RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 305 - Testo
della trasmissione di mercoledì 1
novembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Almeno sei
palestinesi e un israeliano uccisi nella notte a nord di Gaza in una massiccia
incursione israeliana. La condanna del presidente dell’ANP, Abu
Mazen
1 novembre 2006
LA
CHIESA E’ “MADRE DEI SANTI”, TESTIMONI DI UN’ECCELLENZA DI VITA POSSIBILE
PER OGNI UOMO: LO HA DETTO IL PAPA ALLA MESSA
PER LA SOLENNITA’
DEL
PRIMO NOVEMBRE. ALL’ANGELUS, RICORDANDO LA COMMEMORAZIONE
DEI DEFUNTI DI DOMANI, BENEDETTO XVI HA
PARLATO DELLA MORTE
COME SEGNO CHE RIMANDA ALLA VITA ETERNA
I Santi e i defunti provocano l’uomo moderno sul senso
della “vita eterna”, una realtà oggi spesso ritenuta
una “mitologia ormai superata”. Lo ha affermato questa mattina Benedetto XVI,
presiedendo la liturgia eucaristica in San Pietro e la successiva recita
dell’Angelus, ispirate dalle ricorrenze liturgiche del primo e del due
novembre. Per essere santi “non bisogna possedere
carismi eccezionali”, ha detto il Papa. Così come “l’enigma della morte” spinge
alla “speranza” di una vita che non finisca sulla
terra. Nel servizio di Alessandro De Carolis, la cronaca
delle celebrazioni:
**********
(canto)
Celebri o sconosciuti, venerati da secoli o nascosti nelle
pieghe della quotidianità, sono loro il modello umano che rende il cielo più
vicino alla terra: i Santi. Uomini e donne, figli della Chiesa, che hanno fatto
una scelta, quella di Cristo, l’hanno difesa, non ne hanno fuggito le
conseguenze, neanche le più drammatiche, fino a diventare - al di là delle loro
intenzioni - la dimostrazione che la “meta alta della vita cristiana” è una
meta per “tutti” - non per gente fuori del comune - ed è una meta per ogni
epoca. Benedetto XVI ha riaffermato questi principi durante la tradizionale
Messa del primo novembre, celebrata con grande solennità in San Pietro.
(canto)
Tra le navate della Basilica, completamente gremite, il
Papa ha fatto risuonare l’antica domanda di un celebre uomo di Dio, San Bernardo di Chiaravalle: a “che
serve la nostra lode ai Santi”, il nostro tributo alla loro grandezza? La
risposta di mille anni fa, ha osservato, non ha perso di attualità: i Santi
“non hanno bisogno dei nostri onori”, ma pensando a
loro – diceva San Bernardo – “mi sento ardere da
grandi desideri”:
“Ecco dunque il significato dell’odierna solennità: guardando al
luminoso esempio dei Santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere
come i Santi, felici di vivere vicini a Dio (...) Essere santo significa vivere
nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. Questa verità, con vigore
ribadita dal Concilio Vaticano II, è oggi riproposta in modo solenne alla
nostra attenzione”.
“Ma in che consiste
la santità?”, si è chiesto ancora Benedetto XVI:
“All’interrogativo si può rispondere anzitutto in
negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere
straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in
positivo: è necessario semplicemente “servire” Gesù, ascoltarlo e seguirlo
senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà (…) La santità esige uno
sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è
anzitutto dono di Dio”.
Certo, la grandezza del dono – ha sottolineato
Benedetto XVI - mette in risalto, per contrasto, “la povertà dei nostri mezzi”.
Ma la certezza cristiana, lungi dall’’inorgoglire’, sta in questo: “Dio – ha
ripetuto il Papa – ci ha voluto nel mondo per essere santi”.
Come quelli celebrati dalla Chiesa, come le figure dell’Antico Testamento: da
Abele il “giusto” ad Abramo, “fedele Patriarca”.
(canto)
La santità
che unisce i fedeli sulla terra alle realtà divine “passa sempre per la via
della Croce”. Questa affermazione del Papa all’omelia della Messa si salda con
le parole da lui pronunciate prima della recita dell’Angelus, dedicate al
mistero della morte e alla commemorazione dei defunti di domani. Nel nostro
tempo più che in passato, ha osservato Benedetto XVI, “si è talmente assorbiti
dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista
della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però, per sua
natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda. E’ insopprimibile
nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena”.
“Dinanzi all’enigma
della morte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovare
nell’aldilà i propri cari (…) ‘Vita eterna’ per noi cristiani non indica però solo una vita che
dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa
nell’amore di Dio, che libera dal male e dalla morte”.
