RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 318 - Testo della trasmissione di martedì 14 novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante 2007: siano rispettati i diritti di immigrati e profughi e in particolare quelli delle famiglie costrette all’esilio

 

Il Papa convoca per il 16 novembre una riunione dei capi dicastero della Curia Romana per esaminare la vicenda di mons. Emmanuel Milingo

 

Per far fronte alle emergenze umanitarie, serve un maggior coordinamento a livello internazionale: l’appello di mons. Celestino Migliore all’ONU

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In corso in Canada il Vertice mondiale del microcredito: intervista con il prof. Stefano Zamagni

 

Convegno, ieri a Roma, in occasione dei 50 anni della rivista dei Focolari, “Città Nuova”. Con noi, Vera Araujo, Michele Zanzucchi e Sharazad Housmand

 

Per la prima volta dopo 400 anni esposti insieme nella Chiesa di Santa Maria del Popolo, a Roma, i due celebri quadri di Caravaggio sulla conversione di San Paolo: intervista con Claudio Strinati e Giuseppe Barbaglio

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nota del SIR, l’Agenzia della Conferenza episcopale italiana, sull’innalzamento, in Italia, del quantitativo di cannabis che il consumatore potrà tenere con sé senza incorrere nel reato di spaccio

 

Messaggio dei vescovi argentini a conclusione della 92.ma Assemblea generale

 

Si aprirà domani a Valencia, in Spagna, il XIII Simposio di teologia storica, promosso dalla facoltà di Teologia “San Vicente Ferrer

 

I Padri Mercedari denunciano, in un convegno a Roma, le schiavitù del Terzo Millennio

 

Nelle Filippine, sei ambasciatori si mobilitano per il cessate-il-fuoco fra Manila ed i ribelli dell’arcipelago di Mindanao

 

24 ORE NEL MONDO:

Il Giappone per la prima volta rivendica il diritto di possedere armi nucleari

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 novembre 2006

 

 

MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE 2007:

I GOVERNI ADOTTINO LE NECESSARIE MISURE LEGISLATIVE E SOCIALI PER OFFRIRE

ALLE FAMIGLIE COSTRETTE ALL’ESILIO UNA REALE POSSIBILITA’ DI INTEGRAZIONE

 

Viaggi, o molto spesso fughe, accompagnati dal bisogno di migliorare la propria condizione, che si rivelano poi “trappole di morte”. E’ l’epilogo estremo ma frequente per molte famiglie di immigrati, che ripongono nell’esilio l’idea di un nuovo futuro senza tuttavia un’adeguata rete di protezione, che garantisca loro anzitutto il più elementare dei diritti, quello alla sopravvivenza. Alla “Famiglia migrante” è dedicata la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che verrà celebrata il 14 gennaio 2007. Benedetto XVI ha scritto come di consueto un Messaggio per sottolineare esigenze umane e spirituali e nel contempo denunciare le violazioni che compongono il complesso fenomeno dell’immigrazione. Messaggio che è stato presentato stamattina in Sala Stampa vaticana dai vertici del competente dicastero vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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E’ un dramma antico a fornire un’immagine di speranza ad un’emergenza moderna, quella dell’immigrazione: la fuga della Famiglia di Nazareth in Egitto. Benedetto XVI apre il suo Messaggio per la 93.ma Giornata mondiale del migrante e del Rifugiato con la convinzione che Giuseppe, Maria e Gesù, costretti all’esilio, siano – scrive – “il modello, l’esempio e il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e di ogni Paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione che, incalzati dalla persecuzione o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria, i cari parenti, i vicini, i dolci amici, e a recarsi in terra straniera”. Rottura dei legami familiari, abusi da parte di organizzazioni che lucrano sul traffico di persone, integrazione complicata nei Paesi d’approdo. Sono i rischi tipici di chi sceglie o è costretto a calarsi nei panni di un emigrante. Un fronte vastissimo che la Chiesa batte da sempre lungo tutta la sua ampiezza con l’arma della solidarietà.

 

Il segretario del Pontificio Consiglio per la Pastrorale dei Migranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha fornito in conferenza stampa alcune cifre che fanno percepire le dimensioni generali del fenomeno ma anche la filigrana delle singole tragedie che lo compongono. Sono 20 milioni le persone - nove delle quali rifugiati dallo status riconosciuto – oggetto di aiuto da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Quattro milioni, invece, sono i palestinesi assistiti dalla specifica agenzia ONU, mentre 6 milioni sono gli sfollati che da più di cinque anni resistono nei campi di accoglienza in nazioni del sud del mondo. Con grande realismo, mons. Marchetto ha delineato la situazione-tipo di una famiglia di questi campi, dove malnutrizione, carenze e frustrazioni psico-affettive sono all’ordine del giorno:

 

“Sostenere una famiglia in tali condizioni è difficile, evidentemente, con grande e grave impatto sui diversi suoi componenti, ed influenza negativa nei suoi rapporti interni (…) Inoltre - ed è ancora più grave - il coinvolgimento dei figli e delle donne nello sfruttamento sessuale sembra diventare un meccanismo di sopravvivenza. Il Santo Padre menziona questo dramma nel suo Messaggio, al par. 4. I capi famiglia quindi si sentono inermi e frustrati, per non poter provvedere ai bisogni basilari dei propri cari. Non è infrequente dunque che una figlia rimanga incinta solo per ottenere qualche prodotto igienico o cibo per sfamarsi. Tutto ciò – è evidente - colpisce negativamente la vita familiare stessa, per cui le strutture sociali risultano indebolite e le persone perdono i propri valori, la propria ‘umanità’ e dignità, mentre quello che invece i rifugiati desiderano è andare oltre l’assistenza ricevuta. Essi vogliono cioè lavorare e contribuire al benessere della società che li ospita, anche per integrarvisi”.

