RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 312 - Testo
della trasmissione di mercoledì 8 novembre
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Italia, diminuiscono
i matrimoni e aumentano separazioni e divorzi
Le Chiese del Kenya divise sulla nascita di un partito
integralista cristiano
Strage nella Striscia di Gaza: un bombardamento
israeliano causa la morte di 19 palestinesi, tra cui 8 bambini. Altri 6
palestinesi uccisi in Cisgiordania
Elezioni di medio termine negli USA: vittoria dei
Democratici alla Camera
8 novembre 2006
L’INCONTRO
CON CRISTO CHE CAMBIA
DEVE
CONTAMINARE IL NOSTRO UNIVERSO SPIRITUALE
PER
NON PERDERE LA LIBERTA’ ACQUISITA E CADERE IN UMILIANTE SCHIAVITU’:
COSI’
BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE, OGGI, IN PIAZZA SAN PIETRO
L’incontro che cambia la vita, quello con Gesù Cristo, che
orienta la nostra esistenza unendoci intimamente alla sua vicenda umana e
spirituale: ne ha parlato stamane Benedetto XVI alla
folla di fedeli, circa 15 mila raccolti in Piazza San Pietro per l’Udienza generale.
Servizio di Roberta Gisotti.
**********
Ha preso spunto il Papa nella sua catechesi dall’incontro
dell’Apostolo Paolo sulla via di Damasco con Cristo, un incontro che ha
rivoluzionato la sua vita. Ma come si verifica l’incontro di un essere umano
con Cristo e cosa ne deriva? “San Paolo ci aiuta a comprendere – ha spiegato Benedetto
XVI – il valore fondante e irrinunciabile della fede”; come l’apostolo scrive
nell’epistola ai Romani “l’uomo è giustificato dalla fede, indipendentemente
dagli atti prescritti dalla legge di Mosé. Essere
giustificati significa essere resi giusti dalla grazia di Dio ed entrare in
comunione con Lui, al fine di stabilire una relazione più autentica con tutti e
ciò sulla base di un perdono totale dei nostri peccati”:
“E’ dunque
importante che ci rendiamo conto di quanto Gesù Cristo possa incidere nella
vita di un uomo e quindi anche nella nostra stessa vita. In realtà, Cristo Gesù
è l’apice della storia salvifica e quindi il vero punto discriminante anche nel
dialogo con le altre religioni”.
L’identità cristiana si esplicita dunque nell’essere in Gesù
Cristo, “fino ad immergersi in Lui e condividere tanto la sua morte, quanto la
sua vita”; il cristiano s’identifica con Cristo e Cristo s’identifica con lui.
E questa “mutua compenetrazione” deve essere calata nella nostra vita
quotidiana, ha esortato il Papa:
“Da una parte, la
fede deve mantenerci in un costante atteggiamento di umiltà di fronte a Dio,
anzi di adorazione e di lode nei suoi confronti. Infatti, ciò che noi siamo in
quanto cristiani lo dobbiamo soltanto a Lui e alla sua grazia. Poiché niente e
nessuno può prendere il suo posto, bisogna dunque che a nient'altro e a nessun
altro noi tributiamo l'omaggio che tributiamo a Lui. Nessun idolo deve
contaminare il nostro universo spirituale, altrimenti invece di godere della
libertà acquisita ricadremmo in una forma di umiliante schiavitù. Dall'altra
parte, la nostra radicale appartenenza a Cristo e il fatto che ‘siamo in Lui’ deve infonderci un atteggiamento di totale fiducia e
di immensa gioia”.
L’incontro con Cristo crea, infatti, un legame indissolubile:
“In definitiva,
infatti, dobbiamo esclamare con san Paolo: ‘Se Dio è
per noi, chi sarà contro di noi?’ E la risposta è che niente e nessuno «potrà
mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore”.
**********
L’INCONTRO
DI ASSISI MOSTRA IL POTERE DELLA PREGHIERA PER COSTRUIRE LA PACE NEL MONDO: LO
HA DETTO BENEDETTO XVI AI GIOVANI PARTECIPANTI AL MEETING
INTERRELIGIOSO DI ASSISI, CHE HANNO SALUTATO IL PAPA IN PIAZZA SAN PIETRO
AL
TERMINE DELL’UDIENZA GENERALE
-
Intervista con mons. Anthony Felix
Machado e Olina Bankien -
“Il nostro mondo ha bisogno urgentemente di pace”. E
“l’incontro di Assisi mette in evidenza il potere della preghiera nella
costruzione della pace”. Sono le parole con le quali, questa mattina, Benedetto
XVI ha voluto dare importanza al primo incontro interreligioso giovanile
terminato ieri nella cittadella francescana e organizzato
dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Dopo aver riflettuto
insieme per tre giorni sul valore della preghiera come “elemento decisivo” per
una “pedagogia della pace”, i giovani hanno potuto salutare direttamente il
Papa, che li ha incoraggiati a proseguire il cammino intrapreso sull’onda dello
“spirito di Assisi”. Il servizio di Alessandro De Carolis.
**********
Una stretta di mano e un sorriso prima
di salire a bordo della giardinetta scoperta. Un “pezzetto” di ciò che in
questi ultimi tre giorni è stato l’incontro di Assisi si è trasferito per
qualche istante, stamattina, in Piazza San Pietro. Benedetto XVI si è
intrattenuto con alcuni dei giovani protagonisti del meeting interreligioso,
terminato ieri nel Sacro Convento della città francescana. Un buddhista, un musulmano, un ebreo, una giovane induista e
un ragazzo sikh hanno salutato il Pontefice, che poco
prima, durante l’udienza generale, aveva messo in risalto il valore
dell’incontro appena concluso:
“GENUINE PRAYER TRANSFORMS HEARTS, OPENS US TO DIALOGUE…
La preghiera
autentica trasforma i cuori, ci apre al dialogo, alla comprensione e alla
riconciliazione, e abbatte i muri costruiti dalla violenza, dall'odio e dalla
vendetta (…) Possiate tornare alle vostre comunità religiose come testimoni
dello ‘spirito di Assisi’, veri messaggeri della pace
che è un dono della grazia di
Dio e segni viventi di speranza per il nostro mondo”.
