RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 311 - Testo della trasmissione di martedì 7 novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il cardinale Martino ha acquistato oggi, a nome del Papa, la prima obbligazione “IFFIM”  per una campagna di vaccinazioni nei Paesi più poveri: saranno salvate 10 milioni di persone, tra cui 5 milioni di bambini, entro il 2015. Con noi il porporato

 

Mons. Dominique Mamberti alla FAO: la fame nel mondo, scandalo inaccettabile

 

L’intervento del cardinale Paul Poupard nella terza giornata del meeting interreligioso giovanile di Assisi.  La riflessione di mons. Pier Luigi Celata

 

Iniziata oggi a Roma la plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali: ce ne parla padre Ferdinand Pratzner

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Tre vite dedicate al servizio a Cristo e ai più deboli, fino all’estremo sacrificio: la straordinaria testimonianza di un missionario gesuita, un sacerdote fidei donum e una giovane volontaria, uccisi in questi giorni in Mozambico e Costa d’Avorio. Le testimonianze di padre Manuel Morujao e padre Flavio Zanetti

 

Il saluto del Papa in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico della Cattolica di Milano. Intervista con il prof. Lorenzo Ornaghi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oggi giornata di preghiera e digiuno a Napoli indetta dall’arcivescovo Crescenzio Sepe

 

Aumentano di giorno in giorno gli sfollati in Iraq

 

In corso ad Olbia, in Sardegna, l’assemblea annuale della Conferenza dei superiori maggiori d’Italia

 

Iniziata ieri a Nairobi la Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici

 

Un istituto medico londinese lancia una proposta shock: la possibilità di applicare l’eutanasia sui bambini appena nati affetti da gravi handicap

 

24 ORE NEL MONDO:

Dopo la sentenza che lo condanna a morte Saddam Hussein ancora in aula per il massacro di 180 mila curdi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 novembre 2006

 

IL CARDINALE MARTINO HA ACQUISTATO OGGI, A NOME DEL PAPA,

LA PRIMA OBBLIGAZIONE IFFIM PER UNA CAMPAGNA DI VACCINAZIONI

NEI PAESI PIU’ POVERI: SARANNO SALVATE 10 MILIONI DI PERSONE ENTRO IL 2015

 

Benedetto XVI, attraverso il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha acquistato oggi a Londra la prima delle obbligazioni dell’IFFIM, l’International Financing Facility for Immunisation, per una campagna di  vaccinazioni nei Paesi in via di sviluppo. Si tratta di un progetto a cui aderiscono già otto Stati: oltre al Regno Unito, che l’ha promosso, ci sono  Francia, Italia, Spagna, Svezia, Norvegia, Brasile e Sudafrica. L’iniziativa dovrebbe salvare entro il 2015 la vita di 10 milioni di persone, tra cui 5 milioni di bambini in 72 Paesi del mondo. L’IFFIM è un innovativo meccanismo finanziario volto ad accelerare le disponibilità di fondi per il consolidamento dei sistemi sanitari delle nazioni più povere. Chiunque potrà acquistare queste obbligazioni che sono garantite dagli stessi governi che aderiscono all’iniziativa. Ascoltiamo in proposito il cardinale Martino, al microfono di Giancarlo La Vella:

 

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R. – E’ una bella iniziativa che non sostituisce nessuna delle promesse che gli Stati hanno già fatto nel 1970, quando si obbligarono a dare lo 0,7 per cento del Prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo. Quella resta una promessa e un obbligo. Questa è un’aggiunta a questa promessa. Chi compra queste obbligazioni riceverà gli interessi, che saranno rimborsati alla maturità della obbligazione. Intanto, il denaro che è stato versato dall’acquirente va immediatamente per queste iniziative di sviluppo. Questo primo lancio servirà per la vaccinazione dei bambini e degli adulti, nei Paesi in via di sviluppo.

 

D. – Come a dire che la solidarietà rimane, comunque, il primo passo per promuovere lo sviluppo in questi Paesi più poveri…

 

R. – Appunto, questo è l’intento del Papa nell’accettare di essere uno dei primi acquirenti: promuovere una solidarietà concreta, non solo a parole.

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“LA REALTA’ DI MOLTITUDINI DI PERSONE IL CUI DIRITTO ALLA VITA È MESSO

 IN DISCUSSIONE SIA PER NOI MOTIVO DI INQUIETUDINE”: COSI’, L’ARCIVESCOVO

DOMINIQUE MAMBERTI, SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI, AL COMITATO DELLA FAO PER LA SICUREZZA ALIMENTARE, RIUNITOSI NEI GIORNI SCORSI A ROMA

- A cura di Roberta Moretti -

 

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“La fame e la malnutrizione sono inaccettabili in un mondo che dispone di livelli di produzione, di risorse e di conoscenze capaci di porre termine a questi flagelli e alle loro drammatiche conseguenze”: questo, in sintesi, è quanto ha affermato l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, nel suo intervento al Comitato della FAO per la Sicurezza Alimentare, riunitosi nei giorni scorsi a Roma per valutare i progressi compiuti rispetto agli impegni assunti al Vertice mondiale sull’alimentazione di 10 anni fa. Il presule ha portato il saluto e l’incoraggiamento di Benedetto XVI alla missione della FAO nel mondo. Secondo l’arcivescovo Mamberti, “la realtà di moltitudini di persone, il cui diritto alla vita è messo in discussione, deve essere per noi motivo di inquietudine e toccare le coscienze di ognuno”. “Nonostante gli sforzi compiuti della FAO, dagli stessi Stati, dalle ONG, da molteplici associazioni e da singoli individui – ha spiegato il presule – eliminare l’insicurezza alimentare è un obiettivo ancora lontano, che richiede (…) impegni politici, giuridici ed economici per consentire (…) riforme necessarie ed efficaci”.

