RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 324  - Testo della trasmissione di lunedì 20 novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La libertà religiosa non pregiudica gli interessi dello Stato: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nell’udienza al presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, per la prima volta in Vaticano. Il presidente Napolitano ribadisce l’importanza della cooperazione tra Stato e Chiesa

 

Domani la Chiesa celebra la Giornata delle claustrali. Il Papa ne ha parlato ieri all’Angelus: intervista con Suor Giovanna Zoletto

 

Mons. Silvano Tomasi esprime il rammarico della Santa Sede per il mancato accordo per la messa al bando delle mine antiuomo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“Storie di bambini invisibili, messaggeri di pace”: è il tema dell’odierna Giornata per i diritti dell’infanzia: ai nostri microfoni Carlotta Sami

 

Compie 50 anni la rivista dei Dehoniani “Il Regno”: con noi padre Lorenzo Pressi

 

CHIESA E SOCIETA’:

India: un gruppo di fondamentalisti indù ha fatto irruzione in un seminario gestito da religiose carmelitane nei pressi di Bangalore. Distrutta una statua della Madonna

 

Ucciso a Timor Est un missionario protestante

 

Si è aperta a Madrid l’88.ma Assemblea ordinaria dei vescovi spagnoli

 

I vescovi del Cile lanciano un appello perché nel Paese si risvegli la coscienza morale e sociale

 

Al via in India il primo incontro dei Centri culturali cattolici

 

La missione evangelizzatrice del Cammino Neocatecumenale in Asia ed Australia: se ne parla da oggi a Korazim ad un incontro cui prendono parte circa 150 vescovi

 

24 ORE NEL MONDO:

Senza fine la violenza in Iraq: almeno 100 morti nelle ultime 24 ore

 

Giornata storica ieri in Mauritania dove si sono svolte le elezioni politiche per il ritorno alla democrazia

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 novembre 2006

 

 

LA LIBERTA’ RELIGIOSA NON PREGIUDICA GLI INTERESSI DELLO STATO:

E’ QUANTO SOTTOLINEATO DA BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA AL PRESIDENTE

DELLA REPUBBLICA ITALIANA, GIORGIO NAPOLITANO, PER LA PRIMA VOLTA

IN VATICANO. RIBADITA DA ENTRAMBE L’IMPORTANZA DELLA COOPERAZIONE

TRA STATO E CHIESA PER IL BENE DELLA SOCIETA’ ITALIANA

 

Un incontro per ribadire il legame tutto particolare che lega l’Italia al Successore di Pietro: con questo spirito si è svolta stamani in Vaticano la visita al Papa del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato, accompagnato dalla moglie Clio e dal seguito, ha incontrato anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Benedetto XVI ha ribadito che la libertà religiosa non pregiudica gli interessi dello Stato. Dal canto suo, Napolitano ha espresso apprezzamento per la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso. Entrambi hanno poi riaffermato l’importanza della collaborazione tra Chiesa e Stato per promuovere il bene integrale della persona. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Inno di Mameli)

 

L’inno di Mameli, risuonato nel Cortile di San Damaso, ha segnato l’inizio della visita ufficiale del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano a Benedetto XVI. Una visita al Palazzo Apostolico, durata circa due ore, che ha avuto quali momenti culminanti il colloquio privato, di circa 25 minuti, e soprattutto i discorsi del Papa e del capo dello Stato italiano, per la prima volta in Vaticano dalla sua elezione al Quirinale, lo scorso 10 maggio. Il Pontefice ha voluto subito ribadire la sua gratitudine al popolo italiano, che, ha detto, con “calore ed entusiasmo” lo sostiene fin dall’inizio della sua missione di Successore di Pietro. Parole corredate da un significativo augurio rivolto alla nazione italiana:

 

“La Nazione italiana sappia avanzare sulla via dell'autentico progresso e possa offrire alla Comunità internazionale il suo prezioso contributo, promuovendo sempre quei valori umani e cristiani che sostanziano la sua storia, la sua cultura, il suo patrimonio ideale, giuridico e artistico, e che sono tuttora alla base dell’esistenza e dell’impegno dei suoi cittadini”. 

 

In questo sforzo, ha assicurato il Papa, “non mancherà, certo, il leale e generoso contributo dato dalla Chiesa cattolica, attraverso l’insegnamento dei suoi vescovi” che a breve incontrerà nella loro visita ad Limina. Citando la Gaudium et Spes, Benedetto XVI ha sottolineato che la comunità politica e la Chiesa, pur “indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo” sono a servizio “della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane”. Ecco allora l’importanza di una sana collaborazione tra di loro:

 

“Chiesa e Stato, pur pienamente distinti, sono entrambi chiamati, secondo la loro rispettiva missione e con i propri fini e mezzi, a servire l’uomo, che è allo stesso tempo destinatario e partecipe della missione salvifica della Chiesa e cittadino dello Stato. E’ nell’uomo che queste due società si incontrano e collaborano per meglio promuoverne il bene integrale”.

 

Un’impostazione, ha proseguito, che ha ispirato anche l’Accordo che apporta modificazioni al Concordato Lateranense. Ha così messo l’accento sulla dimensione religiosa della persona, la quale, secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, va rispettata e promossa dall’autorità umana. D’altro canto, ha avvertito, non si può ritenere garantito questo diritto semplicemente “quando non si fa violenza o non si interviene sulle convinzioni personali”. La libertà religiosa, è stato il suo richiamo, “è un diritto non solo del singolo, ma altresì della famiglia, dei gruppi religiosi e della stessa Chiesa”. Dunque, ha detto ancora, il potere civile deve creare “condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa”, nell’interesse stesso della società:

 

“La libertà, che la Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato o di altri gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma è piuttosto la condizione affinché, come ho detto durante il recente Convegno Nazionale Ecclesiale svoltosi a Verona, si possa espletare quel prezioso servizio che la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese in cui essa è presente”.

 

Tale servizio alla società, ha ribadito, si esprime nei riguardi dell’ambito civile e politico, giacché la Chiesa pur non intendendo essere un agente politico, ha tuttavia un “interesse profondo per il bene della comunità politica”. Quindi, ha messo l’accento sul ruolo dei fedeli laici:

 

“Questo apporto specifico viene dato principalmente dai fedeli laici, i quali, agendo con piena responsabilità e facendo uso del diritto di partecipazione alla vita pubblica che hanno alla pari di tutti i cittadini, si impegnano con gli altri membri della società a costruire un giusto ordine nella società”.

