RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 305 - Testo della trasmissione di mercoledì 1 novembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I Santi, testimoni di un’eccellenza di vita possibile: così il Papa alla Messa per la solennità del primo novembre. All’Angelus, un pensiero sulla commemorazione dei defunti di domani

 

Vescovi di Stati Uniti e Messico domani celebreranno la Messa insieme, a ridosso della recinzione che diventerà il “muro anti-immigrazione”: intervista con il cardinale Javier Lozano Barragán

 

“Spirito di Assisi” e confronto tra le diverse fedi: in un volume del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso: ce ne parla mons. Anthony Félix Machado

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Cultura e dialogo per una convivenza pacifica tra cristiani e musulmani in Terra Santa: a Betlemme, le iniziative del Juthouruna Youth Forum. Ai nostri microfoni, Charlie Abou Saada

 

Favorire l’incontro tra le culture: con questa finalità è nata a Roma la Biblioteca Europea. Con noi, Gino Poggiali

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il presidente del Comitato di politica internazionale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti  chiede maggiore sicurezza per i cristiani iracheni, in una lettera inviata a Condoleezza Rice

 

L’Etiopia di nuovo colpita da alluvioni: il bilancio, fornito dal governo, è di almeno 68 morti negli ultimi tre giorni

 

“Come il mistero di Cristo è stato incorporato nella vita e nella riflessione teologica dei popoli indigeni”. E’ il tema affrontato nel III Simposio del Consiglio episcopale latinoamericano

 

Diversi premi Nobel per la pace chiedono al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di non concentrare gli sforzi solo nel punire il test atomico della Corea del Nord, ma di lavorare per tutelare i diritti umani nel Paese asiatico

 

Seconda edizione del premio giornalistico “Ad Fontes”, promosso dal Pontificio Comitato di scienze storiche

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno sei palestinesi e un israeliano uccisi nella notte a nord di Gaza in una massiccia incursione israeliana. La condanna del presidente dell’ANP, Abu Mazen

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 novembre 2006

 

 

LA CHIESA E’ “MADRE DEI SANTI”, TESTIMONI DI UN’ECCELLENZA DI VITA POSSIBILE

 PER OGNI UOMO: LO HA DETTO IL PAPA ALLA MESSA PER LA SOLENNITA’

DEL PRIMO NOVEMBRE. ALL’ANGELUS, RICORDANDO LA COMMEMORAZIONE

 DEI DEFUNTI DI DOMANI, BENEDETTO XVI HA PARLATO DELLA MORTE

 COME SEGNO CHE RIMANDA ALLA VITA ETERNA

 

I Santi e i defunti provocano l’uomo moderno sul senso della “vita eterna”, una realtà oggi spesso ritenuta una “mitologia ormai superata”. Lo ha affermato questa mattina Benedetto XVI, presiedendo la liturgia eucaristica in San Pietro e la successiva recita dell’Angelus, ispirate dalle ricorrenze liturgiche del primo e del due novembre. Per essere santi “non bisogna possedere carismi eccezionali”, ha detto il Papa. Così come “l’enigma della morte” spinge alla “speranza” di una vita che non finisca sulla terra. Nel servizio di Alessandro De Carolis, la cronaca delle celebrazioni:

 

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(canto)

 

Celebri o sconosciuti, venerati da secoli o nascosti nelle pieghe della quotidianità, sono loro il modello umano che rende il cielo più vicino alla terra: i Santi. Uomini e donne, figli della Chiesa, che hanno fatto una scelta, quella di Cristo, l’hanno difesa, non ne hanno fuggito le conseguenze, neanche le più drammatiche, fino a diventare - al di là delle loro intenzioni - la dimostrazione che la “meta alta della vita cristiana” è una meta per “tutti” - non per gente fuori del comune - ed è una meta per ogni epoca. Benedetto XVI ha riaffermato questi principi durante la tradizionale Messa del primo novembre, celebrata con grande solennità in San Pietro.

 

(canto)

 

Tra le navate della Basilica, completamente gremite, il Papa ha fatto risuonare l’antica domanda di un celebre uomo di Dio, San Bernardo di Chiaravalle: a “che serve la nostra lode ai Santi”, il nostro tributo alla loro grandezza? La risposta di mille anni fa, ha osservato, non ha perso di attualità: i Santi “non hanno bisogno dei nostri onori”, ma pensando a loro – diceva San Bernardo – “mi sento ardere da grandi desideri”:

 

“Ecco dunque il significato dell’odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei Santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i Santi, felici di vivere vicini a Dio (...) Essere santo significa vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. Questa verità, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, è oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione”.

 

 “Ma in che consiste la santità?”, si è chiesto ancora Benedetto XVI:

 

“All’interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario semplicemente “servire” Gesù, ascoltarlo e seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà (…) La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio”.

 

Certo, la grandezza del dono – ha sottolineato Benedetto XVI - mette in risalto, per contrasto, “la povertà dei nostri mezzi”. Ma la certezza cristiana, lungi dall’’inorgoglire’, sta in questo: “Dio – ha ripetuto il Papa – ci ha voluto nel mondo per essere santi”. Come quelli celebrati dalla Chiesa, come le figure dell’Antico Testamento: da Abele il “giusto” ad Abramo, “fedele Patriarca”.

