RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 83-
Testo della trasmissione di venerdì 24
marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si è tenuta in Angola la prima Assemblea ordinaria della
Conferenza episcopale
Si è concluso a Siviglia il secondo Congresso mondiale degli
imam e rabbini per la pace
L’Unione Europea
pronta a sanzioni contro la Bielorussia, dove nella notte il regime ha
stroncato le proteste degli oppositori arrestando almeno 200 persone
L’India annuncia che
sarà firmato, quanto prima, un “Trattato di pace, amicizia e sicurezza” con il
Pakistan
24 marzo 2006
STRETTI COLLABORATORI DEL PAPA NELLA CURA DELLA
CHIESA, NEL SERVIZIO AI PIU’ POVERI E NEL DIALOGO PER L’UNITA’ DI TUTTI I
CRISTIANI: COSI’ BENEDETTO XVI AI 15 NUOVI CARDINALI, CREATI NEL SOLENNE CONCISTORO
CELEBRATO IN PIAZZA SAN PIETRO
Con una solenne cerimonia in
Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha creato questa mattina 15 nuovi cardinali
nel primo Concistoro ordinario pubblico da lui presieduto, portando il Sacro
Collegio a 193 membri di cui 120 elettori. Durante il rito, durato circa un’ora
e mezzo, ai neo porporati che hanno prestato giuramento di fedeltà al
Pontefice, Benedetto XVI ha ricordato il dovere di vivere come primi
collaboratori del Papa e “come intrepidi testimoni di Cristo e del suo Vangelo
nella città di Roma e nelle regioni più lontane”. La cronaca dell’evento nel
servizio di Alessandro De Carolis.
**********
(Canto)
Una porpora che, essenzialmente,
rende l’uomo che la indossa un esempio della caritas Christi. Il rosso che richiama il martirio di Gesù, e insieme
l’amore che deve essere trasmesso alla Chiesa universale, animare il servizio
ai poveri, sostenere il cammino che porta all’unità di tutti i cristiani. Ma
anche un porpora che rende chi la porta uno stretto collaboratore del Papa,
all’interno di una cerchia simile ad un “Senato” posto al vertice della
gerarchia ecclesiale. Con questi concetti Benedetto XVI, nel presiedere il suo
primo Concistoro, ha spiegato il ruolo del Collegio cardinalizio e la sostanza
del ministero che attende i 15 nuovi membri oggi ammessi al suo interno:
“Venerati e cari fratelli, vorrei riassumere il senso di questa vostra
nuova chiamata nella parola che ho posto al centro della mia prima Enciclica: caritas. Essa
ben si associa anche al colore dell’abito cardinalizio. La porpora che
indossate sia sempre espressione della caritas
Christi, stimolandovi ad un
amore appassionato per Cristo, per la sua Chiesa e per l’umanità”.
(Canto)
Con la casula di velluto rosso,
tra le luci e le ombre create dall’alternarsi di sole e nubi, Benedetto XVI ha
attraversato una Piazza San Pietro affollata da circa 15 mila persone – tra cui
molte autorità civili di varie parti del mondo - e ha raggiunto pochi minuti
dopo le 10.30 l’altare allestito sul sagrato. Ai fianchi dell’altare,
leggermente più in basso, la schiera dei nuovi cardinali a capo ancora scoperto
– le 15 berrette deposte inizialmente su un tavolo. Subito dopo i riti
d’inizio, è spettato al successore del cardinale Ratzinger alla guida della
Congregazione per la Dottrina della Fede, l’arcivescovo William Joseph Levada,
il compito di ringraziare il Pontefice ma soprattutto di rendere manifesta, a
nome degli altri, la fedeltà dei neo-eletti all’impegno simboleggiato dalla
nuova veste:
“Sentiamo profondamente il
compito di grave responsabilità, che esige un supplemento di dedizione, e che
proprio per questo postula un incessante impegno di totale amore e di
incondizionata fedeltà a Cristo Signore e al popolo cristiano, destinatario del
nostro apostolato e del nostro servizio pastorale”.
Dopo i brani delle Letture e del
Vangelo, Benedetto XVI ha subito introdotto l’omelia ricordando i nove
Concistori presieduti da Giovanni Paolo II che hanno contribuito “in maniera
determinante – ha osservato – a rinnovare il Collegio cardinalizio” secondo gli
orientamenti impressi da Paolo VI e dal Concilio Vaticano II:
“Se è vero che nel corso dei secoli molte cose sono mutate per quanto
concerne il Collegio cardinalizio, non sono però cambiate la sostanza e la
natura essenziale di questo importante organismo ecclesiale. Le sue antiche
radici, il suo sviluppo storico e l’odierna sua composizione ne fanno veramente
una sorta di “Senato”, chiamato a cooperare strettamente con il Successore di
Pietro nell’adempimento dei compiti connessi con l’universale suo ministero
apostolico”.
Il Papa ha orientato la propria
riflessione sul ruolo di servo cui sono chiamati, sul modello di Cristo, tutti
i successori degli Apostoli, a partire dal Pontefice, il “servus servorum Dei”.
“Compito del Papa è di farsi per primo servitore di tutti”, ha affermato Benedetto
XVI che ha quindi preso spunto dalle parole di San Pietro della prima lettura
per ribadire il particolare valore dell’anziano in seno alla Chiesa. Costui, ha
detto, “per l’esperienza accumulata negli anni e per le prove affrontate e
superate, deve essere particolarmente ‘sintonizzato’ con l’intimo dinamismo del
mistero pasquale. Quante volte cari Fratelli… avete trovato in queste parole –
ha soggiunto il Papa - motivo di meditazione e di spirituale stimolo a seguire
le orme del Signore crocifisso e risorto!”
