RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 312 - Testo della trasmissione di mercoledì 8 novembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’incontro con Cristo cambia la nostra vita: è quanto ha sottolineato Benedetto XVI oggi all’udienza generale, parlando di San Paolo Apostolo

 

Al termine dell’udienza il Papa saluta i giovani che hanno partecipato al meeting interreligioso di Assisi: con noi mons. Anthony Felix Machado e Olina Bankien

 

Di fronte all’uomo che dice “no” al suo amore, la fantasia di Dio è inesauribile nel trovare sempre nuovi modi per manifestare la sua misericordia: così il Papa ieri durante la Messa con i vescovi svizzeri

 

Concluso ieri in Vaticano il Convegno dei direttori europei della pastorale del turismo: intervista con mons. Aldo Giordano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Una formazione permanente per i religiosi: su questo tema discutono in questi giorni ad Olbia, in Sardegna, i superiori maggiori d’Italia. Con noi don Alberto Lorenzelli

 

Ieri sera, in Kenya, una veglia di preghiera per ricordare i sacerdoti fidei donum che hanno dato la vita per la Chiesa: con noi, don  Amedeo Cristino

 

CHIESA E SOCIETA’:

Arrestate due persone in Mozambico per l’omicidio del padre gesuita Waldyr dos Santos, brasiliano, e della volontaria portoghese Idalina Neto Gomes

 

Il presidente francese, Jacques Chirac, insignisce il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, del titolo di Grande Ufficiale della Legione d’Onore

 

In Italia, diminuiscono i matrimoni e aumentano separazioni e divorzi

 

Ricercatori britannici chiedono l’autorizzazione a creare un embrione composto di elementi umani e bovini

 

Le Chiese del Kenya divise sulla nascita di un partito integralista cristiano

 

24 ORE NEL MONDO:

Strage nella Striscia di Gaza: un bombardamento israeliano causa la morte di 19 palestinesi, tra cui 8 bambini. Altri 6 palestinesi uccisi in Cisgiordania

 

Elezioni di medio termine negli USA: vittoria dei Democratici alla Camera

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 novembre 2006

 

 

 

L’INCONTRO CON CRISTO CHE CAMBIA LA NOSTRA VITA: “NESSUN IDOLO

DEVE CONTAMINARE IL NOSTRO UNIVERSO SPIRITUALE

PER NON PERDERE LA LIBERTA’ ACQUISITA E CADERE IN UMILIANTE SCHIAVITU’:

COSI’ BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE, OGGI, IN PIAZZA SAN PIETRO

 

L’incontro che cambia la vita, quello con Gesù Cristo, che orienta la nostra esistenza unendoci intimamente alla sua vicenda umana e spirituale: ne ha parlato stamane Benedetto XVI alla folla di fedeli, circa 15 mila raccolti in Piazza San Pietro per l’Udienza generale. Servizio di Roberta Gisotti.

 

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Ha preso spunto il Papa nella sua catechesi dall’incontro dell’Apostolo Paolo sulla via di Damasco con Cristo, un incontro che ha rivoluzionato la sua vita. Ma come si verifica l’incontro di un essere umano con Cristo e cosa ne deriva? “San Paolo ci aiuta a comprendere – ha spiegato Benedetto XVI – il valore fondante e irrinunciabile della fede”; come l’apostolo scrive nell’epistola ai Romani “l’uomo è giustificato dalla fede, indipendentemente dagli atti prescritti dalla legge di Mosé. Essere giustificati significa essere resi giusti dalla grazia di Dio ed entrare in comunione con Lui, al fine di stabilire una relazione più autentica con tutti e ciò sulla base di un perdono totale dei nostri peccati”:

 

“E’ dunque importante che ci rendiamo conto di quanto Gesù Cristo possa incidere nella vita di un uomo e quindi anche nella nostra stessa vita. In realtà, Cristo Gesù è l’apice della storia salvifica e quindi il vero punto discriminante anche nel dialogo con le altre religioni”.

        

L’identità cristiana si esplicita dunque nell’essere in Gesù Cristo, “fino ad immergersi in Lui e condividere tanto la sua morte, quanto la sua vita”; il cristiano s’identifica con Cristo e Cristo s’identifica con lui. E questa “mutua compenetrazione” deve essere calata nella nostra vita quotidiana, ha esortato il Papa:

 

“Da una parte, la fede deve mantenerci in un costante atteggiamento di umiltà di fronte a Dio, anzi di adorazione e di lode nei suoi confronti. Infatti, ciò che noi siamo in quanto cristiani lo dobbiamo soltanto a Lui e alla sua grazia. Poiché niente e nessuno può prendere il suo posto, bisogna dunque che a nient'altro e a nessun altro noi tributiamo l'omaggio che tributiamo a Lui. Nessun idolo deve contaminare il nostro universo spirituale, altrimenti invece di godere della libertà acquisita ricadremmo in una forma di umiliante schiavitù. Dall'altra parte, la nostra radicale appartenenza a Cristo e il fatto che ‘siamo in Lui’ deve infonderci un atteggiamento di totale fiducia e di immensa gioia”.

 

L’incontro con Cristo crea, infatti, un legame indissolubile:

        

“In definitiva, infatti, dobbiamo esclamare con san Paolo:Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?’ E la risposta è che niente e nessuno «potrà mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore”.

