RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 319 - Testo
della trasmissione di mercoledì 15
novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Cattolici
e anglicani rilanciano il dialogo ecumenico: ai nostri microfoni mons. Andrew Summersgill
Il Giappone rivendica il diritto di disporre di bombe
atomiche: intervista con Luigi Bonanate
CHIESA E SOCIETA’:
Si
concludono oggi i lavori dell’83.ma Assemblea
plenaria dei vescovi della Bolivia
Inaugurazione
a Bilbao, in Spagna, di un importante Centro pastorale dedicato a padre Pedro Arrupe
Non si ferma la catena di
attentati in Iraq: un’autobomba a Baghdad provoca numerosi morti. Quattro i
soldati americani uccisi oggi
15 novembre 2006
LO
SPIRITO SANTO CARATTERIZZA LA VITA DI OGNI CRISTIANO
E LO
SPINGE A TESTIMONIARE IL VANGELO SULLE STRADE DEL MONDO:
COSI’
BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE,
DEDICATA AGLI INSEGNAMENTI DI SAN PAOLO SULLO
SPIRITO PENTECOSTALE
Lo Spirito Santo agisce nella vita
di ogni cristiano, contrassegnandone l’identità: è quanto sottolineato da
Benedetto XVI che, all’udienza generale in Piazza San Pietro, ha proseguito la
sua catechesi sulla figura di San Paolo, mettendo l’accento sugli insegnamenti
che “l’Apostolo delle Genti” offre sullo Spirito pentecostale. Lo Spirito
Santo, è stata l’esortazione del Pontefice, orienti la nostra vita verso la
gioia, la comunione e la speranza. Il servizio di Alessandro Gisotti:
*************
Grazie allo Spirito Santo, il
cristiano possiede “un’interiorità ricca e profonda” che ci stabilisce in un
“rapporto di filiazione con Dio”: è quanto affermato da Benedetto XVI
all’udienza generale. Il Papa ha sottolineato come questo rapporto filiale sia “la nostra grande dignità”. Non siamo
infatti soltanto “immagine, ma figli di Dio”. Ha così ricordato che San
Paolo mostra non solo la dimensione dinamica dello Spirito, ma anche la sua
presenza nella vita del cristiano. Presenza che ne contrassegna l’identità:
“Paolo riflette sullo Spirito esponendone l’influsso non solo sull'agire del cristiano, ma anche sul
nostro essere. Infatti è lui a dire che lo Spirito di Dio abita in noi e
che ‘Dio ha inviato lo Spirito del suo Figlio nei nostri cuori’.
Per Paolo dunque lo Spirito ci connota fin nelle nostre più intime profondità
personali”.
Il Libro degli Atti, è stata la sua riflessione, racconta
le missioni compiute dagli apostoli nel mondo e soprattutto i tre viaggi
missionari compiuti da San Paolo, definito dal Papa un “gigante non solo
nell’apostolato, ma anche nella dottrina teologica, profondamente stimolante”.
Proprio San Paolo, ha detto, ci mostra dunque la forza dello Spirito Santo che
ci spinge a testimoniare la nostra fede in Cristo:
“Lo Spirito pentecostale reca con sé una spinta vigorosa ad assumere
l’impegno della missione per testimoniare il Vangelo sulle strade del mondo”.
San Paolo, ha detto ancora, indica
la connessione dello Spirito Santo con l’amore. L’amore è proprio il primo
frutto dello Spirito. Un amore che unisce. D’altro canto, Benedetto XVI ha
indicato che alla “specificità della fede cristiana”, “appartiene la confessione
di un’originale condivisione di questo Spirito da parte del Signore risorto, il
quale è diventato Lui stesso Spirito
vivificante”. Lo Spirito Santo, ha ribadito il Papa, è innanzitutto
“creatore di comunione all’interno della comunità cristiana”. Citando poi
Sant’Agostino, il Papa ha affermato che se vediamo la Carità, vediamo anche la
Trinità. “D'altra parte, però, - ha avvertito - è anche vero che lo Spirito ci
stimola a intrecciare rapporti di carità con tutti gli uomini. Sicché, quando
noi amiamo diamo spazio allo Spirito, gli permettiamo di esprimersi in
pienezza” .Parole accompagnate da una viva esortazione
a seguire l’esempio di San Paolo:
“Impariamo così da Paolo che l’azione dello Spirito orienta la nostra
vita verso i grandi valori dell’amore, della gioia, della comunione e della
speranza. Spetta a noi farne ogni giorno l'esperienza assecondando gli
interiori suggerimenti dello Spirito, aiutati nel discernimento dalla guida
illuminante dell’Apostolo”.
Ancora, il Papa ha ricordato che
San Paolo ci mostra che “non esiste vera preghiera senza la presenza dello
Spirito in noi”. Ha così evidenziato che “lo Spirito Santo, cioè lo Spirito del
Padre e del Figlio”, è “come l'anima della nostra anima, la parte più segreta
del nostro essere, da dove sale incessantemente verso Dio un moto di preghiera,
di cui non possiamo nemmeno precisare i termini”:
“Lo Spirito, infatti, sempre desto in noi, supplisce alle nostre
carenze e offre al Padre la nostra adorazione, insieme con le nostre
aspirazioni più profonde. Naturalmente ciò richiede un livello di grande
comunione vitale con lo Spirito. E’ un invito ad essere sempre più sensibili,
più attenti a questa presenza dello Spirito in noi, a trasformarla in
preghiera, a sentire questa presenza e ad imparare così a pregare, a parlare
col Padre da figli nello Spirito Santo”.
Dopo la catechesi, il Papa ha
invitato i giovani ad “essere operatori di pace e artefici di riconciliazione”,
seguendo l’esempio di Sant’Alberto Magno, di cui oggi si celebra la memoria liturgica.
Un Santo, ha evidenziato, che “si sforzò continuamente di stabilire la pace tra
le popolazioni del suo tempo”. Infine, ha rivolto un saluto particolare
all’associazione Venarotta Calcio e ai partecipanti Un pallone per amico, che coinvolge i
giornalisti RAI e la Polizia di Stato.
