RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 319 - Testo della trasmissione di mercoledì 15 novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Lo Spirito Santo caratterizza la vita di ogni cristiano e lo spinge a testimoniare il Vangelo sulle strade del mondo: così Benedetto XVI all’udienza generale, dedicata agli insegnamenti di San Paolo sullo Spirito pentecostale

 

Il saluto di Benedetto XVI al Festival del cinema spirituale “Tertio Millennio” aperto ieri a Roma presso l’Università Gregoriana: interviste con don Dario Viganò e Hanna Polak

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Cattolici e anglicani rilanciano il dialogo ecumenico: ai nostri microfoni mons. Andrew Summersgill

 

Il Giappone rivendica il diritto di disporre di bombe atomiche: intervista con Luigi Bonanate

 

Nuovo libro di suor Margherita Marchione sull’impegno di Pio XII a favore dei prigionieri di guerra di qualsiasi confessione e nazionalità: ai nostri microfoni la religiosa

 

CHIESA E SOCIETA’:

        I vescovi degli Stati Uniti chiedono al governo USA di riconoscere gli errori compiuti sulla questione irachena e di promuovere la stabilità e la ricostruzione del Paese arabo

 

Si concludono oggi i lavori dell’83.ma Assemblea plenaria dei vescovi della Bolivia

 

I cambiamenti climatici sono una minaccia globale: è l’allarme lanciato dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, durante la Conferenza sul clima, in corso in Kenya

 

Inaugurazione a Bilbao, in Spagna, di un importante Centro pastorale dedicato a padre Pedro Arrupe

 

Celebrato a Tokyo, in Giappone,  il centenario della nascita di Nikkio Nivano, fondatore della Risso Kosei-Kai, organizzazione di laici buddisti impegnata nel dialogo interreligioso

 

 

24 ORE NEL MONDO:

Non si ferma la catena di attentati in Iraq: un’autobomba a Baghdad provoca numerosi morti. Quattro i soldati americani uccisi oggi

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 novembre 2006

 

LO SPIRITO SANTO CARATTERIZZA LA VITA DI OGNI CRISTIANO

E LO SPINGE A TESTIMONIARE IL VANGELO SULLE STRADE DEL MONDO:

COSI’ BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE,

 DEDICATA AGLI INSEGNAMENTI DI SAN PAOLO SULLO SPIRITO PENTECOSTALE

 

Lo Spirito Santo agisce nella vita di ogni cristiano, contrassegnandone l’identità: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che, all’udienza generale in Piazza San Pietro, ha proseguito la sua catechesi sulla figura di San Paolo, mettendo l’accento sugli insegnamenti che “l’Apostolo delle Genti” offre sullo Spirito pentecostale. Lo Spirito Santo, è stata l’esortazione del Pontefice, orienti la nostra vita verso la gioia, la comunione e la speranza. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Grazie allo Spirito Santo, il cristiano possiede “un’interiorità ricca e profonda” che ci stabilisce in un “rapporto di filiazione con Dio”: è quanto affermato da Benedetto XVI all’udienza generale. Il Papa ha sottolineato come questo rapporto filiale sia “la nostra grande dignità”. Non siamo infatti soltanto “immagine, ma figli di Dio”. Ha così ricordato che San Paolo mostra non solo la dimensione dinamica dello Spirito, ma anche la sua presenza nella vita del cristiano. Presenza che ne contrassegna l’identità:

 

“Paolo riflette sullo Spirito esponendone l’influsso non solo sull'agire del cristiano, ma anche sul nostro essere. Infatti è lui a dire che lo Spirito di Dio abita in noi e che ‘Dio ha inviato lo Spirito del suo Figlio nei nostri cuori’. Per Paolo dunque lo Spirito ci connota fin nelle nostre più intime profondità personali”.

 

Il Libro degli Atti, è stata la sua riflessione, racconta le missioni compiute dagli apostoli nel mondo e soprattutto i tre viaggi missionari compiuti da San Paolo, definito dal Papa un “gigante non solo nell’apostolato, ma anche nella dottrina teologica, profondamente stimolante”. Proprio San Paolo, ha detto, ci mostra dunque la forza dello Spirito Santo che ci spinge a testimoniare la nostra fede in Cristo:

 

“Lo Spirito pentecostale reca con sé una spinta vigorosa ad assumere l’impegno della missione per testimoniare il Vangelo sulle strade del mondo”.

 

San Paolo, ha detto ancora, indica la connessione dello Spirito Santo con l’amore. L’amore è proprio il primo frutto dello Spirito. Un amore che unisce. D’altro canto, Benedetto XVI ha indicato che alla “specificità della fede cristiana”, “appartiene la confessione di un’originale condivisione di questo Spirito da parte del Signore risorto, il quale è diventato Lui stesso Spirito vivificante”. Lo Spirito Santo, ha ribadito il Papa, è innanzitutto “creatore di comunione all’interno della comunità cristiana”. Citando poi Sant’Agostino, il Papa ha affermato che se vediamo la Carità, vediamo anche la Trinità. “D'altra parte, però, - ha avvertito - è anche vero che lo Spirito ci stimola a intrecciare rapporti di carità con tutti gli uomini. Sicché, quando noi amiamo diamo spazio allo Spirito, gli permettiamo di esprimersi in pienezza” .Parole accompagnate da una viva esortazione a seguire l’esempio di San Paolo:

 

“Impariamo così da Paolo che l’azione dello Spirito orienta la nostra vita verso i grandi valori dell’amore, della gioia, della comunione e della speranza. Spetta a noi farne ogni giorno l'esperienza assecondando gli interiori suggerimenti dello Spirito, aiutati nel discernimento dalla guida illuminante dell’Apostolo”.

