RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 314 - Testo
della trasmissione di venerdì 10 novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Italia, due persone su tre che si rivolgono ai centri
ascolto Caritas hanno problemi economici
Conclusasi
oggi ad Olbia, in Sardegna, l’Assemblea dei Superiori Maggiori d’Italia (CISM)
Sono 150 mila i morti in Iraq, secondo il Ministero
della sanità iracheno, dall’inizio della guerra.
10 novembre 2006
IN
UDIENZA DA BENEDETTO XVI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI CIPRO,
PAPADOPOULOS.
L’ATTUALITA’ INTERNAZIONALE E L’INTEGRAZIONE EUROPEA,
TRA I
TEMI DEL COLLOQIO. SODDISFAZIONE DELLA SANTA SEDE
PER LA LIBERTA’ GODUTA
DAI CATTOLICI LOCALI
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Lo stato attuale della Repubblica di Cipro alla luce dei
più recenti fatti internazionali, con uno sguardo particolare alla situazione
delle comunità cristiane e cattoliche. Sono gli argomenti che hanno fatto da
filo conduttore all’udienza concessa questa mattina da Benedetto XVI al
presidente della Repubblica cipriota, Tassos Papadopoulos. Nei venti minuti di “cordiali colloqui” -
informa un comunicato della Sala stampa vaticana - c’è
stato “uno scambio di informazioni e di opinioni sull’attuale situazione di
Cipro e sulle prospettive future”, anche alla luce “dell’impegno della comunità
internazionale”. Particolare attenzione, si legge ancora, è stata riservata
“alle condizioni in cui vivono ed operano le varie comunità cristiane
dell’isola e rilevando con soddisfazione la libertà di cui godono i fedeli
cattolici”.
Altro tema di dialogo tra il
Papa e il presidente cipriota ha riguardato l’integrazione del continente
europeo e, particolarmente, “il dialogo fra le culture e le religioni, che
favorisca il reciproco avvicinamento”. “Non si è mancato, infine - conclude il
comunicato - di evocare aspetti della situazione internazionale e, in
particolare, l’accoglienza riservata dalla Repubblica di Cipro ai profughi in
occasione del recente conflitto in Libano”. Terminato l’incontro con Benedetto
XVI, il presidente Papadopoulos si è intrattenuto a
colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone.
NON AVERE PAURA DI CONFRONTARSI CON UNA SOCIETA’ SECOLARIZZATA:
E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI AD UN GRUPPO
DI VESCOVI TEDESCHI, IN VISITA AD LIMINA. IL PAPA HA SOTTOLINEATO CHE, FORTI
DELLA PROPRIA SPERANZA,
I CRISTIANI DEVONO SAPER DIALOGARE CON I
CREDENTI DELLE ALTRE RELIGIONI, A PARTIRE DAI MUSULMANI
- A
cura di Gloria Fontana e Alessandro Gisotti -
La Chiesa tedesca deve rendere visibile “la forza e la
bellezza delle fede cattolica” di fronte alla “grande
sfida posta dal perdurante processo di secolarizzazione”: è l’esortazione che Benedetto
XVI ha rivolto stamani ad un gruppo di presuli tedeschi, ricevuti in Vaticano
in occasione della Visita ad Limina. Il Papa ha
ricordato le due visite nella sua terra natale, a Colonia per la GMG e in
Baviera, lo scorso settembre. Quindi, ha ribadito che i cristiani, forti della
speranza del Vangelo, devono saper dialogare con gli appartenenti alle altre
religioni, a partire dai fedeli musulmani. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
I cristiani non devono avere paura “di un confronto
spirituale con una società dietro la cui apparente superiorità intellettuale si
nasconde in realtà un certo sgomento di fronte alle domande ultime dell’esistenza”.
E’ l’esortazione di Benedetto XVI ai presuli tedeschi, chiamati dal Papa ad
affrontare coraggiosamente come una “sfida provvidenziale” la situazione di una
“cultura dominata dalla secolarizzazione” che la Germania
condivide con tutto il mondo occidentale. Una condizione, ha rilevato il
Pontefice, “nella quale Dio tende a scomparire sempre più dalla coscienza pubblica”, mentre “l’unicità dell’immagine di Cristo
sbiadisce e i valori formati alla tradizione ecclesiale perdono sempre più
efficacia”. Per il fedeli, ha detto il Papa, diventa
dunque “sempre più difficile ed aumenta la varietà di scelta nei progetti di
vita e nei modi di vivere”. Di qui, lo “scoraggiamento” e la “rassegnazione” di
molti fedeli. Atteggiamenti, ha avvertito il Papa, che “impediscono la
testimonianza del Vangelo di Cristo che libera e salva”.
D’altro canto, ha
proseguito, “molti tornano ad interrogare e a guardare con speranza il
messaggio cristiano e si aspettano da noi risposte convincenti”. E la Chiesa,
ha ribadito, ha risposte che si sono dimostrate valide “nelle discussioni
spirituali di due millenni”. La loro valenza, ha aggiunto il Papa, è “duratura”
perché attinge dal “Vangelo del logos diventato
Uomo”. Rafforzati da questa coscienza, ha spiegato, i cristiani sono in grado
di “affrontare in dialogo chiunque” li interroghi “sul motivo della speranza
che riempie” tutti noi. E ciò, ha precisato, “vale anche per i nostri rapporti
con gli appartenenti ad altre religioni, soprattutto con quei tanti musulmani
che vivono in Germania”, verso i quali “ci poniamo con rispetto e benevolenza”.