 

Il segretario per i Rapporti con gli Stati ha individuato nell’assenza di pace, nelle ingiustizie, nella distruzione dell’ambiente e nella mancanza di servizi sanitari di base, le “cause che espongono i popoli al grave rischio della fame”. Per non dimenticare “i comportamenti dei Paesi più ricchi che sfruttano in modo sconsiderato le ricchezze dei Paesi più poveri, senza alcuna compensazione, e l’inosservanza degli equilibri ecologici”. “Il fenomeno della globalizzazione – ha aggiunto il presule – (…) deve rendere la famiglia umana ancora più cosciente che il problema della fame potrà essere risolto solo grazie a una strategia di sviluppo globale, cui partecipino tutti i Paesi per il bene dell’umanità”. Occorre, dunque, mettere l’uomo al centro delle scelte economiche, distribuendo le risorse, trasmettendo le tecnologie alle popolazioni locali, formando élite locali in tutti i campi e puntando sui giovani. Una sfida, questa, che deve partire dalla realtà della cellula famigliare. “La Chiesa – ha ricordato l’arcivescovo Mamberti – non ha la vocazione a proporre soluzioni politiche, economiche o tecniche per far fronte ai problemi della società, ma, nella sua missione di ‘annunciare la Buona Novella a tutte le Nazioni’, si sente particolarmente vicina a coloro che vivono in condizioni di povertà, di sofferenza e malnutrizione e desidera aiutarli con i mezzi che sono suoi”. Una Chiesa, conclude, “pronta a sostenere quanti lavorano per dare forza alla solidarietà internazionale e a promuovere la giustizia tra i popoli, specie quelli che sono in contatto diretto con le popolazioni provate”.

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MENTRE IL TERRORISMO STRUMENTALIZZA LE FEDE, IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI

AGISCE DA FATTORE DI UNITA’ TRA LE PERSONE: COSI’ IL CARDINALE PAUL POUPARD

NELLA TERZA GIORNATA DEL MEETING INTERRELIGIOSO GIOVANILE DI ASSISI.

DOMANI, I GIOVANI ALL’’UDIENZA GENERALE DI BENEDETTO XVI

- Intervista con l’arcivescovo Pier Luigi Celata -

        

Il dialogo tra le religioni “non è un passatempo per qualche privilegiato”, ma un mezzo “indispensabile” nel difficile mondo di oggi e che ben si adatta alle capacità di interazione proprie dei giovani. Lo ha affermato oggi, ad Assisi, il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Su iniziativa del dicastero vaticano, un centinaio di giovani di diverse tradizioni religiose riflettono e dibattono nel Sacro Convento di Assisi sui temi del dialogo tra le fedi, a servizio della pace. Il servizio del nostro inviato nella cittadella francescana, Alessandro De Carolis.

 

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“Occorre abbattere gli steccati e favorire l’incontro”, aveva scritto Benedetto XVI nel messaggio inviato all’inizio di settembre al vescovo di Assisi per celebrare il ventennale dell’incontro interreligioso del 1986, voluto da Giovanni Paolo II. Ed è ciò che in questi giorni si è potuto vedere nell’impegno e nell’offerta di amicizia e di confronto fra i ragazzi e le ragazze che stanno concludendo il loro primo meeting di Assisi. E’ stato il cardinale Paul Poupard a introdurre con un discorso di ampio respiro la riflessione della terza giornata di lavori, dopo che ieri sera gli stessi ragazzi avevano dato prova di grande capacità di integrazione e anche di satira interculturale con una serie di divertenti gag preparate per la prevista ora di intrattenimento.

 

Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha detto il cardinale Poupard, “sente il bisogno di educare le nuove generazioni alla costruzione della pace nel mondo”, sulla base di quegli universali pilastri individuati dal Beato Giovanni XXIII nella sua Pacem in terris: verità, giustizia, amore, libertà:

 

“LES RELIGIONS ONT PARFOIS ETE INSTRUMENTALISEES PAR LES ...

Talvolta le religioni sono state strumentalizzate dai terroristi (...) mentre le religioni sono un fattore di unità tra le persone, le guidano verso una visione comune e le rendono capaci di collaborare con buona volontà (...) Il dialogo interreligioso è oggi indispensabile. Occorre che si radichi e si sviluppi a livello locale e conto su di voi perché si instauri dappertutto”.

 

Vivace anche oggi lo scambio successivo al discorso del cardinale Poupard, fatto di domande e impressioni dei giovani. Commovente e salutato da un applauso fragoroso l’appello fatto da un ragazzo africano che ha chiesto che il Papa scriva una lettera ai governanti del mondo per impedire il commercio di armi e fermare la tragedia dei bambini-soldato. Il secondo fulcro della mattinata è stato caratterizzato da una tavola rotonda, che ha visto alternarsi al microfono alcuni responsabili di varie religioni. Per circa un’ora, con sensibilità e visioni differenti ma in sintonia con lo spirito di Assisi, cinque relatori hanno illustrato la “via” cristiana o ebraica o musulmana o buddista che traduce il rispettivo credo in un’azione di pace, solidarietà, dialogo, accoglienza. Anche se, è stato rilevato, per diventare testimoni bisogna guardare prima a chi ha già testimoniato, come per i cattolici avviene guardando ai Santi.

 

A margine del meeting, parlando con i giornalisti, il cardinale Poupard ha fatto riferimento al viaggio apostolico che a fine mese Benedetto XVI compirà in Turchia. Si tratta, ha detto, di un viaggio che ha come prima finalità quella ecumenica, con la visita al Patriarca di Costantinopoli. Ma essendo la Turchia un Paese a maggioranza musulmana, il viaggio avrà certamente anche una valenza interreligiosa.

 

Mentre andiamo in onda, si sta consumando l’atto conclusivo del meeting con la lettura del Messaggio di pace che i giovani presenti qui ad Assisi hanno redatto e indirizzato ai loro coetanei nel mondo. Poi, domani, saranno tutti a Roma per l’udienza generale, a portare al cospetto del Papa il volto giovane dello “spirito di Assisi”.

 

Dalla cittadella francescana, Alessandro De Carolis, Radio Vaticana.

