RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 87- Testo della trasmissione di martedì 28 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
E’ morto in
Cina, ad 85 anni, il vescovo emerito di Jingxian mons.
Pietro Fan Wen-Xing
La Chiesa cattolica spagnola intende contribuire al
processo di pace nei Paesi baschi
Stati Uniti: i vescovi si
mobilitano contro la nuova legge sull’immigrazione all’esame del Senato
Oggi elezioni in Israele: favoriti i centristi di Kadima
Parlamentari in Ucraina:
i risultati provvisori danno in testa il partito filorusso
di Yanukovich
28
marzo 2006
BENEDETTO XVI SARA’ PRESENTE LA SERA DEL 2 APRILE
ALLA VEGLIA DI PREGHIERA
IN
PIAZZA SAN PIETRO IN
OCCASIONE DEL 1° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
DI
GIOVANNI PAOLO II. LUNEDI’ 3 APRILE ALLE
17.30 IL PONTEFICE PRESIEDERA’
LA
SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DI PAPA WOJTYLA
Siamo ormai vicini al primo anniversario della morte di
Giovanni Paolo II che ricorre domenica prossima 2 aprile. Oggi l’Ufficio delle
Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice ha reso noto che lunedì 3 aprile,
alle ore 17.30, Benedetto XVI presiederà, sul sagrato della Basilica Vaticana,
Sempre oggi il Vicariato di Roma
ha ricordato, in un comunicato, che il 2 aprile
A
partire dalle ore 20.30 il Coro della Diocesi di Roma, diretto da mons. Marco Frisina, animerà la preghiera con canti mariani e letture
di testi di Karol Wojtyla. Alle ore 21.00 Benedetto XVI si
affaccerà dalla finestra del suo studio e verrà recitato il Santo Rosario.
Durante la preghiera saranno letti brani tratti dalla Lettera Apostolica di
E’ LO
SGUARDO DI COMPASSIONE DEL SAMARITANO L’ICONA CRISTIANA
DELLA
SOLIDARIETA’: UN COMMENTO DEL PRIORE DI BOSE, ENZO BIANCHI,
AL MESSAGGIO
DI QUARESIMA DI BENEDETTO XVI
Guardare il prossimo in difficoltà e aiutarlo. Per Cristo, questo modo di
agire accompagnò ogni giorno la sua predicazione terrena. E da duemila anni, il
suo esempio induce moltissimi uomini e donne a fare altrettanto. Ma è prima di
tutto quel “guardare” a fare la differenza: si possono vedere molte cose senza però avere quella particolare sensibilità che spinge
ad essere realmente solidali. “Il nostro sguardo si misuri su quello di
Cristo”, ha scritto Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Quaresima 2006,
intitolato “Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione”. Ma perché oggi la
compassione appare quasi un sentimento fuori moda? Alessandro De Carolis lo ha
chiesto al priore della Comunità monastica di Bose,
Enzo Bianchi:
**********
R. – Da un lato, sembra un sentimento fuori moda perché il
termine ‘compassione’ in qualche misura si è svilito: sembra dire di uno che
prova pietà, e quindi quasi un sentimento indegno, che offende la dignità
dell’altro. Ma in realtà, nel linguaggio biblico, ‘compassione’
vuol dire ‘soffrire con’. Gesù che
sente ‘compassione’, il Dio che è ‘compassionevole’ – non dimentichiamolo: è
uno degli attributi del nostro Dio, rivelato a Mosè – significa la capacità di
Dio di sentire con i sentimenti anche dell’uomo, quando i sentimenti sono di
sofferenza, sono di dolore: Dio ci sta vicino e condivide questa nostra condizione
per portarci consolazione e liberazione. Gesù sente ‘compassione’ delle
folle, che cercano qualche volta a tentoni, che non
hanno sostentamento: lì Gesù partecipa di questa ‘compassione’ con il suo cuore
che è il cuore stesso di Dio.
D. – Per imparare ad avere ‘un cuore che vede’, come dice anche il Papa nella sua prima Enciclica,
come si fa? Come lo insegnerebbe lei, ad un giovane?
R. – Io direi di prestare quell’attenzione
che ci viene detta nella parabola del Buon Samaritano.
In fondo, il Buon Samaritano, rispetto al Levita e al sacerdote che sono
passati oltre, è uno che ha guardato, che ha avuto la capacità di vedere
innanzitutto l’altro nel bisogno, l’altro nella sofferenza, l’altro che era
stato colpito e che era ferito. Ma questo sguardo certamente noi lo impariamo
se abbiamo un’attenzione del cuore. Anche Saint-Exupéry
diceva: “Si vede soltanto veramente con il cuore”. Tanto più questo sguardo,
quando deve diventare uno sguardo di compassione, di capacità di sostenere
l’altro, di aiutare l’altro, di consolare l’altro.