I musulmani, ha affermato, “che con tanta serietà rimangono attaccati alle loro
convinzioni ed ai loro riti, hanno il diritto alla nostra umile e determinata
testimonianza di Gesù Cristo”.
Benedetto XVI ha riconosciuto che “per rendere questa
testimonianza in maniera credibile” è “necessario un grande impegno”. Per
questo, ha auspicato che “in quei luoghi in cui esiste una numerosa popolazione
musulmana, siano a disposizione interlocutori cattolici con le indispensabili
conoscenze linguistiche e di storia religiosa, che li mettano in grado di affrontare
un dialogo con i musulmani”. D’altra parte, è stato il suo avvertimento, “è
chiaro che un tale dialogo presupponga, innanzitutto, una profonda conoscenza
della propria fede cattolica”.
Ha così rivolto il pensiero ad un tema particolarmente a
cuore ai fedeli: il rapporto tra sacerdoti e laici “nel compimento della
missione della Chiesa”. Nella nostra cultura secolare, ha detto Benedetto XVI
“ci rendiamo conto sempre più di quanto sia importante, la collaborazione
attiva dei laici per la vita della Chiesa”. Tuttavia, ha proseguito, proprio
“perché la testimonianza attiva dei laici è così importante, è anche importante
che i ruoli specifici dei diversi carismi non siano confusi”. Di fronte alla
“richiesta da parte dei laici di esercitare ruoli di guida in ambito
pastorale”, il Papa ha sottolineato che “non dobbiamo discutere le questioni
che ne derivano soltanto alla luce dell’opportunità pastorale”, perché in
questo caso “si tratta di verità della fede e più precisamente della struttura
sacramentale e gerarchica della Chiesa, istituita da Gesù Cristo”. Solo il
Sacramento dell’ordinazione, ha avvertito, “abilita il beneficiario a parlare
ed agire in persona Christi”.
Il Papa si è così soffermato sull’insegnamento della
religione e sulla formazione dei cattolici adulti. Ambiti, ha sottolineato, che
richiedono un’attenzione particolare da parte dei vescovi. In particolare,
Benedetto XVI ha sottolineato che la capacità di rendere accessibile “l’unità e
la comprensione dei contenuti della fede è un aspetto determinante
nell’approvazione dei libri di testo per l’insegnamento della religione”. Non
meno importante, ha proseguito, è la “fedeltà degli insegnanti alla fede della
Chiesa e alla loro partecipazione alla vita liturgica e pastorale delle parrocchie”.
Il Papa ha poi messo l’accento sull’importanza di una adeguata formazione nei seminari, soprattutto in un
tempo nel quale i candidati al sacerdozio “non vengono più da un ambiente tradizionale
cattolico”. Proprio dalla formazione dei sacerdoti, è stata la riflessione del
Papa, dipende sostanzialmente “la trasmissione integrale e autentica della
fede”. Ha così ribadito che la “fedeltà al depositum fidei, come presentato dal Magistero
della Chiesa, rappresenta il presupposto imprescindibile per una ricerca ed un
insegnamento teologici seri”. Il Papa non ha poi mancato di richiamare
l’attenzione dell’episcopato tedesco sull’Università cattolica di Eichstätt-Ingolstadt, che ha detto “dovrebbe essere
riconosciuta come impegno comune di tutte le diocesi tedesche” e non solo di
quelle bavaresi.
**********
IN UN COMUNICATO DELLA SALA STAMPA VATICANA,
I TEMI
PRINCIPALI DELLA VISITA AD LIMINA DEI PRESULI SVIZZERI, CONCLUSA
IERI
- A
cura di Roberta Gisotti -
Si è conclusa ieri pomeriggio la visita ad
Limina dei vescovi della Svizzera, iniziata martedì
scorso, durante la quale i presuli elvetici hanno incontrato il Santo Padre ed
i capi di alcuni Dicasteri della Curia Romana. In un clima di “vero affetto
collegiale” sono stati affrontati “in franco dialogo e in spirito di
collaborazione” - riferisce una nota della Sala stampa – “alcuni
temi riguardanti la vita e la situazione della Chiesa in Svizzera e altrove”. In particolare, si è trattato dell’unità dei vescovi tra loro e con
il Papa; dei vescovi maestri di fede e dei maggiori problemi dottrinali e
pastorali delle diocesi svizzere; della comunione col vescovo, del ruolo del
sacerdote nella parrocchia e nelle unità pastorali e degli assistenti
pastorali; dei Seminari e delle Facoltà e Scuole superiori di Teologia nella
missione della Chiesa; del rinnovamento liturgico e dell'osservanza della
disciplina; del Motu Proprio “Misericordia Dei” per un rilancio
della pastorale penitenziale; delle Corporazioni ecclesiastiche di Diritto
pubblico e di ecumenismo.
Da parte loro, i vescovi svizzeri hanno rivelato “con
chiarezza il desiderio comune” “di affrontare le sfide odierne con speranza,
con responsabilità e con coraggio, in fiduciosa collaborazione all'azione di
Dio in atto nel cuore degli uomini e delle donne”. In chiusura, le parole
dell’arcivescovo mons. Amédée Grab,
presidente uscente della Conferenza episcopale che, a
nome dei confratelli, ha ringraziato il Santo Padre ed i suoi collaboratori per
queste giornate, esprimendo “speciale gratitudine” per i tre interventi di
Benedetto XVI.
