RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 315 - Testo della trasmissione di sabato 11  novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La fede, amica della ragione, offre prospettive di speranza ad ogni progetto dell’uomo: così, Benedetto XVI nel discorso ai membri della fondazione Sacra Famiglia di Nazareth

 

Messaggio del Papa in occasione dei 90 anni dalla battaglia di Verdun

 

La Sala Stampa vaticana ha reso noto il programma del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Turchia

 

Mons. Celestino Migliore esorta la comunità internazionale a lottare decisamente contro la povertà nel mondo

 

La Santa Sede rilancia la richiesta di una moratoria sulle bombe a grappolo che colpiscono indiscriminatamente le popolazioni civili

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Almeno 200 morti in scontri interetnici in Ciad al confine con il Darfur. Intervista con mons. Jean-Claude Bouchard

 

Cresce la povertà in Italia, secondo un rapporto della Caritas: l’analisi di mons. Giuseppe Pasini

 

Il commento di padre Marko Ivan Rupnik al Vangelo di domani                                                         

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentato in settimana, dalla speciale Commissione ONU istituita da Kofi Annan, il Rapporto “Delivering as One” sulla riorganizzazione delle Nazioni Unite

 

Quarto pellegrinaggio degli universitari romani ad Assisi

 

La Nigeria, un Paese ricco di risorse ma povero per la corruzione della sua classe dirigente: la denuncia di mons. John Onaiyekan, presidente della Conferenza episcopale del Paese africano

 

Per la prima volta dopo 400 anni esposta nella Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma la “Conversione di San Paolo” di Caravaggio, in mostra fino al 25 novembre

 

Domani a Pavia la Fiaccola del dialogo di Sant’Agostino, benedetta dal Papa il 1° novembre

 

Ieri a Belluno, la cerimonia di chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione di Giovanni Paolo I

 

24 ORE NEL MONDO:

Atteso per oggi il voto di condanna dell’ONU sulla strage di civili palestinesi a Beit Hanun

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 novembre 2006

 

 

LA FEDE, AMICA DELLA RAGIONE, OFFRE PROSPETTIVE DI SPERANZA AD OGNI PROGETTO DELL’UOMO: COSI’, BENEDETTO XVI NEL DISCORSO

AI MEMBRI DELLA FONDAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH,

RICEVUTI STAMANI IN AULA PAOLO VI,

 IN OCCASIONE DEL 60.MO ANNIVERSARIO DI ISTITUZIONE

 

Un intellettuale cristiano deve sempre essere pronto a comunicare i contenuti della rivelazione di Gesù: così, Benedetto XVI, stamani, nel discorso in Aula Paolo VI, ai membri della "Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth" e dell’associazione laicale "Comunità Domenico Tardini", in occasione del 60° anniversario di istituzione di Villa Nazareth. Il Papa ha ribadito che la fede é amica della ragione ed ha invitato i cristiani a tessere un dialogo fecondo con la cultura. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale Achille Silvestrini, presidente della Fondazione “Sacra Famiglia di Nazareth”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La verità e l’amore “sono inscindibili”, “nessuna cultura può essere contenta di se stessa finché non scopre che deve farsi attenta alle necessità reali e profonde dell’uomo, di ogni uomo”. E’ la riflessione offerta da Benedetto XVI alla famiglia di Villa Nazareth, che, ha detto, da 60 anni si dedica all’opera educativa ed ecclesiale con “intelligenza ed amore”. Fedele all’intuizione del suo fondatore, il cardinale Domenico Tardini, Villa Nazareth valorizza l’intelligenza dei suoi alunni “nel rispetto della libertà della persona, orientata a vedere nel servizio degli altri l’autentica espressione dell’amore cristiano”. La formazione dei giovani, ha detto il Papa, si sviluppa dunque con la “ragione purificata nel crogiuolo della fede”:

 

“La fede infatti è in grado di offrire prospettive di speranza ad ogni progetto che abbia a cuore il destino dell'uomo. La fede scruta l’invisibile ed è perciò amica della ragione che si pone gli interrogativi essenziali da cui attende senso il nostro cammino quaggiù”.

 

Ha così citato il racconto di Luca negli Atti degli Apostoli nel quale, grazie al diacono Filippo, l’Etiope scopre “la risposta ai propri interrogativi nella persona di Cristo”. E’ allora importante, ha affermato, il Papa che “qualcuno arrivi accanto a chi è in cammino e gli annunci la buona novella di Gesù, come fece Filippo”. Qui, ha spiegato il Pontefice, “è adombrata la diaconia che la cultura cristiana può svolgere nell’aiutare le persone in ricerca a scoprire Colui che è nascosto nelle pagine della Bibbia come nelle vicende della vita di ciascuno”. A Villa Nazareth, ha proseguito il Papa, si sperimenta “come la parola di Dio richieda un ascolto attento ed un cuore generoso e maturo per essere vissuta in pienezza”. Il dialogo affondi dunque le sue radici nella ricerca della verità:

 

“I contenuti della rivelazione di Gesù sono concreti ed un intellettuale cristianamente ispirato deve sempre essere pronto a comunicarli quando dialoga con coloro che sono alla ricerca di soluzioni capaci di migliorare l'esistenza e di rispondere all'inquietudine che assilla ogni cuore umano. Occorre mostrare soprattutto la corrispondenza profonda che esiste tra le istanze che emergono dalla riflessione sulle vicende umane e il Logos divino che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”.

 

Così facendo, ha aggiunto, si crea una “convergenza feconda tra i postulati della ragione e le risposte della Rivelazione e proprio di qui scaturisce una luce che illumina la strada su cui orientare il proprio impegno”. Nel contatto quotidiano con la Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa, ha detto ancora, è possibile “entrare sempre più nel mistero di quella Ragione creatrice che continua ad amare il mondo e a dialogare con la libertà delle creature”. Un intellettuale cristiano, è stata la sua esortazione, “deve coltivare sempre in sé lo stupore per questa verità di fondo” che facilitando “l’adesione allo Spirito di Dio”, ci spinge al tempo stesso a “servire i fratelli con pronta disponibilità”. Parole corredate da una viva esortazione ai giovani:

 

“Anche oggi, cari giovani, non sono poche le strade deserte sulle quali vi troverete a camminare nella vostra esistenza di credenti: proprio lungo esse potrete affiancarvi a chi cerca il senso della vita. Preparatevi ad essere anche voi a servizio di una cultura che favorisca l’incontro di fraternità dell’uomo con l’uomo e la scoperta della salvezza che ci viene da Cristo”.