D. – In una civiltà, dove anche quando si fa il bene si
pensa soprattutto a ‘fare’, avere un cuore che ‘vede’ significa anche avere
un’anima più grande…
R. – Secondo me, fare il bene non dipende tanto da quel
che si fa, perché si possono fare molte cose da distratti o farle per
protagonismo. Se invece si fanno le cose proprio a partire dal cuore, dalla
‘commozione’ del cuore – come racconta sovente il Vangelo per Gesù – che ci
spinge alla compassione, noi non diamo solo un aiuto materiale agli altri, noi
diventiamo solidali con gli altri. E allora, la nostra azione anche per l’altro
ha un più grande significato: non è semplicemente un ‘fare
qualcosa’, ma un atto con il quale l’altro può
sentire in noi uno che è – come lui – capace di sofferenza, di compassione, di
condivisione.
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Medio Oriente:
gli elettori israeliani alle urne per rinnovare il Parlamento. Iraq: “Al Qaeda”
rivendica la strage di Azki Kalak.
Lega Araba: molte assenze al vertice di Khartoum. 11 settembre: il progetto dei
terroristi prevedeva un quinto aereo contro la Casa Bianca. Nucleare: l’AIEA
sollecita l’Iran a ristabilire la fiducia internazionale. Appello UE alla Bielorussia per la liberazione dei manifestanti arrestati.
Servizio vaticano - Un volume
di mons. Pier Giorgio Deberardi sulla religiosa
francescana Madre Luisa Maria Claret de La Touche. Un articolo sulla figura e l’esempio di san Luigi
Orione, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Servizio estero - Ucraina: la
comunità internazionale elogia lo svolgimento democratico del voto. L’Atlante geopolitico sulla difficile strada verso l’integrazione.
Servizio culturale - Una mostra
ad Atene su Leonardo e il mondo classico. Per L’OR Libri: il volume “Antonio Gramsci 1891-1937” di Antonio A. Santucci.
Servizio italiano - II temi
delle elezioni e dell’immigrazione.
=======ooo=======
28 marzo 2006
LIBERATO NELLA NOTTE ABDUL RAHMAN, IL CITTADINO AFGANO
CHE RISCHIAVA LA
PENA DI MORTE PERCHE’ CONVERTITOSI AL CRISTIANESIMO.
L’ITALIA SI
OFFRE DI OSPITARLO
- Con noi, padre
Justo Lacunza Balda e
Fulvio Scaglione -
E’ stato rilasciato questa notte Abdul
Rahman, il cittadino afgano che rischiava la pena di
morte per essersi convertito al Cristianesimo dall’Islam. Nell’annunciarne la
scarcerazione, il ministro della Giustizia, Sarwar Danish, ha premesso che la ragione principale del
provvedimento è stata la scadenza del termine entro cui si sarebbe dovuto
aprire il processo a suo carico. Dal canto suo, il ministro degli
Esteri italiano, Gianfranco Fini, ha annunciato che l’Italia offrirà
asilo al convertito, che pur se liberato rischia la vita nel suo Paese. Nei giorni
scorsi, il Papa aveva inviato una lettera al presidente afgano Karzai chiedendo la grazia per Abdul
Rahman. Il commento di Fulvio Scaglione,
vice-direttore di Famiglia Cristiana, intervistato da Salvatore Sabatino:
**********
R. – E’ abbastanza indicativo che intorno a questo caso si
sia creata una mobilitazione internazionale, come – per
essere molto franchi – quasi mai si riesce a creare intorno ai casi in
cui in molte parti del mondo i cristiani sono vittime di persecuzioni.
D. – Perché tutta questa attenzione dei
media internazionali?
R. – L’attenzione, secondo me, è dovuta
in larga parte ai fatto che ci troviamo in Afghanistan, cioè un Paese che è
stato liberato dal governo dei talebani con una
spedizione militare e che è una specie di caso di studio, perché se la Sharìa
con tutte le sue implicazioni fosse stata applicata proprio in un Paese,
appunto, liberato dai talebani e tutto sommato ancora
pienamente sottoposto alla tutela delle potenze occidentali, certamente sarebbe
stato uno smacco molto forte anche dal punto di vista politico, non solo
religioso e civile.
D. – La decisione di scarcerare Rahman
non può in qualche modo danneggiare la posizione già fragile del presidente Karzai?
R. – Questo è difficile dirlo. Potrebbe in un certo senso
indebolirlo, in un certo senso rafforzarlo se questa decisione fosse poi difesa
con atti conseguenti e con un certo coraggio da parte del presidente. Riguardo
a Karzai, però, bisogna fare un discorso, secondo me,
molto franco e pragmatico, senza illuderci troppo: Karzai,
tutto sommato, sta in piedi un po’ come i dirigenti iracheni, perché è
sostenuto dalla presenza delle truppe occidentali. Difficilmente di suo Karzai riuscirebbe a resistere alle pressioni dei signori
della guerra convertiti al cristianesimo o no.
