RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 88- Testo della trasmissione di mercoledì 29 marzo 2006
IL PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
è
l’appello di vescovi e responsabili di varie confessioni religiose
Visibile oggi in numerose zone del Pianeta l’eclisse
totale di Sole
Il Parlamento di Kabul protesta contro la liberazione del cittadino afgano convertito
al cristianesimo e chiede che non lasci il Paese impunemente
In Francia oltre un milione di persone hanno manifestato ieri contro il
contratto di primo impiego
29
marzo 2006
BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN
PIETRO:
LA
COMUNIONE ECCLESIALE, DONO E RIFLESSO DI QUELLA TRINITARIA,
AIUTA
A RICOMPORRE I CONFLITTI TRA I POPOLI E APRE ALLA PACE
La comunione del Padre con Cristo e con lo Spirito Santo
prepara gli uomini alla pace, perché riunisce le nazioni e cancella dal cuore
umano la solitudine, male che “oggi minaccia tutti”. Lo ha affermato Benedetto
XVI all’udienza generale di questa mattina, in Piazza San Pietro, celebrata dal
Papa davanti ad una folla di circa 50 mila fedeli. Il servizio di Alessandro De
Carolis.
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Ha, per così dire, un “Dna” divino la “comunione fraterna”
che unisce tra loro i membri della Chiesa, il Dna trinitario: in questo
misterioso rapporto d’amore che rende il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo una indivisibile unità c’è il “modello” e la sorgente” della
rete di unità tra gli uomini legati dalla fede. Ma tale comunione che non è un
qualcosa di meramente spirituale. Ha riflessi personali e sociali di grande
importanza, dal momento che fa uscire i singoli dalla solitudine, sana i
conflitti tra i popoli, apre alla pace.
(Lettura brano Giovanni)
Con la sua terza catechesi sul mistero del rapporto tra
Cristo e la Chiesa, che ha avuto per teatro una Piazza San
Pietro davvero gremita e dominata da sole e caldo, Benedetto XVI ha
spiegato la natura del rapporto soprannaturale che vive nella Trinità del
quale, da venti secoli, la Chiesa è il segno terreno e storico. Una Chiesa che
ha vissuto, vive e vivrà, ha ribadito il Papa, di quella comunione instaurata
da Cristo e perpetuata dagli Apostoli:
“I Dodici ebbero
cura, infatti, di costituirsi dei successori, affinché la missione loro affidata
continuasse dopo la loro morte. Nel corso dei secoli la Chiesa, organicamente
strutturata sotto la guida dei legittimi Pastori, ha così continuato a vivere
nel mondo come mistero di comunione, nel quale si rispecchia in qualche misura
la stessa comunione trinitaria”.
La riflessione di Benedetto XVI ha quindi compiuto un
passo ulteriore, quando il Papa ha affermato come questa particolare comunione
spirituale sia “nutrita” dall’Eucaristia, diventando così un “dono” per uomini,
donne e intere popolazioni:
“Nell’Eucaristia Gesù ci nutre, ci
unisce a sé, al Padre, allo Spirito Santo e tra di noi
e questa rete di unità che abbraccia il mondo è un dono anche con conseguenze
molto reali: ci fa uscire dalle nostre solitudini. E’ facile comprendere quanto
grande sia questo dono se solo pensiamo alle
frammentazioni, ai conflitti che affliggono le relazioni fra i singoli gruppi e
i popoli interi. E se non c’è il dono dell’unità nello Spirito Santo la
frammentazione dell’umanità è inevitabile”.
In questo scenario, si muove e agisce la Chiesa, esempio
imprescindibile - pur con i suoi limiti, riconosciuti dal Papa – di questo
straordinario legame di amore e di unità tra il cielo e la terra:
“La Chiesa si rivela
così, nonostante tutte le fragilità umane che appartengono alla figura storica
della Chiesa, si rivela tuttavia come una meravigliosa creazione di amore,
fatta per rendere Cristo vicino ad ogni uomo e ad ogni donna che voglia veramente incontrarlo fino alla fine dei tempi. E
nella Chiesa il Signore rimane sempre contemporaneo a
noi. La Scrittura non è una cosa del passato. Il Signore non parla nel passato,
ma parla nel presente. Parla oggi con noi, ci dà luce, ci mostra la strada della vita, ci dà
comunione e così ci prepara, ci apre alla pace”.
Prima della consueta e lunga parentesi del dopo udienza,
che da sempre vede il Papa intrattenersi a lungo con la gente, Benedetto XVI ha
voluto salutare, tra gli altri, il gruppo delle religiose partecipanti al corso
dell’USMI – l’Unione superiore maggiori italiane – per poi rivolgere
un’esortazione conclusiva ispirata dall’attuale periodo liturgico:
“Il tempo quaresimale, con i suoi ripetuti inviti alla conversione, vi
conduca, cari giovani, a un
amore verso Cristo e la sua Chiesa sempre più consapevole; accresca in voi,
cari malati, la consapevolezza
che il Signore crocifisso ci sostiene nella prova; aiuti voi, cari sposi novelli, a fare della vostra vita famigliare un luogo di
costante crescita nell’amore fedele e generoso”.
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ERA UN MERCOLEDI’ DI UN ANNO FA: PAPA
WOJTYLA SI AFFACCIAVA PER L’ULTIMA
VOLTA DALLA FINESTRA DEL SUO STUDIO PER SALUTARE, MA SENZA
RIUSCIRE
A PARLARE, LA FOLLA ACCORSA IN PIAZZA SAN PIETRO PER L’UDIENZA GENERALE.