Ai saluti del dopo-Angelus, in
cinque lingue, Benedetto XVI ha tra l’altro indirizzato un pensiero al gruppo agostiano che in questi giorni ha portato la “Fiaccola del
Dialogo” sulle orme del vescovo di Ippona, dalla
città natale di Tagaste, in Algeria, fino a Roma, per
poi concludere il pellegrinaggio a Pavia, dove si trova la tomba del Padre
della Chiesa. “Volentieri - ha concluso il Papa - benedico questa iniziativa
dell’Ordine Agostiniano e questa Fiaccola simbolo di fede e di pace”.
(applausi)
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VESCOVI DI STATI UNITI E
MESSICO DOMANI CELEBRERANNO LA MESSA
INSIEME A RIDOSSO
DELLA RECINZIONE CHE DIVENTERÀ
IL “MURO ANTI-IMMIGRAZIONE” TRA I DUE PAESI
- Intervista con il cardinale Javier
Lozano Barragan -
Diversi vescovi americani e messicani celebreranno,
domani, la Santa Messa al confine tra Stati Uniti e Messico, dove è in
costruzione il muro voluto dall’amministrazione statunitense per impedire il
flusso di immigrati. I presuli delle due Conferenze episcopali saranno separati
da una recinzione che divide, attualmente, i due Stati. Ma saranno uniti dalla
preghiera e dalla comune condanna della barriera. Sulla controversa questione
del muro, ascoltiamo al microfono di Emanuela Campanile, il presidente del
Pontificio Consiglio per
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R. – Prima di tutto, dobbiamo dire che ogni Paese ha il
diritto di proteggere le proprie frontiere e anche di stabilire le leggi.
Queste norme, però, devono essere sempre in accordo con la dignità della
persona umana. Penso che un muro come quello in costruzione non sia una misura
intelligente per far rispettare la propria frontiera. E’ qualcosa che si doveva
fare con un accordo dei due Paesi. Non si tratta soltanto, o non si dovrebbe
trattare, di una misura unilaterale. Dovrebbe essere invece una misura
bilaterale, sia da parte degli Stati Uniti sia da parte del Messico. Cosa che
non è successa.
D. – Quindi, in cosa ferisce la dignità umana?
R. – Sono due Paesi che devono mettersi d’accordo. Non si
devono prendere decisioni ‘escludenti’ e ‘vergognose’, come ha detto il nostro
presidente, senza nemmeno aver parlato con il governo messicano, con il popolo
messicano. Questo è degradante e, in questo senso, ferisce la dignità umana.
D’altra parte, la ferisce perché sono più di 3 mila le persone che sono morte
lungo questa frontiera.
D. – La Chiesa a cosa è chiamata?
R. –
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LO “SPIRITO DI
ASSISI” E L’IMPORTANZA DEL CONFRONTO TRA LE DIVERSE FEDI
CONDENSATI IN UN VOLUME CURATO DAL PONTIFICIO
CONSIGLIO
PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
- Intervista con mons. Anthony Félix Machado -
In
vista dell’incontro giovanile che da sabato a martedì prossimi celebrerà ad
Assisi il ventennale del raduno interreligioso voluto da Papa Wojtyla nella cittadina francescana, il Pontificio
Consiglio per il Dialogo interreligioso – organizzatore dell’evento – ha curato
l’uscita del volume
intitolato “Dialogo Interreligioso nell’insegnamento ufficiale della Chiesa
cattolica dal Concilio Vaticano II a Giovanni Paolo II”. Pubblicato
contemporaneamente in italiano, francese ed inglese, alla sua seconda edizione
aggiornata, il libro è stato presentato nei giorni scorsi a Roma. Dell’importanza di essere
documentati in tema di dialogo interreligioso ci parla, nell’intervista di
Fabio Colagrande, mons. Anthony
Félix Machado, sottosegretario del dicastero vaticano:
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R. – Indispensabile, perché un cristiano che volesse
dedicarsi ed impegnarsi nel dialogo interreligioso, deve sempre fare questo
sulle solide basi della fede cristiana. Non si può andare a condurre il dialogo quando non si rappresenta la propria fede nella sua
integrità. E per avere questo, è necessario conoscere cosa insegna la Chiesa.
Oggi il dialogo interreligioso è un impegno inevitabile per quasi tutti: tutti
i cristiani, non soltanto quelli che vivono in Paesi multi-religiosi
o multiculturali. Il nostro mondo è diventato
pluralistico e, in questo mondo, il dialogo interreligioso non è una scelta
facoltativa, ma un impegno necessario. Però, questo impegno necessario deve
essere sempre guidato dall’insegnamento della Chiesa. Non può un cristiano
avventurarsi nell’impegno del dialogo interreligioso senza tenere conto
dell’insegnamento della Chiesa. Ecco perché ho detto che è indispensabile.