**********
La vicenda di Abdul Rahman ha portato nuovamente in primo piano la questione
della libertà religiosa nei Paesi a maggioranza islamica. Un tema sul quale si
sofferma padre Justo Lacunza
Balda, preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, intervistato da Alessandro Gisotti:
**********
R. – Il Corano lo dice testualmente nel capitolo 2,
versetto 256, che non c‘è costrizione nell’islam. Questo è quello che il Corano
dice. Bisogna vedere esattamente non soltanto quello, ma occorre vedere come
questo versetto viene tradotto nella prassi reale di
una società. Altro aspetto è la questione della legislazione, che è sempre
un’interpretazione. E qui bisogna dire che anche grandi dotti musulmani,
diverse scuole di pensiero musulmane, oggi, difendono e sottolineano che
bisogna guardare molto attentamente per vedere come funziona la libertà
religiosa per le altre minoranze, anche per i gruppi musulmani che non
appartengono alla stragrande maggioranza di gruppi sunniti.
D. – Il concetto di separazione fra Stato e Chiesa, tipico
del Cristianesimo, è assente nel mondo islamico. Quali conseguenze comporta
tale aspetto della religione musulmana nella relazione con le altre fedi?
R. – Io direi che il mondo musulmano ha molti sistemi di
governo: da sultanati a emirati, da repubbliche a monarchie... Qui occorre, dunque, individuare ogni singolo Paese. Prendo
un esempio come il Qatar, dove è in atto la costruzione di una chiesa cattolica
in terreni che sono stati donati dal governo del Paese, perché vuole avere rispetto
per la libertà religiosa e, in questo caso, il governo del Qatar vede non soltanto
un’opportunità, ma una necessità che tutti quelli che hanno una fede diversa,
che contribuiscono allo sviluppo del Paese, debbano avere anche uno spazio
religioso e culturale, pure materiale, come edificio di culto.
D. – Quindi, secondo lei, ci sono comunque dei segni di
speranza? In questo senso, possiamo dire che il dialogo interreligioso, anche
se non mancano le difficoltà, sta dando buoni frutti?
R. – Innanzitutto, non bisogna perdere la speranza.
Bisogna dire molto chiaramente, senza far polemica, che la libertà religiosa è
un diritto fondamentale di ogni uomo e di ogni donna. Secondo elemento, la
strada è quella del dialogo interculturale, del dialogo interreligioso. Questa
strada si percorre con la documentazione, con la conoscenza, non con le
ideologie. Penso che le parole del Pontefice siano state delle parole
estremamente importanti, di una grande dimensione, per sottolineare un elemento
fondamentale della vita di ogni uomo: la dignità della sua persona e insieme a
questa dignità la necessità del rispetto profondo e incondizionato alla sua espressione
di culto, alla sua espressione religiosa, a qualunque estrazione sociale o etnica
appartenga.
**********
APERTE LE URNE NELLO STATO EBRAICO:
ISRAELE SCEGLIE IL DOPO SHARON.
FAVORITO IL PARTITO DI CENTRO
‘KADIMA’ GUIDATO DAL PREMIER AD INTERIM OLMERT
- Interviste con Janichi Cingoli e padre David Jaeger -
Si sono aperti
stamani i seggi in Israele per le elezioni legislative. Le urne saranno chiuse
alle 22. Il premier ad interim israeliano Ehud Olmert, il cui partito di centro Kadima
è dato per favorito dai sondaggi, ha invitato tutti gli elettori a recarsi alle
urne. Ma i primi dati fanno registrare una bassa partecipazione. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
**********
I dati
sull’affluenza non sono confortanti: ha votato finora appena il 21 per cento
degli aventi diritto. Si tratta della più bassa
affluenza della storia di Israele. I seggi sono stati
aperti tra straordinarie misure di sicurezza per il timore di attentati ma la
l’ondata di violenze non si è arrestata:
due israeliani sono morti dopo essere stati colpiti da un razzo lanciato
da estremisti palestinesi sulla parte meridionale dello Stato ebraico. Il voto
si colloca in un quadro complesso segnato dalle lacerazioni legate al ritiro da Gaza, da uno
sconvolgimento politico dopo l’ictus che ha colpito il premier Sharon, dalla nascita del nuovo partito Kadima,
e dalla vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi I primi exit poll saranno diffusi questa
sera, dopo la chiusura del voto. I sondaggi prevedono la vittoria del partito
di centro Kadima, fondato dall'ex premier Ariel Sharon - oggi in coma dopo un’emorragia
cerebrale - e guidato attualmente dal primo ministro ad interim Olmert. Al di là del risultato elettorale, è evidente che anche il prossimo
governo israeliano dovrà essere di coalizione. Il premier Olmert
ha già escluso di respingere il piano di ritiro unilaterale da parte della Cisgiordania e ha accennato a un possibile accordo con i
laburisti e con lo schieramento di sinistra Meretz.
Il Likud spera, invece, in un buon risultato delle
destre per impedire a Olmert di guidare il prossimo
esecutivo e propone il proprio leader, Netanyahu, per
l’incarico di primo ministro.
**********
Ma quale clima si respira in Israele? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a
Janichi Cingoli, direttore del Centro italiano per la
pace in Medio Oriente.
**********
R. – C’è una ragionevolezza che punta sulla moderazione,
sul fatto che si possa sul terreno creare una situazione meno drammatica, con
meno terrorismo… Quindi, sostanzialmente, è un clima che rifugge dai doppi
estremismi. E Kadima esprime questa grande tendenza
di fondo: quella di rifuggire dagli ideologismi e di concentrarsi su quello che
si può fare in concreto a breve termine.
