RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 321 - Testo
della trasmissione di venerdì 17 novembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Manifestazione per
la pace in Terra Santa domani a Milano: ce ne parla Flavio Lotti
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio
dei vescovi della Bolivia a chiusura dell’assemblea plenaria
Terminato in Canada il Vertice
mondiale sul microcredito
Il Sudan apre all’invio di una forza di pace
dell’ONU nella martoriata regione del Darfur
17 novembre 2006
E’
“L’ECUMENISMO DELL’AMORE” CHE ILLUMINA IL
“DIALOGO DELLA VERITA’”:
COSI’
BENEDETTO XVI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI
Da quarant’anni a questa parte, dopo il Concilio Vaticano
II, il dialogo ecumenico ha fatto moltissimi passi in avanti a livello
teologico e spirituale. Pur rimanendo ancora molto da fare, ciò che ora va
promosso tra le varie confessioni cristiane è “l’ecumenismo dell’amore” che
porti a un confronto basato sulla verità della fede. E’ uno dei concetti
centrali del discorso che questa mattina Benedetto XVI ha rivolto alla plenaria
del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che ha dibattuto sul tema
“La situazione ecumenica in cambiamento”. I particolari del suo intervento, nel
servizio di Alessandro De Carolis.
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Perché il dialogo con i cristiani di altre confessioni si
svolga nella verità, tale confronto ha bisogno di un elemento insostituibile:
la carità. La seconda illumina la prima: crea fiducia, rinsalda la fede nei
valori comuni, allontana il rischio di una pace superficiale a tutti i costi
che travisa lo spirito ecumenico anziché renderlo autentico. La valutazione che
Benedetto XVI fa dello stato attuale dell’ecumenismo è realistica, guarda alle
luci senza nascondere le ombre:
“In verità, dal
Concilio Vaticano II ad oggi molti passi sono stati fatti verso la piena comunione.
Ho davanti agli occhi l’immagine dell’Aula del Concilio, dove gli Osservatori delegati delle altre Chiese e Comunità ecclesiali stavano
attenti, ma silenziosi. Questa immagine ha fatto posto nei decenni successivi
alla realtà di una Chiesa in dialogo con tutte le Chiese e comunità ecclesiali
di Oriente e di Occidente. Il silenzio
si è trasformato in parola di comunione (…) La fraternità fra tutti i
cristiani è stata riscoperta e ristabilita come condizione di dialogo, di
cooperazione, di preghiera comune, di solidarietà”.
Davanti ai membri della plenaria, Benedetto XVI ha
ripetuto una delle dichiarazioni che un anno e mezzo fa segnarono l’esordio del
suo Pontificato. “Il mio intento”, ha ribadito, è lo stesso del Concilio:
giungere “all’unità visibile della Chiesa”. Ma questo è tuttavia un cammino per
il quale, ha notato il Papa,
“molto” resta da fare, soprattutto in un mondo che con i suoi
“rapidi rivolgimenti” condiziona in qualche modo anche l’ambito ecumenico. Ha
quindi parlato delle Chiese d’Oriente:
“Hanno ricuperato la
libertà e sono impegnate in un ampio processo di riorganizzazione e di rivitalizzazione. Siamo ad esse vicini
con i nostri sentimenti e la nostra preghiera. La parte orientale e quella
occidentale dell’Europa si stanno riavvicinando; questo stimola le Chiese a
coordinare i loro sforzi per la salvaguardia della tradizione cristiana e per
l’annuncio del Vangelo alle nuove generazioni”.
Benedetto XVI ha speso parole di
grande apprezzamento per il “nuovo slancio” avuto dal dialogo teologico tra
cattolici e ortodossi, ripreso a settembre in Serbia dopo una lunga sosta.
“Anche la mia imminente visita a Sua Santità Bartolomeo I e al Patriarcato
ecumenico – ha detto il Papa riferendosi al suo prossimo viaggio in Turchia -
sarà un ulteriore segno di considerazione per le Chiese ortodosse, ed agirà
come stimolo – così confidiamo - per affrettare il passo verso il
ristabilimento della piena comunione”. Anche sul versante occidentale,
Benedetto XVI ha definito “aperti e amichevoli” i dialoghi bilaterali in corso
specialmente con le Chiese luterana e metodista. Con i
primi, il Papa ha menzionato lo storico accordo del 1999 relativo alla
“Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, che nel
frattempo ha ottenuto anche l’assenso dei metodisti. Tuttavia, ha chiarito il
Pontefice:
“Permane innanzitutto la difficoltà di trovare una comune concezione
sul rapporto fra il Vangelo e la Chiesa e, in relazione a ciò, sul mistero
della Chiesa e della sua unità e sulla questione del ministero nella Chiesa.
Nuove difficoltà sono poi apparse in campo etico, con la conseguenza che le
differenti posizioni assunte dalle Confessioni cristiane sulle attuali
problematiche ne hanno ridotto l’incidenza orientativa nei confronti
dell’opinione pubblica”.
Su questo punto, il cardinale Walter Kasper,
presidente del dicastero vaticano, nell’indirizzo di saluto al Papa aveva
schiettamente riconosciuto che pur condividendo con i cristiani della
tradizione della Riforma “molti elementi importanti della fede apostolica” e
constatando “in molti di loro una nostalgia profonda per la piena comunione”,
“sfortunatamente - ha proseguito - abbiamo dovuto anche sperimentare che tra
loro altri ribadiscono concezioni ecumeniche diverse e che, nel campo
dottrinale come in quello etico, essi stanno abbandonando a volte degli
elementi che fino ad ora erano considerati un'eredità comune”. Dalle nostre
discussioni, ha aggiunto poi il cardinale Kasper –
“sono emersi numerosi suggerimenti e proposte concrete per realizzare sia
l'ecumenismo spirituale che l'ecumenismo fondamentale. Speriamo soprattutto che
il Vademecum, cioè La guida all'Ecumenismo Spirituale, di imminente
pubblicazione in varie lingue, sia un aiuto concreto a livello delle parrocchie
e delle comunità ecclesiali”.