 

Proprio in questa prospettiva, ha affermato, si può “tessere un dialogo fecondo con la cultura”, recando un contributo “per far sì che tante persone trovino la risposta in Gesù Cristo”. Il Papa ha infine ricordato la benevolenza mostrata, fin dall’inizio, dai Pontefici a Villa Nazareth, da Pio XII che la vide nascere a Giovanni Paolo II, che dieci anni fa visitò l’istituto in occasione del 50.mo di fondazione. Segno, questo, di un forte legame spirituale con la Santa Sede.

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LA SALA STAMPA VATICANA HA RESO NOTO OGGI IL PROGRAMMA

DEL VIAGGIO APOSTOLICO DI BENEDETTO XVI IN TURCHIA

CHE SI SVOLGERÀ DAL 28 NOVEMBRE AL 1° DICEMBRE PROSSIMI

- Servizio di Sergio Centofanti -

 

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Il Papa si reca nella terra dove per la prima volta i discepoli di Gesù furono chiamati cristiani. Partirà alle 9.00 di martedì 28 novembre dall’aeroporto romano di Fiumicino per arrivare alle 13.00 all’aeroporto internazionale Esemboğa di Ankara. Prima tappa, la visita al Mausoleo di Atatürk, il padre della Patria, che ha proclamato la Repubblica turca nel 1923. Subito dopo si svolge la cerimonia di benvenuto e la visita di cortesia al presidente della Repubblica, Ahmet Necdet Sezer; quindi il Papa incontra il vice primo ministro e successivamente il presidente per gli Affari religiosi, Alì Bardokoglu presso la sua sede: il Papa terrà un discorso. Sempre ad Ankara, nella nunziatura apostolica, Benedetto XVI incontra il Corpo diplomatico.

 

Il giorno dopo parte dall’aeroporto di Ankara per giungere a Smirne: di qui si trasferisce ad Efeso dove in fine mattinata celebra la Messa nel santuario di Meryem Ana Evi, ovvero la Casa di Maria. Ad Efeso si svolse nel 431 il celebre Concilio che proclamò la vergine Maria “Theotokos”, cioè “Madre di Dio”. Nel pomeriggio il Papa riparte in aereo da Smirne per giungere ad Istanbul, dove si svolge la visita di preghiera alla Chiesa Patriarcale di San Giorgio e l’incontro privato con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, cui il Papa rivolgerà un saluto, nella sede del  Patriarcato.

 

Nella mattinata di giovedì 30 novembre, ad Istanbul, il Papa partecipa alla Divina liturgia nella Chiesa patriarcale di San Giorgio: qui si svolge la cerimonia della firma di una Dichiarazione congiunta. Benedetto XVI pranzerà con Bartolomeo I presso il Patriarcato. Nel pomeriggio la visita al Museo di Santa Sofia e la visita di preghiera alla Cattedrale armena apostolica con l’incontro con il Patriarca Mesrob II. Presso la rappresentanza pontificia il Papa incontrerà il Metropolita siro-ortodosso e il Gran Rabbino della Turchia. In serata  l’incontro e la cena con i membri della Conferenza episcopale cattolica della Turchia.

 

Nella mattina di venerdì 1° dicembre, sempre ad Istanbul, il Papa celebrerà la Messa nella Cattedrale dello Spirito Santo. Subito dopo il congedo all’aeroporto di Istanbul con partenza alle 13.15 e l’arrivo all’aeroporto romano di Ciampino alle 14.45 (da considerare che secondo il fuso orario la Turchia è avanti di un’ora rispetto all’Italia).

 

In Turchia si recarono già Paolo VI nel 1967 e Giovanni Paolo II nel 1979. Papa Wojtyla arrivò ad Ankara il 29 novembre di 27 anni fa e alla piccola comunità cristiana rivolse le parole che San Pietro indirizzò nella sua Lettera ai cristiani di queste terre: “Siate pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza”.

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L’IMPORTANZA DI FONDARE LE RELAZIONI TRA POPOLI

SULLA FRATERNITA’, LA SOLIDARIETA’ E L’AMICIZIA: NEL MESSAGGIO DEL PAPA

AL VESCOVO DI VERDUN, A 90 ANNI DALLA STORICA BATTAGLIA

CHE OPPOSE FRANCESI E TEDESCHI NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

- A cura di Fausta Speranza -

 

“Un avvenimento da non dimenticare mai e da non rivivere mai”: così il Papa ricorda la battaglia di Verdun, un capitolo della Prima Guerra mondiale particolarmente sanguinoso, scritto da tedeschi e francesi in guerra tra loro. Lo fa a 90 anni dalla battaglia che iniziò il 21 febbraio del 1916 e finì nel 19 dicembre dello stesso anno ma che viene ricordata oggi nella Messa celebrata nella città francese di Verdun. Nel messaggio indirizzato al vescovo della città, mons. Fran-çois Maupu, Benedetto XVI ricorda che nel 1917 il predecessore Benedetto XV chiese ai capi dei Paesi belligeranti di evitare un’“inutile strage”. Oggi, Benedetto XVI chiede che Verdun sia un simbolo anche della riconciliazione tra due grandi nazioni che sono state nemiche, per poi ricordare a tutti i Paesi in guerra che “solo la riconciliazione permette di costruire l’avvenire e di consentire la speranza” e che “solo la riconciliazione e il perdono reciproco possono aprire a una pace vera”. Nel messaggio, il Papa si unisce alla “preghiera per il dono della pace e il coraggio per una concordia e una fraternità sempre più intense tra la Francia e la Germania”. Rende grazie a Dio per il cammino fatto dopo i grandi conflitti mondiali e invita, oggi, tutti gli europei a “fondare le loro relazioni sulla fraternità, la solidarietà e l’amicizia”, augurandosi che in particolare “le giovani generazioni possano trarre insegnamento dalla storia e, basandosi sulle radici e i valori cristiani che hanno largamente contribuito a formare l’Europa delle nazioni e l’Europa dei popoli, si impegnino a creare legami di fraternità e di carità, per il bene di tutti e lo sviluppo dei Paesi, prendendosi cura dei più poveri e dei più piccoli”. Il Papa, inoltre, sottolinea che i morti di quella battaglia, senza distinzione di nazionalità, riposano nell’ossario di Douaumont. Ricordiamo che la battaglia di Verdun durò 11 mesi e provocò oltre 200 mila morti. Terminò con la vittoria francese sull’esercito tedesco.