D. – Tutti i sondaggi danno in testa il partito Kadima, questa nuova formazione creata da Sharon. E’ lo stesso risultato auspicato dalla comunità
internazionale, questo?
R. – A me è capitato di incontrare recentemente Abu Mazen e siamo rimasti tutti
molto stupiti quando il presidente palestinese ha
detto di sperare in una affermazione di Olmert.
Quindi, non solo la comunità internazionale, ma anche questa componente più moderata
che fa capo ad Al Fatah,
punta su Olmert come un possibile interlocutore. La
questione è che, forse,l’idea di riprendere la road-map come se
non fosse successo niente è un po’ desueta. La mia impressione è che sta tornando
di attualità quella che è la cosiddetta “proposta” della Lega Araba, avanzata a
Beirut nel 2002: la promessa, cioè, che tutti gli Stati arabi riconoscano
Israele in cambio del ritiro di Israele dai Territori occupati nel ’67,
compresa Gerusalemme Est, e della creazione di uno Stato palestinese. Ora,
questa ipotesi – che fu allora respinta da Israele –
potrebbe rendere possibile ad Hamas, in un contesto che non è bilaterale, ma
pan-arabo, di abbandonare il suo rifiuto di riconoscere Israele. E’ a questa
ottica più complessiva che è necessario guardare, perché solamente guardando
oltre l’orizzonte si può costruire una pace effettiva in Medio Oriente.
**********
Nel programma del partito Khadima
sono indicate, soprattutto, due priorità: risolvere la questione dei Territori
occupati e disegnare i confini di Israele. Quale effetto potrà avere questa
linea politica sul processo di pace israelo-palestinese?
Risponde, al microfono di Fabio Colagrande, padre
David Jaeger, frate minore francescano
esperto in questioni politiche e religiose in terra Santa:
**********
R. – E’ una strategia che prescinde dal dialogo di pace,
che è basata sulla presunzione che la pace non sia possibile nel futuro.
Secondo Kadima, Israele dovrebbe agire unilateralmente,
nell’attesa che in un futuro non meglio determinato, anche l’altra parte voglia
incominciare un negoziato di pace. Quindi, la questione è se è vero che la pace
non sia possibile. Il partito laburista crede, invece, di poter ancora avviare
negoziati di pace. Però, anche i laburisti, in definitiva sarebbero pronto a
prendere delle misure unilaterali qualora i negoziati di pace, così come voluti
da Israele, risultassero non possibili.
D. – Padre Jaeger, quanto la
situazione alla vigilia delle elezioni è stata influenzata dall’ombra della
presenza di Hamas a capo del governo in Palestina?
R. – Non vedo alcun impatto sostanziale. Anche prima del
voto palestinese, non c’erano spazi dal punto di vista israeliano per i
negoziati, perché l’apertura da parte palestinese, da tutti i soggetti politici
in Palestina, è sempre legata al ritiro di Israele dai
Territori occupati.
**********
MONS. GIUSEPPE BETORI PRESENTA, IN UNA
CONFERENZA STAMPA
PRESSO
PERMANENTE DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA
Sono
state presentate presso la Sala Marconi della nostra
emittente le conclusioni della sessione primaverile del Consiglio episcopale
permanente della CEI. Il segretario generale mons. Giuseppe Betori
ha sottolineato l’impegno e la preoccupazione della Chiesa per le aree di crisi
internazionali e la libertà di religione. La CEI inoltre ribadisce la decisione
di non coinvolgersi in alcuna scelta di schieramento in vista dell’appuntamento
elettorale italiano del 9 e 10 aprile. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
**********
La
gratitudine dei Vescovi italiani verso Benedetto XVI riguarda nello specifico
la riconferma del presidente della CEI, il cardinale Camillo Ruini, e il “dono grande” per la Chiesa e l’umanità dell’Enciclica Deus caritas est.
L’impegno di carità e di assistenza – ispirato peraltro dai principi contenuti
nel Magistero papale – viene rinnovato dalla CEI in
relazione alle crisi che stanno colpendo l’Africa orientale, l’Iraq, la Terra
Santa. Preoccupazione è stata espressa nel documento finale per la necessità di
garantire la libertà religiosa, con riferimento alla situazione del cittadino afghano convertitosi al cristianesimo e all’uccisione in
Turchia di don Andrea Santoro. Con riferimento al dibattito su un eventuale
insegnamento della religione islamica nelle scuole pubbliche per i vescovi la
strada è percorribile, anche se prematura e sottolineano comunque come la
questione nulla abbia a che vedere con la pretestuosa proposta di sopprimere
l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, che – ricorda la CEI –
trae le sue motivazioni dal riconoscimento concordatario. Nel quadro del
contesto pre-elettorale italiano, i vescovi ribadiscono
la decisione di non coinvolgersi in alcuna scelta di schieramento politico o
partitico, mentre agli elettori ed ai futuri eletti la CEI ripropone “quei contenuti
irrinunciabili fondati sul primato e sulla centralità della persona umana”. Mons. Betori ha quindi ribadito
il pensiero dei vescovi riguardo alla partecipazione politica dei cattolici finora
impegnati in associazioni e movimenti ecclesiali:
“Questi cattolici si impegnano a titolo puramente
personale, per scelta personale, libera, che noi ci auguriamo possa essere
illuminata nell’adempimento delle loro eventuali funzioni di parlamentari con
la stessa coscienza cristianamente illuminata con cui
hanno svolto il loro lavoro ecclesiale fino adesso. Questo fenomeno è stato un
fenomeno che ha accompagnato da sempre la vita della Chiesa, non è la prima
volta che dei cattolici passano da un impegno ecclesiale ad un impegno nella
vita sociale e direttamente nella vita politica. La novità sta nel fatto che
ormai da circa dieci anni non c’è più un partito di riferimento per il mondo
cattolico, per cui i cattolici che scelgono di entrare
in politica si vanno a collocare nelle diverse appartenenze di partito che loro
stessi scelgono. L’auspicio è che qualsiasi sia il luogo in cui vanno ad
esprimere questa loro testimonianza, possano essere fermento di una
testimonianza di valori umani su cui aggregare non solo i cattolici ma tutti”.