 

Il Pontefice ha aggiunto che quando i fedeli si impegnano a fronteggiare le grandi sfide attuali, come guerra, terrorismo, fame, povertà, ma anche la tutela della vita umana in tutte le sue fasi, “non agiscono per un loro interesse peculiare o in nome di principi percepibili unicamente da chi professa un determinato credo religioso”. Lo fanno, ha ribadito, “secondo le regole della convivenza democratica” “per il bene di tutta la società” e “in nome di valori che ogni persona di retto sentire può condividere”. Valori, ha rilevato il Papa, che per la gran parte sono proclamati dalla Costituzione italiana. Nel suo indirizzo d’omaggio, il presidente Napolitano ha ringraziato il Santo Padre per i suoi appelli di pace “risoluti e limpidi” e per la ferma denuncia del flagello della fame. Quindi, parlando dell’armonia dei rapporti tra Chiesa e Stato italiano, ha riconosciuto il ruolo straordinario della Chiesa per il bene della società italiana:

 

“Crediamo profondamente nell'importanza di questa collaborazione, guardando alla tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà verso i bisognosi e i sofferenti che è propria della Chiesa - e per essa della Caritas, del volontariato cattolico, delle Parrocchie - e guardando anche a una comune missione educativa là dove sia ferito e lacerato il tessuto della coesione sociale, il senso delle istituzioni e della legalità, il costume civico, l'ordine morale. Conosciamo e apprezziamo, più in generale, la dimensione sociale e pubblica dei fatto religioso”.

 

Il presidente ha inoltre affermato che la politica “non dovrebbe mai spogliarsi della sua componente ideale e spirituale, della parte etica e umanamente rispettabile della sua natura”. Guardando poi all’Italia, Napolitano ha auspicato “un clima più disteso, uno sforzo maggiore di ascolto e di dialogo”, per “favorire la ricerca di soluzioni valide” su quei problemi complessi dal sostegno alla famiglia, alla tutela della vita, alla libertà dell'educazione, “che suscitano l'attenzione e le preoccupazioni della Chiesa e del suo Pastore”. “Il nostro principale assillo – ha detto ancora Napolitano – è rinsaldare l'unità della Nazione e la coesione della società italiana”. Un compito per il quale, ha affermato, l’Italia sa di “poter contare” sulla “speciale sensibilità e sollecitudine” di Benedetto XVI. Volgendo poi il pensiero al Vecchio Continente, Napolitano si è detto convinto che l’Europa “unita” può fare molto “per la causa della pace e della giustizia nel mondo”. Un’Europa, è stato il suo auspicio, che parli “con una sola voce” riconoscendosi “in grandi valori condivisi, che riflettono il ruolo storico e la sempre viva lezione ideale del Cristianesimo”. Dopo i discorsi, pronunciati nella sala della Biblioteca, il Papa ha donato al capo dello Stato italiano un mosaico, assieme a una medaglia del II anno di Pontificato. Napolitano ha ricambiato con un bassorilievo in argento, intitolato “Pace”, opera dello scultore Antonio Nocera.

 

Al termine dell’incontro con Benedetto XVI, il presidente Napolitano assieme al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, accompagnati dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone hanno incontrato, nella Sala Regia i membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Nel suo discorso, il cardinale Bertone ha sottolineato che anche l’impegno della diplomazia “è al servizio della missione spirituale” di “Colui che per divino mandato è il Padre comune non solo dei credenti, ma di tutti, perché tutti sono creature di Dio”. “Non a caso – ha sottolineato – anche chi non condivide la fede cristiana, guarda al Papa come al Portavoce delle supreme istanze morali, e ne ascolta i richiami al rispetto della dignità dell'uomo, alla promozione della pace e dello sviluppo e alla collaborazione sincera fra popoli, religioni e culture per un avvenire migliore della famiglia umana”.

 

La mattina in Vaticano del presidente Giorgio Napolitano si è conclusa con una visita alla Basilica di San Pietro, dove il capo dello Stato italiano si è soffermato per alcuni momenti dinnanzi alla tomba dell’Apostolo Pietro. Prima del congedo, il corteo presidenziale ha ascoltato l’Inno pontificio, intonato dalla Banda musicale pontificia, sul sagrato della Basilica Vaticana.

 

(Inno pontificio)

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In una nota, diramata a fine mattinata, dalla Sala Stampa vaticana si legge che durante i colloqui è stato ribadito che “nel rispetto del diritto alla libertà religiosa e dell’autonomia propria della comunità ecclesiale e civile, come pure della reciproca collaborazione, i cattolici italiani continueranno a dare il loro contributo a favore della dignità dell’uomo, a tutela della vita e della famiglia e per il bene comune della società”.

 

Gli incontri, afferma ancora la nota della Sala Stampa, “hanno altresì permesso di prendere in considerazione diversi aspetti della vita internazionale, soffermandosi in particolare sulla delicata situazione in Medio Oriente, sulle prospettive del processo di integrazione europea e sui gravi problemi del Continente africano”. La Santa Sede e l’Italia, conclude la Sala Stampa, “continueranno a collaborare per un miglior funzionamento delle istituzioni internazionali”.

 

 

UDIENZE

Il Papa stamane ha ricevuto un altro gruppo di presuli della Conferenza episcopale tedesca, in visita "ad Limina".

 

 

DOMANI LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA DELLE CLAUSTRALI.

IL PAPA NE HA PARLATO IERI ALL’ANGELUS:

I MONASTERI SONO OASI DELLO SPIRITO E FANNO BENE A TUTTI

- Intervista con suor Giovanna Zoletto -

 

I monasteri di vita contemplativa “apparentemente inutili … fanno bene a tutti anche … a quanti ne ignorano l’esistenza” e “si offrono come oasi, nelle quali l’uomo … può meglio attingere alle sorgenti dello Spirito e dissetarsi lungo il cammino” di una vita spesso convulsa. E’ quanto ha detto ieri all’Angelus Benedetto XVI ricordando che domani, 21 novembre, la Chiesa celebra la Giornata per le claustrali, nel giorno della memoria liturgica della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria. Ma cosa rispondere a chi considera “inutile” la dimensione contemplativa? Giovanni Peduto lo ha chiesto a suor Giovanna Zoletto del Monastero delle Clarisse alla Giudecca a Venezia:

 

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R. – E’ come se ad un albero mancassero le radici. Le radici sono nascoste, ma sono quelle che danno nutrimento alla pianta, perché si sviluppi, perchè manifesti la bellezza della creazione. Tutto parte dalle radici, che sono sotto terra, non si vedono, però sono questa linfa vitale che dà vita. 

