RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 316 - Testo
della trasmissione di domenica 12 novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si
apre oggi in Canada il Vertice mondiale del microcredito
Oggi
e domani in Italia le esequie di quattro sacerdoti morti in un incidente d’auto
Decine di morti in Iraq per attentati kamikaze: il
più grave, in un centro di reclutamento, ha provocato 35 vittime
Un nuovo raid israeliano nella Striscia di Gaza
uccide un ragazzo palestinese di 16 anni
12 novembre 2006
IL PAPA ALL'ANGELUS: DI FRONTE AL DRAMMA DELLA FAME
NEL MONDO
È NECESSARIO CHE OGNUNO DI NOI CAMBI STILE DI VITA E
DI CONSUMO,
ISPIRANDOCI ALLA GIUSTIZIA E ALLA SOLIDARIETÀ,
E DONANDO NON SOLO IL SUPERFLUO
Di fronte al dramma della fame che si fa sempre più grave
bisogna cambiare il modello di sviluppo globale, ma è necessario anche che
ognuno di noi adotti un nuovo stile di vita e di consumo, improntato alla
solidarietà e alla giustizia, dando non solo il superfluo. E’ questo in sintesi
quanto ha detto il Papa oggi all’Angelus in Piazza San Pietro ricordando che
nella preghiera che ci ha insegnato Gesù il pane è “nostro”, cioè di tutti, e
non soltanto “mio”. Numerosi i pellegrini accorsi per l’Angelus nonostante la
pioggia battente. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Benedetto XVI ha preso spunto
dall’odierna Giornata del Ringraziamento che si celebra in Italia sul tema: “La
terra: un dono per l’intera famiglia umana”. E rileva come nelle famiglie
cristiane si insegni “ai piccoli a ringraziare sempre
il Signore, prima di prendere il cibo, con una breve preghiera e il segno della
croce. Questa consuetudine – ha esortato - va conservata o riscoperta, perché
educa a non dare per scontato il pane quotidiano, ma a riconoscere in esso un dono della Provvidenza”:
“Dovremmo abituarci
a benedire il Creatore per ogni cosa: per l’aria e per l’acqua, preziosi
elementi che sono a fondamento della vita sul nostro pianeta; come pure per gli
alimenti che attraverso la fecondità della terra Dio ci offre per il nostro sostentamento.
Ai suoi discepoli Gesù ha insegnato a pregare chiedendo al Padre celeste non il ‘mio’, ma il ‘nostro’ pane quotidiano. Ha voluto così che
ogni uomo si senta corresponsabile dei suoi fratelli,
perché a nessuno manchi il necessario per vivere. I prodotti della terra sono
un dono destinato da Dio per l’intera famiglia umana”.
Il Papa parla del dramma della fame che “non accenna a
risolversi, anzi, per certi versi si va aggravando”, nonostante i vertici
mondiali organizzati sull’argomento. L’ ultimo Rapporto della FAO – sottolinea
– “ha confermato quanto
“Certamente occorre
eliminare le cause strutturali legate al sistema di governo dell’economia
mondiale, che destina le maggior parte delle risorse
del pianeta a una minoranza della popolazione. Tale ingiustizia è stata
stigmatizzata in diverse occasioni dai venerati miei Predecessori, i Servi di
Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II. Per incidere su larga scala è necessario
“convertire” il modello di sviluppo globale; lo richiedono ormai non solo lo
scandalo della fame, ma anche le emergenze ambientali ed energetiche. Tuttavia,
ogni persona e ogni famiglia può e deve fare qualcosa per alleviare la fame nel
mondo adottando uno stile di vita e di consumo compatibile con la salvaguardia
del creato e con criteri di giustizia verso chi coltiva la terra in ogni
Paese”.
Dunque – ha affermato il Pontefice – occorre impegnarsi
“concretamente per sconfiggere il flagello della fame” promuovendo “in ogni
parte del globo la giustizia e la solidarietà”. E dopo la recita dell’Angelus
il Papa, nei saluti nelle varie lingue, ha fatto riferimento al Vangelo odierno
in cui una povera vedova getta nel tesoro del Tempio tutto quanto aveva per
vivere:
“Puissiez-vous donner de votre
temps…
Possiate donare il vostro tempo, la vostra disponibilità,
voi stessi, e non soltanto il vostro superfluo, perché il Regno di Dio cresca in mezzo agli uomini”.
Il Papa ha poi salutato i Cooperatori Salesiani convenuti
a Roma da varie nazioni per il Congresso Mondiale, in occasione del 150°
anniversario della morte della serva di Dio Margherita Occhiena,
madre di san Giovanni Bosco. “Dal Cielo – ha detto il Papa –
‘Mamma Margherita’ protegga sempre voi tutti,
cari amici, e la grande Famiglia salesiana”. Rivolgendosi ai fedeli polacchi,
ricordando che ieri hanno celebrato l’anniversario del riacquisto della libertà
del proprio Paese, si è detto “lieto del dono della libertà, per il quale tanti
hanno fatto sacrifici, e perfino hanno dato la vita. Possa
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IL CRISTIANESIMO NON E’ MORALISMO,
MA E ‘
DA
AVER DATO
COSI’
IL PAPA NEL SUO DISCORSO CONCLUSIVO AI VESCOVI SVIZZERI,
IN
VISITA AD LIMINA
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Benedetto XVI si è rivolto con affetto paterno ai presuli
svizzeri. Il suo è un intervento a braccio, non scritto. Il Santo Padre si
scusa dunque con parole di grande umiltà. “In questo momento – ha detto – mi
presento con questa povertà; ma forse essere povero in tutti i sensi conviene
anche ad un Papa in questo momento della storia della Chiesa”. Ha innanzitutto
affrontato “il tema Dio”. La nostra fede, ha avvertito, non dovrebbe essere
“resa vana dalle troppe discussioni su molteplici particolari meno importanti,
ma aver invece sempre sotto gli occhi in primo luogo la sua grandezza”. Il Papa
è tornato con la memoria agli anni ottanta e novanta. All’epoca, ha ricordato,
quando si recava in Germania, sapeva sempre già in anticipo le domande delle
interviste. “Si trattava – ha spiegato – dell'ordinazione delle donne, della
contraccezione, dell'aborto e di altri problemi come questi che ritornano in
continuazione”. “Se noi ci lasciamo tirare dentro queste discussioni – ha
constatato – allora si identifica
Ha così rivolto il pensiero all’importanza del “rapporto
personale con Dio”. Il Papa ha ricordato che Sant’Agostino
ha più volte mostrato “i due lati del concetto cristiano di Dio”: Logos e Amore, “fino al punto di farsi
totalmente piccolo da assumere un corpo umano e alla fine di darsi come pane
nelle nostre mani”. Per questo, ha proseguito, “la nostra fede è una cosa che
ha da fare con la ragione, può essere trasmessa mediante la ragione e non deve
nascondersi davanti alla ragione, neanche a quella del nostro tempo”. Tuttavia,
è stato il suo richiamo, “questa ragione eterna ed incommensurabile”, “non è
soltanto una matematica dell'universo e ancora meno qualche prima causa che, dopo aver provocato il Big Bang, si è ritirata”. Questa
ragione, ha affermato, ha invece un cuore, “tanto da poter rinunciare alla
propria immensità e farsi carne”. E qui il Papa ha messo l’accento sull’essenza
del messaggio cristiano, affermando che “Dio non è un'ipotesi filosofica … noi
Lo conosciamo ed Egli conosce noi. E possiamo conoscerLo sempre meglio, se rimaniamo in colloquio
con Lui”. Ecco allora l’importanza per la pastorale di “insegnare a pregare ed
impararlo personalmente sempre di più”.