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Dunque i giovani sono i grandi protagonisti di questo meeting di Assisi. Ascoltiamo in proposito mons. Pier Luigi Celata, segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, al microfono di Alessandro De Carolis:

 

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R. – I giovani per loro natura sono sorgente di speranza, perché hanno più immaginazione di noi, meno giovani. A loro appartiene il futuro. Dire futuro è dire necessariamente speranza. Per noi cristiani significa appunto fare appello a quella virtù della speranza che ci struttura, proprio come cristiani, in grazia del Battesimo. Questa partecipazione all’incontro dei giovani, per me personalmente, è veramente stato un grande stimolo, perché si percepisce sensibilmente questa loro apertura, questo loro desiderio di futuro, quindi, la necessità di una speranza. Dire speranza significa dire avere una fede, cioè un riferimento a Dio, che dia senso al nostro sperare e dia contenuto e anche luce al nostro sperare. Questi giovani hanno testimoniato questo tipo di speranza.

 

D. – Lei è intervenuto durante il dibattito dei giovani, peraltro molto schietto, dicendo che è importante, al di là del credo religioso, avere chiara una propria identità, se si vuole poi incidere sul piano politico, ma bisogna mantenere distinte le due cose, non mischiare i due piani. Quindi, è un appello importante anche per questi giovani, che un domani saranno loro poi a gestire la cosa pubblica…

 

R. – Io ho sottolineato la necessità di distinguere la sfera religiosa da quella politica, non per separarle, ma solo per ritrovare in ciascuna sfera a livello metodologico e a livello anche di principi, di valori, ciò che è specifico all’una e all’altra. Ora, il nostro specifico si trova alla sua sorgente nell’incontro con Dio, nella sua Parola, nella grazia che ci dona, nello Spirito Santo che ci illumina e ci guida nel nostro cammino. Nelle altre tradizioni religiose vi è qualcosa di analogo. D’altra parte, noi sappiamo, attraverso anche il magistero, che rimane sempre altissimo - e gran parte è da scoprire ancora e da realizzare dal Concilio Vaticano II - che lo Spirito del Signore è presente e agisce laddove forse la nostra immaginazione non arriva ad intuire e a scoprire. E allora, a livello religioso c’è una potenzialità di luce, di grazia, di energia enorme. Il dialogo interreligioso consente di ritrovarsi anche per scoprire insieme le ricchezze che sono di natura religiosa, vengono dall’una o dall’altra esperienza, ma che poi appartengono all’umanità tutta intera, con discernimento sano. Naturalmente, non tutto ciò che noi troviamo in un’altra religione è da accettare tout court, ma il nostro ambito di fede e una coscienza forte della nostra identità, matura, ci consente di riconoscere anche elementi positivi in altre esperienze religiose. Accomunando questi elementi religiosi, noi acquistiamo una forza propositiva nei confronti di chi si trova ad agire nel sociale e nel politico.

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INIZIATA OGGI A ROMA LA PLENARIA DEL PONTIFICIO COMITATO

PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI

- Intervista con padre Ferdinand Pratzner -

 

E’ iniziata oggi a Roma la plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, presieduta dal cardinale Jozef Tomko, in vista del 49° Congresso eucaristico che si terrà a Québec, in Canada, nel giugno del 2008, sul tema "L'Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo". Sull’importanza di questi Congressi Giovanni Peduto ha intervistato il segretario del Pontificio Comitato, padre Ferdinand Pratzner:

 

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R. – I congressi eucaristici sono stati proprio creati con lo scopo di arrivare a far meglio comprendere Gesù Cristo nel suo Mistero eucaristico e quindi amarlo di più, perché si constata che molti non conoscono bene cosa sia l’Eucaristia, che non è una cosa o una celebrazione ma è la persona di Gesù Cristo, che è morto ed è risorto per noi. L’Eucaristia contiene tutta la ricchezza della vita della Chiesa come ci è stato ricordato anche dal Concilio. I temi non potranno mai essere esauriti, perché sono tanti gli aspetti da scoprire e riscoprire del Mistero Eucaristico: occorre anche riscoprire proprio l’aspetto comunionale e sociale dell’Eucaristia, perché l’Eucaristia non deve fermarsi solo nella celebrazione, ma deve essere fonte e culmine di tutta la vita cristiana. Così come il cuore dell’uomo fa vivere tutto il suo organismo, così l’Eucaristia fa circolare la vita personale e sociale di una comunità per la vita stessa del mondo.

 

D. – Per quanto riguarda il Magistero di Benedetto XVI sull’Eucaristia, lei vuole sottolineare qualcosa in particolare?

 

R. – Mons. Albert Ranjith Patabendige svolge una relazione nel corso di questa Assemblea riguardo proprio al Magistero eucaristico di Papa Benedetto XVI, sottolineando soprattutto che l’origine dell’Eucaristia è la Croce e che non si tratta tanto di partecipare esteriormente, ma soprattutto interiormente, entrando nel Mistero Pasquale, interiorizzando così anche la celebrazione con l’adorazione eucaristica.  Su questo aspetto il Papa insiste molto.

 

D. – Ed infatti Benedetto XVI, come già Giovanni Paolo II, afferma continuamente l’importanza fondamentale dell’adorazione eucaristica. A questo proposito si stanno moltiplicando nel mondo le iniziative per l’adorazione eucaristica perpetua, giorno e notte. Lei può riscontrare dei frutti?

 

R. – Sì, sì. Abbiamo la testimonianza dei delegati nazionali, che provengono da circa 60 Paesi, che proprio nel corso dell’Anno dell’Eucaristia è aumentata molto la devozione dell’Eucaristia al di fuori della Messa, l’adorazione non soltanto durante il giorno ma anche durante la notte ed è proprio questa adorazione perpetua che prende piede e si diffonde anche in Italia. E questo ha portato molti frutti, anche perché si approfondisce la fede nell’Eucaristia e si fa sentire nelle attività e nelle relazioni personali fra quanti praticano l’adorazione eucaristica. Questo poi porta frutto anche nella vita sociale.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio estero - Mozambico: lutto e inquietudine per l’uccisione di un sacerdote gesuita e di una volontaria; il fatto di sangue si è verificato in un’area da mesi teatro di ripetute aggressioni a missionari.

