RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 90 - Testo della trasmissione di venerdì 31  marzo 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Un Papa immerso nel contatto con Dio, le cui parole di pace e di speranza risuonano ancora vibranti. Questo - ha detto Benedetto XVI - emerge dal film “Karol, un Papa rimasto uomo”,  proiettato ieri in anteprima in Vaticano

 

Domenica sera la veglia in Piazza San Pietro nel primo anniversario della morte di Giovanni Paolo II: ai nostri microfoni, la testimonianza dei cardinali Paul Poupard e Oscar Rodríguez Maradiaga e un aggiornamento sulla Causa di Beatificazione  da parte del postulatore, mons.  Slawomir Oder

 

Nell’obbedienza a Dio, che non limita la libertà personale, l’uomo trova la pace sull’esempio di Cristo e della Vergine:  così padre Cantalamessa nella seconda predica di Quaresima al Papa e alla Curia Romana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ucciso in Brasile, dove si trovava in missione da anni, don Bruno Baldacci, sacerdote ligure “fidei donum”.  Era impegnato al fianco dei più poveri: ai nostri microfoni, don Giovanni Tassano

 

A Roma il primo convegno internazionale di teologhe: intervista con Marinella Perroni

 

Convegno a Torino sulla dimensione contemplativa dei cottolenghini: intervista con don Elio Mo

 

Al via oggi ad Alba, in Piemonte, il Film festival-infinity: con noi Luciano Barisone

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello delle ONG all’ONU per aiutare l’Uganda a superare la crisi in cui versa da 20 anni

 

Dal Patriarca di Mosca, Alessio II, un riconoscimento ecumenico a mons. Vincenzo Paglia

 

Rilanciato il dialogo tra Cile e Bolivia, che dal 1978 non avevano relazioni diplomatiche

 

In Costa d’Avorio riapre l’Università di Bouaké, dopo tre anni di chiusura

 

Torna a Roma il Festival cinematografico dedicato al continente africano

 

Proseguono  gli incontri tra UE e Microsoft, accusata di abuso di posizione dominante

 

Pubblicato a Roma il Manifesto per il rispetto della donna nei media

 

Si è svolto ieri a Roma un convegno della CISL sulla terza età, presente il cardinale Martino

 

24 ORE NEL MONDO:

Un terremoto in Iran provoca decine di morti e la distruzione di oltre 40 villaggi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 marzo 2006

 

UN PAPA IMMERSO NEL CONTATTO CON DIO, SEMPRE SENSIBILE ALLE ATTESE

DEGLI UOMINI E LE CUI PAROLE DI PACE E DI SPERANZA RISUONANO ANCORA VIBRANTI. QUESTO - HA DETTO BENEDETTO XVI -  EMERGE DAL FILM 

“KAROL UN PAPA RIMASTO UOMO”, PROIETTATO IERI IN ANTEPRIMA IN VATICANO 

 

Un grande apprezzamento quello di Benedetto XVI ieri sera per quanti hanno prodotto il film “Karol, un Papa, rimasto uomo”,  proiettato in anteprima nell’aula Paolo VI. La pellicola sarà trasmessa su Canale 5 il 10 e l’11 maggio prossimi. Benedetto XVI, ricordando il suo predecessore, ha voluto sottolineare quanto ancora risuonino vibranti le sue parole di pace e di speranza, di  condanna della guerra e dei regimi totalitari. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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(parole pronunciate nel film da Piotr Adamczyc che impersona Giovanni Paolo II):

“Oggi l’uomo è tormentato dal significato da dare alla storia … E’ assalito da dubbi che spesso diventano disperazione … Solo Lui ha parole di vita, di vita eterna …”

 

“Un Papa immerso nel contatto con Dio e proprio per questo sempre sensibile alle attese degli uomini”: così Benedetto XVI ha definito Giovanni Paolo II al termine della proiezione in anteprima del film “Karol, un Papa rimasto uomo”. Le emozioni della platea, nel rivedere la vita del Pontefice scomparso, si sono tradotte in questo lungo applauso che si è fatto più intenso quando le immagini della fiction hanno ceduto il posto a quelle reali, all’allora decano del collegio cardinalizio Joseph Ratzinger che ha presieduto la celebrazione delle esequie dell’amato Papa. Benedetto XVI si è complimentato con la produzione che ha saputo far emergere con veridicità la personalità di Giovanni Paolo II:

 

“E’ emersa la figura di un instancabile profeta di speranza e di pace, che ha percorso i sentieri del globo per comunicare il Vangelo a tutti”.

 

Ma ascoltiamo il commento di chi il film l’ha scritto e diretto, Giacomo Battiato:

 

“Grande fatica, fisica e psichica, è stato far diventare un attore di 33 anni credibile nel corso di una vita. Io ho raccontato il Papa dei sofferenti …”.

 

Nello scorrere delle immagini i viaggi apostolici, l’incontro con l’arcivescovo Oscar Romero:

 

(stralcio dal dialogo tra mons. Romero e Giovanni Paolo II)

“So che in Vaticano sono arrivati dei dossier contro di me …”.

 

“La chiamano ‘il vescovo rosso’ …”.

 

“Se nutro un affamato, dicono che sono un santo. Se chiedo perché quell’uomo è affamato, divento un comunista …”.

 

E ancora, la grande amicizia con madre Teresa di Calcutta. E non ha nascosto le sue emozioni, Benedetto XVI, nell’evidenziare i momenti più toccanti del film:

 

“Impietriti, come se fossimo presenti, abbiamo riudito gli spari del tragico attentato in Piazza San Pietro del 13 maggio 1981 …”.

 

E come ha vissuto l’attore protagonista Piotr Adamczyc queste scene?

 

“Mi sono molto emozionato quando ho girato qui, in San Pietro, le scene dell’attentato al Papa: queste sono state le più difficili!”.

 

Gli anni del pontificato di Giovanni Paolo II trascorrono in pochi minuti nella pellicola, ma non è venuta meno l’incisività delle sue parole: questo ha voluto sottolineare Benedetto XVI:

 

“Sono tornate alla mente le sue parole vibranti per condannare l’oppressione di regimi totalitari, la violenza omicida, la guerra… parole di coraggio e di denuncia verso la società consumistica e la cultura edonistica, protesa a costruire un benessere semplicemente materiale che non può soddisfare le attese profonde del cuore umano”.

 

Infine gli ultimi drammatici momenti della vita di Karol Wojtyla e il suo ritorno alla casa del Padre:

 

(voce fuori campo)

Totus tuus … in queste mani lascio soprattutto la Chiesa e tutta l’umanità”.

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CON SENTIMENTI DI COMMOZIONE E GRATITUDINE, IL POPOLO DI DIO SI APPRESTA

A COMMEMORARE IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GIOVANNI PAOLO II.