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NOMINE
In Italia, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale di Montevergine, presentata dall’Abate benedettino Dom Tarcisio Giovanni Nazzaro, in conformità al can. 401 § 2 del
Codice di Diritto Canonico.
In Brasile, il Papa ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Osório presentata da mons. Thadeu Gomes Canellas,
per raggiunti limiti di età. Gli succede padre Jaime Pedro Kohl, della Congregazione
dei "Poveri Servi della Divina Provvidenza”, finora maestro dei novizi
presso il Noviziato Nossa Senhora
de Caravaggio a Farroupilha, nella diocesi di Caxias do Sul. Padre Jaime Pedro Kohl è nato il 12 dicembre
1954 nella città di Salvador do Sul, nell’arcidiocesi
di Porto Alegre, Stato del Rio Grande do Sul. Ha compiuto gli studi di filosofia
nell’Università di Caxias do Sul e quelli di teologia
nell’Istituto Teologico San Zeno di Verona, in Italia. Ha ottenuto anche la
licenza in Teologia Morale nella Pontificia Accademia Alfonsiana
a Roma. È stato ordinato sacerdote il 2 settembre 1984.
Il Santo Padre ha elevato alla
dignità episcopale padre
Gianfranco Girotti, dell'Ordine dei Frati Minori
Conventuali, reggente della Penitenzieria Apostolica,
assegnandogli la sede titolare di Meta. Padre Gianfranco Girotti
è nato a Roma il 21 aprile 1937. Da undici anni ricopre l'ufficio di assistente
generale per gli Affari Giuridici dell’Ordine. È sacerdote dal 17 febbraio
1963. Nel
Il Papa ha elevato alla dignità
episcopale mons. Antoni Stankiewicz,
decano del Tribunale della Rota Romana, assegnandogli la sede titolare di Novapietra. Mons. Antoni Stankiewicz è nato il 1° ottobre
Il Santo Padre ha elevato alla
dignità episcopale don Raffaele Farina, salesiano, prefetto della Biblioteca
Apostolica Vaticana dal 1997, assegnandogli la sede titolare di Oderzo. Don
Raffaele Farina è nato a Buonalbergo, diocesi di
Ariano Irpino e provincia di Benevento, il 24
settembre 1933. Nel 1958 è stato ordinato sacerdote. E’ stato per 12 anni rettore della
Pontificia Università Salesiana, per 10 anni
segretario del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e per 6 anni
sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Cultura.
LA
TRAGEDIA DEI BAMBINI ABBANDONATI DI LENINGRADO, UN ESEMPIO DI CINEMA CHE SPEZZA
LA “CONGIURA DEL SILENZIO”.
ALLA
RASSEGNA IN CORSO ALLA GREGORIANA, GLI AUGURI DI BENEDETTO XVI PER UN CINEMA
CHE ESALTI I VALORI SPIRITUALI
E PROMUOVA IL DIALOGO TRA FEDE E CULTURA
-
Interviste con don Dario Viganò e Hanna Polak -
Una iniziativa capace di “approfondire
l’anelito spirituale e i valori cristiani che animano le produzioni
cinematografiche”. Sono le parole di apprezzamento di Benedetto XVI contenute
nel telegramma inviato agli organizzatori del Festival del cinema spirituale
“Tertio Millennio”, in corso in questi giorni alla Pontificia Università
Gregoriana. Nel testo a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio
Bertone, il Papa auspica, tra l’altro, che “il simposio susciti un rinnovato e
fecondo dialogo tra fede e cultura contemporanea, favorendo la solidarietà e la
pace”. Un auspicio condiviso dal presidente del Pontificio Consiglio della
cultura, il cardinale Paul Poupard,
il quale ha affermato che il cinema, per la sua natura di “laboratorio di
vita”, diventa “un invito al dialogo serrato tra Chiesa e mass media”.
Riferendosi poi al tema centrale del convegno e della rassegna, “La congiura
del silenzio”, il porporato ha detto che il cinema “è uno strumento
privilegiato per spezzare le catene di un silenzio spesso colpevole” nei
confronti di chi non ha possibilità di farsi ascoltare. Il servizio di Luca
Pellegrini:
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Far conoscere verità negate,
misconosciute, difficili da accettare. Film e documentari che parlano e
denunciano i silenzi della storia e delle società. Il Convegno di studi e la
rassegna di film offerti nell’ambito del Festival del Cinema Spirituale
invitano a riflettere, interrogano le coscienze. Un tema di grande interesse e
scottante attualità: “La cospirazione del silenzio”. Mons.
Dario Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo,
motiva così questa scelta:
“Il tema de ‘La cospirazione del silenzio’ nasce almeno per due ragioni. Il primo viene desunto dalla storia del cinema. Il cinema, infatti,
molto spesso nella storia ha saputo catalizzare sguardi, passioni intelligenti
di giovani, dando vita a delle rivoluzioni pacifiche. Pensiamo agli anni ’20
nell’ex Unione Sovietica oppure al cinema dell’Estremo Oriente. Quindi, il
cinema sa davvero catalizzare quel sentire che diversamente sarebbe censurato.
D’altra parte, quest’anno, abbiamo voluto chiamarlo ‘La cospirazione del silenzio’, perchè sono molti i film che abbiamo cercato e
trovato, che in qualche modo rompono una cortina di silenzio. Penso ad esempio
al documentario straordinario di Hanna Polak ‘I bambini di Leningrado’, che racconta esattamente la vicenda triste di
bambini costretti a vivere nel tunnel delle stazioni metropolitane di Mosca, quando
poi Mosca sta ridisegnando se stessa agli occhi dell’Occidente come una
democrazia. Penso anche a dei film importanti di cui abbiamo l’anteprima come
‘Love Hate’, nel quale abbiamo di nuovo un incontro
tra culture e religioni. E ancora, da una parte l’islam e dall’altra parte
l’Occidente, in questo caso la Londra di questi giorni. Penso ad un altro
documentario sulle favelas del Brasile. Quindi, ‘La
cospirazione del silenzio’, perché il cinema sa dare
voce a quelle voci che diversamente sarebbero soffocate”.
