RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 83- Testo della trasmissione di venerdì 24 marzo 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Stretti collaboratori del Papa nella cura della Chiesa, nel servizio ai più poveri e nel dialogo per l’unità di tutti i cristiani: così Benedetto XVI in Piazza San Pietro ai 15 nuovi cardinali, creati nel primo Concistoro del suo Pontificato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Chiesa celebra la XIV Giornata di preghiera e di digiuno per i missionari martiri: la testimonianza di padre Claudio Marano

 

Il presidente afgano, Hamid Karzai, assicura che il cittadino convertitosi al cristianesimo non verrà condannato a morte, come previsto per l’apostasia dalla legge islamica: ce ne parla padre Bernardo Cervellera

 

Oggi, Giornata mondiale contro la tubercolosi: emergenza in Africa  dove la malattia è in aumento ed allarme nell’Europa dell’Est. Con noi Mario Raviglione

 

Domani e domenica in Italia la Giornata del FAI: aperti gratuitamente 410 siti culturali. Intervista con Giulia Maria Mozzoni  Crespi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è tenuta in Angola la prima Assemblea ordinaria della Conferenza episcopale

 

Si è concluso a Siviglia il secondo Congresso mondiale degli imam e rabbini per la pace

 

Avviato dai padri cappuccini il “Progetto casa” per fornire un’abitazione degna alla popolazione bisognosa dell’arcipelago di Capo Verde, dove i religiosi sono presenti dal 1947

 

In Brasile arrestato potente latifondista, José Donizetti Pires, accusato di aver abbattuto 20 milioni di alberi e commerciato illegalmente il legname: rischia diversi decenni di carcere

 

Si terrà a Città del Messico il 27 e 28 marzo un incontro sulle migrazioni internazionali promosso dal governo messicano in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Unione Europea pronta a sanzioni contro la Bielorussia, dove nella notte il regime ha stroncato le proteste degli oppositori arrestando almeno 200 persone

 

L’India annuncia che sarà firmato, quanto prima, un “Trattato di pace, amicizia e sicurezza” con il Pakistan

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 marzo 2006

 

 

STRETTI COLLABORATORI DEL PAPA NELLA CURA DELLA CHIESA, NEL SERVIZIO AI PIU’ POVERI E NEL DIALOGO PER L’UNITA’ DI TUTTI I CRISTIANI: COSI’ BENEDETTO XVI AI 15 NUOVI CARDINALI, CREATI NEL SOLENNE CONCISTORO

CELEBRATO IN PIAZZA SAN PIETRO

 

Con una solenne cerimonia in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha creato questa mattina 15 nuovi cardinali nel primo Concistoro ordinario pubblico da lui presieduto, portando il Sacro Collegio a 193 membri di cui 120 elettori. Durante il rito, durato circa un’ora e mezzo, ai neo porporati che hanno prestato giuramento di fedeltà al Pontefice, Benedetto XVI ha ricordato il dovere di vivere come primi collaboratori del Papa e “come intrepidi testimoni di Cristo e del suo Vangelo nella città di Roma e nelle regioni più lontane”. La cronaca dell’evento nel servizio di Alessandro De Carolis.

        

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(Canto)

 

Una porpora che, essenzialmente, rende l’uomo che la indossa un esempio della caritas Christi. Il rosso che richiama il martirio di Gesù, e insieme l’amore che deve essere trasmesso alla Chiesa universale, animare il servizio ai poveri, sostenere il cammino che porta all’unità di tutti i cristiani. Ma anche un porpora che rende chi la porta uno stretto collaboratore del Papa, all’interno di una cerchia simile ad un “Senato” posto al vertice della gerarchia ecclesiale. Con questi concetti Benedetto XVI, nel presiedere il suo primo Concistoro, ha spiegato il ruolo del Collegio cardinalizio e la sostanza del ministero che attende i 15 nuovi membri oggi ammessi al suo interno:

 

“Venerati e cari fratelli, vorrei riassumere il senso di questa vostra nuova chiamata nella parola che ho posto al centro della mia prima Enciclica: caritas. Essa ben si associa anche al colore dell’abito cardinalizio. La porpora che indossate sia sempre espressione della caritas Christi, stimolandovi ad un amore appassionato per Cristo, per la sua Chiesa e per l’umanità”.

 

(Canto)

 

Con la casula di velluto rosso, tra le luci e le ombre create dall’alternarsi di sole e nubi, Benedetto XVI ha attraversato una Piazza San Pietro affollata da circa 15 mila persone – tra cui molte autorità civili di varie parti del mondo - e ha raggiunto pochi minuti dopo le 10.30 l’altare allestito sul sagrato. Ai fianchi dell’altare, leggermente più in basso, la schiera dei nuovi cardinali a capo ancora scoperto – le 15 berrette deposte inizialmente su un tavolo. Subito dopo i riti d’inizio, è spettato al successore del cardinale Ratzinger alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’arcivescovo William Joseph Levada, il compito di ringraziare il Pontefice ma soprattutto di rendere manifesta, a nome degli altri, la fedeltà dei neo-eletti all’impegno simboleggiato dalla nuova veste:

 

“Sentiamo profondamente il compito di grave responsabilità, che esige un supplemento di dedizione, e che proprio per questo postula un incessante impegno di totale amore e di incondizionata fedeltà a Cristo Signore e al popolo cristiano, destinatario del nostro apostolato e del nostro servizio pastorale”.

 

Dopo i brani delle Letture e del Vangelo, Benedetto XVI ha subito introdotto l’omelia ricordando i nove Concistori presieduti da Giovanni Paolo II che hanno contribuito “in maniera determinante – ha osservato – a rinnovare il Collegio cardinalizio” secondo gli orientamenti impressi da Paolo VI e dal Concilio Vaticano II:

 

“Se è vero che nel corso dei secoli molte cose sono mutate per quanto concerne il Collegio cardinalizio, non sono però cambiate la sostanza e la natura essenziale di questo importante organismo ecclesiale. Le sue antiche radici, il suo sviluppo storico e l’odierna sua composizione ne fanno veramente una sorta di “Senato”, chiamato a cooperare strettamente con il Successore di Pietro nell’adempimento dei compiti connessi con l’universale suo ministero apostolico”.

