RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 315 - Testo
della trasmissione di sabato 11 novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Messaggio del Papa in occasione
dei 90 anni dalla battaglia di Verdun
La Sala Stampa
vaticana ha reso noto il programma del viaggio apostolico di Benedetto XVI in
Turchia
OGGI IN PRIMO PIANO:
Cresce la povertà in
Italia, secondo un rapporto della Caritas: l’analisi di mons. Giuseppe Pasini
Il
commento di padre Marko Ivan Rupnik
al Vangelo di domani
CHIESA E SOCIETA’:
Quarto pellegrinaggio degli
universitari romani ad Assisi
Domani
a Pavia la Fiaccola del dialogo di Sant’Agostino,
benedetta dal Papa il 1° novembre
Atteso per oggi il voto di condanna dell’ONU sulla
strage di civili palestinesi a Beit Hanun
11 novembre 2006
LA
FEDE, AMICA DELLA RAGIONE, OFFRE PROSPETTIVE DI SPERANZA AD OGNI PROGETTO
DELL’UOMO: COSI’, BENEDETTO XVI NEL DISCORSO
AI
MEMBRI DELLA FONDAZIONE SACRA
FAMIGLIA DI NAZARETH,
RICEVUTI
STAMANI IN AULA PAOLO VI,
IN OCCASIONE DEL 60.MO
ANNIVERSARIO DI ISTITUZIONE
Un intellettuale cristiano deve sempre essere pronto a
comunicare i contenuti della rivelazione di Gesù: così, Benedetto XVI, stamani,
nel discorso in Aula Paolo VI, ai membri della "Fondazione Sacra
Famiglia di Nazareth" e dell’associazione laicale "Comunità Domenico
Tardini", in occasione del 60° anniversario
di istituzione di Villa Nazareth. Il Papa ha ribadito che la fede é amica della
ragione ed ha invitato i cristiani a tessere un dialogo fecondo con la cultura.
L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale Achille Silvestrini, presidente della Fondazione “Sacra Famiglia di
Nazareth”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La verità e l’amore “sono inscindibili”, “nessuna cultura
può essere contenta di se stessa finché non scopre che deve farsi attenta alle
necessità reali e profonde dell’uomo, di ogni uomo”. E’ la riflessione offerta
da Benedetto XVI alla famiglia di Villa Nazareth, che, ha detto, da 60 anni si
dedica all’opera educativa ed ecclesiale con “intelligenza ed amore”. Fedele
all’intuizione del suo fondatore, il cardinale Domenico Tardini,
Villa Nazareth valorizza l’intelligenza dei suoi alunni “nel rispetto della
libertà della persona, orientata a vedere nel servizio degli altri l’autentica
espressione dell’amore cristiano”. La formazione dei giovani, ha detto il Papa,
si sviluppa dunque con la “ragione purificata nel crogiuolo della fede”:
“La fede infatti è in grado di offrire prospettive di speranza ad
ogni progetto che abbia a cuore il destino dell'uomo. La fede scruta
l’invisibile ed è perciò amica della ragione che si pone gli interrogativi
essenziali da cui attende senso il nostro cammino quaggiù”.
Ha così citato il racconto di Luca negli Atti degli
Apostoli nel quale, grazie al diacono Filippo, l’Etiope scopre “la risposta ai
propri interrogativi nella persona di Cristo”. E’ allora importante, ha
affermato, il Papa che “qualcuno arrivi accanto a chi è in cammino e gli annunci
la buona novella di Gesù, come fece Filippo”. Qui, ha spiegato il Pontefice, “è
adombrata la diaconia che la cultura cristiana può svolgere nell’aiutare le
persone in ricerca a scoprire Colui che è nascosto nelle pagine della Bibbia
come nelle vicende della vita di ciascuno”. A Villa Nazareth, ha proseguito il
Papa, si sperimenta “come la parola di Dio richieda un ascolto attento ed un
cuore generoso e maturo per essere vissuta in pienezza”. Il dialogo affondi
dunque le sue radici nella ricerca della verità:
“I contenuti della
rivelazione di Gesù sono concreti ed un intellettuale cristianamente
ispirato deve sempre essere pronto a comunicarli quando
dialoga con coloro che sono alla ricerca di soluzioni capaci di migliorare
l'esistenza e di rispondere all'inquietudine che assilla ogni cuore umano.
Occorre mostrare soprattutto la corrispondenza profonda che esiste tra le
istanze che emergono dalla riflessione sulle vicende umane e il Logos divino che si è fatto carne ed
è venuto ad abitare in mezzo a noi”.
Così facendo, ha aggiunto, si crea una “convergenza
feconda tra i postulati della ragione e le risposte della Rivelazione e proprio
di qui scaturisce una luce che illumina la strada su cui orientare il proprio
impegno”. Nel contatto quotidiano con la Scrittura e gli insegnamenti della
Chiesa, ha detto ancora, è possibile “entrare sempre più nel mistero di quella
Ragione creatrice che continua ad amare il mondo e a dialogare con la libertà
delle creature”. Un intellettuale cristiano, è stata la sua esortazione, “deve
coltivare sempre in sé lo stupore per questa verità di fondo” che facilitando
“l’adesione allo Spirito di Dio”, ci spinge al tempo stesso a “servire i
fratelli con pronta disponibilità”. Parole corredate da una viva esortazione ai
giovani:
“Anche oggi, cari
giovani, non sono poche le strade deserte sulle quali vi troverete a camminare
nella vostra esistenza di credenti: proprio lungo esse
potrete affiancarvi a chi cerca il senso della vita. Preparatevi ad essere
anche voi a servizio di una cultura che favorisca
l’incontro di fraternità dell’uomo con l’uomo e la scoperta della salvezza che
ci viene da Cristo”.