 

Ancora, il Papa ha ricordato che San Paolo ci mostra che “non esiste vera preghiera senza la presenza dello Spirito in noi”. Ha così evidenziato che “lo Spirito Santo, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio”, è “come l'anima della nostra anima, la parte più segreta del nostro essere, da dove sale incessantemente verso Dio un moto di preghiera, di cui non possiamo nemmeno precisare i termini”:

 

“Lo Spirito, infatti, sempre desto in noi, supplisce alle nostre carenze e offre al Padre la nostra adorazione, insieme con le nostre aspirazioni più profonde. Naturalmente ciò richiede un livello di grande comunione vitale con lo Spirito. E’ un invito ad essere sempre più sensibili, più attenti a questa presenza dello Spirito in noi, a trasformarla in preghiera, a sentire questa presenza e ad imparare così a pregare, a parlare col Padre da figli nello Spirito Santo”.

 

Dopo la catechesi, il Papa ha invitato i giovani ad “essere operatori di pace e artefici di riconciliazione”, seguendo l’esempio di Sant’Alberto Magno, di cui oggi si celebra la memoria liturgica. Un Santo, ha evidenziato, che “si sforzò continuamente di stabilire la pace tra le popolazioni del suo tempo”. Infine, ha rivolto un saluto particolare all’associazione Venarotta Calcio e ai partecipanti Un pallone per amico, che coinvolge i giornalisti RAI e la Polizia di Stato.

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NOMINE

 

In Italia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale di Montevergine, presentata dall’Abate benedettino Dom Tarcisio Giovanni Nazzaro,  in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

In Brasile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Osório  presentata da mons. Thadeu Gomes Canellas, per raggiunti limiti di età. Gli succede padre Jaime Pedro Kohl, della Congregazione dei "Poveri Servi della Divina Provvidenza”, finora maestro dei novizi presso il Noviziato Nossa Senhora de Caravaggio a Farroupilha, nella diocesi di Caxias do Sul. Padre Jaime Pedro Kohl è nato il 12 dicembre 1954 nella città di Salvador do Sul, nell’arcidiocesi di Porto Alegre, Stato del Rio Grande do Sul.  Ha compiuto gli studi di filosofia nell’Università di Caxias do Sul e quelli di teologia nell’Istituto Teologico San Zeno di Verona, in Italia. Ha ottenuto anche la licenza in Teologia Morale nella Pontificia Accademia Alfonsiana a Roma. È stato ordinato sacerdote il 2 settembre 1984.

 

Il Santo Padre ha elevato alla dignità episcopale  padre Gianfranco Girotti, dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, reggente della Penitenzieria Apostolica, assegnandogli la sede titolare di Meta. Padre Gianfranco Girotti è nato a Roma il 21 aprile 1937. Da undici anni ricopre l'ufficio di assistente generale per gli Affari Giuridici dell’Ordine. È sacerdote dal 17 febbraio 1963. Nel 1969 ha iniziato il suo servizio presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, ove ha assolto le funzioni prima di capo ufficio e da ultimo di sotto-segretario. È stato nominato reggente della Penitenzieria Apostolica il 16 febbraio 2002 e consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. Dal 1980 è docente di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Urbaniana e cappellano del Carcere romano di "Regina Coeli", dove continua a svolgere il suo ministero pastorale. È stato procuratore generale dell'Ordine, giudice del Tribunale di Appello presso il Tribunale Regionale del Lazio e segretario generale e vice-presidente dell'“Associazione Canonistica Italiana”.

Il Papa ha elevato alla dignità episcopale mons. Antoni Stankiewicz, decano del Tribunale della Rota Romana, assegnandogli la sede titolare di Novapietra.  Mons. Antoni Stankiewicz  è nato il 1° ottobre 1935 a Oleszczenice, in Polonia.  È stato ordinato sacerdote il 20 dicembre 1958.  Dal 1969 è officiale presso il Tribunale della Rota Romana, dove, dal 1978 è giudice, e, dal 31 gennaio 2004 è anche decano del medesimo Tribunale. Dal 1980 è professore invitato presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana e, dal 1996, anche presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce. Dal 1984 è docente presso lo Studio Rotale e consultore della Congregazione per il Clero; dal 1989 è membro della Commissione per gli Avvocati, e dal 2000 è giudice della Corte d'Appello dello Stato della Città del Vaticano.

 

Il Santo Padre ha elevato alla dignità episcopale don Raffaele Farina, salesiano, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana dal 1997, assegnandogli la sede titolare di Oderzo. Don Raffaele Farina è nato a Buonalbergo, diocesi di Ariano Irpino e provincia di Benevento, il 24 settembre 1933. Nel 1958 è stato ordinato sacerdote. E’ stato per 12 anni  rettore della Pontificia Università Salesiana, per 10 anni  segretario del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e per 6 anni sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Cultura.

 

 

LA TRAGEDIA DEI BAMBINI ABBANDONATI DI LENINGRADO, UN ESEMPIO DI CINEMA CHE SPEZZA LA “CONGIURA DEL SILENZIO”.

ALLA RASSEGNA IN CORSO ALLA GREGORIANA, GLI AUGURI DI BENEDETTO XVI PER UN CINEMA CHE ESALTI I VALORI SPIRITUALI

E PROMUOVA IL DIALOGO TRA FEDE E CULTURA

- Interviste con don Dario Viganò e Hanna Polak -

 

Una iniziativa capace di “approfondire l’anelito spirituale e i valori cristiani che animano le produzioni cinematografiche”. Sono le parole di apprezzamento di Benedetto XVI contenute nel telegramma inviato agli organizzatori del Festival del cinema spirituale “Tertio Millennio”, in corso in questi giorni alla Pontificia Università Gregoriana. Nel testo a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa auspica, tra l’altro, che “il simposio susciti un rinnovato e fecondo dialogo tra fede e cultura contemporanea, favorendo la solidarietà e la pace”. Un auspicio condiviso dal presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale Paul Poupard, il quale ha affermato che il cinema, per la sua natura di “laboratorio di vita”, diventa “un invito al dialogo serrato tra Chiesa e mass media”. Riferendosi poi al tema centrale del convegno e della rassegna, “La congiura del silenzio”, il porporato ha detto che il cinema “è uno strumento privilegiato per spezzare le catene di un silenzio spesso colpevole” nei confronti di chi non ha possibilità di farsi ascoltare. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Far conoscere verità negate, misconosciute, difficili da accettare. Film e documentari che parlano e denunciano i silenzi della storia e delle società. Il Convegno di studi e la rassegna di film offerti nell’ambito del Festival del Cinema Spirituale invitano a riflettere, interrogano le coscienze. Un tema di grande interesse e scottante attualità: “La cospirazione del silenzio”. Mons. Dario Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo, motiva così questa scelta:

 

“Il tema de ‘La cospirazione del silenzio’ nasce almeno per due ragioni. Il primo viene desunto dalla storia del cinema. Il cinema, infatti, molto spesso nella storia ha saputo catalizzare sguardi, passioni intelligenti di giovani, dando vita a delle rivoluzioni pacifiche. Pensiamo agli anni ’20 nell’ex Unione Sovietica oppure al cinema dell’Estremo Oriente. Quindi, il cinema sa davvero catalizzare quel sentire che diversamente sarebbe censurato. D’altra parte, quest’anno, abbiamo voluto chiamarlo ‘La cospirazione del silenzio’, perchè sono molti i film che abbiamo cercato e trovato, che in qualche modo rompono una cortina di silenzio. Penso ad esempio al documentario straordinario di Hanna PolakI bambini di Leningrado’, che racconta esattamente la vicenda triste di bambini costretti a vivere nel tunnel delle stazioni metropolitane di Mosca, quando poi Mosca sta ridisegnando se stessa agli occhi dell’Occidente come una democrazia. Penso anche a dei film importanti di cui abbiamo l’anteprima come ‘Love Hate’, nel quale abbiamo di nuovo un incontro tra culture e religioni. E ancora, da una parte l’islam e dall’altra parte l’Occidente, in questo caso la Londra di questi giorni. Penso ad un altro documentario sulle favelas del Brasile. Quindi,La cospirazione del silenzio’, perché il cinema sa dare voce a quelle voci che diversamente sarebbero soffocate”.    

 

Alcune pellicole affrontano l’aspetto, drammatico e delicatissimo, di infanzie violate e di periferie abbandonate da chi dovrebbe al contrario prevenire il degrado sociale. “Children of Leningradsky” è uno spietato documento sui 30.000 bambini abbandonati e affamati che vivono nel sottosuolo della città russa. Una sfida che la regista Hanna Polak così descrive ai nostri microfoni:

 

       R. – FIRST OF ALL…

“Prima di lavorare al film ero già impegnata ad aiutare i bambini. Avevo incontrato alcuni di loro camminando per la stazione ed era stato molto scioccante per me scoprire l’esistenza di questi piccoli senzatetto, senza qualcuno che badasse a loro. Così ho iniziato a pensare ad un modo per aiutarli. Con alcuni amici abbiamo fondato una piccola organizzazione caritatevole, in grado di sostenere questi ragazzini. Ci preoccupavamo di distribuire loro del cibo, di parlare con loro, di inserirli in orfanotrofi, abbiamo tentato di strapparli alla strada in vari modi. In seguito ho capito che sarebbe stata una buona idea fare un film per far conoscere alle persone questo grave problema, per cercare di influenzarle e per  trovare qualcuno disponibile ad aiutarci. Questo film è in realtà un modo per cercare aiuto”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

 

Servizio estero - Nucleare: l'AIEA afferma che l'Iran si rifiuta di collaborare.

 

Servizio culturale - Un articolo di Andrea Fagioli dal titolo “Nel fango, con le pale e gli stivali, per salvare un immenso patrimonio culturale”: una serie di esposizioni a Firenze ricorda quel 4 novembre 1966, quando la furia dell'Arno in piena devastò la città.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 novembre 2006

 

IMPORTANTE TAPPA NEL CAMMINO ECUMENICO:

RIUNITI A LEEDS I VESCOVI CATTOLICI D’INGHILTERRA E GALLES E QUELLI ANGLICANI, 40 ANNI DOPO LA VISITA DELL’ALLORA ARCIVESCOVO DI CANTERBURY A PAOLO VI

 E ALLA VIGILIA DEL PROSSIMO INCONTRO A ROMA

DEL PRIMATE ANGLICANO, ROWAN WILLIAMS, CON  BENEDETTO XVI

 

Giornata storica nel cammino ecumenico: per la prima volta riuniti insieme a Leeds i vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles e quelli anglicani, guidati dal Primate della Comunione Anglicana, Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury, e dal cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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         40 anni fa la visita in Vaticano dell’allora arcivescovo di Canterbury Michael Ramsey a Paolo VI, segnava - all’indomani del Concilio Vaticano II - una tappa storica nel dialogo ecumenico, che apriva nuove speranze verso la piena unità dei cristiani, e portava negli anni avvenire frutti di riconciliazione dottrinale e pastorale. A commemorare questo evento l’incontro aperto ieri pomeriggio a Leeds in Inghilterra, anticipa un'altra visita storica che il Primate della Comunione Anglicana, Rowan Williams compirà il 23 novembre prossimo a Roma per incontrare Benedetto XVI. “Riconosciamo l’importanza di lavorare congiuntamente per presentare una condivisa testimonianza cristiana alla società” - sottolineano l’arcivescovo Williams ed il cardinale Murphy-O’Connor in una dichiarazione congiunta diffusa ieri, riconoscendo anche “l’importanza di lavorare insieme con altre confessioni cristiane e con rappresentanti di altre religioni per raggiungere il bene comune nella società”. “La missione affidataci da Cristo” – scrivono – “ci obbliga ad impegnarci profondamente ed estesamente in questa missione, fondata sul dialogo e sulla preghiera comune. Non nascondono poi le difficoltà che ancora permangono, se “la nostra fede cristiana – ricordano – è radicata nel comune Battesimo, tuttavia la nostra comunione resta imperfetta”. “Il nostro entusiasmo per il dialogo” richiede allora – sollecitano l’arcivescovo Williams ed il cardinale Murphy-O’Connor - di essere “onesti nell’affrontare argomenti sui quali non siamo d’accordo”. E questo è possibile - conclude la nota, “quando ci si attiene al Vangelo”. Sulle attese di questo incontro a Leeds, che si concluderà oggi pomeriggio, Philippa Hitchen ha intervistato mons. Andrew Summersgill, segretario generale delle Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles:

 

R. – Fa parte di un processo che è cominciato con il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana. Il punto più importante di questo incontro è il fatto di celebrare e di riconoscere che esistono le possibilità di lavorare insieme,di dare una testimonianza comune ad una società che ha quasi dimenticato le sue radici cristiane, e così di poter vedere i vescovi anglicani e cattolici pregare insieme e dare una testimonianza di lavoro in comune. E’ molto importante, è un buon segno per la nostra società. Si possono anche riconoscere le difficoltà e le diverse posizioni, ma quello che è importante è che si può parlare e riflettere su quello che possono fare e su quello che già fanno insieme i vescovi delle due tradizioni.

