RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 316 - Testo della trasmissione di domenica 12  novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa all'Angelus: di fronte al dramma della fame nel mondo è necessario che ognuno di noi cambi stile di vita e di consumo, ispirandoci alla giustizia e donando non solo il superfluo

 

Il cristianesimo non è moralismo, ma è la gioia di scoprire che Dio ci ama a tal punto da aver dato la sua vita per noi: così il Papa nel suo discorso conclusivo ai vescovi svizzeri, in visita ad Limina

 

Per il suo lavoro in favore della giustizia e della pace, al cardinale Renato Martino è stato consegnato a Martina Franca, in Puglia, il prestigioso Sigillo Martiniano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi in Italia si celebra la Giornata del Ringraziamento: ai nostri microfoni mons. Paolo Tarchi e Sergio Marelli

 

La Fiaccola del dialogo di Sant’Agostino, accesa in Algeria, è giunta a Pavia: ce ne parlano padre Robert Prevost e Mohamed El Sadi

 

Movimento e corretta alimentazione per prevenire il diabete: questi i consigli nell’odierna Giornata mondiale dedicata alla malattia. Intervista con il prof. Umberto Valentini

 

Pubblicato dalla Libreria Ateneo Salesiano un nuovo manuale di giornalismo per imparare a comunicare con efficacia e obiettività: con noi, gli autori don Giuseppe Costa e Angelo Paoluzi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si apre oggi in Canada il Vertice mondiale del microcredito

 

In Pakistan, è stato scagionato Ranjha Masih, cristiano condannato all’ergastolo per blasfemia. Ha trascorso 8 anni in cella di isolamento

 

Entra oggi in vigore il Trattato internazionale dell’ONU sulle bombe inesplose, che impone ai 25 Stati firmatari di rimuovere i residuati bellici dai territori di guerra

 

“Iran, Pakistan e Afghanistan condividano le informazioni sul traffico di droga”: questo l’appello lanciato da Antonio Maria Costa, direttore dell’ufficio ONU contro la droga e il crimine

 

Parte domani in Rwanda il progetto “Semi di vita e di speranza”, promosso dalle suore salesiane e finanziato dalla CEI per sconfiggere la povertà

 

Al via stasera a Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la quinta edizione di “40 concerti nel giorno del Signore”, rassegna di musica sacra e classica

 

Oggi e domani in Italia le esequie di quattro sacerdoti morti in un incidente d’auto

 

24 ORE NEL MONDO:

Decine di morti in Iraq per attentati kamikaze: il più grave, in un centro di reclutamento, ha provocato 35 vittime

 

Un nuovo raid israeliano nella Striscia di Gaza uccide un ragazzo palestinese di 16 anni

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 novembre 2006

 

IL PAPA ALL'ANGELUS: DI FRONTE AL DRAMMA DELLA FAME NEL MONDO

È NECESSARIO CHE OGNUNO DI NOI CAMBI STILE DI VITA E DI CONSUMO,

ISPIRANDOCI ALLA GIUSTIZIA E ALLA SOLIDARIETÀ,

E DONANDO NON SOLO IL SUPERFLUO

 

Di fronte al dramma della fame che si fa sempre più grave bisogna cambiare il modello di sviluppo globale, ma è necessario anche che ognuno di noi adotti un nuovo stile di vita e di consumo, improntato alla solidarietà e alla giustizia, dando non solo il superfluo. E’ questo in sintesi quanto ha detto il Papa oggi all’Angelus in Piazza San Pietro ricordando che nella preghiera che ci ha insegnato Gesù il pane è “nostro”, cioè di tutti, e non soltanto “mio”. Numerosi i pellegrini accorsi per l’Angelus nonostante la pioggia battente. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Benedetto XVI ha preso spunto dall’odierna Giornata del Ringraziamento che si celebra in Italia sul tema: “La terra: un dono per l’intera famiglia umana”. E rileva come nelle famiglie cristiane si insegni “ai piccoli a ringraziare sempre il Signore, prima di prendere il cibo, con una breve preghiera e il segno della croce. Questa consuetudine – ha esortato - va conservata o riscoperta, perché educa a non dare per scontato il pane quotidiano, ma a riconoscere in esso un dono della Provvidenza”:

 

“Dovremmo abituarci a benedire il Creatore per ogni cosa: per l’aria e per l’acqua, preziosi elementi che sono a fondamento della vita sul nostro pianeta; come pure per gli alimenti che attraverso la fecondità della terra Dio ci offre per il nostro sostentamento. Ai suoi discepoli Gesù ha insegnato a pregare chiedendo al Padre celeste non ilmio’, ma il ‘nostro’ pane quotidiano. Ha voluto così che ogni uomo si senta corresponsabile dei suoi fratelli, perché a nessuno manchi il necessario per vivere. I prodotti della terra sono un dono destinato da Dio per l’intera famiglia umana”.

 

Il Papa parla del dramma della fame che “non accenna a risolversi, anzi, per certi versi si va aggravando”, nonostante i vertici mondiali organizzati sull’argomento. L’ ultimo Rapporto della FAO – sottolinea – “ha confermato quanto la Chiesa sa molto bene dall’esperienza diretta delle comunità e dei missionari: che cioè oltre 800 milioni di persone vivono in stato di sottoalimentazione e troppe persone, specialmente bambini, muoiono di fame”. Cosa fare allora?

 

“Certamente occorre eliminare le cause strutturali legate al sistema di governo dell’economia mondiale, che destina le maggior parte delle risorse del pianeta a una minoranza della popolazione. Tale ingiustizia è stata stigmatizzata in diverse occasioni dai venerati miei Predecessori, i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II. Per incidere su larga scala è necessario “convertire” il modello di sviluppo globale; lo richiedono ormai non solo lo scandalo della fame, ma anche le emergenze ambientali ed energetiche. Tuttavia, ogni persona e ogni famiglia può e deve fare qualcosa per alleviare la fame nel mondo adottando uno stile di vita e di consumo compatibile con la salvaguardia del creato e con criteri di giustizia verso chi coltiva la terra in ogni Paese”.

 

Dunque – ha affermato il Pontefice – occorre impegnarsi “concretamente per sconfiggere il flagello della fame” promuovendo “in ogni parte del globo la giustizia e la solidarietà”. E dopo la recita dell’Angelus il Papa, nei saluti nelle varie lingue, ha fatto riferimento al Vangelo odierno in cui una povera vedova getta nel tesoro del Tempio tutto quanto aveva per vivere:

 

Puissiez-vous donner de votre temps…

Possiate donare il vostro tempo, la vostra disponibilità, voi stessi, e non soltanto il vostro superfluo, perché il Regno di Dio cresca in mezzo agli uomini”.

 

Il Papa ha poi salutato i Cooperatori Salesiani convenuti a Roma da varie nazioni per il Congresso Mondiale, in occasione del 150° anniversario della morte della serva di Dio Margherita Occhiena, madre di san Giovanni Bosco. “Dal Cielo – ha detto il Papa –Mamma Margherita’ protegga sempre voi tutti, cari amici, e la grande Famiglia salesiana”. Rivolgendosi ai fedeli polacchi, ricordando che ieri hanno celebrato l’anniversario del riacquisto della libertà del proprio Paese, si è detto “lieto del dono della libertà, per il quale tanti hanno fatto sacrifici, e perfino hanno dato la vita. Possa la Polonia – ha affermato – svilupparsi per il bene di tutti i suoi cittadini, rimanendo fedeli al Vangelo e alla tradizione dei padri”. Infine, nel salutare la rappresentanza di direttori e studenti dei Collegi universitari di ispirazione cristiana, che in questi giorni hanno riflettuto sull’esperienza universitaria, “risorsa e sfida per la vita affettiva dei giovani”, ha auspicato che possano “testimoniare in ogni università l’amore di Cristo che rende forte e libero l’amore umano”.