Proprio in questa prospettiva, ha affermato, si può
“tessere un dialogo fecondo con la cultura”, recando un contributo “per far sì
che tante persone trovino la risposta in Gesù Cristo”. Il Papa ha infine
ricordato la benevolenza mostrata, fin dall’inizio, dai Pontefici a Villa
Nazareth, da Pio XII che la vide nascere a Giovanni Paolo II, che dieci anni fa
visitò l’istituto in occasione del 50.mo di fondazione. Segno, questo,
di un forte legame spirituale con la Santa Sede.
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LA SALA STAMPA VATICANA HA RESO NOTO OGGI IL
PROGRAMMA
DEL
VIAGGIO APOSTOLICO DI BENEDETTO XVI IN TURCHIA
CHE SI
SVOLGERÀ DAL 28 NOVEMBRE AL 1° DICEMBRE PROSSIMI
-
Servizio di Sergio Centofanti -
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Il Papa si reca nella terra dove per la prima volta i
discepoli di Gesù furono chiamati cristiani. Partirà alle 9.00 di martedì 28
novembre dall’aeroporto romano di Fiumicino per arrivare alle 13.00
all’aeroporto internazionale Esemboğa di Ankara. Prima tappa, la visita al Mausoleo di Atatürk, il padre della Patria, che ha proclamato
Il giorno dopo parte dall’aeroporto di Ankara per giungere
a Smirne: di qui si trasferisce ad Efeso dove in fine mattinata celebra
Nella mattinata di giovedì 30 novembre, ad Istanbul, il
Papa partecipa alla Divina liturgia nella Chiesa patriarcale di San Giorgio:
qui si svolge la cerimonia della firma di una Dichiarazione congiunta.
Benedetto XVI pranzerà con Bartolomeo I presso il Patriarcato. Nel pomeriggio
la visita al Museo di Santa Sofia e la visita di preghiera alla Cattedrale
armena apostolica con l’incontro con il Patriarca Mesrob
II. Presso la rappresentanza pontificia il Papa incontrerà il Metropolita siro-ortodosso e il Gran Rabbino della Turchia. In serata l’incontro
e la cena con i membri della Conferenza episcopale cattolica della Turchia.
Nella mattina di venerdì 1° dicembre, sempre ad Istanbul,
il Papa celebrerà
In Turchia si recarono già Paolo VI nel 1967 e Giovanni
Paolo II nel 1979. Papa Wojtyla arrivò ad Ankara il 29 novembre di 27 anni fa e
alla piccola comunità cristiana rivolse le parole che San Pietro indirizzò
nella sua Lettera ai cristiani di queste terre: “Siate pronti a rispondere a
chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia
fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza”.
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- A
cura di Fausta Speranza -
“Un avvenimento da non dimenticare mai e da non rivivere
mai”: così il Papa ricorda la battaglia di Verdun, un capitolo della Prima Guerra mondiale particolarmente sanguinoso,
scritto da tedeschi e francesi in guerra tra loro. Lo fa a 90 anni dalla battaglia
che iniziò il 21 febbraio del 1916 e finì nel 19 dicembre dello stesso anno ma
che viene ricordata oggi nella Messa celebrata nella
città francese di Verdun. Nel messaggio indirizzato al vescovo della città,
mons. Fran-çois Maupu,
Benedetto XVI ricorda che nel 1917 il predecessore Benedetto XV chiese ai capi
dei Paesi belligeranti di evitare un’“inutile strage”. Oggi, Benedetto XVI
chiede che Verdun sia un simbolo anche della riconciliazione tra due grandi
nazioni che sono state nemiche, per poi ricordare a tutti i Paesi in guerra che
“solo la riconciliazione permette di costruire l’avvenire e di consentire la
speranza” e che “solo la riconciliazione e il perdono reciproco possono aprire
a una pace vera”. Nel messaggio, il Papa si unisce alla “preghiera per il dono
della pace e il coraggio per una concordia e una fraternità sempre più intense
tra la Francia e la Germania”. Rende grazie a Dio per
il cammino fatto dopo i grandi conflitti mondiali e invita, oggi, tutti gli
europei a “fondare le loro relazioni sulla fraternità, la solidarietà e
l’amicizia”, augurandosi che in particolare “le giovani generazioni possano
trarre insegnamento dalla storia e, basandosi sulle radici e i valori cristiani
che hanno largamente contribuito a formare l’Europa delle nazioni e l’Europa
dei popoli, si impegnino a creare legami di fraternità e di carità, per il bene
di tutti e lo sviluppo dei Paesi, prendendosi cura dei più poveri e dei più
piccoli”. Il Papa, inoltre, sottolinea che i morti di quella battaglia, senza
distinzione di nazionalità, riposano nell’ossario di Douaumont.