IL
DRAMMA DELLA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE NEGATA, TEMA ISPIRATORE DELLA
DECIMA
EDIZIONE DEL FESTIVAL DEL CINEMA SPIRITUALE “TERTIO MILLENNIO”,
CURATO
DALL’ENTE DELLO SPETTACOLO E DA DICASTERI VATICANI
-
Interviste con il cardinale Paul Poupard
e l’arcivescovo John P. Foley
-
Presentata presso la sede del Pontificio Consiglio della
Cultura la decima edizione del Festival Internazionale del Cinema Spirituale “Tertio Millennio”, promossa dall’Ente dello Spettacolo, in
collaborazione con due Dicasteri della Santa Sede e la Filmoteca
Vaticana. Si svolgerà a Roma dal 14 al 19 novembre, esplorando un tema
originale della cinematografia, ossia quella “cospirazione del silenzio” intesa come dramma della parola negata e della voce
soffocata che il cinema non ha mai cessato di denunciare con coraggio. Il
servizio di Luca Pellegrini.
**********
Decima edizione in Italia; seconda in Messico, a Guadalajara e prima in Slovenia, a Lubiana: il Festival del
Cinema Spirituale “Tertio Millennio” allarga le sue vedute non solo in campo cinematografico ma
geografico, per rispondere alla richiesta di un cinema autenticamente
spirituale capace di interrogarsi sull’uomo, i suoi percorsi interiori, le sue
sfide esteriori. Anche quest’anno sono quattro i momenti del Festival: un
convegno internazionale dedicato a “La cospirazione del silenzio” – ossia
sguardi e riflessioni su quel cinema che racconta storie, drammi e speranze di
chi non ha voce e non gode di libertà – un concorso dedicato ai corti, i premi
internazionali e una rassegna con alcune interessanti anteprime, dedicate ad un
cinema ispirato oppure, a vario titolo, propositivo. Tutto questo, in un momento
in cui il dialogo è divenuto termine estremamente attuale e problematico:
dialogo interreligioso e dialogo interculturale. Al cardinale Paul Poupard, presidente del
Pontificio Consiglio della Cultura e di quello del Dialogo interreligioso, abbiamo
chiesto in qual modo il cinema sia oggi strumento utile ed insostituibile per
rafforzare e diffondere questi due “dialoghi” così determinanti per il nostro
futuro:
R. – Sì, perché la società di oggi si potrebbe dire che è
immersa in una cultura dell’immagine. Il cinema ha una importanza
enorme e se questo cinema in alcune delle sue produzioni è capace per il suo
linguaggio, che è originale e insostituibile, di muovere insieme l’intelletto e
il cuore e quindi tutta la persona, è
allora capace anche di aiutare a far comunicare i mondi – se così si può dire –
delle culture e delle religioni.
Mons. John P.
Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni sociali, ha da sempre creduto nel progetto e nelle buone
intenzioni del Festival, come ribadisce ai nostri microfoni:
R. – Il nostro dicastero cerca da sempre di promuovere
questo dialogo con il mondo del cinema e, allo stesso tempo, di fornire gli
strumenti utili al pubblico per una analisi critica e
matura dei contenuti cinematografici e con particolare attenzione ai bambini e
ai giovani. Il cinema, infatti, è uno strumento privilegiato della
comunicazione sociale, di diffusione capillare e di grande impatto proprio
perché utilizza il linguaggio delle immagini, che sono in grado di abbattere le
barriere linguistiche e culturali.
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI ai
vescovi della Conferenza Episcopale della Repubblica Federale di Germania.
Servizio estero - L'intervento della Santa Sede
all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul tema della cultura della pace:
"La pace è innanzitutto una cultura e poi una rete di relazioni
pacifiche tra le Nazioni ancorata al sistema di regole e di meccanismi
del diritto internazionale".
Stati Uniti: Bush pronto
a ridiscutere le modalità dell'impegno militare in Iraq.
Servizio culturale - Un articolo di Francesco
Licinio Galati dal titolo "La misteriosa energia
che aiuta a guarire": tradotto il romanzo "La sorella" di Sandor Marai.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
=======ooo=======
10 novembre 2006
DI
FRONTE AD UNA CRISI IDRICA GLOBALE, CHE MINACCIA LO
SVILUPPO DEI POPOLI, L’ONU CHIAMA GLI STATI A PROVVEDERE CON POLITICHE ISPIRATE
A PRINCIPI
DI
EQUITA’, PER GARANTIRE A TUTTI IL DIRITTO ALL’ACQUA,
NON PIU’ CAUSA DI GUERRE MA MOTIVO DI COOPERAZIONE
PER
-
Intervista con Stefano Pettinato -
Le prospettive dello sviluppo umano, all’inizio del XXI secolo,
appaiono minacciate da una crisi idrica globale crescente. A lanciare l’allarme
è il Programma dell’ONU per lo sviluppo, nel Rapporto annuale presentato ieri:
500 pagine dedicate a “L’acqua tra potere e povertà”. Un miliardo e 100 milioni
di persone, vale a dire 1 abitante del Pianeta su 6 manca di acqua potabile e 2
miliardi e 600 milioni non dispongono di servizi igienico-sanitari. Il Rapporto ci rivela però che
l’acqua non scarseggia e che la causa originaria di questo dramma è da
ricercare nella povertà, nella disuguaglianza e nell’insipienza delle politiche
idriche degli Stati. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Stefano
Pettinato, dirigente dell’UNDP a New York:
**********
R. – A livello fisico, c’è abbastanza acqua per tutti. Il
problema fondamentale non è tanto nella quantità di acqua quanto nell’accesso,
nell’esclusione da quell’acqua che sì, esiste. E’ ovvio
che, geograficamente, l’acqua è mal distribuita, ma ciò anche per decisioni
politiche che hanno fatto sì che l’acqua vada in alcune
direzioni e favorisca alcune comunità contro altre. Quindi, in questo caso, si
parla di scelte politiche che in molti casi sono state sbagliate.