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IL CRISTIANESIMO NON E’ MORALISMO,

MA E ‘ LA GIOIA DI SCOPRIRE CHE IL CREATORE DELL’UNIVERSO CI AMA A TAL PUNTO

DA AVER DATO LA SUA VITA PER NOI:

COSI’ IL PAPA NEL SUO DISCORSO CONCLUSIVO AI VESCOVI SVIZZERI,

IN VISITA AD LIMINA

 

La Chiesa deve impegnarsi a mostrare “la vera grandezza della fede”, perché il Cristianesimo, che è amore, gioia e pace, appare spesso “come semplice moralismo”, un triste elenco di divieti e proibizioni. E’ l’esortazione di Benedetto XVI ai presuli svizzeri, contenuta nel discorso – a braccio – che il Papa ha rivolto loro a conclusione della visita ad Limina, nel pomeriggio del 9 novembre e pubblicato ieri dalla Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

 

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Benedetto XVI si è rivolto con affetto paterno ai presuli svizzeri. Il suo è un intervento a braccio, non scritto. Il Santo Padre si scusa dunque con parole di grande umiltà. “In questo momento – ha detto – mi presento con questa povertà; ma forse essere povero in tutti i sensi conviene anche ad un Papa in questo momento della storia della Chiesa”. Ha innanzitutto affrontato “il tema Dio”. La nostra fede, ha avvertito, non dovrebbe essere “resa vana dalle troppe discussioni su molteplici particolari meno importanti, ma aver invece sempre sotto gli occhi in primo luogo la sua grandezza”. Il Papa è tornato con la memoria agli anni ottanta e novanta. All’epoca, ha ricordato, quando si recava in Germania, sapeva sempre già in anticipo le domande delle interviste. “Si trattava – ha spiegato – dell'ordinazione delle donne, della contraccezione, dell'aborto e di altri problemi come questi che ritornano in continuazione”. “Se noi ci lasciamo tirare dentro queste discussioni – ha constatato – allora si identifica la Chiesa con alcuni comandamenti o divieti” e “facciamo la figura di moralisti con alcune convinzioni un po' fuori moda, e la vera grandezza della fede non appare minimamente”.

 

Ha così rivolto il pensiero all’importanza del “rapporto personale con Dio”. Il Papa ha ricordato che Sant’Agostino ha più volte mostrato “i due lati del concetto cristiano di Dio”: Logos e Amore, “fino al punto di farsi totalmente piccolo da assumere un corpo umano e alla fine di darsi come pane nelle nostre mani”. Per questo, ha proseguito, “la nostra fede è una cosa che ha da fare con la ragione, può essere trasmessa mediante la ragione e non deve nascondersi davanti alla ragione, neanche a quella del nostro tempo”. Tuttavia, è stato il suo richiamo, “questa ragione eterna ed incommensurabile”, “non è soltanto una matematica dell'universo e ancora meno qualche prima causa che, dopo aver provocato il Big Bang, si è ritirata”. Questa ragione, ha affermato, ha invece un cuore, “tanto da poter rinunciare alla propria immensità e farsi carne”. E qui il Papa ha messo l’accento sull’essenza del messaggio cristiano, affermando che “Dio non è un'ipotesi filosofica … noi Lo conosciamo ed Egli conosce noi. E possiamo conoscerLo sempre meglio, se rimaniamo in colloquio con Lui”. Ecco allora l’importanza per la pastorale di “insegnare a pregare ed impararlo personalmente sempre di più”.

 

 Di fronte a quanti cercano la meditazione altrove, perché non trovano la dimensione spirituale nel Cristianesimo, il Papa ha esortato i presuli a “mostrare loro di nuovo che questa dimensione non solo esiste, ma che è la fonte di tutto”. Proprio tale “intimo essere con Dio e quindi l'esperienza della presenza di Dio”, ha sottolineato, “è ciò che sempre di nuovo ci fa, per così dire, sperimentare la grandezza del cristianesimo e ci aiuta poi anche ad attraversare tutte le piccolezze, tra le quali, certamente, esso deve poi essere vissuto e – giorno per giorno, soffrendo ed amando, nella gioia e nella tristezza – essere realizzato”. In questa prospettiva, ha aggiunto, si vede il significato della Liturgia come scuola di preghiera. Una preghiera che può essere “semplice ed umile” ma anche “festa della fede”.  Una fede vissuta come festa, che il Papa ha detto di aver particolarmente sperimentato nelle sue visite pastorali in Germania, Polonia e Spagna. Ha così voluto smentire un certo pregiudizio nei confronti del Cristianesimo. “Nietzsche – ha ricordato – addirittura ha detto: Solo se Dio non esiste possiamo far festa”. “Un'assurdità”, è la risposta del Santo Padre che ha affermato: “Solo se Dio c'è ed Egli ci tocca, può esserci una vera festa. E sappiamo come queste feste della fede spalancano i cuori della gente e producono impressioni che aiutano per il futuro”.

 

E’ stata, dunque, la volta del grande tema della morale, a cui il Papa ha dedicato una parte cospicua del suo intervento. La Chiesa, ha rilevato, viene percepita come “grande portatrice di esperienza spirituale”, quello che “risulta invece molto difficile alla gente è la morale che la Chiesa proclama”. Il Papa ha confidato ai vescovi elvetici che questo tema è oggetto delle sue riflessioni già da molto tempo. “Nella nostra epoca – ha detto – la morale si è come divisa in due parti”. La società moderna, ha aggiunto, “non è semplicemente senza morale, ma ha, per così dire, scoperto e rivendica un'altra parte della morale che, nell'annuncio della Chiesa negli ultimi decenni e anche di più, forse non è stata abbastanza proposta”. Il Pontefice ha enumerato alcuni grandi temi: pace, non violenza, giustizia per tutti,  sollecitudine per i poveri e rispetto della creazione. Sono grandi temi morali, che affascinano i giovani e che “appartengono del resto anche alla tradizione della Chiesa”.

 

L’altra parte della morale, ha continuato, riguarda “l’impegno per la vita, dal concepimento fino alla morte”. Spesso, ha constatato, interventi come aborto ed eutanasia vengono giustificati “con gli scopi apparentemente grandi di poter con ciò essere utili alle generazioni future”. Appare così “addirittura come cosa morale – ha affermato con amarezza – anche il prendere nelle proprie mani la vita stessa dell’uomo e manipolarla”. Tuttavia, ha aggiunto, “esiste anche la consapevolezza che la vita umana è un dono che richiede il nostro rispetto e il nostro amore dal primo fino all'ultimo momento, anche per i sofferenti, gli handicappati e i deboli”. Benedetto XVI ha infine rivolto la sua attenzione alla “morale del matrimonio e della famiglia”.

