza” e “si offrono come oasi, nelle quali l’uomo … può meglio attingere
alle sorgenti dello Spirito e dissetarsi lungo il cammino” di una vita spesso
convulsa. E’ quanto ha detto ieri all’Angelus Benedetto XVI ricordando che
domani, 21 novembre,
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R. – E’ come se ad un albero mancassero le radici. Le
radici sono nascoste, ma sono quelle che danno nutrimento alla pianta, perché
si sviluppi, perchè manifesti la bellezza della creazione. Tutto parte dalle
radici, che sono sotto terra, non si vedono, però sono questa linfa vitale che
dà vita.
D. - Come si svolge la giornata di una monaca di clausura?
R. – La nostra giornata è un alternarsi di preghiera, di
lavoro, di vita fraterna. Noi la iniziamo alle 5 e mezzo;
poi, alle 6.00 ci sono le lodi, il canto della liturgia della Chiesa; segue una
mezz’ora di riflessione, di preghiera personale; alle 7.00 c’è la celebrazione
dell’Eucaristia; alle 9.00 riprendiamo la preghiera con la preghiera di terza.
Terminata la preghiera ognuna va al suo lavoro. Ci sono, quindi, le mansioni
comunitarie: alla cucina, alla sagrestia, all’infermeria, alla cura delle
sorelle malate. Avendo un piccolo orticello, si va nell’orto. Ci si ritrova
ancora nella preghiera alle 11.30 e alle 12.00 abbiamo il pranzo e c’è un
momento di fraternità, in cui ci si scambia alcune impressioni, si scambia una
parola. Segue, poi, un tempo di silenzio rigoroso, che viene
interrotto alle 14.40, quando abbiamo l’ora nona, che è ancora un’altra parte
della preghiera liturgica, e la recita del Rosario. Poi, di nuovo un tempo di
lavoro. Alle 18.00 c’è la preghiera dei Vespri, l’ufficio di lettura e la
meditazione. Dopo la cena, c’è un tempo di ricreazione. Si scambia ancora
qualche parola, qualche momento di fraternità e alle 21.00 la preghiera di
Compieta chiude la giornata e ringraziamo il Signore per tutti i benefici della
giornata. Portiamo al Signore le suppliche che ci sono state rivolte dai
fratelli che chiedono l’aiuto della nostra preghiera.
D. - Ha avuto un buon successo recentemente il
film-documentario “Il Grande
silenzio” sulla vita in un monastero certosino. Un film in cui
non si sente alcuna parola. Cosa può dirci sul significato del silenzio?
R. – Il silenzio è soprattutto una ricerca di intimità con
il Signore. Cercare un momento di deserto in cui l’anima si mette davanti al
Signore, al suo Creatore. Così, allora, sgorga spontanea la lode, perché
dimenticando noi stessi e guardando al Signore non possiamo vedere altro che
Lui è amore e che la nostra vita va alle sorgenti vere della vita e dell’amore.
D. - Benedetto XVI sottolinea spesso la necessità di
curare l’interiorità in mezzo a tanto attivismo che rischia di farci sentire
sempre più vuoti. Come possiamo pregare noi che viviamo sommersi dal rumore e
dallo stress quotidiano?
R. – Creare questi spazi in cui mettersi a tu per tu con il Signore e chiedere al Signore l’aiuto,
perché come dice Gesù: “Senza di me non potete fare nulla”, però possiamo
chiedere il dono dello Spirito. Allora, più si entra in questo spazio, più se
ne sente il bisogno. Come quando uno ha fame e cerca il cibo, così quando uno è veramente nel frastuono deve cercare, come
nella fame, questo bisogno di stare in silenzio, anche cinque minuti al giorno.
In seguito, sarà ancora più spontaneo cercare altri dieci minuti e verrà tutto
da sé…
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RAMMARICO
PER IL MANCATO ACCORDO PER
ANTIUOMO,
causa di disastri umanitari, E’
STATO ESPRESSO
DA MONS. SILVANO TOMASI, OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L’ONU, A CONCLUSIONE DELLA CONFERENZA
ORGANIZZATA
NEI
GIORNI SCORSI A GINEVRA
- A
cura di Fausta Speranza -
Il rammarico per il mancato raggiungimento di un accordo
internazionale in tema di alcune armi convenzionali: al centro delle parole del
nunzio apostolico mons. Silvano Tomasi, Osservatore
permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra, intervenuto, nei
giorni scorsi nella città elvetica alla terza conferenza dedicata proprio alle
armi convenzionali e in particolare alle mine antiuomo. Il desiderio diffuso di
mettere al bando strumenti di morte che causano “disastri umanitari”,
soprattutto alla popolazione civile, non è stato soddisfatto - ha affermato
mons. Tomasi - sottolineando che dunque “molto lavoro
resta da fare”. In particolare mons. Tomasi aggiunge che specifiche misure nazionali dovranno
essere prese dagli Stati individualmente, in attesa di
un consenso per un accordo sottoscritto a livello internazionale. Da una parte,
ha ribadito mons. Tomasi, c’è il fatto che “molti
Paesi e gruppi della società civile hanno acquisito la consapevolezza di questo
importante tema e sono stati coinvolti” nel dibattito. Dall’altra, però, è
triste – ribadisce mons. Tomasi - prendere nota della
conclusione della conferenza dell’ONU e cioè che non si sia
arrivati a provvedimenti all’altezza dei bisogni sul piano umanitario.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Ampio
rilievo alla visita ufficiale del presidente della Repubblica Italiana al Papa.