In questo panorama diversificato, Benedetto XVI ha
concluso con ciò che egli ritiene imprescindibili per il futuro del cammino
ecumenico:
“Ciò che, comunque,
va innanzitutto promosso, è l’ecumenismo dell’amore, che discende direttamente
dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli. L’amore accompagnato
da gesti coerenti crea
fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità per sua natura
promuove e illumina il dialogo della verità: è infatti
nella piena verità che si avrà l’incontro definitivo a cui conduce lo Spirito
di Cristo. Non sono certamente il relativismo o il facile e falso irenismo che
risolvono la ricerca ecumenica. Essi anzi la travisano e la disorientano. Va
poi intensificata la formazione ecumenica partendo dai fondamenti della fede
cristiana, cioè dall’annuncio dell’amore di Dio che si è rivelato nel volto di
Gesù Cristo e contemporaneamente in Cristo ha svelato l’uomo all’uomo e gli ha fatto comprendere
la sua altissima vocazione”.
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RIAFFERMATO
IL VALORE DELLA SCELTA DEL CELIBATO SACERDOTALE NELLA RIUNIONE DEI CAPI
DICASTERO PRESIEDUTA DAL PAPA IERI IN VATICANO
-
Intervista con mons. Bruno Forte -
Il Papa ha presieduto ieri nel Palazzo Apostolico, una
delle periodiche riunioni dei Capi Dicastero della Curia Romana, per una
riflessione comune. “I partecipanti alla
riunione – spiega una nota della Sala Stampa Vaticana - hanno avuto una informazione accurata sulle richieste di dispensa
dall’obbligo del celibato presentate negli ultimi anni e sulla possibilità di
riammissione all’esercizio del ministero di sacerdoti che al presente si trovano
nelle condizioni previste dalla Chiesa”. E’ stato poi “riaffermato – continua
la nota - il valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione
cattolica ed è stata ribadita l’esigenza di una solida formazione umana e
cristiana, sia per i seminaristi che per i sacerdoti già ordinati”.
In un comunicato diffuso martedì scorso,
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R. – Il celibato viene concepito
in una triplice direzione fondamentale. La prima, è quella cristologica: Gesù
non è stato sposato per consacrarsi totalmente alla causa del Regno di Dio. Il
presbitero si sente chiamato ad essere – come lo è teologicamente – una ripresentazione del Cristo-Capo, e lo ripresenta anche in
questa sequela di Gesù, nella scelta di una incondizionata
dedizione di tutto il suo essere alla causa del Regno di Dio. Un secondo
significato è quello ecclesiologico, e cioè l’essere celibe consente quella
dedizione totale alla Chiesa-sposa che fa del
presbitero il padre nella comunità, analogamente a come nella Chiesa antica
D. – Nella riunione è stata anche ribadita l’esigenza di
una solida formazione umana e cristiana, sia per i seminaristi che per i
sacerdoti già ordinati. Lei cosa può dirci in proposito?
R. – Ma certamente, in un mondo come quello in cui noi
viviamo, dove sul piano della sessualità e dell’affettività ci sono tante,
tante fragilità, è necessario che la persona che risponde ad una chiamata alla
vocazione celibataria lo
faccia con una grande maturità di vita. Ecco perché è necessario darne in
profondità le motivazione ma è necessario soprattutto
assicurarsi che chi si sente chiamato a questa consacrazione, le motivazioni le
abbia interiorizzate sul piano non solo spirituale ma anche – direi – umano e
psicologico.
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UDIENZE
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in successive
udienze: l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Antonio Guterres, accompagnato da un seguito; il sig. Roland Koch, Ministro Presidente
del Land tedesco dell’Assia, con la consorte e il seguito;
alcuni presuli della Conferenza Episcopale tedesca, in visita "ad Limina". Questo pomeriggio il Papa riceverà un altro
gruppo di vescovi tedeschi guidati dal cardinale Joachim
Meisner, arcivescovo di Colonia.
LA
CHIESA HA SEMPRE CREDUTO NELL’ARTE PER LA DIFFUSIONE DEL
MESSAGGIO
EVANGELICO: COSI’ IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO,
TARCISIO
BERTONE, ALL’INAUGURAZIONE, IERI SERA, DELLA MOSTRA
“LAOCOONTE, ALLE ORIGINI DEI MUSEI VATICANI”
E’ stata inaugurata, ieri sera, dal cardinale Segretario
di Stato Tarcisio Bertone e dal presidente del Governatorato della Città del
Vaticano, mons. Giovanni Lajolo, la mostra “Laocoonte. Alle origini dei Musei Vaticani”. L’evento
rappresenta il culmine delle celebrazioni per il V centenario dello
straordinario museo fondato da Papa Giulio II. Protagonista dell’esposizione è
il gruppo scultoreo del Laocoonte, rinvenuto a Roma
il 14 gennaio 1506 sul Colle Oppio. Il capolavoro costituì il primo nucleo
attorno al quale si sarebbe sviluppata la collezione di scultura antica dei
Musei Vaticani. Ma torniamo all’inaugurazione della mostra, seguita per noi da
Alessandro Gisotti:
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(Voce dell’attore Remo Girone)
“Laocoonte
acceso d’ira corse giù dalla rocca e da lontano:
‘O sciagurati! Quale
follia cittadini,
credete i nemici partiti o pensate che un
dono dei Danai sia senza frode?
Così conoscete
Ulisse? Non vi fidate del cavallo, Troiani…
Qualunque cosa sia, temo i Danai, soprattutto se
portano doni”.
Sono gli ultimi, drammatici momenti della vita di Laocoonte, narrati da Virgilio nel Libro II dell’Eneide. La
voce calda dell’attore Remo Girone, che ne dà lettura, accompagna
l’inaugurazione della mostra ai Musei Vaticani. Protagonista, dunque, è il mito
del sacerdote troiano che tenta vanamente di salvare la patria e muore assieme
ai figli, ucciso da due serpenti marini inviati dall’implacabile dea Atena. La
mostra, ha sottolineato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, è
un evento che sottolinea il “valore del linguaggio della bellezza che parla
all’intelligenza e al cuore” dell’uomo. Nel mito di Laocoonte,
rileva il porporato, “viene riproposto il dramma del
dolore, della vita della morte”. Temi che interrogano ogni cristiano:
“Questi temi che ritornano di frequente nei poemi e nelle
vicende tragiche della mitologia pagana avranno in seguito la piena risposta di
senso in Cristo e nel suo Vangelo di salvezza. Nella grande tradizione della
Chiesa, il dolore e la morte sono infatti illuminati
dal mistero della morte e della Risurrezione di Cristo, Redentore dell’uomo e
Signore dell’universo”.