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L’INCONTRO DI ASSISI MOSTRA IL POTERE DELLA PREGHIERA PER COSTRUIRE LA PACE NEL MONDO: LO HA DETTO BENEDETTO XVI AI GIOVANI PARTECIPANTI AL MEETING

 INTERRELIGIOSO DI ASSISI, CHE HANNO SALUTATO IL PAPA IN PIAZZA SAN PIETRO

AL TERMINE DELL’UDIENZA GENERALE

- Intervista con mons. Anthony Felix Machado e Olina Bankien -

 

“Il nostro mondo ha bisogno urgentemente di pace”. E “l’incontro di Assisi mette in evidenza il potere della preghiera nella costruzione della pace”. Sono le parole con le quali, questa mattina, Benedetto XVI ha voluto dare importanza al primo incontro interreligioso giovanile terminato ieri nella cittadella francescana e organizzato dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Dopo aver riflettuto insieme per tre giorni sul valore della preghiera come “elemento decisivo” per una “pedagogia della pace”, i giovani hanno potuto salutare direttamente il Papa, che li ha incoraggiati a proseguire il cammino intrapreso sull’onda dello “spirito di Assisi”. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Una stretta di mano e un sorriso prima di salire a bordo della giardinetta scoperta. Un “pezzetto” di ciò che in questi ultimi tre giorni è stato l’incontro di Assisi si è trasferito per qualche istante, stamattina, in Piazza San Pietro. Benedetto XVI si è intrattenuto con alcuni dei giovani protagonisti del meeting interreligioso, terminato ieri nel Sacro Convento della città francescana. Un buddhista, un musulmano, un ebreo, una giovane induista e un ragazzo sikh hanno salutato il Pontefice, che poco prima, durante l’udienza generale, aveva messo in risalto il valore dell’incontro appena concluso:

 

GENUINE PRAYER TRANSFORMS HEARTS, OPENS US TO DIALOGUE…

La preghiera autentica trasforma i cuori, ci apre al dialogo, alla comprensione e alla riconciliazione, e abbatte i muri costruiti dalla violenza, dall'odio e dalla vendetta (…) Possiate tornare alle vostre comunità religiose come testimoni dello ‘spirito di Assisi’, veri messaggeri della pace che è un dono della grazia di  Dio e segni viventi di speranza per il nostro mondo”.

 

Ieri pomeriggio, prima della partenza per Roma, l’ultimo atto del meeting era stato la lettura del Messaggio di pace “dei giovani ai giovani”. Un messaggio che è stato, insieme, un atto di fede e un’assunzione di responsabilità. “Continuiamo a lottare sulla strada della pace”, vi si legge, “guidati dai precetti delle nostre rispettive religioni”, ma “con una sola voce” che riecheggia lo “spirito di Assisi”. Ecco il commento a caldo raccolto subito dopo da mons. Anthony Felix Machado, sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e uno dei principali organizzatori del meeting:

 

R. – I giovani vogliono veramente condividere questa gioia, questa pace che hanno scoperto e sperimentato in questi 3-4 giorni. Non è che non sapessero queste cose, ma ne hanno avuto la conferma, sono stati incoraggiati. C’è solidarietà tra i giovani, per cui hanno scritto un messaggio non come un documento, come un fatto teologico. Sicuramente in esso vi è un fondamento solido, perchè questi giovani sono ben educati, ben radicati nella loro fede. Ma ciò che vogliono dire a tutti è: “Facciamo qualcosa per cambiare questo mondo. Noi siamo i primi ad impegnarci per cambiare questo mondo”.

 

D. – Una cosa che differenzia questi giovani da tanti altri giovani, che magari si spendono comunque per la pace, è che loro, così come disse 20 anni fa Giovanni Paolo II, hanno un contributo in più, quello della preghiera…

 

R. – Sì, molti sono convinti che Papa Giovanni Paolo II sia stato come un profeta, un ambasciatore, come hanno detto loro, ma lo è anche Benedetto XVI, che hanno citato nel loro messaggio. Quindi, per questo - prendendo anche spunto dal cardinale Etchegaray e dal cardinale Paul Poupard – i giovani vogliono sottolineare il ruolo della preghiera nel costruire la pace, perchè sono convinti che la pace venga da Dio, sia un dono di Dio.

 

Per essere testimoni credibili dello “spirito di Assisi” bisogna tuttavia aver fatto una scelta di fede coerente, capace poi di trasformarsi in disponibilità al dialogo. Lo testimonia al nostro microfono una giovane cattolica indiana, Olina Bankien:

 

R. – Se io non sono sicura di quello in cui credo, non posso dialogare. Io devo vivere prima di tutto quello in cui credo e solo dopo posso andare incontro agli altri e posso anche essere per loro un dono e ricevere da loro un dono.

 

D. – Tu hai esperienze dirette di amicizia, di conoscenza profonda, non superficiale, con giovani altre religioni?

 

R. – Sì, certamente, perché in India apparteniamo a tutte le religioni. I colleghi, i vicini di casa sono semplicemente persone che credono in Dio, che siano cattolici, indù, musulmani. Vedo in loro persone profondamente toccate da Dio.

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DI FRONTE ALL’UOMO CHE DICE “NO” AL SUO AMORE, LA FANTASIA DI DIO

E’ INESAURIBILE NEL TROVARE SEMPRE NUOVI MODI PER MANIFESTARE

LA SUA MISERICORDIA: COSI’ IL PAPA IERI DURANTE LA MESSA

 CON I VESCOVI SVIZZERI

 

L’amore di Dio ha una forza creatrice più grande del rifiuto con il quale l’uomo risponde. “Con ogni ‘no’ umano viene dispensata una nuova dimensione del suo amore, ed Egli trova una via nuova, più grande, per realizzare il suo sì all’uomo, alla sua storia e alla creazione”. E’ quanto ha detto ieri il Papa “a braccio” nell’omelia in tedesco durante la Messa a cui hanno partecipato i vescovi svizzeri, in Vaticano per la visita ad Limina. Benedetto XVI, sempre nella mattinata di ieri, aveva poi rivolto ai presuli un altro discorso sempre “a braccio”, in tedesco, nella prima riunione del loro incontro. Ne daremo una sintesi domani. Il discorso del Papa pubblicato ieri mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede in occasione dell’incontro con i vescovi svizzeri, non è stato invece pronunciato. “Esso – afferma un comunicato della Sala Stampa – rifletteva il contenuto di una bozza preparata precedentemente in relazione alla visita ad Limina dei vescovi della Svizzera svoltasi nel 2005”. Ma sull’omelia pronunciata da Benedetto XVI nel corso della celebrazione con i presuli della Svizzera ascoltiamo il servizio di Tiziana Campisi:

 