Servizio estero - Asia-Pacifico: dall’APEC un appello alla sicurezza e al
rilancio del “Doha Round”.
Servizio culturale - Un
articolo di Francesco Di Felice dal titolo “Un itinerario di vita cristiana
capace ancora oggi di parlare alle coscienze”: ricordo di Dietrich
Bonhoffer a cento anni dalla nascita.
Servizio italiano - Politica;
corteo per la pace: scoppiano le polemiche. Prodi critica il Ministro Diliberto.
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20 novembre 2006
“STORIE
DI BAMBINI INVISIBILI, MESSAGGERI DI PACE”:
E’ IL TEMA DELL’ODIERNA GIORNATA PER I DIRITTI
DELL’INFANZIA
- Intervista
con Carlotta Sami -
“Costruiamo Insieme a Kinshasa il Villaggio del
Fanciullo-Papa Giovanni Paolo II”. E’ lo slogan di un’iniziativa presentata
oggi a Palermo nell’ambito dell’odierna Giornata Mondiale per i Diritti
dell'Infanzia, che si svolge sul tema “Storie di bambini invisibili, messaggeri
di pace”. Si tratta di un’iniziativa voluta dall'Associazione Missionaria
Interculturale Onlus “Ali per Volare”, fondata dal
cantante palermitano Rino Martinez, in collaborazione
con l’UNICEF Missione in Web. L’evento internazionale si è svolto alla presenza
dell’arcivescovo di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi, e di altre
personalità che hanno scelto di sostenere i più deboli. Il servizio di
Alessandra Zaffiro:
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Storie di ragazzi indifesi come quelli che in Congo vivono
la realtà di un Paese vissuto a lungo nella guerra: migliaia di bambini
denutriti, uccisi dai conflitti, dalla fame, o dalle malattie come l’AIDS.
Storie di soldati bambini, che imbracciano un fucile
perché così almeno un pasto al giorno è assicurato. E
c’è la storia di Sevy, un ragazzo congolese sottratto
al destino di bambino soldato solo perché poco prima di essere reclutato dalle
milizie, un incidente lo ha ridotto sulla sedia a rotelle. Testimonianze
ascoltate con grande interesse da migliaia di bambini delle scuole palermitane.
“La Sicilia manifesta sempre il suo grande cuore – ha detto il cardinale di
Palermo Salvatore De Giorgi – e resto sempre più impressionato nel vedere il
coinvolgimento delle nuove generazioni: in un momento in cui sembra spegnersi
la speranza, anche per tanti eventi tristi che stanno avvenendo nel campo della
scuola, vedere ragazzi coinvolti non soltanto con le parole e con i canti, ma
anche con il sacrificio personale e la generosità, credo sia un grande segno di
speranza per il futuro”.
“Il piccolo centro intitolato a Papa Woityla
– spiega Eddy Artale, del comitato
garanti per la costruzione del villaggio – sarà realizzato in Congo e
ospiterà 500 bambini, diverse scuole e un ospedale. Il progetto costerà intorno
ai 750.000 dollari, ma ciò cui teniamo – conclude Artale
- è che non rimanga una cattedrale nel deserto, ma che riesca a creare qualcosa
di concreto che darà a chi abita il villaggio, alle persone del luogo, la
possibilità di autogestirsi”. L’iniziativa, promossa
al momento solo da siciliani, sarà riproposta il primo dicembre a Lercara Friddi, nel Palermitano,
con un concerto nel corso del quale sarà presentato il comitato di garanti e
annunciata la raccolta fondi per realizzare il villaggio.
Da Palermo, Alessandra Zaffiro, per la Radio Vaticana.