DOMENICA SERA LA VEGLIA IN PIAZZA SAN PIETRO

CON LA PARTECIPAZIONE DI BENEDETTO XVI

- Con noi, i cardinali Paul Poupard e Oscar Maradiaga, e mons. Slawomir Oder -

 

I fedeli di tutto il mondo si apprestano a vivere con emozione il primo anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Momento culminante delle celebrazioni sarà il Santo Rosario promosso dalla diocesi di Roma  in Piazza San Pietro, nella serata di domenica 2 aprile. A guidare la preghiera mariana sarà il cardinale vicario Camillo Ruini. L’avvenimento inizia alle 20.30, con la lettura di alcuni testi di Karol Wojtyla. Alle 21.00 Benedetto XVI si affaccerà alla finestra del suo studio e parteciperà alla preghiera del Rosario. Quindi, alle 21.37 circa, orario della morte di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI rivolgerà la sua parola ai presenti e impartirà la Benedizione Apostolica. Se dunque si moltiplicano le testimonianze di amore per Papa Wojtyla, procede anche la fase diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Ma a che punto siamo con la Causa? Luca Collodi lo ha chiesto al postulatore, mons. Slawomir Oder:

 

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R. – Dopo l’apertura della Causa, avvenuta alla vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo, e la costituzione del Tribunale, subito sono stati intrapresi i lavori del tribunale. Depositato l’elenco dei testimoni, il tribunale ha cominciato il suo lavoro. Al momento presente, stiamo continuando l’ascolto dei testimoni, mentre dall’altra parte, parallelamente, si sta svolgendo il lavoro della Commissione storica, la quale sta raccogliendo la documentazione relativa al defunto pontefice, al Servo di Dio. E poi, il terzo filone attualmente portato avanti è quello del miracolo: il procedimento è stato aperto in Francia.

 

D. – Possiamo approfondire brevemente di cosa si tratta?

 

R. – Si tratta della scomparsa dei sintomi del morbo di Parkinson di cui era portatrice una giovane suora, da diversi anni. Due mesi esatti dopo la morte del Santo Padre, questi sintomi – a seguito delle preghiere che sono state innalzate da parte di tutta la comunità – sono scomparsi istantaneamente e completamente.

 

D. – Don Oder, si possono azzardare dei tempi per il processo, per la Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II?

 

R. – No. Assolutamente no. E’ una cosa troppo azzardata. Si tratta di un personaggio molto rilevante, grande, che ha inciso sulla storia della Chiesa e dell’umanità e il numero dei testimoni è abbastanza elevato. Le difficoltà tecniche di coordinare l’agenda del tribunale e dei testimoni non permette, per adesso, di fare alcuna previsione in tal senso.

 

D. – Pensava di avere tutta questa documentazione, questa testimonianza di grande affetto, che arricchisce un po’ anche il vostro lavoro?

 

R. – Abbiamo visto con quale affetto, amore, attenzione è stato seguito il Santo Padre durante tutto il suo pontificato, in modo particolare negli ultimi anni, negli ultimi giorni della sua vita. Abbiamo visto la manifestazione di tanto affetto, di tanto amore da tutte le parti del mondo, perciò anche attualmente la continuazione di questa situazione sembra una cosa naturale. Del resto, ognuno raccoglie quello che semina. L’amore seminato fa raccogliere i frutti dell’amore.

 

D. – Don Oder, un’ultima domanda: che tipo di testimonianze ricevete? Ricevete testimonianze da adulti, da bambini? I giovani: i giovani come stanno reagendo?

 

R. – Con grande entusiasmo. Le lettere che arrivano, sì, effettivamente ricoprono tutti i ceti sociali e tutte le età, tutte le aree geografiche. I giovani, soprattutto quelli che si identificano con la generazione di Giovanni Paolo II, veramente continuano a dimostrare il loro affetto, il loro interesse, anche concretamente, collaborando o dando la disponibilità di collaborare con la postulazione, in qualche modo pagando il debito di amore nei confronti della figura di Giovanni Paolo II.

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Un Papa sempre vicino agli uomini, nella gioia e nelle sofferenze: così lo ricorda il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che al microfono di Giovanni Peduto si sofferma proprio sull’umanità di Karol  Wojtyla:

 

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Questo uomo è stato uomo pienamente uomo, pienamente uomo di Dio tra gli uomini, ed ha lasciato un segno della presenza di Dio tra di noi, percepito anche ben al di là del mondo cattolico, cristiano e credente! Un gigante della fede e della storia tout court, davvero un grande Papa: Giovanni Paolo II il Grande.

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L’afflato missionario di Giovanni Paolo II, che sulle orme dell’Apostolo Paolo annunciò il Vangelo per le vie del mondo, viene invece sottolineato dal cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa. Il porporato honduregno – al microfono di Giovanni Peduto – ricorda l’importanza dei viaggi internazionali di Papa Wojtyla:

 

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Sono contento che lui sia stato un grande Pontefice missionario. Ha portato la Chiesa alla vicinanza dei popoli più poveri. Le sue visite pastorali sono state così, come una grande missione. Dunque la ecclesiologia della comunione è cresciuta per questo; i fedeli si sentivano vicini al Papa non soltanto per affetto ma anche per quella presenza fisica che ha portato tanto bene alla Chiesa.

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NELL’OBBEDIENZA A DIO, CHE NON LIMITA LA LIBERTA’ PERSONALE, L’UOMO TROVA

LA PACE SULL’ESEMPIO DI CRISTO E DELLA VERGINE: COSI’ PADRE CANTALAMESSA

NELLA SECONDA PREDICA DI QUARESIMA AL PAPA E ALLA CURIA ROMANA

 

Il valore dell’obbedienza nella vita cristiana, a partire dall’adesione di Gesù alla volontà del Padre nell’Orto degli ulivi. Attorno a questo tema si è sviluppata la seconda predica di Quaresima tenuta oggi al Papa e alla Curia Romana da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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Una sofferenza al limite della sopportazione umana, conclusa con un atto di accettazione in una situazione di “estrema difficoltà”. Gesù che, prostrato nel Getsemani, accetta di sottoporsi al supplizio della Croce offre ai cristiani l’immagine più alta dell’obbedienza a Dio. E’ l’apertura della meditazione di padre Cantalamessa, nella sua seconda predica quaresimale. Un passo della Scrittura, ha detto il religioso introducendo la riflessione, afferma che Cristo “imparò l’obbedienza dalle cose che patì”. La Passione “fu la prova e la misura della sua obbedienza”. Ma questa adesione incondizionata a Dio non è un atto scontato, nemmeno in Gesù. C’è una domanda che ha attraversato la storia della Cristologia e che il predicatore pontificio ha riproposto all’attenzione del Papa e della Curia: può Dio obbedire a se stesso? “L’obbedienza – ha osservato padre Cantalamessa – è un atto della persona non della natura”, mentre la persona di Cristo “è quella del Figlio di Dio stesso”. Come si concilia, dunque, l’obbedienza di Gesù con la fede nella sua divinità? Comprendendo che in quel “non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” sono entrambi le nature di Cristo a rivolgersi al Padre:

 

“Dio ha obbedito umanamente! Si capisce allora la potenza universale di salvezza racchiusa nel fiat di Gesù: esso è l’atto umano di un Dio; è un atto divino-umano. Quel fiat è veramente, per usare l’espressione di un salmo,la roccia della nostra salvezza’. È per questa obbedienza che ‘tutti sono stati costituiti giusti’”.