 

D. - Come si svolge la giornata di una monaca di clausura?

 

R. – La nostra giornata è un alternarsi di preghiera, di lavoro, di vita fraterna. Noi la iniziamo alle 5 e mezzo; poi, alle 6.00 ci sono le lodi, il canto della liturgia della Chiesa; segue una mezz’ora di riflessione, di preghiera personale; alle 7.00 c’è la celebrazione dell’Eucaristia; alle 9.00 riprendiamo la preghiera con la preghiera di terza. Terminata la preghiera ognuna va al suo lavoro. Ci sono, quindi, le mansioni comunitarie: alla cucina, alla sagrestia, all’infermeria, alla cura delle sorelle malate. Avendo un piccolo orticello, si va nell’orto. Ci si ritrova ancora nella preghiera alle 11.30 e alle 12.00 abbiamo il pranzo e c’è un momento di fraternità, in cui ci si scambia alcune impressioni, si scambia una parola. Segue, poi, un tempo di silenzio rigoroso, che viene interrotto alle 14.40, quando abbiamo l’ora nona, che è ancora un’altra parte della preghiera liturgica, e la recita del Rosario. Poi, di nuovo un tempo di lavoro. Alle 18.00 c’è la preghiera dei Vespri, l’ufficio di lettura e la meditazione. Dopo la cena, c’è un tempo di ricreazione. Si scambia ancora qualche parola, qualche momento di fraternità e alle 21.00 la preghiera di Compieta chiude la giornata e ringraziamo il Signore per tutti i benefici della giornata. Portiamo al Signore le suppliche che ci sono state rivolte dai fratelli che chiedono l’aiuto della nostra preghiera.

 

D. - Ha avuto un buon successo recentemente il film-documentario “Il Grande   silenzio” sulla vita in un monastero certosino. Un film in cui non si sente alcuna parola. Cosa può dirci sul significato del silenzio?

 

R. – Il silenzio è soprattutto una ricerca di intimità con il Signore. Cercare un momento di deserto in cui l’anima si mette davanti al Signore, al suo Creatore. Così, allora, sgorga spontanea la lode, perché dimenticando noi stessi e guardando al Signore non possiamo vedere altro che Lui è amore e che la nostra vita va alle sorgenti vere della vita e dell’amore.

 

D. - Benedetto XVI sottolinea spesso la necessità di curare l’interiorità in mezzo a tanto attivismo che rischia di farci sentire sempre più vuoti. Come possiamo pregare noi che viviamo sommersi dal rumore e dallo stress quotidiano?

 

R. – Creare questi spazi in cui mettersi a tu per tu con il Signore e chiedere al Signore l’aiuto, perché come dice Gesù: “Senza di me non potete fare nulla”, però possiamo chiedere il dono dello Spirito. Allora, più si entra in questo spazio, più se ne sente il bisogno. Come quando uno ha fame e cerca il cibo, così quando uno è veramente nel frastuono deve cercare, come nella fame, questo bisogno di stare in silenzio, anche cinque minuti al giorno. In seguito, sarà ancora più spontaneo cercare altri dieci minuti e verrà tutto da sé…

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RAMMARICO PER IL MANCATO ACCORDO PER LA MESSA AL BANDO DELLE MINE

ANTIUOMO, causa di disastri umanitari, E’ STATO ESPRESSO

 DA MONS. SILVANO TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE

 PRESSO L’ONU, A CONCLUSIONE DELLA CONFERENZA ORGANIZZATA

NEI GIORNI SCORSI A GINEVRA

- A cura di Fausta Speranza -

 

Il rammarico per il mancato raggiungimento di un accordo internazionale in tema di alcune armi convenzionali: al centro delle parole del nunzio apostolico mons. Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra, intervenuto, nei giorni scorsi nella città elvetica alla terza conferenza dedicata proprio alle armi convenzionali e in particolare alle mine antiuomo. Il desiderio diffuso di mettere al bando strumenti di morte che causano “disastri umanitari”, soprattutto alla popolazione civile, non è stato soddisfatto - ha affermato mons. Tomasi - sottolineando che dunque “molto lavoro resta da fare”. In particolare mons. Tomasi aggiunge che specifiche misure nazionali dovranno essere prese dagli Stati individualmente, in attesa di un consenso per un accordo sottoscritto a livello internazionale. Da una parte, ha ribadito mons. Tomasi, c’è il fatto che “molti Paesi e gruppi della società civile hanno acquisito la consapevolezza di questo importante tema e sono stati coinvolti” nel dibattito. Dall’altra, però, è triste – ribadisce mons. Tomasi - prendere nota della conclusione della conferenza dell’ONU e cioè che non si sia arrivati a provvedimenti all’altezza dei bisogni sul piano umanitario.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Ampio rilievo alla visita ufficiale del presidente della Repubblica Italiana al Papa.

 

Servizio estero - Asia-Pacifico: dall’APEC un appello alla sicurezza e al rilancio del “Doha Round”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Francesco Di Felice dal titolo “Un itinerario di vita cristiana capace ancora oggi di parlare alle coscienze”: ricordo di Dietrich Bonhoffer a cento anni dalla nascita.

 

Servizio italiano - Politica; corteo per la pace: scoppiano le polemiche. Prodi critica il Ministro Diliberto.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 novembre 2006

 

 

“STORIE DI BAMBINI INVISIBILI, MESSAGGERI DI PACE”:

 E’ IL TEMA DELL’ODIERNA GIORNATA PER I DIRITTI DELL’INFANZIA

- Intervista con Carlotta Sami -

 

“Costruiamo Insieme a Kinshasa il Villaggio del Fanciullo-Papa Giovanni Paolo II”. E’ lo slogan di un’iniziativa presentata oggi a Palermo nell’ambito dell’odierna Giornata Mondiale per i Diritti dell'Infanzia, che si svolge sul tema “Storie di bambini invisibili, messaggeri di pace”. Si tratta di un’iniziativa voluta dall'Associazione Missionaria Interculturale Onlus “Ali per Volare”, fondata dal cantante palermitano Rino Martinez, in collaborazione con l’UNICEF Missione in Web. L’evento internazionale si è svolto alla presenza dell’arcivescovo di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi, e di altre personalità che hanno scelto di sostenere i più deboli. Il servizio di Alessandra Zaffiro:

 

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Storie di ragazzi indifesi come quelli che in Congo vivono la realtà di un Paese vissuto a lungo nella guerra: migliaia di bambini denutriti, uccisi dai conflitti, dalla fame, o dalle malattie come l’AIDS.