D. – Si tratta, però, di un volume che non è indirizzato
solo ai cristiani …
R. – E’ un volume indirizzato a tutti. Gli scopi sono due:
uno, per noi cristiani per il motivo che ho appena detto; l’altro, perché
sappiano anche le persone delle altre religioni, perché i cristiani pensano di
fare il dialogo interreligioso, perché siamo, come cattolici cristiani,
impegnati nel dialogo. Per questo, per conoscere l’insegnamento della Chiesa
riguardo al dialogo interreligioso, è indirizzato anche, in un certo senso,
indirettamente, alle persone delle altre religioni.
D. – Il testo è stato presentato nella giornata in cui veniva presentato il messaggio per la fine del Ramadan,
sempre dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. E’ il 40.mo messaggio: vuole dirci qualcosa su questa tradizione?
Non si tratta di messaggi di semplice circostanza, ma che scopo hanno?
R. – Questo messaggio fu inteso dall’inizio nel senso che
noi cattolici avessimo l’opportunità di visitare
persone di altre religioni, per condividere la gioia. Non vuol dire, questo,
che noi condividiamo il loro credo religioso: non è assolutamente questo! Noi,
come cristiani, vivendo in una società, essendo parte integrante di una società
multi-religiosa, non possiamo essere “assenti”,
dobbiamo dimostrare in qualche modo questo rispetto che abbiamo per gli altri,
pur non condividendo la loro credenza. Dobbiamo egualmente dimostrare il nostro
rispetto nei riguardi di come loro concepiscono e celebrano questa festa.
Quindi, fornisce un’occasione a noi cristiani per approfondire queste amicizie:
ecco lo scopo del messaggio. E in quarant’anni ha dimostrato
un grande successo, direi!
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1 novembre 2006
CULTURA
E DIALOGO STRUMENTI PER UNA CONVIVENZA PACIFICA
TRA
CRISTIANI E MUSULMANI IN TERRA SANTA: A PROMUOVERLI, A BETLEMME,
È IL
JUTHOURUNA YOUTH FORUM, ASSOCIAZIONE CHE PROPONE
DIVERSE
INIZIATIVE DI INCONTRO
-
Intervista con Charlie Abou
Saada -
Da due anni, a Betlemme, un centro giovani vuole essere
segno di pace, di vita e di speranza per i cristiani palestinesi. È il Juthouruna Youth
Forum, un’associazione che organizza anche incontri ecumenici e tende a far
dialogare cristiani e musulmani. Tiziana Campisi ha
incontrato il coordinatore del centro Charlie Abou Saada, che spiega in quali
attività siano coinvolti i giovani:
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R. – Il Juthouruna
Youth Forum è un’associazione, un centro, che vuole
migliorare la vita dei nostri giovani cristiani e musulmani in Palestina, nei
Territori occupati. In pratica, cerchiamo, tramite la cultura, di diffondere la
necessità del dialogo, dell’amore fra i diversi. Quindi, abbiamo pensato prima
di tutto di pubblicare una rivista indirizzata ai giovani. E’ l’unica rivista
cristiana, in lingua araba, di tutta
D. – Come vedono la realtà di oggi i giovani della Terra
Santa?
R. – Soprattutto dopo l’ultima guerra in Libano, sta
ricominciando una nuova fase di immigrazione. La provincia di Betlemme fa circa
80 mila abitanti e i cristiani oggi sono arrivati a quasi il 32, 33 per cento
della popolazione. Le difficoltà sono enormi. Il problema politico non si
risolve facilmente, perché non c’è pace senza giustizia, e non c’è ancora una
buona volontà da tutte le parti per fare giustizia e quindi per fare la pace.
Quindi, o mi rassegno, rimango e faccio una vita difficile, semplice, con tanti
problemi quotidiani, o me ne vado. Come Juthouruna Youth Forum cerchiamo di incentivare lo spirito del
rimanere nella propria terra. Non vogliamo che
D. – Il Medio Oriente che cosa si aspetta dall’Occidente?
R. – Giustizia e non più interessi. Non vogliamo parole:
vogliamo dei fatti. Non vogliamo parlare solo di petrolio: vogliamo parlare di
esseri umani, di cristiani, musulmani, ebrei che vivono in difficoltà in Medio
Oriente.
D. – Quali progetti avete?
R. – Siamo sicuri che con la cultura dobbiamo andare
avanti. Abbiamo il sogno di fare una radio e una televisione soprattutto in
lingua araba, per trasmettere la fede, l’esperienza, la vita dei cristiani in
Terra Santa ai cristiani e musulmani del mondo arabo e islamico. E questo è
molto importante.
