RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 322 - Testo della trasmissione di sabato 18 novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Due donne uccise dall’anoressia in Brasile in due giorni: la
testimonianza di Chiara Sole
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
La liberalizzazione degli scambi e la minaccia nucleare nordcoreana al centro del vertice dell’APEC, in Vietnam
18 novembre 2006
RIEVANGELIZZARE
GIOVANI E FAMIGLIE E ORIENTARE AL DOVERE DELLA CARITA’
TUTTE
LE OPERE DI ASSISTENZA, PERCHE’ IN OGNI PASSO COMPIUTO DALLA CHIESA, COMPRESO
IL DIALOGO ECUMENICO,
RISPLENDA
LA RICERCA DELLA VERITA’ DELLA FEDE:
COSI’
IL PAPA AL SECONDO GRUPPO DI VESCOVI TEDESCHI IN VISITA AD LIMINA
Rilanciare l’annuncio della fede
cristiana ai giovani di oggi, impregnati di cultura secolarizzata e spesso
incapaci di formare famiglie solide. Promuovere opere ecclesiali orientate alla
“verità della fede” e non ad altri scopi. Favorire un ecumenismo fatto non
tanto di documenti congiunti, ma di testimonianza comune e convincente. Sono i
punti fondamentali che Benedetto XVI ha sviluppato nel discorso rivolto questa
mattina al secondo gruppo di vescovi tedeschi in visita ad Limina. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
**********
Un discorso costruito su quattro
punti e numerose indicazioni pratiche che Benedetto XVI ha detto di avere “a
cuore”. La società tedesca patisce, come molte in Occidente, gli effetti di un
impressionante svuotamento spirituale. I primi a subirne l’influsso, ha
osservato il Papa, sono i giovani, fruitori di una “cultura secolarizzata” che,
ha detto, è “totalmente orientata alle cose materiali”. Da questa osservazione,
il Papa ha mosso la prima delle sue analisi, riguardante appunto “l’annuncio
della fede ai giovani del nostro tempo”. Le GMG hanno dimostrato che i giovani
hanno “attesa e disponibilità per Dio e Vangelo”, dunque, ha indicato il
Pontefice, la “risposta a questa attesa deve essere multiforme”. Per i bambini
e i giovani, ad esempio, il servizio all’altare come ministranti, cioè
chierichetti, può portarli a un primo contatto con “la parola di Dio, con la
vita intima della Chiesa”. E anche il “lavoro con i cori”, ha soggiunto
Benedetto XVI, può portare i giovani alla “educazione al bello” e alla “gioia
del partecipare alla Messa”. In questo orizzonte, il Papa ha invitato vescovi e
parroci ad “andare incontro con molto amore” ai Movimenti ecclesiali, perché in
essi, giovani e adulti, “sperimentano un modello di
vita della fede come opportunità per la vita di oggi”.
La rievangelizzazione
dei giovani si lega strettamente ad un altro tema caro a Benedetto XVI: quello
riguardante “matrimonio e famiglia”. Il giovane scristianizzato è una persona
che ha smarrito o non ha conosciuto “l’ordine del matrimonio come è stabilito
dalla Creazione”. Dunque, ha osservato il Papa, ritenendo di potersi “definire
a piacere in virtù di una libertà vacua”, l’esistenza stessa dei giovani, come
pure quella sociale, vacillano e in questo clima “per i giovani diventa
difficile legarsi definitivamente”, o “accettare figli e dare loro quello
spazio duraturo di crescita e di maturazione che può essere rappresentato solo
dalla famiglia fondata sul matrimonio”. Viceversa, ha sottolineato il
Pontefice, le coppie giovani vanno aiutate “a dirsi il ‘sì’
definitivo”, che non è in contrasto con la libertà, ma rappresenta la sua più
grande opportunità”.
Altro capitolo importante ha
riguardato l’ecumenismo, sul quale proprio ieri Benedetto XVI aveva avuto
occasione di riflettere. “Tutte le lodevoli iniziative sul cammino verso la piena unità di tutti i cristiani
– ha asserito - trovano nella preghiera comune e nella riflessione sulle Sacre
Scritture un terreno fertile sul quale può crescere e maturare la comunione”.
Se la geografia spirituale della Germania spinge ad un
dialogo più stretto con luterani e riformati, in ogni caso – ha scandito
Benedetto XVI – “il mondo ha il diritto di attendersi da tutti i cristiani una
professione univoca di fede in Gesù Cristo, il Redentore dell'umanità”. Ciò
vuol dire, ha proseguito, che l’impegno ecumenico “non può esaurirsi con
documenti congiunti”, ma diventa “visibile ed efficace
laddove i cristiani di diverse Chiese e comunità ecclesiali, in un contesto
sociale sempre più estraneo alla religione, professano insieme e in modo
convincente i valori trasmessi dalla fede cristiana e li evidenziano con forza
nel loro agire politico e sociale”.
Ampio poi lo sguardo dato da
Benedetto XVI alle “opere caritative ecclesiali”. La Chiesa, aveva notato
all’inizio del suo discorso, “per essere fedele al Signore e quindi a se
stessa” deve essere “continuamente rinnovata”. Ma ogni “riforma ecclesiale
nasce dall’impegno serio per giungere ad una conoscenza più profonda della
verità della fede cattolica”, altrimenti si rischia di scivolare in un inutile
“attivismo esteriore”. Ecco quindi che, nel momento in cui ogni chiesa
pianifica la propria attività pastorale, i responsabili devono chiedersi –
afferma il Papa – se le opere siano “essenziali” e
soprattutto se i programmi rispondano al “criterio della verità della fede”, a
un trasparente “dovere della carità” sullo stile di S. Paolo. “È importante
fare attenzione - ha ammonito Benedetto XVI - che non cadano in dipendenze
politiche, ma che servano unicamente al loro compito di giustizia e di amore”.
L’elaborazione di tali progetti, inoltre, non sia affidata “a freddi
pianificatori” ma a sacerdoti e collaboratori adeguatamente preparati e che, ha
chiarito Benedetto XVI, “si distinguano per lo zelo delle anime”. I laici poi,
trovino - dalla società ai media, dalla catechesi ai
servizi sociali – il loro primo campo di apostolato, definito da Benedetto XVI
“urgentemente necessario”.
**********
IN UDIENZA DA BENEDETTO
XVI, IL PRESIDENTE DELLA GERMANIA, HORST KḦOLER.
CRISI IN MEDIO ORIENTE E SOLIDARIETA’
VERSO L’AFRICA I TEMI PRINCIPALI.
STASERA, IN SALA CLEMENTINA, CONCERTO IN ONORE DEL
PAPA
OFFERTO DAL
CAPO DI STATO TEDESCO
-
A cura di Alessandro De Carolis -
Lo
scenario africano e quello mediorientale: nell’udienza che Benedetto XVI ha
concesso questa mattina al presidente tedesco, Horst Köhler, sono stati questi i temi principali che hanno
occupato in particolare i circa 30 minuti dell’incontro svoltosi in privato.
“I
cordiali colloqui -
informa una nota della Sala stampa vaticana - hanno permesso, fra l'altro, uno
scambio di opinioni su temi attinenti alla situazione internazionale, con
particolare riferimento al Medio Oriente. Inoltre, è stata sottolineata la
necessità di promuovere un rapporto di parità e uno spirito di solidarietà a
livello internazionale, in special modo nei confronti del Continente africano.