 

Storie di soldati bambini, che imbracciano un fucile perché così almeno un pasto al giorno è assicurato. E c’è la storia di Sevy, un ragazzo congolese sottratto al destino di bambino soldato solo perché poco prima di essere reclutato dalle milizie, un incidente lo ha ridotto sulla sedia a rotelle. Testimonianze ascoltate con grande interesse da migliaia di bambini delle scuole palermitane. “La Sicilia manifesta sempre il suo grande cuore – ha detto il cardinale di Palermo Salvatore De Giorgi – e resto sempre più impressionato nel vedere il coinvolgimento delle nuove generazioni: in un momento in cui sembra spegnersi la speranza, anche per tanti eventi tristi che stanno avvenendo nel campo della scuola, vedere ragazzi coinvolti non soltanto con le parole e con i canti, ma anche con il sacrificio personale e la generosità, credo sia un grande segno di speranza per il futuro”.

 

“Il piccolo centro intitolato a Papa Woityla – spiega Eddy Artale, del comitato garanti per la costruzione del villaggio – sarà realizzato in Congo e ospiterà 500 bambini, diverse scuole e un ospedale. Il progetto costerà intorno ai 750.000 dollari, ma ciò cui teniamo – conclude Artale - è che non rimanga una cattedrale nel deserto, ma che riesca a creare qualcosa di concreto che darà a chi abita il villaggio, alle persone del luogo, la possibilità di autogestirsi”. L’iniziativa, promossa al momento solo da siciliani, sarà riproposta  il primo dicembre a Lercara Friddi, nel Palermitano, con un concerto nel corso del quale sarà presentato il comitato di garanti e annunciata la raccolta fondi per realizzare il villaggio.

 

Da Palermo, Alessandra Zaffiro, per la Radio Vaticana.

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Un punto fermo nella tutela dei minori è la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, firmata nel 1989. Ci si chiede fino a che punto la Convenzione stessa abbia portato frutto e come i cambiamenti sociali creino nuove sfide. Fausta Speranza ne ha parlato con Carlotta Sami, direttore dei programmi di Save The Children Italia:

 

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R. - La Convenzione sui diritti dell’infanzia è sicuramente uno strumento eccellente che però non direi abbia avuto piena applicazione. Sta incominciando ad essere conosciuto a livello nazionale, ad esempio in Italia, e a livello internazionale. Non direi che viene pienamente applicato. In realtà è uno strumento estremamente comprensivo ed esaustivo che deriva anche da un grosso lavoro di compromesso fra diverse culture, essendo una Convenzione che riguarda diritti umani universali. Forse è cambiato il modo in cui il mondo degli adulti si raffronta con questa Convenzione: viene presa un po’ più sul serio, ma ancora mancano - a supporto degli adulti che possono essere i genitori fino ad arrivare alle istituzioni - degli strumenti che permettano di applicare nella pratica la Convenzione stessa. In realtà la Convenzione, essendo uno strumento anche molto ampio, permette di adattarla e di derivarne delle leggi specifiche che consentono di far fronte a problemi specifici esistenti in contesti nazionali. Ad esempio, il problema del rapporto tra minori e media: è una questione che è tipica dei Paesi altamente industrializzati e diverso sarebbe parlarne in Etiopia o in Angola. Si parla molto in questi giorni della questione della violenza dei giovani, giovani che spesso non sono puramente emarginati ma appartengono, anzi, a livelli sociali medi o medio alti. Qui, dal nostro punto di vista, quello che effettivamente manca, è un supporto al mondo degli adulti su cui, secondo noi, bisogna lavorare moltissimo. Si tratta di procedere verso una reale applicazione di riconoscimento dei diritti dell’infanzia, perché i diritti dell’infanzia non riguardano solo la possibilità del diritto di andare a scuola ma anche il diritto di ricevere adeguate attenzioni e un’adeguata educazione, e di svilupparsi psicologicamente ed emotivamente in maniera adeguata. Dobbiamo dire che, soprattutto nei Paesi industrializzati, se c’è un supporto di tipo materiale, non è detto che ci sia la capacità di tutti gli adulti di relazionarsi nel modo corretto con i propri figli, con gli studenti e con i minori in generale.

 

D. – Proviamo a vedere il problema violenza, cui lei ha accennato, dal punto di vista dei minori: loro avrebbero il diritto di rimanere fuori dal mondo della violenza, ma hanno questa consapevolezza, secondo lei?

 

R. – In maniera molto ampia vengono spesso strumentalizzati. Vediamo che nei messaggi che arrivano anche dai media e dalle diverse nuove tecnologie cui possono accedere, non c’è un’attenzione veramente alta ad avvisare, per esempio, il minore o a tutelarlo nel suo utilizzo di determinati strumenti come possono essere i cellulari o internet. Non vengono neanche troppo tutelati dal fatto che, ad esempio, un minore può essere seriamente danneggiato dal visualizzare determinate immagini o dall’essere esposto costantemente ad immagini di violenza e a programmi televisivi che non sono assolutamente in linea con un percorso di sviluppo psicologico, emotivo, ed anche educativo.