Alcune pellicole affrontano
l’aspetto, drammatico e delicatissimo, di infanzie violate e di periferie
abbandonate da chi dovrebbe al contrario prevenire il degrado sociale. “Children of Leningradsky” è uno
spietato documento sui 30.000 bambini abbandonati e affamati che vivono nel
sottosuolo della città russa. Una sfida che la regista Hanna
Polak così descrive ai nostri microfoni:
R. – FIRST OF ALL…
“Prima di lavorare al film ero già
impegnata ad aiutare i bambini. Avevo incontrato alcuni di loro camminando per
la stazione ed era stato molto scioccante per me scoprire l’esistenza di questi
piccoli senzatetto, senza qualcuno che badasse a loro.
Così ho iniziato a pensare ad un modo per aiutarli. Con alcuni amici abbiamo
fondato una piccola organizzazione caritatevole, in grado di sostenere questi
ragazzini. Ci preoccupavamo di distribuire loro del cibo, di parlare con loro,
di inserirli in orfanotrofi, abbiamo tentato di strapparli alla strada in vari
modi. In seguito ho capito che sarebbe stata una buona idea fare un film per
far conoscere alle persone questo grave problema, per cercare di influenzarle e
per trovare
qualcuno disponibile ad aiutarci. Questo film è in realtà un modo per cercare
aiuto”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.
Servizio estero - Nucleare: l'AIEA afferma che l'Iran si rifiuta di
collaborare.
Servizio culturale - Un articolo
di Andrea Fagioli dal titolo “Nel fango, con le pale e gli stivali, per salvare
un immenso patrimonio culturale”: una serie di esposizioni a Firenze ricorda
quel 4 novembre 1966, quando la furia dell'Arno in piena devastò la città.
Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.
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15 novembre 2006
IMPORTANTE
TAPPA NEL CAMMINO ECUMENICO:
RIUNITI
A LEEDS I VESCOVI CATTOLICI D’INGHILTERRA E GALLES E
QUELLI ANGLICANI, 40 ANNI DOPO LA VISITA DELL’ALLORA ARCIVESCOVO DI CANTERBURY
A PAOLO VI
E ALLA VIGILIA DEL PROSSIMO INCONTRO
A ROMA
DEL
PRIMATE ANGLICANO, ROWAN WILLIAMS, CON BENEDETTO XVI
Giornata storica nel cammino
ecumenico: per la prima volta riuniti insieme a Leeds i vescovi cattolici d’Inghilterra
e Galles e quelli anglicani, guidati dal Primate della Comunione Anglicana, Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury, e dal cardinale Cormac Murphy-O’Connor,
arcivescovo di Westminster. Il servizio di Roberta
Gisotti:
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40
anni fa la visita in Vaticano dell’allora arcivescovo di Canterbury Michael Ramsey a Paolo VI,
segnava - all’indomani del Concilio Vaticano II - una tappa storica nel dialogo
ecumenico, che apriva nuove speranze verso la piena unità dei cristiani, e
portava negli anni avvenire frutti di riconciliazione dottrinale e pastorale. A
commemorare questo evento l’incontro aperto ieri pomeriggio a Leeds in
Inghilterra, anticipa un'altra visita storica che il Primate della Comunione
Anglicana, Rowan Williams compirà il 23 novembre
prossimo a Roma per incontrare Benedetto XVI. “Riconosciamo l’importanza di
lavorare congiuntamente per presentare una condivisa testimonianza cristiana
alla società” - sottolineano l’arcivescovo Williams ed il cardinale Murphy-O’Connor in una dichiarazione congiunta diffusa
ieri, riconoscendo anche “l’importanza di lavorare insieme con altre
confessioni cristiane e con rappresentanti di altre religioni per raggiungere
il bene comune nella società”. “La missione affidataci da Cristo” – scrivono – “ci
obbliga ad impegnarci profondamente ed estesamente in questa missione, fondata
sul dialogo e sulla preghiera comune.” Non nascondono
poi le difficoltà che ancora permangono, se “la nostra fede cristiana –
ricordano – è radicata nel comune Battesimo, tuttavia la nostra comunione resta
imperfetta”. “Il nostro entusiasmo per il dialogo” richiede allora –
sollecitano l’arcivescovo Williams ed il cardinale Murphy-O’Connor - di essere “onesti nell’affrontare
argomenti sui quali non siamo d’accordo”. E questo è possibile - conclude la
nota, “quando ci si attiene al Vangelo”. Sulle attese di questo incontro a
Leeds, che si concluderà oggi pomeriggio, Philippa Hitchen ha intervistato mons. Andrew Summersgill,
segretario generale delle Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles:
R. – Fa parte di un processo che è
cominciato con il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana. Il
punto più importante di questo incontro è il fatto di
celebrare e di riconoscere che esistono le possibilità di lavorare insieme,di
dare una testimonianza comune ad una società che ha quasi dimenticato le sue
radici cristiane, e così di poter vedere i vescovi anglicani e cattolici
pregare insieme e dare una testimonianza di lavoro in comune. E’ molto
importante, è un buon segno per la nostra società. Si possono anche riconoscere
le difficoltà e le diverse posizioni, ma quello che è importante è che si può
parlare e riflettere su quello che possono fare e su quello che già fanno
insieme i vescovi delle due tradizioni.