Infine – conclude il comunicato - non è mancato il richiamo all'importanza di
un impegno per l'educazione della gioventù e per il dialogo tra le religioni”.
Al termine dell’udienza con il Papa, il presidente della
Germania si è poi intrattenuto con il cardinale segretario di Stato,
Tarcisio Bertone.
Sempre in compagnia del presidente
della Repubblica Federale di Germania, Benedetto XVI assisterà oggi pomeriggio,
nella sala Clementina del Palazzo Apostolico, al concerto del “Philharmoniequartett Berlin”,
offerto dallo stesso capo di Stato tedesco in onore del Pontefice. La nostra
emittente seguirà l’evento in diretta a partire dalle 17.50 con commento in
italiano, per la sola zona di Roma, sui 105 MHz in modulazione di frequenza e in onda media di
585 kHz. Domani, poi, alle 10.30, nella Basilica di
San Pietro, l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph
Schönborn, presiederà la Santa Messa. Durante la
celebrazione, sarà eseguita dai Wiener Philarmoniker e dai Wiener Sängerknaben la “Messa dell’Incoronazione” di Mozart. La nostra
emittente curerà la radiocronaca diretta, con commento in italiano e tedesco,
sulle consuete lunghezze d’onda, a partire dalle 10.20.
CHE IL
SAPERE NON SI FRAMMENTI IN UNA SERIE DI SPECIALIZZAZIONI A SCAPITO
DEL DIALOGO FRA STUDIOSI. LO SCRIVE IL
CARDINALE TARCISIO BERTONE
IN UNA
LETTERA A NOME DEL PAPA INVIATA ALLA CONFERENZA
INTERNAZIONALE
SU
UNIVERSITÀ E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
La cultura di oggi rischia di
frammentarsi e lo studioso può cadere in una sorta di smarrimento se in seguito
alla crescita delle singole specializzazioni viene a mancare un vero dialogo
tra i cultori dei diversi ambiti della conoscenza e della ricerca. E’ quanto
scrive il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone in una lettera a nome del Santo Padre, fatta pervenire al presidente del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino, al termine della
Conferenza internazionale su Università e Dottrina sociale della Chiesa. Ai partecipanti all’incontro
Benedetto XVI ha inviato la sua benedizione sottolineando i compiti della
dottrina sociale della Chiesa. La dimensione interdisciplinare della
dottrina sociale, scrive il cardinale Bertone, si propone ancora oggi come
valido strumento di dialogo con i diversi saperi che riguardano l’uomo e, in
particolare, con le scienze sociali, economiche, politiche, teologiche e
filosofiche. Anche la dottrina sociale della Chiesa si sente interpellata da
questo compito, afferma il porporato, perchè annovera tra le discipline a cui attinge, da una parte, la teologia e la filosofia e,
dall’altra, le scienze umane e sociali. Essa può quindi farsi portatrice di un
valore sapienziale con cui rendere più ricche le molteplici attività di ricerca
e di formazione delle Università cattoliche. Il cardinale Bertone ha spiegato
infine che la dottrina sociale della Chiesa si colloca proprio nel punto esatto
in cui la fede purifica la ragione e la carità purifica la giustizia.
NUMEROSE
QUESTIONI ETICHE SONO TRA LE NUOVE SFIDE DEL DIALOGO ECUMENICO:
NE
PARLA IL CARDINALE WALTER KASPER,
PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
-
Intervista con il porporato -
Amicizia e fiducia reciproca, per
far emergere la verità nella carità. Benedetto XVI ha ricordato ieri,
nell’udienza concessa alla plenaria del Pontificio Consiglio per l’Unità dei
cristiani, i valori basilari per un fruttuoso dialogo ecumenico. Il presidente
del dicastero vaticano, il cardinale Walter Kasper,
nel salutare il Papa aveva fatto il punto sulla situazione attuale e sulle
sfide del dialogo interconfessionale. Il porporato ne parla al microfono di
Giovanni Peduto:
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R. – Abbiamo parlato
dell’ecumenismo in questa situazione di trasformazione. Infatti, non ci
troviamo ai livelli di 40 anni fa, dopo il Concilio Vaticano II: nel frattempo,
abbiamo fatto molti progressi sia in Oriente, sia in Occidente. Siamo grati di
questi progressi, vogliamo continuare su questa strada, e ci incoraggia
l’insistenza del Papa su questo punto, che lui considera una priorità, come aveva già annunciato nei primi giorni del suo pontificato.
D’altra parte, abbiamo ora una nuova situazione, una nuova costellazione
ecumenica: le Chiese orientali, ad esempio, oggi sono libere, mentre al tempo
del Concilio erano sotto il regime dittatoriale del comunismo. Oggi possono
riprendere a sviluppare la loro vita ecclesiale. Noi riponiamo grandi speranze
in loro e proprio nello scorso mese di settembre, a Belgrado, abbiamo ripreso
il dialogo. Pure con le Chiese protestanti abbiamo fatto progressi, anche se si
presentano di volta in volta situazioni nuove: in
alcune Chiese, per esempio, c’è uno spostamento della base comune di dialogo –
la fede cristologica, trinitaria, questioni di etica – e questo impedisce una
comune testimonianza che invece nel mondo di oggi è urgente e necessaria. Ci
sono diverse concezioni della meta del cammino ecumenico: per noi, lo scopo è
l’unità visibile nella fede, nei sacramenti, nel governo della Chiesa. Con
molte Chiese protestanti, c’è un mutuo riconoscimento delle comunità. Nella
nostra plenaria abbiamo insistito su un ecumenismo di base, cioè un ecumenismo
che annuncia, predica e dà testimonianza dei fondamenti della fede: un
ecumenismo fondamentale legato all’impegno missionario, alla nuova
evangelizzazione. Ecco, questi sono stati i punti fondamentali del nostro
incontro, peraltro molto fraterno.
D. – Eminenza, soffermiamoci su
un’affermazione che ha fatto Benedetto XVI nel discorso che vi ha rivolto, e cioè:
l’ecumenismo dell’amore promuove e illumina il dialogo della verità…
R. – L’ecumenismo è tale soltanto
se c’è amicizia, se c’è fiducia vicendevole, se si è disposti a vedere la
verità, la verità dell’altro. Ma se c’è soltanto un dialogo accademico, molto
oggettivo, ognuno è sufficientemente intelligente da trovare una risposta
negativa a ciò che l’altro ha detto. Perciò, ci vuole un dialogo aperto, ci
vuole amicizia e un’atmosfera spirituale per l’ecumenismo. Quando esiste questa
atmosfera, allora si può parlare anche delle controversie e si riesce a trovare
una soluzione.
D. – Eminenza, Roma si sta
preparando alla visita del Primate della Comunione anglicana. Quali attese,
quali problemi?
R. – Prima di tutto, vogliamo
ricordare che ricorrono 40 anni dalla prima visita dell’arcivescovo di
Canterbury, Michael Ramsey,
a Paolo VI. Anche in questo dialogo, i 40 anni passati hanno portato molti
progressi. D’altro canto, sono emersi problemi all’interno della stessa
Comunione anglicana: la questione dell’ordinazione delle donne al sacerdozio e
all’episcopato, l’omosessualità e tanti altri problemi ancora. Ecco perché
dobbiamo continuare il dialogo. Noi siamo decisi a continuare il dialogo, non
vogliamo interromperlo. Probabilmente, il dialogo assumerà ora un nuovo
aspetto, ma io sono sicuro che il dialogo potrà continuare in un’atmosfera
amichevole con l’arcivescovo Rowan Williams, eminente
teologo, molto conosciuto, un uomo di grande spiritualità e molto gentile.