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COMPIE 50 ANNI LA RIVISTA DEHONIANA “IL REGNO”, QUINDICINALE SULLA VITA

DELLA CHIESA E SUL DIALOGO FRA LE DIVERSE RELIGIONI CHE OFFRE

ANCHE UN ACCESSO PIU’ IMMEDIATO AI TESTI DEL MAGISTERO

 E DI DIVERSE ORGANIZZAZIONI ECUMENICHE

- Intervista con padre Lorenzo Pressi -

 

Voluta dalla Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, noti come Dehoniani dal nome del fondatore, padre Leone Giovanni Dehon, la rivista “Il Regno” compie 50 anni. Quindicinale di attualità e documentazione cattolica, oggi pubblica circa 10 mila copie. Le sue pagine raccontano la vita della Chiesa, affrontano le domande pastorali che stanno a cuore alle Chiese di ogni continente e ancora sviluppano i temi dell’ecumenismo. Mensilmente, poi, la rivista, allega i testi più rilevanti del Magistero pontificio, dei vescovi e di diverse organizzazioni ecumeniche e una volta all’anno cura un volume di circa 300 pagine sulla vita della Chiesa cattolica e delle altre Chiese e religioni in Italia. Ma ascoltiamo, al microfono di Tiziana Campisi il direttore del periodico padre Lorenzo Pressi:

 

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R. – 50 anni sono sempre una bella stagione, per una rivista. Noi siamo nati sostanzialmente sull’onda dell’interesse missionario e del legame con i benefattori, all’inizio degli anni Cinquanta. Poi, è diventata una rivista d’informazione; poi,il grande evento conciliare: lì, la rivista “Il Regno” ha preso la sua configurazione più propria, sia come informazione sia come documentazione. Successivamente, abbiamo sviluppato i temi più rilevanti della vita ecclesiale, ma anche della vita culturale, civile …

 

D. – Oggi che cosa vuole dire la rivista “Il Regno” ai suoi lettori?

 

R. – Oggi vuole dire la possibilità di vivere la propria fede nell’ambito della Chiesa cattolica secondo una intenzionalità positiva, sia nei confronti del giudizio sul tempo, sulle specifiche sfide della nostra epoca, sia nell’ambito della possibilità di dialogo del cammino ecumenico e del dialogo interreligioso, sia più genericamente nella bontà della proposta cristiana, oggi.

 

D. – 50 anni di storia: “Il Regno” raggiunge il numero 1000. Un numero speciale, monografico, interamente dedicato al Convegno ecclesiale di Verona. Può raccontarci questo numero?

 

R. – E’ un numero un po’ particolare perché ci sono tutti i testi del Convegno ecclesiale di Verona. La novità risponde all’idea di seguire la tradizione ecclesiale, il farsi della tradizione ecclesiale. Questi appuntamenti – è il quarto, appunto, quello di Verona – sono rilevanti perché permettono alle Chiese italiane di guardarsi, di dare forma al loro cammino pastorale, di riconoscersi come una Chiesa unitaria, capace – appunto – di avere una storia alle spalle e un futuro davanti. Questo risponde anche alla necessità di mettere in mano alla gente uno strumento immediato e fruibile per la ricerca comune che ogni comunità cristiana può fare, in seguito all’evento di Verona.

 

D. – La scelta di pubblicare il numero 1000 con Verona, verso che cosa vi porta?

 

R. – Ci porta ad esprimere questo radicamento nella Chiesa italiana e questa fiducia nella Chiesa italiana, rispetto alle sue possibilità nel futuro.

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CHIESA E SOCIETA’

20 novembre 2006

 

INDIA: UN GRUPPO DI FONDAMENTALISTI INDÙ HA FATTO IRRUZIONE

 IN UN SEMINARIO GESTITO DA RELIGIOSE CARMELITANE.

DISTRUTTA UNA STATUA DELLA MADONNA

 

BELGAUM. = Un violento attacco è avvenuto sabato scorso contro una struttura gestita da religiose carmelitane, nella periferia di Bangalore, in India. Un gruppo di fondamentalisti indù, riferisce l’agenzia AsiaNews, ha fatto irruzione nel seminario retto dalle suore e, dopo aver sfondato una finestra, è riuscito ad arrivare fino ad una piccola grotta dove si venera la Madonna. Qui è stata dissacrata e distrutta la statua della Vergine poi, non appena uno studente ha lanciato l’allarme, il gruppo è fuggito. Sono violenze “che la Chiesa condanna nella maniera più ferma possibile”, ha detto mons. Bernard Moras, arcivescovo di Bangalore, ma anche “nuovi segnali dell’odio anti-cristiano, che va fermato”. Il presule sostiene che l’attacco e la dissacrazione “sono fatti molto gravi, che sottolineano l’odio per la nostra fede. “Ho cercato le autorità politiche della provincia ed ho spiegato loro che nello Stato si sta verificando una spirale di violenza sempre più grave, che va fermata - ha dichiarato mons. Moras - attaccare le nostre immagini è un modo per attaccare noi e la nostra fede”. (T.C.)

 

 

TIMOR EST: UN MISSIONARIO PROTESTANTE È STATO UNCCISO DA UNA

GANG MENTRE VIAGGIAVA A BORDO DELLA SUA AUTO. NEI GIORNI SCORSI,

NEGLI SCONTRI FRA BANDE RIVALI, SONO RIMASTE FERITE 15 PERSONE

 

DILI. = Un gruppo di giovani ha assalito ed ucciso a Dili, a Timor Est, un missionario brasiliano protestante dell’‘Assemblea di Dio’, padre Edgar Gonçalves Brito, 32 anni, mentre si trovava a bordo della sua automobile. Lo ha riferito ieri, scrive l’agenzia MISNA, il ministero degli Esteri brasiliano e lo hanno confermato oggi un portavoce dell’ONU e un comunicato dell’ufficio del primo ministro di Timor Est. Non è ancora chiaro se l’omicidio sia stato deliberato o se il missionario si sia trovato in mezzo al fuoco incrociato di bande giovanili, ha riferito Donna Cusumano, portavoce della Missione dell’ONU a Timor Est (Unmit). Nella zona, scontri tra bande rivali erano in corso da venerdì e avevano già provocato il ferimento di 15 persone. La sicurezza a Timor Est – ufficialmente indipendente dall’Indonesia solo dal 2002 – è fragile da quando, a fine aprile, l’ex-primo ministro Mari Alkatiri ha congedato circa 600 membri dell’esercito, quasi la metà del totale, originari dell’ovest del Paese che si erano assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito dell’est. Le violenze divampate tra forze regolari e soldati disertori, hanno innescato poi tafferugli tra bande giovanili, con saccheggi e incendi dolosi. “Gli scontri tra gang di arti marziali rivali sono frequenti nel Paese, ma dietro ai recenti episodi vi è una volontà politica precisa” dice fratel Thomas Alvez, direttore della scuola tecnica dei salesiani a Dili. Secondo il religioso, ad alimentare le tensioni sarebbero i seguaci del Fretilin, il partito dell’ex-primo ministro Mari Alkatiri. “Per dividere la popolazione, fanno leva sulla persistente ostilità fra gente originaria dell’est e dell’ovest e assoldano poveri ragazzi di strada per creare il caos” ha spiegato il salesiano. (T.C.)