 

Per favorire l’integrazione, dunque, Benedetto XVI incoraggia la ratifica della Convenzione internazionale del 2003, che tutela i diritti dei lavoratori migranti, e l’adozione, da parte dei singoli governi, di “interventi legislativi, giuridici e sociali”. In loro assenza, le famiglie oppresse dalle difficoltà dell’integrazione mettono in atto, rileva il Pontefice, “meccanismi di difesa” che ne impediscono uno “sviluppo armonico”. “Occorre incoraggiare chi è interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se stesso”, scandisce Benedetto XVI. “Bisogna poi impegnarsi perché siano garantiti i diritti e la dignità delle famiglie e venga assicurato ad esse un alloggio consono alle loro esigenze”. Viceversa, aggiunge, “ai rifugiati va chiesto di coltivare un atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie”. Tutti campi pastorali – compreso quello degli studenti esteri – che Benedetto XVI consegna all’attenzione delle Chiese locali, sulla scorta della frase di S. Paolo: “Caritas Christi urget nos”, la carità di Cristo ci spinge. Così ne ha parlato il presidente del dicastero vaticano, il cardinale Renato Raffaele Martino:

 

“La società civile e le comunità cristiane sono perciò interpellate dai complessi problemi e difficoltà, ma anche dai valori e dalle risorse di questa nuova realtà sociale. Ciò comporta lo sviluppo di relazioni che si traducono, da una parte, in aiuti per l’inserimento nella società e, dall’altra, in occasioni di crescita personale, sociale ed ecclesiale, per i cristiani, basata sull’osservanza delle leggi, l’incontro delle culture, delle religioni e sul reciproco rispetto dei valori, con base sui diritti umani. Sotto questo profilo, il Diritto Internazionale deve mirare a tutelare l’unità familiare e a combattere il fenomeno oggi sempre più diffuso dei ‘ricongiungimenti di fatto’ (riunioni di famiglie nella irregolarità), dovuti soprattutto alle difficoltà incontrate nel raggiungere i requisiti per la riunificazione legale e per il lungo iter burocratico legato alla sua concessione”.

 

Nel dibattito successivo suscitato dalle domande dei giornalisti, sono state affrontate varie questioni, tra cui quella del muro che dovrebbe dividere la frontiera tra Stati Uniti e Messico – giudicato “inumano” dai vescovi di entrambi i Paesi – e la questione del velo per le donne islamiche, che va considerata nell’ambito del rispetto delle leggi dei Paesi dell’accoglienza. Mons. Marchetto è poi intervenuto anche su un tema di stretta attualità, ruguardante il possibile intervento della comunità internazionale in aree di crisi del pianeta:

 

“La comunità internazionale sta arrivando a capire che non può stare a braccia conserte ed impotente, di fronte ai drammi umani all’interno di un Paese. E quindi c’è la possibilità, ci sarebbe la possibilità - e in questo Giovanni Paolo II ha fatto avanzare molto la questione - di un intervento indipendentemente, direi, da quello che è l’autorità statale, di quella situazione concreta. Ma siamo ancora in cammino e in un cammino non facile, perché ci sono molti che dicono: questa è una realtà interna al nostro Paese e gli altri non ci devono entrare”.

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IL PAPA CONVOCA PER IL 16 NOVEMBRE UNA RIUNIONE DEI CAPI DICASTERO

 DELLA CURIA ROMANA PER ESAMINARE LA VICENDA DI MONS. EMMANUEL MILINGO

 

La Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto in un comunicato che il Papa “ha convocato per giovedì 16 novembre una riunione dei Capi Dicastero della Curia Romana per esaminare la situazione creatasi in seguito alla disobbedienza di mons. Emmanuel Milingo e per compiere una riflessione sulle domande di dispensa dall’obbligo del celibato e sulle domande di riammissione al ministero sacerdotale presentate da parte di sacerdoti sposati nel corso degli anni più recenti”. Il comunicato precisa che “non sono previsti altri argomenti all’ordine del giorno”.

 

Mons. Milingo, arcivescovo emerito di Lusaka, il 24 settembre scorso, a Washington, ha conferito l’ordinazione episcopale a quattro sacerdoti senza mandato pontificio, incorrendo  nella scomunica “latae sententiae”, cioè automatica. Una nota della Sala Stampa vaticana del 26 settembre sottolineava come la Santa Sede avesse seguito “con viva apprensione” l’attività posta in essere  da mons. Milingo “con una nuova Associazione di sacerdoti coniugati, seminando divisione e sconcerto fra i fedeli”. “Tenuto conto della comprensione manifestata, anche di recente, dal Successore di Pietro verso questo anziano Pastore della Chiesa - proseguiva la nota - la Santa Sede ha atteso con vigilante pazienza l’evolversi degli eventi, i quali, purtroppo, hanno condotto l’arcivescovo Milingo a una condizione di irregolarità e di progressiva aperta rottura della comunione con la Chiesa, prima con l’attentato matrimonio e poi con l’ordinazione di quattro vescovi”. “In momenti di sofferenza ecclesiale come questo – concludeva la dichiarazione della Sala Stampa vaticana -  si intensifichi la preghiera di tutta la comunità dei fedeli”.

 

 

NOMINE

 

In Argentina, il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Bahía Blanca mons. Pedro María Laxague, vicario generale di Bahía Blanca, assegnandoli la sede titolare di Castra Severiana. Mons. Laxague è nato il 14 settembre 1952, in provincia di Buenos Aires. Dopo la laurea in ingegneria all’Università Statale della capitale argentina, si è trasferito a Roma dove, presso l’Angelicum di Roma, ha  ottenuto il Baccellierato in Filosofia e Teologia e la Licenza in Diritto Canonico.  E’ stato ordinato sacerdote il 15 luglio 1989 e nel 2000  ha ricevuto il titolo di Prelato d’onore di Sua Santità.

 

Sempre in Argentina, il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore di Catamarca mons. Luis Urbanc, rettore del Seminario Maggiore di Tucumán. Mons. Luis Urbanc è nato il 25 luglio 1958 a Buenos Aires. E’ stato ordinato sacerdote il 30 maggio 1982. A Roma ha conseguito la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. Il 7 ottobre 2000 ha ricevuto il titolo di Prelato d’Onore di Sua Santità.