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È un messaggio chiaro quello di Benedetto XVI: “Dio non fallisce”. Lo ha sottolineato più volte nella sua omelia: Dio, pur lasciando esistere la libertà dell’uomo, che può dirgli di no, trova sempre vie nuove per dispensare una nuova dimensione del suo amore.  La “fantasia di Dio, la forza creatrice del suo amore è più grande delno’ umano”. Il Papa ha voluto ripercorrere la storia dell’umanità spiegando che, se Adamo “considerò l’amicizia” con Dio “una dipendenza e si ritenne un dio, come se egli potesse esistere da sé soltanto” e perciò cadde, Dio, diventando “lui stesso uomo”, ha ricominciato “una nuova umanità”, è sceso “fino agli abissi più profondi dell’essere uomo”, si è abbassato “fino alla croce” ed ha vinto “la superbia con l’umiltà e con l’obbedienza della croce”. È un no che l’uomo continua a pronunciare quello nei confronti di Dio che lo invita continuamente a partecipare al suo amore, ha detto poi il Santo Padre. Un amore che a questo rifiuto tuttavia si allarga, si estende al mondo intero. “Così il Vangelo, attraverso questo percorso di crocifissione sempre nuovo, diventa universale, afferra il tutto”.

 

Nel suo discorso Benedetto XVI ha voluto evidenziare che i no di oggi sono quelle “molte cose gravi e faticose” ascoltate durante le visite ad Limina, ma che comunque il messaggio di Dio continua a percorrere la terra. “Conosciamo le chiese che diventano sempre più vuote, i seminari che continuano a svuotarsi, le case religiose che sono sempre più vuote; conosciamo tutte le forme nelle quali si presenta questo ‘no, ho altre cose importanti da fare’” ha detto il Papa. La spiegazione di ciò sta nel fatto che “il possesso e i rapporti umani … coinvolgono talmente le persone che esse ritengono di non avere più bisogno di altro per riempire totalmente il loro tempo e quindi la loro esistenza interiore”. Benedetto XVI ha sottolineato che tanti “non hanno mai fatto l’esperienza di Dio; non hanno mai preso ‘gusto’ di Dio; non hanno mai sperimentato quanto sia delizioso essere ‘toccati’ da Dio!” Compito della Chiesa è allora “aiutare affinché le persone possano assaggiare, affinché possano sentire di nuovo il gusto di Dio”. Il Papa ha offerto anche alcune riflessioni tratte da un’omelia di San Gregorio Magno: “Come mai avviene che l’uomo non vuole nemmeno ‘assaggiare’ Dio? E risponde: Quando l’uomo è occupato interamente col suo mondo, con le cose materiali, con ciò che può fare, con tutto ciò che è fattibile e che gli porta successo, con tutto ciò che può produrre o comprendere da se stesso, allora la sua capacità di percezione nei confronti di Dio s’indebolisce, l’organo volto a Dio deperisce, diventa incapace di percepire ed insensibile”. Di fronte a tale realtà l’invito di Benedetto XVI è ad avere “gli stessi sentimenti di Gesù Cristo”. “Imparate a pensare come ha pensato Cristo! E questo pensare non è solo quello dell’intelletto, ma anche un pensare del cuore – ha affermato il Papa – noi impariamo i sentimenti di Gesù Cristo quando impariamo a pensare anche al suo fallimento e al suo attraversare il fallimento, l’accrescersi del suo amore nel fallimento”. Benedetto XVI ha poi osservato che se “si può fare molto, tanto nel campo ecclesiastico” vi è anche il rischio di “rimanere totalmente presso stessi, senza incontrare Dio”. Succede che “l’impegno sostituisce la fede, ma poi si vuota dall’interno”. Il rimedio indicato dal Papa è l’“ascolto del Signore, nella preghiera, nella partecipazione intima ai sacramenti, nell’imparare i sentimenti di Dio nel volto e nelle sofferenze degli uomini, per essere così contagiati dalla sua gioia, dal suo zelo, dal suo amore e per guardare con Lui, e partendo da Lui, il mondo”. Benedetto XVI ha concluso la sua omelia precisando che se “ci sono tanti problemi che si possono elencare, che devono essere risolti”, questi “non vengono risolti se Dio non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo, se non diventa determinante nella nostra vita e se non entra anche attraverso di noi in modo determinante nel mondo”.

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CONCLUSO IERI IN VATICANO IL CONVEGNO

DEI DIRETTORI EUROPEI DELLA PASTORALE DEL TURISMO

- Intervista con mons. Aldo Giordano -

 

Si è conclusa ieri in Vaticano la Riunione dei Direttori Nazionali per la Pastorale del Turismo in Europa, promossa dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, su “Il turismo, una realtà trasversale: aspetti pastorali”. Mons. Aldo Giordano ha partecipato ai lavori nella sua qualità di segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Giovanni Peduto lo ha intervistato:

 

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R. – Innanzitutto, diciamo che il turismo, e la mobilità umana in genere, stanno cambiando il volto alla Pastorale, stanno cambiando il volto alle parrocchie, stanno cambiando il volto anche al servizio dei sacerdoti. Se prima c’era una comunità stabile, il sacerdote offriva servizio ad una comunità stabile, adesso c’è una comunità in movimento che cambia e spesso la Chiesa deve offrire il primo annuncio del cristianesimo a persone che non conoscono più il cristianesimo, anche perchè vengono da culture di altri continenti, da culture diverse. Ci sono altri temi toccati da questa mobilità, come la stessa realtà della famiglia. Un mondo molto in mobilità rende difficile una realtà stabile come dovrebbe essere la famiglia. Ci sono anche dei segni molto interessanti che come Chiesa in Europa cogliamo. Per esempio, il fatto dell’affermarsi sempre più della dimensione del pellegrinaggio. Forse, da questo fatto noi possiamo imparare quale dovrebbe essere l’anima del turismo. Il pellegrinaggio è un cammino, è la ricerca di una meta, è la ricerca di un senso. Noi vorremmo dare a tutto il turismo questa dimensione di ricerca, di cammino. Oppure c’è anche un turismo alternativo. C’è chi lega il turismo al volontariato, chi lo lega all’attenzione ai poveri, all’attenzione al terzo mondo. Noi vorremmo far sì che sempre di più si vadano a visitare persone che abitano in Paesi con più difficoltà e vorremmo anche far sì che le persone che vivono in questi Paesi possano venire a visitarci. Creare, quindi, veramente, questa globalizzazione della solidarietà. Il cristianesimo crea una famiglia universale e quindi sarebbe interessante che sempre di più noi ci trovassimo a casa in tutti gli spazi del mondo, in tutte le culture, perché apparteniamo ad un'unica famiglia e questa è la nostra ricerca.    