Ricordiamo che la battaglia di Verdun durò 11 mesi e provocò oltre 200 mila
morti. Terminò con la vittoria francese sull’esercito tedesco.
LA POVERTA’ E IL
LEGAME CON LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
AL
CENTRO DELL’INTERVENTO DELL’OSSERVATORE PERMANENTE
DELLA
SANTA SEDE PRESSO L’ONU,
MONS.
MIGLIORE, NELL’AMBITO DELLA 61ESIMA SESSIONE
DELL’ASSEMBLEA
GENERALE DELLE NAZIONI UNITE
La povertà spesso ha radici nella violazione di diritti
umani: è un concetto forte ribadito da mons. Celestino Migliore, Osservatore
permanente della Santa Sede presso l’ONU, nel suo intervento ieri a New York
nell’ambito dei comitati della 61esima sessione dell’Assemblea generale delle
Nazioni Unite, in particolare in tema di sradicamento della povertà e di altre
questioni legate allo sviluppo. Il
servizio di Fausta Speranza:
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Mons. Migliore ricorda che un sesto
della popolazione soffre la fame nel mondo e che ogni 5 secondi un bambino
muore per denutrizione. Questi i dati del dramma da non dimenticare e ci sono
poi altri punti fermi da tener presente: “i poveri
hanno diritto alla giustizia – sottolinea mons. Migliore – ma la loro capacità
di difendere questo diritto è spesso molto limitata”. Da qui l’obiettivo: “accrescere la generale consapevolezza sulla fame nel mondo e
sulle ingiustizie e influenzare le scelte di chi fa politica affinché mettano
lo sradicamento della povertà al centro dei programmi che portano avanti a
livello di legalità e a livello sociale”. L’Osservatore permanente della Santa
Sede presso l’ONU ricorda che dal Summit mondiale sullo sviluppo del 1995 i
governi sono chiamati a lottare contro la povertà secondo un imperativo etico,
sociale, politico ed economico. A questo proposito segnala come un successo del
segretario generale dell’ONU le iniziative dell’Anno internazionale per il
microcredito e la prima Giornata internazionale per lo sradicamento della
povertà. In tale contesto, esprime anche
apprezzamento per l’assegnazione del Premio Nobel 2006 per la pace
all’economista Muhammad Yunus
per la sua Grameen Bank, impegnata
nel microcredito. Il concetto base – ribadisce mons. Migliore – è proprio nella
connessione tra pace e sviluppo. E
ricorda che già Paolo VI affermava: “Lo sviluppo è il nuovo nome per la pace”. Accenna al lavoro di tante agenzie caritative della Chiesa o di
tante ONG, per poi ricordare che la Santa Sede ha organizzato tre conferenze
internazionali di studio, intitolate rispettivamente a “Donne, sviluppo e pace”;
“Microcredito e lotta contro la povertà”; “Lotta alla corruzione”. In
definitiva, mons. Migliore sottolinea il diritto al cibo e il diritto allo
sviluppo, ricordando che diritto al cibo significa anche diritto all’acqua, che
non può essere considerata un lusso, e poi anche diritto a essere vestiti e ad
avere una casa. Per questo – sottolinea con forza – “dobbiamo usare tutti i
mezzi”.
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LA
SANTA SEDE RILANCIA LA RICHIESTA DI UNA MORATORIA SULLE SOTTOMUNIZIONI
CHE
COLPISCONO INDISCRIMINATAMENTE LE POPOLAZIONI CIVILI:
COSI’ MONS. SILVANO MARIA TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE
DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI GINEVRA,
INTERVENUTO ALLA CONFERENZA
SULLA CONVENZIONE PER LA PROIBIZIONE DELLE
ARMI CON EFFETTI INDISCRIMINATI
“La guerra e i conflitti sono sempre un fallimento” per
tutti, “non esistono vincitori e sconfitti”: è il richiamo di mons. Silvano
Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede
presso la sede ONU di Ginevra, intervenuto al
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La Santa Sede chiede ancora una volta una “moratoria
sull’utilizzo delle sottomunizioni” come le bombe a grappolo, che si spandono
sul terreno, pronte ad esplodere anche dopo anni. E’ quanto ribadito
dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, che ha
auspicato un’applicazione da parte di tutti gli Stati della Convenzione sulla
proibizione e restrizione di quelle armi che hanno effetti indiscriminati. La
comunità internazionale, è stato il richiamo del presule, “non può disinteressarsi”
di queste armi che pongono “un problema umanitario grave durante e dopo i
conflitti”. Armi che colpiscono soprattutto i più indifesi: quasi il 70 per
cento delle vittime di queste bombe sono infatti dei
bambini.
Nonostante i suoi
difetti, ha riconosciuto il presule, la Convenzione rende un servizio
straordinario per ridurre gli effetti disumani di certi armamenti. Tuttavia, ha
avvertito, questo strumento legale deve mantenere un carattere “dinamico” e
“flessibile” in risposta all’evoluzione degli armamenti.