 

(canto)

 

         La santità che unisce i fedeli sulla terra alle realtà divine “passa sempre per la via della Croce”. Questa affermazione del Papa all’omelia della Messa si salda con le parole da lui pronunciate prima della recita dell’Angelus, dedicate al mistero della morte e alla commemorazione dei defunti di domani. Nel nostro tempo più che in passato, ha osservato Benedetto XVI, “si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però, per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda. E’ insopprimibile nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena”.

 

“Dinanzi all’enigma della morte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovare nell’aldilà i propri cari (…)Vita eterna’ per noi cristiani non indica però solo una vita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal male e dalla morte”.

 

Ai saluti del dopo-Angelus, in cinque lingue, Benedetto XVI ha tra l’altro indirizzato un pensiero al gruppo agostiano che in questi giorni ha portato la “Fiaccola del Dialogo” sulle orme del vescovo di Ippona, dalla città natale di Tagaste, in Algeria, fino a Roma, per poi concludere il pellegrinaggio a Pavia, dove si trova la tomba del Padre della Chiesa. “Volentieri - ha concluso il Papa - benedico questa iniziativa dell’Ordine Agostiniano e questa Fiaccola simbolo di fede e di pace”.

 

(applausi)

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VESCOVI DI STATI UNITI E MESSICO DOMANI CELEBRERANNO LA MESSA

 INSIEME A RIDOSSO DELLA RECINZIONE CHE DIVENTERÀ

IL “MURO ANTI-IMMIGRAZIONE” TRA I DUE PAESI

- Intervista con il cardinale Javier Lozano Barragan -

 

Diversi vescovi americani e messicani celebreranno, domani, la Santa Messa al confine tra Stati Uniti e Messico, dove è in costruzione il muro voluto dall’amministrazione statunitense per impedire il flusso di immigrati. I presuli delle due Conferenze episcopali saranno separati da una recinzione che divide, attualmente, i due Stati. Ma saranno uniti dalla preghiera e dalla comune condanna della barriera. Sulla controversa questione del muro, ascoltiamo al microfono di Emanuela Campanile, il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, cardinale Javier Lozano Barragan:

 

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R. – Prima di tutto, dobbiamo dire che ogni Paese ha il diritto di proteggere le proprie frontiere e anche di stabilire le leggi. Queste norme, però, devono essere sempre in accordo con la dignità della persona umana. Penso che un muro come quello in costruzione non sia una misura intelligente per far rispettare la propria frontiera. E’ qualcosa che si doveva fare con un accordo dei due Paesi. Non si tratta soltanto, o non si dovrebbe trattare, di una misura unilaterale. Dovrebbe essere invece una misura bilaterale, sia da parte degli Stati Uniti sia da parte del Messico. Cosa che non è successa.

 

D. – Quindi, in cosa ferisce la dignità umana?

 

R. – Sono due Paesi che devono mettersi d’accordo. Non si devono prendere decisioni ‘escludenti’ e ‘vergognose’, come ha detto il nostro presidente, senza nemmeno aver parlato con il governo messicano, con il popolo messicano. Questo è degradante e, in questo senso, ferisce la dignità umana. D’altra parte, la ferisce perché sono più di 3 mila le persone che sono morte lungo questa frontiera.

 

D. – La Chiesa a cosa è chiamata?

 

R. – La Chiesa ormai, mi riferisco alla gerarchia, già ha fatto il suo compito: i vescovi degli Stati Uniti, come i vescovi del Messico, hanno espresso la loro condanna sul muro.

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LO “SPIRITO DI ASSISI” E L’IMPORTANZA DEL CONFRONTO TRA LE DIVERSE FEDI

CONDENSATI IN UN VOLUME CURATO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

- Intervista con mons. Anthony Félix Machado -

 

In vista dell’incontro giovanile che da sabato a martedì prossimi celebrerà ad Assisi il ventennale del raduno interreligioso voluto da Papa Wojtyla nella cittadina francescana, il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso – organizzatore dell’evento – ha curato l’uscita del volume intitolato “Dialogo Interreligioso nell’insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II a Giovanni Paolo II”. Pubblicato contemporaneamente in italiano, francese ed inglese, alla sua seconda edizione aggiornata, il libro è stato presentato nei giorni scorsi a Roma. Dell’importanza di essere documentati in tema di dialogo interreligioso ci parla, nell’intervista di Fabio Colagrande, mons. Anthony Félix Machado, sottosegretario del dicastero vaticano:

 

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R. – Indispensabile, perché un cristiano che volesse dedicarsi ed impegnarsi nel dialogo interreligioso, deve sempre fare questo sulle solide basi della fede cristiana. Non si può andare a condurre il dialogo quando non si rappresenta la propria fede nella sua integrità. E per avere questo, è necessario conoscere cosa insegna la Chiesa. Oggi il dialogo interreligioso è un impegno inevitabile per quasi tutti: tutti i cristiani, non soltanto quelli che vivono in Paesi multi-religiosi o multiculturali. Il nostro mondo è diventato pluralistico e, in questo mondo, il dialogo interreligioso non è una scelta facoltativa, ma un impegno necessario. Però, questo impegno necessario deve essere sempre guidato dall’insegnamento della Chiesa. Non può un cristiano avventurarsi nell’impegno del dialogo interreligioso senza tenere conto dell’insegnamento della Chiesa. Ecco perché ho detto che è indispensabile.