Ieri pomeriggio, prima della partenza per Roma, l’ultimo
atto del meeting era stato la lettura del Messaggio di pace “dei giovani ai
giovani”. Un messaggio che è stato, insieme, un atto di fede e un’assunzione di
responsabilità. “Continuiamo a lottare sulla strada della pace”, vi si legge,
“guidati dai precetti delle nostre rispettive religioni”, ma “con una sola
voce” che riecheggia lo “spirito di Assisi”. Ecco il commento a caldo raccolto
subito dopo da mons. Anthony Felix
Machado, sottosegretario del Pontificio Consiglio per
il dialogo interreligioso e uno dei principali organizzatori del meeting:
R. – I giovani vogliono veramente condividere questa
gioia, questa pace che hanno scoperto e sperimentato in questi 3-4 giorni. Non
è che non sapessero queste cose, ma ne hanno avuto la
conferma, sono stati incoraggiati. C’è solidarietà tra i giovani, per cui hanno scritto un messaggio non come un documento,
come un fatto teologico. Sicuramente in esso vi è un
fondamento solido, perchè questi giovani sono ben educati, ben radicati nella
loro fede. Ma ciò che vogliono dire a tutti è: “Facciamo qualcosa per cambiare
questo mondo. Noi siamo i primi ad impegnarci per cambiare questo mondo”.
D. – Una cosa che differenzia questi giovani da tanti
altri giovani, che magari si spendono comunque per la pace, è che loro, così
come disse 20 anni fa Giovanni Paolo II, hanno un contributo in più, quello
della preghiera…
R. – Sì, molti sono convinti che Papa Giovanni Paolo II
sia stato come un profeta, un ambasciatore, come hanno detto loro, ma lo è
anche Benedetto XVI, che hanno citato nel loro messaggio.
Quindi, per questo - prendendo anche spunto dal cardinale Etchegaray e dal
cardinale Paul Poupard – i
giovani vogliono sottolineare il ruolo della preghiera nel costruire la pace,
perchè sono convinti che la pace venga da Dio, sia un dono di Dio.
Per essere testimoni credibili dello “spirito di Assisi”
bisogna tuttavia aver fatto una scelta di fede coerente, capace poi di
trasformarsi in disponibilità al dialogo. Lo testimonia al nostro microfono una
giovane cattolica indiana, Olina Bankien:
R. – Se io non sono sicura di quello in cui credo, non
posso dialogare. Io devo vivere prima di tutto quello in cui credo e solo dopo
posso andare incontro agli altri e posso anche essere per loro un dono e
ricevere da loro un dono.
D. – Tu hai esperienze dirette di amicizia, di conoscenza
profonda, non superficiale, con giovani altre religioni?
R. – Sì, certamente, perché in India apparteniamo a tutte
le religioni. I colleghi, i vicini di casa sono semplicemente persone che
credono in Dio, che siano cattolici, indù, musulmani. Vedo in loro persone
profondamente toccate da Dio.
**********
DI FRONTE ALL’UOMO CHE DICE “NO” AL SUO AMORE,
E’
INESAURIBILE NEL TROVARE SEMPRE NUOVI MODI PER MANIFESTARE
LA SUA
MISERICORDIA: COSI’ IL PAPA IERI DURANTE LA MESSA
CON I VESCOVI SVIZZERI
L’amore di Dio ha una forza creatrice più grande del
rifiuto con il quale l’uomo risponde. “Con ogni ‘no’ umano viene
dispensata una nuova dimensione del suo amore, ed Egli trova una via nuova, più
grande, per realizzare il suo sì all’uomo, alla sua storia e alla creazione”.
E’ quanto ha detto ieri il Papa “a braccio” nell’omelia in tedesco durante la
Messa a cui hanno partecipato i vescovi svizzeri, in
Vaticano per la visita ad Limina. Benedetto XVI, sempre nella mattinata di
ieri, aveva poi rivolto ai presuli un altro discorso sempre “a braccio”, in tedesco,
nella prima riunione del loro incontro. Ne daremo una sintesi domani. Il
discorso del Papa pubblicato ieri mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede in
occasione dell’incontro con i vescovi svizzeri, non è stato invece pronunciato.
“Esso – afferma un comunicato della Sala Stampa – rifletteva il contenuto di una
bozza preparata precedentemente in relazione alla visita ad
Limina dei vescovi della Svizzera svoltasi nel
**********
È un messaggio chiaro quello di Benedetto XVI: “Dio non
fallisce”. Lo ha sottolineato più volte nella sua omelia: Dio, pur lasciando
esistere la libertà dell’uomo, che può dirgli di no, trova sempre vie nuove per
dispensare una nuova dimensione del suo amore.
La “fantasia di Dio, la forza creatrice del suo amore è più grande del ‘no’ umano”. Il Papa ha voluto ripercorrere la storia
dell’umanità spiegando che, se Adamo “considerò l’amicizia” con Dio “una
dipendenza e si ritenne un dio, come se egli potesse esistere da sé soltanto” e
perciò cadde, Dio, diventando “lui stesso uomo”, ha
ricominciato “una nuova umanità”, è sceso “fino agli abissi più profondi
dell’essere uomo”, si è abbassato “fino alla croce” ed ha vinto “la superbia
con l’umiltà e con l’obbedienza della croce”. È un no che l’uomo continua a
pronunciare quello nei confronti di Dio che lo invita continuamente a partecipare
al suo amore, ha detto poi il Santo Padre. Un amore che a questo rifiuto
tuttavia si allarga, si estende al mondo intero. “Così il Vangelo, attraverso
questo percorso di crocifissione sempre nuovo, diventa universale, afferra il
tutto”.