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Un punto fermo nella tutela dei minori è la Convenzione
internazionale sui diritti dell’infanzia, firmata nel 1989. Ci si chiede fino a
che punto la Convenzione stessa abbia portato frutto e
come i cambiamenti sociali creino nuove sfide. Fausta Speranza ne ha parlato
con Carlotta Sami, direttore dei programmi di Save The Children Italia:
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R. - La Convenzione sui diritti dell’infanzia è
sicuramente uno strumento eccellente che però non
direi abbia avuto piena applicazione. Sta incominciando ad essere conosciuto a
livello nazionale, ad esempio in Italia, e a livello internazionale. Non direi
che viene pienamente applicato. In realtà è uno
strumento estremamente comprensivo ed esaustivo che deriva anche da un grosso lavoro
di compromesso fra diverse culture, essendo una Convenzione che riguarda
diritti umani universali. Forse è cambiato il modo in cui il mondo degli adulti
si raffronta con questa Convenzione: viene presa un po’
più sul serio, ma ancora mancano - a supporto degli adulti che possono essere i
genitori fino ad arrivare alle istituzioni - degli strumenti che permettano di
applicare nella pratica la Convenzione stessa. In realtà la Convenzione,
essendo uno strumento anche molto ampio, permette di adattarla e di derivarne
delle leggi specifiche che consentono di far fronte a problemi specifici
esistenti in contesti nazionali. Ad esempio, il problema del rapporto tra
minori e media: è una questione che è tipica dei Paesi
altamente industrializzati e diverso sarebbe parlarne in Etiopia o in
Angola. Si parla molto in questi giorni della questione della violenza dei
giovani, giovani che spesso non sono puramente emarginati ma
appartengono, anzi, a livelli sociali medi o medio alti. Qui, dal nostro punto
di vista, quello che effettivamente manca, è un supporto al mondo degli adulti
su cui, secondo noi, bisogna lavorare moltissimo. Si tratta di procedere verso
una reale applicazione di riconoscimento dei diritti dell’infanzia, perché i
diritti dell’infanzia non riguardano solo la possibilità del diritto di andare
a scuola ma anche il diritto di ricevere adeguate attenzioni e un’adeguata
educazione, e di svilupparsi psicologicamente ed emotivamente in maniera
adeguata. Dobbiamo dire che, soprattutto nei Paesi industrializzati, se c’è un
supporto di tipo materiale, non è detto che ci sia la capacità di tutti gli
adulti di relazionarsi nel modo corretto con i propri figli, con gli studenti e
con i minori in generale.
D. – Proviamo a vedere il problema violenza, cui lei ha
accennato, dal punto di vista dei minori: loro avrebbero il diritto di rimanere
fuori dal mondo della violenza, ma hanno questa consapevolezza,
secondo lei?
R. – In maniera molto ampia vengono
spesso strumentalizzati. Vediamo che nei messaggi che arrivano anche dai media e dalle diverse nuove tecnologie cui possono accedere,
non c’è un’attenzione veramente alta ad avvisare, per esempio, il minore o a
tutelarlo nel suo utilizzo di determinati strumenti come possono essere i
cellulari o internet. Non vengono neanche troppo tutelati dal fatto che, ad
esempio, un minore può essere seriamente danneggiato dal visualizzare
determinate immagini o dall’essere esposto costantemente ad immagini di
violenza e a programmi televisivi che non sono assolutamente in linea con un
percorso di sviluppo psicologico, emotivo, ed anche educativo.
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COMPIE
50 ANNI LA RIVISTA DEHONIANA “IL REGNO”, QUINDICINALE SULLA VITA
DELLA
CHIESA E SUL DIALOGO FRA LE DIVERSE RELIGIONI CHE OFFRE
ANCHE
UN ACCESSO PIU’ IMMEDIATO AI TESTI DEL MAGISTERO
E DI DIVERSE ORGANIZZAZIONI ECUMENICHE
-
Intervista con padre Lorenzo Pressi -
Voluta dalla Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore
di Gesù, noti come Dehoniani dal nome del fondatore, padre Leone Giovanni
Dehon, la rivista “Il Regno” compie 50 anni. Quindicinale di attualità e
documentazione cattolica, oggi pubblica circa 10 mila copie. Le sue pagine
raccontano la vita della Chiesa, affrontano le domande pastorali che stanno a cuore alle Chiese di ogni continente e ancora sviluppano i
temi dell’ecumenismo. Mensilmente, poi, la rivista, allega i testi più
rilevanti del Magistero pontificio, dei vescovi e di diverse organizzazioni
ecumeniche e una volta all’anno cura un volume di
circa 300 pagine sulla vita della Chiesa cattolica e delle altre Chiese e
religioni in Italia. Ma ascoltiamo, al microfono di Tiziana Campisi
il direttore del periodico padre Lorenzo Pressi:
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R. – 50 anni sono sempre una bella stagione, per una
rivista. Noi siamo nati sostanzialmente sull’onda dell’interesse missionario e
del legame con i benefattori, all’inizio degli anni Cinquanta. Poi, è diventata
una rivista d’informazione; poi,il grande evento
conciliare: lì, la rivista “Il Regno” ha preso la sua configurazione più
propria, sia come informazione sia come documentazione. Successivamente,
abbiamo sviluppato i temi più rilevanti della vita ecclesiale, ma anche della
vita culturale, civile …
D. – Oggi che cosa vuole dire la rivista “Il Regno” ai
suoi lettori?