Di qui, l’urgenza di una riflessione e di negoziati che considerino la nuova
realtà militare. Tali armi, ha detto ancora mons. Tomasi
devono corrispondere “ai criteri imposti dalla Convenzione e dai suoi
protocolli”. D’altro canto, va considerata l’opportunità di “negoziare nuovi
strumenti laddove gli accordi esistenti non rispondano più alle nuove realtà
militari”. In particolare, mons. Tomasi ha espresso
l’apprezzamento della Santa Sede per l’approvazione del V Protocollo, anche se
il testo non è così incisivo come auspicato.
L’osservatore vaticano ha, così, rivolto l’attenzione alla
questione delle mine antiuomo che “continuano a porre dei gravi problemi
umanitari” per molti popoli, ma anche per “le organizzazioni umanitarie che
operano dopo la fine dei conflitti”. In tale contesto, la Santa Sede “spera che
un accordo sostanziale su un nuovo protocollo sia possibile prima della fine”
della conferenza. In un mondo che cambia “sul piano delle tecnologie e delle
loro applicazioni militari”, è doveroso “esaminare la natura e l’utilizzazione
di certe armi”. Non devono dunque essere esclusi nuovi negoziati. La sicurezza
legittima degli Stati, ha concluso mons. Tomasi, non
può mettere a rischio la vita e lo sviluppo di intere popolazioni.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI ai
vescovi svizzeri.
L’udienza del Papa a Villa Nazareth.
Servizio estero – L’intervento della Santa Sede sul
tema: “Il diritto di avere cibo è fondamentale e inalienabile per ogni persona
e la sua famiglia”.
Servizio culturale - Un articolo di Maurizio
Fontana sulla conclusione, a Palazzo Valentini, della
mostra “L’Osservatore Romano: da Roma al mondo”.
Servizio italiano - In primo piano il tema della
finanziaria.
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11 novembre 2006
ALMENO
200 MORTI IN SCONTRI INTERETNICI IN CIAD AL CONFINE CON IL DARFUR
- Intervista con mons. Jean-Claude Bouchard -
Cresce la preoccupazione
internazionale per l’estendersi delle violenze in Ciad al confine con la
regione sudanese del Darfur. L’Alto commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) ha riferito di centinaia di morti e
di un gran numero di profughi dopo le incursioni di bande armate contro i
villaggi a ridosso del confine sudanese. Almeno 200 i morti di cui si è avuta
notizia negli ultimi giorni e moltissimi i profughi. Il pericolo denuncia
l’ACNUR è che queste violenze siano legate ad un allargamento del conflitto nel
Darfur, la regione sudanese dove dal 2003 è in corso
un tentativo di pulizia etnica da parte del governo di Khartoum.
Le stesse milizie arabe che il Sudan sostiene contro le popolazioni animiste locali sarebbero all’origine della crisi in Ciad e
punterebbero a destabilizzare anche
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R. – La situazione, da noi, è molto complicata. Il Ciad è
un Paese con 150 etnie, e poi certe etnie sono a cavallo proprio della
frontiera con il Sudan. Dunque, si trova la stessa gente in Sudan e anche in
Ciad. Il presidente attuale, quando ha preso il potere, lo ha fatto con
l’appoggio e con l’aiuto del vicino Sudan. Poi, al sud
del Ciad c’è la Repubblica Centrafricana: adesso ho
sentito che ci sono ribelli anche lì …
D. – Quali sono le principali preoccupazioni della Chiesa
del Ciad in questo contesto?
R. – La nostra preoccupazione è la pace, e ci vorrà ancora
tempo! Siamo sempre in uno stato di guerra e di non-guerra, di pace e di
non-pace. Speriamo di non arrivare alla guerra civile! In Ciad non può
succedere come è successo in altri Paesi come in Rwanda,
per esempio, o altrove: qui ci sono gruppi più piccoli, e tanti. Ma infatti, il Ciad chiede adesso l’intervento della comunità
internazionale e all’ONU di mandare soldati; ma il Sudan non è d’accordo. Ed è
tutto molto complicato …
D. – C’è rischio che questa guerra non sia
più limitata alla regione vicino al confine con il Darfur
ma possa estendersi al resto del Paese?
R. – I movimenti dei ribelli dicono che vogliono arrivare
a N’Djamena, e il loro scopo è di prendere il potere.
Speriamo di no, che non arriveremo alla guerra e ad un altro colpo di Stato.
Per questo, però, bisognerebbe prendere un’altra strada, quella della pace, mettersi
insieme e cercare la pace insieme. Ma si vede che non tutti sono d’accordo:
vogliono correre il rischio di avere il potere a tutti i costi.
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CRESCE
-
Intervista mons. Giuseppe Pasini -
Sono oltre 7 milioni e mezzo i
poveri in Italia. Lo afferma la ricerca “Vite fragili
- Rapporto 2006 su povertà ed esclusione sociale in Italia” curata dalla Caritas
Italiana e dalla Fondazione Zancan presentato ieri a
Roma. Lo studio, condotto su 17 mila persone in 147 diocesi italiane, ha messo
in evidenza il crescente impoverimento del ceto medio italiano. Il
servizio di Giovanni Augello:
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La povertà in Italia potrebbe
crescere nei prossimi anni. E’ l’allarme lanciato dalla Caritas italiana
durante la presentazione di un rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale.