 

D. – Ma una Pastorale del turismo pone anche delle difficoltà…

 

R. – Sì, a cominciare dalle lingue. In Europa abbiamo un centinaio di lingue, fra maggiori e minori. Quindi, abbiamo una difficoltà a capirci. In una situazione di grande mobilità, di grandi passaggi di gente, noi dobbiamo cercare di capirci e quindi dobbiamo imparare le lingue, dobbiamo imparare le culture che stanno dietro alle lingue e dobbiamo anche trovare delle formule di linguaggio che tutti capiscano. Ci sono delle difficoltà che nascono dal fatto che il turismo mette in contatto culture veramente diverse. Penso, in particolare, alla Cina, all’India e così via. Sembra che il ritmo della presenza dei cinesi e degli indiani in Europa stia aumentando in maniera molto veloce. Questo è un fatto nuovo. Noi non siamo oggi preparati agli incontri con queste grandi culture, con queste grandi storie. Quindi, è un fatto nuovo che può essere un grosso problema o può essere anche una grande chance. Dietro al turismo ci sono anche, purtroppo, per gli europei, degli scandali enormi. Pensiamo al turismo sessuale. Noi europei, come facciamo a conciliare il turismo sessuale con il primato della dignità della persona umana, che noi ribadiamo continuamente? Su questi punti credo che anche la Chiesa voglia fare un’opera di denuncia e di lavoro.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

 

Servizio estero - Medio Oriente: Israele fa strage di civili a Beit Hanun.

Usa: elezioni di midterm; ai democratici la maggioranza alla Camera dei rappresentanti.

 

Servizio culturale - Un articolo di Anna Maria Tripodi sui cento anni della "Rivista Rosminiana".

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 novembre 2006

 

UNA FORMAZIONE CHE ACCOMPAGNI IL RELIGIOSO DURANTE TUTTA LA SUA VITA

E CHE DEVE INDICARE IN CRISTO BUON PASTORE IL MODELLO DA SEGUIRE:

SU QUESTO ASPETTO STANNO DISCUTENDO IN QUESTI GIORNI

AD OLBIA, IN SARDEGNA, I SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA

- Intervista con don Alberto Lorenzelli -

 

Le aspettative delle nuove generazioni che si avvicinano alla consacrazione religiosa e la missione dei religiosi oggi sono tra gli argomenti della 46.ma assemblea generale dei superiori maggiori d’Italia che si sta svolgendo in questi giorni ad Olbia, in Sardegna. Ma che cosa sta emergendo in particolare dalle prime relazioni? Tiziana Campisi lo ha chiesto a don Alberto Lorenzelli, presidente della Conferenza Italiana Superiori Maggiori:

 

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R. – Prima di tutto emerge che la formazione è un punto strategico nella vita degli Istituti religiosi e questo perché qui si gioca il futuro della vita consacrata, perché investe fortemente l’impegno degli Istituti ad accompagnare i giovani che chiedono di entrare, ad accompagnare i giovani che entrati devono formare il proprio carattere, la propria crescita umana, spirituale. C’è un atteggiamento anche di mettere tutti i religiosi in permanente stato di formazione che dura per tutta la vita.

 

D. – Quale testimonianza vuole offrire in particolare chi sceglie oggi i voti di povertà, castità ed obbedienza?

 

R. – La consacrazione religiosa si identifica fortemente, non tanto con l’autorealizzazione di sé, perché qualche volta potrebbe diventare autoreferenziale, ma con l’offerta totale a Dio e così indica veramente una dimensione ed una sfida per il futuro che si vive con gioia, con speranza e con significatività. Esprime cioè fortemente la qualità della vita.

 

D. – Ma Ordini religiosi, Congregazione ed Istituti rispondono alle attese di quanti hanno il desiderio di consacrarsi a Dio?

 

R. – Io credo che ancora oggi gli Istituti religiosi presentano fortemente il carisma dei loro fondatori, che hanno saputo leggere le realtà dei tempi; la vita religiosa è entrata nel tessuto sociale e ha saputo rispondere ai bisogni e alle esigenze della società. I problemi di oggi sono i problemi di ieri, hanno sì dimensioni diverse, caratteristiche diverse, volti ed immagini diverse, ma esprimono sempre la stessa realtà. E’ vero, però, sussistono forti difficoltà. La difficoltà non sta negli Istituti religiosi, ma è la difficoltà della realtà che viviamo, un mondo in cui si fatica a compiere scelte definitive, dove il processo di secolarizzazione che ci ha investito, qualche volta ci fa vivere soltanto il presente, senza guardare né al passato né al futuro e quindi non c’è una memoria storica e tanto meno c’è una visione futura. C’è, molte volte, la paura di affrontare le scelte che impegnano.

 

D. – Benedetto XVI, nel suo messaggio inviato per questo incontro, incoraggia a contemplare l’icona di Cristo, Buon Pastore, per trarne criteri di discernimento e formazione. Ma come recuperare Cristo nel cuore della propria vita?

 

R. – Proprio in questa bontà dell’accoglienza, del sapersi mettere al fianco degli uomini e vivere con la stessa passione di Cristo per l’uomo.