I FEDELI PRESENTI OGGI ALL’UDIENZA
RICORDANO GIOVANNI PAOLO II
NELL’APPROSSIMARSI DEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE.
DOMENICA SERA LA VEGLIA DI PREGHIERA CON BENEDETTO XVI:
ATTESE MIGLIAIA DI PERSONE
-
Servizio di Tiziana Campisi -
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Era un mercoledì di un anno fa, il 30 marzo, quando
Giovanni Paolo II si affacciava in Piazza San Pietro dalla finestra del suo
studio per l’ultima “udienza generale”. Non riuscì a pronunciare alcuna parola,
ma benedì i pellegrini ed affidò ad un personale collaboratore il suo messaggio:
“L’amicizia con Gesù nostro Redentore illumini sempre la vostra vita. Rimanete
uniti a Lui mediante l’ascolto della sua Parola … siate suoi fedeli testimoni
…”. E l’amicizia con Cristo, sull’insegnamento di Giovanni Paolo II, in tanti
l’hanno coltivata dalla sua morte, soprattutto i giovani. Ne abbiamo ascoltati
molti raccontare di come oggi si sforzano di vivere concretamente quanto ha
detto loro Karol Wojtyla. Ma ascoltiamo i ricordi
dell’ultima udienza di Giovanni Paolo II:
R. – E’ stata una cosa molto toccante, una cosa che non
scorderò mai.
R. – Ricordo la sofferenza, tutto il mondo che si è
stretto intorno a lui, il grande affetto che gli hanno dimostrato tutte le
persone e anch’io nel mio piccolo. Infatti quando è morto
io sono venuta qui a rendergli omaggio perché ho ritenuto giusto farlo per una
persona che aveva dato così tanto alle persone.
R. – Sì, l’abbiamo visto. E’ stato un momento commovente:
ha lasciato un segno nella storia, sarà ricordato anche negli anni avvenire non
solo dai cattolici ma anche da chi non crede.
R. – Era triste tutta Roma, tutto il mondo era triste.
R. – Si vedeva che soffriva molto però
dava sempre il meglio di sé ed è andato fino in fondo, non si è fermato mai.
D. – Qual è l’insegnamento ti ha lasciato nel cuore?
R. – L’amore verso tutti comunque, senza limiti e senza
aspettarsi mai niente. Dare, dare e dare.
R. – La sua allegria, la sua spontaneità, questa sua
cordialità con tutti, questo suo modo di partecipare
era molto vicino a tutti, non soltanto ai giovani.
R. – Fare del bene, lottare per i giovani.
E questi stessi giovani ed adulti si ritroveranno domenica
sera in Piazza San Pietro, nel primo anniversario della morte di Giovanni Paolo
II per la recita del Rosario insieme a Benedetto XVI che il 3 aprile, alle
17.30, sul sagrato della Basilica Vaticana celebrerà una Santa Messa in
suffragio del suo predecessore.
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CONCLUSI IERI A ROMA I LAVORI DELLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA
SUL TEMA DELLA BELLEZZA COME CAMMINO
DI
EVANGELIZZAZIONE E DIALOGO
-
Intervista con mons. Mauro Piacenza -
Si sono conclusi ieri a Roma i lavori dell’assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura che si è svolta sul tema della
bellezza come cammino di evangelizzazione e dialogo. “La via della bellezza è
accessibile a tutti” – ha detto il cardinale Paul Poupard, presidente del dicastero – e “favorisce
l’incontro” tra culture e religioni diverse, “ma non può essere separata dalle
vie della verità e della bontà”. Ma qual è stato lo scopo di questa plenaria?
Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Mauro Piacenza, presidente della Pontificia
Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, che ha partecipato ai lavori
dell’assemblea:
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R. – Direi uno scopo essenzialmente dialogico, cioè lo
scopo di prendere il mondo come è, le culture come sono, la società come è, e
credendo nello splendore, nella bellezza di Dio e della verità che è Dio
stesso, confidare nel fatto che l’ uomo senta la nostalgia
di questa bellezza, e attraverso la strada dell’armonia possa ritrovare la
strada della fede, quella fede che si ritrova in pienezza poi in Gesù Cristo,
che essendo il Verbo incarnato, la Sapienza eterna di Dio incarnata, è il
fulgore massimo della bellezza.
D. – Il Popolo di Dio come può essere aiutato dai pastori
a scoprire la bellezza di Dio, la bellezza della fede, la bellezza della
liturgia?
R. – Io penso, forse avendo molto coraggio e affidando
anche all’arte nelle sue varie espressioni, musicale, architettonica,
figurativa in genere, la propria missione. E’ una missione molto importante.