 

Ha citato il caso di alcuni Paesi “dove è stata fatta una modifica legislativa, secondo la quale il matrimonio adesso non è più definito come legame tra uomo e donna, ma come un legame tra persone”. Con ciò, ha avvertito, viene “distrutta l'idea di fondo e la società, a partire dalle sue radici, diventa una cosa totalmente diversa”. In tale contesto, “la consapevolezza che sessualità, eros e matrimonio come unione tra uomo e donna vanno insieme” “s'attenua sempre di più”. Secondo questa concezione, “ogni genere di legame sembra assolutamente normale – il tutto presentato come una specie di moralità della non-discriminazione e un modo di libertà dovuta all'uomo”. E’ così che “l'indissolubilità del matrimonio è diventata un'idea quasi utopica che, proprio anche in molte persone della vita pubblica, appare smentita”. Riflettendo poi sulla “diminuzione impressionante del tasso di natalità”, il Papa ha riconosciuto che “esistono molteplici spiegazioni, ma sicuramente ha in ciò un ruolo decisivo anche il fatto che si vuole avere la vita per se stessi, che ci si fida poco del futuro e che, appunto, si ritiene quasi non più realizzabile la famiglia come comunità durevole, nella quale può poi crescere la generazione futura”.

 

L’annuncio cristiano, ha sottolineato, “si scontra con una consapevolezza contraria della società, per cosi dire, con una specie di antimoralità che si appoggia su una concezione della libertà vista come facoltà di scegliere autonomamente senza orientamenti predefiniti”. Un’antimoralità che si presenta “come non-discriminazione, quindi come approvazione di ogni tipo di possibilità, ponendosi così in modo autonomo come eticamente corretto”. Ma, è l’incoraggiamento del Papa, “l'altra consapevolezza non è scomparsa. Essa esiste”. Ha così chiamato tutti i fedeli ad impegnarsi “per ricollegare queste due parti della moralità e rendere evidente che esse vanno inseparabilmente unite tra loro”. “Solo se si rispetta la vita umana dal concepimento fino alla morte – ha ribadito - è possibile e credibile anche l'etica della pace; solo allora la non violenza può esprimersi in ogni direzione, solo allora accogliamo veramente la creazione e solo allora si può giungere alla vera giustizia”. Il Papa ha, così, indicato il “grande compito” che i cristiani hanno davanti a loro: “Da una parte, non far apparire il cristianesimo come semplice moralismo, ma come dono nel quale ci è dato l'amore che ci sostiene e ci fornisce poi la forza necessaria per saper perdere la propria vita”. Dall'altra, “in questo contesto di amore donato, progredire anche verso le concretizzazioni, per le quali il fondamento ci è sempre offerto dal Decalogo che, con Cristo e con la Chiesa, dobbiamo leggere in questo tempo in modo progressivo e nuovo”.

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PER IL FRUTTUOSO LAVORO IN FAVORE DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE,

AL CARDINALE MARTINO E’ STATO CONSEGNATO IERI SERA, NELLA BASILICA PUGLIESE DI SAN MARTINO DI TOURS, A MARTINA FRANCA, IL PRESTIGIOSO SIGILLO MARTINIANO, ATTESTAZIONE BIENNALE A PERSONALITA’ INTERNAZIONALI

CHE HANNO ONORATO LA “CARITA’” DEL SANTO VESCOVO FRANCESE

 

Ai bambini, vittime innocenti dei tanti egoismi sociali e delle troppe guerre nel mondo, il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha dedicato il premio che ieri sera, memoria liturgica di San Martino di Tours, ha ricevuto nell’omonima Basilica pugliese, in Martina Franca (arcidiocesi di Taranto), per il suo impegno a favore della giustizia e della pace. Si tratta del prestigioso Sigillo Martiniano, riproduzione in argento dell’antico stemma della Collegiata di San Martino, con l’icona del santo francese nel famoso gesto di tagliare in due il suo mantello per condividerlo con un povero. Ogni due anni, viene assegnato a personalità di fama internazionale che hanno onorato la “carità” di San Martino adoperandosi per un mondo più giusto e pacificato.

 

Nella motivazione del premio consegnato al cardinale Martino si sottolinea “il suo riconosciuto ruolo di paziente e tenace tessitore di pace e solidarietà tra i popoli, la sua straordinaria sensibilità a condividere il gesto di San Martino con il suo magistero, i suoi viaggi, le sue iniziative caritative a favore dei poveri nel mondo, la sua capacità di interpretare fedelmente il genio delle popolazioni meridionali d’Italia”. Nell’accettare l’ambito riconoscimento, volutamente esteso anche a tutti i suoi collaboratori nel dicastero vaticano da lui presieduto, il porporato ha sottolineato che il drammatico problema della miseria di miliardi di persone nell’era della globalizzazione non verrà risolto con i soli strumenti del mercato, della finanza e della tecnologia, benché rinnovati e umanizzati, e neanche con la sola ridistribuzione dei redditi. Sia nei popoli ricchi che in quelli poveri, l’umanità nell’era della globalizzazione ha bisogno di un cambiamento culturale incentrato sulla solidarietà e la comunione fraterna, per affrontare seriamente lo scandalo di un mondo che riesce ad esplorare l’universo e non sa sfamare milioni di bambini, che spende miliardi di dollari in armamenti e non si decide a “forgiare le spade in vomeri e le lance in falci” per l’avvento della vera pace sulla terra.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 novembre 2006

 

OGGI IN ITALIA SI CELEBRA LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO

PER RICORDARE CHE I BENI DELLA TERRA DEVONO PERVENIRE A TUTTI, EQUAMENTE, SENZA ESCLUDERE O PRIVILEGIARE NESSUNO

- Ai nostri microfoni mons. Paolo Tarchi e Sergio Marelli -

 

Oggi, come ha ricordato il Papa all’Angelus, si celebra in Italia la Giornata nazionale del Ringraziamento sul temaLa Terra: un dono per l’intera famiglia umana”. Nel messaggio diffuso per l’occasione, la CEI, la Conferenza episcopale italiana, sottolinea, da una parte, l’importanza della Terra come dono inesauribile della Provvidenza divina; dall’altra, la realtà di un mondo che nel Terzo Millennio non ha ancora risolto il problema della fame. Nonostante, infatti, la Terra produca cibo in abbondanza per tutti, la fame uccide 24mila persone al giorno. Il servizio di Isabella Piro.

 

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“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione”: è stato il brano evangelico di Matteo a fare da leitmotiv, a Parma, alla Giornata nazionale del Ringraziamento dedicata alla Terra. Nel suo messaggio la CEI ha, infatti, ricordato le parole pronunciate da Benedetto XVI durante la Quaresima: “In nessun modo – disse il Papa – è possibile separare la risposta ai bisogni materiali e sociali degli uomini dal soddisfacimento delle profonde necessità del cuore”. Per questo, i vescovi hanno esortato tutti a guardare alle necessità degli uomini con lo sguardo di Cristo. Ma cosa significa, questo, in concreto? Lo abbiamo chiesto a mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio CEI per i problemi sociali e il lavoro, la pace, la giustizia:

 

R. – Significa, anzitutto, un lavoro di conversione a livello personale e di apertura del cuore. Dovremmo, in qualche modo, superare l’abitudine alla povertà e all’indigenza e sentire dentro di noi la necessità di essere in qualche modo più corresponsabili di quello che succede nel mondo.

 

D. – In tempi di globalizzazione, quanto si può parlare ancora di cultura agricola?

 

R. – Ancora di più la filiera agroalimentare diventa una filiera sempre più di interesse, perché in qualche modo è chiamata a rispondere ai bisogni primari e dall’altra intercetta le esigenze nuove di un cittadino sempre più attento alle cose che va a consumare.