        

Il Papa ha orientato la propria riflessione sul ruolo di servo cui sono chiamati, sul modello di Cristo, tutti i successori degli Apostoli, a partire dal Pontefice, il “servus servorum Dei”. “Compito del Papa è di farsi per primo servitore di tutti”, ha affermato Benedetto XVI che ha quindi preso spunto dalle parole di San Pietro della prima lettura per ribadire il particolare valore dell’anziano in seno alla Chiesa. Costui, ha detto, “per l’esperienza accumulata negli anni e per le prove affrontate e superate, deve essere particolarmente ‘sintonizzato’ con l’intimo dinamismo del mistero pasquale. Quante volte cari Fratelli… avete trovato in queste parole – ha soggiunto il Papa - motivo di meditazione e di spirituale stimolo a seguire le orme del Signore crocifisso e risorto!”

 

“Esse avranno un’ulteriore e impegnativa conferma in ciò che la nuova responsabilità esigerà da voi. Più strettamente legati al Successore di Pietro, sarete chiamati a collaborare con lui nell’adempimento del suo peculiare servizio ecclesiale, e ciò significherà per voi una più intensa partecipazione al mistero della Croce nella condivisione delle sofferenze di Cristo. Noi tutti siamo realmente testimoni della sua sofferenza, delle sue sofferenze oggi nel mondo, anche nella Chiesa”.

 

A questo punto, Benedetto XVI ha operato il collegamento tra la nuova chiamata alla porpora e il tema della sua prima Enciclica, la carità:

 

“Essa ben si associa anche al colore dell’abito cardinalizio. La porpora che indossate sia sempre espressione della caritas Christi, stimolandovi ad un amore appassionato per Cristo, per la sua Chiesa e per l’umanità. Avete ora un ulteriore motivo per cercare di rivivere gli stessi sentimenti che spinsero il Figlio di Dio fatto uomo a versare il suo sangue in espiazione dei peccati dell’intera umanità”.

 

  A più riprese, le telecamere hanno cercato di catturare le espressioni dei nuovi cardinali, specialmente quando per quattro volte il Papa si è rivolto al Collegio delle porpore con un insistito “Conto su di voi”, a cominciare – ha chiesto - dall’annuncio al mondo che “Deus caritas est”:

 

“Conto su di voi, cari fratelli cardinali, per far sì che il principio della carità possa irradiarsi e riesca a vivificare la Chiesa in ogni grado della sua gerarchia, in ogni Comunità e Istituto religioso, in ogni iniziativa spirituale, apostolica e di animazione sociale. Conto su di voi affinché il comune sforzo di fissare lo sguardo sul Cuore aperto di Cristo renda più sicuro e spedito il cammino verso la piena unità dei cristiani. Conto su di voi perché, grazie all’attenta valorizzazione dei piccoli e dei poveri, la Chiesa offra al mondo in modo incisivo l’annuncio e la sfida della civiltà dell’amore.

 

(Canto)

 

La commozione dei presenti, accompagnata anche da numerosi applausi, è salita quando la cerimonia ha toccato il suo culmine con l’imposizione della berretta cardinalizia da parte del Papa alle nuove porpore e l’assegnazione del Titolo o della Diaconia. Ad uno ad uno, sono sfilati davanti a Benedetto XVI, a cominciare dal cardinale Levada, passando per i tre italiani, Agostino Vallini, prefetto della Segnatura Apostolica, l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, e l’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo – uno dei tre non elettori insieme con il gesuita padre Albert Vanhoye e l’arcivescovo emerito di Tamale, in Ghana, Peter Poreku Dery. Quest’ultimo, costretto in carrozzina, ha ricevuto la berretta dal Papa che si è chinato ad abbracciarlo, tra gli applausi della folla. E un altro applauso è salito quando il copricapo rosso è stato posto sull’ex segretario di Papa Wojtyla, l’arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz.

 

L’abbraccio fra i cardinali e la successiva preghiera universale in sei lingue hanno avviato il rito alla conclusione. Ma ancora una volta le telecamere hanno cercato un volto in particolare tra i nuovi cardinali – quello dell’arcivescovo di Hong Kong, Joseph Zen Ze-kiun – quando la penultima intenzione di preghiera, letta in lingua cinese, ha invocato la libertà di credo per i cristiani perseguitati:

 

(Canto)

 

“Per tutti coloro che ancora soffrono a causa della loro fede cristiana: affinché nella preghiera esperimentino la certezza della comunione di tutta la Chiesa e possano un giorno raccogliere nella gioia ciò che per lunghi anni hanno seminato nella pazienza e nell’amore”.

 

(Canto)

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Domani mattina alle 10.30, Benedetto XVI presiederà in Piazza San Pietro la Santa Messa con i nuovi cardinali durante la quale il Papa consegnerà ai nuovi eletti l’anello cardinalizio. La nostra emittente seguirà l’avvenimento in radiocronaca diretta, a partire dalle 10.20, con commenti in italiano, francese, tedesco, inglese, spagnolo e cinese.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Benedetto XVI ha tenuto il Concistoro per la creazione di quindici Cardinali. All'interno l'allocuzione del Santo Padre la cronaca e gli altri testi relativi alla celebrazione.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla solennità dell'annunciazione del Signore.

 

Servizio estero - UE: La questione energetica al centro del summit di Bruxelles.

 

Servizio culturale - Leon Battista Alberti al centro della mostra fiorentina "L'uomo del Rinascimento".