 

 

LA POVERTA’ E IL LEGAME CON LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

AL CENTRO DELL’INTERVENTO DELL’OSSERVATORE PERMANENTE

DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU,

MONS. MIGLIORE, NELL’AMBITO DELLA 61ESIMA SESSIONE

DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

 

La povertà spesso ha radici nella violazione di diritti umani: è un concetto forte ribadito da mons. Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, nel suo intervento ieri a New York nell’ambito dei comitati della 61esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare in tema di sradicamento della povertà e di altre questioni legate allo sviluppo.  Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Mons. Migliore ricorda che un sesto della popolazione soffre la fame nel mondo e che ogni 5 secondi un bambino muore per denutrizione. Questi i dati del dramma da non dimenticare e ci sono poi altri punti fermi da tener presente: “i poveri hanno diritto alla giustizia – sottolinea mons. Migliore – ma la loro capacità di difendere questo diritto è spesso molto limitata”. Da qui l’obiettivo: “accrescere la generale consapevolezza sulla fame nel mondo e sulle ingiustizie e influenzare le scelte di chi fa politica affinché mettano lo sradicamento della povertà al centro dei programmi che portano avanti a livello di legalità e a livello sociale”. L’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU ricorda che dal Summit mondiale sullo sviluppo del 1995 i governi sono chiamati a lottare contro la povertà secondo un imperativo etico, sociale, politico ed economico. A questo proposito segnala come un successo del segretario generale dell’ONU le iniziative dell’Anno internazionale per il microcredito e la prima Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà.  In tale contesto, esprime anche apprezzamento per l’assegnazione del Premio Nobel 2006 per la pace all’economista Muhammad Yunus per la sua Grameen  Bank, impegnata nel microcredito. Il concetto base – ribadisce mons. Migliore – è proprio nella connessione tra pace e sviluppo.  E ricorda che già Paolo VI affermava: “Lo sviluppo è il nuovo nome per la pace”. Accenna al lavoro di tante agenzie caritative della Chiesa o di tante ONG, per poi ricordare che la Santa Sede ha organizzato tre conferenze internazionali di studio, intitolate rispettivamente a “Donne, sviluppo e pace”; “Microcredito e lotta contro la povertà”; “Lotta alla corruzione”. In definitiva, mons. Migliore sottolinea il diritto al cibo e il diritto allo sviluppo, ricordando che diritto al cibo significa anche diritto all’acqua, che non può essere considerata un lusso, e poi anche diritto a essere vestiti e ad avere una casa. Per questo – sottolinea con forza – “dobbiamo usare tutti i mezzi”.

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LA SANTA SEDE RILANCIA LA RICHIESTA DI UNA MORATORIA SULLE SOTTOMUNIZIONI

CHE COLPISCONO INDISCRIMINATAMENTE LE POPOLAZIONI CIVILI:

COSI’ MONS. SILVANO MARIA TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE

 DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI GINEVRA, INTERVENUTO ALLA CONFERENZA

 SULLA CONVENZIONE PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI CON EFFETTI INDISCRIMINATI

 

“La guerra e i conflitti sono sempre un fallimento” per tutti, “non esistono vincitori e sconfitti”: è il richiamo di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso la sede ONU di Ginevra, intervenuto alla III Conferenza di esame della Convenzione sulla proibizione o restrizione dell’uso di certe armi convenzionali che possono avere effetti indiscriminati, in programma a Ginevra in questi giorni. Il presule ha lanciato, a nome della Santa Sede, un nuovo appello per la messa al bando delle bombe a grappolo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La Santa Sede chiede ancora una volta una “moratoria sull’utilizzo delle sottomunizioni” come le bombe a grappolo, che si spandono sul terreno, pronte ad esplodere anche dopo anni. E’ quanto ribadito dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, che ha auspicato un’applicazione da parte di tutti gli Stati della Convenzione sulla proibizione e restrizione di quelle armi che hanno effetti indiscriminati. La comunità internazionale, è stato il richiamo del presule, “non può disinteressarsi” di queste armi che pongono “un problema umanitario grave durante e dopo i conflitti”. Armi che colpiscono soprattutto i più indifesi: quasi il 70 per cento delle vittime di queste bombe sono infatti dei bambini.

 

 Nonostante i suoi difetti, ha riconosciuto il presule, la Convenzione rende un servizio straordinario per ridurre gli effetti disumani di certi armamenti. Tuttavia, ha avvertito, questo strumento legale deve mantenere un carattere “dinamico” e “flessibile” in risposta all’evoluzione degli armamenti. Di qui, l’urgenza di una riflessione e di negoziati che considerino la nuova realtà militare. Tali armi, ha detto ancora mons. Tomasi devono corrispondere “ai criteri imposti dalla Convenzione e dai suoi protocolli”. D’altro canto, va considerata l’opportunità di “negoziare nuovi strumenti laddove gli accordi esistenti non rispondano più alle nuove realtà militari”. In particolare, mons. Tomasi ha espresso l’apprezzamento della Santa Sede per l’approvazione del V Protocollo, anche se il testo non è così incisivo come auspicato.

 

L’osservatore vaticano ha, così, rivolto l’attenzione alla questione delle mine antiuomo che “continuano a porre dei gravi problemi umanitari” per molti popoli, ma anche per “le organizzazioni umanitarie che operano dopo la fine dei conflitti”. In tale contesto, la Santa Sede “spera che un accordo sostanziale su un nuovo protocollo sia possibile prima della fine” della conferenza. In un mondo che cambia “sul piano delle tecnologie e delle loro applicazioni militari”, è doveroso “esaminare la natura e l’utilizzazione di certe armi”. Non devono dunque essere esclusi nuovi negoziati. La sicurezza legittima degli Stati, ha concluso mons. Tomasi, non può mettere a rischio la vita e lo sviluppo di intere popolazioni.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI ai vescovi svizzeri.

L’udienza del Papa a Villa Nazareth.