D. – L’UNPD come si pone nel dibattito, molto acceso in
questi ultimi anni, sulla privatizzazione dell’acqua?
R. – Se si ricorda, negli anni ’90 c’era il consenso di
Washington che diceva che bisognava privatizzare, che bisognava liberalizzare
tutto. Noi assolutamente cerchiamo di evitare quel tipo di formule,
indipendentemente dal merito di quello che si diceva allora. Quello che
sosteniamo nel Rapporto è che uno dei principi di azione è di considerare un
po’ tutte le soluzioni possibili, lo spettro delle soluzioni. Quindi, cosa vuol
dire privatizzare? Vuol dire avere un elemento di diritto privato nella gestione
delle risorse idriche? Si può considerare. Vuol dire dare in mano al diritto
privato tutta la gestione e la distribuzione dell’acqua in un Paese o in una
città? Assolutamente no. Quindi, ci sono problemi di
equità, che sono fondamentali perché spesso massimizzare i profitti non vuol
dire arrivare alle comunità più lontane che non hanno acceso all’acqua. C’è
quindi un ruolo chiave, fondamentale per lo Stato, e ci può essere un ruolo per
il settore privato quando lo Stato abbia la capacità
di regolare e mantenere l’equità.
D. – Per quanto riguarda invece il problema dell’acqua,
motivo annoso di conflitti in tutto il mondo - soprattutto in Medio Oriente -
nel Rapporto si dice però che in realtà ci sono dei miglioramenti nella
collaborazione di condivisione di questo bene fra molti Paesi…
R. – Un altro cliché un po’ da sfatare è vedere l’acqua
solo come fonte di guerra. L’acqua in molti casi è una fonte di conflitto,
basti pensare ad un fiume che passa attraverso quattro Paesi: se il primo Paese
su cui passa il fiume, blocca l’acqua, abbiamo dei problemi. Però l’acqua può
essere anche un pretesto di cooperazione tra Paesi in conflitto. Lavorare
sull’acqua come risorsa comune - comprendendo che è nell’interesse di tutti far
fluire l’acqua e garantire accesso all’acqua per tutti - può essere un motivo
per sedersi ad un tavolo e collaborare sull’acqua ma anche su altri problemi
che siano alla radice di quel conflitto. Basti pensare
che ci sono molti più Trattati internazionali o bilaterali tra Paesi che hanno a
che vedere con l’acqua, che non guerre sull’acqua. Questo ci deve far pensare
all’acqua come strumento per la cooperazione e per la pace.
D. – Il Rapporto ci dice pure che investire nell’acqua
porterebbe benefici quattro volte superiori. Si dice che se fossero
investiti 10 miliardi di dollari, potrebbero fruttare 38 miliardi di
dollari. Quindi, aiutare i più poveri conviene a tutti, in definitiva…
R. – Certo, la soluzione della crisi dell’acqua può
portare benefici in molti altri settori economici, sociali.
D. – Su questo tema c’è l’attenzione necessaria da parte
dei Paesi?
R. – L’attenzione c’è. Il problema non è l’attenzione ma
l’azione: non c’è l’intervento, non c’è il compromesso concreto a fare
qualcosa, non parlo solo dei Paesi che hanno problemi di acqua, parlo di tutta
la comunità internazionale.
**********
LA PRESENZA VIVA DELLA CHIESA NEL TESSUTO SOCIALE,
SPECIALMENTE
FRA GLI IMMIGRATI, ANTITODO AL DIFFONDERSI
DELLE
SÈTTE RELIGIOSE. IL TEMA DIBATTUTO IN DUE INCONTRI PARALLELI
A ROMA E BOLOGNA, PROMOSSO DALLA CARITAS E
DALLA CEI
-
Intervista con il vescovo Luigi Negri -
Riflettere e offrire spunti operativi alle Chiese locali
sul fenomeno, sempre più diffuso, dei movimenti religiosi alternativi tra gli
immigrati: è questo lo scopo di un seminario che si è tenuto ieri
contemporaneamente, in videoconferenza, a Roma e a Bologna. L’incontro è stato
organizzato dalla Conferenza episcopale italiana e dalla Caritas,
in collaborazione con il Gruppo di ricerca e informazione religiosa (GRIS). Si
tratta del secondo appuntamento sul tema, dopo un incontro tenutosi a Verona
nel maggio scorso. In Italia, sono attualmente presenti circa 700 movimenti
religiosi alternativi e più di 100 sètte, molti dei quali importati
dall’estero. Tra i gruppi più attivi fra gli immigrati troviamo i testimoni di Geova, gli evangelici, gli avventisti e i pentecostali. Ma
quali sono le sfide che la diffusione di questi movimenti pone alla Chiesa
cattolica? Ada Serra lo ha chiesto a mons. Luigi Negri,
vescovo di San Marino-Montefeltro:
**********
R. – Io penso che sia una sfida radicale: è una sfida per
certi aspetti analoga ai grandi momenti gnostici che si sono succeduti nel
corso della storia della Chiesa. Ci troviamo di fronte ad un tentativo di
tradurre qualsiasi esperienza di religiosità in termini di pura emozionalità.
Ci troviamo di fronte ad uno svuotamento dell’avvenimento cristiano ed una sua
sostituzione con una serie di emozioni che sono del tutto
incontrollabili oppure controllabilissime.
D. – Quali sono i motivi che spingono i migranti, in
particolare, ad avvicinarsi a questo tipo di realtà?