D. – All’orizzonte, il prossimo
viaggio del Papa in Turchia. Si dà molto risalto al problema dell’incontro del
Papa con il mondo islamico, ma si parla poco, invece, dell’incontro con
l’ortodossia …
R. – Sì, noi siamo molto
dispiaciuti di questo fatto. All’origine della visita infatti,
c’era l’invito al Papa da parte del Patriarca ecumenico di Costantinopoli
Bartolomeo I, a venire al Fanar: questo è lo scopo
principale di questa visita. Poi, sicuramente è necessario parlare anche del
rapporto con il mondo islamico perché la Turchia è un Paese a maggioranza
musulmana. Ma comunque il punto centrale sarà la visita al Fanar,
al Patriarca ecumenico e aspettiamo e speriamo che questo dia nuovo slancio,
nuovo entusiasmo al dialogo ecumenico con le Chiese ortodosse.
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NON SOLO CON TRATTATI BILATERALI MA
ANCHE MULTILATERALI,
PER DARE RISPOSTE EQUE E SODDISFACENTI A TUTTE LE PARTI:
COSI’ MONS. MIGLIORE, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L’ONU NELL’AMBITO DELLA 61ESIMA SESSIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE A NEW
YORK
In tema di Medio Oriente è intervenuto l’Osservatore
permanente della Santa Sede presso le Nazioni Uniti, mons. Celestino Migliore,
nell’ambito della 61esima
sessione dell’Assemblea generale dell’ONU, dedicata all’emergenza
sulla situazione nei Territori palestinesi occupati. Il servizio di Fausta
Speranza:
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“La centralità del conflitto israelo-palestinese
nell'instabilità persistente in Medio Oriente non può essere ignorata”: sono le
parole di mons. Migliore che definisce un “fatto triste” che
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il
discorso di Benedetto XVI ai vescovi della Conferenza episcopale della
Repubblica Federale di Germania. Nell'occasione il Papa ha sottolineato che
per percorrere cammini anche nuovi occorrono spirito missionario, creatività e
audacia.
Servizio estero - Medio
Oriente: l'Assemblea generale dell’ONU condanna i raid israeliani a Gaza.
Servizio culturale - Un
articolo di Franco Patruno dal titolo “Una carica
innovatrice in grado di rivoluzionare le forme plastiche e di rompere ogni
convenzione accademica”: a Milano una mostra offre una panoramica sul
percorso artistico di Boccioni, in particolare sulla sua attività di
scultore.
Servizio italiano - In
primo piano il tema della finanziaria.
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18 novembre 2006
“UNA VOCE CHIARA IN FAVORE DELLA TOLLERANZA”:
COSÌ, L’ALTO COMMISSARIO ONU PER I
RIFUGIATI (UNHCR), ANTÓNIO GUTERRES,
DOPO L’INCONTRO, IERI IN VATICANO, CON BENEDETTO XVI
- Con noi, António
Manuel de Oliveira Guterres
-
L’importanza della voce della
Chiesa, in particolare, in tema di rifugiati e il ruolo centrale dell’Italia
per la creazione di uno “spazio umanitario di protezione nel mediterraneo”:
queste, le tematiche al centro della visita in Italia dell’Alto commissario ONU
per i Rifugiati (UNHCR), António Manuel de Oliveira Guterres, che ieri in Vaticano ha
incontrato Benedetto XVI, e il segretario di Stato, il cardinale Tarcisio
Bertone. Nella due giorni romana, Guterres
ha anche incontrato diverse autorità italiane, tra cui i ministri dell’Interno
e della Solidarietà Sociale, Amato e Ferrero, e il
vice ministro degli Esteri, Sentinelli. Il servizio di Roberta Moretti:
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“Una voce chiara in
favore della tolleranza”: così, Guterres ha
commentato l’incontro con Benedetto XVI, il cui messaggio per la Giornata
mondiale del migrante e del rifugiato 2007 è stato presentato martedì scorso:
R.
– We are witnessing today…
Stiamo assistendo oggi ad un
aumento del fenomeno dell’intolleranza, ad un approccio populista nella vita
politica, nei media, in alcuni circoli dell’opinione
pubblica di molte parti del mondo. Questo sta creando problemi alla coesione
sociale, alla pace nel mondo, in molte aree. La voce della Chiesa, in favore
della tolleranza, del mutuo rispetto, in una società che sta diventando multietnica, multiculturale, multireligiosa, è veramente importante ed è la migliore
garanzia che il sistema di accoglienza venga
preservato in tutto il mondo.
Con le autorità
italiane, Guterres ha parlato del contributo fondamentale
dell’Italia alla creazione di un nuovo sistema di asilo a livello europeo e di
uno “spazio umanitario di protezione nel mediterraneo”. Soddisfazione per la
realtà di Lampedusa, “centro di transito – ha detto –
dove i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo
sono rispettati", grazie anche alla
presenza in loco dell’UNHCR, della Croce Rossa e dell’Organizzazione
internazionale per le migrazioni (OIM). Da migliorare, invece, in senso più
organico, il sistema legislativo italiano in tema di asilo, definito
“dispersivo e frammentario”. Infine, il riferimento alla martoriata regione
sudanese del Darfur, con oltre 230 mila rifugiati nel
confinante Ciad, dove si trovano anche circa 50 mila sfollati interni.
R. –
Il Darfur rappresenta l’epicentro di un terremoto che si
ripercuote in Ciad e nella Repubblica Centrafricana.
Negli ultimi giorni abbiamo avuto attacchi drammatici dei Janjaweed
ad alcuni villaggi in Ciad e sono state uccise delle persone, alcuni villaggi
sono stati bruciati, le donne hanno sofferto forme terribili di violenza e più
persone all’interno del Paese si sono disperse. Il Darfur
rappresenta certamente uno dei problemi umanitari più drammatici che si debbano
affrontare oggi.
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L’EUROPA HA BISOGNO DEI CRISTIANI PER RITROVARE SE
STESSA E RACCOGLIERE
LE SFIDE ODIERNE DEL MONDO: COSI’
IL CADINALE UNGHERESE PETER ERDÖ,
CHE INVITA A GUARDARE AI PAESI DELL’EST PER CAPIRE
L’IMPORTANZA
DI RECUPERARE I VALORI FONDANTI LE DEMOCRAZIE DI QUESTO
CONTINENTE
Le sfide della secolarizzazione, le questioni etiche e il
rilancio del-l’ecumenismo: sono le questioni in primo piano nell’agenda dei vescovi del continente
europeo. Ne ha parlato stamani in un incontro ospitato dalla nostra emittente,
il cardinale Péter Erdő,
arcivescovo di Esztergom-Budapest, neo-eletto
presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE),
nell’Assemblea riunita a San Pietroburgo, in Russia, nell’ottobre scorso. Il Consiglio raccoglie gli episcopati di 34
Paesi europei dell’Ovest e dell’Est, in rappresentanza di 300 milioni di
cattolici. Roberta Gisotti ha intervistato il porporato:
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D. - Eminenza, quali rischi vi sono per le società che hanno - come dire –
“perso Dio, dove molte persone si comportano come se Dio non esistesse e
neanche lo cercano più?