Il cardinale Bertone, nel portare il ringraziamento del
Papa ai curatori della mostra, ha ricordato che la Chiesa ha sempre creduto
nell’arte e investito in essa molte energie con
lungimirante preveggenza. L’amore dei Pontefici per l’arte, ha proseguito, ha
permesso la realizzazione di un patrimonio che non è a disposizione del solo
mondo cattolico, ma di tutta l’umanità. Quindi, ha messo l’accento
“sull’importanza dell’arte nella diffusione del messaggio evangelico”:
“Il grande servizio che l’arte può offrire all’uomo
contemporaneo è quello di aiutarlo a volgere lo sguardo verso ciò che trascende
la sua condizione, verso ciò che gli offre la pienezza di senso della vita.
Afferma San Bonaventura nella Legenda Maior che San
Francesco contemplava nelle cose belle il Bellissimo”.
La mostra, aperta al pubblico fino al 28 febbraio, si
articola in cinque sezioni che ricostruiscono la storia e la fortuna della
statua nel corso dei secoli, con l’apporto di studi ed opere della Biblioteca
Apostolica e dell’Archivio Segreto Vaticano e di prestiti dei maggiori musei
dal Metropolitan al British,
ancora al Louvre e l’Hermitage.
Il percorso espositivo testimonia la straordinaria attenzione di cui fu oggetto
il “Laocoonte” attraverso le repliche e le
rielaborazioni di artisti come Rubens, Bernini e Dalì. L'evento espositivo viene celebrato con un annullo speciale delle Poste
Vaticane.
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POSSIBILITA’ ED URGENZA DI UNA FECONDA COLLABORAZIONE
TRA UNIVERSITA’ CATTOLICHE E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
IN VISTA DI UN NUOVO UMANESIMO
INTEGRALE E SOLIDALE,
AL CENTRO DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE APERTA STAMANE A
ROMA
CON LA PARTECIPAZIONE DI OLTRE 150 ATENEI DI TUTTI I CONTINENTI
- A
cura di Paolo Scappucci -
Le Università cattoliche sono il
luogo dove meglio si può e si deve sviluppare la dimensione interdisciplinare
della dottrina sociale della Chiesa, nel senso dell’approfondimento del fecondo
rapporto tra la stessa dottrina, teologia e filosofia, da una parte, e scienze
umane, dall’altra. Ciò allo scopo che il Vangelo permei sempre più le realtà
sociali per la piena realizzazione della dignità umana, del bene comune, della
solidarietà della giustizia e della pace. Questo il concetto di fondo della
Conferenza internazionale apertasi stamani all’Hotel Ergife
di Roma per iniziativa della Congregazione per l’Educazione Cattolica e del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, con la partecipazione di
rappresentanti di oltre 150 atenei cattolici dei cinque continenti. Il servizio
di Paolo Scappucci:
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Incontro più
intimo e collaborazione più intensa tra università cattoliche e dottrina sociale della
Chiesa, nel compito comune di realizzare un nuovo umanesimo integrale e
solidale, sono stati invocati dal presidente del Pontificio Consiglio,
cardinale Renato Martino, nel discorso di apertura della Conferenza. “La luce
del Vangelo, che è luce di carità e di intelligenza ad un tempo – ha detto il
porporato – è auspicabile che fecondi i saperi umani e, nella legittima
autonomia di metodi e linguaggi, ma senza perdere di vista la necessaria unità
del sapere, animi anche la costruzione di una convivenza sociale di giustizia e
di pace”.
Dal canto suo, il prefetto della Congregazione per
l’educazione cattolica, cardinale Zenon Grocholewski, si è soffermato sulla necessità che la
dottrina sociale della Chiesa sia non solo insegnata ma vissuta ed anche
arricchita in seno alle università cattoliche, specialmente attraverso gli
strumenti della ricerca e dell’interdisciplinarietà.
Il porporato ha ricordato in proposito la famosa frase di Paolo VI, riportata
nella Evangelii Nuntiandi, secondo
cui: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e se
ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.
Svolgendo quindi il tema: “Questione antropologica e
questione sociale oggi”, il Vicario del Papa per la Città di Roma e presidente
della Conferenza episcopale italiana, cardinale Camillo Ruini,
ha sostenuto che “la questione antropologica assume sempre più una dimensione
planetaria e quindi sul suo cammino influiscono ormai tutte le grandi tradizioni
culturali e spirituali dell’umanità. Difficilmente però essa potrà imboccare
quel percorso rispettoso della specificità e dignità umana se la spinta in
questo senso non verrà anzitutto dal mondo del cristianesimo, secondo il quale
chiunque abbia un volto umano possiede come tale la dignità e il destino di
essere uomo”, creatura ad immagine e somiglianza di Dio. Rilevante contributo
viene perciò da popoli e culture che hanno la loro fondamentale matrice nel
cristianesimo e che costituiscono una parte assai rilevante del genere umano.
Anche essi possiedono, infatti, nel loro codice genetico i grandi principi dell’amore
fraterno e della libertà.
Nel pomeriggio la Conferenza
continua con le relazioni del cancelliere della Pontificia Accademia di Scienze
Sociali, Mons. Marcelo Sànchez Sorondo su: “Dottrina
sociale della Chiesa e Filosofia”, e della prof.ssa Barbara Hallensleben,
dell’Università di Friburgo, su: “Dottrina sociale e Teologia”. Domani, invece, si tratteranno i
rapporti tra Dottrina sociale della Chiesa e ricerca scientifica, e formazione.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - L'udienza di Benedetto XVI ai
partecipanti alla sessione plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione
dell'unità dei cristiani.