L’intervento della Santa Sede sul tema: “La fame e la malnutrizione sono inaccettabili in un mondo che dispone di livelli di produzione, di risorse e di conoscenze capaci di porre termine a questi flagelli e alle loro drammatiche conseguenze”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Carmine Di Biase dal titolo “Un singolare epitaffio letterario”: i “racconti inediti” di Michele Prisco.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Danilo Veneruso sull’opera di Sabino Acquaviva “L’eclissi dell’Europa. Decadenza e fine di una civiltà”.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.  

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 novembre 2006

 

TRE VITE DEDICATE AL SERVIZIO A CRISTO E AI PIU’ DEBOLI, FINO

ALL’ESTREMO SACRIFICIO: LA STRAORDINARIA TESTIMONIANZA DI UN MISSIONARIO

 GESUITA, UN SACERDOTE FIDEI DONUM  E UNA GIOVANE VOLONTARIA,

UCCISI IN QUESTI GIORNI IN MOZAMBICO E COSTA D’AVORIO

- Con noi, padre Manuel Morujao e padre Flavio Zanetti -

 

Tre coraggiosi testimoni del Vangelo, uccisi nella loro missione in Africa al servizio dei più bisognosi: è la parabola di vita che ha accomunato due sacerdoti e una volontaria, vittime della violenza. In Mozambico, il 69enne gesuita brasiliano, padre Waldyr dos Santos e la trentenne volontaria portoghese, Idalina Neto Gomes, sono stati uccisi ieri da alcuni banditi, che hanno assalito la missione dei gesuiti a Fonte Boa, nella provincia nord occidentale di Tete. Per un ricordo della persona e dell’opera di padre Waldyr, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Manuel Morujao, assistente della Compagnia di Gesù per l’Europa meridionale:

 

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R. – Era un missionario generoso, così come ce ne sono tanti altri. In realtà non era propriamente un giovane, aveva infatti 69 anni. Ma 3-4 anni fa, aveva deciso di andare in Mozambico. C’è sta una richiesta di missionari e lui generosamente si era offerto di andare. Gestiva un collegio nel nord del Paese, vicino al Malawi, dove le cose non sono certamente così stabili. Forse è stato un gruppo di criminali. Padre Waldyr ha dato la sua vita per la causa di Cristo, servendo i suoi fratelli in questo collegio all’interno del Paese.

 

D. – Padre Dos Santos, 69 anni, ha trovato la morte insieme ad una giovane, una volontaria di 30 anni. Anche questo dà il senso della testimonianza di una persona anziana e di una persona giovane, entrambe al servizio del Vangelo e dei più bisognosi…

 

R. – E’ vero! Questo dimostra anche la diversità e la varietà di vocazioni nella Chiesa. Aveva una formazione di diritto ed ora, visto che mancava una persona, gestiva le proprietà, insegnava agricoltura. Aveva un cuore veramente generoso, perché avrebbe potuto fare tante cose, ma ha invece scelto di andare in un Paese lontano. Apparteneva ad un’Opera chiamata “Laici per lo sviluppo”. E’ quindi andata per fare del bene a questi nostri fratelli che hanno così tanto bisogno di tutto. Ha dato la testimonianza più bella che si potesse dare, quella di dare la sua vita, come ha fatto Gesù Cristo. La sua è un’opera di missionari laici che scelgono di offrire alcuni anni della loro vita al volontariato.

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Sempre in questi giorni, il 51enne don Pascal Loné Naougnon, sacerdote fidei donum di una diocesi peruviana è stato ucciso a Divo, nel sud della Costa d’Avorio. Nel Paese africano dal 2001, don Pascal si occupava dell’assistenza spirituale dei giovani nella parrocchia della Sacra Famiglia di Divo. Ecco la testimonianza di un suo confratello, padre Flavio Zanetti, anche lui sacerdote fidei donum a Yamoussoukro, in Costa d’Avorio, raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Dei banditi hanno attaccato nella notte la sua residenza: quando ha sentito i rumori e ha visto che il guardiano veniva picchiato, è uscito per aiutarlo ed i banditi allora hanno sparato su di lui. Purtroppo, non sono infrequenti gli attacchi alle missione cattoliche, ci sono tante armi e tante persone, che approfittano di questo stato di insicurezza, fanno ciò che vogliono.

 

D. – La morte di don Pascal e poi la mente non può non andare ad un altro sacerdote fidei donum, Andrea Santoro. Cosa significa questo per chi vive un’esperienza straordinaria, ma certamente molto difficile?

 

R. – Bisogna ricordare che si è al servizio del Vangelo, che esistono dei rischi da non sottovalutare e che bisogna essere limpidi e chiari come le colombe del Vangelo, ma anche astuti e prudenti come i serpenti! Domandare quindi la grazia di questa saggezza e di questa prudenza in ogni circostanza, e non per nascondersi, ma per fare ciò che siamo chiamati a fare, pur coscienti della difficoltà.

 

D. – Come viene percepita, in Costa d’Avorio, la presenza di sacerdoti fidei donum?

 

R. – In generale, mi sembra che sia una presenza preziosa, almeno per come viene percepita dai fedeli. Solitamente si tratta di una presenza ben accetta, anche perché  la maggioranza della popolazione la sente come una presenza vicina e ciò viene sentito anche dagli altri preti. Certamente i sacerdoti fidei donum sono anche abbastanza vicini al clero locale e alla popolazione.