R. – Noi abbiamo un’esperienza
specifica di questo problema, fatta nei Paesi ex comunisti, perché il problema
della secolarizzazione è altrettanto grave pure in quella parte del Continente.
Lì il problema si chiama “vuoto culturale e morale”. Questo vuol dire che per
affrontare la sfida della criminalizzazione della società, per fondare meglio
sociologicamente il sistema giuridico, ci vuole qualcosa che dopo il crollo del
marxismo e del comunismo mancava in queste società. Quindi, c’erano molti
politici, politici che non sempre erano credenti, che hanno ritenuto opportuno
risvegliare l’eredità cristiana dei loro popoli, soprattutto le Chiese
nazionali ortodosse della regione, per dare una base morale e culturale alla
società. E curiosamente, malgrado tutte le persecuzioni, queste Chiese
cristiane hanno conservato gli elementi più preziosi dei valori europei e
dell’eredità culturale e morale di questi popoli. Quindi, penso che, anche
nella parte occidentale del continente, la situazione di base sia analoga.
Quindi, il mondo ha bisogno di Cristo e perciò ha bisogno pure di noi, indipendentemente
dalle mode, da quello che scrivono alcuni giornali, indipendentemente dalle
teorie filosofiche. La realtà è che l’Europa deve funzionare umanamente e
funzionare anche come comunità politica, economica e così via. La concorrenza
nel mondo è grande. Quindi, anche per sostenere questa concorrenza, ci vuole un
minimo di senso comune, di moralità, di consenso sui valori, a livello
dell’intero Continente, altrimenti non si riesce ad affrontare le sfide della
nuova epoca.
D. – Quindi, l’esigenza di
ritrovarsi uniti intorno ai valori cristiani potrà anche far progredire il
dialogo ecumenico…
R. – Penso che questo sia
necessario, anche perché la sostanza del nostro messaggio è comune. Quando,
quest’anno, a San Pietroburgo, ha parlato il rappresentante del patriarcato di
Mosca, ha ripetuto questa offerta di collaborazione per i valori cristiani in
Europa. Penso che questa offerta sia sincera e quindi meriti una certa
attenzione.
D. – Nel suo Paese, circa un mese
fa, si è festeggiato il 50.mo anniversario della
rivolta anticomunista. In questa occasione, Benedetto XVI ha auspicato un
futuro per l’Ungheria “libero – ha detto – da ogni oppressione e
condizionamento ideologico”. A che cosa si riferiva in particolare il Papa,
secondo lei?
R. – Certamente, le ideologie ci
sono anche nell’Europa attuale. Così come il marxismo era un’ideologia, possono
esserlo anche le ideologie laicistiche oppure di
altro tipo. Non sappiamo di che tipo, perché l’avvenire può portare tanti
sviluppi. Noi abbiamo, però, un messaggio concreto e una Persona da
rappresentare. Questo vale molto di più di qualsiasi ideologia.
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UNA
MOSTRA FOTOGRAFICA ITINERANTE RACCONTA I DRAMMATICI DISAGI
CAUSATI AI PALESTINESI DAL MURO
COSTRUITO DA ISRAELE
AL CONFINE CON I TERRITORI OCCUPATI
-
Intervista con Gianni Toma -
“Un muro non basta … per nascondere un
orizzonte alla sua terra”. E’ questo il titolo della mostra di Andrea Merli,
promossa dal VIS, il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, che
attraverso 110 fotografie, video e pannelli informativi, riproduce il tracciato
del muro costruito tra lo Stato di Israele e
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R. – E’
pesante, perché il muro porta delle conseguenze in molti ambiti, a partire
dall’agricoltura che rappresenta la risorsa economica più importante. Basti
pensare solamente che soltanto per la costruzione del muro sono
stati abbattuti almeno 150 mila alberi di ulivo e c’è stata una confisca
di circa 5 mila ettari di terreno. D’altra parte, lo stesso accesso alle terre
coltivabili non è garantito perché sono stati costruiti dei cancelli per
permettere ai palestinesi dei villaggi di raggiungere le
campagna, ma purtroppo, questi cancelli vengono aperti per una sola ora
tre volte al giorno. Nei periodi della raccolta delle olive, ad esempio, non vengono concessi permessi per i parenti, non vengono dati
permessi per far transitare i trattori e sono quindi costretti ad utilizzare
animali. Altra conseguenza è quella relativa all’acqua: al di là del muro restano
inaccessibili ai palestinesi circa 200 cisterne, che davano acqua per l’uso sia
agricolo che domestico a tanti villaggi. Le cisterne vengono
bloccate al muro, perché vengono definite troppo grosse, pericolose e
potrebbero soprattutto essere motivo di attentati suicidi. C’è
poi l’aspetto della sanità: il muro ha un tracciato che forma 28 aree
assolutamente strozzate e chiuse e in queste 28 enclave è drasticamente ridotto l’accesso ai servizi sanitari di
base: 80 mila persone non hanno il diritto all’assistenza sanitaria d’urgenza.
L’unico modo è l’utilizzo di ambulanze, che devono però avere i permessi di
passare attraverso il muro.
D. – La
mostra documenta, tra l’altro, che il muro è stato costruito in larga parte sui
Territori occupati, anziché sulla “linea verde”…
R. –
L’80 per cento del tracciato del muro è tutto interno ai territori palestinesi.
Non corre lungo il confine stabilito a livello internazionale. Questo implica
che allo stato attuale esiste una sorta di annessione de facto del 10 per cento ulteriore della
Cisgiordania.
D. –
Giovanni Paolo II, riferendosi a questa situazione, ha più volte detto
“costruiamo ponti e non muri…”
R. –
Purtroppo si tratta di parole che restano completamente inascoltate. In un contesto
nel quale si tenta di far partire il processo di pace e di migliorare il
dialogo fra le due parti, la costruzione di un muro rappresenta certamente la
scelta assolutamente opposta. Abbiamo applaudito l’abbattimento del Muro di
Berlino che ha sancito la fine della Guerra Fredda e ci troviamo ora con
un’altra grande barriera.
D. –
Nella mostra viene presentato anche un video della Alternative Information Center di Gerusalemme, una ONG israelo-palestinese…
R. –
L’importanza di aver scelto questi video risiede nell’organizzazione stessa che
li ha prodotti. Si tratta essenzialmente di videoreporter
che si sono avvicinati al muro con la volontà di denunciare e di far vedere
quello che sta accadendo, cercando anche di dare voce alle organizzazioni israeliane
che si oppongono quotidianamente alla costruzione di questo muro.
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E’
STATO DENSO E MOLTO PARTECIPATO IL DIBATTITO PROMOSSO SU
QUESTO TEMA
DALL’ Associazione dei medici Cattolici DI MILANO
La preghiera è senza dubbio una
medicina dell’anima e dello spirito, esperienza di contemplazione e di
riflessione, elemento di conforto utile in quelle occasioni, come la nascita e
la morte, dove medico e paziente si trovano a dialogare sul senso religioso
della vita. E’ la conclusione cui è approdato il confronto a più voci
organizzato dall’Associazione dei medici Cattolici di Milano sulla “Preghiera,
medicina del corpo e dell’anima”. Il servizio di Fabio Brenna:
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Nel suo saluto introduttivo, il
cardinale Dionigi Tettamanzi ha lodato l’impegno dei medici di interrogarsi e
di lavorare al benessere integrale della persona ammalata, non escludendo la
cura dello spirito nella ricerca della guarigione.