Lo studio evidenzia come le richieste di aiuto vengano sempre più avanzate da
quei settori di popolazione tradizionalmente estranei ai fenomeni di disagio e
di emarginazione, mentre cresce il numero dei cittadini italiani che versa in
difficili condizioni economiche. In aumento anche la disparità della
distribuzione della ricchezza, con il 10% del ceto più alto che possiede circa
il 48 % della ricchezza nazionale. A chiedere un
intervento da parte delle istituzioni, mons. Giuseppe Pasini,
presidente della fondazione Zancan:
“Il problema è fare una ricetta politica di distribuzione
che privilegi i più deboli, cioè chi tra i poveri sono più poveri degli altri.
Dall’altro verso ci deve essere una scelta anche di recuperare risorse dove non
vengono dovutamente offerte e quindi tutto il discorso
dell’evasione fiscale. Se fossero anche la metà di questi a pagare le tasse,
come dovrebbero fare, probabilmente non avremmo questi grossi problemi”.
Un’intera sezione del rapporto è dedicata invece alla
fragilità sociale dei minori, soprattutto stranieri, e della disabilità
infantile. Ancora mons. Giuseppe Pasini:
“I bambini sono l’emblema oggi della fragilità. Molte
volte sono inseriti in famiglie senza un reddito e di conseguenza sono quelli
che subiscono maggiormente la ricaduta di situazioni di povertà e di
discriminazione nel nostro Paese”.
L’impoverimento del ceto medio non sembra costituire oggi
un’emergenza per le istituzioni – ha concluso mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana – ma se il fenomeno
non sarà governato, le famiglie in affanno di oggi costituiranno i poveri di domani.
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Domani, 12 novembre, 32.ma
Domenica del Tempo Ordinario,
“In verità vi dico:
questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno
dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto
quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Cristo mette in rilievo la differenza abissale tra quelli
che gettano nel tesoro del Tempio il loro superfluo e la povera vedova. Molti
ricchi, evidentemente anche per farsi notare, hanno gettato molto, perchè il
loro superfluo era grande. Ma Cristo si concentra e fa concentrare i discepoli
sulla vedova che, dice Lui, “ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. In
che consiste questo “più di tutti gli altri” se sappiamo che si trattava di due
spiccioli? Lei ha gettato tutto quanto aveva per vivere. Ha affidato, dunque,
la propria vita al Signore. Non aveva più niente su cui contare nella vita. Il
suo punto solido non è più l’avere, ma è il Signore, che è la vera roccia sulla
quale la vedova ha poggiato la propria vita. Offrire tutto vuol dire annullare
la distanza e azzerare la possibilità di illudersi di credere, ovvero azzerare
ogni possibilità di Mammona,
escludendo ogni sicurezza alternativa a Dio.
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11 novembre 2006
PER
RISPONDERE ALLA SFIDE GLOBALI DELL’UMANITA’ E ALLE
ESIGENGE DEI POPOLI
A
LIVELLO NAZIONALE OCCORRE UNA RIFORMA RADICALE
DEL
SISTEMA DELLE NAZIONI UNITE: L’OBIETTIVO E’ OTTIMIZZARE LE SUE RISORSE,
DISPERSE
IN TROPPE ATTIVITA’ NON COORDINATE
E MAL GESTITE: SONO LE CONCLUSIONI DELLA SPECIALE COMMISSIONE
INCARICATA
DI INDIVIDUARE I PUNTI DEBOLI DELL’ONU
- A cura di Roberta Gisotti -
NEW YORK. = Una radicale riorganizzazione del sistema
delle Nazioni Unite per ottimizzare le sue risorse ed aiutare gli Stati a
raggiungere gli obiettivi del Millennio. E’ quanto chiede il Rapporto “Delivering as One”, presentato in
settimana dalla speciale Commissione istituita all'inizio dell’anno dal
segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in risposta alla richiesta
- avanzata dal Vertice mondiale del 2005 - di maggiore coerenza nel campo delle
attività per lo sviluppo.
UNA
FOLLA DI GIOVANI HA INVASO PACIFICAMENTE OGGI ASSISI.
SONO I
RAGAZZI PROTAGONISTI DEL IV PELLEGRINAGGIO DEGLI UNIVERSITARI
E DELLE MATRICOLE ORGANIZZATO DALL’UFFICIO PER LA PASTORALE
UNIVERSITARIA
DEL VICARIATO DI ROMA
- A
cura di Marina Tomarro -
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ASSISI. = Cominciare l’anno accademico camminando lungo le
strade di San Francesco di Assisi tenendo in mente le parole di Gesù,
pronunciate ai discepoli durante l’ultima cena: “Fate questo in memoria di me”.