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IERI SERA, IN KENYA, UNA VEGLIA DI PREGHIERA PER RICORDARE

 I SACERDOTI FIDEI DONUM CHE HANNO DATO LA VITA PER LA CHIESA,

 COME DON PASCAL LONÉ NAOUGNON, UCCISO NEI GIORNI SCORSI

 IN COSTA D’AVORIO: L’INIZIATIVA, NELL’AMBITO DEL CONVEGNO CEI SUL TEMA:

 “DALLE FECONDE MEMORIE ALLE CORAGGIOSE PROSPETTIVE”

- Con noi, don Amedeo Cristino -

 

Fare memoria dei padri Fidei Donum che hanno dato la vita per la Chiesa, come don Pascal Loné Naougnon, sacerdote di una diocesi peruviana ucciso nei giorni scorsi a Divo, nel sud della Costa d’Avorio: con questo intento, si è svolta ieri sera a Nyahururu, in Kenya, una veglia di preghiera dei missionari Fidei Donum italiani in Africa. L’iniziativa è nell’ambito del Convegno promosso dalla CEI sul tema: “Dalle feconde memorie alle coraggiose prospettive”. Padre José Ballong ha raccolto la testimonianza di don Amedeo Cristino, della Fondazione Centro Unitario Missionario (CUM) di Verona, dove si preparano i Fidei Donum italiani per l’America Latina, l’Africa, l’Europa dell’Est e l’Asia:

 

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R. - Ieri sera abbiamo vissuto questo momento molto forte, molto bello, molto importante in memoria dei Fidei Donum martiri. Sono diversi, sono un segno di grande coraggio, di grande generosità e li sentiamo profondamente vicini. Abbiamo voluto ricordarli nel contesto di questo nostro incontro continentale, perchè la loro testimonianza dà valore anche alla nostra quotidianità. In loro vediamo proprio il compimento del nostro impegno, perché questa dedizione, generosità, questo spendersi per la Parola è arrivato al suo momento più alto, che è quello del sangue.

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24 ORE NEL MONDO

8 novembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

E’ altissima la tensione in Medio Oriente, dopo il bombardamento israeliano su Beith Hanun, nel nord della Striscia di Gaza, costato la vita a 19 palestinesi, tra cui 8 bambini. A Jenin, in Cisgiordania, sono poi stati uccisi 4 miliziani e due civili. Il bombardamento nella Striscia di Gaza è stato condannato da diversi deputati arabi e di sinistra del Parlamento israeliano, che hanno anche chiesto le dimissioni del ministro della Difesa, Amir Peretz. Anche il mondo politico palestinese è fortemente scosso: Hamas e Fatah hanno sospeso i colloqui per la formazione di un governo di unità nazionale e la formazione radicale ha minacciato nuovi attentati in Israele. Ma l’odierno blitz dell’esercito israeliano può davvero innescare una ripresa degli attentati dell’estremismo palestinese? Risponde, al microfono di Giada Aquilino, il direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli:

 

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R. – Certamente è un’incitazione in quella direzione. Ci sono stati altri episodi in passato, come l’attacco a Cana in Libano, poi in giugno la strage sulla spiaggia a Gaza che ha distrutto una famiglia. Ogni volta che capitano episodi come questi, ci si rende conto di quanto la cosiddetta tecnologia di precisione, i missili intelligenti e quant’altro siano in realtà strumenti estremamente grezzi. Resta, tuttavia, da chiedersi perché non si riesca a spezzare questa spirale di violenza e che cosa la comunità internazionale debba fare per intervenire.

 

D. – Hamas e Fatah hanno annunciato la ripresa degli attentati, l’ANP ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, i colloqui per un governo di unità nazionale palestinese sono in bilico. Sta davvero precipitando la situazione?

 

R. – La questione è sostanzialmente quella dei negoziati tra il presidente Abu Mazen e Hamas per la formazione di un governo di unità nazionale. Ci sono tendenze “interne” ai palestinesi che puntano ad arrivare ad una prova di forza contro Hamas e quindi ad un governo di emergenza che prepari elezioni anticipate; ci sono poi altre tendenze che operano per una mediazione, basata sul cosiddetto documento dei prigionieri, elaborato da esponenti di Hamas, Fatah, Fronte popolare per la liberazione della Palestina e Jihad islamica, detenuti nelle carceri israeliane. Ora, di fatto, il problema è che spingere Hamas fuori dalla scelta parlamentare e verso l’opzione delirante della lotta armata - assieme anche ad alcune frange del Fatah - è un grave errore. La questione reale è che il Fatah non è in grado da solo di riprendere il processo di pace. È dunque necessario operare perché si raggiunga la posizione più moderata tra Abu Mazen e Hamas, in modo che essa possa essere ripresa e rilanciata.

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In Iraq riesplode la violenza al termine del coprifuoco, imposto a Baghdad, dopo la sentenza di condanna a morte dell’ex presidente iracheno, Saddam Hussein: almeno 4 persone sono rimaste uccise in due distinti attacchi. Il comando americano ha reso noto, poi, che dieci presunti ribelli sono morti durante un’operazione condotta dalle truppe statunitensi a nord della capitale irachena. Sul versante politico, intanto, la principale formazione sunnita ha minacciato di uscire dal governo e di “prendere le armi se non saranno smantellate le milizie” sciite.

 

In Afghanistan, 15 sospetti ribelli sono stati uccisi da truppe della NATO in una regione al confine con il Pakistan. Lo ha rivelato un portavoce dell’Alleanza Atlantica aggiungendo che alcuni soldati della NATO sono rimasti feriti.

 

Elezioni di medio termine negli Stati Uniti: i democratici conquistano la Camera e sono in corsa per il Senato, dove si profila un sostanziale pareggio. La sconfitta dei repubblicani è netta, invece, nelle elezioni dei governatori. Sulle consultazioni di medio termine americane, caratterizzate da una buona affluenza, ascoltiamo il nostro servizio:

 

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Dopo 12 anni, i democratici conquistano la Camera ottenendo, secondo le ultime proiezioni, 227 seggi su 435. Il presidente americano, George Bush, si è detto deluso per la sconfitta del partito repubblicano alla Camera, dove è stato eletto per la prima volta un musulmano, un democratico di origine somala. E’ molto equilibrata, invece, la corsa al Senato: l’esito è ancora incerto in Virginia e in Montana, dove sono in vantaggio i democratici. Con una vittoria in questi due Stati, il partito democratico conquisterebbe 49 seggi, lo stesso numero di quelli dei repubblicani. I democratici possono anche contare sull’appoggio dei due senatori indipendenti ma in caso di parità, la maggioranza andrebbe comunque ai repubblicani perché diventerebbe decisivo il voto del vice capo di Stato americano, Dick Cheney, presidente del Senato. Nelle elezioni dei governatori, che interessavano 36 Stati su 50, il tracollo dei repubblicani è stato invece evidente: dopo il voto di medio termine, 28 governatori sono democratici e 22 repubblicani. Prima della consultazione, il rapporto era invece di 28 a 22 in favore dei repubblicani. I democratici hanno vinto in alcuni Stati chiave quali New York, Massachusetts, Ohio, Colorado e Arkansas. Il partito di Bush ha trovato importanti conferme, invece, in Florida, Texas e California. Nell’ambito delle elezioni di medio termine si è votato, in 37 Stati, anche per 205 referendum. In 7 Stati è stata bocciata la proposta di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nel Sud Dakota, gli elettori hanno votato ‘no’ all’aborto e in Missouri è stata invece data via libera alla ricerca sulle staminali. I californiani hanno bocciato, poi, la proposta di aumentare le tasse sul petrolio e in Arizona lo spagnolo diventa seconda lingua ufficiale.