“Da filosofo guardo con interesse
e meraviglia, nel senso più alto dei due termini, chi si affida a Dio per
guarire”, ha osservato nel suo intervento Massimo Cacciari,
docente di Estetica e sindaco di Venezia. La preghiera intesa come richiesta di
esaudire i propri desideri è discutibile, ha proseguito Cacciari,
aggiungendo che “al
contrario chi si rivolge al proprio Dio per adorarlo senza chiedere nulla in
cambio può essere paragonato al filosofo che si mette al servizio e alla
ricerca della verità”.
Contrapporre polemicamente i due
modi di pregare è sbagliato – ha concluso Cacciari -
perché, lungi dal snobbarlo, considero l’effetto
consolatorio della preghiera affascinante anche per gli atei. Sull’esperienza
della preghiera come respiro dell’anima, come esperienza di fiducioso abbandono
a Dio, si sono soffermate le relazioni di una monaca che vive la contemplazione, suor Ignazia Angelici, abbadessa del monastero delle Benedettine presso l’Abbazia
di Viboldone e mons. Gianfranco Ravasi,
biblista e Prefetto della Biblioteca Ambrosiana.
Rilevante anche la testimonianza
resa dal regista Ermanno Olmi che ha parlato dell’esperienza della meraviglia
come preghiera di chi guarda al creato lasciandosi inebriare dalla sua
bellezza. Negli ultimi dieci anni almeno 200 pubblicazioni scientifiche su
riviste mediche anglosassoni hanno esaminato il valore terapeutico della fede.
“Per affermare scientificamente che la preghiera è una medicina del corpo sono
necessari ulteriori studi clinici”, ha detto il prof. Giorgio Lambertenghi, presidente dei Medici Cattolici, “ma senza
dubbio rivolgersi a Dio è un elemento di conforto che dà forza nel momento
della sofferenza. Negli Stati Uniti d’America, il National
Institute of Health ha
finanziato numerosi studi sulle reazioni fisiologiche e psicologiche che vengono attivate da pratiche spirituali e il 99% dei medici
di famiglia ritiene che il credere in Dio possa avere un effetto benefico.
Da Milano, per la Radio Vaticana,
Fabio Brenna.
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E’ SUCCESSO
IN BRASILE NELL’ARCO DEGLI ULTIMI DUE GIORNI.
SI
TRATTA DI UNA MODELLA E DI UNA ASPIRANTE TALE
- Con
noi Chiara Sole -
Il giorno dopo la morte della modella Ana
Carolina Reston, un'altra ragazza di 21 anni
dell'ambiente della moda si è spenta ieri in Brasile in seguito all’anoressia:
era alta un metro e 70 e si era ridotta a pesare poco più di 40 chili. Troppo
tardive le cure intraprese. Si tratta di casi estremi di una malattia che se
non porta alla morte compromette seriamente il benessere delle persone. L’Eurispes, nel Rapporto
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R. – Io avevo 11-12 anni, quando
mi sono ammalata. La mia storia dura, più o meno, 14 anni e il tutto inizia con
un primo momento di restrizione alimentare e di sport compulsivo.
Ho cominciato a sentirmi inadatta a qualunque cosa e ho focalizzato tutto il
mio malessere e il mio disagio sul mio aspetto estetico: ho cominciato a
mangiare sempre di meno, sempre di meno, fino ad arrivare a non mangiare più.
Mi sentivo molto sola, molto a disagio, insicura in qualunque situazione.
Anoressia significa non vivere più e non solo da un punto di vista alimentare,
ma anche di relazione in qualunque sfera della vita. In 14 anni di malattia, ho
oscillato dai 36 ai 90 chili. Sono alta un metro e settanta e ho rischiato la
vita tante, tante volte. Il disagio va ad inquinare tutte le sfere della vita e
quindi quella affettiva, quella relazionale, con i familiari. Questa patologia
e questa malattia terribile e devastante implica e coinvolge tutta la famiglia.
Il mio percorso di guarigione ha, quindi, coinvolto inevitabilmente anche loro.
Io dicevo: “Voglio essere magra perché sono brutta”, ma
questo rappresentava solo il sintomo. I veri problemi erano altri: quelli che
ho scoperto curandomi e quindi con la ricerca delle cause. Pensavo, e mi
illudevo soprattutto, di poter risolvere tutto quanto plasmando il mio corpo,
contestando ogni cosa soltanto denutrendomi o
comunque espellendo ogni cosa vomitando.
D. – Quanto il disagio è personale
e quanto invece è legato ai modelli offerti dalla società?
R. – Di base c’è il disagio e poi
i modelli sono una concausa: se una persona sta bene con se stessa i modelli
hanno poco potere. Laddove invece ci sono dei disagi già di base personali e ci
sono insicurezze, anche i media ed i modelli possono
attecchire in qualche forma.
D. – Quanta responsabilità ha in
tutto questo la famiglia?
R. – Quando si parla di queste
patologie è l’intero nucleo ad essere ammalato. Questo puntare il dito
continuamente verso la madre o il padre non è bello, perché anche loro portano
in loro il disagio e quindi vanno aiutati, vanno seguiti e vanno soprattutto
consigliati nel rapporto con i figli in questo senso. E questo perché si tratta
di patologie che portano alla distruzione del nucleo familiare. Da queste
patologie senza curarsi veramente, non è possibile uscire. Si guarisce, si
guarisce completamente, ma bisogna curarsi. Le persone che sono accanto - una
mamma, un fidanzato, etc – possono dare sì amore e
sostegno, ma non possono curare. Da parte dei familiari è necessario riuscire a
spingere le persone ad accettare di curarsi. Questo è il consiglio.
Terapeutici, psicoanalisti, specialisti in disturbi alimentari sì, ma non
quelle cose ‘fai da te’ a casa, perché rischiano
veramente di massacrare sia la persona direttamente interessata, sia le persone
che le sono intorno.
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Domani, 19 novembre, 33.ma Domenica del Tempo Ordinario,
“Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa
tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi,
quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko
Ivan Rupnik:
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(musica)
I Padri della Chiesa ci avvertono
di fare attenzione a non cadere in una falsa immaginazione e in un’attesa
esotica pensando alla seconda venuta di Cristo, ossia alla fine del mondo. Loro
dicono che prima della definitiva ed ultima venuta di Cristo c’è la sua venuta
nella vita di ognuno. Anche questa venuta va accompagnata con un discernimento,
un saper leggere i segni che succedono nella nostra vita per cogliere in che
modo Cristo bussa alla nostra porta e attraverso quali eventi si vuole liberare
dalla schiavitù del peccato e trapiantarci su un fondamento che non crolla.
Anche l’esperienza personale o comunitaria della venuta del nostro Signore
spesso avviene attraverso momenti difficili e drammatici, quando vediamo venire
meno le cose più solide, le certezze più intoccabili. E questo perché, nel suo
amore, Dio non vuole che noi rimaniamo nell’illusione di appoggiare la vita su
punti che solo apparentemente sono fermi.
(musica)
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18 novembre 2006
DOMANI
SI CELEBRA LA GIORNATA DEI SEMINARI DI ROMA.