Servizio estero - Intervento della Santa Sede sul tema: “Numerose sfide per la protezione di rifugiati e sfollati”.
Servizio culturale - Un articolo di Fernando Salsano dal titolo “L'influenza di Guido Guinizzelli e di Guido Cavalcanti sull'opra di Dante”.
Servizio italiano - In primo piano il tema della
finanziaria.
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17 novembre 2006
DOMANI A MILANO MANIFESTAZIONE PER
IN UN UNICO ABBRACCIO I POPOLI ISRAELIANO E PALESTINESE E TUTTE
LE
VITTIME
DI ODIO E VIOLENZE. APPELLO ALLA STAMPA PERCHE’ AL DI
LA’
DELLE
CRONACHE DI SANGUE INFORMI SULLE CAUSE DEI CONFLITTI E
METTA
A
CONFRONTO LE POSSIBILI SOLUZIONI POLITICHE
-
Intervista con Flavio Lotti -
Una grande manifestazione che interpella l’Europa per la
pace e la giustizia in Medio Oriente, contro la violenza e il terrore che
continuano a seminare stragi e sofferenze in Terra Santa. Appuntamento domani a
Milano, alle ore
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R. – E’ una nuova occasione, quella che proponiamo a tutti
a Milano, per stringere anzitutto in un grande abbraccio il popolo palestinese,
il popolo israeliano e tutti gli altri popoli del Medio Oriente, che continuano
ad essere vittime di una spirale di odio e di violenza
davvero inaccettabile. Non possiamo, però, fermarci qui; non possiamo soltanto
rilanciare appelli perché tutto ciò abbia fine, ma abbiamo il dovere e la responsabilità
dell’azione. Spetta alla Comunità internazionale, e noi lo chiediamo anzitutto
al Governo italiano, di assumere una iniziativa nuova,
forte, per aiutare questi due popoli a rompere definitivamente questo ciclo di
violenza e ritrovare la strada per quella pace che gli permetterà di convivere
in due Stati, uno vicino all’altro, autonomi, indipendenti, con la stessa
sicurezza, la stessa dignità ed anche con gli stessi diritti.
D. – In vista di questa manifestazione avete anche rivolto
una Lettera aperta al mondo dell’informazione dal titolo “Non
parlate di noi, parlate di loro”. Ci sono gravi accuse alla stampa nel
modo di trattare il conflitto in Medio Oriente e in generale i conflitti nel mondo?
R. – Purtroppo si dedica ancora troppa poca attenzione a
questi grandi problemi del mondo che sono, poi, anche i nostri problemi. Se
soltanto si dedicasse un po’ meno spazio alle polemiche di ‘casa nostra’, che occupano anche lo spazio di una giornata e si
dissolvono poi senza lasciare traccia… Bisognerebbe che il mondo
dell’informazione ci aiutasse – tutti noi cittadini di questo Pianeta – a
capire non solo quali sono i problemi ed i loro drammi più evidenti, ma anche
le cause e le soluzione possibili, che esistono! Perché nessuno di questi
problemi è irrisolvibile. Non dobbiamo piegarci all’impotenza, alla rassegnazione.
D. – Una pura informazione del numero dei morti ammazzati
nel mondo non ha, dunque, molto senso?
R. – Non è di questa informazione che abbiamo bisogno.
Abbiamo bisogno di mettere a confronto le soluzioni politiche, i responsabili
politici, tutti coloro che hanno tra le mani la possibilità di cambiare il
corso degli eventi. Ma abbiamo bisogno di dare voce anche a quella società civile,
che tanto in Israele quanto in Palestina, chiede ai propri Governi di cambiare
strada. Insomma, non tutto è buio, ci sono anche delle luci. L’informazione ha
la grande responsabilità di metterle in primo piano, prima che l’irreparabile
accada, come è successo la scorsa estate in Libano e come rischia di accadere,
ancora oggi e nelle prossime settimane, in Medio Oriente, semplicemente perché
siamo stati troppo distratti.
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A ROMA
GLI STATI GENERALI DELLA LOTTA ALLE MAFIE
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Intervista con don Luigi Ciotti e mons. Giancarlo Bregantini -
“Una nuova stagione di impegno nella lotta alle mafie”: è
l’obiettivo di “Contromafie”, gli Stati Generali
della guerra alle cosche, che da oggi a domenica a Roma vedrà confrontarsi
società civile, politici, forze dell’ordine, magistrati e familiari delle
vittime dei clan. L’appuntamento é promosso da “Libera”, l’associazione di don
Luigi Ciotti, che nel presentare l’evento ha
sottolineato che “siamo davanti a una vera e propria guerra” ricordando come
negli ultimi dieci anni i morti di mafia in Italia siano stati 2.500: tra questi
155 vittime innocenti, dei quali 37 adolescenti e bambini. Su questo incontro
Fabio Colagrande ha sentito il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Bregantini
e lo stesso don Luigi Ciotti. Al presidente di
“Libera” ha chiesto cosa vuole essere questo appuntamento:
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R. – Vuole essere proprio un momento di lavoro: l’abbiamo
organizzato con la pochezza dei mezzi, con la coscienza dei nostri limiti, non
riuscendo a raggiungere tutti. Ma partecipano 2500 persone giunte da ogni parte
di Italia, anche con molti sacrifici, e hanno voglia di confrontarsi. Devono
essere giornate di lavoro, di impegno, sedici gruppi di grande approfondimento;
non vogliono essere passerelle, cerchiamo di dare la voce a tutti. Abbiamo
chiesto agli uomini delle istituzioni, agli uomini di governo di andare a
lavorare nei gruppi e abbiamo chiesto a tutti di mettersi sullo stesso livello
di ascolto, di elaborazione, di progettualità. Non
era mai successo. Chi viene a questo appuntamento sono realtà che le si sporcano le mani tutti i giorni, questo bisogna dirlo.