 

 

SUI TEMI DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SULL’ACCORDO ECONOMICO

FRA CHIESA E GOVERNO, SI È APERTA A MADRID L’88.MA

ASSEMBLEA ORDINARIA DEI VESCOVI

- A cura di Ignacio Arregui -

 

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MADRID. = È iniziata stamani a Madrid l’88.ma assemblea ordinaria della Conferenza episcopale spagnola. Mons. Ricardo Blazquez, vescovo di Bilbao e presidente della Conferenza episcopale, ha aperto l’assemblea affrontando i temi del matrimonio e della famiglia, parlando dell’ultimo accordo economico fra Chiesa e governo e dell’uso che la Chiesa fa delle proprie risorse economiche. I vescovi prenderanno anche in esame la bozza di una futura istruzione pastorale sulla situazione religiosa, sociale e politica del Paese. Mons. Blazquez ha iniziato il suo discorso parlando degli echi della Giornata mondiale della famiglia celebrata lo scorso mese di luglio a Valencia e alla quale ha partecipato Benedetto XVI. In riferimento agli interventi del Papa, il presule ha messo in risalto l’importanza della famiglia non solo per la Chiesa o la comunità dei credenti ma anche per tutta l’umanità. Ed ha ricordato in particolare le parole del Papa che al termine della sua visita ha detto: “L’unione matrimoniale, per la quale un uomo e una donna stabiliscono un vincolo permanente, è un grande bene per l’umanità”. I beni patrimoniali della Chiesa, i centri scolastici, il contributo a tutta la società in opere assistenziali da parte della Chiesa hanno occupato una parte importante del discorso di mons. Blazquez. A proposito dell’accordo fra Chiesa e governo il presidente della Conferenza episcopale ha spiegato che i contributi dello Stato coprono il 25 per cento delle spese della Chiesa e che quindi sono necessari altri aiuti.

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I VESCOVI DEL CILE LANCIANO UN APPELLO PERCHÉ NEL PAESE

SI RISVEGLI LA COSCIENZA MORALE E SOCIALE. IN UN DOCUMENTO

L’INVITO A COMBATTERE LA CORRUZIONE

 

SANTIAGO. = Un duro messaggio contro la corruzione dilagante in Cile è stato diffuso nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale del Paese, a conclusione della 92.ma assemblea plenaria. Dopo le notizie sui finanziamenti pubblici spariti nel progetto fantasma di “CileSport”, l’agenzia sportiva del governo, i vescovi hanno voluto denunciare “i gravi segnali di corruzione che sono apparsi all’orizzonte della vita politica e sociale”. Nel documento dei vescovi si legge un accorato appello affinché nel Paese si “risvegli la coscienza morale e sociale”. “Non possiamo abituarci oppure giustificare la corruzione personale e istituzionale che passano al di sopra della legge, anche se si tratta di fatti piccoli; non possiamo giustificare neanche stili di vita che non esprimono il bello, il buono nel patrimonio del nostro popolo e della tradizione del servizio pubblico” sostengono i presuli. L’episcopato ritiene di vitale importanza mantenere viva e sveglia la coscienza morale, educandola attraverso la retta ragione e il Vangelo, per contribuire così alla costruzione di un Paese più giusto e trasparente. La Conferenza episcopale ha lanciato anche un appello perché tutti partecipino alla elaborazione di progetti sociali e politici capaci di superare gli interessi meschini, partitici, o di categorie sociali. In seguito all’apertura del dibattito sull’aborto, dopo la presentazione di un progetto di legge a favore della liberalizzazione, i vescovi infine difendono il diritto alla vita. Il progetto di legge, presentato dai socialisti, prevede la legalizzazione dell’interruzione della gravidanza fino alla dodicesima settimana di gestazione per motivi di salute ma anche psicologici, nel caso in cui, cioè, la madre dimostri di avere dei problemi a livello psichico. (L.B. - T.C.)

 

 

AL VIA OGGI IN INDIA IL PRIMO INCONTRO DEI CENTRI CULTURALI CATTOLICI.

A PRESIEDERLO È IL CARDINALE PAUL POUPARD

 

GOA. = “Centri Culturali Cattolici: risorse culturali per vivere la fede cristiana in dialogo con le culture tradizionali nel contesto di una cultura in trasformazione”: su questo tema si è aperto a Goa, in India, il primo incontro dei centri culturali cattolici. Il meeting, cui prendono parte i responsabili di oltre 40 centri, è presieduto dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il porporato ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a vivere la fede in Cristo e a renderne testimonianza nella realtà singolare dell’India - culla di culture millenarie e patria di alcune delle più numerose religioni del mondo - dove il dialogo interculturale e interreligioso vanno coltivati ogni giorno. “I Centri Culturali Cattolici devono promuovere una vita coerente, incentrata su Cristo e all’insegna dell’amore – ha detto il cardinale Poupard – per manifestare il volto compassionevole di Gesù in mezzo ai poveri, i giovani, gli indigeni e i sofferenti, come testimoniato dalla Beata Madre Teresa, nonché da innumerevoli testimoni del Cristo, schiudendo così a coloro che non lo conoscono il mistero dell’amore di Dio incarnato in Cristo”. Il porporato, che ricopre anche la carica di presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il 23 novembre, prenderà parte ad un simposio su globalizzazione e culture Indiane, organizzato dal Pilar Theological College. Diversi rappresentanti di religione indù, islamica e cristiana, tra cui un numeroso gruppo di studenti universitari, offriranno le loro prospettive sull’impatto della globalizzazione nel continente indiano, dove si stanno registrando rapide trasformazioni. A tal proposito il porporato ha voluto ricordare che la persona umana deve essere al centro dello sviluppo e che compito della Chiesa è cercare di costruire l’armonia tra i popoli, per far regnare l’amore e non la paura. A Goa il cardinale Poupard inaugurerà anche una mostra di arte cristiana, organizzata dall’arcidiocesi di Goa e Daman, che espone opere di artisti di diverse religioni. (T.C.)