In
conclusione, mons. Betori ha comunicato la nomina del
primo coordinatore pastorale per le comunità cattoliche cinesi in Italia, don
Pietro Cui Xingang, della diocesi di Yixian.
**********
CONVEGNO SUGLI OGM IERI A ROMA,
ALL’ATENEO REGINA APOSTOLORUM
-
Intervista con padre Gonzalo Miranda e con il prof.
Francesco Sala -
“Dieci anni di OGM: minaccia o
speranza?”: questo il titolo del seminario internazionale che si è tenuto ieri
presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. Il convegno ha cercato di fare
il punto sullo stato della ricerca scientifica del settore per valutare il
rapporto rischi-benefici delle piante geneticamente modificate, con uno sguardo
particolare ai problemi etici. Il servizio è di Isabella Piro.
**********
Anno 1996: i primi prodotti biotech nel campo della
coltivazione e dell’alimentazione vengono
commercializzati. Anno 2006: le biotecnologie vegetali come soia, mais e cotone
vengono coltivate da 8,5 milioni di agricoltori in 400
milioni di ettari di 21 Paesi del mondo, tra cui Cina, India e Iran. Ma c’è da
considerare il rispetto dell’etica, che non può essere violato nemmeno in nome
della scienza, come spiega padre Gonzalo Miranda, decano
della Facoltà di Bioetica del Regina Apostolorum:
“Quello che la Chiesa chiede sempre, è di rispettare
determinati valori. In questo caso si tratta della salute delle persone e della
lotta contro la fame. Allora la Chiesa dice: ‘Guardiamo
come stanno i fatti’. Se i fatti ci dicessero – io credo che non sia così – che si tratta di
organismi molto pericolosi, che non si possono controllare e che, dunque,
possono intaccare la salute delle persone, forse di milioni di persone, la
Chiesa dovrebbe dire – non perché esperta in OGM, ma perché tenta di essere
esperta nei valori umani – direbbe: ‘Fermiamo tutto’.
Se invece non è così, piuttosto gli OGM si rivelano una speranza, una risorsa,
apriamo le porte anche a questa speranza”.
Oggi, il 90% degli agricoltori che coltiva OGM vive in
Paesi in via di sviluppo, come le Filippine e il Sudafrica. Gli alimenti biotech sono
quindi una possibilità concreta per sconfiggere la fame e la povertà. Ancora
padre Miranda:
“Una cosa importante è capire che, quando si dice che
eventualmente gli OGM potrebbero aiutare nella lotta contro la fame nel mondo,
non si dice – almeno non dobbiamo dire – che possa essere l’unica soluzione. Ci
sono tantissimi altri problemi da affrontare, dalla distribuzione delle
conoscenze nel mondo, alla distribuzione delle risorse in modo equo, a trovare
altre vie per aiutare a vincere questa piaga della fame che non è ammissibile
nel 2006”.
Il principio scientifico di precauzione non deve
trasformarsi in principio di blocco della ricerca, ha precisato il professor Francesco Sala, membro del Comitato per la sicurezza
delle biotecnologie della Presidenza del Consiglio. L’importante – ha aggiunto
– è valutare caso per caso i singoli rischi:
“La scienza non dà mai delle certezze assolute. Diciamo
che le certezze che abbiamo sugli OGM sono molto, molto più grandi delle
certezze che abbiamo sulla innocuità dei cibi tradizionali ma anche del cibo
biologico”.
E c’è infine il lato economico degli OGM, che si scontra
con gli interessi delle multinazionali. Ancora il prof. Sala:
“Fare gli OGM costa poco: tant’è
vero che possiamo farli anche noi, in Italia, che abbiamo pochissimi soldi per
la ricerca. Gli OGM hanno un grosso difetto: quello di produrre qualcosa che
costa meno del cibo tradizionale, e per questo abbiamo grosse obiezioni nei nostri
Paesi. E chi ha interessi commerciali su questi cibi, preferisce andare su
altri, come ad esempio sul cibo biologico.
