RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 308 - Testo della trasmissione di sabato 4 novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Mons. Migliore all’ONU:
terrorismo, nichilismo e fondamentalismo minacciano la pace nel mondo
OGGI IN PRIMO PIANO:
Domani in Nicaragua le elezioni presidenziali
Il commento di padre Marko Ivan
Rupnik al Vangelo di domani
CHIESA E SOCIETA’:
Aperta stamani la 43.ma Assemblea
plenaria dei vescovi francesi
Lettera dei vescovi angolani
“per una giustizia economica”
Non si fermano i raid israeliani a Gaza: uccisi
altri sei palestinesi. 42 i morti da mercoledì scorso
4 novembre 2006
SONO
STATI CHIAMATI A METTERE IN PRATICA LE PAROLE DI SAN PAOLO:
“PER
ME VIVERE È CRISTO”. COSÌ BENEDETTO XVI, OGGI,
NELLA
BASILICA DI SAN PIETRO, NELLA MESSA IN SUFFRAGIO
DEI
CARDINALI E DEI VESCOVI DEFUNTI NEL CORSO DELL’ANNO
Benedetto XVI ha presieduto stamani nella Basilica
Vaticana una Santa Messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti negli
ultimi dodici mesi. Spiegando quale meta ci attende al termine del
pellegrinaggio terreno, il Papa ha detto che se la morte priva l’uomo di tutto
ciò che è terreno,
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(musica)
“A ciascuno di loro Cristo ‘ha dato le parole’ del Padre
ed essi ‘le hanno accolte’”: Benedetto XVI ha ricordato con queste parole i
cardinali e i vescovi scomparsi nel corso dell’anno, ed ha voluto menzionare
uno per uno i porporati:
“Leo Scheffczyk, Pio
Taofinu’u, Raúl Francisco Primatesta, Angel Suquía Goicoechea, Johannes
Willebrands, Louis-Albert Vachon, Dino Monduzzi e Mario Francesco Pompedda. Mi
piacerebbe nominare anche ciascuno degli Arcivescovi e dei Vescovi, ma ci basta
la consolante certezza che, come disse un giorno Gesù agli Apostoli, i loro
nomi “sono scritti nei cieli”.
Nel suo pensiero rivolto a questi pastori che hanno
terminato il loro pellegrinaggio terreno, il Santo Padre ha spiegato che se la
morte “priva di tutto ciò che è terreno”, è
“Affinché la veste
bianca, ricevuta nel Battesimo, sia purificata da ogni scoria e da ogni
macchia,
Il mistero pasquale di Cristo, ha detto il Papa, insegna
che
“Conoscere Gesù significa conoscere il Padre e conoscere il Padre vuol
dire entrare in comunione reale con l’Origine stessa della Vita, della Luce,
dell’Amore”.
Cardinali e vescovi sono stati
chiamati “nella Chiesa a sentire come proprie e a cercare di mettere in pratica
le parole dell’apostolo Paolo: ‘Per me vivere è Cristo’, ha concluso il
Pontefice, che ha spiegato il senso del cammino, nei sacramenti, di tali
pastori:
“Attraverso tale itinerario sacramentale, il loro ‘essere in Cristo’ è
andato consolidandosi e approfondendosi, così che il morire non è più una
perdita – dal momento che tutto avevano già evangelicamente ‘perduto’ per il
Signore e per il Vangelo – ma un ‘guadagno’: quello di incontrare finalmente
Gesù, e con Lui la pienezza della vita”.
E per i
cardinali e i vescovi defunti in questo anno i fedeli hanno pregato perché
possano contemplare con Cristo l’eterno splendore di Dio.
(musica)
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NOMINE
In Italia,
il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Pistoia presentata da mons. Simone Scatizzi, per raggiunti limiti di età. Gli
succede mons. Mansueto Bianchi, finora vescovo di Volterra. Mons. Mansueto
Bianchi è nato a S. Maria a Colle, in provincia di Lucca, il 4 novembre
1949. Alunno del Collegio Capranica, ha frequentato
MONS.
CELESTINO MIGLIORE ALL’ONU: TERRORISMO, NICHILISMO
E
FONDAMENTALISMO FANATICO MINACCIANO
Oggi, “terrorismo, nichilismo e fondamentalismo fanatico
minacciano la coesistenza pacifica”
dell’umanità, in quanto separano la pace dalla verità. E’ quanto ha
detto ieri l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU,
l’arcivescovo Celestino Migliore, durante i lavori dell’Assemblea Generale in
corso al Palazzo di Vetro di New York. Il servizio di Sergio Centofanti:
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“La pace – ha sottolineato il presule – implica una verità
che è comune a tutti i popoli al di là delle differenze culturali, filosofiche
e religiose”: la verità che “la dignità di ogni persona” è “intimamente legata
al trascendente”. Mons. Migliore ha citato il
Messaggio di Benedetto XVI per
“La mancanza della fondamentale verità della pace sul piano
culturale – ha proseguito il rappresentante vaticano – ha indubbiamente
prodotto effetti devastanti” in questi ultimi anni. “L’esempio più drammatico è
il terrorismo internazionale” le cui radici culturali sono simili a quelle del
nichilismo. “I nichilisti – ribadisce mons. Migliore citando Benedetto XVI -
negano l'esistenza di qualsiasi verità, mentre i fondamentalisti accampano la
pretesa di poterla imporre con la forza. Pur avendo origini e contesti
culturali diversi, entrambi mostrano un
pericoloso disprezzo per l'uomo e
la vita umana e, in ultima
analisi, per Dio stesso”. Da qui possono derivare “terrorismo, guerre, genocidi
e ingiustizie nazionali e internazionali che … opprimono e abbandonano alla
fame intere popolazioni” minacciandone il diritto all’esistenza. In queste
situazioni – ricorda mons. Migliore - la
verità della pace è legata al principio della responsabilità da parte della
comunità internazionale di proteggere i popoli minacciati.