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FAVORIRE
L’INCONTRO TRA LE CULTURE: CON QUESTA FINALITA’
E’ NATA A ROMA LA BIBLIOTECA EUROPEA
- Ai
nostri microfoni, Gino Poggiali -
L’incontro e il dialogo tra le
culture: con questo auspicio è nata a Roma la Biblioteca Europea, già aperta al
pubblico, che vede la significativa collaborazione di molte ambasciate e
istituti culturali: come quello tedesco, francese, olandese, austriaco e spagnolo. L’iniziativa, che è in fase di
ampliamento, dispone anche di un sito Internet, www.bibliotecaeuropea.it, con uno
sportello digitale dedicato ai giovani e specializzato sull’Europa. Il servizio
di Andrea Rustichelli:
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La rete
delle biblioteche municipali di Roma ha ora una nuova e prestigiosa affiliata
appena inaugurata con un padrino di eccezione, il celebre reporter Ryszard Kapuscinski. E’ la biblioteca
europea con sede presto l’Istituto culturale tedesco, il Ghoete
Institut che ha contribuito in modo determinante alla
sua nascita con un fondo iniziale di quattro mila titoli, 10 mila documenti di
varia provenienza, molti dei quali in lingua inglese, francese e spagnola,
oltre che tedesca, con una piccola parte anche in polacco, slovacco e
ungherese. E c’è anche una sezione ragazzi che dispone di circa 800 libri dei
più importanti autori europei. Non manca poi il reparto dedicato a quotidiani e
riviste, anch’esso disponibile nelle principali lingue. Ma a quale esigenza
risponde la nascita di questa biblioteca? Sentiamo Gino Poggiali presidente
delle Biblioteche di Roma:
R. – Kapuscinski l’ha detto con
parole che io non saprei trovare con la stessa eleganza. Risponde ad una delle
funzioni fondamentali delle biblioteche che è quella di far conoscere l’altro,
di far circolare le idee, di farle incontrare e soprattutto di suscitare la
critica, costruttiva naturalmente. Poi sarà anche distruttiva rispetto alle
idee che devono essere distrutte, ma normalmente l’incontro crea una situazione
terza, una nuova situazione nella quale i due soggetti che si sono confrontati
hanno trovato un’intesa. Le biblioteche fanno questo da sempre. La Biblioteca
europea ha l’ambizione di farlo rispetto al progetto, importantissimo per tutti
noi, di un’Europa che si fonda sulla inclusione, sulla capacità di comprendersi
sulla circolazione delle idee di tutti e non solo delle lingue più importanti,
in modo tale che veramente uno slovacco si senta uguale ad un parigino, un
portoghese uguale ad un inglese, dal punto di vista del dare e ricevere
cultura.
E proprio il grande reporter Kapuscinski,
durante la cerimonia di inaugurazione, ha posto l’accento sul valore del libro,
fondamento della cultura europea e seme di dialogo critico tra identità
diverse. Kapuscinski ha poi ricordato due grandi
giornalisti italiani, Tiziano Terzani e Oriana
Fallaci. “Essi – ha detto Kapuscinski – hanno
maturato atteggiamenti opposti rispetto al multiculturalismo:
la Fallaci ne era spaventata, Terzani
ne ha invece intuito la straordinaria potenzialità”.
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1 novembre 2006
IL
PRESIDENTE DEL COMITATO DI POLITICA INTERNAZIONALE,
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DEGLI STATI UNITI, CHIEDE MAGGIORE SICUREZZA
PER I
CRISTIANI IRACHENI IN UNA LETTERA INVIATA A CONDOLEEZZA RICE
ORLANDO. = “Specifiche misure”
in favore dei cristiani iracheni e delle altre minoranze religiose. E’ quanto
chiede il vescovo di Orlando e presidente del Comitato di politica internazionale,
della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, mons. Thomas Wenski, sottolineando “il
rapido deterioramento” delle condizioni di vita della comunità cristiana in Iraq.
Una situazione – scrive il vescovo in una lettera inviata al segretario di
Stato americano, Condoleezza Rice
- che suscita “profonda preoccupazione e crescente allarme”. I continui e
deliberati attacchi contro i cristiani – si legge nel documento al quale ha
dato risalto l’Agenzia Asia News – “sono un segno nefasto del collasso, nella
società irachena, dell’ordine civile e del rispetto interreligioso”. La
vulnerabilità dei cristiani e delle altre minoranze religiose – scrive ancora
il presule – è una drammatica evidenza della mancanza di sicurezza che colpisce
l’intera nazione irachena. Per migliorare in particolare la situazione dei
cristiani, che in Iraq sono circa il 4 per cento della popolazione, mons. Wenski suggerisce di creare una nuova “regione
amministrativa” intorno a Ninive, dove circa la metà della popolazione è di
fede cristiana. Collegare questa area al governo centrale di Baghdad, spiega
poi il presule, “potrebbe offrire maggiore sicurezza”. Il vescovo di Orlando
chiede anche una collaborazione tra amministrazione americana e autorità curde per assicurare una più adeguata cornice di sicurezza
ai cristiani che vivono nel nord del Paese arabo. La popolazione cristiana, che
prima della guerra era di oltre 1 milione e 200 mila persone, è scesa a circa
600 mila. Secondo l’ONU, il 40 per cento dei profughi provenienti dall’Iraq
sono cristiani. (A.L.)