Di fronte a quanti cercano
la meditazione altrove, perché non trovano la dimensione spirituale nel
Cristianesimo, il Papa ha esortato i presuli a “mostrare loro di nuovo che questa dimensione non solo esiste, ma che è la
fonte di tutto”. Proprio tale “intimo essere con Dio e quindi l'esperienza
della presenza di Dio”, ha sottolineato, “è ciò che sempre di nuovo ci fa, per
così dire, sperimentare la grandezza del cristianesimo e ci aiuta poi anche ad
attraversare tutte le piccolezze, tra le quali, certamente, esso deve poi essere
vissuto e – giorno per giorno, soffrendo ed amando, nella gioia e nella
tristezza – essere realizzato”. In questa prospettiva, ha aggiunto, si vede il
significato della Liturgia come scuola di preghiera. Una preghiera che può
essere “semplice ed umile” ma anche “festa della fede”. Una fede vissuta come festa, che il Papa ha
detto di aver particolarmente sperimentato nelle sue visite pastorali in
Germania, Polonia e Spagna. Ha così voluto smentire un certo pregiudizio nei
confronti del Cristianesimo. “Nietzsche – ha ricordato
– addirittura ha detto: Solo se Dio non esiste possiamo far festa”.
“Un'assurdità”, è la risposta del Santo Padre che ha affermato: “Solo se Dio
c'è ed Egli ci tocca, può esserci una vera festa. E sappiamo come queste feste
della fede spalancano i cuori della gente e producono impressioni che aiutano
per il futuro”.
E’ stata, dunque, la volta del grande tema della morale, a cui il Papa ha dedicato una parte cospicua del suo
intervento.
L’altra parte della morale, ha continuato, riguarda
“l’impegno per la vita, dal concepimento fino alla morte”. Spesso, ha
constatato, interventi come aborto ed eutanasia vengono
giustificati “con gli scopi apparentemente grandi di poter con ciò essere utili
alle generazioni future”. Appare così “addirittura come cosa morale – ha
affermato con amarezza – anche il prendere nelle proprie mani la vita stessa
dell’uomo e manipolarla”. Tuttavia, ha aggiunto, “esiste anche la
consapevolezza che la vita umana è un dono che richiede il nostro rispetto e il
nostro amore dal primo fino all'ultimo momento, anche per i sofferenti, gli
handicappati e i deboli”. Benedetto XVI ha infine rivolto la sua attenzione alla
“morale del matrimonio e della famiglia”.
Ha citato il caso di alcuni Paesi “dove è stata fatta una
modifica legislativa, secondo la quale il matrimonio adesso non è più definito
come legame tra uomo e donna, ma come un legame tra persone”. Con ciò, ha
avvertito, viene “distrutta l'idea di fondo e la
società, a partire dalle sue radici, diventa una cosa totalmente diversa”. In
tale contesto, “la consapevolezza che sessualità, eros e matrimonio come unione
tra uomo e donna vanno insieme” “s'attenua sempre di più”. Secondo questa
concezione, “ogni genere di legame sembra assolutamente normale – il tutto
presentato come una specie di moralità della non-discriminazione e un modo di
libertà dovuta all'uomo”. E’ così che “l'indissolubilità del matrimonio è diventata
un'idea quasi utopica che, proprio anche in molte persone della vita pubblica,
appare smentita”. Riflettendo poi sulla “diminuzione impressionante del tasso
di natalità”, il Papa ha riconosciuto che “esistono molteplici spiegazioni, ma
sicuramente ha in ciò un ruolo decisivo anche il fatto che si vuole avere la
vita per se stessi, che ci si fida poco del futuro e che, appunto, si ritiene
quasi non più realizzabile la famiglia come comunità durevole, nella quale può
poi crescere la generazione futura”.