L’importante è da parte nostra credere alla sua altezza e quindi diventare un
po’ servitori di questa bellezza, fare in modo che le varie espressioni artistiche
possano cantare le glorie di Dio. Allora
penso, ad esempio nella liturgia, al recupero della musica sacra, che può
essere anche contemporanea, ma che deve rispondere ai canoni della sacralità
vera e cioè deve aiutare la persona a salire, ad elevarsi a Dio e non ad
abbandonarsi a scomposte sensazioni, e a quel raccoglimento e a quell’insieme di elementi che vanno dalla solennità
all’intimità, dalla gloria alla dolcezza, a seconda dei
tempi liturgici e delle occasioni, così
come poter riprovare la gioia di porsi davanti ad una immagine dipinta o
scolpita, cogliendo in essa che l’artista ha pregato mentre l’ha dipinta o l’ha
scolpita, e quindi comunica anche un’esperienza religiosa. Così riprendere il
senso anche, potremmo dire, dell’arte del silenzio stesso come incontro con
Dio, e poi usare dei mezzi che sono a disposizione, pensiamo al cinema, alla
televisione, alle composizioni nuove,ai cartoni
animati per i più piccoli, per veicolare, ma con gusto e con arte, il grande ed
eterno messaggio della via, della verità, e della vita che viene da Gesù.
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APERTA OGGI IN VATICANO LA MOSTRA SULLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA,
500 ANNI DI STORIA, ARTE E VITA
- Interviste con Giovanni Morello, mons. Mauro Piacenza e con Elman Maeder -
500 anni al servizio del Papa. Sono quelli
spesi dalla Guardia Svizzera Pontificia a cui è
dedicata una mostra aperta da oggi nei locali del Braccio di Carlo Magno in
Vaticano. Attraverso dipinti, manoscritti, divise, armi
e corazze l’esposizione racconta il mezzo millennio dell’esercito più antico
del mondo. Il servizio è di Paolo Ondarza.
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(Inno della Guardia
Svizzera)
Era il 22 gennaio 1506
quando, su richiesta di papa Giulio II, veniva costituita la Guardia
Svizzera Pontificia. Per celebrarne i 500 anni di servizio, perseveranza e zelo
una mostra in Vaticano raccoglie per la prima volta nella storia opere d’arte e
reperti di grande interesse culturale. Degna di nota la pagina dedicata al
Sacco di Roma, l’evento più arduo affrontato dall’esercito del Papa il 6 maggio
1527 quando i Lanzichenecchi devastarono la Città eterna. 147 guardie diedero
la vita per consentire a Clemente VII di riparare a Castel Sant’Angelo. In
mostra un ritratto del Pontefice di Sebastiano del Piombo. Giovanni Morello,
curatore della mostra:
“Sebastiano ha fatto diversi ritratti di
Clemente VII; qui, appunto, è ripreso con la barba perché dopo il Sacco di Roma
Clemente VII non si tagliò più la barba come segno di lutto”.
Il percorso espositivo si snoda in sei stanze
tra dipinti, stendardi,
elmi in ferro, monete e le note uniformi gialle rosse e blu, di disegno
rinascimentale e che la tradizione fa risalire a un progetto di Michelangelo o
Raffaello. Un esercito armato, ma che non usa le armi, quello delle Guardie
Svizzere: lo amava ripetere Papa Pio X: “Il nostro cannone - diceva – deve rimanere al suo posto:
in cantina, perché il Vaticano non va difeso con i cannoni”. Mons. Mauro Piacenza presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali
della Chiesa:
“Le alabarde sono elementi rappresentativi, è importante però la spiritualità che può stare dietro, e cioè
della lotta contro il male, anzi della lotta contro la violenza e la prevaricazione.
Quindi, diventano armi di pace”.
“Acriter et Fideliter”, Onore e Fedeltà. Sempre giovane il motto
che da sempre ha ispirato la missione della Guardia Svizzera, presenza discreta, ma costante, al servizio del Santo Padre. Il
comandante Elman Maeder:
“Siamo testimoni della storia della Chiesa.
Non è che noi siamo gli attori sul palcoscenico della storia, ma accanto al
Santo Padre”.
La mostra si inserisce nel calendario delle
celebrazioni del Giubileo della Guardia Svizzera e sarà visitabile fino al
prossimo 30 luglio.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – All’udienza
generale Benedetto XVI prosegue il ciclo di catechesi sul “Mistero del rapporto
tra Cristo e la Chiesa”. Medio Oriente: il partito Kadima
vince le elezioni in Israele. Lega Araba: Amr Moussa confermato segretario generale
Servizio vaticano - Il
cardinale Peter Poreku Dery, arcivescovo emerito di Tamale
(Ghana), ha preso possesso della diaconia di Sant’Elena fuori Porta Prenestina. La lettera del vescovo salesiano di Gent, mons. Luc Van Looy.
Servizio estero - Iraq: Bush incoraggiato dai negoziati per un Governo di unità
nazionale. Nucleare: Consiglio di Sicurezza dell’ONU, accordo vicino sul
dossier iraniano. Francia: il Paese paralizzato dallo sciopero indetto per
ottenere il ritiro del contratto di primo ingaggio
Servizio culturale -
Riflessioni su un recente volume sulle parole e i dizionari
Servizio italiano - i
temi delle tariffe e dell’economia
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29 marzo 2006
IN
ISRAELE, VITTORIA ALLE LEGISLATIVE DEL PARTITO
DI CENTRO KADIMA.