L’ETIOPIA DI NUOVO COLPITA DA
ALLUVIONI: ALMENO 68 MORTI
NEGLI ULTIMI TRE GIORNI. I SOCCORSI SONO OSTACOLATI
DALLA PRESENZA DI CENTINAIA DI COCCODRILLI
NELL’AREA DEVASTATA DALLE PIOGGE TORRENZIALI
ADDIS ABEBA. = Almeno 68 persone sono morte, negli ultimi tre
giorni, in seguito alle alluvioni che hanno colpito l’Etiopia. Lo hanno reso noto fonti governative precisando che le piogge torrenziali
hanno devastato, soprattutto, la regione dell’Ogaden,
mille chilometri a sud est di Addis Abeba. In questa area vivono almeno 280
mila persone e la situazione è molto delicata. “Tra la popolazione si sta
diffondendo il panico”, ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio governativo
di prevenzione dei disastri aggiungendo che due città “sono completamente inondate”. Gli sfollati sono più di 140 mila ed è
necessario un intervento rapido per soccorrere i superstiti. Ma i soccorsi sono
ostacolati dalla presenza, nella regione, di centinaia di coccodrilli e dalla
quasi completa distruzione delle principali vie di comunicazione. Il governo ha
dichiarato, poi, che il bilancio potrebbe crescere spiegando che sono ancora
molte le persone disperse. Secondo stime fornite
dall’esecutivo del Paese africano, le vittime, provocate in un anno dalle
alluvioni, sono più di mille. (A.L.)
“COME
IL MISTERO DI CRISTO È STATO INCORPORATO NELLA VITA E NELLA RIFLESSIONE
TEOLOGICA DEI POPOLI INDIGENI”. E’ IL TEMA AFFRONTATO
NEL
III SIMPOSIO DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO,
CONCLUSOSI
- A
cura di Luis A. Badilla Morales
-
CITTÀ DI GUATEMALA. = “Durante i nostri incontri abbiamo
approfondito, come popoli aborigeni, il dialogo con Cristo come fonte di vita e
di liberazione per poter crescere come discepoli e missionari della sua Parola
e poter arricchire la nostra esperienza cristiana al servizio della pastorale
della Chiesa”. E’ quanto si legge nel documento conclusivo del III Simposio del
Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), terminato venerdì scorso a Città
di Guatemala. All’incontro hanno partecipato vescovi, teologi e laici di 16
Paesi della regione per riflettere sul “come il mistero di Cristo è stato incorporato
nella vita e nella riflessione teologica dei popoli indigeni”. Le esperienze
dei popoli aborigeni, la voce degli esperti e gli orientamenti dei pastori –
prosegue il documento - hanno evidenziato l’esistenza di un’ampia gamma di
esperienze cristologiche nelle comunità. Gli “indios” trovano Cristo attraverso diverse vie e il cammino
mariano è stato sempre un aiuto fondamentale per questo incontro. “Ci siamo
sentiti interpellati da questa presenza indigena e per questo - osservano i
partecipanti all’incontro – siamo tutti coinvolti nel dialogo con coloro che
rappresentano quella voce con lo scopo di raggiungere una migliore accoglienza
ecclesiale della parola teologica antica e nuova dei discendenti dei primi
abitanti del Continente”. E così - aggiungono - siamo stati capaci di superare
pregiudizi e risentimenti ed ora siamo convinti che sarà possibile
“approfondire i diversi contenuti della Teologia India fino ad arrivare a un
completo e definitivo chiarimento degli aspetti problematici già individuati”
(dalla Lettera del Cardinale Joseph Ratzinger al Presidente del CELAM, 26 luglio 2004). “Gesù
Cristo, sacerdote e profeta - conclude il documento - non è un problema per i
popoli indigeni. E’ stato annunciato ed è con noi”.
DIVERSI
PREMI NOBEL PER
DELLE NAZIONI UNITE DI NON CONCENTRARE
GLI SFORZI SOLO NEL PUNIRE IL TEST
ATOMICO DELLA COREA DEL NORD, MA DI
LAVORARE
PER TUTELARE I DIRITTI UMANI NEL PAESE ASIATICO
NEW YORK. = La comunità internazionale “non deve concentrare i
propri sforzi solo sui test nucleari di Pyongyang” ma deve sfruttare questo momento “per imporre una
risoluzione non punitiva che cerchi di migliorare la disastrosa situazione dei
diritti umani in Corea del Nord”. E’ l’appello rivolto ieri, al Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, da un gruppo composto da alcuni
vincitori del premio Nobel per la pace. Fra i firmatari vi sono Vaclav Havel, ex presidente della
Cecoslovacchia, Kjell Magne Bondevik,
ex primo ministro norvegese ed Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di
concentramento nazisti ed attivista per i diritti umani. “Anche dopo il
recente esperimento nucleare – sottolineano i premi Nobel - l’oppressione dei
diritti umani attualmente in vigore in Corea del Nord non deve passare in
secondo piano”. “Il Consiglio di sicurezza – si legge nel documento - deve
trattare questa situazione in maniera separata rispetto alle sanzioni decise
per punire il test atomico”. Nell’appello – riferisce poi l’Agenzia Asia News -
si ricordano “i milioni di morti a causa delle carestie provocate dalle
disastrose politiche agricole del regime nei primi anni ’90, i 200 mila
internati nei campi di lavoro e gli oltre 400 mila nordcoreani
che vi sono morti negli ultimi 30 anni”. I premi Nobel invitano, infine,
la comunità internazionale “ad adottare una nuova
risoluzione, senza sanzioni, che imponga al regime il libero accesso nel Paese
degli attivisti per i diritti umani e il rilascio di tutti i prigionieri politici”.