Nel suo discorso Benedetto XVI ha voluto evidenziare che i
no di oggi sono quelle “molte cose gravi e faticose” ascoltate durante le
visite ad Limina, ma che comunque il messaggio di Dio
continua a percorrere la terra. “Conosciamo le chiese che diventano sempre più
vuote, i seminari che continuano a svuotarsi, le case religiose che sono sempre
più vuote; conosciamo tutte le forme nelle quali si presenta questo ‘no, ho
altre cose importanti da fare’” ha detto il Papa. La
spiegazione di ciò sta nel fatto che “il possesso e i rapporti umani …
coinvolgono talmente le persone che esse ritengono di non avere più bisogno di
altro per riempire totalmente il loro tempo e quindi la loro esistenza
interiore”. Benedetto XVI ha sottolineato che tanti “non
hanno mai fatto l’esperienza di Dio; non hanno mai preso ‘gusto’ di Dio; non
hanno mai sperimentato quanto sia delizioso essere ‘toccati’ da Dio!” Compito
della Chiesa è allora “aiutare affinché le persone possano assaggiare, affinché
possano sentire di nuovo il gusto di Dio”. Il Papa ha offerto anche
alcune riflessioni tratte da un’omelia di San Gregorio Magno: “Come mai avviene
che l’uomo non vuole nemmeno ‘assaggiare’ Dio? E risponde: Quando l’uomo è
occupato interamente col suo mondo, con le cose materiali, con ciò che può fare,
con tutto ciò che è fattibile e che gli porta
successo, con tutto ciò che può produrre o comprendere da se stesso, allora la
sua capacità di percezione nei confronti di Dio s’indebolisce, l’organo volto a
Dio deperisce, diventa incapace di percepire ed insensibile”. Di fronte a tale
realtà l’invito di Benedetto XVI è ad avere “gli stessi sentimenti di Gesù
Cristo”. “Imparate a pensare come ha pensato Cristo! E questo pensare non è
solo quello dell’intelletto, ma anche un pensare del cuore – ha affermato il
Papa – noi impariamo i sentimenti di Gesù Cristo quando
impariamo a pensare anche al suo fallimento e al suo attraversare il
fallimento, l’accrescersi del suo amore nel fallimento”. Benedetto XVI ha poi osservato
che se “si può fare molto, tanto nel campo ecclesiastico” vi è anche il rischio
di “rimanere totalmente presso sé stessi, senza
incontrare Dio”. Succede che “l’impegno sostituisce la fede, ma poi si vuota
dall’interno”. Il rimedio indicato dal Papa è l’“ascolto del Signore, nella
preghiera, nella partecipazione intima ai sacramenti, nell’imparare i
sentimenti di Dio nel volto e nelle sofferenze degli uomini, per essere così
contagiati dalla sua gioia, dal suo zelo, dal suo amore e per guardare con Lui,
e partendo da Lui, il mondo”. Benedetto XVI ha concluso la sua omelia
precisando che se “ci sono tanti problemi che si possono elencare, che devono
essere risolti”, questi “non vengono risolti se Dio
non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo, se
non diventa determinante nella nostra vita e se non entra anche attraverso di
noi in modo determinante nel mondo”.
**********
CONCLUSO IERI IN VATICANO IL CONVEGNO
DEI
DIRETTORI EUROPEI DELLA PASTORALE DEL TURISMO
-
Intervista con mons. Aldo Giordano -
Si è conclusa ieri in Vaticano
**********
R. – Innanzitutto, diciamo che il turismo, e la mobilità
umana in genere, stanno cambiando il volto alla Pastorale, stanno cambiando il
volto alle parrocchie, stanno cambiando il volto anche al servizio dei
sacerdoti. Se prima c’era una comunità stabile, il sacerdote offriva servizio
ad una comunità stabile, adesso c’è una comunità in movimento che cambia e
spesso
D. – Ma una Pastorale del turismo pone anche delle
difficoltà…
R. – Sì, a cominciare dalle lingue. In Europa abbiamo un
centinaio di lingue, fra maggiori e minori. Quindi, abbiamo una difficoltà a
capirci. In una situazione di grande mobilità, di grandi passaggi di gente, noi
dobbiamo cercare di capirci e quindi dobbiamo imparare le lingue, dobbiamo
imparare le culture che stanno dietro alle lingue e dobbiamo anche trovare
delle formule di linguaggio che tutti capiscano. Ci sono delle difficoltà che
nascono dal fatto che il turismo mette in contatto culture
veramente diverse. Penso, in particolare, alla Cina,
all’India e così via. Sembra che il ritmo della presenza dei cinesi e degli
indiani in Europa stia aumentando in maniera molto veloce. Questo è un fatto
nuovo. Noi non siamo oggi preparati agli incontri con queste grandi culture,
con queste grandi storie. Quindi, è un fatto nuovo che può essere un grosso
problema o può essere anche una grande chance. Dietro al turismo ci sono anche,
purtroppo, per gli europei, degli scandali enormi. Pensiamo al turismo
sessuale. Noi europei, come facciamo a conciliare il turismo sessuale con il
primato della dignità della persona umana, che noi ribadiamo continuamente? Su
questi punti credo che anche
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca
dell'udienza generale.
Servizio estero - Medio Oriente: Israele fa strage
di civili a Beit Hanun.
Usa: elezioni di midterm;
ai democratici la maggioranza alla Camera dei rappresentanti.
Servizio culturale - Un articolo di Anna Maria
Tripodi sui cento anni della "Rivista Rosminiana".