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ALL'INDOMANI DELLA RIVENDICAZIONE  DEL DIRITTO DI DISPORRE

DI BOMBE ATOMICHE, IL GIAPPONE, ATTRAVERSO IL PREMIER SHINZO ABE,

CONFERMA LA VOLONTA’ DI AMPLIARE L'INTERPRETAZIONE

DEL CONCETTO DI  AUTODIFESA, APRENDO ANCHE ALLA POSSIBILITA’

 DI UN AUTONOMO SISTEMA ANTIMISSILE

- Intervista con Luigi Bonanate -

 

All’indomani della rivendicazione del diritto di disporre di bombe atomiche il Giappone ha  annunciato oggi di voler studiare anche le possibilità di dotarsi di un autonomo sistema antimissile. “Dovremo studiare se possiamo abbattere missili che  potrebbero essere diretti verso gli Stati Uniti”, ha dichiarato il premier Shinzo Abe in un'intervista al Washington Post ampiamente ripresa dalla stampa giapponese odierna. La frase del premier ultraconservatore appare come un nuovo tentativo di ampliare l'interpretazione del concetto di autodifesa sulla base della Costituzione pacifista del dopoguerra. Ieri, in una risposta scritta in Parlamento, il governo nipponico aveva proclamato per la prima volta il diritto di disporre di un minimo deterrente nucleare anche  nell'ambito dei principii pacifisti della legge fondamentale  dello Stato.  Ma come inquadrare nel contesto internazionale questa presa di posizione del Giappone? Fausta Speranza lo ha chiesto al prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino:

 

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R. – Il primo dato da considerare è che è ormai all’incirca un anno  che ogni giorno abbiamo qualche notizia sul nucleare, novità nella politica nucleare, qualche nuova intenzione da parte di questo o quello Stato. E direi che se dovessi fissare il punto principale della dinamica di questo ultimo anno direi che è rappresentato  non dal caso iraniano, non dal caso giapponese e neppure da quello nordcoreano, ma bensì da quello indiano. L’India, qualche mese fa, è stata formalmente autorizzata dal presidente Bush a violare il Trattato di non proliferazione. Questo non è un segreto: si tratta di una notizia che qualche mese fa circolò, ma naturalmente circolò mescolata insieme a tutte le altre questioni gravi che ci sono sulla scena internazionale, qualche mese fa c’era tra l’altro il Libano in piena guerra e l’Iraq sempre presente. L’autorizzazione statunitense all’India, che è di fianco al Pakistan che è già dotato di armi nucleare, mi pare sia stato proprio il punto su cui c’è stata una svolta nella politica nucleare mondiale. Mi viene da dire che la cosa è terrorizzante, perché per 50 anni, più o meno, il tabù nucleare ha in qualche modo funzionato. Comprensibilmente una volta caduto il Muro di Berlino, il bipolarismo, la Guerra Fredda, l’equilibrio del terrore, ovviamente tutte quelle regole di autocontrollo erano destinate a cadere, nel senso che non ce ne doveva essere più bisogno.

 

D. – Sembra molto ovvio, ma non procedere sulla via della denuclearizzazione significava il moltiplicarsi dei Paesi nella corsa all’atomica. Era chiaro ma questo è successo…

 

R. – Certo ed è stato nefasto. E’ qui che entra il discorso giapponese: che sia proprio il Giappone -  che è l’unico Paese al mondo, per sua sfortuna, che ha provato in corpore vivi, nel modo più sconvolgente, - perché è ben diverso da un esperimento – il bombardamento di due bombe atomiche sul proprio Paese – ad aver dimenticato questo tabù, mi sembra molto grave.

 

D. – Professore, abbiamo inquadrato nel contesto internazionale questa dichiarazione, ma cerchiamo di capire intenzioni o effetti? Voglio dire: voleva essere anche un messaggio?

 

R. – Certamente il primo messaggio è ovviamente al Paese vicino, è alla Corea del Nord. Se andiamo, però, a guardare la Corea del Nord, immediatamente dobbiamo dirci che non è del tutto chiara la vicenda dei primi di ottobre sugli esperimenti nucleari e missilistici nordcoreani. E’ ancora avvolta – e peso le parole – nel più grottesco mistero. Non si sa ancora cosa sia successo in quei giorni. L’opinione pubblica mondiale fu inizialmente informata del fatto che la Corea del Nord era ormai in grado di lanciare bombe atomiche. Nei giorni successivi è poi venuto fuori che questo forse non era vero, che l’esperimento era fallito, o che l’esperimento non c’era stato e poi via di seguito. E’ allora chiaro che con l’arrivo del Giappone, ovviamente, il gioco si chiarisce: attenzione, cara Corea del Nord, c’è un gendarme a pochi chilometri da casa tua! Non dimentichiamo, del resto, che il Giappone non ha mai avuto una politica estera autonoma o meglio indifferente rispetto agli Stati Uniti. Quindi io escludo che il Giappone dica queste cose senza consultazioni. Direi che questo è solo l’inizio della partita asiatica, della grande partita asiatica, che suppongo caratterizzerà i prossimi decenni. Il grande problema del mondo di oggi è che noi contrapponiamo alla sfide – per esempio, quella del terrorismo, quella dei Paesi cosiddetti canaglia, chiamiamoli così – non un modo diverso di fare politica, ma contrapponiamo lo stesso modo esaltato ovviamente dalla superiorità e dalla forza occidentale. Non possiamo contrastare il terrorismo con la guerra, non possiamo contrastare le bombe con l’uso di bombe più grandi, perché questo non è altro che correre verso degli abissi!