 

Servizio italiano - In primo piano le polemiche fra  Prodi e Berlusconi riguardo alla preoccupazione USA per la sicurezza in Italia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 marzo 2006

 

 

 

LA CHIESA CELEBRA OGGI LA GIORNATA DI PREGHIERA  PER I MISSIONARI MARTIRI SUL TEMA: “UCCISI PERCHE’ TESTIMONI DEL RISORTO”

- Intervista con padre Claudio Marano -

 

Oggi si celebra la XIV Giornata di preghiera e di digiuno per i missionari martiri sul tema “Uccisi perché testimoni del Risorto”. La Giornata è promossa  dal Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie nell’anniversario dell’omicidio di mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, avvenuto il 24 marzo del 1980. L’anno scorso sono stati 26 i missionari che hanno dato la vita per aver creduto fino in fondo nel loro apostolato. E quest’anno si contano altre vittime della violenza. Ce ne parla Tiziana Campisi.

 

 

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Ancora un lungo elenco quello del 2005 che parla di vite spezzate, di missionari uccisi. I nomi li pubblica la Fides, l’agenzia della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ventisei operatori pastorali, 1 vescovo, 20 sacerdoti, 2 religiosi, 2 religiose e 1 laico, che hanno sacrificato la loro vita pur di non abbandonare il proprio impegno di testimonianza e di apostolato. Sei colpi sparati a bruciapelo hanno raggiunto suor Dorothy Stang, in Brasile, da anni, con fermezza e passione, al fianco dei lavoratori dei campi. Per avere denunciato le violenze dei latifondisti era stata minacciata di morte. Impegnato in svariate attività sociali padre René de Haes, era un insegnante molto noto, nella Repubblica Democratica del Congo, forse un personaggio scomodo per i suoi scritti sulla religione in Africa e sulle sette. E’ stato freddato da due uomini. Cercava di persuadere i giovani a non lasciare gli studi per unirsi alle file dei guerriglieri e dei violenti don Jesus Adrian Sanchez, giovane sacerdote colombiano. Stava tenendo una lezione di religione quando un uomo armato lo ha costretto a lasciare l’aula per sparargli. Storie diverse, ma storie di fede e d’amore, vite di chi nell’altro ha visto solo Cristo, il prossimo da aiutare e da soccorrere, gente cui offrire un sorriso, con cui aprire il dialogo per dare spazio alla fratellanza pur nella diversità di credo ed ideologie. E il 5 febbraio scorso, in Turchia, uno tra quelli che in questo dialogo non ci credono ha usato la pistola contro don Andrea Santoro, che si era offerto di andare in missione per gettare un ponte tra cristianesimo ed islam. Il perdono al suo assassino lo ha donato la madre del sacerdote “fidei donum”. Così come ha offerto il suo perdono padre Christian de Chergè, trappista, vittima del terrorismo islamico, 10 anni or sono, a Tibhirine, in Algeria. Rapito insieme ad altri sei monaci, nel suo testamento spirituale così ha scritto a chi pensava che un giorno avrebbe potuto togliergli la vita: “Ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah!”.

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Ma che cosa significa oggi essere missionari? Tiziana Campisi lo ha chiesto a padre Claudio Marano, da tanti anni missionario saveriano nel Burundi:

 

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R. – Essere missionari significa partire e andare a vivere con gli altri, mettersi accanto a fratelli e sorelle che vivono differentemente e che possono dialogare con noi ed insieme possiamo migliorare il mondo.

 

D. – Ma perché essere missionari oggi costa e può costare anche la vita?

 

R. – E’ semplice, perché il dialogo con gli altri ci mette in situazioni dove ci sono dei punti interrogativi molto grossi. Si disturbano i governi locali, le potenze internazionali.

 

D. – Ma un missionario ha paura?

 

R. – Il missionario, se non ha paura, non è una persona normale. Chiaramente la paura può essere qualche cosa che prende tutto e che blocca ma può essere anche qualche cosa che rende coscienti della situazione di dove si è. Logicissimo che per essere missionari bisognerebbe avere anche quel coraggio che è essenziale per riuscire nonostante tutte le difficoltà, nonostante tutte le fatiche, le ingiustizie e tutte le insicurezze, di riuscire a dare delle risposte perché la gente, dove si va, ha bisogno di risposte. Se la gente muore, tu devi avere il coraggio di morire; se la gente ha delle difficoltà, tu devi avere il coraggio di affrontare le difficoltà che quella gente ha.

 

D. – Lei vive in Borundi; come affronta quotidianamente la sua missione?

 

R. – L’affronto come può affrontarla la gente di qui, giorno per giorno con le difficoltà, con i tentativi di risposta, con l’incuranza alla vita. La vivo così, ci si alza al mattino e si dice “oggi può essere l’ultima giornata, do tutto quello che posso” e mi rifaccio un mio esame, nel senso di dire che sono venuto qui per questa gente voglio vivere con questa gente, con tutte le difficoltà che loro  hanno.

 

D. – La Giornata di preghiera e di digiuno per i martiri missionari di quest’anno, riflette sul tema della testimonianza. Per lei, quotidianamente, che cosa vuol dire essere testimone?

 

R. – Vuol dire lavorare con la gente qui, riuscire a vivere con questa gente, come qualcuno che ha qualche cosa da dire, come qualcuno che insieme a tutti gli altri può fare, può intervenire in tutte le ingiustizie, in tutte le sofferenze possibili. Noi qui lavoriamo con 25 mila giovani e lavoriamo con 200 mila persone ed ogni giorno c’è della gente che viene presa, della gente che viene uccisa, della gente che viene torturata ed ogni giorno bisogna essere presenti per dire no, questo non va bene, questo non deve essere fatto, questo deve essere maggiormente rispettato. Questo lo facciamo facendo delle attività, facendo degli interventi, parlando con l’amministrazione, parlando con i militari, con i poliziotti; questo lo facciamo o tentiamo di farlo insieme alla gente del posto, insieme ai giovani di qui, però uno finisce in prigione, uno viene torturato, uno viene salvato, qualcuno scompare e non si sa dove è andato, se è stato ucciso non si sa, però continuiamo ad andare avanti.