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SARÀ PROCLAMATO BEATO, DOMANI, PADRE MARIANO DE LA MATA APARICIO,
SACERDOTE AGOSTINIANO “PROTETTORE DEI BAMBINI E DEI
POVERI”
Nella cattedrale di San Paolo, in Brasile, si terrà domani
la Messa per la Beatificazione del Servo di Dio Mariano de
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Padre Mariano de La Mata
Aparicio, che domani sarà proclamato beato a 23 anni dalla morte, è nato il 31 dicembre
1905 a La Puebla de Valdavia, in Spagna, da una famiglia profondamente
cristiana. Seguendo l’esempio dei suoi tre fratelli, è entrato nel 1921
nell’Ordine agostiniano. Nel 1930 è stato ordinato sacerdote e, dopo una breve
permanenza in un collegio agostiniano nelle Asturie, è stato inviato in
Brasile, dove ha svolto sino alla morte varie attività educative e pastorali. Si è distinto come “messaggero della carità”, sempre attento ai bisognosi, ai bambini, agli anziani. Visitava gli ammalati negli ospedali ed era un consolatore
caritatevole. A San Paolo era poi fortemente impegnato
nei Laboratori della Carità di Santa Rosa, istituzioni assistenziali per i più
indigenti. Percorreva
le vie della città brasiliana cercando di confortare i bisognosi e, negli
ultimi tempi, era solito visitare centri di assistenza dove si confezionavano
vestiti per i più poveri. Padre Mariano è morto il 5
aprile del 1983. I suoi resti riposano nella chiesa di Sant’Agostino a San
Paolo e la sua opera continua grazie a numerose attività che, seguendo i suoi
insegnamenti, alleviano le sofferenze dei bisognosi. In particolare è sorto un
asilo per bambini indigenti, intitolato a padre Mariano, “protettore dei bambini e dei
poveri”.
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LO
SPIRITO DI ASSISI RIVIVE NELL’INCONTRO GIOVANILE PROMOSSO
DAL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO,
A 20
ANNI DAL RADUNO VOLUTO DA GIOVANNI PAOLO II
-
Intervista con padre Vincenzo Coli -
Un centinaio di giovani, 27 nazioni di provenienza, un
confronto di culture ma soprattutto di fedi tra le più diverse: cristiani delle
varie confessioni, ebrei, islamici, buddisti, zoroastriani. Per la terza volta
quest’anno, da domani a martedì prossimo, Assisi torna ad ospitare un evento
celebrativo a 20 anni dall’incontro dei leader religiosi convocato nella città
francescana da Giovanni Paolo II. A promuovere l’iniziativa, il Pontificio
Consiglio per il dialogo interreligioso, che intende approfondire – attraverso
la testimonianza diretta dei giovani – “l’impatto” esercitato da “Assisi 1986”
all’interno della Chiesa e nel dialogo tra le fedi. Da tempo, la comunità
francescana di Assisi sta preparandosi a questo avvenimento. Il custode del
Sacro Convento, padre Vincenzo Coli, spiega in che modo al microfono di
Alessandro De Carolis:
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R. – C’è attesa, siamo pieni di speranza e di gioia perché
le nuove generazioni possano fare memoria di quanto è avvenuto e arricchirsi,
in vista del loro impegno nella vita.
D. – Il fatto che in questa particolare occasione siano
per l’appunto i giovani di diverse fedi a confrontarsi dà speranza al futuro
del dialogo e in prospettiva, direi, anche al radicamento della tolleranza tra
le religioni…
R. – Sì, perché noi crediamo fortemente nell’educazione.
Naturalmente, non bisogna attendersi frutti immediati ma sicuramente a medio e
lungo termine. I giovani devono immergersi in questo spirito che nasce
dall’atteggiamento vitale di San Francesco verso Dio, verso l’uomo, verso le
creature, per arricchirsene e poi viverlo nell’incontro della vita di ogni
giorno.
D. – Tra gli appuntamenti previsti dal programma, ci sarà
anche un pellegrinaggio dal Sacro Convento, che sarà la sede principale degli
incontri, alla chiesa di San Damiano. Qual è il senso di questo particolare
momento?
R. – Credo che si possa cogliere il senso pieno di questo
avvenimento nel fatto che quest’anno ricorre l’ottocentesimo anniversario della
conversione di San Francesco. Allora, dai resti mortali della sua esistenza
andare verso San Damiano significa rivivere un avvenimento che ha cambiato la
vita di Francesco, l’ha fatto fratello universale di tutti: l’incontro con il
Cristo. E poi, da San Damiano, passeranno a Rivotorto perché siamo convinti che
fare una vera esperienza di Dio, come l’ha fatta Francesco con il Crocifisso di
San Damiano, porti inevitabilmente a scoprire e a servire i fratelli. Infatti,
a Rivotorto Francesco si mise a servire i fratelli più poveri, i lebbrosi del
tempo.
D. – In questo clima, ci sarà anche una riflessione del
vescovo di Assisi, mons. Sorrentino, sull’impatto di Assisi 1986: 20 anni dopo,
qual è la sua impressione sullo spirito di Assisi?
R. – Con il documento che il Santo Padre ha mandato allo
stesso vescovo – in occasione di un precedente avvenimento celebrativo dell’86
- credo sia un motivo di gioia e di speranza: anche se dobbiamo continuamente
ribadire di non fare del sincretismo perché dobbiamo avere tutti una chiara e
forte identità. Ma una identità matura, che sappia aprirsi all’incontro, al
dialogo, all’arricchimento reciproco nel rispetto delle singole fedi, valori ed
ideali.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano – “Raccomandiamo le loro anime
alla divina misericordia”: Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la
solenne concelebrazione eucaristica in suffragio dei cardinali e dei vescovi
defunti nel corso dell'anno.
Servizio estero - L'intervento
della Santa Sede al secondo Comitato dell'Assemblea generale dell’ONU
sul tema dello sviluppo sostenibile: “La questione ambientale rappresenta
un importante problema dal punto di vista etico, scientifico, economico e
sociale”;
L'intervento della Santa Sede nel dibattito
sull’“Unrwa”: “Avviare un negoziato serio e concreto, senza pre-condizioni”.
Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno
dal titolo “La riscoperta di un Rinascimento ‘minore’”: sculture lignee di
artisti umbri e marchigiani in una mostra nel convento di San Domenico a
Camerino.
Servizio italiano - In rilievo il tema degli
incidenti sul lavoro.
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4 novembre 2006
DOPO
GLI INCONTRI DEI GIORNI SCORSI,
OGGI E
DOMANI SONO LE GIORNATE DECISIVE
DEL VERTICE A PECHINO TRA LA CINA E 48 PAESI
AFRICANI
-
Intervita con Alberto Quadrio Curzio -
Il governo cinese afferma che la Repubblica popolare è
impegnata in Africa per il benessere dei popoli, ma nel rispetto dei modelli
sociali e dei sistemi di valori locali: è la sua risposta a Human Rights Watch, l’Organizzazione
internazionale che ha affermato che nel Continente africano Pechino indebolisce
la lotta per il rispetto dei diritti umani. Si tratta di dichiarazioni che
fanno seguito agli incontri, svoltisi nei giorni scorsi, in preparazione del
summit, oggi e domani, nella capitale cinese 48 Paesi africani. Al termine del
summit, i presidenti di Algeria, Egitto, Guinea-Bissau, Liberia, Seychelles e
Sudafrica dovrebbero trattenersi in Cina per una visita ufficiale. Il servizio
di Fausta Speranza:
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Gli scambi commerciali tra la Cina e l'Africa sono passati
dai circa 11 miliardi di dollari del 2000 ai 50 miliardi previsti per il 2006.
L'anno scorso la Cina ha investito nel continente 6,27 miliardi di dollari,
cioè circa il 10% degli investimenti all'estero. E dal continente africano
arriva il 30% delle importazioni cinesi nel settore energetico. Secondo Guido
Samarani, docente di Storia della Cina all'Università Ca' Foscari di Venezia,
le merci cinesi a basso costo hanno invaso i “mercati africani, soprattutto
laddove l'Europa e gli Stati Uniti non sono arrivati o si sono ritirati per
ragioni di instabilità politica o di violazioni di diritti umani”. Secondo Ian
Taylor della Scuola di Relazioni internazionali della University of St.
Andrews, si celano rischi per i Paesi del continente africano. Primo fra tutti
è che il boom delle materie prime, con relativo aumento degli introiti, “porti
i governi africani a non individuare e adottare le misure necessarie, come gli
investimenti nel capitale umano e nelle infrastrutture o l'avvio di riforme
istituzionali, per rendere la crescita sostenibile nel medio termine”. Il tutto
in un periodo in cui il continente ha registrato i più alti tassi di crescita
economica della sua storia recente (più 5,2% nel solo 2005). Altro pericolo, secondo
Taylor, è quello della mancata “diversificazione dell'economia”: “un aumento considerevole
dell'interesse cinese al petrolio africano minaccia di rafforzare la dipendenza
dell'Africa”. Taylor sottolinea che mentre Pechino ''esporta nel continente soprattutto
prodotti manifatturieri finiti, l'Africa esporta nel gigante asiatico
prevalentemente materie prime che generano capitale”. Ma in che modo la Cina,
sempre più potenza economica, incide a livello globale? Lo chiediamo
all’economista Alberto Quadrio Curzio:
R. - Credo che la Cina abbia già spostato gli equilibri
mondiali almeno sotto due profili, anche
se non ce ne rendiamo conto completamente. Un primo profilo è quello del commercio
internazionale, perchè la Cina ha un surplus commerciale formidabile, cioè esporta
molto di più di quanto importi e ha quindi accumulato un’enorme quantità di
riserve valutarie, soprattutto in dollari, che le consentono una capacità di
pressione formidabile sugli Stati Uniti. Un’altra ragione è di tipo politico.
Tutti sappiamo che questo Paese, dotato di armamenti formidabili e del più
grande esercito del mondo, rappresenta pur sempre un interlocutore di cui gli
Stati Uniti stessi ormai devono tenere conto e ciò è anche dimostrato dalla
relativa cautela che tutto il mondo, ma anche gli Stati Uniti, hanno nei
confronti della Cina, quando si tratta di richiamare la stessa al rispetto dei
diritti umani.
D. – Questa “offensiva” in Africa, quanto ulteriormente
potrà spostare?
R. – E’ chiaro che la Cina ha almeno due strategie: una
visibilissima e l’altra intuibile. Quella visibilissima è di avere un rapporto
molto forte con un continente dotato di un’enorme quantità di risorse naturali,
di cui la Cina ha bisogno essenziale per il proprio sviluppo. E questo potrà
creare problemi economici ad altri Paesi. La seconda ragione di questo
intensificarsi dei rapporti è intuibile, ma non è ancora prefigurabile in modo
definito, e cioè che la Cina intende rafforzare la sua posizione in Africa,
anche come interlocutore politico, prendendo il posto di quella che una volta
era stata l’Unione Sovietica, la cui influenza su molti Paesi dell’Africa era
stata assai rilevante. Quindi, lo scenario mondiale è davvero cambiato.
D. – Professore, guardiamo tutto dal punto di vista
dell’Europa. Come sposta gli equilibri per l’Europa?
R. – A mio avviso l’Europa potrebbe avere un ruolo assai
più rilevante in tutto quanto sta accadendo nel mondo. Più rilevante, perché
l’Europa è certamente un’area altamente democratica, con un grado di civiltà
avanzato, con un formidabile rispetto dei diritti umani, anche se in tutto ciò
bisogna pur sempre migliorare. Tuttavia, l’Europa, che è tecnicamente il più
grande “Paese” sviluppato del mondo, con 450 milioni di abitanti, un reddito
totale grossomodo uguale a quello degli Stati Uniti, ahimè, non è
sufficientemente coeso al suo interno. Io reputo, però, che l’Europa abbia nel
XXI secolo un ruolo importantissimo per un avanzamento della civiltà, dei
grandi valori. Bisognerà vedere che cosa i singoli Stati nazionali intenderanno
fare.