I
LABURISTI AL SECONDO POSTO, CROLLO DEL LIKUD
-
Intervista con Antonio Ferrari e padre Ibrahim Faltas -
In
Israele, le elezioni legislative sono state vinte, con un’affermazione meno
netta del previsto, dal partito di centro “Kadima”,
che ha conquistato 28 dei 120 seggi del Parlamento. Al secondo posto si
piazzano i laburisti, con 20 seggi. Il partito di destra “Likud”, preceduto da
due formazioni ultraortodosse, è andato incontro, invece, ad una netta
sconfitta ottenendo solo 11 seggi. Sorprendente, invece, il risultato del
partito dei pensionati, che ha conquistato 7 seggi. Sulle legislative
israeliane, alla quale ha partecipato solo il 62,3 per cento degli aventi diritto, ascoltiamo il servizio di Graziano Motta:
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La
prima valutazione spetta alla vittoria del nuovo partito Kadima,
fondato da Ariel Sharon. Il successo è di proporzioni più contenute, per l’alto
tasso di astensione. Si ritiene che se Sharon non fosse stato
in coma, sarebbe stata inferiore. Ma questa bassa partecipazione al voto non
impedirà comunque al leader di Kadima, Ehud Olmert, di realizzare il
punto principale del suo programma: stabilire le frontiere dello Stato ebraico
con una maggioranza ebraica, procedendo unilateralmente. Ma lo scongiura di
farlo, dal vertice arabo di
Karthoum, il presidente palestinese Abu
Mazen, che non riuscirà ad intavolare trattative di
pace con il governo composto dai fondamentalisti islamici di Hamas. Il gruppo
radicale, come noto, non intende accettare il proposto compromesso territoriale
di Olmert, esigendo il ritiro totale israeliano dalla
Cisgiordania e lo smembramento dell’attuale assetto politico di Gerusalemme,
che i palestinesi vogliono anche capitale del loro Stato indipendente. Non
dovrà, comunque, essere difficile per Omert formare
una coalizione con il partito laburista, guidato dall’ex leader sindacalista Amir Peretz, che ha lievemente
potenziato la sua forza parlamentare, grazie al voto dei giovani. Il gran
successo del partito dei pensionati, che è riuscito a portare sette deputati in
Parlamento, spiega in parte il clamoroso tonfo di Benjamin Netanyau, leader del Likud, penalizzato –
lo ha riconosciuto lui stesso – dai provvedimenti presi come ministro delle
Finanze per risanare l’economia del Paese.
Da Gerusalemme, per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Ma come può essere letto il voto di ieri in
Israele? Roberto Piermarini lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera,
raggiunto telefonicamente a Gerusalemme:
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R. – Come un voto di sfiducia da una parte, anche se c’è
stata una certa fiducia per il partito che ha vinto le elezioni, il partito Kadima, ma sicuramente meno delle previsioni; e soprattutto
come un voto di protesta. E’ un voto, diciamo, contro chi
rappresenta l’establishment politico.
Ci sono accuse di corruzione, di stanchezza, si accusa di non fare abbastanza
per i bisogni primari della gente. Si parla tanto dei grandi temi
… ma poi c’è anche la vita di tutti i giorni: ci sono le pensioni, gli
stipendi… questo è stato il connotato principale.
D. – Questo spiega quindi anche l’8 per cento al Partito
dei pensionati …
R. – Sì! Direi che, oltre all’astensione – e questo è un
primo fenomeno – c’è questo 8 per cento ai pensionati, che nessuno poteva
prevedere, ma nemmeno lo stesso partito dei pensionati, che si trova oggi con
un personaggio, che è il leader di questo partito che è un anziano signore, ex
del Mossad, un personaggio anche con una certa
caratura, nel Paese, ma dietro ci sono degli assoluti sconosciuti! Loro
pensavano di prendere due seggi: chi ha dato loro, allora, questo
8 per cento di voti? Glieli hanno dati per protesta, e non soltanto i
pensionati! Glieli hanno dati i giovani! E questo è un dato che deve far
pensare …
D. – Perché Kadima ha vinto ma non ha convinto?
R. – Perché mancava Sharon. Senza Sharon è tutta un’altra
cosa: Sharon ha ancora un grande carisma nel Paese.
D. – La tenuta del laburisti era
nelle previsioni?
R. – Direi che anche i laburisti hanno raccolto una parte
del voto di protesta: anche qui, molti giovani hanno votato partito laburista,
perché “labur” significa ‘lavoro’ e oggi, anche qui
c’è il problema del precariato, il problema della disoccupazione e quindi i
giovani hanno accettato questo messaggio che arrivava dal nuovo leader, Amir Peretz.
D. – E’ possibile una maggioranza, a questo punto?
R. – Diciamo che non è possibile che la destra formi una
maggioranza di blocco, cioè che possa bloccare in qualsiasi momento l’azione di
un ipotetico governo. Se si andrà verso una formula di centrosinistra avremo Kadima, che è un partito centrista che
però in gran parte arriva da destra; avremo i laburisti che sono di
fatto la seconda forza, una forza che avanza all’interno del Paese; avremo
sicuramente un partito religioso, forse lo Shas,
forse anche il Meretz, che è un partito di sinistra
anche se è un po’ dimagrito, e poi avremo i pensionati. Ecco, i pensionati
potrebbero essere - paradossalmente – l’ago della bilancia del nuovo governo di
Ehud Olmert.
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Come i
cristiani di Terra Santa hanno accolto l’esito delle elezioni israeliane? Giancarlo
La Vella lo ha chiesto a padre Ibrahim
Faltas, parroco a Gerusalemme.