 

Il Papa ha nominato membro del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani il cardinale Francesco Marchisano, presidente dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

 

 

PER FAR FRONTE ALLE EMERGENZE UMANITARIE,

SERVE UN MAGGIOR COORDINAMENTO A LIVELLO INTERNAZIONALE:

 COSI’, MONS. CELESTINO MIGLIORE, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI NEW YORK, INTERVENUTO IERI AL PALAZZO DI VETRO

 

Un coordinamento più stretto ed efficace, guidato dall’ONU, per rispondere alle emergenze umanitarie, causate da guerre e catastrofi naturali. E’ quanto chiesto dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, intervenuto ieri alla 61.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, in corso a New York. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Dagli uragani alle guerre, gli anni passati hanno dimostrato che tutti i Paesi sono soggetti a disastri e catastrofi e che dunque un coordinamento per rispondere alle emergenze umanitarie si rivela “cruciale”: è quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore che nel suo intervento al Palazzo di Vetro ha indicato gli obiettivi di tale coordinamento: prevenire la “perdita di vite umane”, “aiutare le comunità” colpite e “stabilire strategie di lungo termine” per la ricostruzione. Mons. Migliore ha ribadito che va dato risalto a quelle crisi umanitarie che non “ottengono i titoli dei mass media e rimangono sottofinanziate”. Quindi, ha ricordato l’impegno della Santa Sede, attraverso il pontificio consiglio Cor Unum, per far fronte allo tsunami del 2004 e al terremoto in Pakistan del 2005.

 

Uno degli aspetti positivi della globalizzazione, ha detto il presule, è il potenziale di mezzi che possono essere impiegati nell’assistenza umanitaria. Tuttavia, ha proseguito, la “risposta globalizzata alle emergenze umanitarie richiede un coordinamento che bilanci attentamente l’efficienza con il rispetto per l’autonomia dei differenti” soggetti coinvolti. In tale contesto, ha avvertito, è essenziale che le Nazioni Unite assumano un ruolo nelle attività di coordinamento, il quale sia “adattato alle esigenze della popolazione” e delle organizzazioni umanitarie. I coordinatori, ha affermato, devono svolgere un compito significativo di raccolta e distribuzione delle informazioni, creare contatti con le autorità locali e dare consigli alle organizzazioni umanitarie. L’osservatore vaticano ha enumerato tre criteri per una corretta cooperazione. Primo: il sistema di coordinamento “deve rispettare l’indipendenza e autonomia delle organizzazioni umanitarie”. Secondo: devono essere favoriti non solo i grandi organismi ma anche le piccole organizzazioni che svolgano un ruolo sul territorio. Infine, le agenzie delle Nazioni Unite non devono sottrarre energie alle ONG presenti sul campo. Criteri, questi, che “assicurano una risposta” multifunzionale alle crisi umanitarie.

 

 Il presule ha quindi espresso apprezzamento per l’istituzione del Central Emergency Response Fund (CERF), che permette una disponibilità di fondi in tempi brevi per far fronte alle emergenze umanitarie. D’altro canto, ha concluso mons. Migliore, tale iniziativa non deve limitare la capacità della società civile e delle organizzazioni religiose di attrarre donazioni private e governative.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il messaggio di Benedetto XVI per la 93.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata il 14 gennaio 2007.

 

Servizio estero - Iraq: il premier britannico, Tony Blair, invita a coinvolgere la Siria e l'Iran nel difficile processo negoziale.

Per la rubrica dell’ “Atlante geopolitico” un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Sempre più a rischio il bene primario dell’acqua”.

 

Servizio culturale - Una riflessione di Marco Bellizi dal titolo “Il terribile deficit dell’‘etica dell'istruzione’”.

Un articolo di Francesco Buranelli da titolo “Tutto cominciò con il Laocoonte”: ai Musei Vaticani una mostra incentrata sul capolavoro scoperto nel 1506.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Claudio Toscani sull'opera poetica di Giovanni Raboni edita dai “Meridiani”.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 novembre 2006

 

 

IN CORSO IN CANADA IL VERTICE MONDIALE DEL MICROCREDITO

- Ai nostri microfoni il prof. Stefano Zamagni -

 

Garantire a 175 milioni di persone l’accesso al microcredito entro il 2015 e assicurare a 100 milioni di famiglie, che oggi vivono con meno di un dollaro al giorno, nuove fonti di sussistenza: è con questi obiettivi che si sta svolgendo, ad Halifax in Canada, l’annuale Microcredit Global Summit. Il microcredito rappresenta una forma di sviluppo economico che permette di usufruire di servizi finanziari a coloro che non potrebbero accedere a prestiti bancari perché poveri, e dunque privi di garanzie. Ma qual è la filosofia che sta dietro la pratica del microcredito? Ada Serra lo ha chiesto al professor Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all'Università di Bologna:

 

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R. – Il credito è un diritto, cioè la persona umana, come ha diritto a tante cose, ha diritto anche al credito. Essere, dunque, discriminati senza motivi reali dall’accesso al credito è qualcosa che oggi non può essere accettato. Questa è la filosofia di fondo.

 

D. – Come si sta ponendo il sistema bancario internazionale di fronte a questa nuova realtà della microfinanza?

 

R. – Da qualche anno a questa parte anche le grandi banche commerciali stanno capendo l’errore che hanno commesso nei due, tre secoli precedenti. Quindi, si avverte anzitutto un interesse. In secondo luogo, loro stesse stanno aprendo sezioni speciali di credito, per intercettare la domanda di questi segmenti che fino ad ora erano stati abbandonati. Quindi, questo è un fatto molto positivo, perchè l’esperienza del microcredito, nata dal basso da associazioni quasi tutte di volontariato, ha ottenuto il risultato desiderato, di costringere anche gli altri a prendere la cosa in seria considerazione.

 

D. – Come si spiega invece il fatto che più dell’80 per cento dei beneficiari dei microprestiti siano donne?

 

R. – Il principio base del microcredito è la fiducia. Nei Paesi in via di sviluppo le donne meritano molta più fiducia degli uomini, perché la donna è molto più attenta ai bisogni fondamentali della famiglia che non l’uomo. E allora, prestando all’uomo, il rischio e la tentazione che dei soldi presi a prestito vengano utilizzati per scopi non funzionali alla crescita e al progresso della famiglia sono molto elevati. La seconda ragione è che in un medesimo contesto, a parità di condizioni, le donne sono molto più prone ad applicare il principio di reciprocità che non gli uomini.