(A.L.)
CITTÀ DEL VATICANO = Un “premio giornalistico” per
articoli pubblicati in quotidiani o periodici su tematiche legate
all’importanza delle lingue classiche sul piano pedagogico e per lo sviluppo
scientifico e culturale. E’ l’iniziativa promossa dal Pontificio Comitato di
Scienze Storiche che intende contribuire, con varie attività, alla promozione
dello studio e dell’insegnamento delle lingue classiche nelle scuole e nelle
università europee. “Il progressivo declino della conoscenza del greco e del
latino – si legge nel comunicato del dicastero Pontificio - porterà ad un
numero sempre più esiguo di studenti capaci di dedicarsi non solo agli studi
storici, ma anche a quelli filologici, filosofici e teologici su un livello
adeguato e, quindi, al progressivo decadimento della ricerca seria in questi
settori”. L’obiettivo del dicastero Pontificio è di promuovere lo studio e
l’insegnamento delle lingue classiche attraverso i mezzi di
informazione non solo negli ambienti scolastici ed accademici, ma anche
in un ambito più vasto dell’opinione pubblica suscitando, in questo modo,
“riflessioni e dibattiti che possano sensibilizzare, in particolar modo, le
autorità a livello nazionale e sovranazionale
preposte alle scelte educative”. Nonostante le deludenti politiche scolastiche
adottate in questo settore negli ultimi decenni - si legge infine nel documento
- occorre ribadire con forza, e a tutti i livelli istituzionali, l’importanza
delle lingue classiche non solo per l’Europa perché costituiscono un patrimonio
culturale per l’intera umanità. (A.L.)
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1 novembre 2006
- A cura di
Roberta Moretti -
Ennesima mattinata di sangue in Iraq. Almeno
tre attentati a Baghdad hanno causato 11 morti e oltre 20 feriti. Lo hanno
riferito fonti della polizia, che ha reso noto anche il ritrovamento di almeno
10 cadaveri in varie zone della città. Intanto, è salito a 23 morti, di cui 19
bambini, il bilancio dell’autobomba esplosa ieri alla periferia nord sciita
della capitale, contro un corteo nuziale. E con il soldato USA ucciso ieri 104
le vittime statunitensi nel mese di ottobre. Per far fronte alle violenze, il
segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, ha dato l’OK alla spesa di almeno un miliardo di
dollari per aumentare le forze di sicurezza irachene e accelerarne
l'addestramento e l'equipaggiamento. Intanto, in
Gran Bretagna, il governo Blair per 25 voti ai Comuni
ha visto bocciata la mozione per l’istituzione di una commissione sulla guerra
in Iraq, che avrebbe avuto conseguenze politicamente preoccupanti.
Medio Oriente. Il presidente dell'Autorità
nazionale palestinese, Abu Mazen,
ha formalmente condannato il “massacro” compiuto nella notte dalle forze
israeliane a Beit Hanun, a
nord di Gaza, dove sono rimasti uccisi almeno sei miliziani palestinesi e un
israeliano. Negli scontri avrebbe perso la vita anche un soldato dello Stato
ebraico. I feriti, fra cui molti civili, sono una quarantina. ''Si tratta di un crimine odioso'',
ha affermato in una nota Abu Mazen,
ammonendo Israele a “cessare tutte le ostilità” contro il popolo palestinese, e
la comunità internazionale, a intervenire ''per mettere fine alle continue
aggressioni” dello Stato ebraico.
Nessuna marcia indietro da parte di Israele
anche rispetto alle discusse incursioni aeree nel territorio libanese
effettuate ieri dallo Stato Ebraico: lo ha ribadito alla radio pubblica il vice
ministro della Difesa israeliano, Ephraim Sneh,
ignorando le proteste non solo dalle autorità di
Beirut, ma anche dalle Nazioni Unite, dalla Francia, attualmente al comando dei
'caschi blu' dell’UNIFIL, e dallo stesso Javier Solana, alto rappresentante
per la Politica Estera e la Sicurezza Comune dell’Unione Europea.