L’annuncio cristiano, ha sottolineato, “si scontra con una
consapevolezza contraria della società, per cosi dire, con una specie di
antimoralità che si appoggia su una concezione della libertà vista come facoltà
di scegliere autonomamente senza orientamenti predefiniti”. Un’antimoralità che
si presenta “come non-discriminazione, quindi come approvazione di ogni tipo di
possibilità, ponendosi così in modo autonomo come eticamente
corretto”. Ma, è l’incoraggiamento del Papa, “l'altra consapevolezza non è
scomparsa. Essa esiste”. Ha così chiamato tutti i fedeli ad impegnarsi “per
ricollegare queste due parti della moralità e rendere evidente che esse vanno
inseparabilmente unite tra loro”. “Solo se si rispetta la vita umana dal
concepimento fino alla morte – ha ribadito - è possibile e credibile anche
l'etica della pace; solo allora la non violenza può esprimersi in ogni direzione,
solo allora accogliamo veramente la creazione e solo allora si può giungere
alla vera giustizia”. Il Papa ha, così, indicato il “grande compito” che i
cristiani hanno davanti a loro: “Da una parte, non far apparire il
cristianesimo come semplice moralismo, ma come dono nel quale ci è dato l'amore
che ci sostiene e ci fornisce poi la forza necessaria per saper perdere la propria vita”. Dall'altra,
“in questo contesto di amore donato, progredire anche verso le
concretizzazioni, per le quali il fondamento ci è sempre offerto dal Decalogo
che, con Cristo e con
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PER IL
FRUTTUOSO LAVORO IN FAVORE DELLA GIUSTIZIA
E DELLA PACE,
AL
CARDINALE MARTINO E’ STATO CONSEGNATO IERI SERA, NELLA BASILICA PUGLIESE DI SAN
MARTINO DI TOURS, A MARTINA FRANCA, IL PRESTIGIOSO SIGILLO MARTINIANO,
ATTESTAZIONE BIENNALE A PERSONALITA’ INTERNAZIONALI
CHE
HANNO ONORATO LA “CARITA’” DEL SANTO VESCOVO FRANCESE
Ai bambini, vittime innocenti dei tanti egoismi sociali e
delle troppe guerre nel mondo, il presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha dedicato il
premio che ieri sera, memoria liturgica di San Martino di Tours,
ha ricevuto nell’omonima Basilica pugliese, in Martina Franca (arcidiocesi di
Taranto), per il suo impegno a favore della giustizia e della pace. Si tratta
del prestigioso Sigillo Martiniano, riproduzione in argento dell’antico stemma
della Collegiata di San Martino, con l’icona del santo francese nel famoso
gesto di tagliare in due il suo mantello per condividerlo con un povero. Ogni
due anni, viene assegnato a personalità di fama
internazionale che hanno onorato la “carità” di San Martino adoperandosi per un
mondo più giusto e pacificato.
Nella motivazione del premio consegnato al cardinale
Martino si sottolinea “il suo riconosciuto ruolo di paziente e tenace tessitore
di pace e solidarietà tra i popoli, la sua straordinaria sensibilità a
condividere il gesto di San Martino con il suo magistero, i suoi viaggi, le sue
iniziative caritative a favore dei poveri nel mondo, la sua capacità di interpretare
fedelmente il genio delle popolazioni meridionali d’Italia”. Nell’accettare
l’ambito riconoscimento, volutamente esteso anche a tutti i suoi collaboratori
nel dicastero vaticano da lui presieduto, il porporato ha sottolineato che il
drammatico problema della miseria di miliardi di persone nell’era della globalizzazione non verrà risolto
con i soli strumenti del mercato, della finanza e della tecnologia, benché
rinnovati e umanizzati, e neanche con la sola ridistribuzione
dei redditi. Sia nei popoli ricchi che in quelli poveri, l’umanità nell’era
della globalizzazione ha bisogno di un cambiamento
culturale incentrato sulla solidarietà e la comunione fraterna, per affrontare
seriamente lo scandalo di un mondo che riesce ad esplorare l’universo e non sa
sfamare milioni di bambini, che spende miliardi di dollari in armamenti e non
si decide a “forgiare le spade in vomeri e le lance in falci” per l’avvento
della vera pace sulla terra.
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12 novembre 2006
OGGI IN ITALIA SI CELEBRA
PER
RICORDARE CHE I BENI DELLA TERRA DEVONO PERVENIRE A TUTTI, EQUAMENTE, SENZA
ESCLUDERE O PRIVILEGIARE NESSUNO
- Ai
nostri microfoni mons. Paolo Tarchi e Sergio Marelli -
Oggi, come ha ricordato il Papa all’Angelus, si celebra in
Italia la Giornata nazionale del Ringraziamento sul tema “
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“Gesù, vedendo le
folle, ne sentì compassione”: è stato il brano evangelico di Matteo a fare da leitmotiv,
a Parma, alla Giornata nazionale del Ringraziamento dedicata alla Terra. Nel
suo messaggio
R. – Significa, anzitutto, un lavoro di conversione a
livello personale e di apertura del cuore. Dovremmo, in qualche modo, superare
l’abitudine alla povertà e all’indigenza e sentire dentro di noi la necessità
di essere in qualche modo più corresponsabili di
quello che succede nel mondo.
D. – In tempi di globalizzazione,
quanto si può parlare ancora di cultura agricola?
R. – Ancora di più la filiera agroalimentare
diventa una filiera sempre più di interesse, perché in qualche modo è chiamata
a rispondere ai bisogni primari e dall’altra intercetta le esigenze nuove di un
cittadino sempre più attento alle cose che va a consumare.
D. – Qual è, secondo
R. – Tener conto che non possiamo vivere felici da soli,
ma che c’è una respon-sabilità di solidarietà e di interdipendenza che dobbiamo
programmare ed inserire nel nostro modo di pensare il presente e il futuro.
E tra le associazioni che hanno aderito a questa Giornata,
c’è anche la FOCSIV, che ha presentato un documento intitolato “
R. – Un documento che anzitutto vuole dire una cosa: un
modello di agricoltura improntato oggi al commercio internazionale,
all’esportazione, al favorire le grandi concentrazioni economiche delle
multinazionali, schiaccia e soffoca tutti i piccoli agricoltori, addirittura
fino al punto di violare nella dignità la vita e i diritti fondamentali delle
persone.
D. – Cosa chiede, in particolare,
R. – Un’urgente riforma agraria, per ridare la proprietà
della terra e in particolare dei terreni fertili ai piccoli produttori che dal
lavoro agricolo e dalla coltivazione dei campi traggono il sostentamento e il
reddito fondamentale delle loro famiglie. Così come è anche necessaria la messa
al bando di tutti i sussidi alle esportazioni delle eccedenze agricole che oggi
da grandi Paesi produttori ed industrializzati vengono
immesse sui mercati dei Paesi poveri a dei prezzi così bassi che non possono
essere sopportati dalla concorrenza degli agricoltori di questi Paesi.
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LA
FIACCOLA DEL DIALOGO DI SANT’AGOSTINO È GIUNTA A
PAVIA.
ACCESA
IN ALGERIA TERMINA IL SUO PELLEGRINAGGIO PORTANDO CON SÉ
IL
MESSAGGIO DI PACE DEL VESCOVO DI IPPONA.