R. – Oggi vuole dire la possibilità di vivere la propria
fede nell’ambito della Chiesa cattolica secondo una intenzionalità
positiva, sia nei confronti del giudizio sul tempo, sulle specifiche sfide
della nostra epoca, sia nell’ambito della possibilità di dialogo del cammino
ecumenico e del dialogo interreligioso, sia più genericamente nella bontà della
proposta cristiana, oggi.
D. – 50 anni di storia: “Il Regno” raggiunge il numero
1000. Un numero speciale, monografico, interamente dedicato al Convegno
ecclesiale di Verona. Può raccontarci questo numero?
R. – E’ un numero un po’ particolare perché ci sono tutti
i testi del Convegno ecclesiale di Verona. La novità risponde all’idea di
seguire la tradizione ecclesiale, il farsi della tradizione ecclesiale. Questi
appuntamenti – è il quarto, appunto, quello di Verona – sono rilevanti perché
permettono alle Chiese italiane di guardarsi, di dare forma al loro cammino
pastorale, di riconoscersi come una Chiesa unitaria, capace – appunto – di
avere una storia alle spalle e un futuro davanti. Questo risponde anche alla
necessità di mettere in mano alla gente uno strumento immediato e fruibile per
la ricerca comune che ogni comunità cristiana può fare, in seguito all’evento
di Verona.
D. – La scelta di pubblicare il numero 1000 con Verona,
verso che cosa vi porta?
R. – Ci porta ad esprimere questo radicamento nella Chiesa
italiana e questa fiducia nella Chiesa italiana, rispetto alle sue possibilità
nel futuro.
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20 novembre 2006
INDIA:
UN GRUPPO DI FONDAMENTALISTI INDÙ HA FATTO IRRUZIONE
IN UN SEMINARIO GESTITO DA RELIGIOSE
CARMELITANE.
DISTRUTTA
UNA STATUA DELLA MADONNA
BELGAUM. = Un violento attacco è avvenuto sabato scorso contro
una struttura gestita da religiose carmelitane, nella periferia di Bangalore, in India. Un gruppo di fondamentalisti indù,
riferisce l’agenzia AsiaNews, ha fatto irruzione nel seminario retto dalle
suore e, dopo aver sfondato una finestra, è riuscito ad arrivare fino ad una
piccola grotta dove si venera la Madonna. Qui è stata dissacrata
e distrutta la statua della Vergine poi, non appena uno studente ha
lanciato l’allarme, il gruppo è fuggito. Sono violenze “che la Chiesa condanna
nella maniera più ferma possibile”, ha detto mons. Bernard
Moras, arcivescovo di Bangalore,
ma anche “nuovi segnali dell’odio anti-cristiano, che va fermato”. Il presule sostiene
che l’attacco e la dissacrazione “sono fatti molto gravi, che sottolineano
l’odio per la nostra fede. “Ho cercato le autorità politiche della provincia ed
ho spiegato loro che nello Stato si sta verificando una spirale di violenza sempre
più grave, che va fermata - ha dichiarato mons. Moras
- attaccare le nostre immagini è un modo per attaccare noi e la nostra fede”. (T.C.)
TIMOR
EST: UN MISSIONARIO PROTESTANTE È STATO UNCCISO DA UNA
GANG
MENTRE VIAGGIAVA A BORDO DELLA SUA AUTO. NEI GIORNI SCORSI,
NEGLI
SCONTRI FRA BANDE RIVALI, SONO RIMASTE FERITE 15 PERSONE
DILI. = Un gruppo di giovani ha assalito ed ucciso a Dili, a Timor Est, un missionario brasiliano protestante
dell’‘Assemblea di Dio’, padre Edgar
Gonçalves Brito, 32 anni, mentre
si trovava a bordo della sua automobile. Lo ha riferito ieri, scrive l’agenzia
MISNA, il ministero degli Esteri brasiliano e lo hanno confermato oggi un portavoce
dell’ONU e un comunicato dell’ufficio del primo ministro di Timor Est. Non è
ancora chiaro se l’omicidio sia stato deliberato o se il missionario si sia
trovato in mezzo al fuoco incrociato di bande giovanili, ha riferito Donna Cusumano,
portavoce della Missione dell’ONU a Timor Est (Unmit).