 

Ecco spiegato, quindi, perché il “sì” di Gesù diventi “causa di salvezza” per il mondo. Da ciò, ha continuato padre Cantalamessa, derivano degli insegnamenti pratici per la vita cristiana. Dopo quanto compiuto da Gesù, “è lecito pensare – si è chiesto il predicatore pontificio – che esistano ancora” delle “libere volontà di Dio da raccogliere e da compiere?”:

 

Solo se si crede in una ‘signoria’ attuale e puntuale del risorto sulla chiesa, (…) solo allora si è in grado di comprendere la necessità e l’importanza dell’obbedienza a Dio. Essa è un prestare ascolto al Dio che parla, nella Chiesa, attraverso il suo spirito, il quale illumina le parole di Gesù e di tutta la Bibbia e conferisce a esse autorità, facendone canali della vivente e attuale volontà di Dio per noi”.

 

E qui padre Cantalamessa si è servito di un celebre esempio per dimostrare come, all’interno della Chiesa, l’obbedienza a Dio assomigli al “filo dall’alto” della tela di un ragno che regge tutto il restante intreccio. Se si spezzano, i fili laterali possono essere facilmente riparati, ma senza il filo dall’alto, la ragnatela è perduta:

 

“L'obbe­dienza a Dio è il filo dall'alto: tutto si è costruito a partire da essa (…) Ma perché è così importante obbedire a Dio? Perché Dio ci tiene tanto a essere obbedito? Non certo per il gusto di comandare e di avere dei sudditi! È importante perché obbedendo noi facciamo la volontà di Dio, vogliamo le stesse cose che vuole Dio e così realizziamo la nostra vocazione originaria che è di essere a sua immagine e somiglianza”.

 

Ribadendo come sia l’obbedienza a Dio ad aggiungere “autorevolezza” all’autorità esercitata da un ministro della Chiesa, il predicatore della Casa Pontificia ha concluso la sua lunga riflessione accostando al “sì” di Gesù, “nuovo Adamo”, al fiat di Maria, la cui obbedienza – ha asserito – “è l’esatta antitesi della disobbedienza di Eva”. Un atto, quello dell’obbedire a Dio,  che lungi dal ridurre la libertà umana porta invece nell’esistenza di chi la vive un frutto fondamentale, espresso da Dante Alighieri in un bellissimo verso della Divina Commedia: “E ‘n la sua volontate è nostra pace”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Stamane il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale della Costa d’Avorio, in visita ad Limina”.

 

Nel pomeriggio riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

In Francia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Saint-Flour mons. Bruno Grua, del clero di Digne, finora parroco a Digne e membro del Consiglio episcopale. Mons. Bruno Grua è nato il 18 giugno 1946 a Lione. E’ stato ordinato sacerdote il 3 luglio 1971 per la diocesi di Digne.

 

Il Santo Padre ha quindi nominato nunzio apostolico in Pakistan mons. Adolfo Tito Yllana, arcivescovo titolare di Montecorvino, finora nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Benedetto XVI partecipa nell’Aula Paolo VI alla proiezione del film “Karol, un Papa rimasto uomo”. Brasile: ucciso sacerdote di origine italiana. Nucleare: le autorità di Teheran respingono le richieste dell’ONU. Iran: forte scossa di terremoto provoca 50 morti e 850 feriti. Barhain: naufraga un battello noleggiato per una gita aziendale, almeno 57 morti e 13 dispersi.

 

Servizio vaticano - Riflessioni e iniziative nella ricorrenza del I anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Si apre a Messina la causa di beatificazione dell’arcivescovo Fasola.

 

Servizio estero - Iraq: uccisi otto lavoratori della raffineria di Baiji. Medio Oriente: quattro israeliani morti in un attentato suicida. Il tema dell’immigrazione al vertice di Cancun tra USA-Messico-Canada

 

Servizio culturale - Per la pagina degli Incontri Renato Barilli intervistato da Franco Patruno

 

Servizio italiano - Il tema delle elezioni

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 marzo 2006

 

UCCISO IN BRASILE, DOVE SI TROVAVA IN MISSIONE DA ANNI, DON BRUNO BALDACCI, SACERDOTE “FIDEI DONUM” ORIGINARIO DELLA SPEZIA.

DIETRO ALL’APPARENTE DINAMICA DI UNA RAPINA, FORSE SI CELA LA VOLONTA’

DI QUALCUNO DI FERMARE IL SUO IMPEGNO A FAVORE DEI PIU’ POVERI

- Servizio di Fausta Speranza -

 

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Don Bruno Baldacci, di 63 anni, è stato ucciso a bastonate in  Brasile, nella cittadina di Victoria da Conquista, nei pressi di  Bahia. Secondo le prime informazioni, il sacerdote “fidei donum” in missione da anni in Brasile, sarebbe stato aggredito la notte  scorsa nel corso di una rapina. Era già stato derubato in  chiesa, perfino degli oggetti sacri. La polizia locale ha aperto un'indagine sull'assassinio scoperto nella mattinata di  ieri. Don Bruno, originario della Spezia, da oltre vent’anni  risiedeva nella parrocchia di Nossa Senhora das Candelas della  città di Vitoria da Conquista, nel Nord del Brasile.  Edilberto Amorim, parroco della chiesa, sostiene che  il sacerdote non  si era mai preoccupato per la sua sicurezza personale. Diverso il punto di vista del seminarista brasiliano Messias Ferraz che ha vissuto molto del suo percorso vocazionale a fianco di don Baldacci: secondo il seminarista, che oggi si trova in Italia, il sacerdote ucciso aveva ricevuto diverse minacce o intimidazioni e il suo impegno per riscattare dalla strada i meninos de rua  dava fastidio a qualcuno. C’è da dire che appena si è sparsa la notizia del suo assassinio, un grande numero di abitanti di Victoria da Conquista sono accorsi  alla parrocchia manifestando il loro dolore: don  Baldacci era molto amato da tanti proprio  per il suo incessante impegno   in particolare nei settori più poveri della città e per i tossicodipendenti. Per quanto riguarda la famiglia di don Bruno, vive a Fabiano, un quartiere  spezzino ai margini della strada litoranea per le Cinque Terre.  Sono ancora in vita la sorella Nella e il fratello Sauro,  entrambi più anziani di lui. “Aspettavamo mio fratello per il  6 giugno, avrebbe dovuto festeggiare qui il suo compleanno - spiega la sorella - siamo profondamente turbati, per il fatto di  non poterlo riabbracciare più. Non meritava di fare questa  fine, lui che ha messo la sua vita al servizio degli altri”.