NEL
POMERIGGIO UNA MESSA CON IL VESCOVO GIOVANNI GIUDICI
- Ai
nostri microfoni padre Robert Prevost
e Mohamed El Sadi -
Partita il 23 ottobre dalla città algerina di Souk
Ahras, l’antica Tagaste che
ha dato i natali a Sant’Agostino, stamattina la
fiaccola del dialogo tra le sponde del Mediterraneo del vescovo di Ippona è arrivata a Pavia, dove dall’VIII secolo, per
volere del re longobardo Liutprando, nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, si trovano le spoglie del grande Dottore della
Chiesa. La fiaccola è stata benedetta come simbolo di fede e di pace dal Papa
durante l’Angelus del primo novembre. Nel pomeriggio gli ambasciatori presso
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Dall’Algeria
all’Italia per costruire ponti di dialogo fra culture e religioni diverse: la
fiaccola di Sant’Agostino conclude il suo viaggio,
nelle sue tappe ha lasciato il messaggio di pace del vescovo di Ippona, ma come farne tesoro? Il Priore generale
dell’Ordine di Sant’Agostino padre Robert Prevost:
R. – C’è la sfida, che portiamo avanti già da molto tempo
sia come agostiniani che come cristiani, di promuovere questo dialogo interreligioso.
Si tratta di una sfida che il mondo di oggi deve affrontare, cercando risposte,
cercando di trovare la soluzione a situazioni che spesso sfociano in una
conclusione violenta, di guerra, creando problemi che sono purtroppo visibili
nel mondo da molti anni. E tutto questo per l’incapacità degli uomini di
comprendersi, di accettare le rispettive differenze. Questa fiaccola è una espressione simbolica del nostro desiderio di promuovere
un’altra risposta, una risposta nuova, che – come direbbe il Santo Padre – usa
il dono della ragione, la capacità di pensare, di iniziare un dialogo, anziché
scegliere mezzi violenti per risolvere i conflitti e le difficoltà.
D. – Quale messaggio di Agostino approfondire in
particolare adesso per far crescere il dialogo interreligioso?
R. – Il senso che ha Sant’Agostino
per la dignità umana, il rispetto della persona, creatura di Dio, credo che
possa essere il messaggio che unisce tutte le persone, anche coloro che
appartengono ad una fede diversa dalla nostra. Sant’Agostino
riconosce, molto bene questa dignità di tutte le persone. Bisogna forse
cominciare proprio da questo punto, per promuovere poi un dialogo che vuol dire
rispetto mutuo e capacità di ascoltare gli uni gli altri per entrare in
autentico dialogo con gli altri.
Ma che cosa
è necessario oggi per far crescere il dialogo fra cristiani e musulmani? Ci
risponde l’imam della comunità Islamica di Malta, Mohamed El Sadi
che ha accolto la fiaccola di Sant’Agostino a La Valletta:
R. – I Think it is a great responsibility …
Credo che questo problema riguardi maggiormente i capi,
che devono cercare di fare il possibile affinché questo dialogo continui,
cercando inoltre di spiegare l’utilità della pace nel mondo. Naturalmente il
dialogo non si deve mai fermare, altrimenti ci troveremmo con disaccordi che
non conducono da nessuna parte.
D. – Lei come vede il futuro?
R. – Sure …
Sono sicuro che se tutti facessero
la loro parte, senza quindi arrivare agli estremismi sia da una parte che
dall’altra, potremmo sicuramente riuscire a far comprendere che solo vivendo
insieme e dialogando, ciascuno di noi potrebbe accettare la diversità
dell’altro e quindi superarla
facilmente. E questo perché ci aiuteremmo a vicenda!
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MOVIMENTO
E CORRETTA ALIMENTAZIONE PER PREVENIRE IL DIABETE:
QUESTI
I CONSIGLI NELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DEDICATA
AD UNA
MALATTIA CHE COLPISCE 230 MILIONI DI PERSONE
-
Intervista con il prof. Umberto Valentini -
“Uniti contro il diabete”. E’ questo il tema scelto per
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R. – Si calcola che nel 2025 saranno più di 300 milioni a
livello mondiale le persone con questa malattia, ma la cosa ancora più
drammatica è che nel ’94 si pensava che nel 2025 avremmo raggiunto i 230
milioni di persone con il diabete, mentre questa quota in realtà la abbiamo
raggiunta oggi. Si tratta, quindi, di una malattia non solo
in rapida evoluzione, ma addirittura sta bruciando i tempi rispetto a quelle
che erano le previsioni. Il problema qual è? Al di là del numero delle persone,
si tratta di una malattia estremamente invalidante in quanto – se non curata bene – ha un rischio di cecità, di dialisi, di
infarto, di amputazione delle gambe. Accanto, quindi, ai problemi legati
proprio alla cura e alla qualità della vita di queste persone, sicuramente
comporta dei costi per i sistemi sanitari che non sono indifferenti e si perde
– tra virgolette – della forza lavoro e di conseguenza aumentano i costi diretti
della malattia, ma anche i costi indiretti legati, appunto, a tutte quelle che
sono le previdenze che servono per assistere le persone che hanno avuto dei
danni molto gravi legati alla malattia stessa.
D. – Chi sono le persone più colpite dalla malattia?
R. – Tutte le fasce di età, ma in particolare tutte le
persone che sono in soprappeso o che fanno una vita sedentaria. In queste
persone si creano delle alterazioni di tipo biochimico che portano pian piano a
far aumentare la glicemia nel sangue e questa glicemia che pian piano aumenta è
in grado di provocare poi notevoli danni.
D. – Ci sono dei Paesi che risultano più colpiti di altri?
R. – Fino a vent’anni fa, eravamo convinti che la malattia
fosse appannaggio dei Paesi occidentali, ma si è visto che questa malattia si sta ora diffondendo molto rapidamente proprio nei Paesi in
via di sviluppo. Si prevede addirittura che in Egitto l’aumento della malattia
nei prossimi 20 anni sarà pari al 130 per cento.
D. – Un incremento che andrà ad incidere fortemente anche
sulla spesa sanitaria di questi Paesi?
R. – La malattia diabetica è considerata la quarta
malattia più costosa per i sistemi sanitari. Questi Paesi hanno calcolato,
soprattutto i Paesi in via di sviluppo, che se il diabete dovesse
aumentare in modo così drammatico, sarà tale la spesa che determina da bloccare
lo sviluppo economico di questi Paesi nel loro complesso.
D. – E in Italia qual è la situazione?
R. – Si prevede che nei prossimi anni il numero dei casi
di diabeti passerà dall’attuale 4-5 per cento fino al 7-8 per cento. Anche qui
occorrono modelli organizzativi e gestionali completamente diversi rispetto a
quelli che si pensavano alcuni anni fa.