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PIO XII, PROTAGONISTA DI UNA “CROCIATA DI CARITÀ”

DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. NEL LIBRO

DI SUOR MARGHERITA MARCHIONE, ALCUNE DELLE MIGLIAIA

 DI LETTERE INDIRIZZATE A PAPA PACELLI TESTIMONIANO DEL SUO IMPEGNO

PER I PRIGIONIERI DI GUERRA DI QUALSIASI CONFESSIONE E NAZIONALITA’

- Intervista con la religiosa -

 

Suscitano commozione o fanno rabbrividire per la loro crudezza, ma in ogni caso non lasciano indifferenti. Sono le lettere – valutabili in circa 20 milioni – indirizzate negli anni della Seconda Guerra Mndiale a Pio XII da famiglie di soldati, prigionieri di guerra, dispersi, di ebrei perseguitati: tutti in cerca di notizie, di aiuto, di conforto dal Papa. Custoditi nell’Archivio Segreto Vaticano, questi documenti sono la base sulla quale la religiosa statunitense di origine italiana, suor Margherita Marchione, ha costruito il suo ultimo libro dedicato a Papa Pacelli. Edito dalla Sperling&Kupfer, il libro si intitola “Crociata di carità - L’impegno di Pio XII per i prigionieri della Seconda Guerra Mondiale”: nelle sue pagine, rivivono drammi sconosciuti e documentati che raccontano di un Pontefice alacremente impegnato sul versante della solidarietà, ben oltre quei presunti “silenzi” o incertezze enfatizzati da certa pubblicistica. Alessandro De Carolis ne ha parlato con l’autrice:

 

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R. – Coloro che scrivono in questo modo di Pio XII ci dicono che non hanno studiato bene la storia e non hanno studiato i documenti. Io, per conto mio, per dieci anni, ho cercato di riferirmi proprio ai documenti - che esistono - e per questo dico che coloro che affermano il contrario non hanno ragione affatto.

 

D. – Anche il suo è un libro fatto di documenti…

 

R. – Soltanto sui documenti. Durante la guerra c’erano migliaia e migliaia di soldati prigionieri e tanti dispersi e le povere famiglie non sapevano a chi rivolgersi. Quando hanno visto che nessuno dava loro ascolto, si sono rivolti a Sua Santità Pio XII, il quale, appena cominciata la guerra, aveva istituito l’Ufficio Informazioni Vaticano. Ora, possiamo dire che nell’Archivio Segreto si trovano 20 milioni di lettere di richieste di aiuto. Il Santo Padre, tramite i suoi delegati, dappertutto nel mondo, è riuscito a rispondere a tutte queste lettere. Nell’Archivio ho trovato le cartelle, che dicono, ad esempio, quante volte il nome di un tale individuo era stato annunciato alla Radio Vaticana. Le lettere sono commoventi. Dalle cartelle ho saputo persino che il Papa ha potuto fare uno scambio di prigionieri. E’ una cosa magnifica, che poche persone conoscono, perchè nessuno ha mai pubblicato queste lettere.

 

D. – In particolare, quali lettere l’hanno colpita di più?

 

R. – Le lettere di alcuni ebrei, che cercavano di avere aiuto. Io ho citato queste persone che dicevano: “Noi non siamo cattolici, ma sappiamo che lei ha tanta bontà e che lei ci aiuterà”. Poi ci sono le lettere dei bambini. Un bambino dice: “Io voglio che mio padre torni a casa per la mia Prima Comunione. Me lo fai questo piacere?” Cose così commoventi, veramente.

 

D. – Quindi, si può dire che c’era molta fiducia verso il Papa e verso la Santa Sede…

 

R. – Si può dire veramente che lo amavano, perché dalle lettere si sente proprio la fiducia di queste persone. In quelle di risposta, ci sono delle lettere dove si vede in un angolo una piccola nota, nella quale il Papa scriveva: “Fai questo, fai quest’altro”. In una lettera, per esempio, una madre di famiglia diceva: “Grazie del vestiario che mi ha mandato per i miei bambini”. Oppure: “Ho bisogno di denaro”. E poi, ci sono i documenti nei quali si dice chiaramente che Pio XII inviò questo aiuto.

 

D. – Lei afferma nel suo libro che chi si è avvicinato alla figura di Pio XII non lo ha mai fatto in modo “neutrale”. E aggiunge con schiettezza di non volerlo fare nemmeno lei, definendo Papa Pacelli “una persona ispirata da Dio”…

 

R. – Proprio un santo. Io ricevo tante di quelle lettere da persone di tutto il mondo che dicono: “Noi non vediamo l’ora di vederlo beato, perchè abbiamo fiducia in lui e lo vogliamo vedere santo”.

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CHIESA E SOCIETA’

15 novembre 2006

 

 