Nella zona, scontri tra bande rivali erano in corso da venerdì e avevano già provocato
il ferimento di 15 persone. La sicurezza a Timor Est – ufficialmente
indipendente dall’Indonesia solo dal 2002 – è fragile da
quando, a fine aprile, l’ex-primo ministro Mari Alkatiri
ha congedato circa 600 membri dell’esercito, quasi la metà del totale,
originari dell’ovest del Paese che si erano assentati dal servizio denunciando
di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito dell’est. Le violenze
divampate tra forze regolari e soldati disertori, hanno innescato poi tafferugli
tra bande giovanili, con saccheggi e incendi dolosi. “Gli scontri tra gang di
arti marziali rivali sono frequenti nel Paese, ma dietro ai recenti episodi vi
è una volontà politica precisa” dice fratel Thomas Alvez, direttore della
scuola tecnica dei salesiani a Dili. Secondo il
religioso, ad alimentare le tensioni sarebbero i seguaci del Fretilin, il partito dell’ex-primo ministro Mari Alkatiri. “Per dividere la popolazione, fanno leva sulla
persistente ostilità fra gente originaria dell’est e dell’ovest e assoldano poveri
ragazzi di strada per creare il caos” ha spiegato il salesiano. (T.C.)
SUI
TEMI DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SULL’ACCORDO ECONOMICO
FRA CHIESA
E GOVERNO, SI È APERTA A MADRID L’88.MA
ASSEMBLEA
ORDINARIA DEI VESCOVI
- A
cura di Ignacio Arregui -
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MADRID. = È iniziata stamani a Madrid l’88.ma assemblea ordinaria della Conferenza
episcopale spagnola. Mons. Ricardo Blazquez, vescovo di Bilbao e presidente della Conferenza episcopale,
ha aperto l’assemblea affrontando i temi del matrimonio e della famiglia, parlando
dell’ultimo accordo economico fra Chiesa e governo e dell’uso che la Chiesa fa
delle proprie risorse economiche. I vescovi prenderanno anche in esame la bozza
di una futura istruzione pastorale sulla situazione religiosa, sociale e politica
del Paese. Mons. Blazquez
ha iniziato il suo discorso parlando degli echi della Giornata mondiale della famiglia
celebrata lo scorso mese di luglio a Valencia e alla quale ha partecipato
Benedetto XVI. In riferimento agli interventi del
Papa, il presule ha messo in risalto l’importanza della famiglia non solo per
la Chiesa o la comunità dei credenti ma anche per tutta l’umanità. Ed ha ricordato
in particolare le parole del Papa che al termine della sua visita ha detto:
“L’unione matrimoniale, per la quale un uomo e una donna stabiliscono un vincolo
permanente, è un grande bene per l’umanità”. I beni patrimoniali della Chiesa,
i centri scolastici, il contributo a tutta la società in opere assistenziali da
parte della Chiesa hanno occupato una parte importante del discorso di mons. Blazquez. A proposito dell’accordo fra Chiesa e governo il
presidente della Conferenza episcopale ha spiegato che i contributi dello Stato
coprono il 25 per cento delle spese della Chiesa e che quindi sono necessari
altri aiuti.
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I VESCOVI DEL CILE LANCIANO UN
APPELLO PERCHÉ NEL PAESE
SI RISVEGLI LA COSCIENZA MORALE E SOCIALE. IN UN
DOCUMENTO
L’INVITO A COMBATTERE LA CORRUZIONE
SANTIAGO. = Un duro messaggio contro la corruzione
dilagante in Cile è stato diffuso nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale
del Paese, a conclusione della 92.ma assemblea
plenaria. Dopo le notizie sui finanziamenti pubblici spariti nel progetto
fantasma di “CileSport”, l’agenzia sportiva del governo,
i vescovi hanno voluto denunciare “i gravi segnali di corruzione che sono
apparsi all’orizzonte della vita politica e sociale”. Nel documento dei vescovi
si legge un accorato appello affinché nel Paese si “risvegli
la coscienza morale e sociale”. “Non possiamo abituarci oppure giustificare la
corruzione personale e istituzionale che passano al di sopra della legge, anche
se si tratta di fatti piccoli; non possiamo giustificare neanche stili di vita
che non esprimono il bello, il buono nel patrimonio del nostro popolo e della tradizione
del servizio pubblico” sostengono i presuli. L’episcopato ritiene di vitale
importanza mantenere viva e sveglia la coscienza morale, educandola attraverso
la retta ragione e il Vangelo, per contribuire così alla costruzione di un
Paese più giusto e trasparente. La Conferenza episcopale ha lanciato anche un
appello perché tutti partecipino alla elaborazione di progetti sociali e
politici capaci di superare gli interessi meschini, partitici, o di categorie
sociali. In seguito all’apertura del dibattito sull’aborto, dopo la presentazione
di un progetto di legge a favore della liberalizzazione, i vescovi infine difendono
il diritto alla vita. Il progetto di legge, presentato dai socialisti, prevede
la legalizzazione dell’interruzione della gravidanza fino alla dodicesima
settimana di gestazione per motivi di salute ma anche psicologici, nel caso in
cui, cioè, la madre dimostri di avere dei problemi a livello psichico. (L.B. - T.C.)