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
=======ooo=======
8 novembre 2006
UNA
FORMAZIONE CHE ACCOMPAGNI IL RELIGIOSO DURANTE TUTTA LA SUA
VITA
E CHE
DEVE INDICARE IN CRISTO BUON PASTORE IL MODELLO DA SEGUIRE:
SU
QUESTO ASPETTO STANNO DISCUTENDO IN QUESTI GIORNI
AD
OLBIA, IN SARDEGNA, I SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA
-
Intervista con don Alberto Lorenzelli -
Le aspettative delle nuove generazioni che si avvicinano
alla consacrazione religiosa e la missione dei religiosi oggi
sono tra gli argomenti della 46.ma
assemblea generale dei superiori maggiori d’Italia che si sta svolgendo in
questi giorni ad Olbia, in Sardegna. Ma che cosa sta emergendo in particolare
dalle prime relazioni? Tiziana Campisi lo ha chiesto a
don Alberto Lorenzelli, presidente della Conferenza
Italiana Superiori Maggiori:
**********
R. – Prima di tutto emerge che la formazione è un punto
strategico nella vita degli Istituti religiosi e questo perché qui si gioca il
futuro della vita consacrata, perché investe fortemente l’impegno degli
Istituti ad accompagnare i giovani che chiedono di entrare, ad accompagnare i
giovani che entrati devono formare il proprio carattere, la propria crescita
umana, spirituale. C’è un atteggiamento anche di mettere tutti i religiosi in
permanente stato di formazione che dura per tutta la vita.
D. – Quale testimonianza vuole offrire in particolare chi
sceglie oggi i voti di povertà, castità ed obbedienza?
R. – La consacrazione religiosa si identifica fortemente, non
tanto con l’autorealizzazione di sé, perché qualche volta potrebbe diventare
autoreferenziale, ma con l’offerta totale a Dio e così indica veramente una
dimensione ed una sfida per il futuro che si vive con gioia, con speranza e con
significatività. Esprime cioè fortemente la qualità della vita.
D. – Ma Ordini religiosi, Congregazione ed Istituti
rispondono alle attese di quanti hanno il desiderio di consacrarsi a Dio?
R. – Io credo che ancora oggi gli Istituti religiosi
presentano fortemente il carisma dei loro fondatori, che hanno saputo leggere
le realtà dei tempi; la vita religiosa è entrata nel tessuto sociale e ha
saputo rispondere ai bisogni e alle esigenze della società. I problemi di oggi
sono i problemi di ieri, hanno sì dimensioni diverse, caratteristiche diverse,
volti ed immagini diverse, ma esprimono sempre la stessa realtà. E’ vero, però,
sussistono forti difficoltà. La difficoltà non sta negli Istituti religiosi, ma
è la difficoltà della realtà che viviamo, un mondo in cui si fatica a compiere
scelte definitive, dove il processo di secolarizzazione che ci ha investito,
qualche volta ci fa vivere soltanto il presente, senza guardare né al passato
né al futuro e quindi non c’è una memoria storica e tanto meno c’è una visione
futura. C’è, molte volte, la paura di affrontare le scelte che impegnano.
D. – Benedetto XVI, nel suo messaggio inviato per questo
incontro, incoraggia a contemplare l’icona di Cristo, Buon Pastore, per trarne
criteri di discernimento e formazione. Ma come recuperare Cristo nel cuore
della propria vita?
R. – Proprio in questa bontà dell’accoglienza, del sapersi
mettere al fianco degli uomini e vivere con la stessa passione di Cristo per
l’uomo.
**********
IERI
SERA, IN KENYA, UNA VEGLIA DI PREGHIERA PER RICORDARE
I SACERDOTI FIDEI DONUM CHE HANNO DATO LA VITA PER LA CHIESA,
COME DON PASCAL LONÉ NAOUGNON, UCCISO NEI
GIORNI SCORSI
IN COSTA D’AVORIO:
L’INIZIATIVA, NELL’AMBITO DEL CONVEGNO CEI SUL TEMA:
“DALLE FECONDE MEMORIE ALLE CORAGGIOSE
PROSPETTIVE”
- Con
noi, don Amedeo Cristino -
Fare memoria dei padri Fidei
Donum che hanno dato la vita per la Chiesa, come
don Pascal Loné Naougnon, sacerdote di una diocesi peruviana ucciso nei
giorni scorsi a Divo, nel sud della Costa d’Avorio: con questo intento, si è
svolta ieri sera a Nyahururu, in Kenya, una veglia di
preghiera dei missionari Fidei Donum italiani in Africa. L’iniziativa è nell’ambito
del Convegno promosso dalla CEI sul tema: “Dalle feconde memorie alle coraggiose
prospettive”. Padre José Ballong ha raccolto la
testimonianza di don Amedeo Cristino, della Fondazione Centro Unitario
Missionario (CUM) di Verona, dove si preparano i Fidei Donum italiani per l’America Latina,
l’Africa, l’Europa dell’Est e l’Asia:
**********
R. - Ieri sera abbiamo vissuto questo momento molto forte,
molto bello, molto importante in memoria dei Fidei Donum martiri. Sono diversi, sono un
segno di grande coraggio, di grande generosità e li sentiamo profondamente
vicini. Abbiamo voluto ricordarli nel contesto di questo nostro incontro continentale,
perchè la loro testimonianza dà valore anche alla nostra quotidianità. In loro
vediamo proprio il compimento del nostro impegno, perché questa dedizione,
generosità, questo spendersi per la Parola è arrivato al suo momento più alto,
che è quello del sangue.