 

D. – Qual è, secondo la Chiesa, il modello di sviluppo da perseguire per scon-figgere la fame nel mondo?

 

R. – Tener conto che non possiamo vivere felici da soli, ma che c’è una respon-sabilità di solidarietà e di interdipendenza che dobbiamo programmare ed inserire nel nostro modo di pensare il presente e il futuro.

 

E tra le associazioni che hanno aderito a questa Giornata, c’è anche la FOCSIV, che ha presentato un documento intitolato “La Terra è vita: gli obiettivi di sviluppo del millennio e il Sud del mondo”, stilato in collaborazione con la CEI e le ACLI. Ce ne parla Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv, la federazione delle organizzazioni cristiane di servizio internazionale volontario:

 

R. – Un documento che anzitutto vuole dire una cosa: un modello di agricoltura improntato oggi al commercio internazionale, all’esportazione, al favorire le grandi concentrazioni economiche delle multinazionali, schiaccia e soffoca tutti i piccoli agricoltori, addirittura fino al punto di violare nella dignità la vita e i diritti fondamentali delle persone.

 

D. – Cosa chiede, in particolare, la Focsiv?

 

R. – Un’urgente riforma agraria, per ridare la proprietà della terra e in particolare dei terreni fertili ai piccoli produttori che dal lavoro agricolo e dalla coltivazione dei campi traggono il sostentamento e il reddito fondamentale delle loro famiglie. Così come è anche necessaria la messa al bando di tutti i sussidi alle esportazioni delle eccedenze agricole che oggi da grandi Paesi produttori ed industrializzati vengono immesse sui mercati dei Paesi poveri a dei prezzi così bassi che non possono essere sopportati dalla concorrenza degli agricoltori di questi Paesi.

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LA FIACCOLA DEL DIALOGO DI SANT’AGOSTINO È GIUNTA A PAVIA.

ACCESA IN ALGERIA TERMINA IL SUO PELLEGRINAGGIO PORTANDO CON SÉ

IL MESSAGGIO DI PACE DEL VESCOVO DI IPPONA.

NEL POMERIGGIO UNA MESSA CON IL VESCOVO GIOVANNI GIUDICI

- Ai nostri microfoni padre Robert Prevost e Mohamed El Sadi -

 

Partita il 23 ottobre dalla città algerina di Souk Ahras, l’antica Tagaste che ha dato i natali a Sant’Agostino, stamattina la fiaccola del dialogo tra le sponde del Mediterraneo del vescovo di Ippona è arrivata a Pavia, dove dall’VIII secolo, per volere del re longobardo Liutprando, nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, si trovano le spoglie del grande Dottore della Chiesa. La fiaccola è stata benedetta come simbolo di fede e di pace dal Papa durante l’Angelus del primo novembre. Nel pomeriggio gli ambasciatori presso la Santa Sede dei Paesi in cui sono presenti comunità agostiniane accenderanno 56 lampade votive. Un gesto che vuole simboleggiare l’impegno di diffondere il dialogo nel mondo. Alle 18.30, poi il vescovo Giovanni Giudici presiederà una Messa Solenne. A Pavia si recherà il prossimo anno Benedetto XVI, che sosterà in preghiera davanti l’Arca marmorea che conserva l’urna delle reliquie del vescovo di Ippona. Sant’Agostino è uno dei Padri della Chiesa più citati da Benedetto XVI, che nel 1953 divenne dottore in teologia con la tesi “Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino”. Ma sull’arrivo della fiaccola di Sant’Agostino a Pavia ascoltiamo il servizio di Tiziana Campisi:

 

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Dall’Algeria all’Italia per costruire ponti di dialogo fra culture e religioni diverse: la fiaccola di Sant’Agostino conclude il suo viaggio, nelle sue tappe ha lasciato il messaggio di pace del vescovo di Ippona, ma come farne tesoro? Il Priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino padre Robert Prevost:

 

R. – C’è la sfida, che portiamo avanti già da molto tempo sia come agostiniani che come cristiani, di promuovere questo dialogo interreligioso. Si tratta di una sfida che il mondo di oggi deve affrontare, cercando risposte, cercando di trovare la soluzione a situazioni che spesso sfociano in una conclusione violenta, di guerra, creando problemi che sono purtroppo visibili nel mondo da molti anni. E tutto questo per l’incapacità degli uomini di comprendersi, di accettare le rispettive differenze. Questa fiaccola è una espressione simbolica del nostro desiderio di promuovere un’altra risposta, una risposta nuova, che – come direbbe il Santo Padre – usa il dono della ragione, la capacità di pensare, di iniziare un dialogo, anziché scegliere mezzi violenti per risolvere i conflitti e le difficoltà.

 

D. – Quale messaggio di Agostino approfondire in particolare adesso per far crescere il dialogo interreligioso?

 

R. – Il senso che ha Sant’Agostino per la dignità umana, il rispetto della persona, creatura di Dio, credo che possa essere il messaggio che unisce tutte le persone, anche coloro che appartengono ad una fede diversa dalla nostra. Sant’Agostino riconosce, molto bene questa dignità di tutte le persone. Bisogna forse cominciare proprio da questo punto, per promuovere poi un dialogo che vuol dire rispetto mutuo e capacità di ascoltare gli uni gli altri per entrare in autentico dialogo con gli altri.

 

         Ma che cosa è necessario oggi per far crescere il dialogo fra cristiani e musulmani? Ci risponde l’imam della comunità Islamica di Malta, Mohamed El Sadi che ha accolto la fiaccola di Sant’Agostino a La Valletta:

 

R. – I Think it is a great responsibility …

Credo che questo problema riguardi maggiormente i capi, che devono cercare di fare il possibile affinché questo dialogo continui, cercando inoltre di spiegare l’utilità della pace nel mondo. Naturalmente il dialogo non si deve mai fermare, altrimenti ci troveremmo con disaccordi che non conducono da nessuna parte.

 

D. – Lei come vede il futuro?

 

R. – Sure

Sono sicuro che se tutti facessero la loro parte, senza quindi arrivare agli estremismi sia da una parte che dall’altra, potremmo sicuramente riuscire a far comprendere che solo vivendo insieme e dialogando, ciascuno di noi potrebbe accettare la diversità dell’altro e  quindi superarla facilmente. E questo perché ci aiuteremmo a vicenda!

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MOVIMENTO E CORRETTA ALIMENTAZIONE PER PREVENIRE IL DIABETE:

QUESTI I CONSIGLI NELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DEDICATA

AD UNA MALATTIA CHE COLPISCE 230 MILIONI DI PERSONE

- Intervista con il prof. Umberto Valentini -

 

“Uniti contro il diabete”. E’ questo il tema scelto per la Giornata mondiale del Diabete, che si celebra oggi. La patologia colpisce 230 milioni di persone nel mondo e ogni 10 secondi si verifica un decesso per complicanze legate alla malattia. Una situazione resa ancora più drammatica dal fatto che queste cifre sono destinate ad aumentare del 25 per cento nei prossimi 10 anni, come spiega, al microfono di Antonella Villani, Umberto Valentini, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi:

 

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R. – Si calcola che nel 2025 saranno più di 300 milioni a livello mondiale le persone con questa malattia, ma la cosa ancora più drammatica è che nel ’94 si pensava che nel 2025 avremmo raggiunto i 230 milioni di persone con il diabete, mentre questa quota in realtà la abbiamo raggiunta oggi. Si tratta, quindi, di una malattia non solo in rapida evoluzione, ma addirittura sta bruciando i tempi rispetto a quelle che erano le previsioni. Il problema qual è? Al di là del numero delle persone, si tratta di una malattia estremamente invalidante in quanto – se non curata bene – ha un rischio di cecità, di dialisi, di infarto, di amputazione delle gambe. Accanto, quindi, ai problemi legati proprio alla cura e alla qualità della vita di queste persone, sicuramente comporta dei costi per i sistemi sanitari che non sono indifferenti e si perde – tra virgolette – della forza lavoro e di conseguenza aumentano i costi diretti della malattia, ma anche i costi indiretti legati, appunto, a tutte quelle che sono le previdenze che servono per assistere le persone che hanno avuto dei danni molto gravi legati alla malattia stessa.