D. – Cosa si farà a questo punto per combatterla?
R. – L’obiettivo principale è la prevenzione della
malattia. Gli strumenti sono fondamentalmente gli stili di vita e questo in
sintesi vuol dire non
ingrassare e muoversi almeno mezz’ora al giorno con una camminata un po’
sostenuta e questo vuole dire fare le scale piuttosto che prendere l’ascensore,
parcheggiare la macchina due isolati più lontano dall’ufficio.
D. – E a livello mondiale sono state scelte delle linee
guida da seguire?
R. – C’è questa campagna “Uniti contro il diabete” che è
una campagna internazionale che arriverà poi a richiedere all’ONU una
risoluzione. C’è poi una campagna di prevenzione, perché gli stili di vita in
realtà si possono praticare se il contesto sociale lo permette e quindi piste
ciclabili, palestre, campi sportivi. In sostanza si tratta soltanto di una
prescrizione medica, ma ci deve essere un sistema intorno che diventa sensibile
al poter praticare degli stili di vita sani.
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PUBBLICATO DALLA LIBRERIA ATENEO SALESIANO UN
NUOVO MANUALE DI
GIORNALISMO
PER IMPARARE A COMUNICARE CON EFFICACIA E OBIETTIVITA’
-
Intervista con don Giuseppe Costa e Angelo Paoluzi -
Il panorama del giornalismo
italiano si arricchisce di un nuovo strumento didattico offerto agli studenti
di Scienza della Comunicazione. Si tratta di “Giornalismo. Teoria e pratica”,
un manuale di comunicazione edito dalla Libreria Ateneo Salesiano e scritto da
don Giuseppe Costa, docente di Teoria e Tecnica del Giornalismo alla Pontificia
Università Salesiana di Roma e Angelo Paoluzi, già
direttore del quotidiano Avvenire e docente di “Tecnica di giornalismo di base”
all’Università LUMSA di Roma. Frutto di una lunga esperienza didattica degli autori,
il libro descrive le multiformi modalità di comunicazione, scritta, parlata e
via internet. Luca Collodi ha chiesto a don Giuseppe Costa qual è lo scopo del
nuovo manuale di giornalismo:
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R. – Proprio per professionalizzare i futuri lavoratori
della penna, della radio o della televisione. Oggi senza professionalizzazione
è impossibile andare molto lontano. Se si vuole, quindi, un giornalismo
efficace, è necessario un giornalismo qualificato.
D. – Paoluzi, quanto conta oggi la professionalità
nell’informazione?
R. – Il tasso di professionalità è aumentato. Dal giornalista praticone che ricordo nei primi
anni dell’esercizio della professione, si è passati ad un giornalista molto più acculturato, un giornalista che si guarda attorno
con maggiore consapevolezza e che si informa ed arriva quindi preparato, perché
la professione è molto selettiva, soprattutto negli ultimi tempi lo è diventata
ancora di più. C’è bisogno, quindi, di un bagaglio culturale forte ed anche di una buona preparazione etica, che vadano oltre il
piccolo campo personale della politica interna o della cronaca. Ci vuole
qualcosa di più, ci vuole uno sguardo di carattere generale.
D. – Don Giuseppe Costa perché oggi un giovane si avvicina
alla professione giornalistica? Non c’è spesso un’idea romantica alla base di
questa scelta?
R. – Permane ancora il mito di questa professione e quindi
molti giovani accorrono a questo professione, anche se
molti finiscono poi per perdersi per la strada, quando si rendono conto che
fare questa professione costa, implica sacrifici e molto impegno.
D. – Paoluzi, che cos’è il
giornalismo?
R. – Il giornalismo è la voglia di raccontare agli altri
la realtà che ci circonda. Questa è la motivazione dei miei alunni, quando
chiedo loro: “Perché volete fare i giornalisti?”. I ragazzi rispondono: “per esprimerci, per raccontare la vita, magari anche per
testimoniare la verità, per avere l’illusione di essere obiettivi e per dare
una informazione completa sulla realtà che ci circonda e non soltanto quella che piace a noi”.
D. – Don Costa, andiamo a toccare un altro punto critico
del giornalismo: l’obiet-tività del giornalismo esiste o no?
R. – Ritengo che esista. Io credo in questa professione e
credo nella buona coscienza dei singoli giornalisti. Il problema è che
l’attività giornalistica è inserita in un contesto che tante volte non rispetta
questa obiettività.
D. – Paoluzi, non è che oggi il
giornalista, alla fine, è chiamato solo a realizzare un prodotto?
R. – Può anche essere. Si può realizzare un prodotto da
vendere in modo onesto e c’è anche questo dietro: l’artigianalità.
Il giornalista è un artigiano, è un artigiano della parola, attraverso la quale
dare testimonianza di cose che esistono. Quello che qualche volta manca è un
corredo etico e cioè non è tanto la verità o le cose che succedono e che interessano,
quanto il sostegno di idee già precostituite, diciamo, quindi, la faziosità.
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12 novembre 2006
SI
APRE OGGI IN CANADA IL VERTICE MONDIALE DEL MICROCREDITO.
DUE
GLI OBIETTIVI IN PROGRAMMA, DA RAGGIUNGERE ENTRO IL 2015:
FAR
ACCEDERE AL CREDITO PER UN LAVORO INDIPENDENTE 175 MILIONI DI FAMIGLIE POVERE E
GARANTIRE AD OLTRE 100 MILIONI DI NUCLEI FAMILIARI
LA
POSSIBILITÁ DI VIVERE CON PIÙ DI UN DOLLARO AL GIORNO
HALIFAX. = Più di duemila
delegati di oltre cento Paesi si sono dati appuntamento ad
Halifax, in Canada, per partecipare al Vertice mondiale del microcredito, in
programma da oggi a mercoledì prossimo. L’iniziativa costituisce una nuova tappa nella storia dei
vertici annuali iniziati nel
IN PAKISTAN, È STATO SCAGIONATO IERI RANJHA MASIH,
CRISTIANO CONDANNATO ALL’ERGASTOLO PER BLASFEMIA.