E’ il tema del IV pellegrinaggio degli universitari e delle matricole ad
Assisi, che oggi vede protagonisti oltre 3000 ragazzi provenienti da tutti gli
atenei della Capitale. Questa mattina nella basilica di Santa Maria degli
Angeli il Cardinale Vicario Camillo Ruini, che ha
accompagnato gli studenti, ha ricordato loro che questo pellegrinaggio avviene
nel segno dell’alleanza con il Signore, perché l’Eucaristia non è un ricordo di
Cristo ma è un’attuazione viva di ciò di cui fa
memoria, che prende parte alla nostra vita e a ciò che realizziamo
quotidianamente. E proprio Francesco di Assisi è il grande esempio di tutto
questo, infatti la sua scelta di vita è stata quella
di vivere Cristo nella sua integralità e nella sua purezza. Nel pomeriggio i
ragazzi visiteranno i luoghi di Francesco e di Chiara per poi ritrovarsi nella
Basilica Superiore del Sacro Convento dove mons. Lorenzo Leuzzi,
direttore dell’Ufficio della Pastorale universitaria, presiederà la preghiera
conclusiva. Quindi anche quest’anno da Assisi viene lanciato
un messaggio di pace e di speranza dagli universitari romani verso tutti i loro
colleghi europei.
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PER
DELL’ABBONDANZA DI BENI NATURALI NEI PAESI IN VIA DI
SVILUPPO
- A cura di
Lisa Zengarini -
ENUGU. = Se i nigeriani non godono i benefici delle risorse naturali di cui il loro Paese è
ricco, questo si deve alla cattiva gestione di una classe governante corrotta
e interessata solo a trarre il massimo profitto personale da queste ricchezze.
A denunciarlo – come riporta l’agenzia CNS
- è stato mons. John
Olorunfemi
Onaiyekan, presidente della Conferenza episcopale
nigeriana, intervenendo nei giorni scorsi a Enugu ad
una conferenza dedicata al problema della cosiddetta “maledizione della
ricchezza”, quel fenomeno per cui l’abbondanza di risorse naturali in diversi Paesi poveri
contribuisce paradossalmente ad alimentare molti dei loro problemi. E’ noto infatti che le nazioni che soffrono di alcuni dei più
elevati indici di povertà, malattia, corruzione, conflitti violenti e
violazione dei diritti umani sono anche, almeno sulla carta, alcuni dei più
ricchi. Una piaga che caratterizza in modo particolare i Paesi africani, tra
cui appunto
PER
ESPOSTA
NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DEL POPOLO A ROMA
LA
“CONVERSIONE DI SAN PAOLO” DI CARAVAGGIO,
IN
MOSTRA FINO AL 25 NOVEMBRE
ROMA. = La ‘Conversione di San Paolo’
di Caravaggio, capolavoro della collezione Odescalchi, dopo un delicato restauro, in
mostra nella Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo, a Roma, dove
resterà esposta fino al 25 novembre. Si tratta di un evento straordinario, in
quanto per la prima volta dopo 400 anni, la tavola è stata allestita nel luogo
per il quale fu commissionata e dove, con ogni probabilità, non trovò mai
dimora. La mostra consente inoltre di mettere a confronto l’opera con l’altra
“Conversione di San Paolo”, il dipinto realizzato su tela sempre da Caravaggio, che misteriosamente sostituì la prima versione
su tavola e che dal 1605 decora
DOMANI
A PAVIA
DEL
VESCOVO DI IPPONA
PAVIA. = Arriverà domani a Pavia
IL
RICORDO DI PAPA LUCIANI E’ QUANTO
COSI
IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, TARCISIO BERTONE, NEL SUO MESSAGGIO
PER
DI GIOVANNI
PAOLO I, CELEBRATA IERI NELLA CATTEDRALE DI BELLUNO
BELLUNO. = “Molte testimonianze dimostrano che il ricordo
di Papa Luciani è quanto mia vivo sia in Italia che nella Chiesa universale e a
maggior ragione nella terra veneta che gli diede i natali e dove egli servì il
popolo di Dio”. E’ il messaggio del cardinale Tarciso Bertone,
segretario di Stato, letto ieri pomeriggio nella cattedrale di Belluno, durante
la cerimonia di chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione di
Albino Lucani, presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre,
mons. Giuseppe Andrich. “Per tutta la vita – ha
ricordato il porporato –
egli diede prova di fede retta, di generosa carità e di singolari
doti di catechista”. “L’abnegazione con cui volle sempre accogliere la volontà
di Dio lo condusse ad accettare anche il gravoso incarico di successore di
Pietro, al cui peso la sua salute già minata non poté resistere che poco più di
un mese. E tuttavia - ha proseguito il cardinale Bertone
- il suo sacrificio offerto con amore e cristiana letizia ha edificato
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11 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -
Forti timori per possibili attentati in Europa nel periodo
di Natale, 30 piani terroristici in Gran Bretagna e l’annuncio del capo di Al Qaeda in Iraq di voler
distruggere la Casa Bianca. Sono alcune delle ultime, allarmanti minacce terroristiche
rivelate da servizi di intelligence occidentali e diffuse da Siti integralisti islamici.