 

D. – Nell’Angelus di domenica scorsa, il Santo Padre ha invitato a convertire il modello di sviluppo globale, perché le risorse del pianeta non siano più accessibili solo ad una ristretta minoranza, ma alla globalità della popolazione mondiale…

 

R. – L’affermazione del Papa è molto più importante di quanto non si tenda a credere. Il Papa non ha detto, poiché ci sono 800, 900 milioni di poveri assoluti mettiamo mano al portafoglio, facciamo uno sforzo di elemosina per aiutarli. Ha detto una cosa fondamentalmente nuova, e cioè bisogna cambiare il modello di sviluppo. Questa è veramente un’affermazione impegnativa, su cui dovremmo tornare a riflettere.

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LA RIVISTA DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI, CITTA’ NUOVA,

FESTEGGIA IL SUO 50.MO ANNIVERSARIO. IERI, A ROMA,

UN CONVEGNO PER PARLARE DI MEDIA, FRATERNITA’ E DIALOGO INTERRELIGIOSO

- Con noi, Vera Araujo, Michele Zanzucchi, Sharazad Housmand -

 

“Città Nuova, un progetto chiamato fraternità”. Questo il titolo del Convegno nazionale svoltosi ieri a Roma in occasione del 50.mo anniversario della rivista del Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich. E’ stata l’ultima tappa di un lungo giro compiuto da Città Nuova in Italia per incontrare i lettori e discutere di volta in volta di tematiche cruciali per le singole città nell’ottica della fraternità. A Roma si è parlato di dialogo interreligioso con il mondo dei media. Per noi c’era Gabriella Ceraso:

 

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Nasce sulle Dolomiti di Primiero, 50 anni fa, Città Nuova, come un foglio di collegamento fra quanti partecipando ad un incontro della nascente spiritualità dei Focolari, dopo una esperienza di fraternità vissuta insieme, pensano di rimanere uniti. Prima poche copie, un giornale poi di un certo peso, oggi 37 edizioni in 22 lingue nel mondo. La proposta è sempre la stessa: essere voce per la fraternità universale. Vera Araujo, sociologa brasiliana del centro studi del Movimento dei Focolari:

 

R. – La fraternità è una relazione empatica, che si crea fra persone, gruppi, etnie, istituzioni, in cui gli uni e gli altri si collegano in un modo che va ben oltre il legame del sangue. Questo paradigma relazionale ha con Gesù Cristo una portata universale. E’, dunque, una categoria che crea la coesione sociale, crea una società positiva ed un rapporto innovativo, che riesce a superare gli ostacoli. Si tratta di una chiave non solo di comprensione, ma anche una chiave di costruzione della vita umana.

 

Un progetto originale che in Città Nuova, con le sue rubriche di arte, cultura, musica, religione ed educazione e con le sue scelte coraggiose nel panorama editoriale trova una palestra particolare. La riflessione del redattore Michele Zanzucchi:

 

R. – Cerchiamo anzitutto di vivere questa fraternità tra di noi in redazione. Nelle interviste cerchiamo sempre di mettere in luce più il positivo, cerchiamo di non arrivare con un atteggiamento aggressivo, ma al contrario cerchiamo di valorizzare tutti quei semi di fraternità, di pace, di uguaglianza, di libertà che esistono nel mondo. La gente è molto meno stupida di quanto si pensi ed ha bisogno e vuole cose buone, cose positive, che costruiscano la società. Ecco, questo è quello che noi cerchiamo di fare.

 

Tra le pagine di Città Nuova si incontrano anche religioni e culture diverse senza paura di perdere, ciascuna, la propria identità, ma anzi con la certezza che il dialogo rende ricchi. Sharazad Housmand, teologa iraniana, collaboratrice del Centro interreligioso del Movimento: 

 

R. – Non dobbiamo aver paura, perché se crediamo che Dio è Uno, che Dio è lo Spirito Vivo dell’Essere, che può soffiare ovunque, allora ovunque possiamo trovare – come dite voi cristiani – i semi del Vero e – come dice il Corano – la stessa Parola di Dio uno nell’altro. Se riusciamo veramente ad entrare nell’amicizia, avere il vero ascolto, questo dialogo non porterà ad altro se non alla crescita della propria fede e a farci arrivare alla meta comune, che è la perfezione, la santità e l’unione.

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PER LA PRIMA VOLTA DOPO 400 ANNI

ESPOSTI INSIEME NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DEL POPOLO A ROMA

I DUE CELEBRI QUADRI  DI CARAVAGGIO SULLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO

- Interviste con Claudio Strinati e Giuseppe Barbaglio -

 

Un evento culturale straordinario: la ‘Conversione di San Paolo’ di Caravaggio, è in mostra a Roma, fino al 25 novembre, nella Cappella Cerasi di Santa  Maria del Popolo. Il capolavoro, su tavola di cipresso della collezione Odescalchi, dopo un delicato intervento di restauro, torna per la prima volta dopo 400 anni, nel luogo per il quale fu commissionata e dove, con ogni probabilità, non trovò mai dimora. La mostra consente inoltre di mettere a confronto l’opera con l’altra “Conversione di San Paolo”, il dipinto realizzato su tela sempre da Caravaggio, che misteriosamente sostituì la prima versione su tavola e che dal 1605 decora la Cappella di Santa Maria del Popolo. Da qui il titolo della mostra “Il Caravaggio Odescalchi, le due versioni della ‘Conversione di San Paolo’ a confronto”. Ce ne parla, al microfono di Fabio Colagrande, lo storico dell’arte Claudio Strinati:

 

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R. – Vedere i due quadri ora vicini, vicinissimi, e quindi poterli confrontare con i propri occhi è effettivamente un’esperienza interessantissima da un punto di vista artistico, culturale e teologico.