 

Servizio estero – L’intervento della Santa Sede sul tema: “Il diritto di avere cibo è fondamentale e inalienabile per ogni persona e la sua famiglia”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Maurizio Fontana sulla conclusione, a Palazzo Valentini, della mostra “L’Osservatore Romano: da Roma al mondo”.  

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 novembre 2006

 

ALMENO 200 MORTI IN SCONTRI INTERETNICI IN CIAD AL CONFINE CON IL DARFUR

- Intervista con mons. Jean-Claude Bouchard -

 

Cresce la preoccupazione internazionale per l’estendersi delle violenze in Ciad al confine con la regione sudanese del Darfur. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) ha riferito di centinaia di morti e di un gran numero di profughi dopo le incursioni di bande armate contro i villaggi a ridosso del confine sudanese. Almeno 200 i morti di cui si è avuta notizia negli ultimi giorni e moltissimi i profughi. Il pericolo denuncia l’ACNUR è che queste violenze siano legate ad un allargamento del conflitto nel Darfur, la regione sudanese dove dal 2003 è in corso un tentativo di pulizia etnica da parte del governo di Khartoum. Le stesse milizie arabe che il Sudan sostiene contro le popolazioni animiste locali sarebbero all’origine della crisi in Ciad e punterebbero a destabilizzare anche la Repubblica Centrafricana. Stefano Leszczynski ha raggiunto telefonicamente mons. Jean-Claude Bouchard, vescovo di Pala e presidente della Conferenza episcopale del Ciad, che ci spiega la complessità della situazione:

 

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R. – La situazione, da noi, è molto complicata. Il Ciad è un Paese con 150 etnie, e poi certe etnie sono a cavallo proprio della frontiera con il Sudan. Dunque, si trova la stessa gente in Sudan e anche in Ciad. Il presidente attuale, quando ha preso il potere, lo ha fatto con l’appoggio e con l’aiuto del vicino Sudan. Poi, al sud del Ciad c’è la Repubblica Centrafricana: adesso ho sentito che ci sono ribelli anche lì …

 

D. – Quali sono le principali preoccupazioni della Chiesa del Ciad in questo contesto?

 

R. – La nostra preoccupazione è la pace, e ci vorrà ancora tempo! Siamo sempre in uno stato di guerra e di non-guerra, di pace e di non-pace. Speriamo di non arrivare alla guerra civile! In Ciad non può succedere come è successo in altri Paesi come in Rwanda, per esempio, o altrove: qui ci sono gruppi più piccoli, e tanti. Ma infatti, il Ciad chiede adesso l’intervento della comunità internazionale e all’ONU di mandare soldati; ma il Sudan non è d’accordo. Ed è tutto molto complicato …

 

D. – C’è rischio che questa guerra non sia più limitata alla regione vicino al confine con il Darfur ma possa estendersi al resto del Paese?

 

R. – I movimenti dei ribelli dicono che vogliono arrivare a N’Djamena, e il loro scopo è di prendere il potere. Speriamo di no, che non arriveremo alla guerra e ad un altro colpo di Stato. Per questo, però, bisognerebbe prendere un’altra strada, quella della pace, mettersi insieme e cercare la pace insieme. Ma si vede che non tutti sono d’accordo: vogliono correre il rischio di avere il potere a tutti i costi.

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CRESCE LA POVERTA IN ITALIA, SECONDO UN RAPPORTO DELLA CARITAS

- Intervista mons. Giuseppe Pasini -

 

Sono oltre 7 milioni e mezzo i poveri in Italia. Lo afferma la ricerca “Vite fragili - Rapporto 2006 su povertà ed esclusione sociale in Italia” curata dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan presentato ieri a Roma. Lo studio, condotto su 17 mila persone in 147 diocesi italiane, ha messo in evidenza il crescente impoverimento del ceto medio italiano. Il servizio di Giovanni Augello:

 

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La povertà in Italia potrebbe crescere nei prossimi anni. E’ l’allarme lanciato dalla Caritas italiana durante la presentazione di un rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale. Lo studio evidenzia come le richieste di aiuto vengano sempre più avanzate da quei settori di popolazione tradizionalmente estranei ai fenomeni di disagio e di emarginazione, mentre cresce il numero dei cittadini italiani che versa in difficili condizioni economiche. In aumento anche la disparità della distribuzione della ricchezza, con il 10% del ceto più alto che possiede circa il 48 % della ricchezza nazionale. A chiedere un intervento da parte delle istituzioni, mons. Giuseppe Pasini, presidente della fondazione Zancan:

 

“Il problema è fare una ricetta politica di distribuzione che privilegi i più deboli, cioè chi tra i poveri sono più poveri degli altri. Dall’altro verso ci deve essere una scelta anche di recuperare risorse dove non vengono dovutamente offerte e quindi tutto il discorso dell’evasione fiscale. Se fossero anche la metà di questi a pagare le tasse, come dovrebbero fare, probabilmente non avremmo questi grossi problemi”.

 

Un’intera sezione del rapporto è dedicata invece alla fragilità sociale dei minori, soprattutto stranieri, e della disabilità infantile. Ancora mons. Giuseppe Pasini:

 

“I bambini sono l’emblema oggi della fragilità. Molte volte sono inseriti in famiglie senza un reddito e di conseguenza sono quelli che subiscono maggiormente la ricaduta di situazioni di povertà e di discriminazione nel nostro Paese”.

L’impoverimento del ceto medio non sembra costituire oggi un’emergenza per le istituzioni – ha concluso mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana – ma se il fenomeno non sarà governato, le famiglie in affanno di oggi costituiranno i poveri di domani.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 12 novembre, 32.ma Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù, insegnando nel Tempio, osserva come la folla getti monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi getta due spiccioli. Gesù allora dice:

 

“In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.  

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Cristo mette in rilievo la differenza abissale tra quelli che gettano nel tesoro del Tempio il loro superfluo e la povera vedova. Molti ricchi, evidentemente anche per farsi notare, hanno gettato molto, perchè il loro superfluo era grande. Ma Cristo si concentra e fa concentrare i discepoli sulla vedova che, dice Lui, “ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. In che consiste questo “più di tutti gli altri” se sappiamo che si trattava di due spiccioli? Lei ha gettato tutto quanto aveva per vivere. Ha affidato, dunque, la propria vita al Signore. Non aveva più niente su cui contare nella vita. Il suo punto solido non è più l’avere, ma è il Signore, che è la vera roccia sulla quale la vedova ha poggiato la propria vita. Offrire tutto vuol dire annullare la distanza e azzerare la possibilità di illudersi di credere, ovvero azzerare ogni possibilità di Mammona, escludendo ogni sicurezza alternativa a Dio.