L’UOMO HA TRASCORSO 8 ANNI IN CELLA DI ISOLAMENTO
LAHORE. = Ha trascorso 8 anni in una cella di isolamento e ieri è
stato finalmente scagionato: è accaduto a Ranjha Masih, cristiano di Lahore, in
Pakistan, condannato nel 2003 all’ergastolo per blasfemia. La sua scarcerazione,
ordinata ieri dall’Alta corte locale, avverrà però martedì prossimo “per motivi
burocratici”. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, Masih, 58 anni, era stato arrestato l’8 maggio 1998, giorno
dei funerali del vescovo John Joseph,
morto suicida per protesta contro la legge sulla blasfemia. Subito dopo le
esequie, si erano verificati scontri tra i cristiani locali e la polizia;
durante le proteste, Masih era stato arrestato con
l’accusa di essere un blasfemo. Cinque anni dopo, la Corte di Faisalabad lo aveva condannato all’ergastolo, fra le
proteste dei musulmani locali che ne chiedevano l’impiccagione. Durante la
detenzione, “per motivi di sicurezza”, la polizia lo ha rinchiuso in una cella
di isolamento. A maggio di quest’anno, la Società internazionale per i diritti
umani lo ha premiato “per la fermezza con cui ha difeso e mantenuto la sua fede
cristiana”. Ma i problemi di Masih non sono finiti:
ha già ricevuto alcune minacce di morte. (I.P.)
ENTRA
OGGI IN VIGORE IL TRATTATO INTERNAZIONALE DELL’ONU
SULLE
BOMBE INESPLOSE. IL DOCUMENTO IMPONE AI 25 STATI FIRMATARI
DI
RIMUOVERE I RESIDUATI BELLICI DAI TERRITORI DI GUERRA
GINEVRA. = Rimuovere i
residuati bellici, comprese mine e bombe a grappolo, e bonificare i terreni in
cui giacevano. È quanto impone il Trattato internazionale dell’ONU, entrato in
vigore oggi e ratificato tre anni fa da 25 Stati. Il provvedimento giunge in
contemporanea con
“IRAN,
PAKISTAN E AFGHANISTAN CONDIVIDANO LE INFORMAZIONI SUL TRAFFICO
DI
DROGA”: QUESTO L’APPELLO LANCIATO IERI DA ANTONIO MARIA COSTA,
DIRETTORE
DELL’UFFICIO ONU CONTRO LA DROGA E IL CRIMINE
TEHERAN. = “Iran, Pakistan e Afghanistan condividano, tra
loro e con la comunità internazionale, le informazioni dell’intelligence sul
traffico di droga”: è l’invito rivolto ieri ai tre Paesi da Antonio Maria
Costa, direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e
il crimine (UNODC), al termine di una visita di tre giorni in Iran. Secondo
Costa, “circa l’80% delle 1.600 tonnellate di oppio che l’Afghanistan produrrà
quest’anno uscirà dal Paese attraverso le rotte del Pakistan e dell’Iran”. Per
questo, ha aggiunto, “ho sollecitato i tre Paesi e i loro partner
internazionali a creare una piattaforma di condivisione dell’intelligence, che
potrebbe avere un profilo simile a quella che abbiamo già contribuito a
realizzare in Asia Centrale e nel Golfo”. Lo scorso febbraio, infatti, cinque
Paesi dell’Asia Centrale, insieme a Russia e Azerbaijan,
si sono accordati per istituire un nuovo Centro regionale di coordinamento e di
informazioni sul traffico di droga con sede ad Almaty,
in Kazakhistan. Lo scorso settembre, inoltre il Qatar
ha accettato di ospitare a Doha un nuovo centro
statale di intelligence. Durante la sua visita in Iran, Antonio Maria Costa ha
avuto alcuni colloqui con le autorità locali incentrati sugli sforzi per contrastare
la duplice e crescente minaccia della guerriglia e della produzione di oppio,
soprattutto in Afghanistan. (I.P.)
PARTE DOMANI IN RWANDA IL PROGETTO “SEMI DI VITA E
DI SPERANZA”,
PROMOSSO DALLE SUORE SALESIANE E
FINANZIATO DALLA CEI. SCOPO DELL’INIZIATIVA: SCONFIGGERE LA POVERTÁ
INSEGNANDO AI GIOVANI
LE TECNICHE AGRICOLE E DI ALLEVAMENTO
KIGALI. = Sconfiggere la povertà
mediante la formazione agricola e zootecnica dei giovani: con questo obiettivo
prende domani il via, in Rwanda, il progetto “Semi di
vita e di speranza”, finanziato dalla Conferenza episcopale
italiana e promosso dalla Congregazione delle suore Salesiane dei Sacri
Cuori, presente nel Paese dal 1987. L’area di azione dell’iniziativa sarà
quella di Nyamata, nel distretto di Bugesera. Per realizzare il progetto, informa il SIR, è
stata costruita una vera e propria fattoria, in cui lavoreranno anche donne in
difficoltà e persone disabili, come alcuni ragazzi sordi. L’iniziativa, spiega
la superiora generale delle suore Salesiane dei Sacri Cuori, suor Maria Longo, ha lo scopo di “far raggiungere l’autonomia
alimentare a nuclei familiari svantaggiati”, facendo particolare attenzione
alla “promozione umana dei minori e delle donne, a serio rischio di esclusione
sociale”. (I.P.)
AL VIA
STASERA, NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO, LA QUINTA
EDIZIONE
DI “40 CONCERTI NEL GIORNO DEL SIGNORE”, RASSEGNA DI MUSICA SACRA E CLASSICA. IN PROGRAMMA ANCHE DUE PRIME MONDIALI
ISPIRATE
ALL’ ENCICLICA DI BENEDETTO XVI, “DEUS CARITAS EST”,
E ALL’ANTICO
E NUOVO TESTAMENTO
ROMA. = Quaranta appuntamenti
nelle più belle Chiese di Roma lungo un periodo di sei mesi: è indubbiamente
molto ricco il cartellone della rassegna musicale “40 concerti nel giorno del
Signore” che prende il via stasera, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, e che si concluderà nello stesso luogo il 27
maggio 2007. Ad inaugurare la manifestazione, giunta alla quinta edizione ed
organizzata dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile del Vicariato di
Roma, sarà “L’ombra del Padre”, oratorio ispirato alla figura di San Giuseppe e
composto da mons. Marco Frisina,
maestro della Cappella musicale lateranense. I 40
incontri musicali, tutti ad ingresso libero, si terranno ogni domenica, alle
20.30, nelle Chiese storiche di Roma, tra cui Trinità dei Monti, Santa Maria in
Ara Coeli e Santa Cecilia in Trastevere.