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IL PRESIDENTE AFGANO, HAMID KARZAI, ASSICURA CHE IL CITTADINO CONVERTITOSI

AL CRISTIANESIMO NON VERRA’ CONDANNATO A MORTE, COME PREVISTO PER L’APOSTASIA DALLA LEGGE ISLAMICA. LA VICENDA RIPORTA DRAMMATICAMENTE

IN PRIMO PIANO LA QUESTIONE DELLE NORME ANTICONVERSIONE

IN VIGORE IN MOLTI PAESI A MAGGIORANZA MUSULMANA

- Con noi, padre Bernardo Cervellera -

 

Si moltiplicano le prese di posizione a livello internazionale per impedire che Abdul Rahman, il cittadino afgano convertitosi dall’Islam al Cristianesimo, venga condannato a morte per apostasia secondo quanto previsto dalla legge islamica in vigore nel Paese asiatico. Rahman, convertitosi 16 anni fa mentre era in Germania, è stato arrestato 15 giorni fa su denuncia dei familiari della moglie. Per il convertito afgano potrebbe essere riconosciuta l'infermità mentale e ciò gli eviterebbe di affrontare il processo. Sugli ultimi sviluppi della vicenda, con le pressioni al presidente Karzai in primo piano, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Abdul Rahman non rischia la pena di morte per essersi convertito al Cristianesimo: l’assicurazione è giunta ieri direttamente dal presidente afgano Hamid Karzai che ha parlato della vicenda con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il premier canadese Stephen Harper e il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Dal canto suo, il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, si è detto ottimista sulla sorte del cittadino afgano. E proprio al capo della Farnesina, la Conferenza Episcopale Italiana ha indirizzato una lettera in cui si esprime rammarico perché, ancora oggi, esistono coloro che “negano la libertà alle persone di avere un proprio cammino spirituale”. Nel documento firmato da mons. Arrigo Miglio, presidente della Commissione episcopale per la giustizia e la pace e da mons. Luigi Bressan, presidente della Commissione per l'Evangelizzazione dei popoli si auspica che Abdul Rahman non solo venga assolto perché “il fatto non costituisce reato”, ma anche che possa “condurre una vita serena”. Sulla vicenda del convertito accusato di apostasia, è intervenuta anche Amnesty International che ha chiesto alle autorità di Kabul di impegnarsi con urgenza a varare una riforma giudiziaria che rispetti gli standard internazionali sui diritti umani.

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La vicenda di Abdul Rahman riporta in primo piano le pessime condizioni di vita dei cristiani in molti Paesi a maggioranza islamica. Una delle realtà meno conosciute è proprio quella delle leggi anticonversioni, emersa in questi giorni in Afghanistan. Una realtà su cui si sofferma il direttore dell’agenzia Asianews, padre Bernardo Cervellera, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Leggi anticonversione sono presenti un po’ in tutte le tradizioni islamiche, però sono divenute anche leggi dello Stato soprattutto nei luoghi dove la legge islamica è fondamentale. Questi sono l’Iran soprattutto, l’Arabia Saudita, il Sudan, alcuni stati della Malesia. In pratica, in questi luoghi, i tribunali islamici valgono anche come tribunali statali. In altre aree invece, i tribunali dello Stato cercano di frenare di più tale questione della conversione. Il problema è che a livello sociale comunque, le comunità islamiche sono spesso molto violente verso coloro che si convertono al Cristianesimo o ad un’altra religione.

 

D. – In Arabia Saudita un crocifisso al collo può farti finire in prigione. La situazione non è poi molto migliore in altri Paesi a maggioranza islamica. Cosa fare dunque… quali leve muovere per venire in aiuto di questi cristiani?

 

R. – Il punto è che l’ONU e tutti i vari Paesi che commerciano ed hanno rapporti diplomatici con i Paesi islamici devono chiedere che ci sia un rispetto della libertà religiosa secondo i criteri dell’ONU che vuol dire poter affermare la propria fede e poterla comunicare, poter radunarsi. Ricordiamoci che in Arabia Saudita non solo il crocifisso è proibito ma anche un raduno in privato di cristiani è proibito e perseguito con la prigione e la tortura.

 

D. – Perché non c’è sufficiente attenzione in Occidente per la libertà religiosa… quasi considerato un diritto di serie “B”?

 

R. – In Occidente, soprattutto in Europa, si sta avendo quella che i Papi hanno definito l’apostasia silenziosa, cioè il relegare la religione proprio all’ultimo posto, senza alcun valore. Si pensa che i diritti religiosi non valgano quanto i diritti dell’economia oppure i diritti politici. E’ però un falso calcolo, una falsa premessa. Se la libertà religiosa è veramente rispettata, allora tutti gli altri diritti, anche i diritti economici e i diritti politici vengono rispettati. Non è vero il contrario.

 

D. – Una conferenza islamica internazionale di studiosi - conclusasi ieri in Bahrein - ha chiesto rispetto per tutte le religioni. L’evento è stato però praticamente ignorato dai media arabi. E’ questo uno dei grandi problemi del mondo islamico in questo momento?

 

R. – Il problema del mondo islamico è che non esiste di fatto una voce unica dell’Islam, per cui tutti dicono ma poi nessuno fa. Nel senso che ci sono tante voci, magari anche moderati che dicono: “bisogna cambiare, bisogna essere aperti, bisogna essere tolleranti” però poi, a livello invece di Stato, a livello di leggi sull’affermazione dei diritti dei cristiani o di altre religioni in questi Paesi islamici, nessuno si muove.