Sono persone che ogni giorno generosamente si impegnano e che hanno voglia di
dare continuità a tutto questo. Non è un incontro punto e basta, anzi siamo
molto preoccupati dei troppi convegni che si fanno, dei troppi dibattiti,
abbiamo bisogno di dare una coerenza tra il dire e il fare. Siamo consapevoli
che la prima mafia da combattere è quella della parole,
se ne fanno troppe in questo Paese. C’è bisogno di concretezza: piccole cose, ma reali e concrete
D. – Lei ha detto, e il nome dell’associazione “Libera”,
lo ricorda che in questo momento non siamo liberi qui in Italia, perché?
R. – Dobbiamo liberare la libertà: la libertà va liberata,
perchè le mafie non ci rendono liberi, l’usura non rende liberi, il pizzo non
rende liberi, la droga non rende liberi, la tratta degli esseri umani non rende
liberi, rende schiave le persone il lavoro nero, il caporalato, la povertà non
rende liberi. Dobbiamo liberare la libertà.
D. – Mons. Bregantini,
la reazione alla mafia da parte della Chiesa quale deve essere?
R. – Deve essere quella di fra
Cristoforo, lo dico sempre a tutti. Con i suoi problemi con le sue angosce,
quest’uomo non è stato don Abbondio, che pure aveva una sua esemplarità
ma non aveva il coraggio, non aveva la speranza. Fra Cristoforo ha
trasformato i suoi grandi problemi interiori ed esteriori in coraggio e
speranza, ed è stato quello che al momento giusto ha sfidato don Rodrigo e gli
ha detto ‘verrà un giorno’ … e il romanzo, che è
l’immagine e lo specchio della nostra terra, si chiude dicendo: ‘il mafioso è sconfitto, la vittoria del testimone di
Cristo è vincitrice fino in fondo’. L’immagine di fra Cristoforo per me rappresenta una Chiesa che sa
reagire, per cui arriviamo a dire una cosa, anche se difficile: le insidie
della mafia ci costringono, provvidenzialmente a livello evangelico, ad essere
più autentici testimoni di Cristo risorto, come abbiamo detto a Verona, fragili
ma coraggiosi per la sua presenza e la sua forza.
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17 novembre 2006
BARTOLOMEO I ATTENDE BENEDETTO XVI CON “AMORE FRATERNO E GRANDE
TREPIDAZIONE”. LA VISITA DEL PAPA IN TURCHIA “SARA’
MOLTO IMPORTANTE PER IL NOSTRO PAESE”, DICE UNA NOTA DEL PATRIARCATO ECUMENICO
DI COSTANTINOPOLI
ISTANBUL. “Attendiamo la visita del Papa con amore
fraterno e grande trepidazione”. Così Bartolomeo I, in
una nota emessa dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, in vista della
visita di Benedetto XVI in Turchia dal 28 novembre al 1° dicembre. Un evento
che “sarà molto importante per il nostro Paese e per i
rapporti cattolico-ortodossi”, scrive il Patriarca che si presenta come
“il leader spirituale di oltre 300 milioni di fedeli ortodossi in tutto
il mondo”. L’arrivo del Santo Padre segue l’invito personale di Bartolomeo I
per la festa di Sant’Andrea apostolo, fratello
maggiore di San Pietro, il fondatore della Chiesa di Costantinopoli, antico
nome di Istanbul. Bartolomeo I è dunque il 269mo
successore della bimillenaria Chiesa cristiana
locale, iniziata da Sant’Andrea. Nel comunicato si
sottolinea che il “Patriarca Ecumenico è una testimonianza vivente per il mondo
della lotta dolorosa e redentrice dell’ortodossia per la libertà religiosa e
l’innata dignità del genere umano”. “Come cittadino della Turchia” – aggiunge
la nota – “ha un’esperienza personale che gli fornisce una prospettiva unica sul continuo dialogo tra i mondi cristiano, ebraico e islamico”.
E “per i suoi sforzi ispiratori a favore della libertà religiosa e dei diritti
umani”, Bartolomeo I è stato proclamato “Costruttore di Pace e insignito della
Medaglia d’Oro Congressuale da parte del Congresso degli Stati Uniti nel 1997”.
IL
VALORE TERAPEUTICO DELLA PREGHIERA: INCONTRO DOMANI A MILANO PROMOSSO
DALL’ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI. A CONFRONTO LAICI E
CREDENTI
- A
cura di Fabio Brenna -
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MILANO.
= La preghiera medicina del corpo oltre che dell’anima. L’Associazione medici
cattolici di Milano per il suo Convegno annuale mette di
fronte credenti e laici sul valore terapeutico del pregare. L’appuntamento
è per domani, sabato 18 novembre, a partire dalle 9 presso il Centro congressi
di Assolombarda a Milano. Dopo il saluto
dell’arcivescovo, il cardinale Dionigi Tettamanzi, il
filosofo e sindaco di Venezia Massimo Cacciari
porterà il suo contributo sul tema “pregare-pensare”. Una religiosa poi, suor Ignazia
Angelini, badessa del Monastero delle Benedettine
presso l’abbazia di Viboldone, proporrà una
riflessione sul valore della preghiera per il credente, tema che verrà poi ripreso ed approfondito dal biblista,
mons. Gianfranco Ravasi. Molto
attesa è anche la testimonianza personale del regista Ermanno Olmi, che
si soffermerà sull’aspetto della preghiera come contemplazione. In chiusura,
l’intervento del prof. Alfredo Anzani, vicepresidente
della Federazione europea delle Associazioni dei Medici cattolici. Agli effetti
terapeutici della preghiera sono stati dedicati almeno 200 studi negli ultimi
10 anni, soprattutto negli Stati Uniti, dove, secondo un recente sondaggio, il
79% degli intervistati si dice convinto che la fede può aiutare a guarire da
una malattia.