 

D. – Si tratta, però, di un volume che non è indirizzato solo ai cristiani …

 

R. – E’ un volume indirizzato a tutti. Gli scopi sono due: uno, per noi cristiani per il motivo che ho appena detto; l’altro, perché sappiano anche le persone delle altre religioni, perché i cristiani pensano di fare il dialogo interreligioso, perché siamo, come cattolici cristiani, impegnati nel dialogo. Per questo, per conoscere l’insegnamento della Chiesa riguardo al dialogo interreligioso, è indirizzato anche, in un certo senso, indirettamente, alle persone delle altre religioni.

 

D. – Il testo è stato presentato nella giornata in cui veniva presentato il messaggio per la fine del Ramadan, sempre dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. E’ il 40.mo messaggio: vuole dirci qualcosa su questa tradizione? Non si tratta di messaggi di semplice circostanza, ma che scopo hanno?

 

R. – Questo messaggio fu inteso dall’inizio nel senso che noi cattolici avessimo l’opportunità di visitare persone di altre religioni, per condividere la gioia. Non vuol dire, questo, che noi condividiamo il loro credo religioso: non è assolutamente questo! Noi, come cristiani, vivendo in una società, essendo parte integrante di una società multi-religiosa, non possiamo essere “assenti”, dobbiamo dimostrare in qualche modo questo rispetto che abbiamo per gli altri, pur non condividendo la loro credenza. Dobbiamo egualmente dimostrare il nostro rispetto nei riguardi di come loro concepiscono e celebrano questa festa. Quindi, fornisce un’occasione a noi cristiani per approfondire queste amicizie: ecco lo scopo del messaggio. E in quarant’anni ha dimostrato un grande successo, direi!

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 novembre 2006

 

 

CULTURA E DIALOGO STRUMENTI PER UNA CONVIVENZA PACIFICA

TRA CRISTIANI E MUSULMANI IN TERRA SANTA: A PROMUOVERLI, A BETLEMME,

È IL JUTHOURUNA YOUTH FORUM, ASSOCIAZIONE CHE PROPONE

DIVERSE INIZIATIVE DI INCONTRO

- Intervista con Charlie Abou Saada -

 

Da due anni, a Betlemme, un centro giovani vuole essere segno di pace, di vita e di speranza per i cristiani palestinesi. È il Juthouruna Youth Forum, un’associazione che organizza anche incontri ecumenici e tende a far dialogare cristiani e musulmani. Tiziana Campisi ha incontrato il coordinatore del centro Charlie Abou Saada, che spiega in quali attività siano coinvolti i giovani:

 

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R. – Il Juthouruna Youth Forum è un’associazione, un centro, che vuole migliorare la vita dei nostri giovani cristiani e musulmani in Palestina, nei Territori occupati. In pratica, cerchiamo, tramite la cultura, di diffondere la necessità del dialogo, dell’amore fra i diversi. Quindi, abbiamo pensato prima di tutto di pubblicare una rivista indirizzata ai giovani. E’ l’unica rivista cristiana, in lingua araba, di tutta la Terra Santa. Partiamo sempre dalla Parola di Dio, dalla Sacra Scrittura e prendiamo un versetto. Cosa mi dice oggi? Cosa mi dice come giovane? Come devo vivere? E così via. Soprattutto, parliamo di problemi etici e morali in Terra Santa. Poi chiaramente cerchiamo di dare delle notizie, di parlare di avvenimenti...

 

D. – Come vedono la realtà di oggi i giovani della Terra Santa?

 

R. – Soprattutto dopo l’ultima guerra in Libano, sta ricominciando una nuova fase di immigrazione. La provincia di Betlemme fa circa 80 mila abitanti e i cristiani oggi sono arrivati a quasi il 32, 33 per cento della popolazione. Le difficoltà sono enormi. Il problema politico non si risolve facilmente, perché non c’è pace senza giustizia, e non c’è ancora una buona volontà da tutte le parti per fare giustizia e quindi per fare la pace. Quindi, o mi rassegno, rimango e faccio una vita difficile, semplice, con tanti problemi quotidiani, o me ne vado. Come Juthouruna Youth Forum cerchiamo di incentivare lo spirito del rimanere nella propria terra. Non vogliamo che la Terra Santa diventi semplicemente un museo di chiese. Secondo la conferenza delle Chiese orientali, se la situazione politica e sociale in Medio Oriente, e soprattutto in Terra Santa, rimane com’è oggi, fra 45 anni non ci saranno più cristiani in Terra Santa. Nell’aprile scorso abbiamo avuto la possibilità di incontrare il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah. C’erano 300 giovani e lui ha cominciato con il Vangelo della tempesta sedata e poi ha detto che Gesù Cristo, Dio, è con noi, malgrado tutte le nostre difficoltà. Ma sapete qual è stata la prima domanda che gli ha fatto uno dei nostri giovani? “Ma dov’è Dio?” E’ difficile fare catechesi. E’ difficile trasmettere il Vangelo o ciò che dice il Vangelo a noi, che viviamo ogni giorno una situazione molto difficile.