**********
=======ooo=======
8 novembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
E’ altissima la tensione in
Medio Oriente, dopo il bombardamento israeliano su Beith
Hanun, nel nord della Striscia di Gaza, costato la
vita a 19 palestinesi, tra cui 8 bambini. A Jenin, in
Cisgiordania, sono poi stati uccisi 4 miliziani e due civili. Il bombardamento nella Striscia di Gaza è stato condannato
da diversi deputati arabi e di sinistra del Parlamento israeliano, che hanno anche
chiesto le dimissioni del ministro della Difesa, Amir
Peretz. Anche il mondo politico palestinese è fortemente scosso: Hamas e Fatah
hanno sospeso i colloqui per la formazione di un governo di unità nazionale e
la formazione radicale ha minacciato nuovi attentati in Israele. Ma l’odierno blitz dell’esercito israeliano può davvero
innescare una ripresa degli attentati dell’estremismo palestinese? Risponde, al
microfono di Giada Aquilino, il direttore del Centro italiano per la pace in
Medio Oriente, Janiki Cingoli:
**********
R. – Certamente è un’incitazione in quella direzione. Ci
sono stati altri episodi in passato, come l’attacco a Cana
in Libano, poi in giugno la strage sulla spiaggia a Gaza che ha distrutto una
famiglia. Ogni volta che capitano episodi come questi, ci si rende conto di
quanto la cosiddetta tecnologia di precisione, i missili intelligenti e quant’altro siano in realtà
strumenti estremamente grezzi. Resta, tuttavia, da chiedersi perché non si
riesca a spezzare questa spirale di violenza e che cosa la comunità
internazionale debba fare per intervenire.
D. – Hamas e Fatah hanno
annunciato la ripresa degli attentati, l’ANP ha chiesto una riunione d’urgenza
del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, i colloqui per un governo di unità nazionale
palestinese sono in bilico. Sta davvero precipitando la situazione?
R. – La questione è sostanzialmente quella dei negoziati
tra il presidente Abu Mazen
e Hamas per la formazione di un governo di unità nazionale. Ci sono tendenze
“interne” ai palestinesi che puntano ad arrivare ad una prova di forza contro
Hamas e quindi ad un governo di emergenza che prepari elezioni anticipate; ci
sono poi altre tendenze che operano per una mediazione, basata sul
cosiddetto documento dei prigionieri, elaborato da
esponenti di Hamas, Fatah, Fronte popolare per la
liberazione della Palestina e Jihad islamica,
detenuti nelle carceri israeliane. Ora, di fatto, il problema è che spingere Hamas fuori dalla scelta parlamentare e verso l’opzione delirante
della lotta armata - assieme anche ad alcune frange del Fatah
- è un grave errore. La questione reale è che il Fatah
non è in grado da solo di riprendere il processo di pace. È dunque necessario
operare perché si raggiunga la posizione più moderata tra Abu
Mazen e Hamas, in modo che essa possa essere ripresa
e rilanciata.
**********
In Iraq riesplode la violenza al termine del coprifuoco, imposto a
Baghdad, dopo la sentenza di condanna a morte dell’ex presidente iracheno,
Saddam Hussein: almeno 4 persone sono rimaste uccise in due distinti attacchi.
Il comando americano ha reso noto, poi, che dieci presunti ribelli sono morti
durante un’operazione condotta dalle truppe statunitensi a nord della capitale
irachena. Sul versante politico, intanto, la principale formazione sunnita ha minacciato
di uscire dal governo e di “prendere le armi se non saranno smantellate le
milizie” sciite.
In Afghanistan, 15 sospetti ribelli sono stati
uccisi da truppe della NATO in una regione al confine
con il Pakistan. Lo ha rivelato un portavoce dell’Alleanza Atlantica aggiungendo
che alcuni soldati della NATO sono rimasti feriti.
Elezioni di medio termine negli Stati Uniti: i democratici
conquistano la Camera e sono in corsa per il Senato, dove si profila un
sostanziale pareggio. La sconfitta dei repubblicani è netta, invece, nelle
elezioni dei governatori. Sulle consultazioni di medio termine americane,
caratterizzate da una buona affluenza, ascoltiamo il nostro servizio:
**********
Dopo 12 anni, i democratici conquistano la Camera
ottenendo, secondo le ultime proiezioni, 227 seggi su 435. Il presidente
americano, George Bush, si è detto deluso per la
sconfitta del partito repubblicano alla Camera, dove è stato eletto per la
prima volta un musulmano, un democratico di origine somala. E’ molto equilibrata,
invece, la corsa al Senato: l’esito è ancora incerto in Virginia e in Montana,
dove sono in vantaggio i democratici. Con una vittoria in questi due Stati, il
partito democratico conquisterebbe 49 seggi, lo stesso numero di quelli dei
repubblicani. I democratici possono anche contare sull’appoggio dei due
senatori indipendenti ma in caso di parità, la maggioranza andrebbe comunque ai
repubblicani perché diventerebbe decisivo il voto del
vice capo di Stato americano, Dick Cheney, presidente del Senato. Nelle elezioni dei
governatori, che interessavano 36 Stati su 50, il tracollo dei repubblicani è
stato invece evidente: dopo il voto di medio termine, 28 governatori sono
democratici e 22 repubblicani. Prima della consultazione, il rapporto era
invece di 28 a 22 in favore dei repubblicani. I democratici hanno vinto in
alcuni Stati chiave quali New York, Massachusetts, Ohio, Colorado e Arkansas.
Il partito di Bush ha trovato importanti conferme,
invece, in Florida, Texas e California. Nell’ambito delle elezioni di medio
termine si è votato, in 37 Stati, anche per 205 referendum. In 7 Stati è stata
bocciata la proposta di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso
sesso. Nel Sud Dakota, gli elettori hanno votato ‘no’ all’aborto e in Missouri
è stata invece data via libera alla ricerca sulle staminali. I californiani
hanno bocciato, poi, la proposta di aumentare le tasse sul petrolio e in
Arizona lo spagnolo diventa seconda lingua ufficiale.