Il nostro servizio:
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L’inquietante ombra del terrorismo di matrice islamica
torna ad allungarsi su Europa e Stati Uniti: secondo diversi Servizi segreti
occidentali, Al Qaeda starebbe preparando una nuova
ondata di attentati da sferrare nel vecchio Continente durante il periodo di Natale
in aeroporti e strutture ferroviarie. Manca al momento una prova dell’effettiva
autenticità di questa trama terroristica ma alcuni
elementi costituiscono preoccupanti indizi: secondo
diversi analisti, Al Qaeda avrebbe cominciato,
infatti, a ritirare sistematicamente suoi combattenti dall’Afghanistan e dal
Pakistan. Il timore è che questi combattenti abbiano già raggiunto, o stiano
per raggiungere, diversi Paesi europei. Il premier britannico,
Tony Blair, ha avvertito ieri che il pericolo è
reale: occorre combattere – ha detto Blair riferendosi
ai gruppi terroristici presenti in Europa – “la propaganda velenosa che
distorce le menti dei più giovani”. Poco prima, i Servizi segreti britannici avevano
rivelato l’esistenza di 30 piani terroristici e annunciato che nel Regno Unito
almeno 1600 persone, appartenenti ad oltre 200 gruppi eversivi, potrebbero essere coinvolte nella preparazione di attentati.
Anche oltre Oceano il quadro è allarmante: in un messaggio diffuso ieri via Internet, il nuovo capo di Al Qaeda
in Iraq ha annunciato
nuovi attacchi contro gli Stati Uniti e minacciato di far saltare in aria la
Casa Bianca per creare un califfato islamico mondiale. Nel messaggio, si annuncia
anche che sono stati mobilitati almeno 12.000 combattenti per instaurare uno
Stato islamico in Iraq.
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In Iraq, intanto, la violenza
rimane all’ordine del giorno. Stamani, l’esplosione
di due bombe in un mercato di Baghdad hanno causato la morte di almeno 6
persone e il ferimento di altre 32. Sempre nella capitale irachena, un commando
di individui armati ha assassinato un alto ufficiale dei Servizi
d’infor-mazione iracheni.
Il presidente afghano,
Hamid Karzai, è favorevole
alla proposta italiana di organizzare una Conferenza internazionale
sull’Afghanistan. Lo ha detto il ministro degli Esteri D’Alema,
arrivato stamani a Kabul. A Roma, intanto, sarà celebrata dal rettore della Pontificia
Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, una Santa Messa nella Chiesa di San Lorenzo
fuori le Mura, in suffragio dei soldati italiani morti, esattamente tre anni fa
a Nassiriya.
La comunità internazionale torna
ad esprimersi sull’attacco israeliano di mercoledì scorso a Beit
Hanun, nella Striscia di Gaza, costato la vita a 18
civili palestinesi: è atteso infatti per oggi il voto
del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su una bozza di risoluzione di
condanna. Violenza e crisi politica scandiscono, intanto, il secondo anniversario
della morte dello storico leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat. Ricordando il suo
predecessore, il presidente Abu Mazen
ha sottolineato oggi che non ci saranno “né pace, né sicurezza” fin quando
durerà l’occupazione israeliana. Ma qual è, adesso, la situazione nei Territori
Palestinesi? Luca Collodi lo ha chiesto al giornalista arabo cristiano, Charlie Abou Saada,
raggiunto telefonicamente a Betlemme:
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R. – In questi ultimi quattro mesi abbiamo avuto circa 390
morti palestinesi. Nell’ultimo attacco di Gaza, a Beit
Hanun, l’Esercito israeliano ha ammesso l’errore. La
mira era sbagliata e questo non è accettabile. Noi denunciamo, quindi, l’uso
eccessivo della forza contro i civili palestinesi. Purtroppo, le reazioni dopo
il massacro sono state gravi. Ogni fazione, ogni partito palestinese, ha
annunciato di voler vendicare la strage. Per quanto riguarda le reazioni dei
cristiani al massacro, proprio l’altro ieri c’è stata una manifestazione di
cristiani - preti, laici e anche diversi pellegrini - tenutasi nella piazza
davanti al Santo Sepolcro di Gerusalemme. I manifestanti hanno protestato contro
l’uso eccessivo della violenza da parte dell’Esercito israeliano. Una reazione molto più decisa è arrivata poi da Parigi, dove si trova il
patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, il quale ha condannato il massacro e l’uso delle
armi ed ha detto: “Questo massacro sicuramente non aiuterà Israele e non darà
allo Stato ebraico la sicurezza che vuole; né fermerà, dall’altra parte, il
lancio dei razzi palestinesi nei territori israeliani”.
D. – Stiamo arrivando al Natale e Betlemme per la festa del
Natale è un luogo di grande importanza. Proseguono i pellegrinaggi? Stanno
aumentando i pellegrinaggi lì a Betlemme?
R. – Sì, grazie a Dio sono sempre in aumento e speriamo
che siano sempre di più i pellegrini, che vengono soprattutto dall’Italia. Per
quanto riguarda Betlemme ed il prossimo Natale, sono previsti qualche concerto
di musica sacra e momenti di preghiera il 24, 25 e 26 dicembre. Purtroppo, gli
ultimi quattro mesi sono stati duri per noi. Abbiamo avuto una piccola ondata
di emigrazione di cristiani palestinesi all’estero. Quindi, viviamo nella città
Santa, che ha vissuto duemila anni fa la nascita del bambino Gesù, ma gli
abitanti di Betlemme - cristiani e musulmani - sono preoccupati di sopravvivere
e di dare da mangiare ai loro bambini.