Il presidente
israeliano, Moshé Katzav, indagato per stupro e
molestie sessuali ai danni di numerose donne, è stato ricoverato ieri per due
ore in ospedale, dove è stato sottoposto a esami cardiaci. Lo ha annunciato il
ministero della Sanità. L’ospedale si è rifiutato di dare qualsiasi
informazione, mentre il fratello del capo di Stato ha parlato di esami di
routine. Ieri, vari siti Internet avevano ipotizzato un tentativo di
suicidio. Katzav
afferma di essere vittima di un complotto e rifiuta di
dimettersi, come gli è stato suggerito dal procuratore generale.
In Afghanistan, tre
soldati della NATO sono rimasti feriti per
l’esplosione di un'autobomba guidata da un kamikaze e lanciata contro il loro
convoglio. L'attentato è avvenuto sulla strada che collega Kandahar
all'aeroporto e alla base delle forze occidentali ISAF, guidate dalla NATO. Intanto, in un’intervista al Financial
Times, il comandante dell’ISAF, il generale David Richards, ha dichiarato che le forze NATO
in Afghanistan sono insufficienti.
In tema di nucleare: confermata stamani la disponibilità
di tornare al tavolo delle trattative da parte della Corea del Nord, annunciata ieri. Chiaretta Zucconi:
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A meno di un mese dal primo test nucleare, la Nord Corea ha confermato di voler tornare al tavolo
negoziale sullo smantellamento del suo programma di sviluppo atomico, “ma a
condizione – dice una nota del Ministero degli Esteri nord coreano – che
nell’ambito dei prossimi colloqui vengano anche discusse le sanzioni
finanziarie imposte da Washington al nostro Paese”. Sanzioni che impediscono
l’accesso della Nord Corea alle banche estere e che
avevano talmente irritato Pyongyang da indurlo a decidere
di non tornare più ai negoziati. Il presidente Bush
ha accolto con soddisfazione l’annuncio della Nord
Corea, dicendo tuttavia che resta imperativo l’abbandono del programma nucleare
e che nel caso contrario ricorrerà all’intervento delle Nazioni Unite.
Altrettanto ferma la posizione del Giappone: Tokyo ha fatto sapere che non ha
intenzione di eliminare le sanzioni sulla Nord Corea,
fino a quando questa non si impegnerà a rinunciare al programma atomico. I
colloqui a sei, cui partecipano Corea e Cina, Stati
Uniti, Russia e Giappone, erano fermi da novembre dello scorso anno. Dietro al
nuovo approccio più conciliante di Pyongyang si
intravede l’ombra di Pechino. Di sicuro, la Cina ha
usato i suoi poteri di persuasione con i suoi vicini alleati. L’accordo sul
ritorno al tavolo negoziale è stato, infatti, raggiunto ieri proprio nella
capitale cinese, durante contatti bilaterali e multilaterali tra Cina, USA e
Nord Corea. Resta ora da stabilire la data del prossimo giro di consultazioni a
sei. Al momento si sa soltanto che si terranno a tempo debito, in un prossimo
futuro.
Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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Almeno 20 persone, tra cui diversi bambini,
sono morte nel sud-est dell'Anatolia a causa di alluvioni e inondazioni
provocate dalle piogge torrenziali che stanno flagellando la regione, corrispondente
alla porzione turca del Kurdistan. Lo hanno riferito le autorità locali,
secondo cui sarebbero una decina i dispersi. Nello scorso
weekend altre cinque persone erano morte a Van
e a Sanliurfa.
Importante giornata elettorale oggi in Catalogna, in
Spagna, per l’elezione del nuovo parlamento e del presidente del governo della
regione. Sono 135 i seggi del Parlamento, che dovrà eleggere il nuovo
presidente-capo di governo. Sono cinque le formazioni politiche che partecipano
a questa elezione. Dei partiti ma anche delle riflessioni dei vescovi in vista
del voto, ci parla nel servizio dalla Spagna padre Ignacio
Arregui:
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Il partito nazionalista di centro chiamato ‘Convergencia i Unio’,
che in passato ha governato per 23 anni. Il partito socialista, PSC, vincitore
delle ultime elezioni nel 2.003. Il Partito Popolare. Una formazione chiamata esquerra republicana,
nazionalista radicale. E una coalizione di sinistra. Non si prevede per nessuna
di queste cinque formazioni una maggioranza assoluta che in un parlamento di
135 seggi richiede 68 deputati. Secondo tutte le
indagini fatte finora, Convergenza e Unione dovrebbe vincere queste elezioni,
ma con una maggioranza relativa. Nel caso in cui risultasse vincitore sarebbe
pronto a governare da solo, con accordi specifici secondo le questioni da
affrontare. E tutti temono, ma in particolare le forze di sinistra, una forte
astensione. Le attuali previsioni comportano ovviamente diverse ipotesi sul
tipo di governo che avrà
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Tre persone
sarebbero morte e alcune altre sarebbero rimaste ferite questa mattina nella
Romania orientale per un’esplosione nella raffineria RAFO, a Onesti. Secondo la
rete Realitate TV, si sarebbe trattato di un
incidente provocato da un'accumulazione di gas.