 

D. – Il Medio Oriente che cosa si aspetta dall’Occidente?

 

R. – Giustizia e non più interessi. Non vogliamo parole: vogliamo dei fatti. Non vogliamo parlare solo di petrolio: vogliamo parlare di esseri umani, di cristiani, musulmani, ebrei che vivono in difficoltà in Medio Oriente.

 

D. – Quali progetti avete?

 

R. – Siamo sicuri che con la cultura dobbiamo andare avanti. Abbiamo il sogno di fare una radio e una televisione soprattutto in lingua araba, per trasmettere la fede, l’esperienza, la vita dei cristiani in Terra Santa ai cristiani e musulmani del mondo arabo e islamico. E questo è molto importante.

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FAVORIRE L’INCONTRO TRA LE CULTURE: CON QUESTA FINALITA’

 E’ NATA A ROMA LA BIBLIOTECA EUROPEA

- Ai nostri microfoni, Gino Poggiali -

 

L’incontro e il dialogo tra le culture: con questo auspicio è nata a Roma la Biblioteca Europea, già aperta al pubblico, che vede la significativa collaborazione di molte ambasciate e istituti culturali: come quello tedesco, francese, olandese, austriaco e spagnolo. L’iniziativa, che è in fase di ampliamento, dispone anche di un sito Internet, www.bibliotecaeuropea.it, con uno sportello digitale dedicato ai giovani e specializzato sull’Europa. Il servizio di Andrea Rustichelli:

 

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         La rete delle biblioteche municipali di Roma ha ora una nuova e prestigiosa affiliata appena inaugurata con un padrino di eccezione, il celebre reporter Ryszard Kapuscinski. E’ la biblioteca europea con sede presto l’Istituto culturale tedesco, il Ghoete Institut che ha contribuito in modo determinante alla sua nascita con un fondo iniziale di quattro mila titoli, 10 mila documenti di varia provenienza, molti dei quali in lingua inglese, francese e spagnola, oltre che tedesca, con una piccola parte anche in polacco, slovacco e ungherese. E c’è anche una sezione ragazzi che dispone di circa 800 libri dei più importanti autori europei. Non manca poi il reparto dedicato a quotidiani e riviste, anch’esso disponibile nelle principali lingue. Ma a quale esigenza risponde la nascita di questa biblioteca? Sentiamo Gino Poggiali presidente delle Biblioteche di Roma:

 

R. – Kapuscinski l’ha detto con parole che io non saprei trovare con la stessa eleganza. Risponde ad una delle funzioni fondamentali delle biblioteche che è quella di far conoscere l’altro, di far circolare le idee, di farle incontrare e soprattutto di suscitare la critica, costruttiva naturalmente. Poi sarà anche distruttiva rispetto alle idee che devono essere distrutte, ma normalmente l’incontro crea una situazione terza, una nuova situazione nella quale i due soggetti che si sono confrontati hanno trovato un’intesa. Le biblioteche fanno questo da sempre. La Biblioteca europea ha l’ambizione di farlo rispetto al progetto, importantissimo per tutti noi, di un’Europa che si fonda sulla inclusione, sulla capacità di comprendersi sulla circolazione delle idee di tutti e non solo delle lingue più importanti, in modo tale che veramente uno slovacco si senta uguale ad un parigino, un portoghese uguale ad un inglese, dal punto di vista del dare e ricevere cultura.

 

E proprio il grande reporter Kapuscinski, durante la cerimonia di inaugurazione, ha posto l’accento sul valore del libro, fondamento della cultura europea e seme di dialogo critico tra identità diverse. Kapuscinski ha poi ricordato due grandi giornalisti italiani, Tiziano Terzani e Oriana Fallaci. “Essi – ha detto Kapuscinski – hanno maturato atteggiamenti opposti rispetto al multiculturalismo: la Fallaci ne era spaventata, Terzani ne ha invece intuito la straordinaria potenzialità”.

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CHIESA E SOCIETA’

1 novembre 2006

 

 

 

IL PRESIDENTE DEL COMITATO DI POLITICA INTERNAZIONALE,

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEGLI STATI UNITI, CHIEDE MAGGIORE SICUREZZA

PER I CRISTIANI IRACHENI IN UNA LETTERA INVIATA A CONDOLEEZZA RICE

 