R. – E’ lo stesso motivo per cui
sono fiorite le Chiese avventiste o i Mormoni o i Testimoni di Geova. Cioè: io penso che, sradicati dal loro ambito,
portati in città che sono fortemente “esclusive”, gli immigrati si sentano
davvero emarginati. Quel senso di emarginazione, di frustrazione si pensa possa
essere colmato da impegni di carattere eminentemente psicologico e affettivo.
D. – Quali sono le risposte che la Chiesa può dare di
fronte alla diffusione di tali fenomeni?
R. – Ce n’è una sola: che la Chiesa ricominci a essere una
presenza viva e che viva la sua missione. E nella sua missione deve essere
compreso il dialogo con queste “persone”: noi non dobbiamo dialogare con la
sètta in genere, come non si doveva dialogare con l’ideologia in genere.
Bisogna farsi carico del confronto con le persone che partecipano a questo tipo
di esperienza, analogamente a quelle che hanno partecipato a militanze di
carattere ideologico. L’azione che fa il GRIS è pregevolissima, è lodevole, la
sensibilità sta crescendo. La diocesi di Modena ha pubblicato una nota
pastorale sul problema delle sètte, dei satanismi eccetera. Perché poi ci
sarebbe da aprire la pagina terribile, dal punto di vista delle pressioni sulla
psicologia, addirittura sulla fisicità, di tutte le sètte sataniche che sono
ormai una costellazione gravissima. Comunque, l’unico problema che abbiamo è di
essere noi stessi, di annunciare Gesù Cristo a questa gente, sperando che nel
confronto tra il nulla in cui si dibattono - perché in fondo le sètte sono un
modo di travestimento del nulla - e l’avvenimento di Cristo abbiano la capacità
di decidere.
**********
=======ooo=======
10 novembre 2006
RESISTERE
ALLA TENTAZIONE DI UNA RELIGIONE “À
È
L’INVITO DEL PRESIDENTE DELL’EPISCOPATO FRANCESE, IL CARDINALE RICARD,
NEL
DISCORSO CONCLUSIVO DELLA PLENARIA DEI VESCOVI DI FRANCIA.
ESPRESSO
IL DESIDERIO DI RICONCILIAZIONE CON I SEGUACI DI MONS.
LEFEBVRE
- A cura di Roberta Moretti -
LOURDES. = “Una diversità è
possibile. Ma questa deve essere regolata”: così, il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo
di Bordeaux e presidente della Conferenza episcopale di Francia, che ieri a Lourdes
ha pronunciato il discorso conclusivo dell’Assemblea plenaria dei vescovi
francesi. Esprimendo la “profonda comunione” con Benedetto XVI, il porporato ha
sottolineato che l’episcopato di Francia condivide “la sua preoccupazione di lavorare
all’unità della Chiesa”, offrendo “un cammino di riconciliazione con i seguaci
di mons. Lefebvre”, che conservano
APPROVATA
IERI, A CITTÀ DEL MESSICO, UNA LEGGE CHE RICONOSCE
LE
UNIONI CIVILI FRA OMOSESSUALI. PRONTA LA REAZIONE DELLA CHIESA LOCALE
- A
cura di Luis Badilla -
**********
CITTA’ DEL MESSICO.
= “Quando il valore della famiglia è minacciato a causa di pressioni
sociali ed economiche,
**********
CONDANNATI A MORTE, IN BANGLADESH, DUE
MILITANTI ISLAMICI
PER L’OMICIDIO DI UN MUSULMANO CONVERTITO AL CRISTIANESIMO
DACCA. = Si chiamano Hafez Mahmud e Mohammad Salauddinn i due militanti islamici, appartenenti al gruppo
Jamaatul Mujahideen Bangladesh (JMB), condannati a morte per
impiccagione ieri in Bangladesh, per l’assassinio di
un uomo convertito al cristianesimo. L’omicidio risale al settembre
2004: Abdul Gani Gomes, cristiano da oltre 15 anni, stava tornando a casa,
quando è stato aggredito da quattro attivisti, tra cui Mahmud
e Salauddinn. Come riferisce l’agenzia del PIME, AsiaNews, la pena capitale è stata pronunciata da una corte
della capitale, Dacca, con procedimento abbreviato. I
due militanti sono stati giudicati “colpevoli di omicidio premeditato”. Mahmud e Salauddinn hanno
confessato di aver ucciso l’uomo perché aveva abbandonato l’Islam. Secondo la
stampa locale, invece, il cristiano aveva “irritato” i due killer con le sue
attività di evangelizzazione. Il gruppo JMB aspira a trasformare il Bangladesh da democrazia laica a regime islamico con
l’introduzione della sharia.