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CHIESA E SOCIETA’

11 novembre 2006

 

 

PER RISPONDERE ALLA SFIDE GLOBALI DELL’UMANITA’ E ALLE ESIGENGE DEI POPOLI

A LIVELLO NAZIONALE OCCORRE UNA RIFORMA RADICALE

DEL SISTEMA DELLE NAZIONI UNITE: L’OBIETTIVO E’ OTTIMIZZARE LE SUE RISORSE,

DISPERSE IN TROPPE ATTIVITA’ NON COORDINATE

E MAL GESTITE: SONO LE CONCLUSIONI DELLA SPECIALE COMMISSIONE

INCARICATA DI INDIVIDUARE I PUNTI DEBOLI DELL’ONU

- A cura di Roberta Gisotti -

 

NEW YORK. = Una radicale riorganizzazione del sistema delle Nazioni Unite per ottimizzare le sue risorse ed aiutare gli Stati a raggiungere gli obiettivi del Millennio. E’ quanto chiede il Rapporto “Delivering as One”, presentato in settimana dalla speciale Commissione istituita all'inizio dell’anno dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in risposta alla richiesta - avanzata dal Vertice mondiale del 2005 - di maggiore coerenza nel campo delle attività per lo sviluppo. La Commissione, presieduta dai primi ministri del Mozambico, della Norvegia e del Pakistan, propone anzitutto di unificare le iniziative dell’ONU a livello nazionale per rispondere alle esigenze locali; di avviare un nuovo sistema efficace e controllato di finanziamento; di istituire un Comitato per lo sviluppo sostenibile e nominare un coordinatore per le attività operative e normative a livello regionale, nazionale e mondiale; di rafforzare la leadership in ambito umanitario e ambientale. “Abbiamo proposto un piano di interventi coraggioso ma realistico” - ha detto Shaukat Aziz, primo ministro del Pakistan – per “assicurarci che l'Organizzazione dell’ONU sia ben governata, ben finanziata”, anziché come risulta oggi frammentata, debole e non adeguatamente strutturata per rispondere alle esigenze delle varie Nazioni. Più di un terzo dei team che operano a livello nazionale è suddiviso in almeno una decina di agenzie, talvolta più di 20. Tutto questo - secondo lo Studio - ha comportato interventi privi di coerenza e costi amministrativi eccessivi. “Vogliamo che le Nazioni Unite svolgano un ruolo strategico a livello nazionale, sostenendoci nella preparazione e attuazione delle nostre specifiche strategie di sviluppo”, ha spiegato Luísa Dias Diogo, primo ministro del Mozambico. All’obiezione che si tratti di una riforma troppo radicale, il primo ministro norvegese Jens Stoltenberg ha risposto: “La cosa più radicale e con conseguenze drammatiche che possiamo fare è il non fare niente. Mantenere lo status quo sarebbe una vittoria dell’inerzia”. “Nessuno che si trovi ad affrontare le sfide odierne - ha aggiunto - penserebbe ad un sistema delle Nazioni Unite così com’è ora concepito e lasciarlo in questa situazione significherebbe consegnarlo agli interessi nazionali e istituzionali a breve termine”. 

 

 

UNA FOLLA DI GIOVANI HA INVASO PACIFICAMENTE OGGI ASSISI.

SONO I RAGAZZI PROTAGONISTI DEL IV PELLEGRINAGGIO DEGLI UNIVERSITARI

E DELLE MATRICOLE ORGANIZZATO DALL’UFFICIO PER LA PASTORALE

UNIVERSITARIA DEL VICARIATO DI ROMA

- A cura di Marina Tomarro -

 

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ASSISI. = Cominciare l’anno accademico camminando lungo le strade di San Francesco di Assisi tenendo in mente le parole di Gesù, pronunciate ai discepoli durante l’ultima cena: “Fate questo in memoria di me”. E’ il tema del IV pellegrinaggio degli universitari e delle matricole ad Assisi, che oggi vede protagonisti oltre 3000 ragazzi provenienti da tutti gli atenei della Capitale. Questa mattina nella basilica di Santa Maria degli Angeli il Cardinale Vicario Camillo Ruini, che ha accompagnato gli studenti, ha ricordato loro che questo pellegrinaggio avviene nel segno dell’alleanza con il Signore, perché l’Eucaristia non è un ricordo di Cristo ma è un’attuazione viva di ciò di cui fa memoria, che prende parte alla nostra vita e a ciò che realizziamo quotidianamente. E proprio Francesco di Assisi è il grande esempio di tutto questo, infatti la sua scelta di vita è stata quella di vivere Cristo nella sua integralità e nella sua purezza. Nel pomeriggio i ragazzi visiteranno i luoghi di Francesco e di Chiara per poi ritrovarsi nella Basilica Superiore del Sacro Convento dove mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio della Pastorale universitaria, presiederà la preghiera conclusiva. Quindi anche quest’anno da Assisi viene lanciato un messaggio di pace e di speranza dagli universitari romani verso tutti i loro colleghi europei.