**********
Concreti spiragli di pace per il Nepal. Il governo ad
interim di Kathmandu e la guerriglia maoista hanno
raggiunto ieri un accordo per il disarmo dei ribelli, che dovrebbe avvenire
sotto il controllo dell’ONU. L’intesa, che pone fine ad una decennale guerra
civile, prevede il passaggio dalla monarchia alla repubblica, l’indizione di
elezioni nazionali e la creazione a dicembre prossimo di un governo di unità
nazionale. Ma si tratta di un reale avvicinamento tra governo e ribelli?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Aldo Daghetta, portavoce dell’organizzazione non governativa Pangea onlus, impegnata da anni
in programmi di solidarietà in Nepal:
**********
R. – Il fatto che il leader dei maoisti, Prachanda, sia venuto direttamente a trattare l’accordo con
il capo del governo, Koirala, sicuramente è un buon
segnale. E’ sicuramente un buon punto di partenza anche il fatto di aver deciso
che ci sarà un effettivo disarmo da parte delle forze maoiste e, quindi, la
richiesta alle Nazioni Unite di una forza di pace che vada a gestire questo
disarmo.
D. – Come i nepalesi hanno accolto la notizia dell’intesa
tra governo e ribelli?
R. – La gente del Nepal ha veramente voglia di pace, ha
veramente voglia di finire questo infinito conflitto, questa guerra civile che
coinvolge tutti: anche le classi più ricche nelle città vengono poi di fatto coinvolte attraverso un’economia che non riesce a
svilupparsi… E quindi, riuscire ad avere una pace in Nepal, è il desiderio di
tutti. In realtà, bisognerà stare a vedere se davvero si riuscirà ad arrivarci.
D. – Su quali punti è stato trovato l’accordo e su quali
magari in passato invece c’era contrasto tra governo e ribelli?
R. – Il punto-chiave è sicuramente, da parte del governo,
accettare l’idea che la monarchia finisca e che quindi ci sia un’Assemblea
costituente per il prossimo giugno. Questa era la richiesta di base alla quale
il governo non aveva mai dato seguito.
**********
Nello Sri Lanka,
almeno 45 civili sono rimasti uccisi in seguito ad un bombardamento, da parte
di soldati governativi, contro un campo di sfollati. Lo hanno riferito fonti
delle Tigri Tamil precisando che l’attacco è avvenuto
nel distretto orientale di Batticaloa, dove erano
diretti alcuni osservatori incaricati di monitorare la fragile tregua tra
ribelli e governo. L’esercito dello Sri Lanka ha
dichiarato, invece, che i soldati hanno sparato diversi colpi di mortaio per
rispondere agli attacchi degli insorti. Nella zona, teatro dell’operazione
militare, operano volontari e cooperanti di diverse organizzazioni non governative
per portare aiuti ai profughi. Lo scorso mese di ottobre, delegazioni di
ribelli e del governo di Colombo si sono incontrate ad Oslo per discutere su
possibili accordi di pace ma non hanno raggiunto,
però, alcuna intesa.
È gravissimo anche il bilancio dell’attentato kamikaze
avvenuto questa mattina a Dargai, nel nord-ovest del
Pakistan: 42 sono i morti finora accertati e decine i feriti, secondo fonti governative. Il servizio di Ada Serra:
**********
Obiettivo dell’attacco, non ancora rivendicato, è stato un poligono di tiro dell’esercito pachistano,
dove si stavano esercitando diverse reclute. Secondo quanto riferiscono fonti
della sicurezza pakistana, l’attentatore suicida si è
infiltrato nell’area riservata all’addestramento e si è fatto saltare in aria
prima che qualcuno potesse fermarlo. L’attentato
arriva dopo il raid aereo dell’aviazione pakistana dello scorso 30 ottobre costato
la vita ad 80 persone e sferrato contro una scuola coranica, presunto covo di
terroristi. La popolazione locale ha accusato le forze armate di aver colpito
degli “innocenti” e non dei “militanti islamici legati ad Al
Qaeda”, come hanno dichiarato invece le autorità pakistane. Secondo alcuni
analisti, il massacro di oggi potrebbe rappresentare una vendetta dei
guerriglieri islamici contro l’esercito e il governo pakistano, alleato degli
Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo. La città in cui è avvenuto
l’attacco si trova in un’area tribale di difficile controllo per la sicurezza
pakistana, dove, secondo diverse fonti, sono attivi guerriglieri talebani provenienti
dal vicino Afghanistan ed estremisti islamici legati
ad Al Qaeda.
**********
E’ atteso per oggi il rapporto
della Commissione europea sulla Turchia: secondo diverse fonti il commissario
europeo all’allargamento non proporrà nessuna sospensione dei negoziati, ma lancerà
fermo monito al governo di Ankara affinchè rispetti
gli impegni presi. Il documento esprime, in particolare, giudizi
severi sulle mancate riforme di Ankara in relazione ai negoziati per l’adesione
all’Unione europea. La preoccupazione dell’UE si concentra sul rispetto dei
diritti umani e sulla questione del riconoscimento di Cipro.
Stabilità e lotta alla povertà.
Queste le prime parole pronunciate da Daniel Ortega,
nuovo presidente del Nicaragua, dopo i risultati delle consultazioni svoltesi
domenica. Il leader storico dei sandinisti ha vinto
al primo turno, con oltre il 38 per cento dei voti. L’amministrazione americana
si è detta pronta a collaborare con il nuovo presidente “per il futuro democratico del
Nicaragua”.
Due killer a bordo di un’ambulanza hanno
sparato uccidendo un uomo sul marciapiede. E’ accaduto questa mattina a Napoli,
dove è scattato nei giorni scorsi il piano per la sicurezza
messo a punto del Ministero della difesa italiano per contrastare le
sempre più frequenti drammatiche azioni della criminalità organizzata nel
capoluogo campano. Ieri, intanto, in molti hanno aderito alla
giornata di digiuno e preghiera contro la violenza. Davanti a centinaia di
fedeli, l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe,
ha espresso l’auspicio che “questa amata e martoriata città possa accendere la
forza di reagire”. “Occorre ascoltare questo grido di dolore e di speranza – ha
detto il porporato – perché sia restituita alla nostra città la dignità e la
bellezza che c’è stata donata”.