Due le novità più attese, veri e propri “lavori a tema” commissionati per
l’occasione e che verranno eseguiti in prima mondiale:
si tratta di “Antico e Nuovo Testamento”, composto da Paolo Buonvino,
in programma il 4 marzo nella Chiesa di San Pietro in Vincoli, e di “Deus
caritas est”, opera ispirata alla prima Enciclica di Benedetto XVI e composta
da Gianni Ferrio. La sua esecuzione si terrà il 13
maggio nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva. In programma anche
concerti-lezione su autori della musica classica e sull’opera lirica, che verranno ospitati, ogni mercoledì, dall’Aula della Conciliazione
del Palazzo Lateranense. Tra questi, uno vedrà
protagonista la soprano Mirella Freni. “La musica
sacra – ha scritto mons. Mauro Parmeggiani,
segretario generale del Vicariato di Roma – è forse l’espressione artistica che
meglio racchiude le meditazioni, i sentimenti, le gioie, le ansie ed anche i
travagli che l’uomo ha scritto nelle pagine della storia, vivendo la sua
parabola terrena con lo sguardo rivolto a Dio”. Con questa rassegna, ha
aggiunto mons. Parmeggiani, “vogliamo cogliere più
profondamente la bellezza di Dio che si è rivelata e che continua a rivelarsi
agli uomini”. In questo senso, i 40 concerti sono “un’operazione culturale vera
e propria”, ha concluso mons. Parmeggiani, “un cammino
che desidera aiutare soprattutto i giovani a riscoprire le nostre radici
culturali cristiane e quella nostra identità che ci permette di dialogare con
tutti nella verità”. (I.P.)
OGGI E
DOMANI, IN ITALIA, LE ESEQUIE DI 4 SACERDOTI
TRAGICAMENTE
SCOMPARSI IN UN INCIDENTE D’AUTO GIOVEDÌ SCORSO
POTENZA. = Si terranno tra
oggi e domani i funerali dei quattro sacerdoti italiani, tragicamente scomparsi
giovedì scorso in un incidente d’auto. I prelati- don Giuseppe Fensore, don Michele Di Maggio, don Vincenzo Labriola e don Giovanni D’Aulerio - stavano tornando da Treviso, dove avevano
preso parte ad un convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ma nei pressi di
Bologna, sono rimasti coinvolti in un grave incidente stradale ed hanno perso
la vita. Don Fensore e don Di Maggio appartenevano
alla diocesi di Melfi; Andria e Termoli, invece,
erano le rispettive diocesi di Vicenzo Labriola e don
Giovanni D’Aulerio. Le esequie dei due sacerdoti di
Melfi saranno celebrate oggi pomeriggio, alle 15.30, a Rampolla, in provincia
di Potenza, nella Concattedrale di San Michele
Arcangelo. Sempre oggi, alle 15, verranno celebrati i
funerali di don Giovanni D’Aulerio a Petacciato, vicino Campobasso. Domani, infine, ad Andria, vicino Bari, si terrà il
rito funebre di don Labriola, che sarà ospitato dalla
parrocchia della Santissima Trinità. Tutte le celebrazioni saranno presiedute
dai vescovi locali. (I.P.)
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12 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Decine di morti in Iraq per una serie di attacchi. L’attentato
più grave è avvenuto in un centro di reclutamento di Baghdad, dove due
terroristi con addosso giubbotti esplosivi sono
riusciti a mescolarsi tra i giovani in attesa di arruolarsi. Il nostro servizio:
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In Iraq, diversi attentati hanno nuovamente scosso
Baghdad. In un centro di reclutamento della polizia, due attentatori si sono
fatti saltare in aria uccidendo almeno 35 persone. Si tratta della strage più
grave avvenuta nella capitale irachena dopo la recente revoca del coprifuoco
imposto in occasione della sentenza di condanna a morte dell’ex presidente Saddam Hussein. Poco dopo il massacro
avvenuto nel centro di reclutamento, l’esplosione di un’autobomba ha provocato
la morte di 4 civili. Tre bambini sono poi morti per la deflagrazione di un ordigno
davanti ad una scuola elementare. Altri 25 cadaveri
sono stati ritrovati in varie zone della città. E si fa sempre più
pesante anche il bilancio delle vittime statunitensi dall’inizio della guerra
in Iraq: secondo l’agenzia di stampa ‘Associated Press’, sono 2845 i militari americani morti nel Paese
arabo dall’avvio delle operazioni belliche, nel mese di marzo del 2003. In
Italia, intanto, sono previste oggi diverse celebrazioni per commemorare il terzo anniversario della strage di Nassiriya, compiuta il 12
novembre del 2003 e costata la vita a 17 militari e 2 civili, tutti italiani.
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Per i problemi dell’Afghanistan occorre una
soluzione politica e non solamente militare. E’ quanto ha dichiarato questa
mattina il capo dell’esecutivo italiano, Romano Prodi, a margine della commemorazione dei
caduti di Nassiriya. Prodi ha anche definito “un
passo importante” la proposta per una Conferenza internazionale sull’Afghanistan,
lanciata dal ministro degli Esteri Massimo D’Alema e accettata dal presidente afghano
Hamid Karzai. “Bisogna andare avanti con il dialogo”, ha poi aggiunto il
presidente del Consiglio dei ministri.
Ennesima operazione militare israeliana nei
Territori palestinesi per arrestare il lancio di razzi contro lo Stato ebraico:
un ragazzo di 16 anni è morto in seguito ad un raid sferrato dall’aviazione
israeliana nel nord della Striscia di Gaza. Si tratta della stessa aerea dove
18 civili palestinesi sono rimasti uccisi, mercoledì scorso, per il bombardamento
su Beit Hanun, avvenuto secondo il premier israeliano
Ehud Olmert per un “errore
tecnico”. Ieri intanto gli Stati Uniti hanno
bloccato, ponendo il veto, la risoluzione con la quale il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU intendeva condannare Israele per questa strage. La
risoluzione – ha detto l’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite - era “prevenuta contro Israele e motivata politicamente”. L’osservatore dell’Autorità Nazionale Palestinese ha accusato,
invece, il Consiglio di non aver rispettato le proprie responsabilità. Sul versante
politico, il presidente palestinese Abu Mazen ha poi annunciato la formazione di un governo
di unità nazionale prima della fine di novembre.