**********
=======ooo=======
28 marzo 2006
È MORTO IN CINA, AD 85 ANNI, IL
VESCOVO EMERITO DI JINGXIAN. PIETRO FAN
WEN-XING.
OLTRE AD ESSERSI DEDICATO AD ATTIVITÀ PASTORALI HA SVOLTO
LA PROFESSIONE
DI MEDICO IN UN OSPEDALE DELLA SUA DIOCESI
JINGXIAN. = È deceduto il 28
febbraio scorso, mons. Pietro Fan Wen-xing,
anni 85, vescovo emerito della diocesi di Kinghsien
(Jingxian), nella Provincia cinese dell’Hebei. A darne notizia è l’agenzia Fides. I funerali sono
stati celebrati il 4 marzo scorso. La salma è stata tumulata nel cimitero del
villaggio cattolico di Qingcaoche. Il presule era
nato il 27 gennaio del 1921 a Zhujiahe, villaggio a
250 chilometri a sud di Pechino, dove più di 3 mila cattolici furono uccisi durante la rivoluzione cosiddetta dei “boxers”. Proprio dal suo Paese natale, il “villaggio dei
Santi”, come lo chiamano nell’Hebei, provengono 5 dei
120 martiri cinesi canonizzati nel 2000 da Giovanni Paolo II. Mons. Fan è entrato nel seminario minore diocesano a 14
anni e, terminati gli studi di teologia a Pechino, all’Università Fu Jen, nel 1948 è stato ordinato sacerdote. Due anni dopo, è
stato nominato vicario generale della diocesi. Mons.
Fan si è dedicato alle attività pastorali ed ha lavorato come medico in un
ospedale di Jingxian, fino agli anni della cosiddetta
"rivoluzione culturale" (1966-1976), durante la quale è stato
condannato dal regime comunista alla rieducazione e ai lavori forzati in una
miniera di sale. Consacrato vescovo di Jingxian nel
1981, mons. Fan si è adoperato immediatamente per la riapertura di case
religiose, del seminario minore e per la costruzione di varie chiese. Nel 1999,
a causa della salute e dell’età, mons. Fan ha rassegnato le sue dimissioni. A
sostituirlo mons. Mattia Chen Xilu,
colpito nel 2002 da una paralisi e tuttora in coma. Mons.
Peter Feng Xin mao, vescovo coadiutore,
testimonia che durante tutti gli anni di malattia che lo hanno costretto a letto
o su una sedia a rotelle, mons. Fan non si è mai lamentato, ha solo ringraziato
Dio e pregato. Lucido fino agli ultimi istanti, ha salutato i presenti con un
“Dio ci benedica!” e si è addormentato nel Signore. Dopo la sua morte, i fedeli
e il clero hanno vegliato ininterrottamente in preghiera fino al giorno della sepoltura. La diocesi di Jingxian
conta 25 mila fedeli, 27 sacerdoti, 60 religiose, 15 seminaristi nel Seminario
maggiore ed 80 nel Minore, 30 chiese, 4 cliniche. (T.C.)
DELLA
PLENARIA DEI VESCOVI
MADRID. =
STATI UNITI: I VESCOVI
SI MOBILITANO CONTRO
E
NEW YORK. = Vescovi e leader
di varie confessioni religiose si mobilitano per chiedere una riforma più equa,
umana e organica sull’immigrazione negli Stati Uniti. Da mesi – riferisce
l’agenzia CNS – si è aperto infatti un ampio dibattito
su un testo di legge, già approvato dalla Camera dei Rappresentanti ed ora
all’esame del Senato, che introduce norme particolarmente restrittive, trasformando
l’immigrazione illegale in un reato penale ed introducendo pene anche per i
cittadini che assistono i clandestini. Tra le disposizioni più controverse,
figura anche la costruzione di un muro anti-immigrati
lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti. Non poche le critiche e le
preoccupazioni, a tal proposito, anche da parte dei vescovi latino-americani.
Preoccupazioni condivise dai vescovi statunitensi. Il cardinale Edward M. Egan ha chiesto nei
giorni scorsi a due senatori dello Stato di New York, Charles
E. Schumer e Hillary Rodham Clinton, di opporsi alla
nuova normativa che di fatto criminalizza i
clandestini e le organizzazioni caritative che li assistono, e di appoggiare
piuttosto misure che tutelino meglio i diritti e la dignità umana degli
immigrati. Dello stesso tenore l’intervento dell’arcivescovo di Philadelphia, il cardinale Justin
Rigali, che in una petizione, sottoscritta anche protestanti, ebrei e
musulmani, ha chiesto un approccio più umano e organico al problema. E un
appello ad una riforma che tuteli la dignità umana degli immigrati e promuova il bene comune è stato diffuso nei giorni scorsi anche
dai vescovi della California. Nella dichiarazione, i presuli chiedono uno
sforzo bipartisan
“per creare un nuovo sistema migratorio che rispetti la nostra comune umanità”.
(T.C.)
ONU: A
SESSANT’ANNI DI ATTIVITÀ
VIENE
SOSTITUITA DA UN NUOVO ORGANISMO, IL CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI.
LA
PRIMA SESSIONE DI LAVORI È PREVISTA IL 19 GIUGNO A GINEVRA
GINEVRA.