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I
VESCOVI DELLA BOLIVIA, IN CHIUSURA DELL’ASSEMBLEA PLENARIA, ESPRIMONO
APPREZZAMENTO
PER LE MISURE ADOTTATE “PER RECUPERARE LE RISORSE NAZIONALI, IMPORTANTI PER LO
SVILUPPO DEL PAESE” E SOTTOLINEANO I PROGRESSI
NELLA
LOTTA CONTRO
- A
cura di Luis Badilla -
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LA PAZ. = Le autorità dell’episcopato boliviano, tra cui
il presidente, il cardinale Julio Terrazas,
arcivescovo di Santa Cruz, hanno illustrato alla
stampa il documento finale che oltre all'analisi della situazione nazionale
riflette in modo approfondito sulla realtà ecclesiale interna e, in
particolare, sulle dinamiche pastorali in atto nella prospettiva della V Conferenza
generale degli episcopati latinoamericani, che si terrà in Brasile dal 13 al 31
maggio 2007, con la presenza di Benedetto XVI. I presuli rivolgono a tutti i
cattolici un accorato ringraziamento per il grande contributo che ciascuno ha
dato all'elaborazione del cosiddetto “Documento di partecipazione”, che
riassume le proposte che
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MESSAGGIO
DEI VESCOVI DEL GHANA PER IL 50.MO ANNIVERSARIO
DELL’INDIPENDENZA.
IL PAESE, DICONO, HA COMPIUTO ENORMI PROGRESSI MA
NUOVI MALI AFFLIGGONO LA SOCIETA’, TRA CUI CORRUZIONE E DIFFUSIONE DELLE SETTE
- A
cura di Lisa Zengarini -
ACCRA. = In questi 50 anni il Ghana ha fatto enormi
progressi, ma deve affrontare diversi mali che affliggono oggi la società ghanese. Lo scrivono i vescovi del Ghana in un messaggio
per il 50° anniversario dell’indipendenza, diffuso al termine dell’Assemblea
plenaria a Nsuta, nella diocesi di Jasikan. Come il Giubileo nell’Antico Testamento – si legge
nel documento – questo anniversario è un’occa-sione per tracciare un bilancio
della situazione della nazione e ringraziare Dio “per i meravigliosi risultati
ottenuti negli ultimi 50 anni”, a cui ha contribuito anche
BISOGNA
PRESTARE PIU’ ATTENZIONE AL MICROCREDITO SE SI VUOLE CREARE
UN
MONDO LIBERO DALLA POVERTÀ: È QUESTO IL MESSAGGIO DI MUHAMMAD YUNUS,
PREMIO
NOBEL PER LA PACE DI QUEST’ANNO,
A
CONCLUSIONE DEL VERTICE MONDIALE SUL MICROCREDITO
HALIFAX.
= “La povertà è una minaccia per la pace”: è quanto ha affermato il premio
Nobel per la pace, Muhammad Yunus,
nel suo discorso a conclusione del summit mondiale sul microcredito, tenutosi
in Canada e a cui hanno partecipato più di duemila
delegati da tutto il mondo. Nelle parole dell’economista del Bangladesh, emerge una vera e propria denuncia del fatto
che l’accesso al credito “resta un miraggio per molti individui, non solo nei
Paesi poveri”. Difatti, secondo i dati forniti da CreSud,
uno dei maggiori operatori italiani di microcredito presenti al summit, le
istituzioni che si occupano di microfinanza sono
circa 2 mila nel mondo, ma di queste solo 240 sono raggiunte dai grandi
investitori internazionali. Yunus ha poi insistito
sulla necessità di mantenere l’autonomia del settore, sostenendo che “il
sistema della microfinanza è solido solo se non deve
contare su risorse esterne ma si sorregge da solo”.
L’accusa più dura rivolta dal Nobel per la pace è stata però quella nei
confronti della Banca Mondiale che, pur essendo fra i donatori più ricchi,
spende solo l’un per cento del suo bilancio nel microcredito. Pertanto, ha
affermato che “è tempo di prestare più attenzione a questo strumento se si
vuole creare un mondo libero dalla povertà”. Intanto, a conclusione del summit di Halifax, diversi sono stati gli impegni presi
dai rappresentanti degli Stati presenti. Manuel Zelaya,
presidente dell’Honduras, ha annunciato, ad esempio, l’istituzione di un
Ministero del microcredito. Dal canto loro, l’agenzia statunitense di sviluppo
internazionale e l’istituzione di microfinanza Finca International hanno reso noto un nuovo programma di credito
rurale in Afghanistan per 10 milioni di dollari. Infine, il Bangladesh
si è impegnato a presentare una risoluzione all’Assemblea generale dell’ONU
affinché la comunità internazionale si attivi per il
perseguimento dei nuovi obiettivi della campagna del microcredito: raggiungere,
entro il 2015, 175 milioni di poveri in tutto il mondo, attraverso il
microprestito, e assicurare, a 100 milioni di famiglie che oggi vivono con meno
di un dollaro al giorno, nuove fonti di sussistenza. (A.S.)
SI APRONO OGGI LE CELEBRAZIONI
PER L’OTTAVO CENTENARIO DELLA NASCITA
DI SANTA ELISABETTA D’UNGHERIA. SPOSA A SOLI 15 ANNI,
VEDOVA A 20
E MADRE DI TRE FIGLI, ELISABETTA DEDICO’ LA SUA VITA AI
POVERI
E AI MALATI COME
TERZIARIA FRANCESCANA
ROMA. =
Una Messa verrà celebrata questa sera, in apertura
delle celebrazioni italiane per l’VIII centenario della nascita di Santa
Elisabetta d’Ungheria e di Turingia, penitente
francescana, proprio nel giorno in cui la Chiesa ne celebra la memoria. La
celebrazione eucaristica si terrà nella Basilica romana dei SS. Cosma e Damiano
e sarà presieduta dal cardinal Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest.
Concelebreranno i ministri generali francescani.
Durante que-st’anno del centenario, diverse saranno
le manifestazioni promosse dalla Commissione interfrancescana. In particolare,
il prossimo 23 febbraio, presso la Pontificia Università “Antonianum”,
si terrà un convegno di studio dedicato alla Santa. Nello stesso mese, una
mostra iconografica verrà allestita nel chiostro della
Basilica dei SS. Cosma e Damiano. Le celebrazioni per il centenario si concluderanno
ad Assisi il 17 novembre 2007, con una Eucaristia concelebrata dai ministri generali francescani nella
Basilica di Santa Maria degli Angeli. Figlia del re Andrea d’Ungheria e di
Gertrude, Elisabetta ebbe una vita breve. Nata nel 1207, a soli quattro anni fu
promessa in moglie a Ludovico, erede del sovrano di Turingia.