=======ooo=======
8 novembre 2006
ARRESTATE
DUE PERSONE IN MOZAMBICO PER L’OMICIDIO DEL PADRE GESUITA WALDYR DOS SANTOS,
BRASILIANO, E DELLA VOLONTARIA PORTOGHESE IDALINA NETO GOMES, UCCISI LUNEDI’
DURANTE UNA RAPINA
NELLA
MISSIONE GESUITA DI FONTE BOA,
FONTE
BOA. = Due persone sono state arrestate in Mozambico per la presunta partecipazione
all’omicidio del padre gesuita, Waldyr dos Santos, 69 anni, brasiliano, e della volontaria portoghese,
Idalina Neto Gomes, 30
anni, uccisi lunedì da alcuni banditi che hanno assalito la missione dei Gesuiti
a Fonte Boa, nella provincia nord occidentale di Tete.
Lo riferisce l’agenzia MISNA, secondo la quale i due arrestati, provenienti
probabilmente dal confinante Malawi, sono stati fermati grazie alla cooperazione
tra la polizia locale e quella del Paese vicino. Un funzionario della polizia
di Tete, citato dalla stampa mozambicana,
ha detto che i due stavano cercando di fuggire verso il Malawi attraverso la
frontiera di Tsangano. La sicurezza al confine è
stata rafforzata e sembra che la polizia del Malawi abbia elementi su altri
assalitori – probabilmente 5 o 6 in tutto – coinvolti nell’omicidio del
missionario e della volontaria. Nell’assalto, altri due religiosi erano rimasti
feriti. (R.M.)
IN ITALIA, MATRIMONI IN CALO DEL 32 PER
CENTO NEGLI ULTIMI 30 ANNI
E
BOOM DI SEPARAZIONI E DIVORZI: IL DATO EMERGE DAL RAPPORTO EURES
“FINCHÈ
VITA NON CI SEPARI”, PRESENTATO OGGI
-
A cura di Roberta Moretti -
**********
ROMA. = In Italia ci si sposa sempre meno e aumentano le
separazioni e i divorzi, che hanno raggiunto il ritmo di uno
ogni quattro minuti: è quanto emerge dal rapporto Eures
“Finchè vita non ci separi... Caratteristiche ed
evoluzione dei matrimoni in Italia”, presentato oggi a Roma. Fiori d’arancio in
calo del 32,4% negli ultimi 30 anni, con la Campania che registra il primato
delle unioni (5,3 matrimoni ogni mille abitanti). Al nord ci si sposa meno
della media nazionale, con un picco negativo in Emilia-Romagna
(3,5 ogni mille abitanti). Aumenta però l’età media
dei coniugi (29,9 anni), salita negli ultimi tre decenni di 7 anni tra gli uomini
e di oltre 5 per le donne. In calo il matrimonio in chiesa, che nel 1975 veniva scelto dal 91,6% delle coppie, contro il 67,6% del
2005. Fa eccezione il sud, dove otto coppie su dieci ancora vogliono andare all’altare.
C’è poi anche chi ci riprova: il 7,7% degli sposi e il 6,6% delle spose sono
alla seconda esperienza matrimoniale, con un’età media di 45 anni. Ed è pari al
10,5% l’incidenza dei matrimoni con almeno un coniuge non italiano: nella
maggior parte dei casi (58,1%), l’italiano è lo sposo, mentre lei è straniera.
Ma quello che salta agli occhi è il dato delle separazioni e dei divorzi, saliti
rispettivamente a +59% e +66% negli ultimi dieci anni, con un picco tra il
terzo e il quinto anno di matrimonio: oltre 128 mila i casi nel 2004, pari a
352 sentenze al giorno. I valori più elevati si
registrano in Liguria (91,2%); quelli più bassi in Calabria (24%),
anche se è il sud a registrare l’incremento più consistente (+84,7%
nelle separazioni, contro il 46,3%; +74,7% nei divorzi, contro il +61,3% del
nord). E non ci si lascia più per colpa, ma per intolleranza reciproca, e consensualmente:
la stragrande maggioranza dei divorzi è concessa a seguito di domanda congiunta
dei coniugi. Più solidi, comunque, si rivelano i matrimoni religiosi, con il
5,6% di divorzi, contro il 13,1% tra chi si era sposato
civilmente nel 1975. Dall’aumento delle separazioni scaturisce l’incremento
delle famiglie monogenitoriali e dei figli affidati:
secondo i dati ISTAT, nel 2004 il numero dei minori affidati dopo una separazione
è pari a 64.292. In oltre la metà delle separazioni (52,9%) è presente almeno
un figlio minore; nell’80% dei casi, è la madre che ottiene l’affidamento,
mentre si rileva una crescita costante degli affidamenti congiunti, che
arrivano nel 2004 al 12,7% dei casi di separazione e al 10% dei divorzi. Su scala
europea, è Cipro la nazione in cui ci si sposa di più: 14,5 matrimoni ogni
mille abitanti, contro i 4,9 della media del continente. Fanalino di coda la
Slovenia, con solo 3,5% matrimoni ogni mille abitanti. Gli sposi più giovani
sono i lituani (25 anni in media), seguiti da polacchi e romeni (24 anni);
quelli più anziani si registrano in Svezia (31,3 anni).