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Sulla figura di don Baldacci  ascoltiamo la testimonianza del direttore dell’Ufficio Missionario della diocesi  della Spezia, don Giovanni Tassano, che conosceva molto bene il missionario ucciso. L’intervista è di Silvia Monterisi:

 

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R. – Era un sacerdote appassionato della missione, avevamo continui contatti … Proprio sette giorni fa, ho ricevuto una sua lettera in cui lui parlava della sua missione … E’ stato nominato proprio in questi giorni vicario episcopale di una zona pastorale, lì …

 

D. – In Brasile, don Baldacci si occupava in particolare dei tossicodipendenti. Cosa raccontava dei suo lavoro?

 

R. – Aveva queste persone che cercava di recuperare, era molto amato, molto stimato in quella diocesi. Quando veniva qui, in Italia, ci appassionava tutti alla missione, all’interesse per i poveri … raccontava, appunto, questo lavoro che comporta difficoltà, però lui non si scoraggiava mai, andava avanti. Nonostante alcune minacce che aveva ricevuto, lui con coraggio tirava avanti la sua missione.

 

D. – Con quale spirito affrontava questa missione e quali erano le difficoltà maggiori che incontrava?

 

R. – Lui sapeva che il nostro impegno è quello di testimoniare il Cristo, e quindi questo gli dava forza, coraggio per continuare la sua missione. Era un prete che non si lasciava intimorire dalle minacce, dalle difficoltà …

 

D. – Qual è l’eredità che don Baldacci ci lascia?

 

R. – Veramente, ci lascia questa eredità di sapere che la Chiesa è nel mondo e deve essere aperta al mondo. Ci ha lasciato questo segno: che se siamo preti, in qualunque posto noi ci troviamo, noi che siamo appassionati del Cristo, dobbiamo avere il cuore aperto a tutto il mondo.

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UN CAMMINO DI VERITÀ, DIALOGO, GIUSTIZIA E PACE CHE RIMETTA AL CENTRO DIO-AMORE. È QUANTO SI PROPONGONO 150 DONNE DI TUTTO IL MONDO IN QUESTI GIORNI A ROMA NELL PRIMO CONVEGNO INTERNAZIONALE DI TEOLOGHE

- Intervista con Marinella Perroni -

 

Rimettere al centro Dio, che è amore, per costruire insieme la comune casa europea in un cammino di verità, di giustizia e di pace. Si pone questo obiettivo il primo convegno internazionale di teologhe in corso a Roma. A sottolinearlo è stato ieri l’intervento di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e presidente della Commissione per la dottrina della fede della CEI. “Teologhe: in quale Europa?”, questo il tema dell’incontro che vuole contribuire anche a far crescere il dialogo nell’Unione Europea. Ma in che modo oggi la donna è presente nell’ambito della riflessione teologica? Tiziana Campisi lo ha chiesto a Marinella Perroni, presidente del Coordinamento teologhe italiane:

 

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R. – Da un punto di vista accademico, le donne sono ormai presenti in tutti gli ambiti della teologia. Dal punto di vista poi della vita ecclesiale, questo dipende dalle diverse Chiese ma certamente se noi facessimo uno studio anche sulla situazione italiana, la catechesi è in mano alle donne nelle parrocchie; la realtà spesso caritativa, la vita pastorale, è in mano alle donne. Se poi ci spingiamo verso le Chiese giovani dell’America Latina e dell’Africa, escludendo la vita liturgica sacramentale, l’ottanta per cento della vita ecclesiale è in mano alle donne.

 

D. – Ci sono dei contributi specifici che le donne hanno dato, hanno offerto, alla teologia?

 

R. – Secondo me il contributo specifico viene prima di tutto dall’aver progressivamente cambiato un volto di chiesa che era di per sé patriarcale, in un volto di chiesa plurale, in cui donne e uomini potessero in qualche misura condividere gli stessi ambiti, le stesse competenze, gli stessi impegni.

 

D. – Oggi le teologhe si propongono una riflessione sull’Europa?

 

R. – Abbiamo qualche cosa da dire, ma non tanto come proclami, come formule particolari che possono venire dal mondo femminile per risolvere per esempio questioni come quelle delle radici, ma piuttosto trovo estremamente  interessante che noi possiamo pensare di scambiarci delle idee con delle teologhe che vengono dalla Georgia, dalla Lituania, dalla Estonia.

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CONVEGNO A TORINO SULLA DIMENSIONE CONTEMPLATIVA

 DELLA SPIRITUALITÀ COTTOLENGHINA

- Intervista con don Elio Mo -

 

 La Piccola Casa della Divina Provvidenza, fondata da San Giuseppe Benedetto Cottolengo organizza da oggi a Torino un convegno di tre giorni sulla “dimensione contemplativa della vita e della spiritualità cottolenghina”. In particolare si vuole ricordare che il Cottolengo, negli ultimi anni della sua vita, dopo aver promosso tante opere di carità a servizio degli ultimi, ha fondato anche dei monasteri di vita contemplativa. Ascoltiamo in proposito l’organizzatore del convegno, don Elio Mo, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Il Cottolengo è conosciuto soprattutto come una grande opera di carità, meno conosciuto è il fatto che Cottolengo è il cognome del Santo che ha dato inizio a questa opera. La figura del Cottolengo come uomo e sacerdote dell’inizio dell’800 non è molto conosciuta. Ancor meno conosciuto è che questo santo vivesse una intensa comunione con Dio e annunciasse, in un ambiente a volte spiritualmente rigido a motivo di sensibilità gianseniste, il volto di un Dio Padre buono e provvidente, che era l’espressione della sua vita contemplativa. Vorremmo far conoscere questa radice contemplativa della carità del Cottolengo e della sua opera: la carità ha la sua forza nelle sue radici contemplative, nel suo immergersi e scaturire dall’incontro col mistero di Dio Amore.

 

D. – In poche battute ci vuole ricordare la figura di San Giuseppe Cottolengo?

 

R. – È nato nel 1786 a Bra. Nel 1811 diventa sacerdote e nel 1818 diventa canonico nella chiesa del Corpus Domini a Torino. Nel 1827, durante una sorta di crisi spirituale, viene chiamato a dare gli ultimi conforti ad una donna, mamma di tre bambini e incinta di un quarto, che muore in stato di totale povertà e abbandono. Questo fatto lo coinvolge fortemente, tanto che decide di iniziare un ricovero di pronta accoglienza perché casi simili di abbandono non si ripetano. L’opera, poi, trasferitasi nella periferia della Torino di allora, gli cresce tra le mani enormemente e lui la chiama Piccola Casa della Divina Provvidenza. Il Cottolengo morirà nel 1842, ammalato di tifo.