I VESCOVI DEGLI STATI UNITI CHIEDONO UNA TRANSIZIONE RESPONSABILE IN IRAQ

 ED AUSPICANO UN DIALOGO COLLABORATIVO TRA AMMINISTRAZIONE AMERICANA

E CONGRESSO PER RICONOSCERE GLI ERRORI DEL PASSATO

E PROMUOVERE LA STABILITÀ E LA RICOSTRUZIONE DEL PAESE ARABO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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BALTIMORA. = E’ urgente una transizione responsabile in Iraq, dove scontri etnici e attacchi terroristici sono costati la vita a diverse decine di migliaia di persone. Lo affermano i vescovi degli Stati Uniti, riuniti a Baltimora per la loro Assemblea plenaria, in un documento reso pubblico ieri, pochi giorni dopo le recenti elezioni americane di medio termine. “Le nostre preghiere – scrivono i presuli – sono per i militari in Iraq, le loro famiglie ed il popolo iracheno”. La ricerca della vera giustizia e della pace in Iraq – aggiungono i vescovi – richiede “nuove direzioni”. E per imboccare una strada nuova, che porti finalmente alla pace, l’amministrazione americana e il nuovo Congresso devono promuovere, secondo la Conferenza episcopale statunitense, un dialogo collaborativo che superi “le difficoltà passate e gli errori di calcolo”. Un dibattito – auspicano i presuli – che possa far prendere seriamente in esame “azioni alternative, soprattutto alla luce dei costi umani, morali e finanziari”. Per arrivare ad una transizione responsabile in Iraq, bisogna promuovere, secondo i vescovi statunitensi, adeguati livelli di sicurezza, porre fine alle violenze, dare impulso alla ricostruzione economica, garantire un’effettiva partecipazione politica e un’autentica libertà religiosa. Gli Stati Uniti – precisano i presuli - dovrebbero usare “il loro potere, la loro influenza e la loro presenza” per centrare questi obiettivi. Nel documento si lancia poi l’allarme per la deteriorata situazione dei cristiani e delle altre minoranze religiose in Iraq. “La loro vulnerabilità – si legge nel testo – è un segno drammatico dei seri e crescenti pericoli per la nazione irachena”. In Iraq, la popolazione cristiana, che prima della guerra era di oltre 1 milione e 200 mila persone, è scesa a circa 600 mila. Secondo l’ONU, il 40 per cento dei profughi provenienti dal Paese arabo sono cristiani.

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SI CONCLUDONO OGGI I LAVORI DELL’83.MA ASSEMBLEA PLENARIA

DEI VESCOVI DELLA BOLIVIA, INCENTRATA SULLE DIVERSE REALTÀ

DELLE 18 DIOCESI E SULLA SITUAZIONE DEL PAESE ANDINO

- A cura di Luis Badilla -

 

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COCHABAMBA. = Un’approfondita analisi degli ambiti pastorali e teologici delle 18 diocesi, dei movimenti ecclesiali e delle numerose istituzioni della Chiesa in Bolivia. E’ il quadro tracciato dai presuli della Conferenza episcopale boliviana in occasione della loro 83.ma Assemblea plenaria, che si conclude oggi a Cochabamba. Sono anche stati presi in esame i contributi dei cattolici boliviani da destinare alla V Conferenza generale delle Conferenze episcopali latinoamericane, in programma in Brasile dal 13 al prossimo 31 maggio. Su questi temi e sulla situazione del Paese, è poi prevista la pubblicazione di un documento conclusivo rivolto ai boliviani e ai cattolici. Il presidente della Conferenza episcopale della Bolivia e arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, cardinale Julio Terrazas, ha poi affrontato durante i lavori dell’Assemblea alcuni aspetti legati al Paese andino. Il porporato ha sottolineato come la nuova Costituzione, attualmente in elaborazione, debba “dare slancio allo sviluppo umano, culturale, economico, sociale e politico”. Invocando “un rinnovato spirito democratico ... dialogo e concertazione” per la redazione della Carta, il cardinale ha anche chiesto, dopo alcuni episodi di violenza che hanno scosso il Paese nelle ultime settimane, maggiore concordia e rispetto reciproco per superare “incomprensioni, risentimenti, divisioni e forme di razzismo”. Il porporato ha auspicato inoltre una riforma del sistema educativo, affinché l’educazione possa essere veramente “libera e liberatrice”. Quindi, il cardinale Julio Terrazas ha sottolineato il dramma della disoccupazione facendo notare che “occorre creare lavoro capace di dare dignità e speranza”. Su un’altra delicata questione, quella relativa alla distribuzione della terra, il cardinale ha spiegato infine che la terra è “un dono di Dio .. un bene universale che deve dare benefici a tutti”.

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“IL CAMBIAMENTO CLIMATICO NON È FICTION”:

 LO HA AFFERMATO IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,

 INTRODUCENDO STAMANI LA FASE FINALE

 DELLA CONFERENZA SUL CLIMA, IN CORSO IN KENYA

 

NAIROBI. = “Il cambiamento climatico non è solo un tema ambientale: distruggerà raccolti, porrà in pericolo le popolazioni costiere, distruggerà ecosistemi, estenderà malattie e provocherà l’aumento dei conflitti per le risorse”: è quanto ha affermato, questa mattina, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, introducendo la fase finale della 12.ma Conferenza internazionale sul clima, in programma fino a venerdì prossimo. L’impatto del cambiamento climatico “ricadrà in modo sproporzionato sui più poveri, soprattutto in Africa”, ha aggiunto il segretario dell’ONU, sottolineando però che si può fare molto per sostenere i Paesi sottosviluppati, i meno attrezzati per affrontare il problema del surriscaldamento. L’incontro di Nairobi si è posto, quindi, l’obiettivo di cercare strade nuove per attenuare gli effetti del cambiamento climatico del pianeta. Quest’ultima fase è dedicata alla negoziazione e all’adozione delle decisioni della conferenza. Molto attesi sono gli interventi dei rappresentanti di Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Australia, grandi ‘produttori’ di emissioni inquinanti. Hanno partecipato ai lavori circa 6 mila persone, tra cui scienziati, esperti, rappresentanti governativi e associazioni ambientaliste, provenienti dai 189 Paesi che hanno firmato la Conferenza quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 1992. Di questi Stati, però, solo 165 hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005 con la ratifica della Russia. Il documento chiede ai Paesi industrializzati di ridurre del 5 per cento le emissioni dei gas serra, responsabili del riscaldamento globale entro il 2012. Nella fase finale della conferenza di Nairobi si tenterà anche di porre le basi per una sorta di ‘Protocollo di Kyoto 2’, che faccia previsioni oltre il 2012 e impegni gli Stati a ridisegnare la politica ambientale in funzione di una riduzione dei consumi energetici nell’impiantistica industriale, nel sistema dei trasporti e in quello degli elettrodomestici. (A.S.)