ORLANDO. = “Specifiche misure” in favore dei cristiani iracheni e delle altre minoranze religiose. E’ quanto chiede il vescovo di Orlando e presidente del Comitato di politica internazionale, della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, mons. Thomas Wenski, sottolineando “il rapido deterioramento” delle condizioni di vita della comunità cristiana in Iraq. Una situazione – scrive il vescovo in una lettera inviata al segretario di Stato americano, Condoleezza Rice - che suscita “profonda preoccupazione e crescente allarme”. I continui e deliberati attacchi contro i cristiani – si legge nel documento al quale ha dato risalto l’Agenzia Asia News – “sono un segno nefasto del collasso, nella società irachena, dell’ordine civile e del rispetto interreligioso”. La vulnerabilità dei cristiani e delle altre minoranze religiose – scrive ancora il presule – è una drammatica evidenza della mancanza di sicurezza che colpisce l’intera nazione irachena. Per migliorare in particolare la situazione dei cristiani, che in Iraq sono circa il 4 per cento della popolazione, mons. Wenski suggerisce di creare una nuova “regione amministrativa” intorno a Ninive, dove circa la metà della popolazione è di fede cristiana. Collegare questa area al governo centrale di Baghdad, spiega poi il presule, “potrebbe offrire maggiore sicurezza”. Il vescovo di Orlando chiede anche una collaborazione tra amministrazione americana e autorità curde per assicurare una più adeguata cornice di sicurezza ai cristiani che vivono nel nord del Paese arabo. La popolazione cristiana, che prima della guerra era di oltre 1 milione e 200 mila persone, è scesa a circa 600 mila. Secondo l’ONU, il 40 per cento dei profughi provenienti dall’Iraq sono cristiani. (A.L.)

 

 

L’ETIOPIA DI NUOVO COLPITA DA ALLUVIONI: ALMENO 68 MORTI

NEGLI ULTIMI TRE GIORNI. I SOCCORSI SONO OSTACOLATI

DALLA PRESENZA DI CENTINAIA DI COCCODRILLI

NELL’AREA DEVASTATA DALLE PIOGGE TORRENZIALI

 

ADDIS ABEBA. = Almeno 68 persone sono morte, negli ultimi tre giorni, in seguito alle alluvioni che hanno colpito l’Etiopia. Lo hanno reso noto fonti governative precisando che le piogge torrenziali hanno devastato, soprattutto, la regione dell’Ogaden, mille chilometri a sud est di Addis Abeba. In questa area vivono almeno 280 mila persone e la situazione è molto delicata. “Tra la popolazione si sta diffondendo il panico”, ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio governativo di prevenzione dei disastri aggiungendo che due città “sono completamente inondate”.  Gli sfollati sono più di 140 mila ed è necessario un intervento rapido per soccorrere i superstiti. Ma i soccorsi sono ostacolati dalla presenza, nella regione, di centinaia di coccodrilli e dalla quasi completa distruzione delle principali vie di comunicazione. Il governo ha dichiarato, poi, che il bilancio potrebbe crescere spiegando che sono ancora molte le persone disperse. Secondo stime fornite dall’esecutivo del Paese africano, le vittime, provocate in un anno dalle alluvioni, sono più di mille. (A.L.)

 

 

“COME IL MISTERO DI CRISTO È STATO INCORPORATO NELLA VITA E NELLA RIFLESSIONE TEOLOGICA DEI POPOLI INDIGENI”. E’ IL TEMA AFFRONTATO

NEL III SIMPOSIO DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO,

CONCLUSOSI LA SCORSA SETTIMANA IN GUATEMALA

- A cura di Luis A. Badilla Morales -

 

CITTÀ DI GUATEMALA. = “Durante i nostri incontri abbiamo approfondito, come popoli aborigeni, il dialogo con Cristo come fonte di vita e di liberazione per poter crescere come discepoli e missionari della sua Parola e poter arricchire la nostra esperienza cristiana al servizio della pastorale della Chiesa”. E’ quanto si legge nel documento conclusivo del III Simposio del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), terminato venerdì scorso a Città di Guatemala. All’incontro hanno partecipato vescovi, teologi e laici di 16 Paesi della regione per riflettere sul “come il mistero di Cristo è stato incorporato nella vita e nella riflessione teologica dei popoli indigeni”. Le esperienze dei popoli aborigeni, la voce degli esperti e gli orientamenti dei pastori – prosegue il documento - hanno evidenziato l’esistenza di un’ampia gamma di esperienze cristologiche nelle comunità. Gli “indios” trovano Cristo attraverso diverse vie e il cammino mariano è stato sempre un aiuto fondamentale per questo incontro. “Ci siamo sentiti interpellati da questa presenza indigena e per questo - osservano i partecipanti all’incontro – siamo tutti coinvolti nel dialogo con coloro che rappresentano quella voce con lo scopo di raggiungere una migliore accoglienza ecclesiale della parola teologica antica e nuova dei discendenti dei primi abitanti del Continente”. E così - aggiungono - siamo stati capaci di superare pregiudizi e risentimenti ed ora siamo convinti che sarà possibile “approfondire i diversi contenuti della Teologia India fino ad arrivare a un completo e definitivo chiarimento degli aspetti problematici già individuati” (dalla Lettera del Cardinale Joseph Ratzinger al Presidente del CELAM, 26 luglio 2004).  “Gesù Cristo, sacerdote e profeta - conclude il documento - non è un problema per i popoli indigeni. E’ stato annunciato ed è con noi”.