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DOMANI IN NICARAGUA ELEZIONI PRESIDENZIALI
Elezioni presidenziali domani in
Nicaragua. Cinque i candidati alla massima carica dello Stato. Incerto l’esito
del voto, cui partecipano oltre 3 milioni e mezzo di aventi diritto, anche se i
sondaggi danno per favorito il leader sandinista, Daniel Ortega. Il servizio di
Maurizio Salvi da Managua:
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La novità dell’appuntamento di domani sancisce la fine del
bipartitismo in Nicaragua. Da una parte, infatti, il Fronte sandinista di
liberazione nazionale ha subito la scissione del Movimento rinnovatore
sandinista; dall’altra, da una costola del Partito liberal-costituzionalista è
nata l’Alleanza liberale nicaraguense. Dopo la dura esperienza presidenziale
degli anni ’80, in cui il Paese visse anni di guerra civile, il sandinista
Daniele Ortega, che intanto ha modificato radicalmente il suo profilo ideologico,
tenta per la quarta volta di riconquistare il potere. I pronostici della
vigilia sono unanimi nell’indicare in Ortega il favorito anche se non con la
certezza di una vittoria al primo turno. Di fronte a questo scenario il leader
sandinista fa il massimo sforzo per raggiungere il 40 per cento dei voti: un
eventuale ballottaggio potrebbe essere infatti per lui un ostacolo insormontabile.
Da Managua, Maurizio Salvi, Ansa, per la Radio Vaticana.
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Ma per una valutazione dell’importanza del voto di domani
in Nicaragua, la nota di Luis Badilla:
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Indipendentemente dal nome del possibile vincitore, Ortega
o Montealegre, ormai è chiaro a tutti il livello di drammaticità e di urgenza delle sfide che
attendono il nuovo presidente, nonché le forze politiche cha avranno una
rappresentanza parlamentare. Il Nicaragua, insieme con Haiti e la Bolivia, è
nell'elenco delle tre nazioni più povere del continente americano e,
soprattutto, è il Paese dove è più forte la disuguaglianza nella distribuzione
della ricchezza.
Alla fine
dell'amministrazione del presidente uscente, Enrique Bolaños, sembra evidente
che il "Programma per ridurre la povertà e facilitare la crescita"
(PRGF), negoziato con il Fondo Monetario, non ha dato i frutti attesi. Infatti,
il 79,9 per cento della popolazione nicaraguense vive con meno di 2 dollari al
giorno e il 45 per cento con meno di un dollaro. Pensiamo che in Bolivia solo il 34.3 per cento sopravvive con due
dollari e il 14,4 per cento con uno.
Questa
apprezzabile differenza tra gli indici di povertà dei due Paesi è data dal fatto
che i livelli di povertà della popolazione non dipendono solo dal livello
dell'entrata media pro-capite del Paese, ma anche dalla distribuzione diseguale
delle risorse. Il Nicaragua ha un
livello di scolarità elementare molto inferiore a nazioni come il Bangladesh e
la Cambogia che hanno redditi pro-capite più bassi di circa il 50 – 60 per cento.
Un altro dato importante del Nicaragua è che la popolazione infantile, secondo
l'UNICEF, rappresenta il 51 per cento di tutta la popolazione. La maggior parte
dei minori vivono nelle famiglie con entrate più basse e, dunque, sono tra i
più colpiti dalla povertà.
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A
FIRENZE, SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DELLE VITTIME
DELL’ALLUVIONE DEL 1966.
NEL
CAPOLUOGO TOSCANO, ARRIVATI OLTRE 2.200 “ANGELI DEL FANGO”
PER
RICORDARE IL 40.MO ANNIVERSARIO DI QUELLA TRAGEDIA
- Ai
nostri microfoni Andrea Poggiali e Bernardina Bargellini -
Con una messa nel Duomo, l’arcivescovo di Firenze,
cardinale Ennio Antonelli, ha commemorato questa mattina le 35 vittime
dell’alluvione che travolse il capoluogo toscano il 4 novembre del 1966. Dopo
40 anni, Firenze non sembra però ancora attrezzata per far fronte ad una
eventuale, nuova emergenza: il capo della protezione civile italiana, Guido
Bertolaso, ha dichiarato che “resta ancora da completare un’opera che se
rimanesse realizzata in modo parziale potrebbe mitigare possibili danni, ma
certamente non evitarli”. Ma torniamo alla drammatica alluvione del 1966, con
il servizio di Isabella Piro:
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(Voce di Paolo VI)
(…) Fiorentini, ai
cento titoli, che voi potete avanzare per la Nostra affezione, per la Nostra
stima, per l’umana e cristiana comunione, un altro titolo si è aggiunto, che
ora, più d’ogni altro, Ci ha messi in cammino: il vostro dolore, così grande,
così singolare, così fiero e così degno(…).
Così, nella Messa del Santo Natale celebrata il 24
dicembre 1966 nel Duomo di Firenze, Papa Paolo VI rese omaggio alla città. Poco
meno di 2 mesi prima, all’alba del 4 novembre, il capoluogo toscano si era
svegliato invaso dal fango. Le piogge battenti degli ultimi giorni avevano
fatto crescere a dismisura l’Arno, che aveva rotto gli argini. 35 persone
morirono, sepolte dalle acque melmose che sfiorarono i 5 metri. A migliaia
persero i loro averi, il loro lavoro. Ma non persero la dignità, quella
fierezza, la chiamò Papa Montini, che li spinse a rimboccarsi le maniche. Due
giorni dopo l’ondata di piena, il fiume si ritirò, lasciando Firenze sepolta da
una montagna di detriti. Ed è proprio allora che arrivarono loro, i così detti
“Angeli del Fango”: erano giovani volontari italiani e stranieri. Risposero
all’appello delle autorità locali per portare aiuto alla popolazione, ma anche
per portare in salvo quell’immenso patrimonio artistico e culturale che ancora
oggi rende grande Firenze. Adriano Poggiali era uno di quegli angeli del fango;
aveva solo 14 anni all’epoca, ma quei giorni non li dimenticherà mai:
“L’atmosfera era ovviamente di sconcerto e di sconforto.