IN UN
MESSAGGIO IL CARDINALE CAMILLO RUINI RIVELA L’AUMENTO DI COLORO
CHE
SCELGONO IL SEMINARIO ED INDICA I SACERDOTI
COME PUNTI
DI RIFERIMENTO PER I GIOVANI
ROMA. = I sacerdoti siano figure
di riferimento e modelli di vita per i ragazzi ed i giovani: è l’auspicio
formulato dal cardinale vicario Camillo Ruini nel suo
messaggio scritto per l’annuale Giornata dei Seminari di Roma, che sarà
celebrata domani. Il porporato invita i fedeli a pregare perché i sacerdoti
“perseverino nella scelta di servire il Signore ed i fratelli nella fede”. Nel
suo messaggio il cardinale Ruini parla di “segnali
interessanti che invitano a sperare miglioramenti nel campo delle vocazioni” e
riferisce che negli ultimi due anni, nel Seminario Romano Minore, c’è stato un
aumento notevole del numero degli alunni. Una recente indagine San Paolo/Eurisko, condotta in Italia su un campione di oltre mille
italiani di età compresa tra i 16 e i 29 anni, rivela che l’11 per cento dei
giovani, credenti e non credenti, ha dichiarato di aver pensato alla
possibilità di diventare sacerdote o di abbracciare la vita religiosa. Per il
porporato vi sono dunque indicatori che rafforzano la fiducia nel Signore
perché ‘mandi operai per la sua messe’, che
incoraggiano la preghiera e sollecitano all’impegno più deciso e costante nella
accoglienza e nel sostegno delle vocazioni sacerdotali. (T.C.)
L’ECUMENISMO
E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO SONO ESPRESSIONE
DELLA
VOLONTÀ DI CRISTO DI VEDERE UNITI TUTTI I CRISTIANI:
COSI’
IL NUNZIO APOSTOLICO IN RUSSIA MONS. ANTONIO MENNINI
SARATOV. = “L’attività ecumenica
non è semplicemente una scelta fatta da alcune personalità religiose, ma il
compimento della volontà di Cristo di unione tra i cristiani”: è quanto ha
affermato ieri a Saratov, in Russia, alla chiusura
della 23.ma Assemblea plenaria della Conferenza
episcopale, il nunzio apostolico mons. Antonio Mennini. Il rappresentante della
Santa Sede, riferisce l’agenzia AsiaNews, ha ribadito l’importanza del dialogo tra
cattolici e ortodossi e il segretario generale della Conferenza episcopale,
padre Igor Kovalevsky, ha riferito che i partecipanti
alla plenaria hanno prestato particolare attenzione al dialogo interreligioso e
tra le varie denominazioni cristiane. I vescovi cattolici in Russia hanno anche
discusso del lavoro che le varie strutture guidate dalla Chiesa portano avanti
nel Paese e hanno indetto per il prossimo 10 dicembre, seconda domenica di
Avvento, una Giornata per la preghiera a favore dei benefattori della Chiesa.
(T.C.)
DAL PRIMO GENNAIO ANIMATORI DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CULTURA
POTRANNO
PRENDERE PARTE AL PRIMO CORSO NAZIONALE
DI
FORMAZIONE A DISTANZA ORGANIZZATO DALLA CEI
ROMA. = La Conferenza episcopale
italiana ha avviato il primo Corso nazionale a distanza per la formazione di
animatori della comunicazione e della cultura. Il corso avrà inizio l’1 gennaio
2007 ed ha la durata di un anno. E’ riconosciuto a livello universitario,
conferisce 60 crediti e per prendervi parte occorre iscriversi entro il 15
dicembre. Le lezioni sono state organizzate in collaborazione con il Centro
interdisciplinare lateranense della Pontificia Università Lateranense e
l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; grazie alla piattaforma
multimediale www.anicec.it potranno
usufruirne i futuri operatori dei media e della
cultura. Attraverso un piano operativo che si avvale delle innovazioni della tecnologia
informatica, in particolare di quella connessa a Internet, quanti non hanno la
possibilità di prendere parte percorsi formativi tradizionali (ovvero in aula,
alla presenza del docente), potranno seguire il “Corso di alta formazione” da
casa. Basterà un computer con sistema operativo Microsoft Windows e un
collegamento veloce ad internet tipo Adsl. Allievi,
docenti e tutor utilizzeranno anche e-mail, forum e chat line, ed ancora Skype e webcam. In questo modo, si vuole offrire all’animatore
della comunicazione e della cultura la possibilità di autogestire
la propria formazione in maniera autonoma, consentendogli di relazionarsi con
il tutor e i docenti nei tempi e nei modi che più
riterrà opportuno. “Servono animatori che con il genio della fede sappiano
farsi interpreti delle esigenze culturali e mediatiche
che possono sorgere in una diocesi o in una parrocchia – ha detto mons. Claudio
Giuliodori, direttore dell’Ufficio nazionale per le
Comunicazioni sociali della CEI – e per una maggiore tempestività d’intervento
il primo step
su cui si è lavorato è la formazione a distanza attraverso l’E-learning”. La direzione scientifica del progetto è stata
affidata al prof. Francesco Casetti dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano e a mons. Dario Edoardo Viganò
della Pontificia Università Lateranense. Al corso potranno accedere sacerdoti,
religiosi, laici, educatori, operatori pastorali e giornalisti. (T.C.)
L’EDUCAZIONE
È “UN BENE PUBBLICO, PERSONALE E SOCIALE” AL QUALE TUTTI,
SENZA ECCEZIONI,
HANNO PIENO DIRITTO: È QUANTO AFFERMA
L’EPISCOPATO
ARGENTINO DOPO AVER ESAMINATO LA NUOVA LEGGE
SULL’ISTRUZIONE
CHE STA PER ESSERE VARATA
- A cura di Luis
Badilla -
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BUENOS AIRES. = “Tutti, senza
eccezione, hanno diritto ad un’educazione di qualità (...) e lo Stato ha il
dovere di garantirla sostenendo la libertà d'insegnamento sancita nella
Costituzione”: così i vescovi argentini a conclusione della loro 92° Assemblea
plenaria che ha discusso, tra i diversi argomenti, della nuova normativa sul
sistema educativo del Paese. Attualmente, il disegno di legge è alla tappa
finale del suo percorso legislativo. In un documento pubblicato lo scorso 10
novembre, i vescovi hanno riassunto in nove punti i principali orientamenti
della Chiesa in questa delicata e discussa materia. I presuli hanno ribadito
che “l’educazione deve essere uno strumento efficace per la formazione delle
nuove generazioni e dunque per il bene comune”. Essa, hanno aggiunto, va
considerata sempre “un bene pubblico, personale e sociale” al quale tutti,
senza eccezioni, hanno pieno diritto. Per l’episcopato, lo Stato deve garantire
“un sistema educativo pubblico con due sottosistemi: quello sotto gestione
statale e quello sotto gestione privata”. “Il ruolo principale e sussidiario
dello Stato deve essere armonico con il diritto naturale e inalienabile dei
genitori a scegliere per i propri figli un’educazione che corrisponda
alle proprie convinzioni e credenze. Una concezione integrale dell’educazione -
sottolineano i vescovi argentini - include, necessariamente, la dimensione
trascendente dell’uomo”. La Conferenza episcopale sostiene inoltre che una
legge sull’educazione deve tener conto della totalità delle aspirazioni della
persona, che non solo si esprimono nell’ambito sociale, lavorativo o
scientifico, ma anche nella ricerca di un superiore orizzonte culturale,
spirituale e religioso. Infine, l’episcopato, rivolgendosi ai legislatori
chiede il rispetto delle richieste fatte da oltre 350 mila argentini (firmatari
di una petizione nazionale), affinché la nuova legge sull’educazione garantisca
opportunità a tutti, offra al sistema pubblico e a quello privato, con
giustizia distributiva, i mezzi e le risorse economiche necessarie, senza
dimenticare che questo nuovo ordinamento legale “deve essere uno strumento
capace di aiutare ad edificare una nazione la cui identità sia la passione per
la verità”, con un “impegno a favore del bene comune”.