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IL SALUTO DEL PAPA IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE

DELL'ANNO ACCADEMICO DELLA CATTOLICA DI MILANO

- Intervista con il prof. Lorenzo Ornaghi -

 

Inaugurato stamani l’Anno Accademico 2006-2007 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nell’Aula Magna dell’ateneo, il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi ha letto un telegramma di saluto del Papa che auspica un fecondo dialogo tra messaggio evangelico e saperi umani. Dal capoluogo lombardo, il servizio di Fabio Brenna:

 

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Il fecondo dialogo tra messaggio evangelico e saperi umani contribuisca efficacemente alla formazione integrale delle giovani generazioni e alla diffusione dei perenni valori cristiani nella società odierna. E’ questo l’auspicio di Benedetto XVI espresso in un telegramma inviato al cardinale Dionigi Tettamanzi e letto in apertura della cerimonia inaugurale dell’86.mo anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

E per la Cattolica si tratta allora di porre al centro l’uomo che ricerca, come ha suggerito l’arcivescovo di Milano nel corso della Messa, prima, e nel saluto rivolto nel corso della cerimonia in qualità di presidente dell’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università. Secondo il cardinale Tettamanzi, il compito proprio dell’Università Cattolica è dunque quello di testimoniare che nulla come la fede cristiana può potenziare la forza della ragione umana nella ricerca della verità dell’uomo e del mondo.

 

Raccogliendo il messaggio del convegno ecclesiale di Verona, la sfida per il futuro dell’Università Cattolica sarà quello di fornire quel “di più”, ciò di cui hanno veramente bisogno e chiedono gli studenti e i ricercatori, e cioè una visione culturale che abbia come fondamento un’antropologia cristiana e lo specifico contributo del cattolicesimo italiano alla vita dell’Italia e dell’Europa. E’ quanto ha prefigurato il rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, nel suo discorso inaugurale. Un contributo di chiarezza nella frammentazione del presente:

 

“Un compito grande e importante per l’Università. Se l’Università – assieme ad altre dimensioni della società che si sentono responsabili e si fanno carico del futuro del Paese – riuscisse a far crescere delle forme di cooperazione, di collaborazione vera e duratura fra le parti, credo che questo sarebbe per il Paese un salto di non poco conto! Sarebbe uscire da un’epoca, da un’età, da anni che lasciano un po’ tutti noi perplessi”.

 

Sfide, quelle poste dall’età contemporanea, che diventano però anche difficoltà per l’Università:

 

“Ma … le difficoltà sono – certo – crescenti perché le risorse sono minori: quelli che si considerano i finanziamenti pubblici decrescono, la riforma è costata ad ogni università e quindi abbiamo ancora più bisogno di risorse di quanto se ne potesse avere bisogno ieri. Tutto questo è vero. Ci sono anche difficoltà talvolta più insidiose: noi siamo da sempre un’Università non statale, un’Università che rivendica orgogliosamente la propria autonomia; molto spesso tutta una serie di norme, regolamenti che non finiscono più rischiano anche di imbrigliare ciò di cui invece soprattutto adesso c’è bisogno, cioè di modelli di libertà, il più possibile liberi”.

 

L’Università Cattolica è una realtà in continua crescita: sono oltre 41.000 gli studenti distribuiti nelle cinque sedi e nelle 14 facoltà che offrono 52 corsi di laurea. Aumentano le immatricolazioni passate quest’anno ad oltre 12.700, quasi il 30% in più rispetto all’anno precedente. Il 74% dei laureati della Cattolica trova poi lavoro entro sei mesi dalla laurea.

 

La prolusione è stata tenuta dalla prof.ssa Hanna Barbara Gerl-Falkovitz dell’Università di Dresda, che ha affrontato il tema di Romano Guardini e il genio femminile come contributo all’antropologia del XX secolo.

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

 

CHIESA E SOCIETA’

7 novembre 2006

 

 

OGGI GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO A NAPOLI

INDETTA DALL’ARCIVESCOVO CRESCENZIO SEPE: IL PORPORATO INVITA I FEDELI

A RECUPERARE IL SENSO DELLA FRATERNITÀ E DELLA SOLIDARIETÀ

PER SCONFIGGERE LA VIOLENZA E IL DEGRADO

 

NAPOLI. = Preghiera e digiuno per dare spazio ad un esame di coscienza, perché ciascun napoletano possa riflettere e meditare sulla realtà sociale della propria città. Li ha chiesti l’arcivescovo del capoluogo campano, il cardinale Crescenzio Sepe, perché il degrado, la violenza, gli omicidi della camorra, la microcriminalità e l’illegalità non vengano considerati parte della vita quotidiana e perché non suscitino indifferenza. Il porporato ha chiesto che tutte le chiese restino aperte fino a sera mentre nella cattedrale si svolgerà una Veglia. Movimenti, associazioni e giovani animeranno diversi momenti di preghiera per domandare a Dio il dono della comunione e della condivisione, della fraternità e della solidarietà. Alcune comunità parrocchiali si sono preparate a questa giornata con incontri per approfondire il messaggio che il cardinale Sepe ha scritto alla sua diocesi, “Il sangue e la speranza”. Parole con le quali l’arcivescovo di Napoli esorta i fedeli a recuperare il senso di appartenenza alla loro città e a dare più spazio alla speranza. Parole che vogliono risvegliare le coscienze e riaccendere la fede e che invitano a guardare la Chiesa come luogo in cui può rinascere quella pace che la città di Napoli sogna da tempo. (T.C.)

 

 

AUMENTANO DI GIORNO IN GIORNO GLI SFOLLATI IN IRAQ.

RECENTI STIME NE SEGNALANO 460 MILA.