 

 

DIVERSI PREMI NOBEL PER LA PACE CHIEDONO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

DELLE NAZIONI UNITE DI NON CONCENTRARE GLI SFORZI SOLO NEL PUNIRE IL TEST

ATOMICO DELLA COREA DEL NORD, MA DI LAVORARE

PER TUTELARE I DIRITTI UMANI NEL PAESE ASIATICO

 

NEW YORK. = La comunità internazionale “non deve concentrare i propri sforzi solo sui test nucleari di Pyongyang” ma deve sfruttare questo momento “per imporre una risoluzione non punitiva che cerchi di migliorare la disastrosa situazione dei diritti umani in Corea del Nord”. E’ l’appello rivolto ieri, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, da un gruppo composto da alcuni vincitori del premio Nobel per la pace. Fra i firmatari vi sono Vaclav Havel, ex presidente della Cecoslovacchia, Kjell Magne Bondevik, ex primo ministro norvegese ed Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti ed attivista per i diritti umani. “Anche dopo il recente esperimento nucleare – sottolineano i premi Nobel - l’oppressione dei diritti umani attualmente in vigore in Corea del Nord non deve passare in secondo piano”. “Il Consiglio di sicurezza – si legge nel documento - deve trattare questa situazione in maniera separata rispetto alle sanzioni decise per punire il test atomico”. Nell’appello – riferisce poi l’Agenzia Asia News - si ricordano “i milioni di morti a causa delle carestie provocate dalle disastrose politiche agricole del regime nei primi anni ’90, i 200 mila internati nei campi di lavoro e gli oltre 400 mila nordcoreani che vi sono morti negli ultimi 30 anni”. I premi Nobel invitano, infine, la comunità internazionale “ad adottare una nuova risoluzione, senza sanzioni, che imponga al regime il libero accesso nel Paese degli attivisti per i diritti umani e il rilascio di tutti i prigionieri politici”. (A.L.)

 

 

II EDIZIONE DEL PREMIO GIORNALISTICO “AD FONTES”,

PROMOSSO DAL PONTIFICIO COMITATO DI SCIENZE STORICHE PER RIBADIRE L’IMPORTANZA DELLE LINGUE CLASSICHE NELLE SCUOLE E NELLE UNIVERSITÀ

 

CITTÀ DEL VATICANO = Un “premio giornalistico” per articoli pubblicati in quotidiani o periodici su tematiche legate all’importanza delle lingue classiche sul piano pedagogico e per lo sviluppo scientifico e culturale. E’ l’iniziativa promossa dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche che intende contribuire, con varie attività, alla promozione dello studio e dell’insegnamento delle lingue classiche nelle scuole e nelle università europee. “Il progressivo declino della conoscenza del greco e del latino – si legge nel comunicato del dicastero Pontificio - porterà ad un numero sempre più esiguo di studenti capaci di dedicarsi non solo agli studi storici, ma anche a quelli filologici, filosofici e teologici su un livello adeguato e, quindi, al progressivo decadimento della ricerca seria in questi settori”. L’obiettivo del dicastero Pontificio è di promuovere lo studio e l’insegnamento delle lingue classiche attraverso i mezzi di informazione non solo negli ambienti scolastici ed accademici, ma anche in un ambito più vasto dell’opinione pubblica suscitando, in questo modo, “riflessioni e dibattiti che possano sensibilizzare, in particolar modo, le autorità a livello nazionale e sovranazionale preposte alle scelte educative”. Nonostante le deludenti politiche scolastiche adottate in questo settore negli ultimi decenni - si legge infine nel documento - occorre ribadire con forza, e a tutti i livelli istituzionali, l’importanza delle lingue classiche non solo per l’Europa perché costituiscono un patrimonio culturale per l’intera umanità. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 novembre 2006

 

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

 

Ennesima mattinata di sangue in Iraq. Almeno tre attentati a Baghdad hanno causato 11 morti e oltre 20 feriti. Lo hanno riferito fonti della polizia, che ha reso noto anche il ritrovamento di almeno 10 cadaveri in varie zone della città. Intanto, è salito a 23 morti, di cui 19 bambini, il bilancio dell’autobomba esplosa ieri alla periferia nord sciita della capitale, contro un corteo nuziale. E con il soldato USA ucciso ieri 104 le vittime statunitensi nel mese di ottobre. Per far fronte alle violenze, il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, ha dato l’OK alla spesa di almeno un miliardo di dollari per aumentare le forze di sicurezza irachene e accelerarne l'addestramento e l'equipaggiamento. Intanto, in Gran Bretagna, il governo Blair per 25 voti ai Comuni ha visto bocciata la mozione per l’istituzione di una commissione sulla guerra in Iraq, che avrebbe avuto conseguenze politicamente preoccupanti.

 

Medio Oriente. Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha formalmente condannato il “massacro” compiuto nella notte dalle forze israeliane a Beit Hanun, a nord di Gaza, dove sono rimasti uccisi almeno sei miliziani palestinesi e un israeliano. Negli scontri avrebbe perso la vita anche un soldato dello Stato ebraico. I feriti, fra cui molti civili, sono una quarantina. ''Si tratta di un crimine odioso'', ha affermato in una nota Abu Mazen, ammonendo Israele a “cessare tutte le ostilità” contro il popolo palestinese, e la comunità internazionale, a intervenire ''per mettere fine alle continue aggressioni” dello Stato ebraico.

 

Nessuna marcia indietro da parte di Israele anche rispetto alle discusse incursioni aeree nel territorio libanese effettuate ieri dallo Stato Ebraico: lo ha ribadito alla radio pubblica il vice ministro della Difesa israeliano, Ephraim Sneh, ignorando le proteste non solo dalle autorità di Beirut, ma anche dalle Nazioni Unite, dalla Francia, attualmente al comando dei 'caschi blu' dell’UNIFIL, e dallo stesso Javier Solana, alto rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza Comune dell’Unione Europea.