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R. – Penso che se Kadima si
mette d’accordo con i laburisti, si può fare un passo avanti nel processo di
pace. Dopo queste elezioni, dopo il governo di Hamas, sicuramente ci vorrà un
po’ di tempo. Speriamo che lavorino tutti e due per la pace, per porre termine
a questa sofferenza quotidiana: la gente non ce la fa più e sta molto, molto
male. Non possono venire a Gerusalemme, non possono uscire dalla Giordania,
hanno paura del futuro: se Hamas non riconosce Israele, ci si chiede come si
potrà governare la Palestina…
D. – Quale spinta alla pace potranno dare i pochi deputati
cristiani eletti nel Parlamento israeliano, come anche il ministro cristiano
che fa parte del governo palestinese?
R. – Non si può parlare di cristiani o di musulmani nel
Parlamento israeliano ma di arabi, e sono dieci persone, dieci seggi… Il
ministro cristiano nel governo di Hamas, il ministro del Turismo, che è di
Betlemme, penso che possa fare qualcosa soprattutto per Betlemme. Speriamo che
possa fare qualcosa anche nel nuovo governo di Hamas. Il Ministero del turismo
ha sede a Betlemme, e anche nei governi precedenti, il ministro del Turismo è
sempre stato uno di Betlemme. Loro hanno voluto mantenere questa ‘regola’: il
ministro del Turismo è sempre stato cristiano, è sempre stato di Betlemme e
speriamo che possa fare qualcosa per Betlemme e per il turismo.
D. – Dopo queste due eventi politici
la pace, secondo lei, padre Faltas, è più vicina tra israeliani
e palestinesi?
R. – E’ quello che tutti qui sperano veramente. Speriamo
che il più presto possibile Hamas riconosca Israele e Israele si ritiri dai
Territori; se avvenissero solo questi due passi, sarebbe un grande progresso. Olmert è stato anche sindaco di Gerusalemme, conosce molto
bene la situazione. Collaborerà ora – spero – con i laburisti; lui ha
dichiarato che vuole ritirarsi dalla Cisgiordania, e questi passi debbono
compierli tutti e due.
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in mostra a roma l’addio dei giornali
di tutto il mondo a KAROL WOJTYLA
- Con
noi Luciano Castro -
Raccontare la scomparsa di Giovanni Paolo II attraverso le
prime pagine dei maggiori quotidiani del mondo. E’ questo l’obiettivo della
mostra dal titolo “Addio Karol”, che sarà allestita, a partire da venerdì
prossimo, nello spazio espositivo “Vetrina Roma” nelle vicinanze della stazione
Termini della capitale. L’evento, presentato ieri presso la libreria Ave, è
stato organizzato dall’associazione per il “Museo del Quotidiano”. Eugenio
Bonanata ha intervistato il presidente, Luciano Castro:
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R. – La nostra associazione intende raccogliere le
testimonianze, i documenti, i materiali relativi alla storia dei quotidiani in
Italia e nel mondo. La coincidenza del primo anniversario della scomparsa di
Giovanni Paolo II ci ha suggerito di offrire un omaggio, un ricordo, di questa
scomparsa, che è stato un evento planetario. E lo racconteremo a nostro modo,
in modo che, un anno dopo, siano i quotidiani a ricordarci quell’evento
che tragico è stato per il mondo, ma che fu un santo completamento di un lungo
Pontificato.
D. – Verranno esposte 70 prime
pagine provenienti da numerosi Paesi. Qual è, secondo lei, il pezzo più
interessante?
R. – Anche in omaggio al desiderio del Santo Padre,
Giovanni Paolo II, di raggiungere e superare i confini delle nazioni e di
portare il suo messaggio, mi pare giusto segnalare un giornale proveniente da
Hong Kong, una delle tappe che forse Giovanni Paolo II avrebbe voluto fare nel
suo lungo Pontificato, uno dei Paesi, la Cina, che
avrebbe voluto visitare. Anche il giornale di Hong Kong racconta della morte
del Papa e, chissà, forse questo è presagio nel futuro di rapporti migliori tra
la Santa Sede e il governo di Pechino.
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29 marzo 2006
RIVEDERE
LA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE NEGLI STATI UNITI
PER
TUTELARE DIRITTI E DIGNITA’ DEGLI IMMIGRATI:
E’
L’APPELLO DI VESCOVI E RESPONSABILI DI VARIE CONFESSIONI RELIGIOSE.
TRA I
PUNTI PIU’
DISCUSSI DELLA LEGGE, LA COSTRUZIONE
DEL
MURO ANTI-IMMMIGRATI AL CONFINE CON IL MESSICO
NEW YORK. = Vescovi e responsabili di varie confessioni
religiose si stanno mobilitando negli Stati Uniti per chiedere una riforma più
equa, umana e organica in materia di immigrazione. Contro le misure previste
dal testo della nuova legge, già approvato dalla Camera dei rappresentanti ed
ora all’esame del Senato, ci sono già state diffuse proteste in diverse città
americane. Inserendosi nel dibattito, - scrive l’agenzia MISNA - il cardinale Edward M. Egan ha chiesto nei
giorni scorsi a due senatori dello Stato di New York, Charles
E. Schumer e Hillary Rodham Clinton, di opporsi alla
nuova normativa che di fatto criminalizza i
clandestini e le organizzazioni caritative che li assistono. E un appello ad
una riforma che tuteli la dignità umana degli immigrati e promuova
il bene comune è stato diffuso nei giorni scorsi anche dai vescovi della
California. I presuli hanno chiesto uno sforzo da parte di tutte le forze
politiche “per creare un nuovo sistema migratorio che rispetti i comuni
sentimenti di umanità”. Tra le disposizioni più controverse, figura anche la
costruzione del già contestato muro anti-immigrati lungo
la frontiera tra Messico e Stati Uniti. Critiche e preoccupazioni, in
proposito, sono state espresse anche da parte dei vescovi latino-americani,
condivise dai responsabili delle diocesi statunitensi. (F.S.)