 

D. – Nella società attuale come può un cristiano essere un contemplativo?

 

R. – Penso che essere contemplativo significa essere cristiano e viceversa, perché il fondamento della nostra fede non è una dottrina, ma l’incontro con una Persona viva che quanto più è intimamente conosciuta, tanto più appare nello splendore della sua divina bellezza. Abbiamo bisogno di spazi di interiorità, di silenzio per ritrovare la profondità dell’essere che abbiamo perso.

 

D. – Qual è la sua esperienza personale di sacerdote cottolenghino?

 

R. – Il nostro Santo ci invitava a “vedere Gesù nei poveri” e ci diceva che “i più ributtanti devono essere i più diletti, perché rappresentano più al vivo Gesù”.  Chi impara a stare con loro impara a stare con se stesso e con Gesù. I poveri richiedono tempo, tempo di semplice presenza, tempo di esserci e basta. Forse l’affanno di molti oggi è dovuto all’esigenza di sentirsi esistere e non sanno che per sentirsi esistere bisogna sentirsi presenti, essere presenti, poter dire ad una persona che ci interpella col suo sguardo: “ci sono!”.

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AL VIA OGGI AD ALBA, IN PIEMONTE, L’ “INTERNATIONAL FILM FESTIVAL - INFINITY”

- Intervista con Luciano Barione -

 

Si inaugura oggi ad Alba in Piemonte l’International Film Festival – Infinity, in programma fino al prossimo 9 aprile. Un progetto nato nel 2001 e che si è sviluppato in questi anni con l’obiettivo di creare un luogo di discussione e di incontro sul cinema e sull’uomo, esplorandone la dimensione esistenziale e spirituale. Molti i film in concorso e nelle rassegne collaterali, con un centro focale costituito dalla realtà americana. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Un festival di cinema all’insegna dell’umano, dello spirito, dell’infinito. Il Festival di Alba è diventato un punto di incontro per coloro che credono in un cinema capace di commuovere, di interrogarsi sulle cose del mondo, di far prendere coscienza, di appassionare: una rosa di film in concorso, alcune dense retrospettive, un programma ricco per presentare un’arte del presente in grado non solo di consolare o divertire ma anche di sollecitare attenzione, vigilanza e intervento, esperienza che tutti ci permea, come attori o spettatori del mondo. Luciano Barisone, direttore artistico della manifestazione, ne spiega il significato:

 

R. - Significa avere la coscienza di essere soltanto dei traghettatori, cioè noi siamo delle persone che per fare il festival, andiamo in giro e cerchiamo di vedere altre testimonianze, altri sguardi di altre persone sul mondo, persone che vengono da tutto il mondo, da tutto il pianeta. E quindi attraverso questi sguardi, attraverso questi racconti cercare di tastare il polso a quello che io ho sempre chiamato, sin dall’inizio del festival, la resistenza dell’umano, cioè l’essere umano che resiste, che cerca di capire ogni volta qual è il senso dell’esperienza che sta vivendo.

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CHIESA E SOCIETA’

31 marzo 2006

 

 

un processo di impegno politico, diplomazia e negoziazione pacifica per

aiutare l’uganda a superare la crisi in cui versa dopo 20 anni di conflitto:

e’ quanto chiedono diversi organismi umanitari all’onu

 

KAMPALA. = In Uganda è in corso la visita del coordinatore per gli affari umanitari dell’ONU, Jan Egeland. A lui si sono rivolte le “Civil Society Organisations for Peace in Northern Uganda” (Csopnu) per chiedere che il Consiglio di Sicurezza intervenga al più presto. Si tratta di porre fine alle sofferenze causate dal conflitto che in circa 20 anni, secondo stime correnti, avrebbe fatto direttamente o indirettamente più di 100.000 vittime. Secondo quanto riporta l’agenzia missionaria  MISNA, la coalizione di organismi umanitari chiede all’ONU di prendere atto che “la crisi può essere superata solo attraverso un processo di impegno politico, diplomazia e negoziazione pacifica”. Il governo di Kampala sostiene che i ribelli che si riconoscono nel cosiddetto “Esercito di resistenza del signore”, Lra, sono stati già molto indeboliti da un’amnistia, da operazioni militari e da una serie di trattative condotte da Betty Bigombe, cui l'autorevole quotidiano statunitense “Christian Science Monitor” ha dedicato nel 2005 uno dei suoi profili di “negoziatore di pace”. Gli organismi umani, invece, sostengono che il governo insegue l'idea di una vittoria militare anziché preoccuparsi delle condizioni di vita dei civili. Secondo uno studio del 2005, nei “campi protetti” allestiti per i fuggiaschi ogni settimana trovano la morte centinaia di persone, in gran parte per fame, malattie e denutrizione. Già tempo fa Egeland ha definito quello del nord Uganda uno dei disastri umanitari più dimenticati al mondo. (F.S.)

 

 

DAL PATRIARCA ALESSIO II UN RICONOSCIMENTO A MONS. VINCENZO PAGLIA,

PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ECUMENISMO E DIALOGO DELLA CEI, PER IL SUO

IMPEGNO NEL DIALOGO TRA LA CHIESA RUSSA ORTODOSSA E QUELLA CATTOLICA

 

TERNI. = L’onorificenza del III centenario di San Danilo principe di Mosca è stata consegnata nei giorni scorsi dal Patriarca di Mosca a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione ecumenismo e dialogo della CEI. Si tratta di un riconoscimento per l’impegno nel dialogo tra la Chiesa russa ortodossa e quella cattolica. “La rinascita impressionante della Chiesa ortodossa russa - afferma mons. Paglia - può essere definita, con le parole del Patriarca Alessio, “un secondo battesimo della Russia”. Il presule si dice consapevole che quest’incontro ha rappresentato  un esempio della cooperazione tra il mondo cattolico e quello ortodosso, proiettato verso posizioni comuni anche sui fondamenti spirituali della vita sociale, sul rafforzamento dell’etica cristiana e sulla proiezione dei valori della famiglia. Tante sono le strade lungo le quali si snoda il dialogo ecumenico tra le Chiese. Attraverso il dialogo internazionale, regionale e locale sono state superate differenze del passato ed eliminati malintesi, anche se non si possono dimenticare le questioni ancora irrisolte, come i contrasti sul proselitismo, che richiedono, ancora, maturazione e chiarimento. (S.C.)