 

 

LA MISSIONE EVANGELIZZATRICE DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE

IN ASIA ED AUSTRALIA: SE NE PARLA DA OGGI A KORAZIM

IN UN INCONTRO CUI PRENDONO PARTE CIRCA 150 VESCOVI

 

KORAZIM. = Si è aperto questa mattina, presso il Centro Internazionale “Domus Galilaeae” di Korazim, in Terra Santa, il Convegno del Cammino Neocatecumenale sull’evangelizzazione in Asia ed Australia, con la partecipazione di cardinali e vescovi dei due continenti. L’incontro è promosso dagli iniziatori del “Cammino”: Kiko Arguello, Carmen Hernandez e padre Mario Pezzi. Presenti circa 150 presuli provenienti da India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Vietnam, Taiwan, Sud Corea, Indonesia, Singapore, Giappone, Filippine e Australia. Vi partecipano anche parroci, equipe itineranti e famiglie in missione del Cammino Neocatecumenale che operano in questi Paesi. Domani è previsto l’intervento del patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah, mentre giovedì, nel corso di una tappa a Gerusalemme per la visita ai luoghi santi, i presuli incontreranno il rappresentante pontificio in Israele e Palestina, l’arcivescovo Antonio Franco, ed il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Durante il convegno si affronteranno i temi dell’iniziazione cristiana, della “missio ad gentes” e le sfide della secolarizzazione in Asia e Australia. (R.P.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, il vice ministro della Sanità è sfuggito ad un attentato costato la vita a due sue guardie del corpo. Si tratta del secondo attacco sferrato da insorti, nelle ultime ore, contro alti rappresentanti di questo dicastero. Ieri, uomini in divisa hanno rapito, infatti, l’altro vice ministro. A Baghdad, la polizia ha trovato poi i corpi senza vita di almeno 14 persone con evidenti segni di torture. Sale così a più di 100 il bilancio delle vittime in Iraq nelle ultime 24 ore. Negli Stati Uniti, intanto, un gruppo di esperti del Pentagono ha indicato tre opzioni per migliorare la situazione nel Paese arabo: il ritiro delle truppe, l’invio di altre forze o la riduzione del numero dei soldati prolungandone la permanenza. Secondo il quotidiano ‘Washington Post’, il piano messo a punto dal ministero della Difesa americano prevede la riduzione dei soldati statunitensi e un’estensione delle attività di addestramento per le forze irachene.

 

Restiamo in Iraq, dove da ieri non si hanno notizie di un parroco caldeo, padre Doglas Yousef Al Bazy. Il vescovo ausiliare dei caldei di Baghdad, mons. Shleman Warduni, ha riferito che il sequestro è l’ipotesi più probabile. Dietro il rapimento di un cristiano in Iraq – osserva mons. Warduni - ci sono tante cause quali la “criminalità, il fanatismo religioso, il denaro e l’intenzione di creare divisione tra la popolazione”. La situazione in Iraq è sempre più difficile: “nessun luogo è più sicuro e usciamo raramente di casa”, hanno rivelato alcuni cristiani all’agenzia AsiaNews.

 

In Medio Oriente, sono stati sospesi i colloqui tra Hamas e Fatah per la formazione del nuovo governo palestinese. Lo ha annunciato un collaboratore del presidente Abu Mazen precisando che la sospensione non significa comunque il collasso del dialogo. In Israele, intanto, l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu ha sollecitato una nuova “massiccia iniziativa militare nel nord della Striscia di Gaza per fermare i lanci di razzi” contro lo Stato ebraico. Ieri l’aviazione israeliana ha poi reso noto di aver annullato un raid contro la casa di un estremista palestinese in seguito all’arrivo di decine di civili che hanno formato uno “scudo umano” intorno all’abitazione.

 

Il primo ministro britannico, Tony Blair, è arrivato a sorpresa in Afghanistan per incontrare i soldati impegnati nella turbolenta provincia meridionale di Helmand ed il presidente afghano, Hamid Karzai. Blair ha detto che il futuro della sicurezza del mondo, agli inizi del 21.mo secolo, si gioca proprio in Afghanistan. Ma che segnale vuole dare il premier britannico con questo suo primo viaggio nel Paese asiatico? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”:

 

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R. - Vuole dare il segnale di un impegno britannico in Afghanistan, un impegno in prima linea. E’ un segnale, però, che vale relativamente: Blair, come sappiamo, è in scadenza di mandato: resterà ancora per pochi mesi alla guida del governo britannico. Quindi, può essere considerato come un’indicazione per il suo successore.

 

D. – Blair ha chiesto alla NATO di concentrarsi sull’Afghanistan. Più energia, dunque, nei confronti di un Paese che, nonostante tutto, continua ad essere uno dei più divisi e pericolosi al mondo. Ma quale potrebbe essere la strada migliore, secondo te, per uscire da questa situazione di stallo?

 

R. – Non credo, francamente, che la soluzione della guerra afghana sia facile e nemmeno vicina. Credo che comunque, nel giro di un paio d’anni o qualcosa di più, la NATO sarà costretta o spinta a disimpegnarsi. Il che vuol dire che la guerra per il controllo del territorio afghano e dei traffici che lo attraversano sarà demandata e affidata direttamente ai “signori della guerra” locale. Questo già avviene, ma adesso la NATO è comunque una parte in causa.

 

D. – Si sta notando un notevole cambio di strategia del premier britannico in fatto di politica estera, soprattutto dopo l’ammissione ad Al Jazeera che la guerra in Iraq è stata disastrosa. Ma in che direzione sta andando la politica estera britannica?

 

R. – Blair ha sempre cercato di seguire e, se possibile, di anticipare le posizioni americane. In questo caso, più che seguire o anticipare, sembra andare a rimorchio. Il segnale che è venuto dalle elezioni di medio termine negli Stati Uniti significa che, in ogni caso, Washington deve rivedere il suo approccio complessivo alla guerra al terrorismo; Blair cerca di dirlo con qualche accento più forte di quanto lo dicano gli americani.

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L’Iran vuole avere 60.000 centrifughe per arricchire l’uranio e si assicurerà il combustibile nucleare necessario a partire dal prossimo anno. Sono le ultime dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad. Il capo di Stato della repubblica islamica ha anche detto che, “al momento attuale”, Israele non è in grado di attaccare l’Iran. Ahmadinejad ha poi etichettato come “guerra psicologica” le dichiarazioni dei vertici israeliani che, nei giorni scorsi, non avevano escluso un ricorso alle armi per fermare i progetti atomici del governo di Teheran.