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LA NIGERIA, UN PAESE RICCO DI RISORSE, MA POVERO

PER LA CORRUZIONE DELLA SUA CLASSE DIRIGENTE:

LA DENUNCIA DI MONS. JOHN ONAIYEKAN, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE AFRICANO, DURANTE UN CONVEGNO DEDICATO AL TEMA

DELL’ABBONDANZA DI BENI NATURALI NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

- A cura di Lisa Zengarini -

 

ENUGU. = Se i nigeriani non godono i benefici delle risorse naturali di cui il loro Paese è ricco, questo si deve alla cattiva gestione di una classe governante corrotta e interessata solo a trarre il massimo profitto personale da queste ricchezze. A denunciarlo – come riporta l’agenzia CNS - è stato mons. John Olorunfemi Onaiyekan, presidente della Conferenza episcopale nigeriana, intervenendo nei giorni scorsi a Enugu ad una conferenza dedicata al problema della cosiddetta “maledizione della ricchezza”, quel fenomeno per cui l’abbondanza di risorse naturali in diversi Paesi poveri contribuisce paradossalmente ad alimentare molti dei loro problemi. E’ noto infatti che le nazioni che soffrono di alcuni dei più elevati indici di povertà, malattia, corruzione, conflitti violenti e violazione dei diritti umani sono anche, almeno sulla carta, alcuni dei più ricchi. Una piaga che caratterizza in modo particolare i Paesi africani, tra cui appunto la Nigeria, ricca di petrolio e gas e non solo.  Il problema in Nigeria – ha evidenziato mons. Onaiyekan alla conferenza intitolata “Mettere ricchezza del petrolio e del gas al servizio del bene comune” – è che “il governo e la governance sono stati ridotti a mera distrazione ad uso personale dei proventi del petrolio”. “Molti leader nigeriani rubano denaro al popolo per comprare proprietà e nasconderlo in banche straniere”. I risultati di questa corruzione e cattiva gestione sono sotto gli occhi di tutti: povertà dilagante, alto tasso di disoccupazione giovanile, ma anche dipendenza alimentare dall’estero nonostante il Paese sia ricco di terre fertili. In questo scenario, ha affermato in conclusione l’arcivescovo di Abuja, l’unica autorità rispettata in Nigeria è la Chiesa, che agli occhi di molti è la sola voce credibile nel Paese.

 

 

PER LA PRIMA VOLTA DOPO 400 ANNI,

ESPOSTA NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DEL POPOLO A ROMA

LA “CONVERSIONE DI SAN PAOLO” DI CARAVAGGIO,

IN MOSTRA FINO AL 25 NOVEMBRE

 

ROMA. = La ‘Conversione di San Paolo’ di Caravaggio, capolavoro della collezione Odescalchi, dopo un delicato restauro, in mostra nella Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo, a Roma, dove resterà esposta fino al 25 novembre. Si tratta di un evento straordinario, in quanto per la prima volta dopo 400 anni, la tavola è stata allestita nel luogo per il quale fu commissionata e dove, con ogni probabilità, non trovò mai dimora. La mostra consente inoltre di mettere a confronto l’opera con l’altra “Conversione di San Paolo”, il dipinto realizzato su tela sempre da Caravaggio, che misteriosamente sostituì la prima versione su tavola e che dal 1605 decora la Cappella di Santa Maria del Popolo. Da qui il titolo della mostra “Il Caravaggio Odescalchi, le due versioni della ‘Conversione di San Paolo’ a confronto”. La prima ‘Conversione di San Paolo’, poco conosciuta, perché da sempre custodita in collezioni private, è al centro di uno dei più appassionanti   enigmi caravaggeschi. La tavola, insieme al suo pendant andato perduto, la ‘Crocifissione di San Pietro’,  fu commissionata a Caravaggio nel 1600 dal tesoriere generale della Camera Apostolica di Papa Aldobrandini, Tiberio Cerasi, per decorare le pareti della sua nuova cappella in Santa Maria del  Popolo, che l’architetto Carlo Maderno era stato incaricato di ristrutturare. I due dipinti dovevano essere eseguiti, per contratto stipulato tra Cerasi e Caravaggio, su tavola di cipresso. Con la morte del Cerasi, nel maggio 1601, a lavori appena iniziati, la vicenda si complica e nasce il mistero. I due dipinti, che dal 1605 sono nella cappella Cerasi, sono infatti su tela mentre le due versioni su cipresso, certamente dipinte prima da Caravaggio,  furono divise. L’iniziativa, posta sotto l’Alto Patronato del presidente della Repubblica italiana e con il patrocinio del Comune di Roma e dell’Associazione dimore storiche italiane, è frutto di una esemplare collaborazione tra istituzioni pubbliche, enti ecclesiastici e privati. (R.G.)

 

 

DOMANI A PAVIA LA FIACCOLA DEL DIALOGO DI SANT’AGOSTINO, BENEDETTA DAL PAPA L’1 NOVEMBRE. ACCESA IN ALGERIA, PATRIA DEL DOTTORE DELLA CHIESA, SARÀ POSTA NELLA BASILICA IN CUI SONO CUSTODITE LE RELIQUIE

DEL VESCOVO DI IPPONA

 

PAVIA. = Arriverà domani a Pavia la Fiaccola del dialogo fra le due sponde del Mediteranno di Sant’Agostino. Accesa il 23 ottobre in Algeria, a Souk Ahras, l’antica Tagaste dove il 13 novembre del 354 è nato il vescovo di Ippona, la fiaccola ha fatto tappa ad Annaba, Tunisi, La Valletta, Roma, Civitavecchia, Cagliari, Genova, Cassago Brianza, Milano, tutte città che hanno un legame con il dottore della Chiesa, o perché in queste ha vissuto o perché vi sono passate le sue reliquie. L’iniziativa, voluta dall’Ordine di Sant’Agostino, vuole far sì che l’esperienza umana e spirituale del noto presule africano costituisca un ponte tra le sponde del Mediterraneo e fra varie culture e religioni. Stasera, alle 21, il coro della Cappella Sistina, diretto da mons. Giuseppe Liberto, eseguirà un concerto. Domani, ad accogliere la fiaccola, nella cittadina lombarda, saranno il vescovo Giovanni Giudici, il sindaco Piera Capitelli e diversi rappresentanti di varie confessioni religiose. Alle 17, nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dove dall’VIII secolo sono custodite le spoglie di Sant’Agostino, si svolgerà una solenne cerimonia: dalla fiaccola del dialogo saranno accese 56 lampade votive dagli ambasciatori presso la Santa Sede dei Paesi nei quali è presente la famiglia agostiniana. Alle 18.30 sarà celebrata una solenne Messa Pontificale mentre domani, nel ricordo di tutti i santi agostiniani, l’Ordine di Sant’Agostino festeggerà i 750 anni dalla fondazione voluta da Alessandro IV. (T.C.)