 

 

INAUGURAZIONE A BILBAO, IN SPAGNA,

 DI UN IMPORTANTE CENTRO PASTORALE DEDICATO A PADRE PEDRO ARRUPE

- A cura di padre Ignacio Arregui -


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BILBAO. = Un grande centro per attività culturali e pastorali, dedicato a padre Pedro Arrupe, è stato inaugurato ieri a Bilbao, in Spagna, alla presenza delle autorità civili ed ecclesiastiche e di laici impegnati in attività apostoliche. Come ha detto mons. Ricardo Blázquez, vescovo di Bilbao, il nuovo impianto apre interessanti prospettive per la vita pastorale della città e della diocesi. Oltre ad alcuni servizi generali, tra i quali un moderno auditorium, l’edificio, con circa 4.000 metri quadrati di superficie, nei suoi quattro piani comprende settori specifici come i movimenti laicali, un organismo non governativo chiamato Alboan, un negozio di prodotti proveniente da Paesi in via di sviluppo, una emittente radiofonica e un Centro Sociale dedicato alla memoria di padre Ignazio Ellacuria, gesuita ucciso in El Salvador l’anno 1989. Per l’inaugurazione è stata scelta la data di ieri, 14 di novembre, anniversario della nascita, a Bilbao, di padre Pedro Arrupe, ex preposito generale della Compagnia di Gesù, morto a Roma nel 1991. In questa occasione è stato reso pubblico il programma di alcune celebrazioni per il centenario ed in particolare per il prossimo 14 novembre 2007 giorno in cui si compiono cento anni dalla nascita di padre Arrupe. Il sindaco, Inaki Azkuna, ha ricordato che padre Arrupe era stato nominato figlio prediletto della città di Bilbao e che per la data del centenario è prevista l’inaugurazione di una scultura alla sua memoria.

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CELEBRATO QUESTA MATTINA A TOKYO, IN GIAPPONE,

IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI NIKKIO NIVANO,

 FONDATORE DELLA RISSHO KOSEI-KAI, ORGANIZZAZIONE DI LAICI BUDDISTI,

IMPEGNATI NEL DIALOGO INTERRELIGIOSO E SUI TEMI DELLA PACE NEL MONDO.

 PRESENTI NELLA SEDE MONDIALE DELL’ORGANIZZAZIONE, RAPPRESENTANTI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI E DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO

- A cura di Luca Collodi -

 

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TOKYO. = 60 anni fa, alla fine della Seconda Guerra mondiale, Nikkio Nivano fondò una nuova corrente buddista, la comunità Rissho Kosei-kai. Stamani a Tokyo, nella sede mondiale dell’organizzazione, all’interno del grande sacro edificio, restaurato per l’occasione, è stato festeggiato il centenario della nascita del fondatore, Nivano, alla presenza – tra gli altri – del cardinale emerito di Tokyo e del nunzio apostolico. La Rissho Kosei-kai, oltre 10 milioni di aderenti in Giappone, centinaia di migliaia nel mondo, in particolare tra Asia e Stati Uniti, è un movimento di laici buddisti che pone al centro della sua azione il Budda eterno, che estende il suo amore e la sua gratitudine a tutti gli esseri viventi e non. I fedeli della Rissho Kosei-kai, oltre a studiare la dottrina buddista, si impegnano per la giustizia sociale, i diritti umani e la pace nel mondo, interessi che portarono il fondatore, Nikkio Nivano, morto nel 1999 a 92 anni di età, al Concilio Vaticano II come osservatore non cristiano e in udienza da Paolo VI durante l’apertura della sessione finale del Concilio, nel 1965. Attualmente, la Rissho Kosei-kai è il gruppo buddista più aperto ai temi della pace e al dialogo con le altre religioni. Il Giappone collabora con la Chiesa cattolica locale per la soluzione di molti problemi sociali in un Paese dove ogni anno si verificano oltre 30 mila suicidi tra i giovani. Respinte dispute e scontri tra gruppi religiosi, la comunità buddista Rissho Kosei-kai prosegue l’intuizione del suo fondatore Nivano studiando le altre religioni per capirle di più e collaborare con loro per la salvezza dell’uomo, soprattutto per trovare parole e concetti comuni per esprimersi nel dialogo interreligioso, alla scoperta dell’armonia e della felicità tra i popoli.

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24 ORE NEL MONDO

15 novembre 2006

 

 

- A cura di Fausta Speranza e Ada Serra -

 

Gran parte degli ostaggi rimasti vittima dello spettacolare sequestro di massa avvenuto ieri mattina a Baghdad sarebbero stati liberati, secondo la televisione pubblica irachena che cita il Ministero dell'interno. Un'altra fonte sciita parla però di una trentina di dispersi. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Una ventina delle persone, impiegati e visitatori, catturate ieri nel Ministero dell’istruzione da uomini con divise della polizia irachena sarebbero state liberate dai rapitori nel corso della giornata, altri sarebbero stati salvati dall'intervento degli agenti. Ma familiari di impiegati non rispondono ancora all’appello. Per l’accaduto sono stati arrestati cinque ufficiali di polizia. Guardando alle ultime ore, ancora sangue: uccisa a Mossul una giornalista; a Baghdad, almeno 20 persone sono morte in due esplosioni, una a Sadr City, periferia sciita di Baghdad, e una al centro della città, in un mercato. Attentato anche ad un funerale. Sempre nella capitale, morti anche quattro soldati USA. E bisognerebbe ricordare anche i diversi morti di ieri: almeno 30 in un raid americano a Ramadi, roccaforte dell’insurrezione sunnita. In tutto questo, Downing Street e la Casa Bianca smentiscono l’insorgere di differenze di punti di vista. Il discorso del premier britannico Blair di lunedì scorso sembrava una concessione, a Iran e Siria, dello status di possibili partner in un negoziato sull’Iraq, eventualità finora esclusa da Washington. Interrogato in videoconferenza dal Gruppo di studio americano sull’Iraq, Blair ha proposto un’azione diplomatica globale in Medioriente che passi, in primo luogo, dalla risoluzione della crisi israelo-palestinese. Ma Blair ha aggiunto che Iran e Siria devono rinunciare a sfidare il diritto internazionale, pena l’isolamento. Il Gruppo di studio sull’Iraq è una commissione trasversale. Presenterà le proprie conclusioni a Bush il mese prossimo. Fra i direttori c’è l’ex segretario di Stato, James Baker, da tempo partigiano del dialogo diretto con Iran e Siria. Le sue idee sono di colpo tornate in auge, dopo la recente disfatta elettorale repubblicana, ritenuta anche una sconfessione della politica finora perseguita in Iraq.