 

 

LA NOMINA DEL NUOVO RESPONSABILE DIPLOMATICO DELL’UFFICIO CONSOLARE CILENO A LA PAZ, IN BOLIVIA, RILANCIA UN DIALOGO COSTRUTTIVO  TRA I DUE PAESI

CHE NON HANNO RELAZIONI DIPLOMATICHE DAL 1978

 

LA PAZ. = Il governo cileno ha designato il nuovo responsabile diplomatico dell’ufficio consolare cileno a La Paz: è Roberto Ibarra García, avvocato, 52 anni, considerato un veterano in grado di avviare un dialogo costruttivo con il governo boliviano. Le relazioni diplomatiche tra Cile e Bolivia sono interrotte dal 1978, quando fallì un tentativo di accordo per il recupero della sovranità boliviana su un tratto di costa perso al termine della guerra del 1879 contro il Cile. Da allora tra i due Paesi sono aperti solo canali consolari. Ibarran prende il posto di Edmundo Pérez Yoma, che è stato  criticato a Santiago per aver creato eccessive aspettative tra i boliviani sulla questione dell’accesso al mare per la Bolivia. C’è attesa per conoscere il nome di chi sarà nominato dal presidente Juan Evo Morales nuovo console a Santiago. Sembra probabile l’ambasciatore Armando Loaiza, ex-ministro degli Esteri dell'ex-presidente Rodríguez. (F.S.)

 

 

IN COSTA D’AVORIO RIAPRE L’UNIVERSITA’ DI BOUAKE’, DOPO TRE ANNI DI CHIUSURA DOVUTA ALLA GRAVE TENSIONE ALL’INTERNO DEL PAESE E ALLA CRISI ECONOMICA

 

BOUAKE’. = In Costa d’Avorio, la riapertura dell’Università di Bouaké, dopo tre anni di chiusura forzata a causa della divisione del Paese in due parti e della conseguente grave crisi economica, è un grande segnale di speranza. All’agenzia MISNA, Koné Ouamourou, docente dell’Università che si trova a circa 300 chilometri a nord della capitale economica del Paese, Abidjan, parla di una scommessa per la pace e di un elemento di unione lungo la strada per la riconciliazione. E padre Gilles N’Goran, vicario della parrocchia locale di Saint Jean Baptiste d’Ahougnansou, spiega che i corsi ricominceranno la settimana prossima ma che per ora solo poche strutture per seguire le lezioni sono state ricostruite: le altre saranno riallestite un po’ alla volta.  Quella di Bouaké è la principale università del nord ivoriano, dove si recano a studiare i giovani di altri centri come Man, Korhogo e Bondoukou. Nel periodo di chiusura dell’ateneo, chi ha potuto si è recato a studiare a sud, in particolare ad Abidjan. Con il tentativo di colpo di Stato del 19 settembre 2002 contro il presidente Laurent Gbagbo, Bouakè divenne roccaforte dei ribelli, ora noti come partito delle “Forces Nouvelles”. Prima della crisi a Bouaké c’erano 13.500 studenti, oggi l’ateneo sta superando la soglia dei 500 iscritti. (F.S.) 

 

 

TORNA A ROMA IL FESTIVAL CINEMATOGRAFICO DEDICATO

AL NUOVO CINEMA CHE ARRIVA DAL CONTINENTE AFRICANO:

LA SESTA EDIZIONE PROPORRA’, DALL’1 AL 9 APRILE,

PELLICOLE, RASSEGNE E TAVOLE ROTONDE

 

ROMA. = “Panafricana – Le mille Afriche del cinema a Roma”: con questo titolo torna in Italia il festival cinematografico giunto alla sesta edizione. Nelle tre sale a disposizione si alterneranno, dall’1 al 9 aprile, lungometraggi, documentari, cortometraggi, retrospettive, rassegne, proiezioni a tema e per le scuole, tutti incentrati sul nuovo cinema che arriva dal continente africano. Per il “Concorso Lungometraggi” il regista marocchino Jillali Ferhati presenterà in anteprima nazionale “Mémoire en détention” (Memoria in catene), mentre per quello riservato ai documentari sono previste due anteprime: “A la recherche de l’emir Abdelkader” (Alla ricerca dell’emiro Abdelkader), dell’algerino Mohamed Latrèche, e “Tankafatra”, del malgascio Hery A. Rasolo. La sezione “Lezioni di cinema” è dedicata quest’anno a Nouri Bouzid che sarà presente a una tavola rotonda e terrà una lezione di cinema presso l’Università Roma Tre. Evento speciale della sesta edizione è “Faccetta nera – Il cinema coloniale italiano”, che ripercorrerà l’esperienza coloniale dal 1909 al 1942, tra esotismo e propaganda. Sono previste inoltre proiezioni di pellicole di registi non africani, alcune delle quali in anteprima nazionale. Il Festival, organizzato dall’Associazione culturale Yeelen in collaborazione con vari altri enti e organismi, si svolge al Teatro Palladium, al Cinema Trevi-Cineteca Nazionale e all’Accademia di Francia-Villa Medici. Il biglietto per le pellicole è di 3 euro, mentre l’ingresso alle tavole rotonde è gratuito. (F.S.)

 

 

PROSEGUONO ANCHE OGGI A BRUXELLES, DOPO LA GIORNATA SENZA RISULTATI DI IERI, GLI INCONTRI TRA UNIONE EUROPEA E MICROSOFT, ACCUSATA DI ABUSO

DI POSIZIONE DOMINANTE PER IL SISTEMA OPERATIVO WINDOWS.

LA DECISIONE SULLE EVENTUALI MULTE SARA’ NOTA, PERO’, SOLO TRA SETTIMANE

 

BRUXELLES. = Resta tutta aperta la partita tra la Commissione europea e il gigante USA del software, Microsoft, che ha fatto ieri un ultimo tentativo per evitare le multe fino a un massimo di due milioni di euro al giorno previste dall'Esecutivo UE in caso di mancato rispetto degli impegni  presi nel marzo 2004. Si tratta del braccio di ferro avviato dopo che l’UE ha accusato di abuso di posizione dominante del sistema operativo Windows. Nella prima giornata di udienza tra Bruxelles e il gruppo guidato da Bill Gates, sembra che entrambe le parti abbiano mantenuto le loro posizioni. Oggi si svolge la seconda ed ultima sessione ma le decisioni di Bruxelles si conosceranno solo tra diverse settimane. La Microsoft insiste nel dire di essere pronta a collaborare, sottolineando che le multe minacciate non costituiscono la soluzione. La Commissione europea ribadisce che le informazioni fornite finora non sono affatto sufficienti. (F.S.)

 

 

 “IL MANIFESTO PER IL RISPETTO DELLA DONNA NEI MEDIA”:  È LA PROPOSTA EMERSA AL CONGRESSO DELL’ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM,  IERI A ROMA.