 

D. - Ecco, proprio da questo punto di vista, professor Strinati, confrontando i due quadri la prima osservazione che viene in mente anche al più profano è che sembra strano che in pochi anni un artista come Caravaggio abbia cambiato così tanto il tema iconografico. Nella “prima conversione”, San Paolo è accecato dalla luce divina, e come ad un passo da Lui, trattenuto da un angelo, si vede anche Dio. Nella seconda, Dio, invece, non si vede più e come è noto c’è questa grande idea che Dio è rappresentato da una luce che arriva dall’alto. Come si può spiegare questo cambiamento di tema iconografico così netto?

 

R. – Il punto della questione è che ci si può attenere alla prima idea, cioè che l’uomo viene accecato per poi riprendere la vita e viene frastornato dalla voce divina affinché comprenda e si converta. Questa impostazione è illustrata nella prima versione in cui Saulo cade da cavallo, si porta istintivamente le mani agli occhi e la figura divina scende verso di lui come a portarlo a sé. Nell’altra versione è vero che c’è un cambio di idea fortissimo. Se Caravaggio cambiò idea in modo fulmineo o gradualmente questo noi non lo possiamo sapere; però possiamo sapere, perchè lo vediamo, che il cambio dell’idea è clamoroso, perché nella versione finale, quella su tela, la figura divina non si vede e questo è più coerente con gli Atti degli Apostoli. Si parla soltanto di luce, di voce, e infatti si vede Saulo che è caduto a terra e alza le braccia verso la luce. Quindi, come se Caravaggio avesse avuto un’intuizione di rappresentare la storia degli Atti degli Apostoli come un’allegoria della vera nascita del cristiano che muore come pagano, e rinasce come cristiano assorbendo la luce divina.

 

Papa Benedetto XVI durante l’udienza generale dello scorso 25 ottobre  presentava e commentava la conversione di San Paolo apostolo. Sempre con davanti agli occhi le due versioni della conversione di San Paolo così come sono state dipinte dal Caravaggio, cerchiamo di esplorare questa conversione, che per tradizione avviene con la caduta da cavallo. Lo facciamo con Giuseppe Barbaglio, biblista, tra i massimi esperti in Italia della figura di San Paolo. Quanto è importante nella figura di questo apostolo il fatto che questa conversione  avvenga sulla via di Damasco in questa maniera potremmo dire anche traumatica?

 

R. – Certamente è stato un trauma, quello di Paolo. Lui non dice mai che c’è stato un lungo percorso prima di arrivare ad affidarsi a Cristo, ma è stata piuttosto un’esperienza mistica, noi diremmo, e cioè Paolo ha incontrato il Cristo risorto e diciamo si è lasciato cambiare da Cristo risorto.

 

D. - Lei ha potuto confrontare le due conversioni così come sono state dipinte dal Caravaggio. Cosa pensa di questo confronto, anche dal punto di vista dei contenuti di queste iconografie ?

 

R. – Intanto c’è un elemento comune ed è la luce: cioè, come ha detto il Papa, Paolo è stato illuminato dalla luce divina. La caratteristica del quadro che adesso è stato esposto  - e mi pare un elemento abbastanza originale -  è che c’è  Dio che protende le sue braccia verso Paolo come ad accoglierlo, come a prenderlo in braccio.

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CHIESA E SOCIETA’

14 novembre 2006

 

 

l’agenzia di stampa della Conferenza episcopale italiana, SIR, ha diffuso una nota in merito al decreto del ministero della Salute italiano

che innalza da mezzo grammo a un grammo il quantitativo di cannabis che il consumatore potrà tenere con se’ senza incorrere nel reato di spaccio

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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ROMA. = Un decreto che si presta alle polemiche. Così la nota del SIR definisce questo provvedimento che inevitabilmente provoca divisioni. C’è chi lo vede come un passo avanti verso la liberalizzazione e un incentivo al consumo di droga e chi invece ritiene che in questo modo si limitano i danni per quanti troppo presto potrebbero “varcare le soglie del carcere”.  In realtà - afferma la nota – gli uni e gli altri devono riflettere su un dato: il diffuso fenomeno degli abusi tra i giovani. E questo non è un problema che riguarda solo il consumo di droga o di alcol ma soprattutto la generale ricerca di atteggiamenti estremi di cui molto spesso sono protagonisti i giovani. Che si tratti del successo del video che ritrae un ragazzo down malmenato a scuola o delle corse in automobile è lo stesso. Bisogna capire cosa c’è dietro questi atteggiamenti al limite, quasi di sfida delle regole. Cosa fare, dunque? Al di là della natura repressiva dello Stato – che deve pur garantire la legalità – serve cura e capacità di ascolto verso le nuove generazioni che, spesso senza tante parole, chiedono aiuto e prospettive. C’è bisogno di un’azione educativa che passi certo attraverso la famiglia e la scuola, ma anche attraverso politiche di supporto per la casa, per il lavoro, per la famiglie disagiate. Insomma – si legge ancora nel comunicato – occorre una visione di società che non può essere descritta e vissuta solo come trama di rapporti economici, dominata dal “mercato”, da relazioni utilitaristiche, dalle logiche del “do ut des”. Tutto questo - conclude la nota dell’agenzia di stampa dei vescovi italiani - sta stretto a quanti, coscienti o meno, portano nel cuore desideri di futuro e di “altro”.

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Con un accorato appello in difesa del “bene comune e del dialogo”,

domenica scorsa si sono conclusi i lavori

della 92.MA Assemblea generale dell’Episcopato argentino

- A cura di Luis Badilla -

 

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BUENOS AIRES. = “Il bene comune è l'insieme delle condizioni della vita sociale che rendono possibile, a ciascuno dei suoi membri, il raggiungimento pieno e più facile della propria dignità". E’ quanto ribadito dai vescovi argentini che – citando il compendio della dottrina cattolica – ricordano come “la persona da sola non può trovare le condizioni per la sua realizzazione, prescindendo dal suo essere ‘con’ e ‘per’ gli altri”. Questo, peraltro, rende necessario un ampio e sincero dialogo. Dialogo considerato dai vescovi “un grande strumento per la costruzione e il consolidamento della democrazia”. L’impegno della Chiesa col dialogo – precisano i vescovi – “nasce dalla fede in Gesù e nella verità del Vangelo. Questa realtà – proseguono - ci obbliga a dare priorità al dialogo lungo tutta la nostra convivenza. E ciò impegna, in primo luogo, noi stessi perché testimoni della fede che predichiamo”. Nel comunicato non manca un richiamo alla realtà sociale del Paese. In Argentina, infatti, nonostante gli sforzi di molti in questi anni, sono tuttora alti i livelli di povertà, di esclusione sociale e di iniquità. In questo quadro bisogna essere più solidali con le classi disagiate, affermano i presuli: vivere cioè con più austerità per accrescere le ricchezze del Paese e poi distribuirle con maggiore equità. L’invito, rivolto a tutti i cittadini, è chiaro: esercitare un maggiore protagonismo nella costruzione della società civile per realizzare concretamente le condizioni che rendono possibile il bene comune.