**********
IL
PRESIDENTE FRANCESE, JACQUES CHIRAC, INSIGNISCE IL PATRIARCA LATINO
DI GERUSALEMME,
MICHEL SABBAH,
DEL
TITOLO DI GRANDE UFFICIALE DELLA LEGIONE D’ONORE
PARIGI. = Il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, è stato insignito
del titolo di Grande Ufficiale della Legione d’Onore. Come riferisce l’agenzia Sir, il decreto del presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac, porta la data del
18 aprile, ma è di lunedì scorso la consegna dell’onorificenza. Mons. Sabbah ha detto di vedere
in questo gesto un riconoscimento all’azione della Chiesa che rappresenta e
all’impegno che essa mette per la pace e la giustizia in Terra Santa. “Si
tratta di lavorare a servizio della persona umana – ha aggiunto – della sua
dignità e della sua libertà, per la sua liberazione dal male, che altri impongono
sotto forma di occupazione, di rappresaglia o di reazione violenta, come nel
caso dei nostri due popoli di Terra Santa e dei loro governanti”. Il patriarca
ha poi ricordato “l’amicizia e l’azione obiettiva di tutti i consoli francesi a
Gerusalemme” da lui incontrati. “La loro amicizia – ha precisato – si è
allargata a tutta questa terra e a tutti i suoi abitanti, israeliani e
palestinesi. In questa azione – ha aggiunto – ho potuto rimarcare un’amicizia
per il popolo palestinese e per la Chiesa”. E ha concluso: “Ciò che le Chiese
oggi chiedono alla Francia laica è di aiutare la
persona umana in questa terra a sapersi governare, aprirsi al dialogo e alla
collaborazione per il bene di tutti”. (A.M.)
RICERCATORI
BRITANNICI CHIEDONO L’AUTORIZZAZIONE A CREARE UN EMBRIONE
COMPOSTO
DA MATERIALE GENETICO UMANO E BOVINO. L'IBRIDO SAREBBE USATO NELLA RICERCA SULLE CELLULE
STAMINALI PER CURARE IL MORBO DI PARKINSON,
QUELLO DI ALZHEIMER E L'ICTUS. E SUBITO SCOPPIANO LE POLEMICHE
LONDRA. = Un embrione composto di parti di
specie diverse, una umana, l’altra bovina: è quello
che intendono creare i ricercatori britannici del King’s
College di Londra e del North East England Stem Cell
Institute (NESCI), che hanno richiesto
l’autorizzazione all'Autorità per la fertilizzazione umana e l'embriologia
(HFEA). L'ibrido, dicono, sarà usato nella ricerca sulle cellule staminali
volta a curare il morbo di Parkinson, quello di Alzheimer e l'ictus. Ma le polemiche, com’era prevedibile,
sono immediatamente scoppiate. L'embrione verrebbe, infatti, composto per il
99,9 per cento di materiale genetico umano e per il restante 0,1 per cento di
materiale animale. La scelta di usare ovuli animali, è stato detto, à nata
dalla scarsità di ovuli umani residui dai trattamenti di fertilizzazione in
vitro. Dagli embrioni si spera di ottenere un tessuto umano geneticamente
compatibile con quello del malato che ha fornito le staminali. Il nucleo
dell'ovulo del bovino verrebbe svuotato - come nei
processi di clonazione - e sostituito con quello di una cellula umana. L’ovulo verrebbe quindi fatto sviluppare fino a raggiungere lo stadio
di blastocisti. Dopo sei giorni, gli scienziati
estrarrebbero le staminali dall'embrione, cellule capaci di evolversi in
qualsiasi tipo di tessuto umano. L'embrione verrebbe
distrutto entro 14 giorni dalla creazione. “E' una cosa ripugnante – ha
commentato Josephine Quintavalle, direttrice del
gruppo Comment on Reproductive Ethics - è il tipo di scienza più folle che si possa immaginare.
C’è un sentimento umano fondamentale, per il quale umani e animali non si
mescolano, in questi ambiti”. E Calum McKellar, dello Scottish Council on Human Bioethics, è d’accordo: “Nella storia umana – ha
affermato - specie umane ed animali sono state sempre
separate. In questo tipo di procedura, dove mescoli a livello molto profondo
ovuli animali e cromosomi umani, è facile che si inizi a minare l’intera
distinzione che c’è tra animali ed esseri umani”. (R.M.)
LE
CHIESE DEL KENYA DIVISE SULLA NASCITA DI NUOVO PARTITO INTEGRALISTA
CRISTIANO
CHE VUOLE MORALIZZARE IL PAESE CONTRO L’ILLEGALITÀ
E LA
CORRUZIONE DILAGANTE DELLA CLASSE DIRIGENTE
NAIROBI. = Diversi leader religiosi cristiani in Kenya
hanno messo in guardia da un nuovo partito integralista cristiano che si
propone di moralizzare il Paese contro l’illegalità e la corruzione dilagante
della sua classe dirigente. La nuova formazione politica si chiama “Agano” (“L’Alleanza”) ed è stata fondata per
iniziativa di un pastore presbiteriano, David Githii,
con l’appoggio di tre partiti di ispirazione cristiana. L’iniziativa sta
dividendo le Chiese in Kenya. A suo sostegno sono scesi in campo gruppi
pentecostali e evangelici, mentre nettamente contrarie sono le
Chiese cattolica, anglicana e metodista, per le quali il nuovo partito
rischia di aggravare le già forti tensioni politiche nel Paese. “Se andiamo in
questa direzione, tutte le Chiese formeranno dei partiti e questo non è la cosa
migliore da fare”, ha commentato il vescovo di Machakos,
mons. Martin Musonde Kivuva, aggiungendo che i cristiani possono benissimo
votare un candidato individuale che risponda ai loro valori e aspirazioni.
Sfavorevole all’iniziativa è anche la Chiesa metodista: “Siamo contrari a che
le Chiese entrino in parlamento e nel governo”, ha dichiarato all’agenzia ENI
il pastore Wellington Sanga, segretario della Chiesa
metodista del Kenya. “Il nostro ruolo – ha aggiunto – dovrebbe essere quello
indicato dall’Antico Testamento, in cui i profeti denunciano i leader che
conducono il popolo fuori dalla retta via”. (L.Z)
=======ooo=======