AL VIA
OGGI IN INDIA IL PRIMO INCONTRO DEI CENTRI CULTURALI
CATTOLICI.
A
PRESIEDERLO È IL CARDINALE PAUL POUPARD
GOA. = “Centri Culturali Cattolici:
risorse culturali per vivere la fede cristiana in dialogo con le culture
tradizionali nel contesto di una cultura in trasformazione”: su questo tema si è
aperto a Goa, in India, il primo incontro dei centri
culturali cattolici. Il meeting, cui prendono parte i responsabili di
oltre 40 centri, è presieduto dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
Il porporato ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a vivere la fede in
Cristo e a renderne testimonianza nella realtà singolare dell’India - culla di culture millenarie e patria di alcune delle più numerose
religioni del mondo - dove il dialogo interculturale e interreligioso vanno
coltivati ogni giorno. “I Centri Culturali Cattolici devono promuovere una vita
coerente, incentrata su Cristo e all’insegna dell’amore – ha detto il cardinale
Poupard – per manifestare il volto compassionevole di
Gesù in mezzo ai poveri, i giovani, gli indigeni e i sofferenti, come testimoniato
dalla Beata Madre Teresa, nonché da innumerevoli testimoni del Cristo,
schiudendo così a coloro che non lo conoscono il mistero dell’amore di Dio
incarnato in Cristo”. Il porporato, che ricopre anche la carica di presidente
del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il 23 novembre,
prenderà parte ad un simposio su globalizzazione e culture Indiane, organizzato
dal Pilar Theological College. Diversi rappresentanti
di religione indù, islamica e cristiana, tra cui un numeroso gruppo di studenti
universitari, offriranno le loro prospettive sull’impatto della globalizzazione
nel continente indiano, dove si stanno registrando rapide trasformazioni. A tal
proposito il porporato ha voluto ricordare che la persona umana deve essere al
centro dello sviluppo e che compito della Chiesa è cercare di costruire
l’armonia tra i popoli, per far regnare l’amore e non la paura. A Goa il cardinale Poupard
inaugurerà anche una mostra di arte cristiana, organizzata dall’arcidiocesi di Goa e Daman, che espone opere di
artisti di diverse religioni. (T.C.)
LA
MISSIONE EVANGELIZZATRICE DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE
IN ASIA
ED AUSTRALIA: SE NE PARLA DA OGGI A KORAZIM
IN UN
INCONTRO CUI PRENDONO PARTE CIRCA 150 VESCOVI
KORAZIM. = Si è aperto questa mattina, presso il Centro
Internazionale “Domus Galilaeae”
di Korazim, in Terra Santa, il Convegno del Cammino Neocatecumenale sull’evangelizzazione in Asia ed Australia,
con la partecipazione di cardinali e vescovi dei due continenti. L’incontro è
promosso dagli iniziatori del “Cammino”: Kiko Arguello, Carmen Hernandez e padre
Mario Pezzi. Presenti circa 150 presuli provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Vietnam, Taiwan, Sud Corea, Indonesia,
Singapore, Giappone, Filippine e Australia. Vi partecipano anche parroci,
equipe itineranti e famiglie in missione del Cammino Neocatecumenale
che operano in questi Paesi. Domani è previsto l’intervento del patriarca
latino di Gerusalemme Michel Sabbah,
mentre giovedì, nel corso di una tappa a Gerusalemme per la visita ai luoghi
santi, i presuli incontreranno il rappresentante pontificio in Israele e
Palestina, l’arcivescovo Antonio Franco, ed il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Durante
il convegno si affronteranno i temi dell’iniziazione cristiana, della “missio ad gentes”
e le sfide della secolarizzazione in Asia e Australia. (R.P.)