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PUBBLICATO
IN GIAPPONESE IL LIBRO INTERVISTA DI ANDREA RICCARDI
“ROMA
E IL MONDO” CHE RACCONTA LA STORIA DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO.
IL
VOLUME È STATO PRESENTATO IERI A TOKYO
- A
cura di Luca Collodi -
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TOKYO. = Il libro-intervista
racconta in modo originale la storia di Andrea Riccardi
e di Sant’Egidio. Non è un libro da aggiornare come storia, ma come prospettiva
futura della Comunità. “Rispetto all’edizione italiana degli anni Novanta -
spiega Alberto Quattrucci di Sant’Egidio, a Tokyo per
l’occasione – è stata aggiornata proprio la parte che riguarda l’amicizia con il
Giappone”. In 20 anni di attività di Sant’Egidio in Asia, la Comunità ha
incontrato in Giappone cristiani buddisti e shintoisti,
ma soprattutto tanti giovani, affascinati dallo sviluppo tecnologico e dalla
ricerca di un senso della vita, in un Paese dove i suicidi tra i bambini delle
scuole elementari, anche in questi giorni, sono in aumento. Ne sono causa la
crisi della famiglia e della scuola, che non riesce a risolvere l’emarginazione
umana favorita dallo sviluppo economico. “In Giappone – prosegue Quattrucci – su poco meno di 130 milioni di abitanti, solo
20 milioni di persone si pongono la domanda sul proprio senso religioso,
qualunque sia poi la religione praticata”. “Oggi, le varie confessioni – ha
sottolineato il nunzio apostolico Alberto Bottari de
Castello – possono raccogliere questa sfida che però
solo il dialogo interreligioso può tentare di affrontare. Nella società ci sono infatti forze profonde, uomini e donne che aspirano a
valori che rendano il modo di vita più umano”. Il libro-intervista di Andrea Riccardi, “Roma e il mondo”, pubblicato da ieri anche a
Tokyo, non vuole quindi essere solo la traduzione giapponese di un’intervista
al fondatore di Sant’Egidio, ma un modo per approfondire il dialogo con la
cultura locale.
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LA
NORVEGIA SOLLECITA UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE PER ELIMINARE
L’USO DELLE BOME A GRAPPOLO: LA PROPOSTA
AVANZATA IERI,
DURANTE
LA III CONFERENZA
SUL
RIESAME DELLA CONVENZIONE DI GINEVRA SULLE ARMI CONVENZIONALI
GINEVRA.
= Una conferenza internazionale per avviare i negoziati sulla messa al bando
delle bombe a grappolo: è quanto ha proposto ieri la Norvegia nell’ultima
giornata della III Conferenza sul riesame della Convenzione di Ginevra sulle
armi convenzionali del 1980, che si è svolta nella città svizzera. Durante
l’incontro è fallito l’avvio di un negoziato ed è stata convocata, nel giugno
del prossimo anno, una riunione di esperti sul tema delle munizioni a grappolo.
L’iniziativa della Norvegia mira ad avviare un processo negoziale per eliminare
l’uso di questo tipo di ordigni. Diversi Paesi presenti all’incontro di
Ginevra, tra cui Stati Uniti, Cina, Gran Bretagna, India, Giappone, Pakistan e
Australia hanno criticato la proposta del Paese scandinavo, sostenendo che in
questo modo è stata scavalcata la conferenza stessa. Un plauso alla proposta è
venuto invece dalle organizzazioni non governative internazionali, le quali
auspicano che l’iniziativa norvegese porti all’organizzazione di una conferenza
simile a quella di Ottawa sulle mine antipersona. Il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan,
ha inviato un messaggio, chiedendo agli Stati di porre fine all’utilizzo delle
bombe a grappolo - note come cluster bombs - nei pressi di zone abitate e di bloccare la
vendita di munizioni a grappolo non affidabili. L’osservatore permanente della
Santa Sede presso l’ONU, l’arcivescovo Silvano Tomasi,
ha chiesto invece una vera e propria moratoria di questo tipo di ordigni, che
pongono gravi problemi umanitari sia durante che dopo i conflitti, colpendo
soprattutto i più indifesi. Le bombe a grappolo sono composte da contenitori di metallo, sganciati da aerei o tirati da
terra. Possono contenere fino a 650 sub-munizioni, che vengono
così disseminate in un raggio di diverse centinaia di metri. Dovrebbero esplodere
al momento dell’impatto, ma molto spesso restano inesplose sul terreno, pronte
a mietere vittime. (A.S.)
IL
“REQUIEM” DI MOZART SARÀ ESEGUITO STASERA NELLA BASILICA
DI SAN
PAOLO FUORI LE MURA, NELL’AMBITO DEL V FESTIVAL
INTERNAZIONALE
DI MUSICA E ARTE SACRA
ROMA. = Stasera alle 21,
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18 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, continuano le incursioni di forze americane e
irachene per liberare gli addetti alla sicurezza occidentali, rapiti giovedì scorso. Fonti locali hanno riferito che sono
stati rilasciati due ostaggi statunitensi. Secondo l’ufficio del governo regionale di Bassora, è invece
rimasto ucciso ieri, in una sparatoria, un cittadino austriaco. Nel Regno
Unito, intanto, ha suscitato ampia eco l’intervista rilasciata nei giorni
scorsi dal premier britannico, Tony Blair,
all’emittente televisiva Al Jazeera. Il giornalista
ha affermato che la situazione in Iraq, dal 2003 ad oggi, si è rivelata un
disastro e Blair ha annuito alla sua dichiarazione. Ma ha anche precisato che non c’è stato un errore di pianificazione. “La
colpa – ha aggiunto il premier britannico - è di Al
Qaeda”.
Si è ulteriormente aggravato il bilancio, ancora provvisorio, delle inondazioni che da giorni stanno flagellando l’Afghanistan occidentale. Secondo fonti dell’unità di crisi, il numero dei morti accertati è salito ad almeno 52. Sarebbero migliaia, inoltre, le case completamente distrutte. Ma la natura impervia dei luoghi e la scarsità di comunicazioni rendono difficile un quadro realistico della situazione. Da Kabul e dalla provincia confinante di Herat sono state inviate squadre di soccorso che dovrebbero raggiungere l’area colpita nelle prossime ore.