DIFFICILE IN DIVERSI CASI FAR GIUNGERE LORO AIUTI

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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BAGHDAD. = Cresce il numero degli sfollati in Iraq. Dallo scorso febbraio, secondo gli ultimi dati diffusi dal governo iracheno, se ne contano 460 mila. Notevoli le difficoltà per poter offrire assistenza a questo flusso crescente di profughi. Il portavoce del dicastero per i profughi e le migrazioni, Mowafaq Abdul-Raoof, riferisce l’agenzia MISNA, ha detto che sono circa 200 mila le persone iscrittesi nelle liste degli sfollati presso il Ministero, mentre molte altre migliaia hanno trovato asilo presso amici e parenti e quindi non risultano tra quelli registrati. Secondo la stessa fonte, ogni settimana, circa 16 mila persone fuggono verso i sobborghi della capitale o altre località e già 90 mila curdi hanno abbandonato Mossul. Alle cifre del dicastero per le migrazioni vanno integrate quelle fornite dal Ministero per il Commercio - che si incarica di distribuire agli sfollati le razioni di cibo del Programma alimentare mondiale (PAM/WFP) - quelle dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNCHR) e quelle raccolte dalle organizzazioni non governative. La somma finale si avvicina dunque al mezzo milione di persone. Si tratta di famiglie che non hanno un’assistenza adeguata e che necessitano di aiuti urgenti per sopravvivere, anche perchè la maggioranza di queste non ha accesso alla distribuzione pubblica degli aiuti alimentari. Gli ultimi dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati riferivano di 750 mila sfollati interni dall’inizio dell’invasione nel marzo 2003, la metà di questi sono stati censiti dal febbraio scorso.

 

 

OLTRE 160 PERSONE STANNO PRENDENDO PARTE ALL’ASSEMBLEA ANNUALE

DELLA CONFERENZA DEI SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA CHE SI TIENE AD OLBIA.

IERI AI PARTECIPANTI È GIUNTO IL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI

- A cura di Mimmo Muolo -

 

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OLBIA. = La formazione dei nuovi religiosi ha un modello insostituibile. L’icona di Cristo Buon Pastore. Lo ricorda il Papa nel messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato ieri all’annuale Assemblea della CISM, la Conferenza dei Superiori maggiori d’Italia, riunita ad Olbia. Più di 160 rappresentanti dei 24.800 consacrati italiani, che, fino a venerdì, rifletteranno sulle necessità dei processi formativi di quanti vogliono professare i tre voti di castità, povertà e obbedienza. Nel testo Benedetto XVI esprime il suo “apprezzamento per la scelta di una tematica così importante” e “incoraggia a contemplare”, appunto, “l’icona di Cristo Buon Pastore, traendone criteri di discernimento e di formazione per quanti sono chiamati a corrispondere con generosità all’interiore mozione dello Spirito”. Perciò, scrive ancora il cardinale Bertone, il Papa “auspica che questo incontro susciti una sempre più convinta e feconda testimonianza evangelica in risposta alle nuove sfide” di oggi. E le prime risposte, in effetti sono arrivate. Sia nell’omelia pronunciata questa mattina dal nunzio apostolico in Italia, mons. Paolo Romeo, presente ai lavori, sia negli interventi di apertura dell’Assemblea. “Formare – ha detto il presidente della CISM, don Alberto Lorenzelli – significa favorire un’identificazione interiore, prima ancora che operativa, con Cristo”. Solo così sarà possibile ridare vigore alla missione, che da sempre vede i religiosi italiani in prima linea.

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“IL CAMBIAMENTO CLIMATICO STA DIVENTANDO

UNA DELLE MAGGIORI MINACCE PER L’UMANITÀ”.  

IL MONITO DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE DEL KENYA ALLA CONFERENZA DELL’ONU

SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI, INIZIATA IERI A NAIROBI

- A cura di Andrea Cocco -

 

NAIROBI. = Bisogna agire in fretta, perché nei prossimi decenni la temperatura potrebbe aumentare oltre il limite dei due gradi centigradi generando effetti sul nostro ecosistema che non siamo in grado di prevedere. E’ questo il messaggio di fondo che ha accompagnato il primo giorno di lavori della Conferenza sui cambiamenti climatici, in corso a Nairobi. Ieri, durante tutta la giornata, lo hanno ripetuto i rappresentanti dell’ONU, i delegati dell’Unione europea, i rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo. E sono davvero tanti gli argomenti fissati nell’agenda dei lavori per porre rimedio e fermare in tempo i danni prodotti dall’inquinamento atmosferico. Sancire nuovi e più consistenti limiti alle emissioni di gas serra generati dai Paesi industrializzati; attivare un fondo di compensazione destinato ai Paesi poveri che più subiscono oggi l’impatto dei cambiamenti climatici; migliorare il Protocollo di Kyoto, che oggi impone alle economie più avanzate di ridurre del 5 per cento le emissioni di gas serra. Quello iniziato con la firma del Protocollo nel 1997 e la sua entrata in vigore lo scorso anno è infatti un processo lungo - sottolineano diversi osservatori - e oggi si tratta di stabilire per tempo quali impegni i Governi sono disposti a prendere nei prossimi dieci, vent’anni. L’attuale riduzione del 5 per cento in futuro non basterà; per incidere veramente sul futuro del clima si prevede che le economie avanzate debbano ridurre del 30-35 per cento i gas serra entro il 2020 e del 60 per cento entro il 2050. Misure che spaventano le grandi potenze economiche e che rendono tutt’altro che facile la strada dei negoziati. A Nairobi, gli Stati Uniti, Paese che scarica il maggior quantitativo al mondo di gas nell’atmosfera, hanno ribadito di non voler applicare il Protocollo, mentre altri Stati come il Canada hanno espresso la loro perplessità sul raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Al margine della Conferenza le organizzazioni non governative hanno deciso di assegnare ogni giorno una coppa di demerito ai Governi che più impediscono un esito positivo dei negoziati. Si tratta del “Trofeo fossile” che oggi è spettato all’Australia, per non aver ratificato il Protocollo e per aver sviato l’attenzione dei negoziati su argomenti poco rilevanti.