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OGGI, GIORNATA MONDIALE CONTRO LA TUBERCOLOSI: EMERGENZA IN AFRICA

DOVE LA MALATTIA E’ IN AUMENTO ED ALLARME NELL’EUROPA DELL’EST,

SPECIE PER LA RESISTENZA DEGLI AMMALATI AI FARMACI ANTI-TBC

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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         Incredibile ma vero: 1 milione e 700 mila persone muoiono ogni anno uccise da una malattia curabile, la tubercolosi, oltre 4 mila vite spezzate ogni giorno, circa 9 milioni i nuovi casi nel 2005, secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quasi tutte le vittime, il 98 per cento, nei Paesi in via di sviluppo. Da qui il programma mondiale “Stop alla TBC” lanciato lo scorso da una coalizione internazionale di soggetti governativi e non, e la campagna dell’ONU “Azione per la vita” per salvare nei prossimi 10 anni 14 milioni di ammalati e liberare il mondo dallo spettro della TBC entro il 2050. Ma a che punto siamo? Lo chiediamo al dott. Mario Raviglione, responsabile a Ginevra del Dipartimento per la lotta alla TBC dell’OMS. Sono buone o cattive notizie?

 

R. – Decisamente buone notizie per ciò che concerne il fronte dell’Asia, dell’America Latina, di questi Paesi che hanno messo la tubercolosi in condizione ora di essere controllata. Abbiamo evidenza, per esempio, di un calo dell’incidenza annuale della malattia in molti di questi Paesi asiatici e americani. Invece le cattive notizie ci giungono dall’Africa e dall’Est europeo. Queste sono le due aree al mondo in cui l’aumento dei casi di tubercolosi è continuato, in Africa soprattutto. Nell’Est europeo sembra ci sia una stabilizzazione negli ultimi due anni, mentre in Africa c’è un aumento costante del 5-6 per cento all’anno.

 

D. – Dottor Raviglione sappiamo che nell’Europa dell’Est ci sono dei problemi particolari per quanto riguarda la resistenza ai farmaci attualmente in commercio?

 

R. – Si, questo è uno dei grossi problemi dell’Europa dell’Est con la minaccia enorme di forme di tubercolosi cosiddette ‘multifarmaco resistenti’, vale a dire resistenti agli antibiotici di prima linea che si usano per la malattia. Questo comporta che cosa? L’utilizzo di antibiotici o di antitubercolari che erano stati abbandonati negli anni Sessanta perché più tossici e molto meno efficaci e tra l’altro, essendo farmaci cosiddetti rari, difficili da produrre spesso ed estremamente costosi.

 

D. Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan ed il Papa Benedetto XVI nei loro messaggi per la Giornata odierna chiedono nuovi sforzi, investimenti finanziari e solidarietà per gli ammalati di TBC. Chi deve mobilitarsi anzitutto, i governi, i privati, le case farmaceutiche, il volontariato?

 

R. – C’è spazio per tutti. La tubercolosi è una tale minaccia a livello mondiale. Direi che anzitutto il principale problema è quello di coinvolgere i governi dei Paesi endemici e fare in modo che questi governi – parlo dell’Africa soprattutto – investano quello che occorre investire nel rafforzamento delle strutture di base e in parallelo ci sia una mobilizzazione di risorse adeguate a livello internazionale da parte dei cosiddetti Paesi ricchi. Soprattutto da parte dei Paesi europei ci sono ben poche donazioni a Stati ad esempio africani e asiatici per la lotta alla tubercolosi rispetto a quello che fanno ad esempio i canadesi o gli americani.

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DOMANI E DOMENICA IN ITALIA LA GIORNATA DI PRIMAVERA DEL FAI:

APERTI GRATUITAMENTE 410 SITI CULTURALI

- Intervista con Giulia Maria Mozzoni Crespi -

 

 

Un grande spettacolo di arte e bellezza dedicato a tutti coloro che hanno a cuore il patrimonio artistico e naturale italiano. E’ la XIV Giornata di primavera del FAI il fondo per l’ambiente italiano che si svolgerà domani e domenica. Questa iniziativa offre l’occasione di poter ammirare in tutta Italia palazzi, chiese, ville e giardini normalmente chiusi al pubblico. Il servizio di Marina Tomarro:

 

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Ammirare i costumi di scena custoditi nell’atelier della Scala Ansaldo a Milano, scoprire i misteri della Cripta del peccato originale a Matera perdersi nelle meravigliose ville e giardini in Liguria. Questi sono solo alcuni dei 410 siti culturali distribuiti in 190 città italiane che verranno eccezionalmente aperti al pubblico in occasione della XIV Giornata di primavera  del FAI, il Fondo Italiano per l’Ambiente. Giulia Maria Mozzoni Crespi presidente FAI: 

 

“Quello che trovo affascinante è che si sono aperti dei borghi interi, dove la gente non sa che ci sono quadri bellissimi chiusi nelle sagrestie, dove ci sono delle chiese e dei palazzi mai visitati. Ma non solo, apriamo delle passeggiate, delle biciclettate proprio per rendere consapevole la gente di tutte le cose meravigliose che sarebbero a nostra disposizione. Questi siti sono tutti gratuiti e anche i beni del FAI, che solitamente vi si deve entrare a pagamento, durante questo fine settimana sono aperti gratuitamente”.

 

E quest’anno proprio in occasione delle giornate di primavera, il FAI propone l’iniziativa “ Mecenati con un euro”, dove i visitatori sono invitati a fare una piccola offerta per contribuire al recupero del patrimonio artistico e ambientale italiano. Giulia Maria Mozzoni Crespi:

 

“Noi chiediamo che i visitatori possono donare, sempre a livello volontario, chi 1 euro, chi 10 se può, proprio perché se noi avessimo molti più mezzi potremmo restaurare, ristrutturare, conservare, aprire al pubblico molte più bellezze italiane”.