Una piattaforma petrolifera con 75 persone a
bordo è alla deriva nel Mare del Nord e si sta dirigendo verso la Polonia, dopo essere stata tutta la notte in balia del
maltempo. L'incidente è avvenuto a 100 miglia
dalle coste della Norvegia, quando la nave che stava rimorchiando la
piattaforma è andata in panne, a cause dei venti che hanno raggiunto i 90 km/h.
Un giornalista
della TV di stato francese è stato aggredito ieri pomeriggio e “ferito
piuttosto gravemente alla testa” a Clichy-sous-Bois, uno dei luoghi più
caldi della banlieue parigina, lo stesso dove
nell’ottobre 2005 due adolescenti morirono folgorati
in una cabina elettrica dove intendevano nascondersi dalla polizia. Gli altri due membri
della squadra che stava facendo il reportage non sono stati picchiati. Intanto,
in vari centri della banlieue sud di Yvelines diversi
autobus sono stati bersaglio di lanci di pietre, che non hanno provocato
feriti.
Il presidente russo, Vladimir Putin,
ha fatto sapere che non incontrerà il ministro degli Esteri della Georgia, Gela
Bezhuashvili, che ieri sera è giunto a Mosca per partecipare alla riunione dei capi della diplomazia dei
Paesi dell'Organizzazione di cooperazione economica del Mar Nero. La crisi fra Mosca e Tbilisi è riesplosa lo scorso settembre, dopo l'arresto a Tbilisi di quattro ufficiali russi di servizi di sicurezza
militari.
Era il 1° novembre 1996 quando nasceva in Qatar la televisione satellitare Al Jazeera, divenuta in dieci anni un vero punto di
riferimento per l’informazione mondiale e di quella araba in particolare. Con
sedi anche a Londra e Washington, oggi il network conta 50 milioni di spettatori ma si rivolge ad una platea potenziale di oltre
450 milioni di persone. L’emittente in questi anni ha affrontato temi
considerati tabù da molte società arabe ma in alcune
occasioni è stata accusata – in nome di una libertà di opinione - di fare da
cassa di risonanza a molte correnti dell’integralismo islamico. Ma com’è
cambiata l’informazione nel mondo arabo in questi dieci anni con la nascita di Al Jazeera? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto al giornalista iracheno Saad Hussin. Ascoltiamo:
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R. – E’ radicalmente cambiata, perché fino a dieci anni
fa, l’informazione nel mondo arabo era soprattutto informazione di Stato.
Perciò Al Jazeera è stata una grande rivoluzione nel
campo dell’informazione in quell’area.
D. – Eppure, non sono mancate neppure le critiche, che in
qualche occasione hanno definito Al Jazeera “la voce
degli estremisti” …
R. – E’ vero, è criticata per questo, perché è l’unico
canale che riesce a trasmettere l’informazione sul terrorismo, soprattutto di Al Qaeda o di altri gruppi, che
mandano i loro messaggi, come è accaduto per gli ostaggi in Iraq. Ma viene diffusa in un’area potenziale di 450 milioni di
persone che la seguono per motivi informativi e non per questioni ideologiche.
E’ quindi una grande risorsa per l’informazione ma è
chiaro che può fare anche il gioco di certi gruppi!
D. – Dobbiamo dire che Al Jazeera
ha sedi anche a Londra e Washington, è un network sempre più vicino agli
standard delle grandi televisioni mondiali. Ma come sarà questo network nei
prossimi 10 anni?
R. – Questo dipende anche dalla situazione politica
attualmente nel mondo arabo, perché noi sappiamo che ancora in alcuni di questi
Stati esistono dittature, esiste la tortura, esiste la cattiva informazione. Al
Jazeera sta cercando di entrare nel binario giusto,
come la CNN o altri network.
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Siglato stamani in Sudan un nuovo accordo di cessate-il-fuoco tra il governo ugandese e i ribelli del Lord's Resistance Army (LRA), che
sancisce la ripresa dei negoziati di pace. In Uganda, però, non si fermano le
violenze: ieri, 27 persone, tra cui 16 soldati, hanno perso la vita in diversi
scontri.
E’ morto ieri, all’età di 90 anni, l'ex presidente
sudafricano, Pieter W. Botha, uno degli esponenti di punta del regime
dell'apartheid. Capo di Stato tra il 1978 e il 1989, era soprannominato “Groot Krokodil” – il grande
coccodrillo – per le sue posizioni intransigenti sul problema della
segregazione razziale.
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