 

D. – Chi sono le persone più colpite dalla malattia?

 

R. – Tutte le fasce di età, ma in particolare tutte le persone che sono in soprappeso o che fanno una vita sedentaria. In queste persone si creano delle alterazioni di tipo biochimico che portano pian piano a far aumentare la glicemia nel sangue e questa glicemia che pian piano aumenta è in grado di provocare poi notevoli danni. 

 

D. – Ci sono dei Paesi che risultano più colpiti di altri?

 

R. – Fino a vent’anni fa, eravamo convinti che la malattia fosse appannaggio dei Paesi occidentali, ma si è visto che questa malattia si sta ora diffondendo molto rapidamente proprio nei Paesi in via di sviluppo. Si prevede addirittura che in Egitto l’aumento della malattia nei prossimi 20 anni sarà pari al 130 per cento.

 

D. – Un incremento che andrà ad incidere fortemente anche sulla spesa sanitaria di questi Paesi?

 

R. – La malattia diabetica è considerata la quarta malattia più costosa per i sistemi sanitari. Questi Paesi hanno calcolato, soprattutto i Paesi in via di sviluppo, che se il diabete dovesse aumentare in modo così drammatico, sarà tale la spesa che determina da bloccare lo sviluppo economico di questi Paesi nel loro complesso.

 

D. – E in Italia qual è la situazione?

 

R. – Si prevede che nei prossimi anni il numero dei casi di diabeti passerà dall’attuale 4-5 per cento fino al 7-8 per cento. Anche qui occorrono modelli organizzativi e gestionali completamente diversi rispetto a quelli che si pensavano alcuni anni fa.

 

D. – Cosa si farà a questo punto per combatterla?

 

R. – L’obiettivo principale è la prevenzione della malattia. Gli strumenti sono fondamentalmente gli stili di vita e questo in sintesi vuol dire  non ingrassare e muoversi almeno mezz’ora al giorno con una camminata un po’ sostenuta e questo vuole dire fare le scale piuttosto che prendere l’ascensore, parcheggiare la macchina due isolati più lontano dall’ufficio.

 

D. – E a livello mondiale sono state scelte delle linee guida da seguire?

 

R. – C’è questa campagna “Uniti contro il diabete” che è una campagna internazionale che arriverà poi a richiedere all’ONU una risoluzione. C’è poi una campagna di prevenzione, perché gli stili di vita in realtà si possono praticare se il contesto sociale lo permette e quindi piste ciclabili, palestre, campi sportivi. In sostanza si tratta soltanto di una prescrizione medica, ma ci deve essere un sistema intorno che diventa sensibile al poter praticare degli stili di vita sani.

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PUBBLICATO DALLA LIBRERIA ATENEO SALESIANO UN NUOVO MANUALE DI

GIORNALISMO PER IMPARARE A COMUNICARE CON EFFICACIA E OBIETTIVITA’

- Intervista con don Giuseppe Costa e Angelo Paoluzi -

 

Il panorama del giornalismo italiano si arricchisce di un nuovo strumento didattico offerto agli studenti di Scienza della Comunicazione. Si tratta di “Giornalismo. Teoria e pratica”, un manuale di comunicazione edito dalla Libreria Ateneo Salesiano e scritto da don Giuseppe Costa, docente di Teoria e Tecnica del Giornalismo alla Pontificia Università Salesiana di Roma e Angelo Paoluzi, già direttore del quotidiano Avvenire e docente di “Tecnica di giornalismo di base” all’Università LUMSA di Roma. Frutto di una lunga esperienza didattica degli autori, il libro descrive le multiformi modalità di comunicazione, scritta, parlata e via internet. Luca Collodi ha chiesto a don Giuseppe Costa qual è lo scopo del nuovo manuale di giornalismo:

 

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R. – Proprio per professionalizzare i futuri lavoratori della penna, della radio o della televisione. Oggi senza professionalizzazione è impossibile andare molto lontano. Se si vuole, quindi, un giornalismo efficace, è necessario un giornalismo qualificato.

 

D. – Paoluzi, quanto conta oggi la professionalità nell’informazione?

 

R. – Il tasso di professionalità è aumentato. Dal giornalista praticone che ricordo nei primi anni dell’esercizio della professione, si è passati ad un giornalista molto più acculturato, un giornalista che si guarda attorno con maggiore consapevolezza e che si informa ed arriva quindi preparato, perché la professione è molto selettiva, soprattutto negli ultimi tempi lo è diventata ancora di più. C’è bisogno, quindi, di un bagaglio culturale forte ed anche di una buona preparazione etica, che vadano oltre il piccolo campo personale della politica interna o della cronaca. Ci vuole qualcosa di più, ci vuole uno sguardo di carattere generale.

 

D. – Don Giuseppe Costa perché oggi un giovane si avvicina alla professione giornalistica? Non c’è spesso un’idea romantica alla base di questa scelta?

 

R. – Permane ancora il mito di questa professione e quindi molti giovani accorrono a questo professione, anche se molti finiscono poi per perdersi per la strada, quando si rendono conto che fare questa professione costa, implica sacrifici e molto impegno.

 

D. – Paoluzi, che cos’è il giornalismo?

 

R. – Il giornalismo è la voglia di raccontare agli altri la realtà che ci circonda. Questa è la motivazione dei miei alunni, quando chiedo loro: “Perché volete fare i giornalisti?”. I ragazzi rispondono: “per esprimerci, per raccontare la vita, magari anche per testimoniare la verità, per avere l’illusione di essere obiettivi e per dare una informazione completa sulla realtà che ci circonda e non soltanto  quella che piace a noi”.

 

D. – Don Costa, andiamo a toccare un altro punto critico del giornalismo: l’obiet-tività del giornalismo esiste o no?

 

R. – Ritengo che esista. Io credo in questa professione e credo nella buona coscienza dei singoli giornalisti. Il problema è che l’attività giornalistica è inserita in un contesto che tante volte non rispetta questa obiettività.

 

D. – Paoluzi, non è che oggi il giornalista, alla fine, è chiamato solo a realizzare un prodotto?

 

R. – Può anche essere. Si può realizzare un prodotto da vendere in modo onesto e c’è anche questo dietro: l’artigianalità. Il giornalista è un artigiano, è un artigiano della parola, attraverso la quale dare testimonianza di cose che esistono. Quello che qualche volta manca è un corredo etico e cioè non è tanto la verità o le cose che succedono e che interessano, quanto il sostegno di idee già precostituite, diciamo, quindi, la faziosità.

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CHIESA E SOCIETA’

12 novembre 2006

 

SI APRE OGGI IN CANADA IL VERTICE MONDIALE DEL MICROCREDITO.