Al JMB, il governo ha attribuito le 500 esplosioni coordinate avvenute in
diversi luoghi del Paese il 17 agosto
IN ITALIA, DUE PERSONE SU TRE CHE SI RIVOLGONO AI CENTRI
ASCOLTO CARITAS
HANNO PROBLEMI ECONOMICI: LO RIFERISCE IL SESTO RAPPORTO CARITAS
SULLA POVERTÀ E L’ESCLUSIONE SOCIALE
ROMA. = Due persone su
tre che si rivolgono ai centri ascolto della Caritas
Italiana hanno problemi economici: lo riferisce il sesto Rapporto sulla povertà
e l’esclusione sociale della stessa Caritas,
realizzato in collaborazione con
OGGI POMERIGGIO, NELLA CATTEDRALE DI BELLUNO, IN VENETO,
LA CERIMONIA DI CHIUSURA DELLA FASE DIOCESANA DEL PROCESSO DI
BEATIFICAZIONE DI PAPA ALBINO LUCIANI
BELLUNO. = La data che
la diocesi di Belluno-Feltre ha voluto scegliere è
quella della ricorrenza del proprio Santo patrono, San Martino: è per questo
che oggi alle 18.00, in occasione dei primi vespri della festa patronale, nella
Cattedrale della città veneta verrà chiusa
solennemente la fase diocesana della causa di Beatificazione di uno dei figli
illustri di questa terra, Papa Luciani. Un processo
aperto il 23 novembre del 2003 dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi. Nato a Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), ai piedi delle Dolomiti bellunesi,
il 17 ottobre 1912, ordinato sacerdote il 7 luglio 1935, Albino lucani viene nominato vescovo di Vittorio Veneto da Giovanni XXIII
il 15 dicembre 1958 e 11 anni dopo, il 15 dicembre 1969, Papa Paolo VI lo
nomina Patriarca di Venezia. Il 26 agosto 1978 viene
eletto al Soglio Pontificio assumendo il nome di Giovanni Paolo I. Muore 33 giorni
dopo, passando alla storia come “il Papa del sorriso”. Il canto dei Vespri
introdurrà oggi pomeriggio la sessione conclusiva del
tribunale, presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre,
mons. Giuseppe Andrich. Saranno proposti, oltre agli
interventi del postulatore, don Enrico Dal Covolo, e del vice postulatore, mons. Giorgio Lise, un’antologia degli
scritti sulla santità usciti dalla penna di Albino Luciani.
La cerimonia prevede
che tutti i plichi che contengono gli atti dell’ascolto dei testimoni, i documenti
inediti raccolti e quanto altro esaminato dal Tribunale in questi tre anni di
lavoro, siano alla vista degli astanti: successivamente saranno chiusi, vi sarà
apposto il sigillo vescovile e poi saranno recapitati alla Congregazione per le
Cause dei Santi cui sara' ora affidato l'esame della
beatificazione. All'uscita dalla Cattedrale, saranno
distribuiti i santini con la preghiera che mons. Andrich
ha composto per la beatificazione, che contengono anche una piccola reliquia
ottenuta dalle vesti di Papa Giovanni Paolo I. (R.M.)
PUNTARE SULLA QUALITÀ DELLA FORMAZIONE PER DIVENTARE AUTENTICI TESTIMONI
DI
CRISTO NEL MONDO: QUESTO, L’IMPEGNO ASSUNTO DAI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DEI
SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA (CISM),
CONCLUSASI
OGGI A OLBIA, IN SARDEGNA
- A
cura di Mimmo Muolo -
**********
OLBIA. = Formare è costruire il futuro. Specie per le
Congregazioni dei religiosi d’Italia, che devono fare i conti con il
progressivo invecchiamento degli attuali consacrati e con la riduzione del
numero di quanti scelgono di entrare in convento. Per questo, l’Assemblea della
CISM, i superiori maggiori d’Italia, conclusasi oggi a Olbia, ha messo
l’accento sulla qualità di una formazione che deve permettere ai nuovi
religiosi di diventare autentici testimoni di Cristo nel mondo. Partendo dal
messaggio inviato dal Papa, che indicava proprio in Gesù Buon Pastore il
modello di ogni educazione spirituale e culturale, il presidente della CISM,
don Alberto Lorenzelli, ha tirato stamattina le somme
del lavoro di cinque giorni di riflessione e dibattito, sottolineando
soprattutto la dimensione comunitaria dell’iter formativo dei giovani che
entrano in comunità. Superiori maggiori, equipe educative, l’intera comunità
che accoglie il candidato alla vita religiosa devono interagire tra di loro, in maniera il più possibile sinergica. Come ha
detto nei giorni scorsi il prefetto della Congregazione per
**********
ATTESE, LUNEDI A
POMPEI, DECINE DI MIGLIAIA DI FEDELI
PER IL 131. MO ANNIVERSARIO DELL’ARRIVO DEL QUADRO
DELLA VERGINE
DEL ROSARIO, PER MANO DEL BEATO BARTOLO LONGO
- A cura di Giovanni Peduto -
POMPEI. = Sarà celebrato lunedì
prossimo il 131.mo anniversario dell’arrivo del
quadro della Vergine del Rosario a Pompei, portato dal Beato Bartolo Longo, il 13 novembre del 1875. Come ogni anno, l’icona
sarà sistemata davanti all’altare e posta alla venerazione dei fedeli. L’evento
vedrà sfilare decine di migliaia di persone di diversa provenienza, accomunate
dalla fede e dalla devozione alla Vergine di Pompei, in silenzio e
consapevolezza, attraverso il percorso allestito per l’occasione da piazza Bartolo Longo all’ingresso
della Basilica. Un filo simbolico unirà i fedeli in marcia verso la sacra
immagine e la preghiera li accompagnerà, passo dopo passo, fino alla fine del
percorso, dove ad attenderli ci sarà
=======ooo=======
10 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Ada
Serra -
In Medio Oriente, massimo stato di allerta in Israele per
il timore di attentati dopo la strage di Beit Hanun, costata la vita mercoledì scorso a 18 palestinesi.