= Dopo 60 anni di attività,
CAIRO:
ESPONENTI DI VARIE CONFESSIONI E CHIESE CRISTIANE, INSIEME AD IMAM ED ESPERTI,
CHIEDONO UNA PRESA DI POSIZIONE DELL’ONU SUL RISPETTO DELLE
RELIGIONI. AI GOVERNI L’INVITO A
PROMUOVERE CULTURE CHE RISPETTINO
IL
CAIRO. = Rappresentanti di chiese e comunità cristiane, imam
ed esperti religiosi chiedono all’ONU di proclamare il rispetto per tutte le
fedi ed i loro simboli, la difesa della vita umana ed il sostegno ad iniziative
di pace. L’appello giunge dal Cairo dove, in questi giorni, come riferisce
l’agenzia Asianews, nella sede dell’università di Al Azhar, il massimo centro
della cultura sunnita, i leaders
di diverse confessioni si sono incontrati al congresso che ha avuto per tema
“Il rapporto della religione con i diritti fondamentali dell’uomo ed il legame
con gli obblighi di ognuno”. Particolarmente evidenziata la necessità di garantire
a tutti il diritto alla libertà religiosa. L’incontro
è stato presieduto dal grande imam di
Al Azhar, Mouhamad Sayyed El Tantawi,
e vi hanno preso parte 15 delegazioni di tutte le confessioni religiose del
Medio Oriente, dai copti ai maroniti, dai protestanti
agli anglicani, dai greco-melkiti, ai siriaci, agli armeni. Il
segretario generale del Congresso, il siriano Gerges Saleh, ha sottolineato “l’unanimità dei partecipanti ed il
loro pieno appoggio a qualsiasi iniziativa che mira a proteggere la
presenza di tutte le comunità religiose nel Medio Oriente, senza
discriminazioni e senza pressioni”. Ha confermato inoltre le notizie diffuse
giorni fa, sulla volontà reciproca dei cristiani e dei musulmani di continuare
a combattere tutte le forme di “razzismo religioso ed etnico”. Il comunicato
finale del convegno, reso pubblico oggi, ribadisce la piena fede dei
partecipanti nella vita umana come “dono di Dio”, l’appoggio a tutte le
iniziative sul diritto ad una vita degna ed al guadagno lecito, il diritto di
ognuno ad essere protetto ed educato sui propri
diritti e doveri. Il documento poi rivolge un invito ai governi a promuovere
una cultura basata sul rispetto della fede, chiedendo alle Nazioni Unite di
proteggere e difendere i diritti delle minoranze etniche e religiose. Inoltre,
proclama il diritto dei popoli alla resistenza contro l’occupazione militare e
ideologica. (T.C.)
========ooo========
28 marzo 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Elezioni in Ucraina: i risultati parziali resi noti dalla
Commissione elettorale centrale, con quasi due terzi delle schede scrutinate,
attribuiscono la vittoria al partito dell’ex premier filorusso
Yanukovich, con oltre il 30 per cento dei voti. Le
formazioni filo-occidentali sono nettamente distanziate: lo schieramento di Julia Timoshenko ha ottenuto,
finora, circa il 22 per cento dei consensi e il partito del presidente Yushenko ha conquistato poco più del 15 per cento delle
preferenze. Il capo di Stato ucraino ha annunciato, intanto, l’intenzione di
avviare consultazioni con tutti i partiti per dare vita ad un nuovo governo. Il
servizio di Giuseppe D’Amato:
**********
Col passare delle ore, aumenta la tensione per i risultati
conclusivi delle parlamentari di domenica. La Commissione elettorale ha
comunicato che lo spoglio ha di poco superato il 70 per cento delle schede, ma
vi sono seggi elettorali che sono ancora molto indietro. L’arrivo è al
fotofinish e bisognerà contare fino all’ultimo voto. Alcuni partiti potrebbero
superare la barriera del 3 per cento per una manciata di preferenze e diventare
cruciali nel gioco contrapposto delle alleanze.
Il presidente Yushenko, grande sconfitto delle
parlamentari, ha preso l’iniziativa incontrando per
consultazioni tutti i principali leader delle formazioni sicure di
essere rappresentate nella futura Rada. Non si registrano commenti, ma solo
impegni per garantire un futuro stabile al Paese slavo. Ufficialmente, il capo
dello Stato ha dato mandato al premier uscente Ekhanurov
di organizzare colloqui per ricreare una coalizione arancione con la Timoshenko e con i socialisti. In realtà, dietro le quinte,
non viene disdegnata nemmeno la possibilità di mettere
in piedi una Grosse Koalition
con gli arci-rivali filo-russi, ma con Yanukovich
sostituito dall’oligarca Akhmetov. Il mondo
imprenditoriale preme per questa soluzione. Si attende la conferma delle urne.
Solo a conclusione dello spoglio, infatti, ci si renderà conto della
distribuzione dei seggi. Numerosi analisti parlano di futuro instabile e di
possibili nuove elezioni anticipate entro sei mesi.