DUE GLI OBIETTIVI IN PROGRAMMA, DA RAGGIUNGERE ENTRO IL 2015:

FAR ACCEDERE AL CREDITO PER UN LAVORO INDIPENDENTE 175 MILIONI DI FAMIGLIE POVERE E GARANTIRE AD OLTRE 100 MILIONI DI NUCLEI FAMILIARI

LA POSSIBILITÁ DI VIVERE CON PIÙ DI UN DOLLARO AL GIORNO

 

HALIFAX. = Più di duemila delegati di oltre cento Paesi si sono dati appuntamento ad Halifax, in Canada, per partecipare al Vertice mondiale del microcredito, in programma da oggi a mercoledì prossimo. L’iniziativa costituisce una nuova tappa nella storia dei vertici annuali iniziati nel 1997 a Washington sotto l’egida del “RESULTS Educational Fund/REF”; in quella circostanza venne lanciata una Campagna di nove anni destinata ad aiutare, entro il 2005, 100 milioni di famiglie, in particolare le donne del nucleo familiare, mediante la concessione di crediti. Il finanziamento mirava a permettere loro di esercitare un’attività economica indipendente e di accedere ad altri servizi finanziari e commerciali. Da allora, la Campagna ha perseguito e incrementato i quattro obiettivi principali del 1997: servire i più poveri; servire e rafforzare il potere di azione della donna; sviluppare istituzioni finanziariamente autonome; assicurare una ricaduta positiva e verificabile sulla vita dei clienti e delle loro famiglie. L’appuntamento di Halifax fornirà, tra i diversi rapporti, i dati della Campagna per il 2005, di cui verrà chiusa la prima fase, e ne lancerà la seconda, in programma dal 2007 al 2015. I nuovi obiettivi saranno due: garantire a 175 milioni di famiglie in stato di povertà estrema, con particolare riguardo alle donne, l’accesso al credito per un lavoro indipendente entro il 2015; e garantire ad oltre 100 milioni di nuclei familiari, composti mediamente da 5 persone, la possibilità di vivere con più di un dollaro al giorno entro il 2015, dimezzando la povertà assoluta nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. “Viviamo nel pieno di uno scandalo mondiale – ha detto Sam Daley-Harris, direttore della Campagna del microcredito – in cui 1.200 milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno e circa 29.000 bambini, minori di 5 anni, muoiono ogni giorno di malnutrizione e malattia”.  Al vertice canadese parteciperà anche Mohamed Yunus, il Premio Nobel per la Pace che ha dedicato la sua vita alla creazione di una rete finanziaria di microcredito. Durante i lavori, inoltre, verrà pubblicato l’annuario completo e aggiornato delle istituzioni di microcredito a livello mondiale (I.P.)

 

 

IN PAKISTAN, È STATO SCAGIONATO IERI RANJHA MASIH, CRISTIANO CONDANNATO ALL’ERGASTOLO PER BLASFEMIA.

L’UOMO HA TRASCORSO 8 ANNI IN CELLA DI ISOLAMENTO

 

LAHORE. = Ha trascorso 8 anni in una cella di isolamento e ieri è stato finalmente scagionato: è accaduto a Ranjha Masih, cristiano di Lahore, in Pakistan, condannato nel 2003 all’ergastolo per blasfemia. La sua scarcerazione, ordinata ieri dall’Alta corte locale, avverrà però martedì prossimo “per motivi burocratici”. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, Masih, 58 anni, era stato arrestato l’8 maggio 1998, giorno dei funerali del vescovo John Joseph, morto suicida per protesta contro la legge sulla blasfemia. Subito dopo le esequie, si erano verificati scontri tra i cristiani locali e la polizia; durante le proteste, Masih era stato arrestato con l’accusa di essere un blasfemo. Cinque anni dopo, la Corte di Faisalabad lo aveva condannato all’ergastolo, fra le proteste dei musulmani locali che ne chiedevano l’impiccagione. Durante la detenzione, “per motivi di sicurezza”, la polizia lo ha rinchiuso in una cella di isolamento. A maggio di quest’anno, la Società internazionale per i diritti umani lo ha premiato “per la fermezza con cui ha difeso e mantenuto la sua fede cristiana”. Ma i problemi di Masih non sono finiti: ha già ricevuto alcune minacce di morte. (I.P.)

 

 

ENTRA OGGI IN VIGORE IL TRATTATO INTERNAZIONALE DELL’ONU

SULLE BOMBE INESPLOSE. IL DOCUMENTO IMPONE AI 25 STATI FIRMATARI

DI RIMUOVERE I RESIDUATI BELLICI DAI TERRITORI DI GUERRA

 

GINEVRA. = Rimuovere i residuati bellici, comprese mine e bombe a grappolo, e bonificare i terreni in cui giacevano. È quanto impone il Trattato internazionale dell’ONU, entrato in vigore oggi e ratificato tre anni fa da 25 Stati. Il provvedimento giunge in contemporanea con la Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo. “Si tratta di una vera e propria ‘pietra miliare’- spiega il Comitato Internazionale della Croce Rossa- È il primo accordo internazionale che obbliga le parti armate di un conflitto ad eliminare tutte le munizioni inesplose che colpiscono i civili e gli operatori umanitari, una volta che la guerra è terminata”. Il provvedimento, inoltre, impone ai Paesi belligeranti di delineare le aree contaminate al termine di un conflitto e mettere in guardia i civili dai possibili rischi. L’obbligo di eliminare gli ordigni inesplosi riguarda anche quei Paesi che, alla fine di un conflitto, non hanno più il controllo del territorio su cui si è combattuto. Il segretario generale dell’ONU Kofi Annan, assieme alla Croce Rossa e decine di organizzazioni non governative, ha chiesto una moratoria sulle bombe a grappolo. Decine di Paesi hanno aderito all'appello, ma Cina, Russia e USA si oppongono. (I.P.)

 

 

“IRAN, PAKISTAN E AFGHANISTAN CONDIVIDANO LE INFORMAZIONI SUL TRAFFICO

DI DROGA”: QUESTO L’APPELLO LANCIATO IERI DA ANTONIO MARIA COSTA,

DIRETTORE DELL’UFFICIO ONU CONTRO LA DROGA E IL CRIMINE

 

TEHERAN. = “Iran, Pakistan e Afghanistan condividano, tra loro e con la comunità internazionale, le informazioni dell’intelligence sul traffico di droga”: è l’invito rivolto ieri ai tre Paesi da Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), al termine di una visita di tre giorni in Iran. Secondo Costa, “circa l’80% delle 1.600 tonnellate di oppio che l’Afghanistan produrrà quest’anno uscirà dal Paese attraverso le rotte del Pakistan e dell’Iran”. Per questo, ha aggiunto, “ho sollecitato i tre Paesi e i loro partner internazionali a creare una piattaforma di condivisione dell’intelligence, che potrebbe avere un profilo simile a quella che abbiamo già contribuito a realizzare in Asia Centrale e nel Golfo”. Lo scorso febbraio, infatti, cinque Paesi dell’Asia Centrale, insieme a Russia e Azerbaijan, si sono accordati per istituire un nuovo Centro regionale di coordinamento e di informazioni sul traffico di droga con sede ad Almaty, in Kazakhistan. Lo scorso settembre, inoltre il Qatar ha accettato di ospitare a Doha un nuovo centro statale di intelligence. Durante la sua visita in Iran, Antonio Maria Costa ha avuto alcuni colloqui con le autorità locali incentrati sugli sforzi per contrastare la duplice e crescente minaccia della guerriglia e della produzione di oppio, soprattutto in Afghanistan. (I.P.)