 

Il presidente israeliano, Moshé Katzav, indagato per stupro e molestie sessuali ai danni di numerose donne, è stato ricoverato ieri per due ore in ospedale, dove è stato sottoposto a esami cardiaci. Lo ha annunciato il ministero della Sanità. L’ospedale si è rifiutato di dare qualsiasi informazione, mentre il fratello del capo di Stato ha parlato di esami di routine. Ieri, vari siti Internet avevano ipotizzato un tentativo di suicidio. Katzav afferma di essere vittima di un complotto e rifiuta di dimettersi, come gli è stato suggerito dal procuratore generale.

 

In Afghanistan, tre soldati della NATO sono rimasti feriti per l’esplosione di un'autobomba guidata da un kamikaze e lanciata contro il loro convoglio. L'attentato è avvenuto sulla strada che collega Kandahar all'aeroporto e alla base delle forze occidentali ISAF, guidate dalla NATO. Intanto, in un’intervista al Financial Times, il comandante dell’ISAF, il generale David Richards, ha dichiarato che le forze NATO in Afghanistan sono insufficienti.

 

In tema di nucleare: confermata stamani la disponibilità di tornare al tavolo delle trattative da parte della Corea del Nord, annunciata ieri. Chiaretta Zucconi:

 

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A meno di un mese dal primo test nucleare, la Nord Corea ha confermato di voler tornare al tavolo negoziale sullo smantellamento del suo programma di sviluppo atomico, “ma a condizione – dice una nota del Ministero degli Esteri nord coreano – che nell’ambito dei prossimi colloqui vengano anche discusse le sanzioni finanziarie imposte da Washington al nostro Paese”. Sanzioni che impediscono l’accesso della Nord Corea alle banche estere e che avevano talmente irritato Pyongyang da indurlo a decidere di non tornare più ai negoziati. Il presidente Bush ha accolto con soddisfazione l’annuncio della Nord Corea, dicendo tuttavia che resta imperativo l’abbandono del programma nucleare e che nel caso contrario ricorrerà all’intervento delle Nazioni Unite. Altrettanto ferma la posizione del Giappone: Tokyo ha fatto sapere che non ha intenzione di eliminare le sanzioni sulla Nord Corea, fino a quando questa non si impegnerà a rinunciare al programma atomico. I colloqui a sei, cui partecipano Corea e Cina, Stati Uniti, Russia e Giappone, erano fermi da novembre dello scorso anno. Dietro al nuovo approccio più conciliante di Pyongyang si intravede l’ombra di Pechino. Di sicuro, la Cina ha usato i suoi poteri di persuasione con i suoi vicini alleati. L’accordo sul ritorno al tavolo negoziale è stato, infatti, raggiunto ieri proprio nella capitale cinese, durante contatti bilaterali e multilaterali tra Cina, USA e Nord Corea. Resta ora da stabilire la data del prossimo giro di consultazioni a sei. Al momento si sa soltanto che si terranno a tempo debito, in un prossimo futuro.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Almeno 20 persone, tra cui diversi bambini, sono morte nel sud-est dell'Anatolia a causa di alluvioni e inondazioni provocate dalle piogge torrenziali che stanno flagellando la regione, corrispondente alla porzione turca del Kurdistan. Lo hanno riferito le autorità locali, secondo cui sarebbero una decina i dispersi. Nello scorso weekend altre cinque persone erano morte a Van e a Sanliurfa.

 

Importante giornata elettorale oggi in Catalogna, in Spagna, per l’elezione del nuovo parlamento e del presidente del governo della regione. Sono 135 i seggi del Parlamento, che dovrà eleggere il nuovo presidente-capo di governo. Sono cinque le formazioni politiche che partecipano a questa elezione. Dei partiti ma anche delle riflessioni dei vescovi in vista del voto, ci parla nel servizio dalla Spagna padre Ignacio Arregui:

 

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Il partito nazionalista di centro chiamato ‘Convergencia i Unio’, che in passato ha governato per 23 anni. Il partito socialista, PSC, vincitore delle ultime elezioni nel 2.003. Il Partito Popolare. Una formazione chiamata esquerra republicana, nazionalista radicale. E una coalizione di sinistra. Non si prevede per nessuna di queste cinque formazioni una maggioranza assoluta che in un parlamento di 135 seggi richiede 68 deputati. Secondo tutte le indagini fatte finora, Convergenza e Unione dovrebbe vincere queste elezioni, ma con una maggioranza relativa. Nel caso in cui risultasse vincitore sarebbe pronto a governare da solo, con accordi specifici secondo le questioni da affrontare. E tutti temono, ma in particolare le forze di sinistra, una forte astensione. Le attuali previsioni comportano ovviamente diverse ipotesi sul tipo di governo che avrà la Catalogna per i prossimi quattro anni. Il governo uscente è stato il risultato di una coalizione di sinistra tra il partito socialista, la Esquerra republicana e la coalizione di sinistra. Una importante novità delle attuali elezioni è che il parlamento e il governo che saranno eletti dovranno governare secondo lo statuto riformato e approvato in referendum il mese di giugno scorso, con  l’opposizione del partito Popolare. I vescovi della Conferenza episcopale della Catalogna, con una nota pubblicata il 6 ottobre, invitano i fedeli a partecipare attivamente, pensando innanzi tutto al bene comune. E ricordano alcuni valori che la Chiesa ritiene irrinunciabili: il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, il rispetto ai diritti dell’embrione, la protezione della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, il diritto alla libertà di educazione, la liberta religiosa, la solidarietà con gli immigrati, la giustizia sociale e la pace, e il rispetto della personalità culturale e istituzionale della Catalogna.