Stando tra noi, però, si creò quel feeling, quell’entusiasmo che nei momenti di
tragedia questa città in qualche modo riesce ancora a dare. Si toccava nella gente
questa voglia di riscatto e di ritornare alla normalità”.
Nella desolazione del novembre ‘66, ci fu un uomo che si
dedicò anima e corpo alla città: si chiamava Piero Bargellini ed era il sindaco
di Firenze. La sua casa, collocata nel quartiere Santa Croce, fu una delle
prime ad essere travolta dall’Arno. Eppure, il primo cittadino non accettò i
soccorsi, finché non fu certo che il resto della popolazione era al sicuro. La
figlia Bernardina ci racconta come il sindaco affrontò l’emergenza:
“Fu bravissimo e fortissimo. Scherzava con le persone. Mi
ricordo quando venne Montanelli. Arrivò alla casa di mio padre e non ebbe il
coraggio di entrare. Al babbo, mentre usciva vestito da palombaro, perchè aveva
gli stivaloni, Montanelli disse: ‘Che fai?’ E il babbo ridendo disse: ‘Che
faccio? Faccio i fanghi, vedi. Me li hanno portati a domicilio’”.
Anche il presidente della Repubblica italiana, Giorgio
Napolitano, ha voluto ricordare gli “Angeli del fango”, definendoli un “esempio
indelebile di passione civile ed ideale”. Ed a loro, eroica gente di buona
volontà, oggi Firenze ha detto grazie.
(musica)
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SEMINARIO, A ROMA, PROMOSSO DALL’AZIONE CATTOLICA
IN
PREPARAZIONE ALLA 45.MA SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI ITALIANI
- Ai
nostri microfoni professor Luigi Alici -
“Bene comune e ‘valori non negoziabili’ in una società
post-secolare”: con questo tema si è svolto oggi a Roma un seminario
organizzato dal centro studi dell’Azione Cattolica Italiana, in preparazione
alla 45.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che si terrà in Toscana,
nell’ottobre del prossimo anno, a un secolo esatto dalla prima edizione. Sulla
scia dell’impegno significativo dell’Azione Cattolica in occasione del Convegno
ecclesiale di Verona, ecco che quest’associazione, che pone tra i suoi
principali obiettivi il servizio alla Chiesa, promuove un’iniziativa di
riflessione su quello che sarà un altro evento importante per la Chiesa
italiana. Ma come si sta preparando l’Azione Cattolica alla Settimana sociale
del prossimo anno? Ada Serra lo ha chiesto al presidente nazionale, il
professor Luigi Alici:
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R. – L’intenzione è di riflettere sul bene comune,
sottolineandone il valore aggiunto, cioè il fatto che il bene comune sia molto
di più della somma dei beni individuali e sicuramente cosa diversa dalla somma
degli egoismi individuali. C’è bisogno oggi di riflettere sulla “comune”, cioè
sul dono che ci accomuna, che ci fa scoprire vincolati gli uni agli altri da un
orizzonte che ci oltrepassa, mentre nell’immaginario collettivo si pensa al
bene comune in termini prevalentemente aritmetici.
D. – Come si caratterizza la società post-secolare di cui
parlate e come affrontare le sfide che pone?
R. – E’ importante sottolineare che dopo decenni di
dibattito sulla secolarizzazione si incomincia a riconoscere che in una società
multiculturale si fronteggia meglio la sfida della convivenza, non azzerando lo
spazio pubblico, cioè neutralizzandolo, ma riconoscendo quei valori condivisi,
anche minimali, che costituiscono il pavimento etico su cui tutti possiamo
camminare.
D. – E allora quali sono i ‘valori non negoziabili’ che,
secondo voi, devono accompagnare la ricerca del bene comune oggi?
R. – Ci sono una serie di equivoci su questa espressione
che è importante dissipare, cominciando prima di tutto a distinguere tra i
valori negoziabili, che sono essenzialmente i valori di carattere economico e
sociale, e i valori non negoziabili, che indicano quell’orizzonte di principi
che riteniamo irrinunciabili per il bene della società. E possono essere
individuati, in un certo senso, a due livelli. Ad un primo livello come valori
naturali, che possono essere considerati patrimonio comune dell’umanità. Ad un
secondo livello, ci sono anche valori identitari, come sono i valori delle grandi
confessioni religiose. I conflitti che nascono a questo livello sono conflitti
che possono essere risolti con il rispetto reciproco.
D. – Come si può concretizzare, secondo l’Azione
Cattolica, l’impegno dei laici cristiani nell’attuale contesto politico e
sociale italiano?
R. – Da questo punto di vista riprenderei la lezione,
purtroppo da alcuni fraintesa, di Papa Benedetto XVI, a Regensburg, dove il
Papa ha invitato sostanzialmente a tenere insieme questi due livelli di cui
parlavo precedentemente. Lo si può fare nella misura in cui si riconosce che la
difesa dei valori confessionali è una difesa che non può mai prescindere
dall’esercizio della razionalità, perchè nel momento in cui abbandona questa
vigilanza del logos, come dice il
Papa, il vissuto religioso è esposto al pericolo della violenza. Credo che il
compito precipuo di un’associazione di laici sia quello di spendersi per tenere
insieme questi due livelli, per mostrare il raccordo interno che li collega.
Quindi, sostanzialmente, per mettere insieme quella riflessione intorno alla
dimensione originariamente naturale dell’essere umano, con la riflessione che
accoglie nel dono della fede la rivelazione cristiana.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 5 novembre, 31.ma Domenica del Tempo Ordinario,
«Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio
nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo:
Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più
importante di questi».