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CHIESA E SOCIETA’

24 marzo 2006

 

 

SI E’ TENUTA IN ANGOLA LA PRIMA ASSEMBLEA ORDINARIA DELLA CONFERENZA

 EPISCOPALE: TRA I TEMI ALL’ATTENZIONE DEI PRESULI, IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI E LE CONSEGUENZE ECOLOGICHE DELLO SFRUTTAMENTO INTENSIVO

DELLE RISORSE NATURALI NEL PAESE AFRICANO

 

LUANDA. = Le gravi conseguenze ecologiche e socio-economiche dello sfruttamento delle risorse naturali dell’Angola preoccupano i vescovi locali. È quanto emerso dalla prima Assemblea ordinaria della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé (CEAST), conclusasi a Luanda nei giorni scorsi. “Lo sfruttamento dei beni naturali che Dio ha donato all’Angola, petrolio, diamanti e altri minerali, deve essere fatta con criteri che tengano conto non solo del bene attuale della popolazione, ma anche di quello delle generazioni future”, ha affermato il portavoce della Conferenza episcopale, mons. Eugenio Dal Corso, vescovo di Suarimo e amministratore apostolico di Cabinda. Mons. Dal Corso ha ricordato in particolare che la creazione di nuove imprese di sfruttamento dei giacimenti diamantiferi nella regione di Lundas, è stata una delle principali problematiche discusse nell’Assemblea: “E’ emersa la preoccupazione per l’impatto ambientale, ecologico, sociale ed economico che queste attività possono comportare”. Nel corso dell’Assemblea plenaria i presuli hanno deciso di convocare la terza settimana sociale della Chiesa cattolica angolana, che si terrà nel 2007. Secondo mons. Dal Corso, la settimana sociale è un appuntamento importante per la vita della comunità cattolica angolana e di tutto il Paese perché è un momento di riflessione che influisce sulla coscienza dei cittadini, dei deputati e dei governanti.
I vescovi di Angola e Sao Tomé hanno espresso la loro preoccupazione anche per il rispetto dei diritti umani in alcune diocesi angolane: Benguela, Luena, Malange, Saurimo e Dundo. Sul piano ecclesiale i presuli stanno pianificando la creazione di una facoltà di Teologia in Angola. Al termine dell’Assemblea plenaria della CEAST è stato pubblicato un messaggio che sottolinea l’importanza della capacità della Chiesa locale di sostenersi autonomamente dal punto di vista finanziario. “L’impegno per l’autosostentamento, che è affermato sia dagli Atti degli Apostoli sia dal concetto di Chiesa-famiglia di Dio del Sinodo sull’Africa, sottolinea chiaramente che nella Chiesa tutti i suoi membri devono assumere un ruolo attivo nei diversi ambiti di vita della comunità”. (A. M.)

 

 

IL SECONDO CONGRESSO MONDIALE DEGLI IMAM E RABBINI PER LA PACE, CONCLUSO

A SIVIGLIA, HA COSTITUITO UN OSSERVATORIO PER ANALIZZARE

E RACCOGLIERE INFORMAZIONI SUGLI “ATTI ANTIRELIGIOSI”

COMPIUTI NEL MONDO E PROMUOVERE AZIONI COMUNI DI CONTRASTO

 

SIVIGLIA. = Un Osservatorio quale “nuovo, pacifico ed efficiente strumento di lotta contro islamofobia, cristianofobia e antisemitismo”, è stato presentato ieri a Siviglia, a conclusione del II Congresso mondiale degli imam e dei rabbini per la pace. L’Osservatorio – rende noto l’agenzia MISNA - raccoglierà informazioni sugli “atti antireligiosi” compiuti nel mondo, mobilitando poi istituzioni e opinione pubblica internazionale per possibili azioni comuni di contrasto. La “Fondazione Hommes de Palabras”, principale organizzatrice dell’incontro, ha ricordato che l’idea dell’Osservatorio era già stata approvata nel primo Congresso, svoltosi in Belgio l’anno scorso; se fosse stata già costituita e operante, la nuova struttura avrebbe potuto svolgere un ruolo prezioso nel registrare ed analizzare le caratteristiche del recente caso delle “caricature di Maometto” mettendo in luce le componenti non religiose della sua genesi e delle successive strumentalizzazioni. Aperto domenica scorsa, il Congresso ha riunito centinaia di esponenti religiosi di diversi Paesi impegnati sul fronte del dialogo interreligioso. (S.C.)

 

 

avviato dai padri Cappuccini Il “progetto casa” per fornire

un’abitazione degna alla popolazione bisognosa

dell’arcipelago di Capo Verde, dove i religiosi sono presenti dal 1947

 

PRAIA. = Grotte, baracche di latta, rifugi improvvisati... A Capo Verde, sono ancora molti gli anziani soli e poveri, le ragazze madri, e le famiglie numerose che vivono in case di fortuna. Per aiutare a risolvere questa situazione i Padri Cappuccini - che operano dal 1947 nell’arcipelago dell’Oceano Atlantico al largo delle coste dell’Africa nordoccidentale - hanno avviato il progetto “Casa al povero”, come riferisce l’agenzia Fides. La finalità del piano di aiuti è quella di sostenere le famiglie che vivono in case fatte di lamiera, di bidoni o scavate nel tufo ad avere abitazioni dignitose e confortevoli. Fino ad oggi sono state portate a buon fine oltre 500 richieste di ristrutturazione o di costruzione di nuove abitazioni in muratura, ma ce ne sono ancora molte in lista di attesa. Una delle priorità riguarderà anche la costruzione di un sistema fognario. L'approvvigionamento idrico di acqua potabile avviene infatti solo attraverso il lavoro delle donne e dei ragazzi, che trasportano, in testa, bidoni o taniche di plastica da 20 litri per più di 10 km, spesso trascorrendo la notte presso la sorgiva per poi aspettare per molte ore il proprio turno. Sole le persone, con più mezzi, grazie alle rimesse dei loro parenti immigrati all'estero, utilizzano un asinello per il trasporto dell'acqua.(S.C.)