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20 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, il vice
ministro della Sanità è sfuggito ad un attentato costato la vita a due sue
guardie del corpo. Si tratta del secondo attacco sferrato da insorti, nelle
ultime ore, contro alti rappresentanti di questo dicastero. Ieri, uomini in divisa
hanno rapito, infatti, l’altro vice ministro. A Baghdad, la polizia ha trovato
poi i corpi senza vita di almeno 14 persone con evidenti segni di torture. Sale
così a più di 100 il bilancio delle vittime in Iraq nelle ultime 24 ore. Negli
Stati Uniti, intanto, un gruppo di esperti del Pentagono ha indicato tre
opzioni per migliorare la situazione nel Paese arabo: il ritiro delle truppe,
l’invio di altre forze o la riduzione del numero dei soldati prolungandone la
permanenza. Secondo il quotidiano ‘Washington Post’,
il piano messo a punto dal ministero della Difesa americano prevede la
riduzione dei soldati statunitensi e un’estensione delle attività di addestramento
per le forze irachene.
Restiamo in Iraq, dove da ieri non si hanno
notizie di un parroco caldeo, padre Doglas Yousef Al Bazy. Il vescovo ausiliare dei caldei
di Baghdad, mons. Shleman Warduni,
ha riferito che il sequestro è l’ipotesi più probabile. Dietro il rapimento di
un cristiano in Iraq – osserva mons. Warduni - ci
sono tante cause quali la “criminalità, il fanatismo religioso, il denaro e
l’intenzione di creare divisione tra la popolazione”. La situazione in Iraq è
sempre più difficile: “nessun luogo è più sicuro e
usciamo raramente di casa”, hanno rivelato alcuni cristiani all’agenzia
AsiaNews.
In Medio Oriente,
sono stati sospesi i colloqui tra Hamas e Fatah per
la formazione del nuovo governo palestinese. Lo ha annunciato un collaboratore del
presidente Abu Mazen
precisando che la sospensione non significa comunque il collasso del dialogo.
In Israele, intanto, l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu ha sollecitato una nuova “massiccia iniziativa
militare nel nord della Striscia di Gaza per fermare i lanci di razzi” contro
lo Stato ebraico. Ieri l’aviazione israeliana ha poi reso noto di aver
annullato un raid contro la casa di un estremista palestinese in seguito
all’arrivo di decine di civili che hanno formato uno “scudo umano” intorno
all’abitazione.
Il primo ministro
britannico, Tony Blair, è arrivato a sorpresa in
Afghanistan per incontrare i soldati impegnati nella turbolenta provincia
meridionale di Helmand ed il presidente afghano, Hamid Karzai. Blair ha detto che
il futuro della sicurezza del mondo, agli inizi del 21.mo
secolo, si gioca proprio in Afghanistan. Ma che segnale vuole dare il premier
britannico con questo suo primo viaggio nel Paese asiatico? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto a Lucio Caracciolo, direttore della rivista
di geopolitica “Limes”:
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R. - Vuole dare il segnale di un impegno britannico in
Afghanistan, un impegno in prima linea. E’ un segnale, però,
che vale relativamente: Blair, come sappiamo, è in scadenza
di mandato: resterà ancora per pochi mesi alla guida del governo britannico.
Quindi, può essere considerato come un’indicazione per il suo successore.
D. – Blair ha chiesto alla NATO di concentrarsi sull’Afghanistan. Più energia, dunque,
nei confronti di un Paese che, nonostante tutto, continua ad essere uno dei più
divisi e pericolosi al mondo. Ma quale potrebbe essere la strada migliore,
secondo te, per uscire da questa situazione di stallo?
R. – Non credo, francamente, che la soluzione della guerra
afghana sia facile e nemmeno vicina. Credo che comunque, nel giro di un paio
d’anni o qualcosa di più,
D. – Si sta notando un notevole cambio di strategia del
premier britannico in fatto di politica estera, soprattutto dopo l’ammissione ad Al Jazeera che la guerra in
Iraq è stata disastrosa. Ma in che direzione sta andando la politica estera
britannica?
R. – Blair ha sempre cercato di
seguire e, se possibile, di anticipare le posizioni americane. In questo caso,
più che seguire o anticipare, sembra andare a rimorchio. Il segnale che è
venuto dalle elezioni di medio termine negli Stati Uniti significa che, in ogni
caso, Washington deve rivedere il suo approccio complessivo alla guerra al terrorismo;
Blair cerca di dirlo con qualche accento più forte di
quanto lo dicano gli americani.
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L’Iran vuole avere 60.000
centrifughe per arricchire l’uranio e si assicurerà il combustibile nucleare
necessario a partire dal prossimo anno. Sono le ultime dichiarazioni del presidente
iraniano Ahmadinejad. Il capo di Stato della repubblica islamica ha anche detto
che, “al momento attuale”, Israele non è in grado di attaccare l’Iran. Ahmadinejad
ha poi etichettato come “guerra psicologica” le dichiarazioni dei vertici
israeliani che, nei giorni scorsi, non avevano escluso un ricorso alle armi per
fermare i progetti atomici del governo di Teheran.