In Israele, si è dimesso il comandante della ‘Brigata
Galilea’, impegnata in attività di pattugliamento
lungo il confine tra Stato ebraico e Libano. Il generale era stato accusato di
“inefficienza” e “improprio espletamento delle funzioni di comando” per non essere
riuscito a prevenire le incursioni, lo scorso mese di luglio, dei miliziani Hezbollah che hanno ucciso otto
soldati israeliani e rapito altri due militari dello Stato ebraico. Dimissioni
anche in Libano, dove cinque ministri dei movimenti sciiti Hezbollah
e Amal hanno rinunciato ieri ai loro incarichi dopo
la brusca rottura dei colloqui per un governo di unità nazionale.
Il primo ministro israeliano, Ehud
Olmert, è giunto a Washington per una visita
ufficiale negli Stati Uniti, la seconda da quando ha
assunto, in aprile, la guida del governo dello Stato ebraico. L’agenda prevede
incontri con il presidente statunitense, George Bush, e con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice. Al centro dei
colloqui ci saranno la situazione in Medio Oriente, il conflitto iracheno e la
crisi nucleare iraniana.
Sono sempre più tesi i rapporti tra Iran e comunità
internazionale: il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha accusato l’ONU di comportamento “vergognoso”
per aver aperto un dossier sul programma nucleare di Teheran.
La Repubblica islamica ha anche annunciato di voler installare 3000 centrifughe
per l’arricchimento dell’uranio entro la fine di marzo. In Israele, intanto, il
vice ministro della Difesa ha parlato di “opzione militare” se l’Iran si doterà
dell’arma atomica. Il governo di Teheran ha subito
replicato avvertendo che l’Iran risponderà prontamente ad un eventuale
attacco israeliano.
Oltre 30 milioni di elettori sono chiamati
alle urne, in Polonia, per le elezioni amministrative. I candidati per gli
organi delle regioni, delle province e dei comuni sono oltre 200 mila. I dati dei primi exit pool sono previsti per questa sera, poco dopo
la chiusura dei seggi. Secondo diversi sondaggi, l’affluenza ai seggi potrebbe
raggiungere il 68 per cento. Nelle elezioni delle presidenziali del 9 ottobre
del 2005, l’affluenza era di poco superiore al 49 per cento.
Elezioni parallele in Ossezia
del Sud, dove è stato indetto un referendum sull’indipendenza dalla Georgia,
proclamata nel 1992, dopo due anni di guerra civile. Lo scrutinio non è
riconosciuto dalla comunità internazionale. Si vota anche per le elezioni
presidenziali, per le quali sono state fissate due consultazioni: la prima, appoggiata
dalla Russia e indetta per eleggere il presidente dell’auto-proclamata
Repubblica dell’Ossezia, è in corso in
villaggi sud-osseti controllati da autorità
separatiste. L’altra elezione è stata organizzata da ONG vicine al
governo georgiano per eleggere un altro presidente ed è in corso in villaggi
controllati da forze georgiane. Si vota in un clima caratterizzato anche dalle
crescenti
e recenti tensioni tra i governi di Mosca e Tbilisi. Le
votazioni indette dai separatisti sud-osseti sono
state criticate da Stati Uniti e Unione Europea. Quelle appoggiate dalla
Georgia sono state invece condannate dalla Russia. Le frontiere tra Ossezia del Sud e Georgia sono presidiate da un contingente
russo. Il governo di Tbilisi reclama da tempo la
demilitarizzazione della regione, dove dal 1992 è presente una forza di pace
alla quale aderiscono Russia, Georgia e Ossezia del Nord.
Una strage per venti dollari. E’ la somma ricevuta da un
separatista del Kashmir per aver lanciato una bomba a mano davanti alla moschea
del suo villaggio, nel Kashmir indiano, durante la preghiera del venerdì.
L’uomo, interrogato dalla polizia, ha fornito vari dettagli sull’attentato e
detto di far parte di un gruppo musulmano separatista. L’ordigno ha ucciso
cinque passanti, fra i quali quattro bambini. L’attentato, avvenuto venerdì scorso,
era stato subito rivendicato dai separatisti kashmiri.
Un Paese paralizzato per una
protesta indetta da alcuni partiti dell’opposizione che hanno indetto il blocco
totale, e a tempo indeterminato, dei trasporti terrestri e marittimi. E’ il Bangladesh, dove diversi manifestanti hanno anche assaltato
e dato alle fiamme treni e autobus alla periferia della capitale. Il governo,
intanto, ha dispiegato nel centro di Dacca 15 mila
uomini delle forze dell’ordine per far fronte all’emergenza. I manifestanti
chiedono al presidente, Iajuddin Ahmed,
di licenziare il capo della commissione elettorale, ritenuto non neutrale sulle
elezioni previste a gennaio.
Fidel Castro sarebbe malato di cancro
in fase terminale. E’ quanto sostengono fonti dell’intelligence americana, secondo
le quali il leader cubano ha un tumore al colon o allo stomaco. In queste
condizioni, Castro potrebbe sopravvivere, secondo tali fonti,
al massimo fino a 18 mesi. La stampa ufficiale cubana, al momento, si astiene
da ogni commento.
Almeno 13 morti e 25 feriti: è il bilancio,
ancora provvisorio, di una violenta battaglia avvenuta in Somalia fra truppe
fedeli al governo di transizione e milizie islamiche. Le Corti islamiche hanno anche
conquistato un centro strategico a 70 chilometri dalla regione semiautonoma del
Puntland, feudo del presidente ad interim somalo, Abdullahi Yusuf. Commentando
questi nuovi scontri, il portavoce delle corti ha dichiarato che le milizie islamiche
avanzeranno fin quando “la sharia
non sarà legge in tutta la Somalia”.
In Nigeria, uomini armati hanno fatto
irruzione, la scorsa notte, in una stazione dell’AGIP per una rapina. E’ stata invece smentita la notizia del sequestro
di alcuni dipendenti dell’azienda. L’episodio è avvenuto nello Stato nigeriano
di Bayelsa, dove è ancora occupata un’altra stazione.
In questo caso, sono stati richiesti risarcimenti per i danni ambientali provocati
dall’industria del greggio.
Circa 700 pecore nel centro di Madrid. E’ la singolare
protesta con cui gli ambientalisti spagnoli hanno manifestato, questa mattina,
per richiamare l’attenzione delle autorità sulla protezione di circa 125
mila chilometri di percorsi usati per le migrazioni stagionali degli animali.
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