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Concreti spiragli di pace per il Nepal. Il governo ad interim di Kathmandu e la guerriglia maoista hanno raggiunto ieri un accordo per il disarmo dei ribelli, che dovrebbe avvenire sotto il controllo dell’ONU. L’intesa, che pone fine ad una decennale guerra civile, prevede il passaggio dalla monarchia alla repubblica, l’indizione di elezioni nazionali e la creazione a dicembre prossimo di un governo di unità nazionale. Ma si tratta di un reale avvicinamento tra governo e ribelli? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Aldo Daghetta, portavoce dell’organizzazione non governativa Pangea onlus, impegnata da anni in programmi di solidarietà in Nepal:

 

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R. – Il fatto che il leader dei maoisti, Prachanda, sia venuto direttamente a trattare l’accordo con il capo del governo, Koirala, sicuramente è un buon segnale. E’ sicuramente un buon punto di partenza anche il fatto di aver deciso che ci sarà un effettivo disarmo da parte delle forze maoiste e, quindi, la richiesta alle Nazioni Unite di una forza di pace che vada a gestire questo disarmo.

 

D. – Come i nepalesi hanno accolto la notizia dell’intesa tra governo e ribelli?

 

R. – La gente del Nepal ha veramente voglia di pace, ha veramente voglia di finire questo infinito conflitto, questa guerra civile che coinvolge tutti: anche le classi più ricche nelle città vengono poi di fatto coinvolte attraverso un’economia che non riesce a svilupparsi… E quindi, riuscire ad avere una pace in Nepal, è il desiderio di tutti. In realtà, bisognerà stare a vedere se davvero si riuscirà ad arrivarci.

 

D. – Su quali punti è stato trovato l’accordo e su quali magari in passato invece c’era contrasto tra governo e ribelli?

 

R. – Il punto-chiave è sicuramente, da parte del governo, accettare l’idea che la monarchia finisca e che quindi ci sia un’Assemblea costituente per il prossimo giugno. Questa era la richiesta di base alla quale il governo non aveva mai dato seguito.

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Nello Sri Lanka, almeno 45 civili sono rimasti uccisi in seguito ad un bombardamento, da parte di soldati governativi, contro un campo di sfollati. Lo hanno riferito fonti delle Tigri Tamil precisando che l’attacco è avvenuto nel distretto orientale di Batticaloa, dove erano diretti alcuni osservatori incaricati di monitorare la fragile tregua tra ribelli e governo. L’esercito dello Sri Lanka ha dichiarato, invece, che i soldati hanno sparato diversi colpi di mortaio per rispondere agli attacchi degli insorti. Nella zona, teatro dell’operazione militare, operano volontari e cooperanti di diverse organizzazioni non governative per portare aiuti ai profughi. Lo scorso mese di ottobre, delegazioni di ribelli e del governo di Colombo si sono incontrate ad Oslo per discutere su possibili accordi di pace ma non hanno raggiunto, però, alcuna intesa.

 

È gravissimo anche il bilancio dell’attentato kamikaze avvenuto questa mattina a Dargai, nel nord-ovest del Pakistan: 42 sono i morti finora accertati e decine i feriti, secondo fonti governative. Il servizio di Ada Serra:

 

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Obiettivo dell’attacco, non ancora rivendicato, è stato un poligono di tiro dell’esercito pachistano, dove si stavano esercitando diverse reclute. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza pakistana, l’attentatore suicida si è infiltrato nell’area riservata all’addestramento e si è fatto saltare in aria prima che qualcuno potesse fermarlo. L’attentato arriva dopo il raid aereo dell’aviazione pakistana dello scorso 30 ottobre costato la vita ad 80 persone e sferrato contro una scuola coranica, presunto covo di terroristi. La popolazione locale ha accusato le forze armate di aver colpito degli “innocenti” e non dei “militanti islamici legati ad Al Qaeda”, come hanno dichiarato invece le autorità pakistane. Secondo alcuni analisti, il massacro di oggi potrebbe rappresentare una vendetta dei guerriglieri islamici contro l’esercito e il governo pakistano, alleato degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo. La città in cui è avvenuto l’attacco si trova in un’area tribale di difficile controllo per la sicurezza pakistana, dove, secondo diverse fonti, sono attivi guerriglieri talebani provenienti dal vicino Afghanistan ed estremisti islamici legati ad Al Qaeda.

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E’ atteso per oggi il rapporto della Commissione europea sulla Turchia: secondo diverse fonti il commissario europeo all’allargamento non proporrà nessuna sospensione dei negoziati, ma lancerà fermo monito al governo di Ankara affinchè rispetti gli impegni presi. Il documento esprime, in particolare, giudizi severi sulle mancate riforme di Ankara in relazione ai negoziati per l’adesione all’Unione europea. La preoccupazione dell’UE si concentra sul rispetto dei diritti umani e sulla questione del riconoscimento di Cipro.

 

Stabilità e lotta alla povertà. Queste le prime parole pronunciate da Daniel Ortega, nuovo presidente del Nicaragua, dopo i risultati delle consultazioni svoltesi domenica. Il leader storico dei sandinisti ha vinto al primo turno, con oltre il 38 per cento dei voti. L’amministrazione americana si è detta pronta a collaborare con il nuovo presidente “per il futuro democratico del Nicaragua”.