VISIBILE
ANCHE IN ITALIA, PER UN’ORA IN FINE
MATTINATA E PARZIALE,
L’ECLISSE
DI SOLE ANNUNCIATA PER OGGI. ECLISSE TOTALE IN UNA
LUNGA
E
STRETTA FASCIA DI TERRITORIO DAL BRASILE ALLA MONGOLIA. PUNTO MIGLIORE
DI
OSSERVAZIONE IN LIBIA
ROMA. = E’ stata visibile anche in Italia, per circa
un’ora in fine mattinata, l’eclisse di sole che risulta totale nella fascia
lunga e stretta che dalle coste del Brasile si estende attraverso l'oceano
Atlantico fino a Nord Africa, Mediterraneo orientale e Turchia, e poi Asia
Centrale per raggiungere i confini con la Mongolia. In Italia, invece,
l'eclisse è stata parziale
e il disco della Luna ha oscurato quello
del Sole in proporzioni diverse al Sud, dove ha raggiunto una copertura di
circa il 70%, a Nord, dove è stata fra il 50% e il 45%). Il punto di migliore
osservazione al mondo sembra sia stato in Libia dove infatti erano arrivate più
di settemila persone, provenienti da 53 Paesi. La località di Wao Namous (2.000 km a sud di
Tripoli), che è stata riservata a scienziati e ricercatori, ha offerto la
visione dell’eclisse per ben 7,4 minuti. Più breve a Battan,
nel nord est del Paese, dove i turisti hanno avuto la possibilità di vedere il
fenomeno per quasi 4 minuti. (F.S.)
Gemellaggio tra Wadowice,
città natale di Giovanni Paolo II, e San Giovanni Rotondo. cerimonia, ieri
sera, nella nuova chiesa di San Pio da Pietrelcina, in Puglia, alla presenza di
delegazioni del comune di Wadowice e dello Stato polacco. Messa presieduta da mons. Domenico D’Ambrosio, arcivescovo
di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e delegato della Santa
Sede
per il Santuario e le opere di San Pio da Pietrelcina
- A
cura di Francesco Bosco -
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SAN GIOVANNI ROTONDO. = E’ stata la pace il tema dominante
del momento di incontro fra San Giovanni Rotondo e Wadowice,
rappresentati ieri sera dai due sindaci, Salvatore Mangiacotti
ed Ewa Filipiak. Parlava di pace il grande piatto dipinto da Pippo Madea, allievo di Gattuso, che la
città di San Pio da Pietrelcina ha donato alla
delegazione polacca. Mentre dal fonte battesimale della parrocchia di Wadowice è stata portata un po’ di acqua santa con la
preghiera di utilizzarla il 2 aprile, giorno dell’anniversario della morte di
Giovanni Paolo II, aspergendo i fedeli e facendo rinnovare loro le promesse
battesimali. Un gesto di alto valore spirituale per invocare l’aiuto del
Signore, affinché l’umanità non cada negli errori della guerra, del terrorismo
e della disperazione. Tra i partecipanti alla cerimonia, c’era Jerzy Kluger, l’ebreo, compagno di scuola e
amico d’infanzia e di gioventù di Wojtyla, che ha
raccontato di una visita compiuta dall’allora arcivescovo di Cracovia in una
sinagoga, sottolineando che la particolare sensibilità per il dialogo con le
altre religioni era precedente all’elezione al soglio pontificio. Presente solo
attraverso un video messaggio per motivi di salute, un vescovo che è riuscito a
consacrare la Russia al cuore immacolato della Madonna, dall’interno della
Chiesa del Cremlino, celebrando una Messa clandestina. Ha ricordato che Padre
Pio e Giovanni Paolo II hanno vissuto pienamente il messaggio di Fatima, con la
recita del Rosario e con l’offerta della loro sofferenza. Prima della firma
dell’atto di gemellaggio, Stefano Campanella, direttore di TeleRadioPadrePio,
ha donato alla delegazione di Wadowice una copia del
suo libro “Il Papa ed il frate”, in cui si ricostruisce il rapporto tra i due
grandi testimoni della fede, appena uscito nella versione in lingua polacca.
Nel suo intervento, il sindaco di Wadowice ha già
proposto una prima concreta applicazione dell’intesa sottoscritta ieri: uno
scambio culturale tra i giovani di San Giovanni Rotondo e quelli della sua
città, per favorire una più completa conoscenza reciproca.
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BOLIVIA: MESSAGGIO PASTORALE DEI
VESCOVI SULL’ASSEMBLEA COSTITUENTE
CONVOCATA DAL NEO-PRESIDENTE
MORALES
PER LA STESURA DELLA NUOVA COSTITUZIONE DEL PAESE
LA
PAZ. = Una grande opportunità di apertura alla speranza e l’occasione per
creare ponti di incontro e di riconciliazione, di dialogo, di trasparenza, per
una democrazia vera: così i vescovi boliviani guardano all’assemblea convocata,
ad agosto, dal neo-Presidente Evo Morales
per riscrivere la costituzione del Paese. Lo spiegano nel messaggio pastorale
pubblicato in questi giorni e intitolato “Costruiamo una Bolivia per tutti.