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Lo scriba conosce molto bene la legge e i comandamenti e
si sente autorizzato ad interrogare Cristo e a valutare la sua risposta.
Cristo, vedendo la sua competenza gli dice: “Non sei lontano dal Regno di Dio”.
Questo “non sei lontano” indica la distanza tra il sapere e il vivere. La fede
è soprattutto una questione di relazione con Dio, anzi di amore per Dio.
L’inganno molto facile è quello di pensare a Dio, di sapere ciò che è il
rapporto giusto verso Dio e di illuderci che questo già basti, che questo già
costituisca la relazione con Dio. Invece rimane ancora quel “non sei lontano”.
Questa distanza viene superata da Dio stesso che, proprio nel suo Figlio
divenuto uomo, ci raggiunge con il suo amore e ci trasfigura in suoi figli. In
Cristo il sapere e il conoscere diventano vita, stile di vita.
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4 novembre 2006
“FRATERNITÀ E
FIDUCIA, INDISPENSABILI PER
VERAMENTE UMANA”: COSÌ, IL CARDINALE
JEAN-PIERRE RICARD,
PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
FRANCESE,
ALL’APERTURA STAMANI DELLA 43.MA ASSEMBLEA
PLENARIA DEI VESCOVI DI FRANCIA
LOURDES. = Con un invito alla fraternità e alla
fiducia – due doni di Cristo “particolarmente preziosi per i tempi in cui
viviamo” e “indispensabili per la crescita personale e di una società veramente
umana” – il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente
della Conferenza episcopale francese, ha aperto stamani i lavori della 43.ma Assemblea
plenaria dei vescovi di Francia. Il porporato ha citato i prossimi appuntamenti
elettorali nel Paese, “occasione per riflettere sulla nostra società”,
incitando alla “fiducia interiore”, che consente quel “distacco necessario per analizzare
più razionalmente la situazione”. “L’impegno di tutti – ha precisato – nel
prepararci a questo evento è tanto auspicabile quanto indispensabile”. Citando
poi il messaggio del Consiglio permanente in vista delle elezioni presidenziali
e poi legislative che si svolgeranno nella prima metà del 2007, pubblicato lo
scorso 18 ottobre, il cardinale Ricard ha ricordato i tre “cantieri della
fraternità” individuati dai vescovi: la famiglia; il lavoro e l’occupazione; la
globalizzazione e l’immigrazione. In particolare, ha sottolineato che i vescovi
di Francia sono convinti dell’importanza di sostenere oggi il matrimonio e la
famiglia”. Il porporato ha poi presentato il programma dell’Assemblea, durante
la quale verranno
illustrati gli esiti della riflessione dei tre gruppi di lavoro istituiti nel
novembre 2005 per lo studio di altrettanti temi: “Le differenze strutturanti
della vita sociale”; “La missione dell’insegnamento cattolico nella Chiesa e
nella società”, “Il ministero dei presbiteri e la vita delle comunità
cristiane”. Tra gli ospiti alla Plenaria, il cardinale Marc Ouellet,
arcivescovo di Québec, che interverrà domani pomeriggio sul prossimo Congresso
Eucaristico Internazionale, in programma a Québec dal 15 al 22 giugno del 2008,
soffermandosi su diversi aspetti della vita della Chiesa cattolica in Canada.
Mons. Anthony Fisher, Ausiliare di Sydney, farà invece il punto sullo stato di
preparazione della prossima Giornata mondiale della gioventù, che l’Australia
si prepara a ospitare dal 15 al 20 luglio 2008. (R.M.)
“UNA MAGGIORE
TRASPARENZA NELLA GESTIONE DELLE RISORSE DELL’ANGOLA,
IN PARTICOLARE PETROLIO E DIAMANTI, E’
INDISPENSABILE PER USCIRE
DAL SOTTOSVILUPPO”: COSÌ, I VESCOVI ANGOLANI NELLA
LETTERA PASTORALE
“PER UNA GIUSTIZIA ECONOMICA”
LUANDA. = “Desiderosi
di garantire la dignità umana nella sua pienezza, vogliamo (…) dare un nostro
contributo ad una visione economica più equa, efficiente, trasparente e
partecipativa, di cui tanto necessita il nostro Paese”: è quanto scrivono i
vescovi dell’Angola nella Lettera Pastorale “Per una giustizia economica”,
citata dall’agenzia Fides. “La realtà angolana – affermano i presuli – vive una
grande contraddizione: da un lato, siamo privilegiati per l’abbondanza di
acqua, terre fertili, risorse ittiche e diverse altre risorse naturali.
L’Angola è il secondo produttore di petrolio nell’Africa sub-sahariana e il
quarto maggiore produttore di diamanti del mondo. Dall’altro lato – continuano
– siamo uno dei Paesi più poveri del mondo in termini di sviluppo umano. Questo
mette in evidenza, in modo chiaro, un fenomeno chiamato ‘paradosso di
abbondanza’”. Si tratta di una teoria economica che afferma che i Paesi
dipendenti dalle risorse naturali sono caratterizzati da un’economia viziata,
causa di povertà, ingiustizia e di conflitti. I presuli ricordano comunque che
“in verità, l’Angola fu colpita per 30 anni da una guerra civile che ha
assorbito molte delle sue risorse naturali e che non solo ha impedito gli
investimenti nei settori sociali e produttivi, ma ha anche distrutto la maggior
parte delle infrastrutture esistenti”. Tutto questo su uno sfondo di profonda
disuguaglianza sociale perché, sottolineano i vescovi, “se la grande
maggioranza vive in uno stato di povertà impressionante, allo stesso tempo una
piccola minoranza vive in una lussuosa opulenza. Il 68 per cento della
popolazione angolana vive con meno di un dollaro al giorno. Le conseguenze di
tali ingiustizie sono chiaramente visibili: criminalità, violenza e
prostituzione”. “Ma vi sono motivi di speranza”, affermano i vescovi, che
mettono in evidenza l’aumento delle entrate petrolifere statali da 5,7 miliardi
di dollari del 2004 ai 10,5 miliardi del 2005. I vescovi riaffermano però la
necessità di investire i proventi petroliferi per garantire il futuro delle
nuove generazioni, visto che si prevede l’esaurimento delle risorse petrolifere
entro il 2030. Occorre inoltre investire nei servizi pubblici – in particolare
nella scuola e nella sanità – nell’agricoltura, creando le infrastrutture
necessarie a rivitalizzare il settore, oltre che a garantire l’assistenza
sociale alle famiglie e agli anziani. Nel contempo occorre un controllo
democratico della spesa pubblica e maggiore trasparenza nella gestione dei
proventi dell’industria petrolifera e diamantifera. “In un clima di pace”,
concludono i presuli, “non vi è alcuna motivazione perché esista una simile
disparità”. (R.M.)