 

 

UN ISTITUTO MEDICO LONDINESE LANCIA UNA PROPOSTA SHOCK:

LA POSSIBILITÀ DI APPLICARE L’EUTANASIA SUI BAMBINI

 APPENA NATI AFFETTI DA GRAVI HANDICAP

 

LONDRA. = Un documento choc del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists di Londra propone di applicare l’eutanasia sui neonati disabili. Inviato alla Nuffield Council on Bioethics, Commissione privata di bioetica, il documento chiede che si apra il dibattito sulla possibilità di intervenire sui bambini gravemente disabili per risparmiarne ai genitori il fardello emotivo ed il peso economico di eventuali cure che si rendessero necessarie. Per l’associazione britannica l’eutanasia sui neonati disabili servirebbe anche a prevenire gli aborti tardivi, i genitori potrebbero infatti decidere di portare avanti quelle gravidanze in cui si sospettano feti portatori di handicap e quindi, poi, stabilire solo alla nascita se tenere il bambino sano o ucciderlo se malato. Simone Aspis del British Council of Disabled People afferma che la possibilità di fare ricorso all’eutanasia sui neonati disabili varrebbe a dire che “essere disabili è una brutta cosa e che gli adulti disabili valgono meno degli altri membri della società”. Anche la Commissione sui diritti dei disabili ha dichiarato la sua fortissima opposizione affermando che è moralmente deprecabile dare alla vita di qualcuno un valore maggiore di quella di un altro. John Wyatt, neonatologo dell’University College Hospital di Londra, sostiene che “la maggior parte dei medici e del personale sanitario è convinta che l’introduzione della possibilità dell’uccisione intenzionale nella pratica medica cambi la natura fondamentale della medicina stessa. Questa verrebbe così trasformata in una forma di ingegneria sociale dove lo scopo è massimizzare i benefici per la società e minimizzare la presenza di quelli considerati senza valore”. (T.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

7 novembre 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata e Ada Serra -

 

L’esercito israeliano si è ritirato dal nord della Striscia di Gaza concludendo, dopo sei giorni, l’operazione “Nubi d’autunno”, in cui sono morti 57 palestinesi e un militare dello Stato ebraico. Tuttavia, mentre la comunità internazionale guarda con attenzione ai colloqui tra Hamas e al Fatah per la formazione di un nuovo governo palestinese, nella Striscia di Gaza si sono verificati diversi incidenti. Il nostro servizio:

 

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Il ritiro israeliano non ha fermato le uccisioni nella Striscia di Gaza. Anche se le dinamiche degli incidenti divergono a seconda delle fonti, un dato è certo: almeno 6 palestinesi sono morti in diversi scontri a fuoco con l’esercito israeliano. Tuttavia, i carri armati di Israele hanno abbandonato l’area ponendo fine a quell’operazione tesa a bloccare il lancio di razzi da parte dei miliziani palestinesi. Un obiettivo forse mancato visto che da giovedì scorso sono stati 36 gli ordigni caduti in territorio israeliano. Oltre ai tanti morti, nel bilancio dell’operazione si devono inserire i circa 2 mila palestinesi interrogati, le decine di arresti e il sequestro di grandi quantità di esplosivi. Del caporale Shalit, rapito lo scorso mese di giugno, nessuna traccia. Sul piano politico palestinese, si attende la nascita di un nuovo governo di unità nazionale. Attesa che passa oggi per il nuovo vertice tra il presidente Abu Mazen e il premier Ismail Haniyeh. Ieri sera i due, dopo un colloquio di tre ore a Gaza City, non hanno trovato un accordo sul nome del primo ministro. Secondo la stampa locale c’è intesa sul fatto che il nuovo esecutivo palestinese deve essere formato da ministri tecnici e guidato da una personalità indipendente e soprattutto accettabile per la comunità internazionale. E’ quanto Abu Mazen ripete da tempo, tuttavia Hamas, che ha la maggioranza assoluta in parlamento, rivendica in questa fase maggiore potere decisionale.

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A due giorni dalla condanna a morte, Saddam Hussein è tornato nuovamente in aula. Questa volta l’ex rais è accusato di genocidio per il massacro di 180 mila curdi avvenuto, sul finire degli anni ottanta, nell’ambito della campagna militare di Anfal. Intanto, mentre a Baghdad le autorità hanno tolto il coprifuoco imposto domenica per il verdetto della corte, la guerriglia continua a colpire. Stamani due giovani sono morti per l’esplosione di una bomba in un liceo femminile di Falluja, a nord della capitale, dove sono stati ritrovati i cadaveri di 20 persone non identificate.

 

Non si arrestano le violenze anche in Afghanistan. Il bilancio di oggi parla di almeno 5 morti. Si tratta di un soldato della forza ISAF, di due militari afghani e due guerriglieri taleban deceduti in tre distinti episodi nel sud e nell'est del Paese.

 

Importante test elettorale per l’Amministrazione Bush, che oggi affronta le elezioni di medio termine. Gli americani sono chiamati, infatti, ad eleggere i 435 membri della Camera, 33 dei 100 senatori e i governatori di 36 Stati su 50. Sul voto si allunga l’ombra della guerra in Iraq. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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L’opposizione democratica ha bisogno di recuperare 15 seggi nella Prima Camera e 6 nella Seconda per togliere la maggioranza ai Repubblicani. Gli ultimi sondaggi danno un vantaggio medio nazionale di 12 punti agli sfidanti, ma la composizione del futuro Parlamento verrà decisa dalla singole gare nei distretti locali e negli Stati. Gli analisti ritengono che i Democratici abbiano più possibilità di riprendere il controllo della Camera che non il Senato. Se riuscissero a diventare la maggioranza anche in una sola delle due assemblee parlamentari, le dinamiche politiche cambierebbero, perché a quel punto Bush dovrebbe cercare un compromesso con l’opposizione per qualunque iniziativa legislativa, compreso il finanziamento della guerra in Iraq. Proprio questo conflitto è stato al centro della campagna elettorale, nonostante i Repubblicani abbiano cercato di spostare l’attenzione sull’economia e la lotta al terrorismo. Le notizie negative che da mesi arrivano da Baghdad hanno fatto calare la popolarità di Bush e del suo partito. Ora il presidente spera che la condanna a morte di Saddam Hussein gli dia una spinta e gli ultimi sondaggi hanno segnalato una ripresa dei Repubblicani. D’altro canto, diversi scandali, come quello del deputato Foley, accusato di relazioni improprie con giovani impiegati del Congresso, potrebbero spingere all’astensione la destra religiosa, tradizionale base del partito di Bush.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Continuano i disordini nella repubblica centro-asiatica del Kyrgyzstan. Questa mattina, nella capitale Bishkek, quattro persone sono rimaste ferite da colpi d’arma da fuoco durante gli scontri tra sostenitori dell’opposizione e seguaci del Presidente della Bak-Iyev. Dopo sei giorni di agitazioni, quest’ultimo ha minacciato di sciogliere il Parlamento se non verrà trovata una soluzione alla richiesta di piazza di modificare la costituzione in senso parlamentarista. Dall’altra parte, i dimostranti dell’opposizione questa notte hanno eletto un’assemblea costituente che ha varato una nuova costituzione che limita i poteri del capo dello Stato.