TRA I PUNTI SALIENTI, LA DIFESA DELLA LIBERTÀ E DEI DIRITTI DI DONNE E BAMBINE

 

ROMA. = Al congresso “Donna e mass media”, tenutosi ieri presso l’Università Europea di Roma, è stato presentato il “Manifesto per il rispetto della donna nei media”. L’incontro organizzato dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, è stato aperto dal discorso di Ettore Bernabei, presidente Lux Vide Spa, che ha analizzato l’evoluzione dei mezzi di comunicazione per poi giungere alla formulazione del Manifesto articolato in dieci punti. Primo fra tutti,  quello della difesa e della promozione di un’immagine rispettosa dell’identità femminile nei mass media. Il Manifesto prende posizione contro lo sfruttamento dell’immagine della donna come strumento pubblicitario o consumistico e chiede un’informazione corretta e veritiera su temi e problemi che la riguardano. Viene sottolineata la necessità di  evitare toni sensazionalistici e spettacolarizzazione, per promuovere piuttosto il ruolo della donna come “corresponsabile” insieme all’uomo, nell’edificazione e nello sviluppo della società, e il suo insostituibile ruolo di educatrice della società nella difesa dei valori umani. Il documento si conclude con la promessa di sviluppare un tipo di informazione che individui, documenti e denunci le situazioni e le pratiche che limitano la libertà e violano i diritti di donne e bambine. (S.C.)

 

 

PROBLEMI DELLA TERZA ETA’ E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA 

AL CENTRO DEL CONVEGNO ORGANIZZATO IERI A ROMA DALLA Cisl:

PRESENTE il presidente del pontificio consiglio Giustizia e Pace,

cardinale renato raffaele Martino

- A cura di Giampiero Guadagni -

 

ROMA. = Inserire a pieno i problemi della terza età nella dottrina sociale della Chiesa. Lo chiede la Federazione nazionale dei pensionati della CISL, che ha organizzato ieri a Roma un convegno sul compendio della dottrina sociale. A confrontarsi con il sindacato, il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, e il segretario dello stesso organismo, mons. Giampaolo Crepaldi, coordinatore del compendio. Il lavoro, pubblicato due anni fa, è stato tradotto in quasi tutto il mondo. “C’è bisogno di santi sociali - ha sottolineato il cardinale Martino - persone che lavorino con grande passione, che mettano al primo posto quelli che sono sempre all’ultimo”. Tra Chiesa e mondo sindacale c’è piena sintonia nel considerare l’anziano una risorsa da valorizzare e non un problema da risolvere. E a questo proposito, il segretario generale della FNP CISL, Antonio Uda, ha sottolineato il forte contributo dei pensionati alla economia italiana.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

31 marzo 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

             

In Iran, un terremoto ha scosso, nella notte, la provincia occidentale del Lorestan. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 60 morti e di oltre 800 feriti. Il sisma, di 6 gradi sulla scala Richter, ha anche raso al suolo diversi villaggi e distrutto vari edifici storici. Ascoltiamo, al microfono di Giancarlo La Vella, il giornalista iraniano Ahmad Rafat, già segretario della stampa estera in Italia:

 

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R. – Man mano che passano le ore, aumenta il numero delle vittime. Ci sono stati alcuni villaggi completamente rasi al suolo. Bisogna anche tener conto che la regione di Lorestan è una delle zone più depresse dell’Iran. In questa area, la situazione economica era già molto grave e questo terremoto costituisce un ulteriore grave colpo per la popolazione.

 

D. – In un momento come questo, chiedere aiuto agli altri Paesi risulta difficile a causa della crisi nucleare?

 

R. – La Repubblica islamica ha avuto sempre un atteggiamento ambiguo, anche dopo il grande terremoto di Bam. In quell’occasione, il governo accettò gli aiuti ma dopo i primi 15, 20 giorni, fece di tutto perché i soccorritori stranieri abbandonassero Bam. In Iran alcuni chiedono gli aiuti ma poi quando arrivano, c’è un rifiuto. Si cerca di ricevere gli aiuti in denaro. Dopo un disastro come quello di Bam, migliaia di milioni sono stati raccolti in tutto il mondo. Questa somma, però, è stata congelata e nulla è arrivato alla popolazione, come ha denunciato di recente anche il sindaco di Bam.

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Tragedia in Bahrain: un battello turistico è affondato al largo delle coste del Paese asiatico causando la morte di almeno 57 persone. Il ministro dell’Informazione ha escluso l’ipotesi di un attacco terroristico. Gli inquirenti ritengono che la causa del naufragio sia dovuta al numero eccessivo di passeggeri a bordo del battello.

 

In Medio Oriente, almeno 5 persone sono morte nell’attentato suicida avvenuto ieri sera nei pressi dell’insediamento ebraico di Kedumim, in Cisgiordania: oltre all’attentatore, sono rimasti uccisi quattro cittadini israeliani. L’azione terroristica è stata rivendicata dalle brigate dei martiri di al-Aqsa. A Gaza, intanto, un presunto estremista palestinese è rimasto ucciso durante un raid condotto dalle forze dello Stato ebraico.

 

In Iraq sarebbero più di 50 i sunniti che verrebbero uccisi ogni giorno per spingere la comunità sunnita a lasciare la capitale, avviando così la trasformazione di Baghdad in una città sciita. Lo sostiene un esponente politico di punta degli arabi sunniti in Iraq, Adnan Al Dulaimi, denunciando il tentativo di una pulizia etnica compiuto da estremisti sciiti. Un rapporto a cura del ministero iracheno per i rifugiati ha rivelato, inoltre, che sarebbero state circa 30 mila le persone costrette a fuggire nell’ultimo mese dal Paese arabo a causa dei recenti scontri tra sciiti e sunniti.

 

Abdul Rahman, il cittadino afghano al quale è stato concesso l’asilo politico in Italia dopo aver rischiato di essere condannato a morte in Afghanistan per essersi convertito al cristianesimo, ha ringraziato il governo italiano ed il Papa, che lo scorso 25 marzo ha lanciato un appello per il suo rilascio. “So che Benedetto XVI – ha detto l’uomo – si è interessato al mio caso e mi ha aiutato”. Dopo gli ultimi sviluppi della sua vicenda, Rahaman ha anche dichiarato di avere paura per i suoi figli che vivono a Kabul con la mamma. Intanto, in Afghanistan, dove Rahman dice di non voler tornare, i ribelli taleban hanno contestato la sua liberazione e lanciato un appello per la “guerra santa” contro l’amministrazione del presidente Hamid Karzai.