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Tre persone sarebbero morte e alcune altre sarebbero rimaste ferite questa mattina nella Romania orientale per un’esplosione nella raffineria RAFO, a Onesti. Secondo la rete Realitate TV, si sarebbe trattato di un incidente provocato da un'accumulazione di gas.

 

Una piattaforma petrolifera con 75 persone a bordo è alla deriva nel Mare del Nord e si sta dirigendo verso la Polonia, dopo essere stata tutta la notte in balia del maltempo. L'incidente è avvenuto a 100 miglia dalle coste della Norvegia, quando la nave che stava rimorchiando la piattaforma è andata in panne, a cause dei venti che hanno raggiunto i 90 km/h.

 

Un giornalista della TV di stato francese è stato aggredito ieri pomeriggio e “ferito piuttosto gravemente alla testa” a Clichy-sous-Bois, uno dei luoghi più caldi della banlieue parigina, lo stesso dove nell’ottobre 2005 due adolescenti morirono folgorati in una cabina elettrica dove intendevano nascondersi dalla polizia. Gli altri due membri della squadra che stava facendo il reportage non sono stati picchiati. Intanto, in vari centri della banlieue sud di Yvelines diversi autobus sono stati bersaglio di lanci di pietre, che non hanno provocato feriti.

 

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha fatto sapere che non incontrerà il ministro degli Esteri della Georgia, Gela Bezhuashvili, che ieri sera è giunto a  Mosca per partecipare alla riunione dei capi della diplomazia dei Paesi dell'Organizzazione di cooperazione economica del Mar Nero. La crisi fra Mosca e Tbilisi è riesplosa lo scorso settembre, dopo l'arresto a Tbilisi di quattro ufficiali russi di servizi di sicurezza militari.

 

Era il 1° novembre 1996 quando nasceva in Qatar la televisione satellitare Al Jazeera, divenuta in dieci anni un vero punto di riferimento per l’informazione mondiale e di quella araba in particolare. Con sedi anche a Londra e Washington, oggi il network conta 50 milioni di spettatori ma si rivolge ad una platea potenziale di oltre 450 milioni di persone. L’emittente in questi anni ha affrontato temi considerati tabù da molte società arabe ma in alcune occasioni è stata accusata – in nome di una libertà di opinione - di fare da cassa di risonanza a molte correnti dell’integralismo islamico. Ma com’è cambiata l’informazione nel mondo arabo in questi dieci anni con la nascita di Al Jazeera? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al giornalista iracheno Saad Hussin. Ascoltiamo:

 

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R. – E’ radicalmente cambiata, perché fino a dieci anni fa, l’informazione nel mondo arabo era soprattutto informazione di Stato. Perciò Al Jazeera è stata una grande rivoluzione nel campo dell’informazione in quell’area.

 

D. – Eppure, non sono mancate neppure le critiche, che in qualche occasione hanno definito Al Jazeera “la voce degli estremisti” …

 

R. – E’ vero, è criticata per questo, perché è l’unico canale che riesce a trasmettere l’informazione sul terrorismo, soprattutto di Al Qaeda o di altri gruppi, che mandano i loro messaggi, come è accaduto per gli ostaggi in Iraq. Ma viene diffusa in un’area potenziale di 450 milioni di persone che la seguono per motivi informativi e non per questioni ideologiche. E’ quindi una grande risorsa per l’informazione ma è chiaro che può fare anche il gioco di certi gruppi!

 

D. – Dobbiamo dire che Al Jazeera ha sedi anche a Londra e Washington, è un network sempre più vicino agli standard delle grandi televisioni mondiali. Ma come sarà questo network nei prossimi 10 anni?

 

R. – Questo dipende anche dalla situazione politica attualmente nel mondo arabo, perché noi sappiamo che ancora in alcuni di questi Stati esistono dittature, esiste la tortura, esiste la cattiva informazione. Al Jazeera sta cercando di entrare nel binario giusto, come la CNN o altri network.

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Siglato stamani in Sudan un nuovo accordo di cessate-il-fuoco tra il governo ugandese e i ribelli del Lord's Resistance Army (LRA), che sancisce la ripresa dei negoziati di pace. In Uganda, però, non si fermano le violenze: ieri, 27 persone, tra cui 16 soldati, hanno perso la vita in diversi scontri.

 

E’ morto ieri, all’età di 90 anni, l'ex presidente sudafricano, Pieter W. Botha, uno degli esponenti di punta del regime dell'apartheid. Capo di Stato tra il 1978 e il 1989, era soprannominato “Groot Krokodil” – il grande coccodrillo – per le sue posizioni intransigenti sul problema della segregazione razziale.

 

 

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