Per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
**********
Scioperi e manifestazioni in tutta la
Francia contro la norma sui contratti di primo impiego, varata dal
governo. Ma il premier, Dominique De Villepin, ha già ribadito di non voler abrogare la legge.
Per contestare contro questo provvedimento, incrociano le braccia i lavoratori
dei trasporti, degli uffici pubblici e delle banche. Il
quotidiano “Le Monde” ha rivelato, intanto, che i cinque principali sindacati
francesi non parteciperanno, domani, ai negoziati con il governo. Gli
studenti hanno fissato, inoltre, uno sciopero generale, per il 4 aprile, se la
legge non sarà ritirata. Il contratto di primo impiego prevede - nei primi due
anni - il licenziamento, senza giusta causa, dei giovani con meno di 26 anni.
In Pakistan, almeno 26 persone
sono rimaste uccise in sanguinosi scontri scoppiati tra formazioni filotalebane rivali nella regione tribale di Khyber, al confine con l’Afghanistan. L’ambasciata
americana ad Islamabad ha reso noto, intanto, che il
consolato statunitense di Peshawar è stato
temporaneamente chiuso in seguito ad una minaccia “precisa e credibile”.
In Afghanistan, una bomba
esplosa in anticipo ha causato la morte di due kamikaze che si preparavano a
compiere un attentato suicida a Kandahar. “Una delle
loro bombe è esplosa per un errore tecnico”, ha detto il capo della polizia
della provincia afghana. Secondo gli inquirenti le
vittime erano ribelli talebani o militanti di Al
Qaeda.
In Iraq, il tribunale centrale
penale ha emesso un’altra condanna a morte per terrorismo, in un processo
contro cinque membri di una cellula accusata di numerosi attacchi contro forze
di sicurezza governative e
civili. Dal passaggio dei poteri dalle forze americane al
disciolto governo dell’ex premier ad interim Iyad Allawi, nel giugno del 2004, le condanne a morte, emesse
nel Paese arabo, sono state 138. Le esecuzioni sono state 21.
L’11 settembre
del 2001 un quinto aereo avrebbe dovuto colpire la Casa Bianca. Lo ha rivelato,
ieri, il terrorista di origini marocchine, Zacarias
Moussaoui arrestato nell’agosto del 2001 e accusato
di non aver fornito informazioni in grado di impedire gli attacchi dell’11
settembre. Zacarias Moussaoui ha anche aggiunto di aver ricevuto l’ordine dal capo
di Al Qaeda, Osama Bin Laden.
L’Iran ha proposto la creazione di
un “centro internazionale” per la fabbricazione di combustibile nucleare sul
suo territorio. Lo ha reso noto l’ambasciata della Repubblica islamica a Mosca
dopo la richiesta avanzata dal ministro della Difesa russo, Serghei
Ivanov, di “una risposta inequivocabile” alla
proposta russa di un compromesso per l’arricchimento dell’uranio. Il ministro
degli Esteri britannico ha annunciato, intanto, che la complessa questione
nucleare iraniana sarà affrontata giovedì prossimo a Berlino in
una riunione tra i ministri degli Esteri della Germania
e dei cinque membri permanenti dell’ONU (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia,
Russia e Cina).
Importante accordo tra Russia e Tajikistan: il numero uno della società russa Gazprom, Aleksei Miller, ha reso noto che i governi di Mosca e Dushanbe hanno concordato la creazione di una joint venture per sviluppare i giacimenti di
gas.
Il governo sudanese non vuole
che nella martoriata regione sudanese del Darfur
siano dislocati i caschi blu delle Nazioni Unite. Lo ha ribadito il presidente
del Sudan, Omar Al-Beshir, nel corso del vertice
della Lega Araba, apertosi oggi a Karthoum. Nel suo discorso di inaugurazione, il presidente algerino Abdel Aziz Bouteflika
ha invocato profonde riforme “per preservare l’indipendenza delle decisioni
collettive”, sottolineando la necessità di una “maggiore concertazione sugli
affari di interesse nazionale”. Tra i temi al centro dell’incontro
figurano, poi, la complessa questione israelo-palestinese
e la difficile situazione irachena. Il vertice ha fatto registrare alcune
defezioni importanti, come quelle del presidente egiziano, Hosni
Mubarak, e del re di Giordania, Abdallah
II.
Sembra sia scomparso nel nulla
l’ex presidente della Liberia, Charles Taylor, accusato di crimini di guerra in Sierra Leone negli
anni dal 1991 al 2001. Esiliato in Nigeria, l’ex dittatore su
richiesta della procura delle Nazioni Unite doveva essere estradato in Liberia
per essere poi giudicato dal Tribunale speciale delle Nazioni Unite della
Sierra Leone.
Cambio al vertice per il
ministero dell’Economia in Brasile: Guido Mantega, un
economista di 56 anni originario di Genova, ha sostituito Antonio Palocci, coinvolto in un grave scandalo legato a tangenti e
corruzione. Il governo del presidente Lula da Silva è
coinvolto in una seconda grave crisi. Meno di un anno fa, si registravano infatti le dimissioni del numero due dell’esecutivo, José Dirceu, anche lui accusato di corruzione.
=======ooo=======