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ALL'INDOMANI
DELLA RIVENDICAZIONE DEL DIRITTO DI DISPORRE
DI
BOMBE ATOMICHE, IL GIAPPONE, ATTRAVERSO IL PREMIER SHINZO ABE,
CONFERMA
LA VOLONTA’ DI AMPLIARE L'INTERPRETAZIONE
DEL
CONCETTO DI AUTODIFESA,
APRENDO ANCHE ALLA POSSIBILITA’
DI UN AUTONOMO SISTEMA ANTIMISSILE
-
Intervista con Luigi Bonanate -
All’indomani della rivendicazione
del diritto di disporre di bombe atomiche il Giappone ha annunciato oggi di voler studiare
anche le possibilità di dotarsi di un autonomo sistema antimissile. “Dovremo
studiare se possiamo abbattere missili che potrebbero essere diretti verso gli
Stati Uniti”, ha dichiarato il premier Shinzo Abe in un'intervista al Washington
Post ampiamente ripresa dalla stampa giapponese odierna. La frase del
premier ultraconservatore appare come un nuovo tentativo di ampliare
l'interpretazione del concetto di autodifesa sulla base della Costituzione
pacifista del dopoguerra. Ieri, in una risposta scritta in Parlamento, il
governo nipponico aveva proclamato per la prima volta il diritto di disporre di
un minimo deterrente nucleare anche nell'ambito dei principii
pacifisti della legge fondamentale dello
Stato. Ma come inquadrare nel contesto
internazionale questa presa di posizione del Giappone? Fausta Speranza lo ha
chiesto al prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni
internazionali all’Università di Torino:
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R. – Il primo dato da considerare
è che è ormai all’incirca un anno che ogni giorno abbiamo qualche
notizia sul nucleare, novità nella politica nucleare, qualche nuova intenzione
da parte di questo o quello Stato. E direi che se dovessi fissare il punto
principale della dinamica di questo ultimo anno direi che è rappresentato non dal caso
iraniano, non dal caso giapponese e neppure da quello nordcoreano,
ma bensì da quello indiano. L’India, qualche mese fa, è stata formalmente
autorizzata dal presidente Bush a violare il Trattato
di non proliferazione. Questo non è un segreto: si tratta di una notizia che
qualche mese fa circolò, ma naturalmente circolò mescolata insieme a tutte le
altre questioni gravi che ci sono sulla scena internazionale, qualche mese fa
c’era tra l’altro il Libano in piena guerra e l’Iraq sempre presente.
L’autorizzazione statunitense all’India, che è di
fianco al Pakistan che è già dotato di armi nucleare, mi pare sia stato proprio
il punto su cui c’è stata una svolta nella politica nucleare mondiale. Mi viene
da dire che la cosa è terrorizzante, perché per 50 anni, più o meno, il tabù
nucleare ha in qualche modo funzionato. Comprensibilmente una
volta caduto il Muro di Berlino, il bipolarismo, la Guerra Fredda,
l’equilibrio del terrore, ovviamente tutte quelle regole di autocontrollo erano
destinate a cadere, nel senso che non ce ne doveva essere più bisogno.
D. – Sembra molto ovvio, ma non procedere
sulla via della denuclearizzazione significava il moltiplicarsi dei Paesi nella
corsa all’atomica. Era chiaro ma questo è successo…
R. – Certo ed è stato nefasto. E’
qui che entra il discorso giapponese: che sia proprio il Giappone - che è l’unico Paese
al mondo, per sua sfortuna, che ha provato in
corpore vivi, nel modo più sconvolgente, - perché
è ben diverso da un esperimento – il bombardamento di due bombe atomiche sul
proprio Paese – ad aver dimenticato questo tabù, mi sembra molto grave.
D. – Professore, abbiamo
inquadrato nel contesto internazionale questa dichiarazione, ma cerchiamo di
capire intenzioni o effetti? Voglio dire: voleva essere anche un messaggio?
R. – Certamente il primo messaggio
è ovviamente al Paese vicino, è alla Corea del Nord.
Se andiamo, però, a guardare la Corea del Nord, immediatamente dobbiamo dirci
che non è del tutto chiara la vicenda dei primi di
ottobre sugli esperimenti nucleari e missilistici nordcoreani.
E’ ancora avvolta – e peso le parole – nel più grottesco mistero. Non si sa
ancora cosa sia successo in quei giorni. L’opinione
pubblica mondiale fu inizialmente informata del fatto che la Corea del Nord era
ormai in grado di lanciare bombe atomiche. Nei giorni successivi è poi venuto
fuori che questo forse non era vero, che l’esperimento era fallito, o che
l’esperimento non c’era stato e poi via di seguito. E’ allora chiaro che con
l’arrivo del Giappone, ovviamente, il gioco si chiarisce: attenzione, cara
Corea del Nord, c’è un gendarme a pochi chilometri da casa tua! Non
dimentichiamo, del resto, che il Giappone non ha mai avuto una politica estera
autonoma o meglio indifferente rispetto agli Stati Uniti. Quindi io escludo che
il Giappone dica queste cose senza consultazioni. Direi che questo è solo
l’inizio della partita asiatica, della grande partita asiatica, che suppongo
caratterizzerà i prossimi decenni. Il grande problema del mondo di oggi è che
noi contrapponiamo alla sfide – per esempio, quella
del terrorismo, quella dei Paesi cosiddetti canaglia, chiamiamoli così – non un
modo diverso di fare politica, ma contrapponiamo lo stesso modo esaltato
ovviamente dalla superiorità e dalla forza occidentale. Non possiamo
contrastare il terrorismo con la guerra, non possiamo contrastare le bombe con
l’uso di bombe più grandi, perché questo non è altro che correre verso degli
abissi!
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PIO
XII, PROTAGONISTA DI UNA “CROCIATA DI CARITÀ”
DURANTE
IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. NEL LIBRO
DI
SUOR MARGHERITA MARCHIONE, ALCUNE DELLE MIGLIAIA
DI LETTERE INDIRIZZATE A PAPA PACELLI
TESTIMONIANO DEL SUO IMPEGNO
PER I
PRIGIONIERI DI GUERRA DI QUALSIASI CONFESSIONE E NAZIONALITA’
-
Intervista con la religiosa -
Suscitano commozione o fanno
rabbrividire per la loro crudezza, ma in ogni caso non lasciano indifferenti.