Tra imponenti misure di
sicurezza, è giunto oggi a Bogor, in Indonesia, il presidente statunitense George Bush per incontrare il capo di Stato Yudhoyono. Poco prima
dell’arrivo del capo della Casa Bianca, la polizia ha lanciato l’allarme per un
possibile attentato. Bush è arrivato in Indonesia,
dopo il vertice APEC di Hanoi, conclusosi con una dichiarazione
di condanna per gli esperimenti nucleari della Corea del Nord.
Ore di autentica follia in Germania, dove un uomo armato
ha fatto irruzione in una scuola tenendo in ostaggio diversi studenti e
insegnanti. Il drammatico episodio si è
concluso con il suicidio del sequestratore, un diciottenne ex allievo della
scuola. In Germania, intanto, è stato reso noto che questa estate è stato
sventato dai servizi segreti un attentato terroristico su un aereo di linea tedesco.
In Italia, il Consiglio dei ministri ha nominato i nuovi
vertici dei servizi di Informazione e Sicurezza. Al Sismi
è stato nominato l’ammiraglio Bruno Branciforte, che succede
a Nicolò Pollari. Al Sisde
Franco Gabrielli sostituisce Mario
Mori, mentre il nuovo responsabile del Cesis è
il generale in pensione Giuseppe Cucchi.
In Cina, l’ufficiale Wang ha ammesso che il ricorso alla violenza nelle corti
cinesi è un metodo usuale. L’ufficiale ha anche
ammesso che sarebbero almeno 30, ogni anno, i verdetti
emessi dopo confessioni rilasciate in seguito a sevizie e abusi. In Cina la
drammatica pratica della tortura è stata bandita nel 1996 e lo
scorso mese è stata approvata dal Parlamento una legge che limita alla Corte
Suprema la ratifica delle sentenze di condanna a morte, impedendone la
pronuncia alle corti inferiori. Ma i rapporti di diverse organizzazioni, tra
cui Amnesty international, denunciano che la tortura
è ancora molto diffusa nel Paese asiatico.
Ancora violenze nel sud della
Thailandia: una bomba è esplosa questa mattina nel mercato di Sungai Kolok, uccidendo un
soldato e un civile. Sempre nella provincia di Narathiwat,
ieri sera un funzionario governativo e due suoi collaboratori sono stati uccisi
a colpi di arma da fuoco da sospetti militanti islamici. Dal 2004 le violenze
separatiste nelle province meridionali di Narathiwat,
Yala e Patanni hanno
provocato la morte di 1.600 persone, per la maggior parte civili. Il governo
provvisorio, seguito al colpo di Stato militare di settembre, ha dichiarato la
sua disponibilità al dialogo con i separatisti musulmani. Ma a questa apertura
non ha fatto seguito, per il momento, alcun risultato.
In Mauritania le prime elezioni politiche e amministrative
dopo la fine nel 2005, della ventennale dittatura del
presidente Taya, hanno fatto registrare un’alta affluenza.
Secondo l’agenzia missionaria MISNA, che riporta dati ancora non ufficiali
diffusi da fonti di stampa locali, il tasso di partecipazione oscilla tra il 60
ed il 70 per cento degli aventi diritto, oltre un
milione di persone. Sulle elezioni di ieri, che si sono svolte senza incidenti,
il servizio di Amina Belkassem:
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Al di là dei dati che, secondo gli osservatori non
potranno delineare nessuna maggioranza solida a causa di un’altissima
frammentazione del panorama politico,
Amina Belkassem, per la Radio
Vaticana.
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In Somalia, almeno sei soldati etiopi sono morti ieri sera
in seguito ad un attacco condotto da guerriglieri delle Corti islamiche. Lo
hanno riferito fonti vicine ai miliziani islamici precisando che l’episodio è
avvenuto nella regione di Bay. Se confermato, si tratta del primo scontro a
fuoco tra Corti islamiche, che controllano quasi tutto il sud del Paese, e
truppe etiopi inviate nella regione per
proteggere le istituzioni transitorie.
Nella martoriata regione sudanese
del Darfur continuano gli scontri tra ribelli e
soldati governativi. Gli insorti hanno dichiarato in un comunicato di aver
ucciso, nel nord della regione, almeno cento persone. Le vittime sarebbero
militari e guerriglieri janjaweed. Ma la notizia, al
momento, non è stata confermata dalle autorità locali. Il Partito del Congresso
nazionale, che detiene il potere in Sudan, ha nuovamente respinto, intanto,
l’ipotesi di una forza congiunta tra ONU e Unione Africana, lanciata dal
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
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