 

 

IL RICORDO DI PAPA LUCIANI E’ QUANTO MAI VIVO NELLA CHIESA UNIVERSALE:

COSI IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, TARCISIO BERTONE, NEL SUO MESSAGGIO

PER LA CHIUSURA DELLA FASE DIOCESANA DEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE

DI GIOVANNI PAOLO I, CELEBRATA IERI NELLA CATTEDRALE DI BELLUNO

 

BELLUNO. = “Molte testimonianze dimostrano che il ricordo di Papa Luciani è quanto mia vivo sia in Italia che nella Chiesa universale e a maggior ragione nella terra veneta che gli diede i natali e dove egli servì il popolo di Dio”. E’ il messaggio del cardinale Tarciso Bertone, segretario di Stato, letto ieri pomeriggio nella cattedrale di Belluno, durante la cerimonia di chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione di Albino Lucani, presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre, mons. Giuseppe Andrich. “Per tutta la vita – ha ricordato il porporato –  egli diede prova di fede retta, di generosa carità e di singolari doti di catechista”. “L’abnegazione con cui volle sempre accogliere la volontà di Dio lo condusse ad accettare anche il gravoso incarico di successore di Pietro, al cui peso la sua salute già minata non poté resistere che poco più di un mese. E tuttavia - ha proseguito il cardinale Bertone - il suo sacrificio offerto con amore e cristiana letizia ha edificato la Chiesa in misura incalcolabile e rimane profondamente impresso nel cuore di tutti i cristiani e di tanti uomini di buona volontà”. Grande partecipazione dei fedeli al Rito - che ha coinciso con la Festa patronale di San Martino - giunto a tre anni dall'apertura della causa, avviata nel novembre del 2003 dall’allora vescovo mons. Vincenzo Savio.  Nella sua omelia, mons. Andrich ha posto in rilievo, tra le virtù di Papa Luciani, le sue capacità di “comunicatore straordinario”. “Sapeva interloquire da cuore a cuore, faceva parlare la persona che incontrava - ha detto - era attento e mostrava di avere vive nella memoria le vicende di ciascuno. Non spadroneggiava, ma coltivava le relazioni ponendo in primo piano la persona nella sua singolarità”. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

11 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada Serra -

 

Forti timori per possibili attentati in Europa nel periodo di Natale, 30 piani terroristici in Gran Bretagna e l’annuncio del capo di Al Qaeda in Iraq di voler distruggere la Casa Bianca. Sono alcune delle ultime, allarmanti minacce terroristiche rivelate da servizi di intelligence occidentali e diffuse da Siti integralisti islamici. Il nostro servizio:

 

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L’inquietante ombra del terrorismo di matrice islamica torna ad allungarsi su Europa e Stati Uniti: secondo diversi Servizi segreti occidentali, Al Qaeda starebbe preparando una nuova ondata di attentati da sferrare nel vecchio Continente durante il periodo di Natale in aeroporti e strutture ferroviarie. Manca al momento una prova dell’effettiva autenticità di questa trama terroristica ma alcuni elementi costituiscono preoccupanti indizi: secondo diversi analisti, Al Qaeda avrebbe cominciato, infatti, a ritirare sistematicamente suoi combattenti dall’Afghanistan e dal Pakistan. Il timore è che questi combattenti abbiano già raggiunto, o stiano per raggiungere, diversi Paesi europei. Il premier britannico, Tony Blair, ha avvertito ieri che il pericolo è reale: occorre combattere – ha detto Blair riferendosi ai gruppi terroristici presenti in Europa – “la propaganda velenosa che distorce le menti dei più giovani”. Poco prima, i Servizi segreti britannici avevano rivelato l’esistenza di 30 piani terroristici e annunciato che nel Regno Unito almeno 1600 persone, appartenenti ad oltre 200 gruppi eversivi, potrebbero essere coinvolte nella preparazione di attentati. Anche oltre Oceano il quadro è allarmante: in un messaggio diffuso ieri via Internet, il nuovo capo di Al Qaeda in Iraq ha annunciato nuovi attacchi contro gli Stati Uniti e minacciato di far saltare in aria la Casa Bianca per creare un califfato islamico mondiale. Nel messaggio, si annuncia anche che sono stati mobilitati almeno 12.000 combattenti per instaurare uno Stato islamico in Iraq.

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In Iraq, intanto, la violenza rimane all’ordine del giorno. Stamani, l’esplosione di due bombe in un mercato di Baghdad hanno causato la morte di almeno 6 persone e il ferimento di altre 32. Sempre nella capitale irachena, un commando di individui armati ha assassinato un alto ufficiale dei Servizi d’infor-mazione iracheni.

 

Il presidente afghano, Hamid Karzai, è favorevole alla proposta italiana di organizzare una Conferenza internazionale sull’Afghanistan. Lo ha detto il ministro degli Esteri D’Alema, arrivato stamani a Kabul. A Roma, intanto, sarà celebrata dal rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, una Santa Messa nella Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, in suffragio dei soldati italiani morti, esattamente tre anni fa a Nassiriya.

 

La comunità internazionale torna ad esprimersi sull’attacco israeliano di mercoledì scorso a Beit Hanun, nella Striscia di Gaza, costato la vita a 18 civili palestinesi: è atteso infatti per oggi il voto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su una bozza di risoluzione di condanna. Violenza e crisi politica scandiscono, intanto, il secondo anniversario della morte dello storico leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat. Ricordando il suo predecessore, il presidente Abu Mazen ha sottolineato oggi che non ci saranno “né pace, né sicurezza” fin quando durerà l’occupazione israeliana. Ma qual è, adesso, la situazione nei Territori Palestinesi? Luca Collodi lo ha chiesto al giornalista arabo cristiano, Charlie Abou Saada, raggiunto telefonicamente a Betlemme:

 

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R. – In questi ultimi quattro mesi abbiamo avuto circa 390 morti palestinesi. Nell’ultimo attacco di Gaza, a Beit Hanun, l’Esercito israeliano ha ammesso l’errore. La mira era sbagliata e questo non è accettabile. Noi denunciamo, quindi, l’uso eccessivo della forza contro i civili palestinesi. Purtroppo, le reazioni dopo il massacro sono state gravi. Ogni fazione, ogni partito palestinese, ha annunciato di voler vendicare la strage. Per quanto riguarda le reazioni dei cristiani al massacro, proprio l’altro ieri c’è stata una manifestazione di cristiani - preti, laici e anche diversi pellegrini - tenutasi nella piazza davanti al Santo Sepolcro di Gerusalemme. I manifestanti hanno protestato contro l’uso eccessivo della violenza da parte dell’Esercito israeliano. Una reazione molto più decisa è arrivata poi da Parigi, dove si trova il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, il quale ha condannato il massacro e l’uso delle armi ed ha detto: “Questo massacro sicuramente non aiuterà Israele e non darà allo Stato ebraico la sicurezza che vuole; né fermerà, dall’altra parte, il lancio dei razzi palestinesi nei territori israeliani”.