Sono le lettere – valutabili in circa 20 milioni – indirizzate negli anni della
Seconda Guerra Mndiale a Pio XII da famiglie di
soldati, prigionieri di guerra, dispersi, di ebrei perseguitati: tutti in cerca
di notizie, di aiuto, di conforto dal Papa. Custoditi nell’Archivio Segreto
Vaticano, questi documenti sono la base sulla quale la religiosa statunitense
di origine italiana, suor Margherita Marchione, ha
costruito il suo ultimo libro dedicato a Papa Pacelli. Edito dalla Sperling&Kupfer, il libro si intitola “Crociata di
carità - L’impegno di Pio XII per i prigionieri della Seconda Guerra Mondiale”:
nelle sue pagine, rivivono drammi sconosciuti e documentati che raccontano di
un Pontefice alacremente impegnato sul versante della solidarietà, ben oltre
quei presunti “silenzi” o incertezze enfatizzati da certa pubblicistica.
Alessandro De Carolis ne ha parlato con l’autrice:
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R. – Coloro che scrivono in questo
modo di Pio XII ci dicono che non hanno studiato bene la storia e non hanno
studiato i documenti. Io, per conto mio, per dieci anni, ho cercato di
riferirmi proprio ai documenti - che esistono - e per questo dico che coloro
che affermano il contrario non hanno ragione affatto.
D. – Anche il suo è un libro fatto
di documenti…
R. – Soltanto sui documenti.
Durante la guerra c’erano migliaia e migliaia di soldati prigionieri e tanti
dispersi e le povere famiglie non sapevano a chi rivolgersi. Quando hanno visto
che nessuno dava loro ascolto, si sono rivolti a Sua Santità Pio XII, il quale,
appena cominciata la guerra, aveva istituito l’Ufficio Informazioni Vaticano.
Ora, possiamo dire che nell’Archivio Segreto si trovano 20 milioni di lettere
di richieste di aiuto. Il Santo Padre, tramite i suoi delegati, dappertutto nel
mondo, è riuscito a rispondere a tutte queste lettere. Nell’Archivio ho trovato
le cartelle, che dicono, ad esempio, quante volte il nome di un tale individuo
era stato annunciato alla Radio Vaticana. Le lettere sono commoventi. Dalle
cartelle ho saputo persino che il Papa ha potuto fare uno scambio di
prigionieri. E’ una cosa magnifica, che poche persone conoscono, perchè nessuno
ha mai pubblicato queste lettere.
D. – In particolare, quali lettere
l’hanno colpita di più?
R. – Le lettere di alcuni ebrei,
che cercavano di avere aiuto. Io ho citato queste persone che dicevano: “Noi
non siamo cattolici, ma sappiamo che lei ha tanta bontà e che lei ci aiuterà”.
Poi ci sono le lettere dei bambini. Un bambino dice: “Io voglio che mio padre
torni a casa per la mia Prima Comunione. Me lo fai questo piacere?” Cose così
commoventi, veramente.
D. – Quindi, si può dire che c’era
molta fiducia verso il Papa e verso la Santa Sede…
R. – Si può dire veramente che lo
amavano, perché dalle lettere si sente proprio la fiducia di queste persone. In
quelle di risposta, ci sono delle lettere dove si vede in un angolo una piccola
nota, nella quale il Papa scriveva: “Fai questo, fai quest’altro”. In una
lettera, per esempio, una madre di famiglia diceva: “Grazie del vestiario che mi
ha mandato per i miei bambini”. Oppure: “Ho bisogno di denaro”. E poi, ci sono
i documenti nei quali si dice chiaramente che Pio XII inviò questo aiuto.
D. – Lei afferma nel suo libro che
chi si è avvicinato alla figura di Pio XII non lo ha mai fatto in modo
“neutrale”. E aggiunge con schiettezza di non volerlo fare nemmeno lei,
definendo Papa Pacelli “una persona ispirata da Dio”…
R. – Proprio un santo. Io ricevo
tante di quelle lettere da persone di tutto il mondo che dicono: “Noi non vediamo
l’ora di vederlo beato, perchè abbiamo fiducia in lui e lo vogliamo vedere
santo”.
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15 novembre 2006
I VESCOVI DEGLI STATI UNITI CHIEDONO UNA TRANSIZIONE
RESPONSABILE IN IRAQ
ED AUSPICANO UN DIALOGO
COLLABORATIVO TRA AMMINISTRAZIONE AMERICANA
E CONGRESSO PER RICONOSCERE GLI ERRORI DEL PASSATO
E PROMUOVERE LA STABILITÀ E LA RICOSTRUZIONE DEL PAESE
ARABO
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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BALTIMORA. = E’ urgente una transizione responsabile in
Iraq, dove scontri etnici e attacchi terroristici sono costati la vita a
diverse decine di migliaia di persone. Lo affermano i vescovi degli Stati
Uniti, riuniti a Baltimora per la loro Assemblea plenaria, in un documento reso
pubblico ieri, pochi giorni dopo le recenti elezioni americane di medio
termine. “Le nostre preghiere – scrivono i presuli – sono per i militari in
Iraq, le loro famiglie ed il popolo iracheno”. La ricerca della vera giustizia
e della pace in Iraq – aggiungono i vescovi – richiede “nuove direzioni”. E per
imboccare una strada nuova, che porti finalmente alla pace, l’amministrazione
americana e il nuovo Congresso devono promuovere, secondo la Conferenza
episcopale statunitense, un dialogo collaborativo che superi “le difficoltà passate
e gli errori di calcolo”. Un dibattito – auspicano i presuli – che possa far prendere seriamente in esame “azioni alternative,
soprattutto alla luce dei costi umani, morali e finanziari”. Per arrivare ad
una transizione responsabile in Iraq, bisogna promuovere, secondo i vescovi
statunitensi, adeguati livelli di sicurezza, porre fine alle violenze, dare
impulso alla ricostruzione economica, garantire un’effettiva partecipazione
politica e un’autentica libertà religiosa. Gli Stati Uniti – precisano i presuli
- dovrebbero usare “il loro potere, la loro influenza e la loro presenza” per
centrare questi obiettivi. Nel documento si lancia poi l’allarme per la
deteriorata situazione dei cristiani e delle altre minoranze religiose in Iraq.