Verso l'Assemblea Costituente”. Nel testo viene
analizzata l’attuale situazione del Paese, dove “non si è ancora raggiunta una
convivenza pacifica, solidale e giusta” e negli ultimi anni si è assistito ad
un deterioramento del clima sociale e politico, ma è anche cresciuta la volontà
di partecipazione dei cittadini. E vengono illustrati
i valori fondamentali che dovrebbero ispirare la nuova carta fondamentale: il
primato della persona, il bene comune, l’accesso universale ai beni essenziali,
la sussidiarietà, la partecipazione e la solidarietà. I
vescovi spiegano che tali valori devono essere tradotti in “azioni concrete in
difesa della vita e della famiglia basata sul matrimonio; nella promozione del
diritto ad un lavoro dignitoso e adeguatamente retribuito; in un più equo
accesso alla terra e alle risorse naturali, nonché all’assistenza sociale e
sanitaria; nel riconoscimento della libertà religiosa di tutti e del diritto
dei genitori a scegliere l'educazione dei propri figli”. A luglio
saranno eletti i 255 delegati che formeranno l'Assemblea costituente.
Seguiranno mesi di preparazione del testo della nuova costituzione e poi un
referendum confermativo. (S.C.)
L’IMPEGNO DELLA
CHIESA INDIANA IN TEMA DI SOLIDARIETA’,
GIUSTIZIA E PACE AL CENTRO DEL
SEMINARIO NAZIONALE SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA ORGANIZZATO NEI GIORNI
SCORSI A MUMBAI.
PRESENTI 520 DELEGAZIONI DA 55 DIOCESI
MUMBAI.
= “L’impegno della Chiesa indiana per la solidarietà, la giustizia e la pace e
l’impegno missionario cattolico in Asia”: se ne è parlato nei giorni scorsi a Mumbai al seminario organizzato dalla Conferenza episcopale
indiana (Cbci) sulla Dottrina sociale della Chiesa. A
presiedere l’incontro, cui hanno partecipato 520 delegati da 55 diocesi
indiane, è stato mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace che ne ha illustrato
i contenuti all’agenzia AsiaNews. Mons. Crepaldi si è detto “molto incoraggiato dalla passione
della Chiesa indiana per le questioni sociali e dal fatto che tutti i documenti
e gli interventi presentati durante il seminario hanno sottolineato ed
enfatizzano il mettere Cristo al centro della società”. Sul fanatismo e gli
attacchi anti-cristiani in India, il presule ha ribadito che “la Chiesa
promuove la comprensione attraverso il dialogo interreligioso ed incoraggia un
mutuo rispetto tramite la promozione della libertà religiosa”. Quanto alla
discriminazione dei Dalit e alla correlata questione
delle conversioni, il segretario del Pontificio Consiglio ha spiegato che “la
Chiesa ha il compito di predicare il Vangelo ovunque vi siano esseri umani,
creati ad immagine di Dio, e crede fermamente che essi siano stati creati tutti
uguali”. Secondo il professor Stephen Fernandes,
consultore della Conferenza episcopale indiana, l’incontro ha rappresentato “un
momento unico nella storia della Chiesa indiana”. (S.C.)
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29 marzo 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’Afghanistan continua ad essere sconvolto
dalle violenze: in scontri, scoppiati tra ribelli e forze della coalizione
nella provincia meridionale di Helmand, sono morte
almeno 32 persone. Nello Stato asiatico, intanto, il Parlamento ha avvertito
che deve essere impedito ad Abdul Rahman,
il cittadino afghano liberato ieri dopo essere stato arrestato con l’accusa di
apostasia, di lasciare il Paese. Il nostro servizio:
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Il Parlamento di Kabul ha criticato la decisione della
magistratura di liberare Abdul Rahman,
il cittadino afgano che rischiava la pena di morte per essersi convertito
dall’Islam al Cristianesimo. L’Assemblea afghana ha
anche esortato la promulgazione di un divieto che impedisca
all’uomo di lasciare il Paese “impunemente”. “Per impedire la fuga di Rahman dall’Afghanistan - recita la mozione parlamentare -
deve essere proibita la partenza” dell’uomo, attualmente sotto protezione in
una località segreta dell’Afghanistan, Paese dove la legge islamica prevede la
pena di morte per chi abbandona l’Islam. Rahman ha
chiesto, inoltre, asilo politico all’estero e il ministro degli
Esteri italiano, Gianfranco Fini, si è dichiarato pronto ad accogliere
la sua richiesta. Nello Stato asiatico, intanto, non si ferma l’ondata di
attacchi dei ribelli: un gruppo di talebani ha attaccato le forze militari
statunitensi nella turbolenta provincia meridionale di Helmand.
Negli scontri sono morti almeno 32 ribelli, un soldato americano e un militare
canadese. “Con l’arrivo della primavera, gli attacchi contro le forze della
coalizione e l’esercito afghano diventano ancora più intensi”, ha dichiarato il
portavoce dei fondamentalisti. Per far fronte a questa nuova offensiva da parte
dei ribelli, gli Stati Uniti sembrano intenzionati ad aumentare la loro presenza
in Afghanistan, fino a 18 mila soldati. Altri seimila militari saranno inviati
da Gran Bretagna, Canada e Olanda.