 

D. – Stiamo arrivando al Natale e Betlemme per la festa del Natale è un luogo di grande importanza. Proseguono i pellegrinaggi? Stanno aumentando i pellegrinaggi lì a Betlemme?

 

R. – Sì, grazie a Dio sono sempre in aumento e speriamo che siano sempre di più i pellegrini, che vengono soprattutto dall’Italia. Per quanto riguarda Betlemme ed il prossimo Natale, sono previsti qualche concerto di musica sacra e momenti di preghiera il 24, 25 e 26 dicembre. Purtroppo, gli ultimi quattro mesi sono stati duri per noi. Abbiamo avuto una piccola ondata di emigrazione di cristiani palestinesi all’estero. Quindi, viviamo nella città Santa, che ha vissuto duemila anni fa la nascita del bambino Gesù, ma gli abitanti di Betlemme - cristiani e musulmani - sono preoccupati di sopravvivere e di dare da mangiare ai loro bambini.

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E’ sempre più teso il clima anche nei Paesi Baschi, dove il processo di pace continua ad essere ostacolato da episodi di violenza. A Bilbao, alcuni cittadini hanno evitato un drammatico tentativo di aggressione nei confronti di un poliziotto. Il servizio di Ignacio Arregui:

 

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In Spagna, sale la tensione nell’ambito politico attorno allo stato attuale del processo di pace. Ieri, venerdì, si sono registrati nuovi incidenti di violenza per le strade, in alcune città dei Paesi Baschi, da parte di giovani radicali indipendentisti. L’episodio più grave si è registrato a Bilbao, dove alcuni sconosciuti hanno tentato di bruciare un agente della polizia municipale dopo aver versato benzina su di lui. L’intervento di alcuni cittadini ha evitato il peggio. Il leader del movimento illegale Batasuna ha affermato che lui sarebbe pronto ad intervenire personalmente presso i gruppi radicali per convincerli a rinunciare ad ogni forma di violenza per le strade. A Madrid, la vicepresidentessa del governo ha reagito affermando che nessuna forma di ricatto può essere accettata dal governo il quale farà la sua strada, sempre che ETA rinunci alla violenza. Rivolgendosi poi alla opposizione politica contraria all’attuale processo di pace, si è chiesto: “Possibile che qualcuno voglia la rottura del processo e che smettiamo di lavorare per la pace?”

 

Dalla Spagna, Ignacio Arregui, per la Radio Vaticana.

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Non sembra avere fine la spirale di violenza nello Sri Lanka: almeno 30 persone hanno perso la vita, ieri, nel corso di una battaglia navale tra la Marina dello Sri Lanka e alcune imbarcazioni dei ribelli tamil sulle coste orientali dell’isola. Altre due persone di etnia tamil sono state uccise, nella tarda giornata, in due differenti agguati. Il presidente del Paese asiatico, Mahlinda Rajapakse, ha condannato le violenze, affermando che simili azioni limitano il pluralismo politico che dovrebbe caratterizzare una società democratica. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha lanciato un appello per mettere fine all’ondata di attacchi che sta insanguinando lo Sri Lanka, martoriato da più di vent’anni di guerra civile.

 

Procedere verso la creazione di un “Parlamento asiatico”, analogo a quelli esistenti in Europa, Africa e America Latina: con questo obiettivo si apre domani, a Teheran, la VII Assemblea dei Parlamenti asiatici per la pace, organizzata dall’omonima associazione. L’incontro vedrà la presenza dei rappresentanti delle Camere di più di 30 Paesi del Continente. Parteciperanno delegazioni di importanti Stati islamici, tra cui Arabia Saudita, Siria e Libano. 

 

Dieci militari morti e 21 rimasti feriti: è il bilancio, non ha ancora ufficiale, di un’imboscata tesa, in Algeria, contro alcuni militari che stavano perlustrando una foresta nei pressi di Lakhdaria, a est di Algeri. L’attacco è avvenuto giovedì ma è stato reso noto solo oggi dalla stampa locale. Secondo gli inquirenti, l’attacco è stato compiuto da una falange del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, sospettato di avere legami con Al Qaeda.

 

Sembra raggiunta una prima intesa tra corti islamiche e Parlamento nazionale in Somalia. Dopo il fallimento dei negoziati di due settimane fa a Karthoum, ieri la delegazione delle Corti e quella guidata dal presidente del Parlamento, Sharif Hassan Sheikh Aden, hanno deciso di riprendere i negoziati e di porre fine ad ogni atto ostile che possa aggravare la situazione nel Paese. Rimane però incerta l’approvazione, da parte del governo provvisorio, del testo stilato dalle due delegazioni. Aden rappresenta infatti l’ala più aperta al dialogo, mentre la linea del presidente della Repubblica ad interim Abdulahi Yusuf e del premier Ali Gedi è sicuramente più intransigente. Intanto, ieri mattina un corteo pacifico di donne ha sfilato per le strade di Baidoa per sottoporre all’attenzione della comunità internazionale e supportare il debole governo provvisorio.

 

Diverse esplosioni si sono registrate questa mattina a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Al momento, non si ha notizia di morti. Lo hanno riferito fonti della missione di pace delle Nazioni Unite presenti nel Paese africano. Alcuni colpi di mortaio sono risuonati anche nei pressi della residenza dell’attuale vice-presidente Jean Pierre Bemba, candidato alle elezioni presidenziali, che si sono tenute il 29 ottobre scorso e i cui risultati definitivi non sono ancora stati annunciati. Contemporaneamente, si sono verificati scontri tra militari alleati del vice-presidente e la Guardia repubblicana fedele al presidente Joseph Kabila. Quest’ultimo, in base ai risultati elettorali provvisori, sarebbe in vantaggio con il 60 per cento dei voti. Sempre oggi, Bemba ha denunciato gravi irregolarità nelle operazioni elettorali, che riguarderebbero circa un milione di voti.

 

 

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