I
VESCOVI SVIZZERI SOSTENGONO
CON
GLI STATI DELL’EUROPA DELL’EST, CHE VERRÀ VOTATA
IL
PROSSIMO 26 NOVEMBRE: “ E’ UN CONTRIBUTO ALLA PACE,
ALLA GIUSTIZIA E ALLA STABILITÀ IN EUROPA”
GINEVRA. = Sostegno dei vescovi svizzeri alla legge
federale sulla cooperazione con gli Stati dell’Europa dell’Est che verrà votata
il prossimo 26 novembre. Se approvata, la normativa costituirà la base
giuridica al finanziamento di progetti nei nuovi Stati membri dell’UE per 100
milioni di franchi l’anno per dieci anni. Una legge, affermano i presuli attraverso
CONOSCERSI
E RISPETTARSI: CON QUESTO INTENTO, È IN CORSO A ISTANBUL
IL QUARTO SIMPOSIO ISLAMO-CRISTIANO, SUL
TEMA: “LA SALVEZZA NELL’ISLAM
E NEL
CRISTIANESIMO”. L’INIZIATIVA È PROMOSSA DAI FRATI MINORI CAPPUCCINI,
INSIEME
AL PONTIFICIO ISTITUTO DI STUDI ARABI DI ROMA
E ALLA
FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’UNIVERSITÀ DI MARMARA
- A
cura di padre Egidio Picucci -
ISTANBUL. = “La salvezza nell’Islam e nel Cristianesimo”:
è il tema del quarto Simposio islamo-cristiano promosso a Istanbul dai Frati
Minori Cappuccini, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Studi Arabi
di Roma e
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4 novembre 2006
- A cura di Fausta Speranza -
Medio Oriente. Almeno 6 palestinesi, 5 dei
quali militanti di Hamas, sono stati uccisi nelle ultime ore in diverse incursioni israeliane
nella Striscia di Gaza, portando così a 42 il numero
dei morti da mercoledì, quando Israele ha sferrato la nuova offensiva “Nubi
d'autunno” per fermare il lancio di razzi contro il suo territorio. Roberta
Moretti:
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Tra le vittime di oggi
c’è anche Louaye al Burnu, responsabile locale delle Brigate Ezzedin al Qassam,
il braccio armato di Hamas, ucciso nella città di Gaza da un razzo
dell’aviazione israeliana, mentre si trovava a bordo di un furgone.
Nell’operazione sono rimasti feriti altri quattro militanti. Due, invece, i
morti a Beit Hanun, il villaggio settentrionale della striscia di Gaza al
centro dell’offensiva israeliana: un civile è stato ucciso da un colpo di carro
armato contro la sua abitazione e un miliziano dal fuoco delle forze speciali
israeliane. E’ di 3 miliziani morti, infine, il bilancio del raid aereo
israeliano nella vicina Jabaliya. Ferito gravemente negli scontri anche un soldato dello
stato ebraico.
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Due giornalisti sono stati uccisi nelle ultime 24 ore a
Baghdad. Lo hanno riferito la polizia irachena e l'Osservatorio per la libertà
dei giornalisti. Cinque membri della guardia presidenziale irachena, inoltre,
hanno perso la vita ieri sera nell'esplosione di una bomba al passaggio della
loro auto presso Kirkuk, nel nord dell'Iraq. Lo ha detto oggi un responsabile
curdo dell'Unione patriottica del Kurdistan, il partito del presidente
Talabani. Intanto è stato decretato il coprifuoco a Baghdad e in due province
irachene nel timore di violenze in occasione della sentenza che verrà emessa
domani al processo a Saddam Hussein:
l’ex presidente iracheno, insieme ad altri sette coimputati, è sotto processo
per la strage di 148 sciiti nel 1982. Rischiano tutti la pena di morte.
“Sto bene, grazie Italia”: sono le uniche parole dette da
Gabriele Torsello ai giornalisti subito dopo essere sceso, con il ministro
Parisi, dall'aereo che lo ha riportato in Italia. Dopo 22 giorni sotto
sequestro in Afghanistan, il fotoreporter ha incontrato innanzitutto i
magistrati della Procura di Roma. Poi potrà recarsi dalla sua famiglia ad Alessano,
paese natale.
Se gli Stati Uniti non cambieranno politica in Medio
Oriente e nei confronti dell'Iran, “subiranno la stessa sorte” subita quasi 30
anni fa, con la rivoluzione islamica e la presa degli ostaggi nell'ambasciata a
Teheran. E’ quanto ha affermato il presidente del Parlamento iraniano, Haddad
Adel, parlando davanti all'ex sede diplomatica americana nel 27.mo anniversario
dell'assalto, avvenuto il 4 novembre del 1979. I partecipanti al raduno hanno
dato alle fiamme la bandiera degli Stati Uniti e hanno intonato ripetutamente
slogan contro l’America e Israele. Cinquantadue dei cittadini americani presi
in ostaggio nell'ambasciata rimasero prigionieri per 444 giorni. L'episodio
segnò la rottura delle relazioni diplomatiche fra Iran e USA, che perdura a tutt'oggi.