“La loro vulnerabilità – si legge nel testo – è un segno drammatico dei seri e
crescenti pericoli per la nazione irachena”. In Iraq, la popolazione cristiana,
che prima della guerra era di oltre 1 milione e 200 mila persone, è scesa a
circa 600 mila. Secondo l’ONU, il 40 per cento dei profughi provenienti dal
Paese arabo sono cristiani.
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SI CONCLUDONO OGGI I LAVORI DELL’83.MA
ASSEMBLEA PLENARIA
DEI VESCOVI DELLA BOLIVIA, INCENTRATA SULLE DIVERSE REALTÀ
DELLE 18 DIOCESI E SULLA SITUAZIONE DEL PAESE ANDINO
- A cura di Luis Badilla -
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COCHABAMBA. = Un’approfondita analisi degli ambiti
pastorali e teologici delle 18 diocesi, dei movimenti ecclesiali e delle
numerose istituzioni della Chiesa in Bolivia. E’ il quadro tracciato dai
presuli della Conferenza episcopale boliviana in occasione
della loro 83.ma
Assemblea plenaria, che si conclude oggi a Cochabamba.
Sono anche stati presi in esame i contributi dei cattolici boliviani da
destinare alla V Conferenza generale delle Conferenze episcopali latinoamericane,
in programma in Brasile dal 13 al prossimo 31 maggio. Su questi temi e sulla
situazione del Paese, è poi prevista la pubblicazione di un documento
conclusivo rivolto ai boliviani e ai cattolici. Il presidente della Conferenza
episcopale della Bolivia e arcivescovo di Santa Cruz
de la Sierra, cardinale Julio Terrazas,
ha poi affrontato durante i lavori dell’Assemblea alcuni aspetti legati al
Paese andino. Il porporato ha sottolineato come la
nuova Costituzione, attualmente in elaborazione, debba “dare slancio allo
sviluppo umano, culturale, economico, sociale e politico”. Invocando “un
rinnovato spirito democratico ... dialogo e concertazione” per la redazione
della Carta, il cardinale ha anche chiesto, dopo alcuni episodi di violenza che
hanno scosso il Paese nelle ultime settimane, maggiore concordia e rispetto
reciproco per superare “incomprensioni, risentimenti, divisioni e forme di
razzismo”. Il porporato ha auspicato inoltre una riforma del sistema educativo,
affinché l’educazione possa essere veramente “libera e
liberatrice”. Quindi, il cardinale Julio Terrazas ha sottolineato il dramma della disoccupazione
facendo notare che “occorre creare lavoro capace di dare dignità e speranza”.
Su un’altra delicata questione, quella relativa alla distribuzione della terra,
il cardinale ha spiegato infine che la terra è “un dono di Dio .. un bene universale che deve dare benefici a tutti”.
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“IL
CAMBIAMENTO CLIMATICO NON È FICTION”:
LO HA AFFERMATO IL SEGRETARIO GENERALE
DELL’ONU, KOFI ANNAN,
INTRODUCENDO STAMANI LA FASE FINALE
DELLA CONFERENZA SUL CLIMA, IN CORSO IN KENYA
NAIROBI.
= “Il cambiamento climatico non è solo un tema ambientale:
distruggerà raccolti, porrà in pericolo le popolazioni costiere, distruggerà
ecosistemi, estenderà malattie e provocherà l’aumento dei conflitti per le
risorse”: è quanto ha affermato, questa mattina, il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan,
introducendo la fase finale della 12.ma Conferenza internazionale sul clima, in programma
fino a venerdì prossimo. L’impatto del cambiamento climatico “ricadrà in modo
sproporzionato sui più poveri, soprattutto in Africa”, ha aggiunto il
segretario dell’ONU, sottolineando però che si può fare molto per sostenere i
Paesi sottosviluppati, i meno attrezzati per affrontare il problema del
surriscaldamento. L’incontro di Nairobi si è posto, quindi, l’obiettivo di
cercare strade nuove per attenuare gli effetti del cambiamento climatico del
pianeta. Quest’ultima fase è dedicata alla negoziazione e all’adozione delle
decisioni della conferenza. Molto attesi sono gli interventi dei rappresentanti
di Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Australia, grandi ‘produttori’ di
emissioni inquinanti. Hanno partecipato ai lavori circa 6 mila persone, tra cui
scienziati, esperti, rappresentanti governativi e associazioni ambientaliste,
provenienti dai 189 Paesi che hanno firmato la Conferenza
quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 1992. Di questi
Stati, però, solo 165 hanno ratificato il Protocollo di Kyoto,
entrato in vigore nel 2005 con la ratifica della Russia. Il documento chiede ai
Paesi industrializzati di ridurre del 5 per cento le emissioni dei gas serra,
responsabili del riscaldamento globale entro il 2012. Nella fase finale della
conferenza di Nairobi si tenterà anche di porre le basi per una sorta di
‘Protocollo di Kyoto 2’, che faccia previsioni oltre
il 2012 e impegni gli Stati a ridisegnare la politica ambientale in funzione di
una riduzione dei consumi energetici nell’impiantistica industriale, nel sistema
dei trasporti e in quello degli elettrodomestici. (A.S.)
INAUGURAZIONE A BILBAO, IN SPAGNA,
DI UN
IMPORTANTE CENTRO PASTORALE DEDICATO A PADRE PEDRO ARRUPE
- A
cura di padre Ignacio Arregui
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BILBAO. = Un grande centro per
attività culturali e pastorali, dedicato a padre Pedro
Arrupe, è stato inaugurato ieri a Bilbao, in Spagna,
alla presenza delle autorità civili ed ecclesiastiche e di laici impegnati in
attività apostoliche. Come ha detto mons. Ricardo Blázquez,
vescovo di Bilbao, il nuovo impianto apre interessanti prospettive per la vita
pastorale della città e della diocesi. Oltre ad alcuni servizi generali, tra i
quali un moderno auditorium, l’edificio, con circa 4.000 metri quadrati di
superficie, nei suoi quattro piani comprende settori specifici come i movimenti
laicali, un organismo non governativo chiamato Alboan,
un negozio di prodotti proveniente da Paesi in via di sviluppo, una emittente radiofonica e un Centro Sociale dedicato alla
memoria di padre Ignazio Ellacuria, gesuita ucciso in
El Salvador l’anno 1989. Per l’inaugurazione è stata
scelta la data di ieri, 14 di novembre, anniversario della nascita, a Bilbao,
di padre Pedro Arrupe, ex
preposito generale della Compagnia di Gesù, morto a Roma nel 1991. In questa
occasione è stato reso pubblico il programma di alcune celebrazioni per il
centenario ed in particolare per il prossimo 14 novembre 2007 giorno in cui si
compiono cento anni dalla nascita di padre Arrupe. Il
sindaco, Inaki Azkuna, ha
ricordato che padre Arrupe era stato nominato figlio
prediletto della città di Bilbao e che per la data del centenario è prevista
l’inaugurazione di una scultura alla sua memoria.