 

La questione nucleare iraniana è stata al centro del vertice tenutosi ieri a Berlino, al quale hanno partecipato delegazioni dei 5 membri del Consiglio di sicurezza dell’ONU e della Germania. Durante l’incontro, sono stati indicati due possibili scenari: l’isolamento dell’Iran con l’adozione di sanzioni o il ritorno al tavolo delle trattative. Il nostro servizio:

 

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Nel braccio di ferro tra Nazioni Unite e Iran torna a prendere corpo l’ipotesi di misure restrittive contro il governo di Teheran: durante il vertice di Berlino, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha proposto esplicitamente l’introduzione di sanzioni. La proposta statunitense, sostenuta secondo la stampa da alcuni Paesi europei, è stata respinta invece da Cina e Russia. Le misure restrittive, presentate da Washington, riguarderebbero il blocco dei visti di ingresso per gli esponenti del governo di Teheran e, probabilmente, anche il congelamento dei loro beni all’estero. L’inasprimento della posizione americana, confermata da fonti del dipartimento di Stato, arriva in un momento in cui la disputa tra ONU e Iran sul programma nucleare iraniano assomiglia sempre di più ad una partita a scacchi. I cinque membri del Consiglio di sicurezza, confermando la risoluzione delle Nazioni Unite emanata mercoledì scorso, hanno lanciato, infatti, un ultimatum alla Repubblica islamica: entro 30 giorni, l’Iran deve sospendere qualsiasi progetto finalizzato all’arricchimento dell’uranio. Si chiede inoltre al governo di Teheran di aprire le porte dei suoi impianti agli ispettori dell’Agenzia internazionale atomica (AIEA) e di tornare al tavolo delle trattative per trovare una soluzione diplomatica. La successiva mossa iraniana è stata secca e immediata: “Non accettiamo l’ultimatum, andremo avanti con il nostro programma”, ha detto il rappresentante di Teheran all'AIEA. Ma dietro questa facciata intransigente, emergono toni e sfumature che rendono la partita aperta e un compromesso possibile. L’Iran ha avanzato, infatti, la proposta di un consorzio regionale per regolare il controverso processo dell’arricchimento dell’uranio e il ministro degli Esteri, Manouchehr Mottaki ha dichiarato che Teheran non utilizzerà il petrolio come leva politica. Il direttore dell’AIEA, El Baradei, ha detto infine che la Repubblica islamica non costituisce “una minaccia immediata” e si è espresso contro eventuali sanzioni.

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In Francia, il presidente Jacques Chirac può decidere già oggi di promulgare la controversa legge sul Contratto di primo impiego, giudicata ieri legittima dalla Corte Costituzionale. Chirac rilascerà, inoltre, questa sera un’attesa dichiarazione radiotelevisiva sul provvedimento che consente di licenziare nei primi due anni, senza giusta causa, giovani con meno di 26 anni. Sindacati e associazioni hanno confermato, intanto, che il prossimo 4 aprile si terrà uno sciopero generale per chiedere il ritiro della norma sul contratto di primo impiego.

 

In Polonia, il generale Wojciech Jaruzelski è stato accusato di “crimini comunisti” per aver imposto, il 13 dicembre 1981, la legge marziale con lo scopo di mettere al bando il sindacato “Solidarnosc”. Lo ha annunciato, in un comunicato, l’Istituto della memoria nazionale, dopo l'interrogatorio del generale stamani, a Varsavia, nell’ambito dell’inchiesta avviata nell’ottobre del 2004.

 

In Spagna, la Camera Bassa del Parlamento ha approvato il nuovo statuto della Catalogna. Se sarà approvato anche dal Senato, il testo concederà alla regione il controllo dei tributi e del settore della giustizia. La Catalogna, abitata da oltre 7 milioni di abitanti di cui oltre un milione e mezzo nel capoluogo Barcellona, comprende 946 comuni ed è suddivisa in 4 province.  Il servizio di Monica Uriel:

 

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Il testo è stato approvato con i voti contrari del Partito popolare che lo giudica incostituzionale e del partito “Sinistra repubblicana di Catalogna”, che invece avrebbe voluto un testo più forte e definire la regione, senza mezze misure, una nazione. Nel preambolo dello Statuto, che non ha valore giuridico, secondo Madrid, si cita il termine “nazione”, ma si riconosce la regione autonoma solo come nazionalità. Il premier Josè Louis Zapatero ha raggiunto un accordo con il governo regionale catalano per cui il termine “nazione” è stato spostato dal testo al preambolo. Sulla richiesta di un aumento della quota delle imposte che finirà alla regione, è stato raggiunto un compromesso a metà strada. Il nuovo statuto catalano era stato approvato lo scorso anno dal Parlamento regionale della Catalogna, con la sola opposizione del partito popolare, ed è stato poi ammesso alla discussione nel Parlamento nazionale. Il testo continuerà il suo iter parlamentare passando per il Senato e, prima dell’estate, ritornerà alla Camera bassa per la sua approvazione definitiva.

 

Da Madrid, per la Radio Vaticana, Monica Uriel.

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Nello Sri Lanka, si preannuncia un trionfo per il partito del presidente Mahinda Rajapakse alle elezioni locali che si sono tenute ieri in Sri Lanka per l’elezione di 266 consigli comunali. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

  

 

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Secondo i primi risultati parziali, l’alleanza popolare di Rajapakse, sarebbe nettamente in testa sul principale partito dell’opposizione, United National Party. Gli altri partiti minori, come quello della minoranza Tamil, avrebbero mantenuto le loro posizioni. Il partito marxista, che si oppone ai processi di pace con i ribelli delle Tigri Tamil, avrebbe però rafforzato la sua presenza. Queste elezioni sono state caratterizzate da una scarsa partecipazione: solo metà degli oltre 10 milioni di elettori, si sono recati alle urne. Non si è votato, soprattutto, nelle zone controllate dai ribelli Tamil. La vittoria di Rajapakse era abbastanza scontata: tradizionalmente, è sempre il partito al governo, infatti, a vincere nelle elezioni per il rinnovo degli organismi locali.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Sono entrati nuovamente in azione i ribelli maoisti in Nepal: è stata attaccata una scuola di Dailekh, a circa 500 km a ovest della capitale Katmandu. L’azione terroristica ha provocato il ferimento di un’insegnante e di 10 studenti.

 

Terremoto politico in Giappone: due dei maggiori esponenti dell’opposizione si sono dimessi, aprendo una crisi di difficile soluzione nelle file del Partito democratico, principale antagonista del premier Junichiro Koizumi. Le dimissioni del presidente del partito e del segretario generale sono state provocate da un ennesimo sisma politico riconducibile allo scandalo Livedoor, l’impresa informatica il cui crollo finanziario ha scosso lo stesso Partito liberaldemocratico di Koizumi.

 

Ancora disordini in Ciad: il comandante in capo dell’esercito, il generale Mahamat Itno, è rimasto ucciso in scontri tra governativi e ribelli, appoggiati da milizie sudanesi. Le violenze sono scoppiate nell’est del Paese.

 

 

 

 

 

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