 

 

PARTE DOMANI IN RWANDA IL PROGETTO “SEMI DI VITA E DI SPERANZA”,

PROMOSSO DALLE SUORE SALESIANE E FINANZIATO DALLA CEI. SCOPO DELL’INIZIATIVA: SCONFIGGERE LA POVERTÁ INSEGNANDO AI GIOVANI

LE TECNICHE AGRICOLE E DI ALLEVAMENTO

 

KIGALI. = Sconfiggere la povertà mediante la formazione agricola e zootecnica dei giovani: con questo obiettivo prende domani il via, in Rwanda, il progetto “Semi di vita e di speranza”, finanziato dalla Conferenza episcopale italiana e promosso dalla Congregazione delle suore Salesiane dei Sacri Cuori, presente nel Paese dal 1987. L’area di azione dell’iniziativa sarà quella di Nyamata, nel distretto di Bugesera. Per realizzare il progetto, informa il SIR, è stata costruita una vera e propria fattoria, in cui lavoreranno anche donne in difficoltà e persone disabili, come alcuni ragazzi sordi. L’iniziativa, spiega la superiora generale delle suore Salesiane dei Sacri Cuori, suor Maria Longo, ha lo scopo di “far raggiungere l’autonomia alimentare a nuclei familiari svantaggiati”, facendo particolare attenzione alla “promozione umana dei minori e delle donne, a serio rischio di esclusione sociale”. (I.P.)

 

 

AL VIA STASERA, NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO, LA QUINTA

EDIZIONE DI “40 CONCERTI NEL GIORNO DEL SIGNORE”, RASSEGNA DI MUSICA SACRA E CLASSICA. IN PROGRAMMA ANCHE DUE PRIME MONDIALI

ISPIRATE ALL’ ENCICLICA DI BENEDETTO XVI, “DEUS CARITAS EST”,

E ALL’ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

 

ROMA. = Quaranta appuntamenti nelle più belle Chiese di Roma lungo un periodo di sei mesi: è indubbiamente molto ricco il cartellone della rassegna musicale “40 concerti nel giorno del Signore” che prende il via stasera, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, e che si concluderà nello stesso luogo il 27 maggio 2007. Ad inaugurare la manifestazione, giunta alla quinta edizione ed organizzata dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile del Vicariato di Roma, sarà “L’ombra del Padre”, oratorio ispirato alla figura di San Giuseppe e composto da mons. Marco Frisina, maestro della Cappella musicale lateranense. I 40 incontri musicali, tutti ad ingresso libero, si terranno ogni domenica, alle 20.30, nelle Chiese storiche di Roma, tra cui Trinità dei Monti, Santa Maria in Ara Coeli e Santa Cecilia in Trastevere. Due le novità più attese, veri e propri “lavori a tema” commissionati per l’occasione e che verranno eseguiti in prima mondiale: si tratta di “Antico e Nuovo Testamento”, composto da Paolo Buonvino, in programma il 4 marzo nella Chiesa di San Pietro in Vincoli, e di “Deus caritas est”, opera ispirata alla prima Enciclica di Benedetto XVI e composta da Gianni Ferrio. La sua esecuzione si terrà il 13 maggio nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva. In programma anche concerti-lezione su autori della musica classica e sull’opera lirica, che verranno ospitati, ogni mercoledì, dall’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense. Tra questi, uno vedrà protagonista la soprano Mirella Freni. “La musica sacra – ha scritto mons. Mauro Parmeggiani, segretario generale del Vicariato di Roma – è forse l’espressione artistica che meglio racchiude le meditazioni, i sentimenti, le gioie, le ansie ed anche i travagli che l’uomo ha scritto nelle pagine della storia, vivendo la sua parabola terrena con lo sguardo rivolto a Dio”. Con questa rassegna, ha aggiunto mons. Parmeggiani, “vogliamo cogliere più profondamente la bellezza di Dio che si è rivelata e che continua a rivelarsi agli uomini”. In questo senso, i 40 concerti sono “un’operazione culturale vera e propria”, ha concluso mons. Parmeggiani, “un cammino che desidera aiutare soprattutto i giovani a riscoprire le nostre radici culturali cristiane e quella nostra identità che ci permette di dialogare con tutti nella verità”. (I.P.)

 

 

OGGI E DOMANI, IN ITALIA, LE ESEQUIE DI 4 SACERDOTI

TRAGICAMENTE SCOMPARSI IN UN INCIDENTE D’AUTO GIOVEDÌ SCORSO 

 

POTENZA. = Si terranno tra oggi e domani i funerali dei quattro sacerdoti italiani, tragicamente scomparsi giovedì scorso in un incidente d’auto. I prelati- don Giuseppe Fensore, don Michele Di Maggio, don Vincenzo Labriola e don Giovanni D’Aulerio - stavano tornando da Treviso, dove avevano preso parte ad un convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ma nei pressi di Bologna, sono rimasti coinvolti in un grave incidente stradale ed hanno perso la vita. Don Fensore e don Di Maggio appartenevano alla diocesi di Melfi; Andria e Termoli, invece, erano le rispettive diocesi di Vicenzo Labriola e don Giovanni D’Aulerio. Le esequie dei due sacerdoti di Melfi saranno celebrate oggi pomeriggio, alle 15.30, a Rampolla, in provincia di Potenza, nella Concattedrale di San Michele Arcangelo. Sempre oggi, alle 15, verranno celebrati i funerali di don Giovanni D’Aulerio a Petacciato, vicino Campobasso. Domani, infine, ad Andria, vicino Bari, si terrà il rito funebre di don Labriola, che sarà ospitato dalla parrocchia della Santissima Trinità. Tutte le celebrazioni saranno presiedute dai vescovi locali. (I.P.)

 

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24 ORE NEL MONDO

12 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Decine di morti in Iraq per una serie di attacchi. L’attentato più grave è avvenuto in un centro di reclutamento di Baghdad, dove due terroristi con addosso giubbotti esplosivi sono riusciti a mescolarsi tra i giovani in attesa di arruolarsi. Il nostro servizio:

 

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In Iraq, diversi attentati hanno nuovamente scosso Baghdad. In un centro di reclutamento della polizia, due attentatori si sono fatti saltare in aria uccidendo almeno 35 persone. Si tratta della strage più grave avvenuta nella capitale irachena dopo la recente revoca del coprifuoco imposto in occasione della sentenza di condanna a morte dell’ex presidente Saddam Hussein. Poco dopo il massacro avvenuto nel centro di reclutamento, l’esplosione di un’autobomba ha provocato la morte di 4 civili. Tre bambini sono poi morti per la deflagrazione di un ordigno davanti ad una scuola elementare. Altri 25 cadaveri sono stati ritrovati in varie zone della città. E si fa sempre più pesante anche il bilancio delle vittime statunitensi dall’inizio della guerra in Iraq: secondo l’agenzia di stampa ‘Associated Press’, sono 2845 i militari americani morti nel Paese arabo dall’avvio delle operazioni belliche, nel mese di marzo del 2003. In Italia, intanto, sono previste oggi diverse celebrazioni per commemorare il terzo anniversario della strage di Nassiriya, compiuta il 12 novembre del 2003 e costata la vita a 17 militari e 2 civili, tutti italiani.