 

È Panama il membro non permanente dell’America Latina presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La decisione è stata presa ieri, per votazione, dall’Assemblea Generale dell’ONU, dove l’accordo è stato raggiunto dopo il ritiro delle candidature di Venezuela e Guatemala. Il piccolo Stato di Panama si insedierà il 1° gennaio, insieme con gli altri quattro membri non permanenti eletti per il biennio 2007/2008: Italia, Belgio, Sudafrica e Indonesia.

 

Due killer a bordo di un’ambulanza hanno sparato uccidendo un uomo sul marciapiede. E’ accaduto questa mattina a Napoli, dove è scattato nei giorni scorsi il piano per la sicurezza messo a punto del Ministero della difesa italiano per contrastare le sempre più frequenti drammatiche azioni della criminalità organizzata nel capoluogo campano. Ieri, intanto, in molti hanno aderito alla giornata di digiuno e preghiera contro la violenza. Davanti a centinaia di fedeli, l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, ha espresso l’auspicio che “questa amata e martoriata città possa accendere la forza di reagire”. “Occorre ascoltare questo grido di dolore e di speranza – ha detto il porporato – perché sia restituita alla nostra città la dignità e la bellezza che c’è stata donata”.

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

8 novembre 2006

 

ARRESTATE DUE PERSONE IN MOZAMBICO PER L’OMICIDIO DEL PADRE GESUITA WALDYR DOS SANTOS, BRASILIANO, E DELLA VOLONTARIA PORTOGHESE IDALINA NETO GOMES, UCCISI LUNEDI’ DURANTE UNA RAPINA

NELLA MISSIONE GESUITA DI FONTE BOA,

 

FONTE BOA. = Due persone sono state arrestate in Mozambico per la presunta partecipazione all’omicidio del padre gesuita, Waldyr dos Santos, 69 anni, brasiliano, e della volontaria portoghese, Idalina Neto Gomes, 30 anni, uccisi lunedì da alcuni banditi che hanno assalito la missione dei Gesuiti a Fonte Boa, nella provincia nord occidentale di Tete. Lo riferisce l’agenzia MISNA, secondo la quale i due arrestati, provenienti probabilmente dal confinante Malawi, sono stati fermati grazie alla cooperazione tra la polizia locale e quella del Paese vicino. Un funzionario della polizia di Tete, citato dalla stampa mozambicana, ha detto che i due stavano cercando di fuggire verso il Malawi attraverso la frontiera di Tsangano. La sicurezza al confine è stata rafforzata e sembra che la polizia del Malawi abbia elementi su altri assalitori – probabilmente 5 o 6 in tutto – coinvolti nell’omicidio del missionario e della volontaria. Nell’assalto, altri due religiosi erano rimasti feriti. (R.M.)

 

 

IN ITALIA, MATRIMONI IN CALO DEL 32 PER CENTO NEGLI ULTIMI 30 ANNI

E BOOM DI SEPARAZIONI E DIVORZI: IL DATO EMERGE DAL RAPPORTO EURES

“FINCHÈ VITA NON CI SEPARI”, PRESENTATO OGGI

- A cura di Roberta Moretti -

 

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ROMA. = In Italia ci si sposa sempre meno e aumentano le separazioni e i divorzi, che hanno raggiunto il ritmo di uno ogni quattro minuti: è quanto emerge dal rapporto EuresFinchè vita non ci separi... Caratteristiche ed evoluzione dei matrimoni in Italia”, presentato oggi a Roma. Fiori d’arancio in calo del 32,4% negli ultimi 30 anni, con la Campania che registra il primato delle unioni (5,3 matrimoni ogni mille abitanti). Al nord ci si sposa meno della media nazionale, con un picco negativo in Emilia-Romagna (3,5 ogni mille abitanti). Aumenta però l’età media dei coniugi (29,9 anni), salita negli ultimi tre decenni di 7 anni tra gli uomini e di oltre 5 per le donne. In calo il matrimonio in chiesa, che nel 1975 veniva scelto dal 91,6% delle coppie, contro il 67,6% del 2005. Fa eccezione il sud, dove otto coppie su dieci ancora vogliono andare all’altare. C’è poi anche chi ci riprova: il 7,7% degli sposi e il 6,6% delle spose sono alla seconda esperienza matrimoniale, con un’età media di 45 anni. Ed è pari al 10,5% l’incidenza dei matrimoni con almeno un coniuge non italiano: nella maggior parte dei casi (58,1%), l’italiano è lo sposo, mentre lei è straniera. Ma quello che salta agli occhi è il dato delle separazioni e dei divorzi, saliti rispettivamente a +59% e +66% negli ultimi dieci anni, con un picco tra il terzo e il quinto anno di matrimonio: oltre 128 mila i casi nel 2004, pari a 352 sentenze al giorno. I valori più elevati si registrano in Liguria (91,2%); quelli più bassi in Calabria (24%), anche se è il sud a registrare l’incremento più consistente (+84,7% nelle separazioni, contro il 46,3%; +74,7% nei divorzi, contro il +61,3% del nord). E non ci si lascia più per colpa, ma per intolleranza reciproca, e consensualmente: la stragrande maggioranza dei divorzi è concessa a seguito di domanda congiunta dei coniugi. Più solidi, comunque, si rivelano i matrimoni religiosi, con il 5,6% di divorzi, contro il 13,1% tra chi si era sposato civilmente nel 1975. Dall’aumento delle separazioni scaturisce l’incremento delle famiglie monogenitoriali e dei figli affidati: secondo i dati ISTAT, nel 2004 il numero dei minori affidati dopo una separazione è pari a 64.292. In oltre la metà delle separazioni (52,9%) è presente almeno un figlio minore; nell’80% dei casi, è la madre che ottiene l’affidamento, mentre si rileva una crescita costante degli affidamenti congiunti, che arrivano nel 2004 al 12,7% dei casi di separazione e al 10% dei divorzi. Su scala europea, è Cipro la nazione in cui ci si sposa di più: 14,5 matrimoni ogni mille abitanti, contro i 4,9 della media del continente. Fanalino di coda la Slovenia, con solo 3,5% matrimoni ogni mille abitanti. Gli sposi più giovani sono i lituani (25 anni in media), seguiti da polacchi e romeni (24 anni); quelli più anziani si registrano in Svezia (31,3 anni).