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Una donna israeliana è stata uccisa e un uomo è rimasto ferito da un razzo sparato oggi dai militanti palestinesi sulla città israeliana di Sderot, vicino al confine nordorientale della Striscia di Gaza. Lo ha riferito la polizia israeliana. L’attacco è stato rivendicato dal braccio armato di Hamas. L’esercito israeliano ha fatto sapere che l’attacco potrebbe provocare una “risposta”. È la prima volta, dall’anno scorso, che i militanti palestinesi fanno vittime con il lancio di razzi su città o villaggi al confine con Gaza.

 

Ormai è chiaro che l’Iran vuole la bomba atomica”: ha reagito così la Casa Bianca all’annunciata costruzione di ben 60.000 centrifughe nella Repubblica islamica. Il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha definito ieri il nuovo obiettivo, affermando che le macchine serviranno a produrre combustibile per centrali nucleari civili. Finora si era parlato di 3.000 centrifughe entro marzo. Gli ispettori internazionali in un rapporto di tre pagine hanno scritto di non poter garantire che i fini siano pacifici, aggiungendo che l’Iran sta ancora ostacolando le verifiche. Ad ogni modo, i controllori hanno detto che il Paese ha prodotto una modesta quantità di uranio altamente arricchito e hanno anche trovato tracce di plutonio. Sostanze, entrambe, che - in determinate condizioni - potrebbero servire a far detonare un ordigno nucleare. Sul ritrovamento di plutonio, l’Iran ha fornito spiegazioni, che sono al vaglio dei tecnici.

 

Una missione delle Nazioni Unite si recherà prossimamente in Ciad e nella Repubblica Centrafricana per valutare le necessità e proteggere i profughi scappati dal Darfur, la regione del Sudan nella quale è in corso un guerra civile dal febbraio 2003. Lo ha annunciato in serata a New York il responsabile per le operazioni di mantenimento della pace, Jean-Marie Guehenno, secondo cui “le missioni dovrebbero trovarsi sul posto all’inizio della prossima settimana”. La missione ONU era già stata annunciata in un primo tempo alla fine del mese di ottobre, ma era stata ritardata a causa delle crescente instabilità nell’area.

 

Le forze di sicurezza della Nigeria hanno respinto un attacco a un punto di rifornimento di petrolio della compagnia Shell sul delta del Niger, uccidendo due presunti attentatori e catturandone altri due. Il gruppo era formato da una dozzina di uomini armati.

 

Dieci Paesi avrebbero violato l’embargo delle armi stabilito dall’ONU per assicurare armi alla Somalia. E’ quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite che deve essere discusso dal Consiglio di sicurezza venerdì prossimo. Sette Paesi, tra cui ci sarebbero Iran e Siria, hanno supportato con armi e personale militare le milizie delle Corti islamiche. Altri Paesi, invece, avrebbero fornito aiuto al governo ad interim somalo. Gli altri Paesi che sostengono le Corti islamiche sarebbero Eritrea, Egitto, Libia, e Arabia Saudita. Etiopia, Uganda e Yemen, invece, sarebbero impegnate a sostenere il governo somalo. Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, nel rapporto si denuncia il rischio che quanto sta accadendo in Somalia possa portare a un conflitto tra Etiopia e Eritrea o ad atti di terrorismo in altri vulnerabili Stati della regione. Bisogna dire che molti dei Paesi citati respingono le accuse.


Un terremoto di magnitudine 8,1 è stato registrato nelle Isole Kurili ed ora c’è un allarme tsunami per la parte est di Hokkaido, l’isola più a nord del Giappone, e anche per la Russia.  

 

La crisi nello Stato meridionale di Oaxaca, una delle regioni più povere del Messico, è esplosa cinque mesi fa in seguito alle rivendicazioni sindacali dei maestri di scuola. La dura reazione opposta dal governo locale di Ulises Ruiz e lo stato d’assedio posto dalla polizia per ordine del presidente Fox ha trasformato le manifestazioni in una rivolta che rischia di avere gravi ripercussioni a livello nazionale. Una situazione che s’inscrive nella crisi politica dello Stato messicano, in seguito alle contestate elezioni presidenziali vinte da Felipe Calderón, il cui risultato non è mai stato riconosciuto da Lopez Obradór, leader del Partito della rivoluzione democratica. Stefano Leszczynski ha intervistato Jorge Gutierrez, corrispondente della emittente messicana Radio Centro:

 

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R. – La crisi di Oaxaca è andata oltre le frontiere di questo Stato, perché in tanti altri Stati e città del Messico ci sono manifestazioni, atti di protesta contro il governo, contro il governatore di Oaxaca e, soprattutto, in appoggio dell’Assemblea popolare del Paese di Oaxaca, appoggiata appunto in tanti altri posti del Messico. 

 

D. – Tuttavia, sui giornali anche internazionali, si leggono delle perplessità per quanto riguarda l’APPO, questo insieme di organizzazioni e di movimenti che sostengono la rivolta …

 

R. – Certamente in questi grandi movimenti ci sono delle infiltrazioni di gente che ha poco a che vedere con l’origine di questa protesta. E’ gente radicale che cerca sicuramente di destabilizzare il Paese e il governo. Tuttavia, credo che l’APPO abbia una base importante: i professori e la gente di Oaxaca, soprattutto indigeni e contadini di uno Stato che è il più povero del Messico.

 

D. – In passato, in crisi analoghe, la Chiesa messicana ha svolto un ruolo di mediazione. E’ un ruolo che potrebbe svolgere anche adesso?

 

R. – Credo che la Chiesa, per la presenza e la forza che ha nello Stato potrebbe giocare un importante ruolo, perché sono poche le istituzioni che godono di una legittimità all’interno dello Stato.

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Il presidente americano Bush è arrivato all’aeroporto di Vnoukovo, nei pressi di Mosca, per un incontro con il presidente russo Putin. Il Cremlino sottolinea che l’incontro avviene prima della firma di un accordo sull’adesione della Russia all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Si tratta comunque di una tappa per Bush sulla via di un viaggio in Asia, che lo porterà a Singapore, in Vietnam e in Indonesia.

 

 

 

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