L’Assemblea
generale dell’ONU chiede la fine di ogni forma di violenza tra israeliani e
palestinesi. La richiesta è contenuta in una risoluzione non vincolante
adottata con 156 voti a favore, 7 contrari, tra cui Stati Uniti e Austria, e 6
astensioni. In particolare, si chiede la fine delle operazioni militari
israeliane a Gaza e del lancio di missili contro Israele. Sul terreno, intanto,
un palestinese è rimasto ucciso in seguito ad una incursione
compiuta da soldati israeliani nel nord della Striscia di Gaza. Nello Stato
ebraico, intanto, il vicepremier, Avigdor Lieberman, ha dichiarato
a Radio Gerusalemme che il presidente Abu Mazen è “irrilevante”. Lieberman
ha aggiunto che i dirigenti di Hamas dovrebbero essere colpiti. Nei Territori
palestinesi, il presidente Abu Mazen
e il primo ministro Haniyeh sono impegnati per gli
ultimi dettagli del nuovo governo di unità nazionale.
Le batterie della contraerea francese entreranno in azione qualora
caccia israeliani tornino a sorvolare il Libano. Lo ha annunciato ieri un
portavoce delle Nazioni Unite.
Si
sono aperti ad Hanoi, in
Vietnam, i lavori del vertice dell’Associazione per la cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC). Ai lavori partecipano leader e uomini d’affari dei 21 Paesi membri, tra cui Stati Uniti
e Cina. Prenderanno in esame varie proposte, tra cui la creazione di una zona
di libero scambio tra gli Stati del Pacifico e l’eliminazione di ogni barriera
doganale nell’area entro il 2010 per gli Stati più sviluppati ed entro il 2020
per i Paesi in via di sviluppo. Sul vertice dell’APEC ad Hanoi, il nostro
servizio:
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La
liberalizzazione degli scambi e la minaccia nucleare rappresentata dalla Corea
del Nord sono i principali temi del vertice dell’APEC. Per favorire la crescita
economica dell’area è stato lanciato un appello “ai grandi protagonisti” dei
negoziati del Doha Round dell’Organizzazione mondiale
del commercio chiedendo “profonde riduzioni” dei sussidi agricoli. Anche se non esplicitato, è chiaro il
riferimento all’Unione Europea. Si sollecitano, inoltre, “tagli reali” delle
tariffe sui prodotti industriali e “nuove aperture” agli scambi di servizi.
Intervenendo al Forum, il segretario di Stato statunitense emaciano, Condoleezza Rice, ha detto poi
che il Vietnam, oltre
ad essere uno spettro che appartiene al passato degli Stati Uniti, è un modello
da seguire per il Myanmar e la Corea del Nord. Su quest’ultimo Paese si concentrano le preoccupazioni
americane e della comunità internazionale. Il presidente George Bush, giunto ad Hanoi per partecipare al vertice, intende far
approvare una dichiarazione che metta in guardia la Corea del nord dal portare
avanti il proprio programma nucleare. Ma non è riuscito, ieri, a convincere il
presidente sudcoreano ad attuare integralmente le sanzioni decise dall’ONU
nei confronti di Pyongyang. I presidenti di Stati
Uniti e Corea del Sud hanno comunque riaffermato il desiderio di
risolvere il contenzioso sul nucleare nordcoreano in
modo pacifico. Bush ha anche ripetuto che se il
regime di Pyongyang rinuncerà all’atomica, gli Stati
Uniti concluderanno accordi di sicurezza con il Paese asiatico.
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La distribuzione mondiale dell’energia e la sicurezza delle
risorse, i mutamenti demografici e il riscaldamento della Terra. Sono alcuni
dei temi al centro della riunione dei ministri delle Finanze e i governatori
delle banche centrali del Gruppo dei Paesi più industrializzati, oggi e domani
a Melbourne. L’Australia, che ha la presidenza di turno del G-
Un nuovo accordo, tra due anni, per la revisione del
protocollo di Kyoto e la riduzione delle emissioni
inquinanti che provocano il surriscaldamento del pianeta. E’ quanto ha
stabilito la Conferenza mondiale sul clima, conclusasi ieri a Nairobi, in Kenya.
Aderiranno anche i Paesi che non hanno applicato l’accordo attualmente in
vigore, come Brasile, India e Cina. Il servizio di Riccardo Cascioli:
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Del protocollo di “Kyoto 2”, ovvero di un trattato sulla riduzione delle
emissioni di gas serra allargato ai Paesi di sviluppo e che entra in vigore dal
2012 quando scadrà il primo Protocollo di Kyoto, si parlerà nel 2008 e senza porre limiti di tempo al
negoziato sulle emissioni da tagliare. E’ questo, in sostanza, l’accordo più
significativo raggiunto alla Conferenza sul clima di Nairobi che per il resto
ha messo in rilievo il profondo disaccordo tra i Paesi presenti. I Paesi poveri
temono che le imposizioni sui limiti delle emissioni di gas serra siano una
forma di impedimento al loro sviluppo. Il Canada si è praticamente autosospeso dall’applicazione del protocollo di Kyoto, mentre, sull’altro fronte, l’Unione Europea ha
annunciato possibili dazi punitivi alle merci provenienti dai Paesi che non
hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. Alla fine, i
dieci giorni della Conferenza di Nairobi saranno ricordati, però, soprattutto
per i rapporti e gli allarmi vari che vi hanno fatto da contorno. I gruppi
ambientalisti hanno espresso la loro parziale delusione per quello che
giudicano un cammino troppo lento, ma questa
difficoltà a procedere si spiega con il fatto che gli eventuali benefici del
Protocollo di Kyoto sono tutti da dimostrare mentre i
costi per applicarlo sono enormi.
Per la Radio Vaticana, Riccardo
Cascioli.
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In Ciad continuano ad arrivare strazianti notizie di
atrocità compiute nel sud est da ribelli. A confermare l’altissima tensione
nella regione c’è poi la decisione, presa dal governo del Ciad, di inviare
truppe nella Repubblica Centrafricana per contrastare
un’offensiva di insorti appoggiati, secondo l’esecutivo di N’Djiamena, dal Sudan. Il servizio di Giulio Albanese:
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Il Ciad ha dunque annunciato che
invierà truppe nella vicina Repubblica Centrafricana
per aiutare il governo di Bangui a fermare le incursioni dei ribelli, responsabili
di stragi di civili e massacri nel Darfur. In un
discorso al Parlamento, il primo ministro ha lanciato un appello per una
mobilitazione generale contro quelli che sono stati
definiti, senza mezzi termini, attacchi perpetrati dal governo sudanese.
L’invio di truppe da parte di N'Djamena,
secondo quanto riferito dal primo ministro ciadiano,
rientrerebbe nell’ambito dei patti bilaterali di difesa che il suo governo ha
siglato con il Paese confinante. Intanto, a Bruxelles, il presidente della Repubblica
Centrafricana ha chiesto all’Unione Europea di fare
pressione sulle Nazioni Unite per inviare, al più presto, una forza di
interposizione e fermare così le incursioni provenienti dal versante sudanese.
Da parte sua, il governo di Khartoum ha continuato a negare ogni responsabilità
per gli assalti oltre il confine perpetrati dai famigerati janjaweed.
Le testimonianze, secondo autorevoli fonti umanitarie, sono strazianti e
raccontano di neonati, bambini, donne e anziani bruciati vivi nelle loro case,
tutta povera gente incapace di scappare dalla furia dei predoni a cavallo.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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In Italia,
votazione oggi a Montecitorio per la fiducia sulla
legge finanziaria. Si voterà alle 18.00 e non, come previsto inizialmente, alle
14.00. La presidenza della Camera ha chiesto più tempo per esaminare
l’ammissibilità dell’emendamento di 826 commi. Dopo il pronunciamento sulla
fiducia, domani è previsto il varo definitivo del provvedimento.
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