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“Trasmettere il messaggio in tempi di difficoltà”. Questo il tema

del XIII simposio di teologia storica promosso dalla Facoltà di Teologia “San Vicente Ferrer”, che si aprirà domani a Valencia in Spagna

 

MADRID. = Al via domani a Valencia il XIII simposio di teologia storica, promosso dalla Facoltà di Teologia “San Vicente Ferrer”, che esamina le situazioni di crisi e le modalità dell’annuncio kerygmatico nelle varie epoche storiche. Un percorso che ha visto la Chiesa confrontare il proprio messaggio di salvezza con quello di altre religioni o con filosofie e concezioni di vita portatrici anch’esse di verità salvifiche, trovandosi anche a dover rispondere a difficoltà mosse contro la fede cristiana o a causa di essa. Nell’epoca attuale tali difficoltà si sono accentuate e radicalizzate; agli atteggiamenti personali che ostacolano l’accoglienza del Vangelo, nel mondo occidentale secolarizzato si aggiunge la “perdita di strutture sociali di credibilità” della fede in Dio. Arrivando fino ai giorni nostri, il simposio si pone dunque come riflessione sulle difficoltà di trasmissione della fede cristiana, al fine di contestualizzare il compito dell’evangelizzatore e di facilitare la credibilità del messaggio. (E. B.)

 

 

Prostituzione, traffico di organi e sfruttamento della manodopera

infantile. E’ la mappa della moderna schiavitù denunciata dalla famiglia

dei mercedari nel primo convegno internazionale a roma

dedicato all’argomento

 

ROMA. = Nel mondo più di 270 milioni di persone sono sottomesse e sono oltre 200 milioni i bambini sfruttati, di questi più di 50 milioni solo in Asia. E’ la nuova mappa della schiavitù delineata dalla Famiglia Mercedaria in occasione del suo primo convegno internazionale, svoltosi in questi giorni a Roma e dedicato proprio al tema “Le schiavitù del Terzo millennio e la risposta dei Mercedari”. L’incontro – come riporta l’agenzia Zenit - ha sottolineato che “la schiavitù non è una mostruosità del passato di cui ci siamo definitivamente liberati, ma qualcosa che continua ad esistere in tutto il mondo, persino in Paesi sviluppati come la Francia e gli Stati Uniti e l’Italia”. Secondo i Padri Mercedari, “alla schiavitù tradizionale e al commercio degli schiavi si aggiungono la vendita di bambini, la prostituzione e la pornografia infantili, lo sfruttamento di mano d’opera minorile, la mutilazione sessuale delle bambine, l’uso di minori nei conflitti armati, la schiavitù per debiti, il traffico di persone e la vendita d’organi umani, lo sfruttamento della prostituzione e certe pratiche dei regimi coloniali e d’apartheid”. Molta attenzione è stata dedicata al fenomeno del traffico degli organi, un fenomeno molto lucrativo per esempio in Cina dove con 62mila dollari si acquistano i reni; con 15mila i polmoni; con 30mila una cornea”. A denunciare questo macabro listino, è padre Damaso Masabo, procuratore generale dell’ordine, che ha precisato anche le dinamiche del fenomeno in Europa. Secondo recenti indagini citate dal religioso, nel vecchio continente i venditori sono soprattutto moldavi o bulgari e piazzano un rene per 1.900-3.800 euro; i compratori, invece, se lo fanno impiantare ad Istanbul per 100.000-180.000 euro”. Padre Damaso Masabo ha poi affrontato il flagello della prostituzione: “attualmente – ha affermato - si calcola che siano tra le 50 e 70 mila donne provenienti dall’Africa Orientale, dall’America Latina e dall’Est Europeo, che vivono e lavorano sulle strade delle città italiane, oppure nei locali notturni. Di queste, circa il 30 – 40% sono minori, tra i 14 e i 18 anni di età”. Dati del ministero degli Interni parlano di 30mila persone che attualmente in Italia si trovano in stato di schiavitù. La Famiglia Mercedaria, che difende e cura le vittime di queste pratiche, intende per situazione di schiavitù “ogni persona esposta nello stato di vulnerabilità per una pressione fisica e/o morale, trovandosi in un obbligo di compiere un lavoro senza essere remunerata in un contesto privo di libertà e contrario alla dignità umana”. Dopo avere affermato che “in Benin, i minorenni sono venduti a 75 franchi svizzeri”, il procuratore generale dell’ordine ha spiegato come “oggi coloro che comprano degli schiavi non chiedono una ricevuta o un certificato di proprietà, eppure ne ottengono il controllo e ricorrono alla coercizione per mantenerlo”. (E. B.)