Il premier israeliano, Ehud Olmert,
che ieri ha parlato di “errore tecnico” riferendosi alla strage, ha chiesto al
presidente palestinese, Abu Mazen,
di tornare al tavolo dei negoziati. Sulla strage avvenuta nella Striscia di
Gaza si sono pronunciate anche le Nazioni Unite. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
**********
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha tenuto, ieri, una
riunione di emergenza per discutere dell’uccisione di 18 palestinesi da parte
delle forze israeliane nella città di Beit Hanun, nella Striscia di Gaza. L’incontro era stato
richiesto dal Qatar, unico Paese arabo presente nell’organismo. Il
rappresentante palestinese al Palazzo di vetro ha definito l’azione come
“terrorismo di Stato”, aggiungendo che si tratta di crimini di guerra che
andrebbero giudicati in base alla legge internazionale. Il collega israeliano
ha risposto di essere molto dispiaciuto per la perdita di vite umane, ma ha
addossato la responsabilità su Hamas dicendo che
l’incidente non sarebbe avvenuto se gli assalti contro il suo Paese fossero
stati fermati. Gli Stati Uniti, dopo aver compianto le vittime, hanno sostenuto
il diritto di Israele a proteggere i suoi cittadini. Il segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
ha richiamato, tramite una sua rappresentante, entrambe le parti al rispetto
delle leggi umanitarie internazionali e dei civili, sollecitando la ripresa
delle trattative di pace. Il Qatar ha fatto circolare una bozza di risoluzione
che condanna il massacro, chiede un cessate-il-fuoco immediato e sollecita l’invio di una forza
di osservatori dell’ONU per indagare sull’episodio e monitorare la tregua. Gli
Stati Uniti, però, sono contrari, a questo testo e pronti
ad usare il veto per bloccarlo.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
A Gerusalemme è iniziata,
intanto, tra ingenti misure di sicurezza la cosiddetta “manifestazione
dell’orgoglio omosessuale”. Fonti locali hanno riferito che la polizia ha
arrestato alcuni dimostranti. Sulla manifestazione, che ha provocato vibranti
proteste da parte delle diverse comunità religiose, la Santa Sede ha espresso ieri,
con un una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana,
“amarezza” e “disapprovazione”.
Almeno 150 mila persone sono
morte in Iraq a partire dal 2003. E’ il drammatico bilancio fornito dal
Ministero della sanità di Baghdad sulle vittime soprattutto di attentati, scontri
e azioni criminali, provocate dall’inizio della guerra, nel mese di marzo di
tre anni fa, ad oggi. Sul terreno, intanto, sono rimasti uccisi ieri, in due
distinti attentati, altri tre soldati americani, facendo così salire ad almeno
24 le vittime statunitensi dall’inizio di novembre.
Un impegno a lavorare insieme, per risolvere i problemi
legati alla guerra in Iraq, è giunto dal presidente statunitense, George Bush, e dai nuovi
presidenti di Camera e Senato, i democratici Pelosi e Reid.
“Gli ostacoli e le divergenze restano” – ha aggiunto il capo della Casa Bianca - ma c’è “l’amore per l’America”. Dunque, Bush apre ai Democratici sulla
guerra in Iraq, segno che una fase della politica americana si è chiusa
definitivamente. Ne è convinto l’americanista Sergio Fabbrini,
professore di Scienza politica all’Università di Trento, intervistato da Alessandro
Gisotti:
**********
R. – Della vecchia esperienza di Bush
è rimasto molto poco. Negli Stati Uniti della
separazione dei poteri, il presidente è il capo dell’esecutivo ed ogni sua
azione deve ricevere l’approvazione politica del Senato e l’approvazione finanziaria
della Camera dei Rappresentanti. Avendo il Senato e la Camera dei
Rappresentanti sul versante opposto, George Bush avrà ora enormi difficoltà a continuare la sua
politica estera e dovrà trovare delle mediazioni e, sicuramente, anche dei
compromessi con la maggioranza democratica del Congresso.
D. – I dati numerici sono molto chiari: ma hanno vinto i
Democratici o hanno perso i Repubblicani?
R. – Io credo che sia molto più plausibile sostenere che i Repubblicani abbiano perso rispetto al fatto che i
Democratici abbiano vinto. D’altronde, le elezioni di medio termine sono
elezioni che vengono fatte anche in relazione ad un
giudizio della gestione dell’amministrazione: quindi, è un segnale potentissimo
nei confronti dei Repubblicani vedere che il loro stesso elettorato non è
soddisfatto anzitutto per come è stata gestita la guerra in Iraq, ma anche come
è stata gestita la politica interna in questi anni.
D. – Mancano ancora due anni, ma già si guarda alle
presidenziali del 2008: quale l’identikit del candidato che può avere più
chance?
R. – Sicuramente sarà un candidato - in entrambi versanti
- centrista, capace di parlare a quell’elettorato che
può oscillare da una parte all’altra e sicuramente un candidato che dovrà
rassicurare l’America sul fatto che la fase drammatica del post 11 settembre è
davvero conclusa.
**********
Nuove violenze in Afghanistan.
Almeno 18 talebani sono stati uccisi in combattimento da soldati afghani e militari NATO, nel sud-est del Paese. Il servizio
di Giada Aquilino:
**********
Lo scenario è sempre lo stesso:
il confine con il Pakistan. Una trentina di talebani armati ha assalito un
gruppo di militari afghani nella provincia di Paktita. Nella zona, dove la guerriglia è particolarmente
attiva, è subito intervenuta l’aviazione della NATO.
Anche ieri le forze della missione ISAF erano state impegnate in combattimenti
con i miliziani nella provincia meridionale di Kandahar.
Le vittime erano state 22. Domani a Kabul, intanto, arriverà il ministro degli Esteri italiano, D’Alema.