 

Tra imponenti misure di sicurezza, è giunto oggi a Bogor, in Indonesia, il presidente statunitense George Bush per incontrare il capo di Stato Yudhoyono. Poco prima dell’arrivo del capo della Casa Bianca, la polizia ha lanciato l’allarme per un possibile attentato. Bush è arrivato in Indonesia, dopo il vertice APEC di Hanoi, conclusosi con una dichiarazione di condanna per gli esperimenti nucleari della Corea del Nord.

 

Ore di autentica follia in Germania, dove un uomo armato ha fatto irruzione in una scuola tenendo in ostaggio diversi studenti e insegnanti.  Il drammatico episodio si è concluso con il suicidio del sequestratore, un diciottenne ex allievo della scuola. In Germania, intanto, è stato reso noto che questa estate è stato sventato dai servizi segreti un attentato terroristico su un aereo di linea tedesco.

 

In Italia, il Consiglio dei ministri ha nominato i nuovi vertici dei servizi di Informazione e Sicurezza. Al Sismi è stato nominato l’ammiraglio Bruno Branciforte, che succede a Nicolò Pollari. Al Sisde Franco Gabrielli sostituisce Mario Mori, mentre il nuovo responsabile del Cesis è il generale in pensione Giuseppe Cucchi.

 

In Cina, l’ufficiale Wang ha ammesso che il ricorso alla violenza nelle corti cinesi è un metodo usuale. L’ufficiale ha anche ammesso che sarebbero almeno 30, ogni anno, i verdetti emessi dopo confessioni rilasciate in seguito a sevizie e abusi. In Cina la drammatica pratica della tortura è stata bandita nel 1996 e lo scorso mese è stata approvata dal Parlamento una legge che limita alla Corte Suprema la ratifica delle sentenze di condanna a morte, impedendone la pronuncia alle corti inferiori. Ma i rapporti di diverse organizzazioni, tra cui Amnesty international, denunciano che la tortura è ancora molto diffusa nel Paese asiatico.

 

Ancora violenze nel sud della Thailandia: una bomba è esplosa questa mattina nel mercato di Sungai Kolok, uccidendo un soldato e un civile. Sempre nella provincia di Narathiwat, ieri sera un funzionario governativo e due suoi collaboratori sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco da sospetti militanti islamici. Dal 2004 le violenze separatiste nelle province meridionali di Narathiwat, Yala e Patanni hanno provocato la morte di 1.600 persone, per la maggior parte civili. Il governo provvisorio, seguito al colpo di Stato militare di settembre, ha dichiarato la sua disponibilità al dialogo con i separatisti musulmani. Ma a questa apertura non ha fatto seguito, per il momento, alcun risultato.

 

In Mauritania le prime elezioni politiche e amministrative dopo la fine nel 2005, della ventennale dittatura del presidente Taya, hanno fatto registrare un’alta affluenza. Secondo l’agenzia missionaria MISNA, che riporta dati ancora non ufficiali diffusi da fonti di stampa locali, il tasso di partecipazione oscilla tra il 60 ed il 70 per cento degli aventi diritto, oltre un milione di persone. Sulle elezioni di ieri, che si sono svolte senza incidenti, il servizio di Amina Belkassem:

 

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Al di là dei dati che, secondo gli osservatori non potranno delineare nessuna maggioranza solida a causa di un’altissima frammentazione del panorama politico, la Repubblica islamica della Mauritania ha compiuto, ieri, un primo passo storico verso la democrazia, dopo sedici mesi di governo straordinario della Giunta militare. La Giunta ha rovesciato, il 3 agosto del 2005, il regime ventennale del presidente Taia, promettendo di ridare gradualmente il potere in mano ai civili. Duecento osservatori nazionali e trecento internazionali, di cui 87 inviati dall’Unione Europea, hanno seguito le operazioni di voto senza rilevare nessun incidente particolare. Sono stati poco più di un milione gli elettori chiamati a scegliere 219 Consigli comunali e 95 deputati del Parlamento tra i candidati di una trentina di partiti politici e delle centinaia di liste indipendenti. Una quota del 20 per cento riservata alle donne, sia in Parlamento e sia nei Consigli comunali, e il libero accesso ai candidati indipendenti, tra cui anche elementi islamici moderati, sono le grandi novità di queste prime elezioni libere della storia della Mauritania. Dalla sua indipendenza dai francesi nel 1960 non ha mai conosciuto un avvicendamento democratico: retta prima dal regime del presidente Moktar Ould Daddah, rovesciato da Tayá nel 1984. Il secondo turno elettorale è previsto per il 3 dicembre e, se non ci saranno sorprese dopo le elezioni per il Senato in gennaio, a marzo si terranno le presidenziali che segneranno la fine del governo militare del colonnello Vall.

 

Amina Belkassem, per la Radio Vaticana.

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In Somalia, almeno sei soldati etiopi sono morti ieri sera in seguito ad un attacco condotto da guerriglieri delle Corti islamiche. Lo hanno riferito fonti vicine ai miliziani islamici precisando che l’episodio è avvenuto nella regione di Bay. Se confermato, si tratta del primo scontro a fuoco tra Corti islamiche, che controllano quasi tutto il sud del Paese, e truppe etiopi inviate nella regione per proteggere le istituzioni transitorie. La Somalia, che sta faticosamente tentando di uscire da una guerra civile costata la vita, in 15 anni, ad oltre mezzo milione di persone, continua ad essere colpita, intanto, dalla grave emergenza delle inondazioni. Secondo l’ultimo bilancio, ancora provvisorio, sono almeno 50 i morti causati dalle alluvioni. Il primo ministro somalo ha lanciato un appello alle agenzie umanitarie internazionali chiedendo aiuti per oltre un milione e mezzo di persone che “hanno bisogno urgente di viveri, medicinali e tende”.

 

Nella martoriata regione sudanese del Darfur continuano gli scontri tra ribelli e soldati governativi. Gli insorti hanno dichiarato in un comunicato di aver ucciso, nel nord della regione, almeno cento persone. Le vittime sarebbero militari e guerriglieri janjaweed. Ma la notizia, al momento, non è stata confermata dalle autorità locali. Il Partito del Congresso nazionale, che detiene il potere in Sudan, ha nuovamente respinto, intanto, l’ipotesi di una forza congiunta tra ONU e Unione Africana, lanciata dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.

 

 

 

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