 

 

sei ambasciatori si mobilitano per il cessate-il-fuoco

fra Manila ed i ribelli dell’arcipelago di mindanao

 

MINDANAO. = Massimo aiuto per il processo di pace nell’arcipelago meridionale di Mindanao, teatro decennale di scontri violenti fra i guerriglieri separatisti musulmani e l’esercito regolare. E’ la promessa da sei ambasciatori – provenienti da Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Nuova Zelanda ed Australia – che sono giunti ieri nella regione, dove hanno incontrato i comandanti militari ed i funzionari locali del governo. Come riporta AsiaNews, i diplomatici, esprimendo “un sentimento comune”, hanno ricordato che i Paesi da loro rappresentati “intendono aiutare lo sviluppo di queste isole, tormentate dalla guerra”. I dialoghi di pace con Manila sono interrotti dallo scorso anno, quando il governo ha rifiutato di concedere ai ribelli un nuovo appezzamento di terreno pari a 3mila ettari. Il principale interlocutore per quanto riguarda i guerriglieri è senza dubbio il Moro Islamic Liberation Front (MILF), che combatte da anni per ottenere una parziale indipendenza della zona, dove risiede la gran parte della minoranza musulmana. Nel tentativo di fermare la strage di civili e militari, sono scesi in campo anche diversi esponenti religiosi cristiani e musulmani, che hanno invitato le fazioni a “sedersi e dialogare, l’unica strada verso una soluzione soddisfacente”. (E. B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 novembre 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Ancora morti in Iraq, mentre a Baghdad si è verificato lo scioccante sequestro di un centinaio di persone. Il nostro servizio:

 

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Uomini armati con le divise della polizia irachena hanno fatto irruzione all’interno di un edificio del ministero dell’Istruzione Superiore a Karrada, un quartiere periferico della capitale. I sequestratori hanno separato uomini e donne, chiudendo queste ultime in una stanza e togliendo loro i telefoni cellulari. Quindi i presenti di sesso maschile, tra cui dipendenti ministeriali, guardie di sicurezza e semplici visitatori, sono stati costretti a seguirli. Il tutto mentre continua la drammatica conta dei morti: da una parte, il bombardamento delle forze americane contro un quartiere nel centro del capoluogo della provincia sunnita di al Anbar, tra la tarda serata di ieri e le prime ore di oggi, che ha provocato almeno 30 morti  e 17 feriti civili. Dall’altra, a Baghdad, l’esplosione in un’area commerciale con almeno 10 persone che hanno perso la vita e 25 feriti. E in relazione all’Iraq, va detto che una squadra di avvocati internazionali ha presentato denuncia alla procura generale federale tedesca contro l’ex segretario alla Difesa americano Donald Rumsfeld per il suo ruolo presunto nei casi di torture di prigionieri in Iraq ma anche a  Guantanamo. Vengono chiamati in causa anche cinque esperti  legali dell’amministrazione Bush, tra cui l’attuale ministro  della Giustizia Alberto Gonzales. Intanto il presidente americano Bush ha incontrato i responsabili della commissione incaricata di studiare una strategia di stabilizzazione per l’Iraq. Dovrà esprimere le sue raccomandazioni sull’Iraq entro dicembre. Oggi il confronto con i Democratici, che hanno già annunciato di lavorare per un ritiro progressivo delle truppe che cominci fra 4 -6 mesi.

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I discorsi pronunciati ieri da Bush e Blair evidenziano un cambio di strategia politica e bellica di Stati Uniti e Gran Bretagna in Iraq, anche se con alcune differenze. Il capo della Casa Bianca ha chiuso la porta a colloqui diretti con Teheran, mantenendo aperto, invece, uno spiraglio con la Siria. L’inquilino di Downing Street ha spinto sull’acceleratore della pace, coinvolgendo Iran e Siria nel processo negoziale. Ma è possibile che le posizioni assunte da Washington e Londra siano il primo atto del ritiro dei loro eserciti dal Paese del Golfo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici presso l’Università di Trieste:

 

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R. – E’ iniziata una nuova fase strategica. A mio parere, si può concludere con un parziale se non totale ritiro delle truppe dall’Iraq, ma credo sarà necessaria una grande conferenza di pacificazione per poter arrivare a questo risultato, nella quale un elemento indispensabile potrà essere l’istsituzione di un Iraq federale e non più centralizzato.

 

D. – Professore, l’Iraq non rischia, a questo punto, di indebolire l’alleanza strategica tra Londra e Washington?

 

R. – Ciò che può andar bene oggi per Blair e per Bush e addirittura per l’Iran e per la Siria, può invece essere non gradito agli iracheni. Questo è il vero grande problema. Si tratta ora di capire quali riforme effettuare per tentare di pacificare il Paese che è sulla strada di una potenziale guerra civile. C’è una serie di operazioni da fare. In primis, ritengo debba essere fatta l’amnistia, gestendo il “caso-Saddam” nella dovuta maniera diplomatica e vedendo che cosa può essere fatto per la componente sciita. Quindi, non è soltanto un problema di volontà: la questione dell’Iraq dev’essere gestita da parte della coalizione con personaggi di altissimo livello. Fino a questo momento, non li abbiamo visti. La gestione è stata disastrosa, ma speriamo nel futuro. L’Europa potrebbe dare un gran contributo, non solo Blair, che è molto debole …

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Il Quartetto per il Medio Oriente (Stati Uniti, Russia, UE e ONU) si riunirà domani al Cairo, contemporaneamente ad una visita del presidente dell’Autorità  nazionale palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che informerà  le autorità egiziane sugli sviluppi nella formazione del nuovo  governo di unità nazionale. Lo riferiscono fonti diplomatiche al Cairo. Alla riunione parteciperanno il sottosegretario di Stato americano per il Medio Oriente, David Welch, il vice ministro degli Esteri russo, Alexander Soltanov, l’inviato dell’Unione Europea, Marc Otte, e un inviato dell’ONU. Abu Mazen oggi al Cairo, incontra il segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, e domani il presidente egiziano Hosni Mubarak.

 

Un portavoce di Hezbollah ha dichiarato che il movimento sciita libanese e i suoi alleati prosiriani scenderanno in piazza per ribadire la loro richiesta di un “governo di unità” che, a detta di Sayyed Hassan Nasrallah, leader dello stesso Hezbollah, “sta decisamente arrivando”. Il responsabile per la comunicazione di Hezbollah, Hussein  Rahhal, ha dichiarato che il movimento sciita, sostenuto da Siria e Iran, “userà tutti i mezzi democratici e pacifici” per manifestare la sua opposizione al governo del premier Fuad  Siniora, appoggiato dall’Occidente.