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E’ sempre più teso il clima anche nei Paesi Baschi, dove
il processo di pace continua ad essere ostacolato da episodi di violenza. A
Bilbao, alcuni cittadini hanno evitato un drammatico tentativo di aggressione
nei confronti di un poliziotto. Il servizio di Ignacio
Arregui:
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In Spagna, sale la tensione nell’ambito politico attorno
allo stato attuale del processo di pace. Ieri, venerdì, si sono registrati
nuovi incidenti di violenza per le strade, in alcune città dei Paesi Baschi, da
parte di giovani radicali indipendentisti. L’episodio più grave si è registrato
a Bilbao, dove alcuni sconosciuti hanno tentato di bruciare un agente della polizia
municipale dopo aver versato benzina su di lui. L’intervento di alcuni
cittadini ha evitato il peggio. Il leader del movimento illegale Batasuna ha affermato che lui sarebbe pronto ad intervenire
personalmente presso i gruppi radicali per convincerli a rinunciare ad ogni
forma di violenza per le strade. A Madrid, la vicepresidentessa del governo ha
reagito affermando che nessuna forma di ricatto può essere accettata dal governo
il quale farà la sua strada, sempre che ETA rinunci alla violenza. Rivolgendosi
poi alla opposizione politica contraria all’attuale processo di pace, si è
chiesto: “Possibile che qualcuno voglia la rottura del processo e che smettiamo
di lavorare per la pace?”
Dalla Spagna, Ignacio Arregui, per la Radio Vaticana.
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Non sembra avere fine la spirale di violenza nello Sri Lanka: almeno 30 persone hanno perso la vita, ieri, nel
corso di una battaglia navale tra la Marina dello Sri Lanka
e alcune imbarcazioni dei ribelli tamil sulle coste
orientali dell’isola. Altre due persone di etnia tamil
sono state uccise, nella tarda giornata, in due differenti agguati. Il presidente
del Paese asiatico, Mahlinda Rajapakse,
ha condannato le violenze, affermando che simili azioni limitano il pluralismo
politico che dovrebbe caratterizzare una società democratica. Anche il
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha lanciato un appello per mettere fine all’ondata
di attacchi che sta insanguinando lo Sri Lanka,
martoriato da più di vent’anni di guerra civile.
Procedere verso la creazione di un “Parlamento asiatico”,
analogo a quelli esistenti in Europa, Africa e America Latina: con questo
obiettivo si apre domani, a Teheran, la VII Assemblea
dei Parlamenti asiatici per la pace, organizzata dall’omonima associazione.
L’incontro vedrà la presenza dei rappresentanti delle Camere di più di 30 Paesi
del Continente. Parteciperanno delegazioni di importanti Stati islamici, tra
cui Arabia Saudita, Siria e Libano.
Dieci militari morti e 21 rimasti feriti: è il bilancio,
non ha ancora ufficiale, di un’imboscata tesa, in Algeria, contro alcuni militari che stavano perlustrando una foresta nei
pressi di Lakhdaria, a est di Algeri. L’attacco è
avvenuto giovedì ma è stato reso noto solo oggi dalla
stampa locale. Secondo gli inquirenti, l’attacco è stato compiuto da una
falange del Gruppo salafita per la predicazione e il
combattimento, sospettato di avere legami con Al Qaeda.
Sembra raggiunta una prima intesa tra corti islamiche e
Parlamento nazionale in Somalia. Dopo il fallimento dei negoziati di due
settimane fa a Karthoum, ieri la delegazione delle
Corti e quella guidata dal presidente del Parlamento, Sharif Hassan Sheikh Aden, hanno
deciso di riprendere i negoziati e di porre fine ad ogni atto ostile che possa
aggravare la situazione nel Paese. Rimane però incerta l’approvazione, da parte
del governo provvisorio, del testo stilato dalle due delegazioni. Aden
rappresenta infatti l’ala più aperta al dialogo,
mentre la linea del presidente della Repubblica ad
interim Abdulahi Yusuf e
del premier Ali Gedi è sicuramente più intransigente.
Intanto, ieri mattina un corteo pacifico di donne ha sfilato per le strade di Baidoa per sottoporre all’attenzione della comunità internazionale
e supportare il debole governo provvisorio.
Diverse
esplosioni si sono registrate questa mattina a Kinshasa,
capitale della Repubblica Democratica del Congo. Al
momento, non si ha notizia di morti. Lo hanno riferito fonti della missione di
pace delle Nazioni Unite presenti nel Paese africano. Alcuni colpi di mortaio
sono risuonati anche nei pressi della residenza dell’attuale vice-presidente Jean Pierre Bemba,
candidato alle elezioni presidenziali, che si sono tenute il 29 ottobre scorso
e i cui risultati definitivi non sono ancora stati annunciati.
Contemporaneamente, si sono verificati scontri tra militari alleati del
vice-presidente e la Guardia repubblicana fedele al presidente Joseph Kabila. Quest’ultimo, in base ai risultati
elettorali provvisori, sarebbe in vantaggio con il 60 per cento dei voti.
Sempre oggi, Bemba ha denunciato gravi irregolarità
nelle operazioni elettorali, che riguarderebbero circa un milione di voti.
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