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Ennesima strage in Iraq: uomini armati, travestiti da
poliziotti, hanno ucciso almeno 8 persone negli uffici di una società
commerciale a Baghdad. Tutte le vittime erano dipendenti dell’azienda. Secondo
la polizia irachena, i responsabili di questa tragica azione appartengono ad
una banda criminale che negli ultimi giorni ha compiuto diverse rapine e
sequestrato 19 persone. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha rivelato, intanto, che in Iraq
oltre 25 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case dopo
le violenze scoppiate tra sciiti e sunniti in seguito all’attentato condotto
contro la moschea sciita di Samarra lo scorso 22
febbraio.
Nei Territori palestinesi,
giureranno oggi nelle mani del presidente Abu Mazen, i 24 ministri del nuovo governo guidato dal premier Haniyeh. Il Consiglio palestinese ha votato ieri a sorpresa
la fiducia all’esecutivo formato da tecnocrati non legati ai partiti e da rappresentanti
del movimento estremista di Hamas, vincitore delle recenti elezioni, con 71
voti favorevoli, 36 contrari e 2 astenuti.
Il vertice della Lega araba si è chiuso ieri a Khartoum,
in Sudan, con un fermo “no” al piano di definizione unilaterale dei confini di
Israele prefigurato dal premier israeliano ad interim, Ehud
Olmert, leader del partito Kadima
che ha vinto le legislative nello Stato ebraico. Durante il summit, è stato
anche raggiunto l’accordo sul finanziamento della missione di pace nella
martoriata regione sudanese del Darfur.
Sono più di 500 gli
oppositori arrestati in Bielorussia tra il 19 e il 25
marzo per la partecipazione a manifestazioni “non autorizzate” contro i
risultati delle presidenziali dello scorso 19 marzo. Lo ha rivelato oggi il
procuratore generale di Minsk. Le elezioni ufficialmente
sono state vinte dal capo di Stato uscente, Alexander
Lukashenko, ma proprio a causa dei disordini dei
giorni scorsi il giuramento - inizialmente previsto per il 31 marzo - è stato
posticipato ad aprile.
Il presidente
russo, Vladimir Putin, accusa gli Stati uniti di
creare “ostacoli artificiosi” all’ammissione della Russia nell’Organizzazione
mondiale del commercio. “Abbiamo ricevuto dai partner statunitensi - ha
affermato Putin in un incontro con uomini d’affari
russi - un elenco di richieste che necessitano di accordi supplementari”. “Adesso
– ha aggiunto - veniamo artificiosamente spinti all’indietro nel processo di
negoziazione”.
Prosegue, in Francia, la mobilitazione contro la
controversa legge sul contratto di primo impiego: oltre un milione di persone
ha partecipato ieri, secondo il ministero dell’Interno, a scioperi e
manifestazioni tenutesi in tutto il Paese. Il servizio di Francesca Pierantozzi:
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Gli occhi sono ormai puntati sull’Eliseo,
in Francia, all’indomani della grande giornata di protesta contro il contratto
di primo impiego per i giovani, che ha mobilitato tra i due e i tre milioni di
persone. Una mobilitazione storica, hanno commentato sindacati e studenti, in
lotta da oltre due mesi contro questo contratto di lavoro fortemente
voluto da Dominique de Villepin.
Il primo ministro appare ormai sempre più solo nella difesa del progetto.
Ancora ieri, pur davanti alla fortissima mobilitazione e all’ondata di scioperi
che ha semiparalizzato il Paese, il premier ha ribadito che non ritirerà il CPE
e che la democrazia – così ha detto – non si fa sulle condizioni e sugli
ultimatum. Le manifestazioni si sono svolte in oltre 100 città francesi:
imponente quella parigina sorvegliata da oltre 4.000 agenti della gendarmeria
mobile. Alla fine del corteo, in Place de la République, ci sono stati scontri con casseurs,
manifestanti più estremisti,
e anarchici: 400 i giovani fermati in tutto il Paese. Tutti aspettano ormai un
intervento del capo dello Stato. Domani ci sarà la sentenza della Corte
costituzionale sulla legittimità del CPE. Spetterà poi al presidente promulgare
la legge. Nella maggioranza di destra sono sempre più numerosi quelli che
seguono il ministro dell’Interno, Nicolas Sarkozy, e
che chiedono una sospensione del provvedimento per aprire negoziati alla
ricerca di un compromesso.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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La polizia nigeriana ha arrestato l'ex presidente della
Liberia, Charles Taylor, ricercato
per crimini di guerra dal Tribunale delle Nazioni Unite. Taylor
era scomparso lunedì notte dalla sua residenza, in Nigeria, poco dopo la
decisione del governo di Abuya di dare il via libera alla sua estradizione. Il presidente nigeriano
ha ordinato l’immediato rimpatrio in Liberia di Taylor.
L’ex capo di Stato liberiano è accusato, in particolare, di avere sostenuto i
ribelli del Fronte rivoluzionario unito nella guerra in Sierra Leone, durata 11
anni e costata la vita ad oltre 50 mila persone. In cambio del sostegno ai
ribelli, l’ex presidente avrebbe ricevuto una parte dei proventi derivanti dal
contrabbando di diamanti.
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