 

“In Somalia, è in corso un ingente dispiegamento di truppe in una delle principali città della regione autonoma del Puntland, feudo del presidente ad interim somalo Abdullahi Yusuf”. Lo riferiscono fonti locali precisando che le forze armate della provincia settentrionale potrebbero tentare, già domani, di riprendere il controllo di Bandiradley, la strategica cittadina conquistata due giorni fa  dalle milizie delle Corti islamiche. Ma come la popolazione somala sta vivendo questo conflitto tra corti islamiche e governo interinale di Baidoa? Christopher Altieri, della nostra redazione inglese, lo ha chiesto mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico a Mogadiscio:

 

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R. – L’unione delle Corti islamiche ha continuato la sua espansione durante questi ultimi due mesi ed è giunta al sud, al confine con il Kenya. Invece, nella zona del centro-nord, attorno a Galkaayo, in questi ultimi tempi, ci sono stati degli scontri violenti. Questi scontri si spiegano per il fatto che nel cosiddetto Puntland, cioè la zona a nord-est della Somalia, esiste un governo locale che non è paragonabile alla situazione dei “signori della guerra”, che avevamo nel centro-sud della Somalia. Qui, allora, entriamo in un vero conflitto di potere. In un certo senso, la maggior parte della popolazione al centro-sud, dove i tribunali islamici si sono diffusi, rimane favorevole alla loro presenza, perché i tribunali islamici, o le Corti islamiche, continuano a dare quella sicurezza che prima non avevano e continuano a dare anche un’assistenza dal punto di vista educativo e sanitario. Il problema nasce con alcuni esponenti dell’elite somala, che si sono visti le loro libertà ridotte e vedono la loro libertà minacciata. Ecco perché si sta manifestando un certo dissenso al livello delle persone che hanno ricevuto una certa formazione.

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Il viceministro degli Esteri sudcoreano, Chun Yung Woo è partito oggi per Hanoi in vista di un rilancio del dialogo sul nucleare nordcoreano a margine del Forum economico Asia Pacifico. In dichiarazioni radiofoniche prima della partenza, Chun ha auspicato che la trattativa internazionale in proposito possa  riprendere entro metà dicembre. Il viceministro è il rappresentante di Seoul ai negoziati a sei sul nucleare di Pyongyang che hanno sede a Pechino ma sono in stallo dallo scorso anno.

 

Il Giappone rivendica ufficialmente per la prima volta il diritto a disporre di armamenti nucleari. In risposta a un’interrogazione scritta alla Camera, il governo dichiara che, su un piano puramente legale, ritiene di avere diritto a un “minimo necessario” di armi atomiche per autodifesa. Un primo passo in tal senso era stato compiuto due settimane fa dalnumero due’ del governo, Yasuhisa Shiozaki. Il documento governativo, in particolare, sostiene che la Costituzione pacifista del dopoguerra “non necessariamente vieta al Paese di possedere armi, anche se si tratta di armi atomiche, se sono il minimo necessario per l’autodifesa”. Sul piano della politica estera, gli osservatori si domandano anche quanto la dichiarazione odierna possa giovare all’imminente serie di consultazioni internazionali che il Giappone si appresta ad avere ai massimi livelli in occasione del forum dell’APEC ad Hanoi. Nato come convegno di cooperazione economica, il forum ha ormai assunto forti valenze politiche per tutta la regione Asia-Pacifico e ai suoi margini è prevista tutta una serie di incontri di primo piano, tra cui il primo faccia a faccia di Abe con il presidente americano, Bush, e quello russo, Putin. In occasione del convegno potrebbero essere inoltre discussi i tempi e i modi di un rilancio dei negoziati sul nucleare nordcoreano.

 

La risposta alle sfide globali del nuovo millennio non può essere che il multilateralismo e in questo senso la partnership strategica tra Europa e Cina è un banco di prova fondamentale in cui l’UE deve trovare una strategia politica unitaria. E’ questo il filo conduttore della lectio solemnis tenuta dal ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, all’Università di Beida a Pechino, in uno degli ultimi appuntamenti della sua visita nella capitale cinese prima di trasferirsi a Shanghai.  Il titolare della Farnesina ha portato due esempi di approcci multilaterali alle aree di crisi. Da un lato il Libano, dove, anche grazie alla presa di posizione italiana, l’Europa ha assunto, per la prima volta, responsabilità dirette di sicurezza sul teatro mediorientale. Dall’altro lato, c’è la Cina, “che  ha avuto un ruolo chiave nella crisi coreana senza il quale non ci sarebbe stata né la risoluzione di condanna dei test nucleari da parte dell’ONU, né la ripresa dei colloqui a sei”. Resta l’urgenza dell’Iraq, dove c’è bisogno di “risposte consensuali” sulle misure da prendere. 

 

La Russia non ha alcun piano per costituire un super cartello del gas e ricattare i consumatori della sua energia: lo ha dichiarato una fonte del Cremlino, citata dall’agenzia Interfax. Secondo alcuni media occidentali, fra cui il Financial Times nella sua edizione odierna, la Russia progetta un super cartello del gas con la partecipazione di Algeria, Qatar, Libia ed alcuni  stati dell’Asia centrale: una sorta di ‘OPEC del gas’ nel  tentativo di aumentare ulteriormente il suo già alto potere  contrattuale nei confronti degli importatori di gas, in  particolare europei. Il Financial Times, in particolare, cita uno studio di esperti economici della NATO, inviato la scorsa  settimana agli ambasciatori dei 26 Stati membri dell’Alleanza atlantica, che parla di un uso ‘politico’ dell’energia da parte del Cremlino. Il FT sostiene che la maggiore minaccia per i prezzi del gas viene dai limitati investimenti della Russia, e da una possibile manovra per convincere altri produttori, come l’Algeria, a fare lo stesso”. 

 

Con la presenza dei ministri dell’Ambiente di mezzo mondo e con l’autorevole introduzione del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, da domani entra nel vivo la conferenza mondiale sui cambiamenti climatici a Nairobi. Dal 6 novembre scorso, giorno d’inzio di questo megaraduno in terra kenyota, oltre 6 mila fra esperti, scienziati, rappresentanti dei governi e delle associazioni ambientaliste appartenenti a 189 Paesi, discutono e approfondiscono le informazioni circa le conseguenze concrete sull’ambiente e sulla vita quotidiana dei popoli determinate dal surriscaldamento del pianeta.

 

 

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