 

 

IN BRASILE ARRESTATO IL POTENTE LATIFONDISTA, JOSÉ DONIZETTI PIRES,

ACCUSATO DI AVER ABBATTUTO 20 MILIONI DI ALBERI E COMMERCIATO

ILLEGALMENTE IL LEGNAME: RISCHIA DIVERSI DECENNI DI CARCERE

 

BRASILIA. = Il presidente dell’Associazione dei produttori agroindustriali di Santarem, località del Brasile nord-orientale, José Donizetti Pires, è stato arrestato dalla Polizia con l’accusa di aver devastato più di 100 mila ettari di foresta protetta, abbattendo circa 20 milioni di alberi e commercializzandone illegalmente il legname. L’accusa, riferisce l’agenzia MISNA, è stata formalizzata sulla base di rilevamenti satellitari e dei rapporti redatti dall’Istituto per l’ambiente (IBAMA), dall'Istituto per la riforma agraria e dal movimento ambientalista Greenpeace. Gli eccessi di Pires sono noti in tutto il Brasile, tanto che lo scorso ottobre il ministero dell’Ambiente dovette persino inviare l’Esercito per contrastare l’opera di distruzione ambientale del potente latifondista, le cui motoseghe e ruspe hanno distrutto parte della Gleba Pacoval, la più importante riserva ambientale di Santarem. Oltre ad essere un devastatore della foresta amazzonica, secondo gli inquirenti, Pires sarebbe un uomo socialmente pericoloso che nel suo libro paga avrebbe iscritto circa 200 “pistoleros”. Pires deve pagare, tra l’altro, una multa di circa 20 milioni di euro a causa dei danni arrecati alla foresta amazzonica, ma fino ad oggi non ha sborsato un solo centesimo grazie all’abilità dei suoi avvocati. Adesso per loro l’impresa è ben più difficile: salvare il loro assistito da una condanna a diversi decenni di carcere. (E.B.)

 

 

SI TERRA’ A CITTA’ DEL MESSICO IL 27 E 28 MARZO UN INCONTRO SULLE MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PROMOSSO DAL GOVERNO MESSICANO

IN COLABORAZIONE CON LA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI

 

CITTA’ DEL MESSICO. = “Migrazioni internazionali: la dimensione umana della globalizzazione”: è il tema di un incontro di due giorni promosso a Città del Messico dalla Cancelleria messicana, con la partecipazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. L’incontro sarà inaugurato, lunedì prossimo 27 marzo, nella sede della Cancelleria messicana da Luis Ernesto Derez Bautista, segretario per gli Affari esteri del Messico, e dal Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, mons. Marcalo Sànchez Sorondo. L’iniziativa, che segue una analoga del 2004, - rende noto un comunicato - vuole “analizzare il complesso fenomeno delle migrazioni internazionali, le tendenze attuali e le politiche pubbliche in materia”. All’incontro parteciperanno accademici ed esperti di prestigio internazionale (A.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 marzo 2006

                                                                                          

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

E sempre più alta la tensione in Bielorussia: l’Unione Europea è pronta ad adottare misure contro il regime di Lukashenko, che nella notte ha stroncato la protesta dei manifestanti contro i risultati delle presidenziali di domenica scorsa, definiti non trasparenti dall’OSCE. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il Consiglio Europeo è pronto ad adottare misure restrittive contro i responsabili politici e amministrativi delle violazioni degli standard internazionali nelle elezioni di domenica scorsa in Bielorussia. Lo ha detto un portavoce dell’Unione Europea precisando che si sta valutando l’ipotesi di sanzioni contro l’ex Repubblica sovietica. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha accusato invece l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), secondo cui il voto non è stato trasparente, di aver alimentato tensioni elettorali. L’OSCE chiede, intanto, l’immediata scarcerazione degli oppositori arrestati nella notte. Dopo 5 giorni di proteste, la Polizia ha disperso, infatti, i dimostranti che avevano occupato la centrale piazza d’Ottobre per chiedere la ripetizione delle elezioni. Il presidio dei manifestanti, un improvvisato agglomerato di tende ribattezzato “il villaggio dell’opposizione”, è stato rimosso con i bulldozer. Gli agenti hanno arrestato almeno 200 persone, soprattutto giovani. Tra i fermati, che si tenevano per mano per resistere pacificamente all’azione delle Forze dell’ordine, c’è anche il figlio di Alexander Milinkevic, leader dell’opposizione. I giovani, prima di essere prelevati dalla polizia, hanno gridato slogan chiedendo “libertà” e “giustizia”. Gli arrestati sono stati identificati e dovrebbero rischiare fino a 15 giorni di carcere per aver partecipato “ad una manifestazione non autorizzata”. Il comandante dei reparti di Polizia che hanno sgomberato la piazza, ha detto che “la rivoluzione è finita”. Ma Milinkevic ha già lanciato un’altra sfida al regime di Lukashenko, definito dagli Stati Uniti l’ultimo dittatore d’Europa. Il leader dell’opposizione ha annunciato una nuova, grande manifestazione per domani a Minsk.

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Una forte esplosione ha distrutto questa mattina un edificio dell'Istituto di chimica dell’Università di Mulhouse, nella Francia orientale, provocando la morte di una persona. Non si conoscono ancora le cause dell’esplosione. Le autorità francesi hanno attivato il massimo livello di emergenza. 

 

In Francia, intanto, si cerca il dialogo, sul discusso contratto di primo impiego voluto dal governo. Oggi pomeriggio è previsto il primo incontro tra il premier Dominique de Villepin e le organizzazioni sindacali. I sindacati hanno già fatto sapere che la richiesta resta quella delle settimane scorse: il ritiro immediato del provvedimento che, secondo i giovani, favorisce il precariato. Ieri, almeno 450 mila studenti hanno manifestato in diverse città del Paese. Il corteo più numeroso si è svolto a Parigi, dove si sono registrati scontri tra dimostranti e polizia.

 

L’Opa dell’Enel sulla società francese Suez “è una operazione puramente finanziaria e contraria alla volontà dei francesi e dei belgi”. Lo ha detto il presidente francese, Jacques Chirac, aggiungendo anche che non hanno senso le accuse di protezionismo mosse alla Francia.