Si sposò a 14 anni ed ebbe tre figli: Ermanno, Sofia e Gertrude. Suo marito morì
nel 1227 a Otranto, mentre attendeva di imbarcarsi per la sesta crociata in
Terra Santa. Elisabetta decise allora di trasferirsi in una modesta dimora a Marburgo, in Germania, e nella stessa città fece edificare
a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Iscrittasi al Terz’ordine francescano, offrì tutta la sua vita agli
ultimi, visitando i malati due volte al giorno e
facendosi mendicante per raccogliere aiuti. Collocava la sua dedizione in una
cornice di normalità, che includeva anche piccoli gesti esteriori, ispirati non
a semplice benevolenza ma a vero rispetto per gli altri. La sua scelta di
povertà provocò le ire dei cognati, che arrivarono a provarla dei figli. Elisabetta
morì a Marburgo il 17 novembre 1231, a soli 24 anni.
Papa Gregorio IX l’ha canonizzata nel 1235.
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17 novembre 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
C’è entusiasmo nella comunità internazionale
per l’apertura del Sudan sull’invio di una missione multinazionale di pace
nella regione del Darfur, martoriata da una lunga
guerra civile. Ieri, infatti, dopo forti opposizioni, Karthoum si è detta
favorevole “in linea di principio” all’arrivo nell’area di un contingente misto
composto da caschi blu dell’ONU e militari dell'Unione
Africana. La notizia è arrivata da Addis Abeba dove si è svolto l’incontro tra
il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ed esponenti della Lega Araba e dell'Unione
Africana. Tutto questo potrebbe agevolare la soluzione di una delle più
drammatiche crisi internazionali contemporanee.
Il Vietnam “trent’anni
fa ci insegnò una lezione”, per questo “non ce ne andremo dall'Iraq” e dunque
“vinceremo”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, George Bush, in visita ad Hanoi, proprio in Vietnam, per il vertice sulla cooperazione
economica Asia-Pacifico (APEC). Il capo della Casa
Bianca ha però aggiunto che per il successo in Iraq ci vorrà del
tempo prima che “l’ideologia della speranza” - che è “l’ideologia della
libertà” - sopravanzi “l’ideologia dell’odio”, che è quella dei terroristi.
Intanto, le notizie che arrivano dall’Iraq non
sono positive. Oggi 14 addetti alla sicurezza privata, tra i quali almeno 4
americani, sono stati catturati da finti poliziotti mentre
erano di passaggio nei pressi di Nassiriya. Alla luce della difficile
situazione nel Paese arabo, nei giorni scorsi, i vescovi americani avevano
lanciato un appello per una transizione responsabile in Iraq. Ecco, al
microfono di Christopher Altieri, il presidente del
comitato Affari Esteri della conferenza episcopale americana, mons. Thomas G. Wenski:
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R. – The way out …
L’uscita dall’Iraq nella situazione attuale non sarà
facile, ma dobbiamo pianificarne una che sia il più
possibile morale, nel senso che non dobbiamo lasciare il Paese in una situazione
peggiore di quella che abbiamo trovato. Allo stesso tempo dobbiamo mettere gli iracheni
stessi in condizione di assumersi le loro responsabilità, assicurandoci che
operino per il bene comune nel loro Paese. Quindi, non possiamo pretendere che
sarà facile. Speriamo di offrire il nostro supporto a coloro che sono coinvolti
nel conflitto e che stanno eseguendo con responsabilità i loro doveri in questo
quadro. Serve una soluzione, per questo si è dibattuto finora: dunque è richiesto
un impegno da tutte le parti per cercare di arrivare al bene comune.
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L’Autorità Nazionale Palestinese ha accolto
favorevolmente l’annuncio di una conferenza internazionale di
pace per il Medio Oriente lanciata ieri da Spagna, Francia e Italia. Scettiche
invece le reazioni da parte israeliana. Si spera che la proposta, tesa a
pervenire al cessate il fuoco e all’invio di una forza di pace nella Striscia
di Gaza, venga approvata anche dal vertice dell’UE.
Intanto, mentre la continua minaccia di razzi palestinesi spinge la popolazione
israeliana a fuggire da Sderot, sul versante politico
palestinese stenta a prendere forma il nuovo governo di unità nazionale. Ieri
sera, infatti, si è concluso senza nessun accordo il vertice tra il presidente Abu Mazen e il premier Ismail Haniyeh.
Almeno 47 morti, una sessantina di dispersi e
centinaia di famiglie sfollate. Questo il bilancio delle violente inondazioni
verificatesi in questi giorni nel Sud dell’Afghanistan. La Forza internazionale
di assistenza alla sicurezza (ISAF), di stanza nel Paese, ha già inviato i
primi soccorsi alla popolazione.