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IL PRESIDENTE FRANCESE, JACQUES CHIRAC, INSIGNISCE IL PATRIARCA LATINO

DI GERUSALEMME, MICHEL SABBAH,

DEL TITOLO DI GRANDE UFFICIALE DELLA LEGIONE D’ONORE

 

PARIGI. = Il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, è stato insignito del titolo di Grande Ufficiale della Legione d’Onore. Come riferisce l’agenzia Sir, il decreto del presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac, porta la data del 18 aprile, ma è di lunedì scorso la consegna dell’onorificenza. Mons. Sabbah ha detto di vedere in questo gesto un riconoscimento all’azione della Chiesa che rappresenta e all’impegno che essa mette per la pace e la giustizia in Terra Santa. “Si tratta di lavorare a servizio della persona umana – ha aggiunto – della sua dignità e della sua libertà, per la sua liberazione dal male, che altri impongono sotto forma di occupazione, di rappresaglia o di reazione violenta, come nel caso dei nostri due popoli di Terra Santa e dei loro governanti”. Il patriarca ha poi ricordato “l’amicizia e l’azione obiettiva di tutti i consoli francesi a Gerusalemme” da lui incontrati. “La loro amicizia – ha precisato – si è allargata a tutta questa terra e a tutti i suoi abitanti, israeliani e palestinesi. In questa azione – ha aggiunto – ho potuto rimarcare un’amicizia per il popolo palestinese e per la Chiesa”. E ha concluso: “Ciò che le Chiese oggi chiedono alla Francia laica è di aiutare la persona umana in questa terra a sapersi governare, aprirsi al dialogo e alla collaborazione per il bene di tutti”. (A.M.)

 

 

RICERCATORI BRITANNICI CHIEDONO L’AUTORIZZAZIONE A CREARE UN EMBRIONE

COMPOSTO DA MATERIALE GENETICO UMANO E BOVINO. L'IBRIDO SAREBBE USATO NELLA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI PER CURARE IL MORBO DI PARKINSON,

QUELLO DI ALZHEIMER E L'ICTUS. E SUBITO SCOPPIANO LE POLEMICHE

 

LONDRA. = Un embrione composto di parti di specie diverse, una umana, l’altra bovina: è quello che intendono creare i ricercatori britannici del King’s College di Londra e del North East England Stem Cell Institute (NESCI), che hanno richiesto l’autorizzazione all'Autorità per la fertilizzazione umana e l'embriologia (HFEA). L'ibrido, dicono, sarà usato nella ricerca sulle cellule staminali volta a curare il morbo di Parkinson, quello di Alzheimer e l'ictus. Ma le polemiche, com’era prevedibile, sono immediatamente scoppiate. L'embrione verrebbe, infatti, composto per il 99,9 per cento di materiale genetico umano e per il restante 0,1 per cento di materiale animale. La scelta di usare ovuli animali, è stato detto, à nata dalla scarsità di ovuli umani residui dai trattamenti di fertilizzazione in vitro. Dagli embrioni si spera di ottenere un tessuto umano geneticamente compatibile con quello del malato che ha fornito le staminali. Il nucleo dell'ovulo del bovino verrebbe svuotato - come nei processi di clonazione - e sostituito con quello di una cellula umana. L’ovulo verrebbe quindi fatto sviluppare fino a raggiungere lo stadio di blastocisti. Dopo sei giorni, gli scienziati estrarrebbero le staminali dall'embrione, cellule capaci di evolversi in qualsiasi tipo di tessuto umano. L'embrione verrebbe distrutto entro 14 giorni dalla creazione. “E' una cosa ripugnante – ha commentato Josephine Quintavalle, direttrice del gruppo Comment on Reproductive Ethics - è il tipo di scienza più folle che si possa immaginare. C’è un sentimento umano fondamentale, per il quale umani e animali non si mescolano, in questi ambiti”. E Calum McKellar, dello Scottish Council on Human Bioethics, è d’accordo: “Nella storia umana – ha affermato - specie umane ed animali sono state sempre separate. In questo tipo di procedura, dove mescoli a livello molto profondo ovuli animali e cromosomi umani, è facile che si inizi a minare l’intera distinzione che c’è tra animali ed esseri umani”. (R.M.)

 

 

LE CHIESE DEL KENYA DIVISE SULLA NASCITA DI NUOVO PARTITO INTEGRALISTA

CRISTIANO CHE VUOLE MORALIZZARE IL PAESE CONTRO L’ILLEGALITÀ

E LA CORRUZIONE DILAGANTE DELLA CLASSE DIRIGENTE

 

NAIROBI. = Diversi leader religiosi cristiani in Kenya hanno messo in guardia da un nuovo partito integralista cristiano che si propone di moralizzare il Paese contro l’illegalità e la corruzione dilagante della sua classe dirigente. La nuova formazione politica si chiama Agano (“L’Alleanza”) ed è stata fondata per iniziativa di un pastore presbiteriano, David Githii, con l’appoggio di tre partiti di ispirazione cristiana. L’iniziativa sta dividendo le Chiese in Kenya. A suo sostegno sono scesi in campo gruppi pentecostali e evangelici, mentre nettamente contrarie sono le Chiese cattolica, anglicana e metodista, per le quali il nuovo partito rischia di aggravare le già forti tensioni politiche nel Paese. “Se andiamo in questa direzione, tutte le Chiese formeranno dei partiti e questo non è la cosa migliore da fare”, ha commentato il vescovo di Machakos, mons. Martin Musonde Kivuva, aggiungendo che i cristiani possono benissimo votare un candidato individuale che risponda ai loro valori e aspirazioni. Sfavorevole all’iniziativa è anche la Chiesa metodista: “Siamo contrari a che le Chiese entrino in parlamento e nel governo”, ha dichiarato all’agenzia ENI il pastore Wellington Sanga, segretario della Chiesa metodista del Kenya. “Il nostro ruolo – ha aggiunto – dovrebbe essere quello indicato dall’Antico Testamento, in cui i profeti denunciano i leader che conducono il popolo fuori dalla retta via”.  (L.Z)

 

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