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CELEBRATO QUESTA MATTINA A TOKYO, IN
GIAPPONE,
IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI NIKKIO NIVANO,
FONDATORE DELLA
RISSHO KOSEI-KAI, ORGANIZZAZIONE DI LAICI BUDDISTI,
IMPEGNATI NEL DIALOGO INTERRELIGIOSO E SUI TEMI DELLA PACE
NEL MONDO.
PRESENTI NELLA SEDE
MONDIALE DELL’ORGANIZZAZIONE, RAPPRESENTANTI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI E DELLA
COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO
- A cura di Luca Collodi -
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TOKYO. = 60 anni fa, alla fine
della Seconda Guerra mondiale, Nikkio Nivano fondò una nuova corrente buddista, la comunità Rissho Kosei-kai. Stamani a
Tokyo, nella sede mondiale dell’organizzazione, all’interno del grande sacro
edificio, restaurato per l’occasione, è stato festeggiato il centenario della
nascita del fondatore, Nivano, alla presenza – tra
gli altri – del cardinale emerito di Tokyo e del nunzio apostolico. La Rissho Kosei-kai, oltre 10
milioni di aderenti in Giappone, centinaia di migliaia nel mondo, in
particolare tra Asia e Stati Uniti, è un movimento di laici buddisti che pone
al centro della sua azione il Budda eterno, che
estende il suo amore e la sua gratitudine a tutti gli esseri viventi e non. I
fedeli della Rissho Kosei-kai,
oltre a studiare la dottrina buddista, si impegnano per la giustizia sociale, i
diritti umani e la pace nel mondo, interessi che portarono il fondatore, Nikkio Nivano, morto nel 1999 a
92 anni di età, al Concilio Vaticano II come osservatore non cristiano e in
udienza da Paolo VI durante l’apertura della sessione finale del Concilio, nel
1965. Attualmente, la Rissho Kosei-kai
è il gruppo buddista più aperto ai temi della pace e al dialogo con le altre
religioni. Il Giappone collabora con la Chiesa cattolica locale per la
soluzione di molti problemi sociali in un Paese dove ogni anno si verificano
oltre 30 mila suicidi tra i giovani. Respinte dispute e scontri tra gruppi
religiosi, la comunità buddista Rissho Kosei-kai prosegue l’intuizione del suo fondatore Nivano studiando le altre religioni per capirle di più e
collaborare con loro per la salvezza dell’uomo, soprattutto per trovare parole
e concetti comuni per esprimersi nel dialogo interreligioso, alla scoperta
dell’armonia e della felicità tra i popoli.
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15 novembre 2006
- A cura di Fausta Speranza e Ada Serra -
Gran parte degli
ostaggi rimasti vittima dello spettacolare sequestro di massa avvenuto ieri
mattina a Baghdad sarebbero stati liberati, secondo la televisione pubblica
irachena che cita il Ministero dell'interno. Un'altra fonte sciita parla però
di una trentina di dispersi. Il servizio di Fausta Speranza:
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Una ventina delle
persone, impiegati e visitatori, catturate ieri nel Ministero dell’istruzione
da uomini con divise della polizia irachena sarebbero state liberate dai
rapitori nel corso della giornata, altri sarebbero stati salvati
dall'intervento degli agenti. Ma familiari di impiegati non rispondono ancora
all’appello. Per l’accaduto sono stati arrestati cinque ufficiali di polizia. Guardando alle ultime ore, ancora
sangue: uccisa a Mossul una giornalista; a Baghdad,
almeno 20 persone sono morte in due esplosioni, una a Sadr
City, periferia sciita di Baghdad, e una al centro della città, in un mercato.
Attentato anche ad un funerale. Sempre nella capitale, morti anche quattro
soldati USA. E bisognerebbe ricordare anche i diversi morti di ieri: almeno 30
in un raid americano a Ramadi, roccaforte
dell’insurrezione sunnita. In tutto questo, Downing
Street e la Casa Bianca smentiscono l’insorgere di differenze di punti di
vista. Il discorso del premier britannico Blair di
lunedì scorso sembrava una concessione, a Iran e Siria, dello status di possibili
partner in un negoziato sull’Iraq, eventualità finora esclusa da Washington.
Interrogato in videoconferenza dal Gruppo di studio americano sull’Iraq, Blair ha proposto un’azione diplomatica globale in Medioriente che passi, in primo luogo, dalla risoluzione
della crisi israelo-palestinese. Ma Blair ha aggiunto che Iran e Siria devono rinunciare a
sfidare il diritto internazionale, pena l’isolamento. Il Gruppo di studio
sull’Iraq è una commissione trasversale. Presenterà le proprie conclusioni a Bush il mese prossimo. Fra i direttori c’è l’ex segretario
di Stato, James Baker, da
tempo partigiano del dialogo diretto con Iran e Siria. Le sue idee sono di colpo tornate in auge, dopo la recente disfatta
elettorale repubblicana, ritenuta anche una sconfessione della politica finora
perseguita in Iraq.
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Una
donna israeliana è stata uccisa e un uomo è rimasto ferito da un razzo sparato
oggi dai militanti palestinesi sulla città israeliana di Sderot,
vicino al confine nordorientale della Striscia di
Gaza. Lo ha riferito la polizia israeliana. L’attacco è stato rivendicato dal
braccio armato di Hamas. L’esercito israeliano ha
fatto sapere che l’attacco potrebbe provocare una “risposta”. È la prima volta,
dall’anno scorso, che i militanti palestinesi fanno vittime con il lancio di
razzi su città o villaggi al confine con Gaza.