Alla vigilia del suo viaggio, il titolare della Farnesina
ha auspicato “un ripensamento delle linee d’azione”
della missione italiana in Afghanistan, dal momento - ha aggiunto - che
l’aggravarsi quotidiano della situazione dimostra come “sul piano meramente militare
sia davvero difficile trovare una soluzione alla crisi in atto”. Sollecitata,
infine, una nuova Conferenza di pace che possa coinvolgere anche i Paesi della
regione, per mettere a punto “una strategia più efficace” che rafforzi le istituzioni
democratiche afghane.
**********
L’Iran è deciso a “riesaminare” la propria
collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (AIEA), se il
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approverà la bozza di risoluzione
messa a punto da Gran Bretagna, Francia e Germania senza tenere conto delle proposte di modifica della Russia. Lo ha
detto il
capo negoziatore iraniano per il nucleare, Ali Lariani,
al suo arrivo a Mosca. Secondo il governo russo, il testo presentato da Londra,
Parigi e Berlino è troppo duro e va modificato per non penalizzare
eccessivamente la Repubblica Islamica.
Nel Kashmir pachistano cinque bambine, tra le quali tre
sorelle, sono morte in seguito all’esplosione di una granata che avevano
scambiato per un giocattolo. In questa zona diversi ordigni e, in particolare,
le cosiddette bombe a grappolo hanno l’ingannevole forma di giocattoli. Nel
Kashmir indiano, intanto, estremisti islamici hanno lanciato una granata nei
pressi di una moschea provocando la morte di 5 persone. L’attentato, non ancora
rivendicato, è avvenuto pochi giorni prima dei negoziati fra India e Pakistan,
che tenteranno di giungere ad una soluzione politica dell’annosa contesa sul
Kashmir, regione a maggioranza musulmana divisa fra i due Paesi.
Nello Sri
Lanka, un deputato di etnia tamil
è stato ucciso con colpi d’arma da fuoco a Colombo, insieme con la sua guardia
del corpo. Questa mattina, intanto, sei presunti ribelli sono rimasti uccisi in
seguito ad un attacco navale contro imbarcazioni delle tigri Tamil. Le Nazioni Unite hanno poi condannato il bombardamento
avvenuto due giorni fa in Sri Lanka,
quando è stato colpito un campo profughi Tamil a Trincomalee, nel nord est del Paese. Secondo i ribelli,
l’azione avrebbe provocato almeno 40 vittime.
La giustizia internazionale
alle prese con il triste fenomeno dei “bambini soldato”. Ieri, davanti alla
Corte penale dell’Aja, è iniziato il procedimento
contro Thomas Lubanga Dyilo, accusato di crimini contro l'umanità, crimini di
guerra e genocidio, tra i quali il reclutamento di minori nella Repubblica
Democratica del Congo. Il servizio di Giulio Albanese:
**********
Lo strapotere dei signori della guerra è uno dei fenomeni
che ha maggiormente penalizzato l’Africa in questi anni e in questa prospettiva
è certamente importante l’apertura formale, avvenuta ieri, del procedimento
preliminare da parte della corte penale internazionale dell’Aja
nei confronti di Thomas Lubanga,
leader della milizia Hema dell’Unione dei patrioti congolesi. Si tratta, infatti, del primo imputato arrestato
a seguito di un mandato di cattura internazionale emesso dall’Aja per aver reclutato ed utilizzato, nel corso del
sanguinoso conflitto congolese, ragazzi di età
inferiore ai 15 anni. Le responsabilità di Lubanga
riguardano, in particolare, la costrizione di minori nella regione dell’Ituri, dove hanno perso la vita almeno 60
mila civili. La pubblica accusa sostiene che il caso di Lubanga,
ad oggi ancora unico sospettato sotto custodia della Corte penale dell’Aja, è cruciale per attirare l’attenzione internazionale
sulla pratica, molto diffusa in Africa e in altre parti del mondo,
dell’arruolamento di minori spesso con la forza.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
**********
In Ciad, dove sono almeno 200 i
morti in questi ultimi giorni e oltre mille gli sfollati in seguito a scontri
interetnici, occorre un “rapido intervento internazionale”. L’appello arriva
dall’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, che denuncia gli scontri tra
diverse etnie nella parte sud-orientale del Paese. Il governo del Ciad ha
chiesto all’ONU di schierare caschi blu lungo il confine con il Sudan.
L’esecutivo
del Marocco torna ad esprimersi sull’intricata questione del Sahara
Occidentale: il portavoce del governo ha affermato, ieri, che
“autodeterminazione non è sinonimo di referendum”. Si allungano così
ulteriormente i tempi per un’indipendenza della regione nordafricana che sia
riconosciuta anche dalle Nazioni Unite. È dal 1991 che l’ONU chiede l’indizione
di un referendum per l’autodeterminazione del popolo saharawi.
Il Fronte di liberazione Oromo,
principale movimento ribelle in Etiopia, ha annunciato oggi di aver chiesto ad
alcuni Paesi africani, tra cui Kenya, Nigeria e Sud Africa, di poter mediare
per promuovere l’apertura di trattative con il governo centrale di Addis Abeba.
L’esecutivo etiope accusa il Fronte di liberazione e altri gruppi d’opposizione
di essere responsabili di una serie di attentati che dall’inizio dell’anno
hanno provocato 12 morti.
Sono
otto i mandati di cattura internazionale emessi ieri, dalla giustizia
argentina, a carico dell’ex presidente iraniano, Ali Akbar
Hashemi Rafsanjani, e di
altre sette persone. L’accusa a loro carico è di aver organizzato, nel 1994, un
attentato terroristico contro un centro di cultura ebraico di Buenos Aires, che
provocò 85 morti e centinaia di feriti. Gli accusati dovranno rispondere
dell’imputazione per crimini contro l’umanità.
=======ooo=======