E’ Ségolène Royal la candidata del Partito socialista per le elezioni
presidenziali francesi del 2007. In base ai risultati definitivi delle
primarie, svoltesi ieri, ha raccolto il 60,62% dei voti degli iscritti. “Vorrei
esprimere tutta la felicità che provo”, ha detto la signora, candidata a essere
la prima donna presidente nella storia della Francia e
che dovrà vedersela con il probabile candidato della destra, Nicolas Sarkozy. Da Parigi, Francesca Pierantozzi:
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Una vittoria netta, indiscutibile al primo turno, è Ségolène Royal la candidata del
partito socialista francese alle presidenziali di aprile. Il risultato delle
primarie organizzate dal partito non lascia dubbi ed è stato annunciato con
largo anticipo sulle previsioni. Ieri sera la Royal,
che ha aspettato il responso delle urne delle 4000 sezioni nel suo feudo elettorale
nel centro della Francia, ha ottenuto un perentorio
60%. I suoi avversari Dominique Strauss-Kahn
e Laurent Fabius sono
rimasti fermi al 20. “Vivo un momento di estrema gioia”, ha detto a caldo la Royal, aggiungendo di ricevere un grande slancio da questo
voto straordinario. “Adesso - ha concluso - è il momento di unirci”. Per la maggioranza
dei tesserati socialisti, erano oltre 220.000, Ségolène
Royal è l’unica a poter sconfiggere la destra e a
riportare la sinistra all’Eliseo dopo gli anni di François Mitterand. Il compagno
di Ségolène Royal,
segretario del partito socialista, François Hollande, ha aspettato invece i risultati a Tulles, nella sua roccaforte elettorale. Il suo appello ad
una larga partecipazione è stato ascoltato: oltre l’82 %
dei militanti ha votato.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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La ripresa degli scontri nello Sri Lanka
tra ribelli Tamil ed esercito di Colombo rischia di
creare un dramma umanitario di proporzioni gravissime. Secondo quanto riferisce
il “Consiglio dei rifugiati”, organizzazione non governativa norvegese impegnata
in loco, sarebbero già oltre 130 mila gli sfollati senza alcun aiuto di prima
necessità ed esposti a qualsiasi rischio di abusi dei diritti umani. A questi
bisogna aggiungere le centinaia di migliaia di profughi causati dallo tsunami del 2004. Su questa situazione, Giancarlo La Vella ha intervistato Luca Galassi,
portavoce di Peace Reporter:
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R. – La situazione è il culmine di un’infinita escalation
di violenze, attentati, rappresaglie, raid militari, condotti sia dalle forze
governative che dalle Tigri tamil, che chiedono – ricordiamolo
– l’indipendenza delle regioni nord orientali del Paese, tra cui la penisola di
Jaffna. Questa penisola è la regione più colpita
dello Sri Lanka, in quanto una grande strada di
comunicazione, unico collegamento con il sud, l’Autostrada 9, è stata chiusa ed
è causa adesso di una gravissima crisi umanitaria, che ha appunto provocato il
blocco dei rifornimenti dal sud al nord. L’interruzione dell’autostrada,
secondo quanto riferiscono i rappresentanti delle Tigri tamil,
è diventata una sorta di muro di Berlino, in quanto ha diviso in due un Paese
che è devastato dalla guerra civile ormai da una decina d’anni. La situazione è
particolarmente grave a Jaffna, dove almeno 600 mila
persone sono a rischio di carestia: non ricevono le cure primarie, non ricevono
generi alimentari. Quindi, la situazione si sta sempre più aggravando in questo
Paese.
D. – Appare chiaro come una ripresa del dialogo tra
governo di Colombo e tamil debba ormai passare
attraverso un impegno su vasta scala della comunità internazionale e non
lasciare invece tutto nelle mani dei mediatori norvegesi. C’è la possibilità
che si riparli di pace tra le due parti?
R. – Purtroppo, il conflitto nello Sri Lanka
ha iniziato ad inasprirsi già da diversi mesi e si è cronicizzato. Finché il
presidente, Mahinda Rajapakse, che eletto lo scorso novembre aveva
condotto la sua campagna elettorale all’insegna della parola d’ordine
“Sri Lanka Unito”, quindi, senza concessioni alla
minoranza tamil, rimarrà fermo sulle sue posizioni, e
finché le Tigri tamil continueranno a condurre
attentati, nei quali rimangono vittime anche civili e innocenti, la situazione
rimarrà in uno stato di stallo.
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Via libera al Protocollo di Kyoto 2 e alla nascita di un fondo per dare energia elettrica
all’Africa. Questi i punti chiave dell’accordo che si profila alla conferenza
mondiale sui cambiamenti climatici in via di conclusione a Nairobi. Le
trattative per il documento finale, che impegnano le delegazioni dei circa 200
Paesi partecipanti, termineranno stasera o forse domani.
Il Senato americano ha approvato ieri il
progetto di legge che fissa le condizioni per la ratifica dell’accordo di
cooperazione nucleare civile con l’India. Il testo, che ha ottenuto 85 voti a
favore e 12 contrari, permetterà a New Delhi, peraltro non firmataria del Trattato
di non proliferazione nucleare (NPT), di accedere alla tecnologia nucleare
civile, per lungo tempo negata. In cambio l’India porrà sotto regime di
sicurezza globale i suoi reattori.
Risorse energetiche ma anche rischi
inflazionistici ed eventuali rialzi dei tassi di interesse. Questi alcuni dei temi nell'agenda dei
governatori delle banche centrali del G20, che domani e domenica si
incontreranno in Australia, in una blindatissima Melbourne.
In Ciad serve un’azione immediata per bloccare
gli attacchi contro i civili. E’ l’appello rivolto alle autorità locali
dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Louise Arbour, che oggi da
Ginevra ha condannato gli scontri etnici scoppiati recentemente al confine con
la regione sudanese del Darfur e costati la vita ad
almeno 300 persone.
E' stato consegnato al cantante Peter Gabriel il premio “Uomo della Pace
2006”, in occasione dell’apertura del VII Summit dei premi Nobel per la Pace,
a Roma. Lo storico fondatore dei Genesis è stato
premiato per il suo impegno nella promozione dei diritti umani e per la pace.
Il tema del Summit quest’anno è “Atomo per la pace o per la guerra?”. Assente
dalla manifestazione, per motivi di salute, Mikhail Gorbaciov. Dal canto suo, il presidente della Repubblica
Italiana, Giorgio Napolitano, in un messaggio, ha lodato la strettissima
attualità dei temi in agenda e l’iniziativa della ‘Carta per un Mondo non Violento’, che verrà inviata alle
Nazioni Unite, ai capi di Stato e di Governo di tutto il mondo.
Il Mondo dello sport è in lutto per la morte,
ieri sera a Budapest, del grande calciatore ungherese Ferenc
Puskas. L’ex attaccante, 79 anni, da sei anni era ricoverato
in ospedale perché gravemente ammalato di Alzheimer. Puskas,
che giocò anche nel Real Madrid, in Spagna, fu una
delle star della gloriosa nazionale ungherese, finalista ai Mondiali del 1954.
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