 

Sono stati resi noti questa mattina i risultati definitivi delle elezioni presidenziali in Tagikistan. Il presidente uscente Emomali Rakhmonov è stato riconfermato alla guida del Paese, ottenendo il 79 per cento dei voti. Alta è stata inoltre l’affluenza alle urne – ha votato il 91 per cento degli aventi diritto - nonostante l’opposizione e il partito islamico avessero annunciato un boicottaggio del voto. Gli osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa hanno sollevato però dubbi sulla trasparenza del processo elettorale, viziato da troppi brogli e dalla mancanza di una vera competizione.

 

In Nicaragua è netto il vantaggio di Daniel Ortega nello scrutinio delle elezioni presidenziali di domenica scorsa. Secondo i risultati parziali, l’ex leader rivoluzionario marxista sembra farcela già al primo turno. Dopo lo scrutinio del 61% dei seggi, Ortega ha infatti conquistato il 38,7% dei voti, contro il 30,9% dello sfidante, il conservatore Eduardo Montealegre. Per vincere al primo turno, serve il 40% dei voti, oppure il 35% dei suffragi e un vantaggio di almeno 5 punti sul secondo classificato.

 

Sospendere immediatamente l’uso delle armi a grappolo, che producono effetti enormemente traumatici. E’ l’appello lanciato dall’ONU in occasione della conferenza di riesame della Convenzione sul divieto dell’uso di alcune armi convenzionali, che si è aperta oggi a Ginevra. Secondo il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite, Jan Egeland, la sospensione è essenziale in attesa che la comunità internazionale si doti di strumenti legali in grado di affrontare tale minaccia.

 

La Corte d’Assise di Milano ha condannato ieri a dieci anni di reclusione, per associazione per delinquere finalizzata al terrorismo internazionale Osman Rabei, ritenuto l’organizzatore delle stragi di Madrid dell’11 marzo 2004. Si tratta della prima persona condannata per la strage in Spagna, costata la vita a 191 persone. 

 

Le autorità olandesi hanno arrestato sei persone, tra ieri sera e stamattina, nel corso di un’inchiesta su una rete internazionale di terrorismo islamico. L’operazione, avvenuta a Rotterdam, ha riguardato cinque uomini e una donna, sospettati di aver reclutato estremisti musulmani aspiranti terroristi.

 

E’ giunta alle battute finali l’operazione antipedofilia condotta dalla squadra mobile di Roma, che ieri ha eseguito 32 arresti emessi dal tribunale capitolino. Gli imputati, secondo le accuse, approfittavano del disagio sociale dei bambini rom per abusarne sessualmente. I fatti, ai danni di una decina di bambini fra i 10 e i 13 anni, sarebbero avvenuti a Roma tra il 2005 e il 2006. Fra gli arrestati figura anche un sacerdote della provincia di Prato. Profondo dolore è stato espresso dal vescovo della città toscana, mons. Gastone Simoni, che ha fatto proprie le parole recentemente pronunciate dal Papa: “I casi dolorosi di abusi sessuali sui minori sono ancora più tragici quando a compierli è un ecclesiastico”. La curia diocesana, attraverso una nota, ha precisato che “se l’accusa corrispondesse al vero il religioso sarebbe automaticamente sospeso dalle sue funzioni”.

 

Almeno 9 morti, 4 dispersi e decine di feriti. Questo il bilancio del passaggio di un violento tornado nell’isola di Hokkaido, nel nord del Giappone. Nella cittadina di Saroma è stata investita in pieno una zona di case prefabbricate, destinate ai lavoratori di un cantiere. Le immagini diffuse dalle tv giapponesi mostrano soccorritori fra le macerie mentre cercano eventuali sopravissuti. Si vedono anche automobili sollevate e rovesciate.

 

I dati provvisori sul ballottaggio presidenziale nella Repubblica Democratica del Congo, tenutosi il 29 ottobre, mostrano un vantaggio del presidente uscente Joseph Kabila, che si attesta sul 70 per cento dei voti, rispetto al vicepresidente Jean-Pierre Bemba. Finora sono state però scrutinate soltanto l’11 per cento delle schede. I risultati provvisori completi sono attesi per il 19 novembre mentre quelli definitivi saranno proclamati a fine mese.

 

Si apre intanto giovedì, presso la Corte Penale Internazionale, il processo contro l’ex signore della guerra congolese Thomas Lubanga, accusato di coscrizione forzata di bambini soldato durante la lunga guerra civile che ha insanguinato il Paese. Si tratta del primo processo intentato da un tribunale internazionale esclusivamente per il reclutamento forzato di bambini.

 

In Ciad combattimenti fra comunità arabe e non arabe hanno provocato la settimana scorsa più di un centinaio di morti. Lo ha dichiarato oggi il ministro ciadiano per l’amministrazione territoriale, Bachir, precisando che gli scontri sono avvenuti nel sud est del Paese.

 

Il pallone con il quale è stata giocata la finale del mondiale di Germania 2006 tra Italia e Francia è stato venduto all’asta per 1,9 milioni di euro. Ad aggiudicarselo l’emiro del Qatar, Sheik Mohamed bin Hamad al Thani. La somma pagata finanzierà un’organizzazione di beneficenza locale mentre il pallone, autografato dai giocatori italiani campioni del mondo, sarà donato ad un’accademia dello sport durante i prossimi Giochi asiatici, che si disputeranno a dicembre a Doha.

 

 

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