“Ormai è
chiaro che l’Iran vuole la bomba atomica”: ha reagito così la Casa Bianca
all’annunciata costruzione di ben 60.000 centrifughe nella Repubblica islamica.
Il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha
definito ieri il nuovo obiettivo, affermando che le macchine serviranno a
produrre combustibile per centrali nucleari civili. Finora si era parlato di
3.000 centrifughe entro marzo. Gli ispettori
internazionali in un rapporto di tre pagine hanno scritto di non poter
garantire che i fini siano pacifici, aggiungendo che
l’Iran sta ancora ostacolando le verifiche. Ad ogni modo, i controllori hanno
detto che il Paese ha prodotto una modesta quantità di uranio altamente arricchito e hanno anche trovato tracce di
plutonio. Sostanze, entrambe, che - in determinate condizioni - potrebbero
servire a far detonare un ordigno nucleare. Sul ritrovamento di plutonio,
l’Iran ha fornito spiegazioni, che sono al vaglio dei tecnici.
Una missione delle Nazioni Unite
si recherà prossimamente in Ciad e nella Repubblica Centrafricana
per valutare le necessità e proteggere i profughi scappati dal Darfur, la regione del Sudan nella quale è in corso un
guerra civile dal febbraio 2003. Lo ha annunciato in
serata a New York il responsabile per le operazioni di mantenimento della pace,
Jean-Marie Guehenno,
secondo cui “le missioni dovrebbero trovarsi sul posto all’inizio della
prossima settimana”. La missione ONU era già stata annunciata in un primo tempo
alla fine del mese di ottobre, ma era stata ritardata a causa delle crescente instabilità nell’area.
Le forze di sicurezza della
Nigeria hanno respinto un attacco a un punto di rifornimento di petrolio della
compagnia Shell sul delta del Niger, uccidendo due
presunti attentatori e catturandone altri due. Il gruppo era formato da una
dozzina di uomini armati.
Dieci Paesi avrebbero violato l’embargo delle armi stabilito dall’ONU per
assicurare armi alla Somalia. E’ quanto emerge da un rapporto
delle Nazioni Unite che deve essere discusso dal Consiglio di sicurezza venerdì
prossimo. Sette Paesi, tra cui ci sarebbero Iran e Siria, hanno supportato con
armi e personale militare le milizie delle Corti islamiche. Altri Paesi,
invece, avrebbero fornito aiuto al governo ad interim somalo. Gli altri Paesi
che sostengono le Corti islamiche sarebbero Eritrea, Egitto, Libia, e Arabia
Saudita. Etiopia, Uganda e Yemen, invece, sarebbero
impegnate a sostenere il governo somalo. Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, nel rapporto si denuncia il rischio che quanto sta
accadendo in Somalia possa portare a un conflitto tra
Etiopia e Eritrea o ad atti di terrorismo in altri vulnerabili Stati della
regione. Bisogna dire che molti dei Paesi citati respingono le accuse.
Un terremoto di magnitudine 8,1 è stato registrato
nelle Isole Kurili ed ora c’è un allarme tsunami per la
parte est di Hokkaido, l’isola più a nord del Giappone, e anche per la
Russia.
La
crisi nello Stato meridionale di Oaxaca, una delle
regioni più povere del Messico, è esplosa cinque mesi fa in seguito alle
rivendicazioni sindacali dei maestri di scuola. La dura reazione opposta dal
governo locale di Ulises Ruiz
e lo stato d’assedio posto dalla polizia per ordine del presidente Fox ha trasformato le manifestazioni in una rivolta che
rischia di avere gravi ripercussioni a livello nazionale. Una situazione che
s’inscrive nella crisi politica dello Stato messicano, in seguito alle
contestate elezioni presidenziali vinte da Felipe Calderón, il cui risultato non è mai stato riconosciuto da Lopez Obradór, leader del Partito
della rivoluzione democratica. Stefano Leszczynski ha intervistato Jorge Gutierrez, corrispondente
della emittente messicana Radio Centro:
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R. – La
crisi di Oaxaca è andata oltre le frontiere di questo
Stato, perché in tanti altri Stati e città del Messico ci sono manifestazioni,
atti di protesta contro il governo, contro il governatore di Oaxaca e, soprattutto, in appoggio dell’Assemblea popolare
del Paese di Oaxaca, appoggiata appunto in tanti
altri posti del Messico.
D. –
Tuttavia, sui giornali anche internazionali, si leggono delle perplessità per
quanto riguarda l’APPO, questo insieme di organizzazioni e di movimenti che
sostengono la rivolta …
R. –
Certamente in questi grandi movimenti ci sono delle infiltrazioni di gente che
ha poco a che vedere con l’origine di questa protesta. E’ gente radicale che
cerca sicuramente di destabilizzare il Paese e il
governo. Tuttavia, credo che l’APPO abbia una base importante: i professori e
la gente di Oaxaca, soprattutto indigeni e contadini
di uno Stato che è il più povero del Messico.
D. – In
passato, in crisi analoghe, la Chiesa messicana ha svolto un ruolo di
mediazione. E’ un ruolo che potrebbe svolgere anche adesso?
R. –
Credo che la Chiesa, per la presenza e la forza che ha nello Stato potrebbe
giocare un importante ruolo, perché sono poche le istituzioni che godono di una
legittimità all’interno dello Stato.
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Il presidente americano Bush è arrivato all’aeroporto di Vnoukovo,
nei pressi di Mosca, per un incontro con il presidente russo Putin. Il Cremlino sottolinea che l’incontro avviene prima
della firma di un accordo sull’adesione della Russia all’Organizzazione
Mondiale del Commercio. Si tratta comunque di una tappa per Bush
sulla via di un viaggio in Asia, che lo porterà a Singapore, in Vietnam e in
Indonesia.
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