 

La stampa spagnola ha accolto con cauto ottimismo l’annuncio della tregua a tempo indeterminato da parte dell’ETA, che scatta alla mezzanotte di oggi. Il premier Zapatero ha fatto sapere che si consulterà la prossima settimana con tutti gli altri partiti prima di decidere se aprire un dialogo con il gruppo separatista armato basco. Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha espresso soddisfazione per la tregua, auspicando che un tale impegno venga onorato. E’ stata espressa prudenza anche sull’ipotesi di cancellare l’ETA, responsabile di oltre 800 morti in 40 anni, dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione Europea. Ma cosa vuol dire tregua per il movimento basco? Roberto Piermarini lo ha chiesto al corrispondente del Messaggero a Madrid, Josto Maffeo:

 

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R. - Stavolta si pone l’accento sul fatto che l’ETA parla di “cessate-il-fuoco” permanente. Non una tregua definitiva ma è comunque qualcosa di più, un salto qualitativo. Si pone anche l’accento sul fatto che questa espressione è la stessa nella sua traduzione utilizzata dall’IRA, quando cominciò l’inizio, non del tutto tranquillo, della rinuncia alla lotta armata. Ed anche in Spagna si pensa che questo non significhi automaticamente la pace o che questa sia già stata reggiunta.

 

D. – Quindi sarebbe necessario una smobilitazione dell’ETA per parlare proprio di pace?

 

R. – E’ l’auspicio generale di coloro che sono più realisti in questo momento; lo stesso Zapatero chiede cautela però è molto ottimista. Forse era l’unico a credere al documento che poi è arrivato. Però, evidentemente, l’auspicio sarebbe quello di un documento dell’ETA nel quale si annunci la fine, nel quale si dice che l’organizzazione non esiste più. Tuttavia, è un primo passo. Cosa significa? Significa che l’ETA non pone più condizioni? Non è vero perché qualche condizione c’è, nel documento si legge chiaramente che la finalità non è la fine della violenza ma è il raggiungimento di quella che chiamano autodeterminazione, l’anticamera dell’indipendenza.

 

D. - Perché si è arrivati proprio in questo momento a questa dichiarazione dell’ETA?

 

R. – L’ETA si trova in momento di grande debolezza. Gli ultimi tre anni sono stati segnati da attentati incruenti, da attività di estorsione agli imprenditori, soprattutto nei Paesi Baschi. L’ETA  funzionava ma in tono minore e naturalmente si è inserita in un momento di debolezza e in un  periodo di congiuntura politica con Zapatero che ha dimostrato di voler aprire determinate vie, tra cui il rinnovo dello Statuto di autonomia della Catalogna. L’annuncio dell’ETA è arrivato nel momento giusto. La sua dichiarazione è arrivata in un momento in cui la popolazione è esasperata.

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Concreti segni di riconciliazione tra India e Pakistan. Il primo ministro di New Delhi, Manmohan Singh, ha dichiarato, stamani, che quanto prima verrà raggiunto con il governo di Islamabad un “trattato di pace, sicurezza e amicizia”. Le parole del premier sono state pronunciate in occasione dell’attivazione di un nuovo servizio di pullman tra Amritsar, nel nord dell’India, e il Pakistan. In Pakistan, intanto, almeno 25 presunti guerriglieri talebani sono stati uccisi dalle forze pakistane nella regione tribale del Waziristan. Secondo le autorità di Islamabad, in questa area, al confine con l’Afghanistan, hanno trovato rifugio militanti di Al Qaeda e ribelli talebani.

 

Nuovi spiragli di pace anche in Medio Oriente: in un’intervista rilasciata al quotidiano israeliano “Haaretz”, il presidente palestinese Abu Mazen ha dichiarato che nonostante l’avvento al potere di Hamas, la pace tra israeliani e palestinesi “può essere raggiunta entro un anno”.

 

Ancora vittime in Iraq, dove non si fermano gli attacchi della guerriglia: almeno 5 persone sono morte per l’esplosione di una bomba nei pressi di una moschea sunnita, a nord est di Baghdad. Nel sud del Paese arabo, un soldato danese è morto inoltre in seguito ad un attacco dei ribelli nei pressi di Bassora.

 

Trenta anni fa, il 24 marzo del 1976, l’Argentina entrava nel tunnel della dittatura. Trenta anni dopo, il Paese sudamericano continua a chiedere verità e giustizia. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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I movimenti di difesa dei diritti umani e molti familiari ed amici dei desaparecidos argentini, hanno trascorso la notte nella storica Piazza de Majo ed oggi parteciperanno ad una marcia con cui chiederanno ancora una volta che fine hanno fatto i loro congiunti. Bisogna dire che diversamente dal passato, con il governo del presidente Nestor Kirchner la questione è considerata di alta priorità. Ne è prova l’annuncio fatto dal ministro della Difesa, Nilda Garré, dell’apertura di tutti gli archivi militari per collaborare con la magistratura che dopo tre decenni ha ancora molti processi aperti. Anticipando i temi che affronterà in un atteso discorso nel patio d’onore del collegio militare, il Capo dello Stato ha detto ieri che quello odierno deve essere un giorno di raccoglimento. Kirchner ha anche rivolto un appello per la costruzione di un Paese con memoria, giustizia e verità. Oggi il ministro degli Esteri accompagnerà il corpo diplomatico in una visita alla scuola di meccanica della Marina, che fu il principale campo di tortura argentino. Il teatro Colón di Buenos Aires offrirà un concerto per la memoria incentrato sulla seconda sinfonia di Mahler, “Resurrezione”.

 

Da Buenos Aires, Maurizio Salvi, Ansa, per la Radio Vaticana.

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Primo caso di influenza aviaria a Berlino: le autorità tedesche hanno riscontrato tracce del virus H5N1, il più letale per l’uomo, in un’aquila. Misure di emergenza sono state ordinate, inoltre, dal presidente palestinese Abu Mazen per far fronte alla cosiddetta “febbre dei polli” dopo tracce del virus riscontrate in uccelli trovati morti, nei giorni scorsi, nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

 

L’ONU farà di tutto per assicurare un libero svolgimento delle elezioni in programma nella Repubblica Democratica del Congo il 18 giugno. Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ieri a Kisangani, prima di trasferirsi in Gabon.

 

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