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Per i problemi dell’Afghanistan occorre una soluzione politica e non solamente militare. E’ quanto ha dichiarato questa mattina il capo dell’esecutivo italiano, Romano Prodi, a margine della commemorazione dei caduti di Nassiriya. Prodi ha anche definito “un passo importante” la proposta per una Conferenza internazionale sull’Afghanistan, lanciata dal ministro degli Esteri Massimo D’Alema e accettata dal presidente afghano Hamid Karzai. “Bisogna andare avanti con il dialogo”, ha poi aggiunto il presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ennesima operazione militare israeliana nei Territori palestinesi per arrestare il lancio di razzi contro lo Stato ebraico: un ragazzo di 16 anni è morto in seguito ad un raid sferrato dall’aviazione israeliana nel nord della Striscia di Gaza. Si tratta della stessa aerea dove 18 civili palestinesi sono rimasti uccisi, mercoledì scorso, per il bombardamento su Beit Hanun, avvenuto secondo il premier israeliano Ehud Olmert per un “errore tecnico”. Ieri intanto gli Stati Uniti hanno bloccato, ponendo il veto, la risoluzione con la quale il Consiglio di Sicurezza dell’ONU intendeva condannare Israele per questa strage. La risoluzione – ha detto l’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite - era “prevenuta contro Israele e motivata politicamente”. L’osservatore dell’Autorità Nazionale Palestinese ha accusato, invece, il Consiglio di non aver rispettato le proprie responsabilità. Sul versante politico, il presidente palestinese Abu Mazen ha poi annunciato la formazione di un governo di unità nazionale prima della fine di novembre.

 

In Israele, si è dimesso il comandante della ‘Brigata Galilea’, impegnata in attività di pattugliamento lungo il confine tra Stato ebraico e Libano. Il generale era stato accusato di “inefficienza” e “improprio espletamento delle funzioni di comando” per non essere riuscito a prevenire le incursioni, lo scorso mese di luglio, dei miliziani Hezbollah che hanno ucciso otto soldati israeliani e rapito altri due militari dello Stato ebraico. Dimissioni anche in Libano, dove cinque ministri dei movimenti sciiti Hezbollah e Amal hanno rinunciato ieri ai loro incarichi dopo la brusca rottura dei colloqui per un governo di unità nazionale.

 

Il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, è giunto a Washington per una visita ufficiale negli Stati Uniti, la seconda da quando ha assunto, in aprile, la guida del governo dello Stato ebraico. L’agenda prevede incontri con il presidente statunitense, George Bush, e con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice. Al centro dei colloqui ci saranno la situazione in Medio Oriente, il conflitto iracheno e la crisi nucleare iraniana.

 

Sono sempre più tesi i rapporti tra Iran e comunità internazionale: il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha accusato l’ONU di comportamento “vergognoso” per aver aperto un dossier sul programma nucleare di Teheran. La Repubblica islamica ha anche annunciato di voler installare 3000 centrifughe per l’arricchimento dell’uranio entro la fine di marzo. In Israele, intanto, il vice ministro della Difesa ha parlato di “opzione militare” se l’Iran si doterà dell’arma atomica. Il governo di Teheran ha subito replicato avvertendo che l’Iran risponderà prontamente ad un eventuale attacco israeliano.

 

Oltre 30 milioni di elettori sono chiamati alle urne, in Polonia, per le elezioni amministrative. I candidati per gli organi delle regioni, delle province e dei comuni sono oltre 200 mila. I dati dei primi exit pool sono previsti per questa sera, poco dopo la chiusura dei seggi. Secondo diversi sondaggi, l’affluenza ai seggi potrebbe raggiungere il 68 per cento. Nelle elezioni delle presidenziali del 9 ottobre del 2005, l’affluenza era di poco superiore al 49 per cento.

 

Elezioni parallele in Ossezia del Sud, dove è stato indetto un referendum sull’indipendenza dalla Georgia, proclamata nel 1992, dopo due anni di guerra civile. Lo scrutinio non è riconosciuto dalla comunità internazionale. Si vota anche per le elezioni presidenziali, per le quali sono state fissate due consultazioni: la prima, appoggiata dalla Russia e indetta per eleggere il presidente dell’auto-proclamata Repubblica dell’Ossezia, è in corso in villaggi sud-osseti controllati da autorità separatiste. L’altra elezione è stata organizzata da ONG vicine al governo georgiano per eleggere un altro presidente ed è in corso in villaggi controllati da forze georgiane. Si vota in un clima caratterizzato anche dalle crescenti e recenti tensioni tra i governi di Mosca e Tbilisi. Le votazioni indette dai separatisti sud-osseti sono state criticate da Stati Uniti e Unione Europea. Quelle appoggiate dalla Georgia sono state invece condannate dalla Russia. Le frontiere tra Ossezia del Sud e Georgia sono presidiate da un contingente russo. Il governo di Tbilisi reclama da tempo la demilitarizzazione della regione, dove dal 1992 è presente una forza di pace alla quale aderiscono Russia, Georgia e Ossezia del Nord.

 

Una strage per venti dollari. E’ la somma ricevuta da un separatista del Kashmir per aver lanciato una bomba a mano davanti alla moschea del suo villaggio, nel Kashmir indiano, durante la preghiera del venerdì. L’uomo, interrogato dalla polizia, ha fornito vari dettagli sull’attentato e detto di far parte di un gruppo musulmano separatista. L’ordigno ha ucciso cinque passanti, fra i quali quattro bambini. L’attentato, avvenuto venerdì scorso, era stato subito rivendicato dai separatisti kashmiri.

 

Un Paese paralizzato per una protesta indetta da alcuni partiti dell’opposizione che hanno indetto il blocco totale, e a tempo indeterminato, dei trasporti terrestri e marittimi. E’ il Bangladesh, dove diversi manifestanti hanno anche assaltato e dato alle fiamme treni e autobus alla periferia della capitale. Il governo, intanto, ha dispiegato nel centro di Dacca 15 mila uomini delle forze dell’ordine per far fronte all’emergenza. I manifestanti chiedono al presidente, Iajuddin Ahmed, di licenziare il capo della commissione elettorale, ritenuto non neutrale sulle elezioni previste a gennaio.

 

Fidel Castro sarebbe malato di cancro in fase terminale. E’ quanto sostengono fonti dell’intelligence americana, secondo le quali il leader cubano ha un tumore al colon o allo stomaco. In queste condizioni, Castro potrebbe sopravvivere, secondo tali fonti, al massimo fino a 18 mesi. La stampa ufficiale cubana, al momento, si astiene da ogni commento.

 

Almeno 13 morti e 25 feriti: è il bilancio, ancora provvisorio, di una violenta battaglia avvenuta in Somalia fra truppe fedeli al governo di transizione e milizie islamiche. Le Corti islamiche hanno anche conquistato un centro strategico a 70 chilometri dalla regione semiautonoma del Puntland, feudo del presidente ad interim somalo, Abdullahi Yusuf. Commentando questi nuovi scontri, il portavoce delle corti ha dichiarato che le milizie islamiche avanzeranno fin quando “la sharia non sarà legge in tutta la Somalia”.

 

In Nigeria, uomini armati hanno fatto irruzione, la scorsa notte, in una stazione dell’AGIP per una rapina. E’ stata invece smentita la notizia del sequestro di alcuni dipendenti dell’azienda. L’episodio è avvenuto nello Stato nigeriano di Bayelsa, dove è ancora occupata un’altra stazione. In questo caso, sono stati richiesti risarcimenti per i danni ambientali provocati dall’industria del greggio.

 

Circa 700 pecore nel centro di Madrid. E’ la singolare protesta con cui gli ambientalisti spagnoli hanno manifestato, questa mattina, per richiamare l’attenzione delle autorità sulla protezione di circa 125 mila chilometri di percorsi usati per le migrazioni stagionali degli animali.

 

 

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