In Algeria, otto militari sono stati uccisi in
un'imboscata tesa loro da una trentina di appartenenti ad un gruppo islamico
nella regione di Ain Defla, 160 Km ad ovest della capitale Algeri.
Dell'episodio, avvenuto giovedì, riferiscono oggi alcuni quotidiani algerini. I
giornali Liberté, El Watan e El Khabar che attribuiscono la responsabilità
dell'attentato a Katiba, una cellula del Gruppo Salafita per la predicazione ed
il combattimento (GSPC) che ha ripetutamente rifiutato le aperture al dialogo
da parte del Governo e che, nel settembre scorso, ha annunciato di essersi
alleato con Al Qaeda. L'esercito ha inviato nella zona dell'imboscata
consistenti rinforzi di artiglieria per rastrellare la macchia circostante alla
caccia degli aggressori.
Sarà reso noto il 19 dicembre il verdetto del processo a
cinque infermiere bulgare e a un medico palestinese accusati, dalla giustizia
libica, di avere volontariamente inoculato il virus dell'Aids a 426 bambini
ricoverati nell'ospedale di Bengasi, 52 dei quali deceduti. A chiudere la fase
dibattimentale del processo sono stati gli interventi della pubblica accusa. Il
procuratore generale ha chiesto per tutti gli imputati la “pena massima”, non
indicando comunque quale essa possa essere. Dopo la requisitoria del
procuratore generale, hanno preso la parola i sei imputati. Tutti hanno
ribadito la loro innocenza, ripetendo che la confessione che hanno sottoscritto
e' stata loro estorta con la tortura. Nel primo processo - poi annullato dalla
Corte suprema – le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese erano
stati condannati alla pena di morte.
La Giordania si prepara a inaugurare l'apertura
dell'imminente stagione parlamentare con un nuovo governo: re Abdallah II ha
acconsentito al rimpasto del Consiglio dei ministri, richiesto dal premier
Marouf Bakhit. La nuova compagine governativa, ha affermato il portavoce del
governo, Nasser Judeh, durante una intervista alla televisione di Stato, Jordan TV, riguarderà la fusione di alcuni
dicasteri e il passaggio di altri a nuovi ministri. Il nuovo gabinetto dovrebbe
essere definito entro il 28 novembre. L'attuale governo, in carica esattamente
da un anno, non ha finora subito alcuna modifica. Il premier Bakhit, con
trascorsi diplomatici e nell'intelligence, era stato nominato dal sovrano pochi
giorni dopo i tre simultanei attentati suicidi che il 9 novembre 2005
provocarono 61 morti e centinaia di feriti in
altrettanti grandi alberghi della capitale Amman.
L'organizzazione
indipendentista basca ETA minaccia di interrompere il processo di pace se il
premier spagnolo Zapatero non manterrà i suoi impegni. Il servizio di Ignacio
Arregui:
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Due giornali nazionalisti baschi hanno offerto stamattina
un’ampia informazione sulle dichiarazioni dell’ETA pubblicate in un suo
bollettino del mese di ottobre. Altri giornali, nelle ore successive, hanno
commentato queste dichiarazioni che aggiungono un nuovo motivo di
preoccupazione al processo di pace presentato dal presidente Zapatero il 29
giugno. Le dichiarazioni dell’ETA hanno un chiaro tono di ultimatum, minacciano
l’interruzione del processo di pace se non vengono compiute le promesse fatte
dal presidente Zapatero, se non viene riconosciuto il movimento Batasuna,
braccio politico dell’ETA e se continuano, si dice, le misure di “repressione”
contro militanti o collaboratori dell’organizzazione armata. Il bollettino
ricorda altre rivendicazioni dell’ETA come la cosiddetta “territorialità” dei
Paesi Baschi e il diritto all’autodeterminazione. E’ questa la sesta volta che
l’ETA rende pubblica qualche dichiarazione sul processo di pace da quando
l’organizzazione armata ha decretato unilateralmente una tregua a tempo indeterminato
il 22 marzo. Da parte sua, il presidente Zapatero si trova in Uruguay per il
Vertice iberoamericano.
Dalla Spagna, per la Radio Vaticana, Ignacio
Arregui.
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La polizia di Mosca ha già effettuato oltre 200 fermi fra
persone presunte partecipanti alla manifestazione ultranazionalista non
autorizzata indetta oggi per la festa nazionale russa. Stando ai media
elettronici, gli agenti si limitano a
imbarcare i giovani che escono dalla stazione della metropolitana di
Park Kulturi, dove i nazionalisti si erano dati
appuntamento, su degli autobus, senza neanche controllare i documenti. Fra i fermati
risultano anche alcuni giornalisti. Nel centro della capitale sono stati fatti
affluire rinforzi, e le strade sono presidiate da circa 6.500 agenti.
Dalla prossima settimana quasi 200 Paesi saranno
rappresentati alla 12.ma Conferenza mondiale sul clima che si svolgerà a
Nairobi, in Kenya, dove, in contemporanea, si farà anche il II Meeting delle
parti sul Protocollo di Kyoto (MOP2). Sul tavolo i negoziati per il Kyoto 2,
cioè per un piano contro le emissioni di gas serra dopo il 2012. I Governi
saranno infatti chiamati a fissare ulteriori obiettivi di riduzione. Ma sul tappeto anche un tema di
non poco rilievo, quello dell'adattamento ai cambiamenti climatici. All'ordine
del giorno saranno poste, in particolare, le azioni concrete da adottare e le
questioni attinenti il finanziamento per i Paesi in via di sviluppo. Sul fronte
della riduzione dei gas serra, i Paesi industrializzati che hanno ratificato il
Protocollo di Kyoto auspicano la partecipazione dei principali Paesi emettitori
agli sforzi di riduzione dei gas serra, ossia i Paesi industrializzati che non
hanno ratificato il Protocollo, come Stati Uniti e Australia, e i Paesi
emergenti, quali Cina, India e Brasile.
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