“Esse avranno un’ulteriore e impegnativa conferma in ciò che la nuova
responsabilità esigerà da voi. Più strettamente legati al Successore di Pietro,
sarete chiamati a collaborare con lui nell’adempimento del suo peculiare
servizio ecclesiale, e ciò significherà per voi una più intensa partecipazione
al mistero della Croce nella condivisione delle sofferenze di Cristo. Noi tutti
siamo realmente testimoni della sua sofferenza, delle sue sofferenze oggi nel
mondo, anche nella Chiesa”.
A questo punto, Benedetto XVI ha
operato il collegamento tra la nuova chiamata alla porpora e il tema della sua
prima Enciclica, la carità:
“Essa ben si associa anche al colore dell’abito cardinalizio. La
porpora che indossate sia sempre espressione della caritas Christi, stimolandovi ad un amore appassionato per Cristo, per la sua Chiesa
e per l’umanità. Avete ora un ulteriore motivo per cercare di rivivere gli
stessi sentimenti che spinsero il Figlio di Dio fatto uomo a versare il suo
sangue in espiazione dei peccati dell’intera umanità”.
A più riprese, le telecamere hanno cercato di catturare le
espressioni dei nuovi cardinali, specialmente quando per quattro volte il Papa
si è rivolto al Collegio delle porpore con un insistito “Conto su di voi”, a
cominciare – ha chiesto - dall’annuncio al mondo che “Deus caritas est”:
“Conto su di voi, cari fratelli cardinali, per far sì che il principio
della carità possa irradiarsi e riesca a vivificare la Chiesa in ogni grado
della sua gerarchia, in ogni Comunità e Istituto religioso, in ogni iniziativa
spirituale, apostolica e di animazione sociale. Conto su di voi affinché il
comune sforzo di fissare lo sguardo sul Cuore aperto di Cristo renda più sicuro
e spedito il cammino verso la piena unità dei cristiani. Conto su di voi
perché, grazie all’attenta valorizzazione dei piccoli e dei poveri, la Chiesa
offra al mondo in modo incisivo l’annuncio e la sfida della civiltà dell’amore.
(Canto)
La commozione dei presenti,
accompagnata anche da numerosi applausi, è salita quando la cerimonia ha
toccato il suo culmine con l’imposizione della berretta cardinalizia da parte
del Papa alle nuove porpore e l’assegnazione del Titolo o della Diaconia. Ad
uno ad uno, sono sfilati davanti a Benedetto XVI, a cominciare dal cardinale
Levada, passando per i tre italiani, Agostino Vallini, prefetto della Segnatura
Apostolica, l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, e l’arcivescovo Andrea
Cordero Lanza di Montezemolo – uno dei tre non elettori insieme con il gesuita
padre Albert Vanhoye e l’arcivescovo emerito di Tamale, in Ghana, Peter Poreku
Dery. Quest’ultimo, costretto in carrozzina, ha ricevuto la berretta dal Papa
che si è chinato ad abbracciarlo, tra gli applausi della folla. E un altro
applauso è salito quando il copricapo rosso è stato posto sull’ex segretario di
Papa Wojtyla, l’arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz.
L’abbraccio fra i cardinali e la
successiva preghiera universale in sei lingue hanno avviato il rito alla
conclusione. Ma ancora una volta le telecamere hanno cercato un volto in
particolare tra i nuovi cardinali – quello dell’arcivescovo di Hong Kong,
Joseph Zen Ze-kiun – quando la penultima intenzione di preghiera, letta in
lingua cinese, ha invocato la libertà di credo per i cristiani perseguitati:
(Canto)
“Per tutti coloro che ancora
soffrono a causa della loro fede cristiana: affinché nella preghiera
esperimentino la certezza della comunione di tutta la Chiesa e possano un
giorno raccogliere nella gioia ciò che per lunghi anni hanno seminato nella
pazienza e nell’amore”.
(Canto)
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Domani mattina alle 10.30,
Benedetto XVI presiederà in Piazza San Pietro la Santa Messa con i nuovi
cardinali durante la quale il Papa consegnerà ai nuovi eletti l’anello
cardinalizio. La nostra emittente seguirà l’avvenimento in radiocronaca
diretta, a partire dalle 10.20, con commenti in italiano, francese, tedesco,
inglese, spagnolo e cinese.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Benedetto XVI ha
tenuto il
Concistoro per la creazione di quindici Cardinali. All'interno l'allocuzione
del Santo Padre la cronaca e gli altri testi relativi alla celebrazione.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alla solennità dell'annunciazione del Signore.
Servizio estero - UE: La
questione energetica al centro del summit di Bruxelles.
Servizio culturale - Leon
Battista Alberti al centro della mostra fiorentina "L'uomo del Rinascimento".
Servizio italiano - In primo
piano le polemiche fra Prodi e Berlusconi riguardo alla preoccupazione
USA per la sicurezza in Italia.
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24 marzo 2006
LA CHIESA CELEBRA OGGI LA GIORNATA
DI PREGHIERA PER I MISSIONARI MARTIRI
SUL TEMA: “UCCISI PERCHE’ TESTIMONI DEL RISORTO”
- Intervista con padre Claudio
Marano -
Oggi si celebra la XIV Giornata di preghiera e di digiuno
per i missionari martiri sul tema “Uccisi perché testimoni del Risorto”. La
Giornata è promossa dal Movimento
Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie nell’anniversario
dell’omicidio di mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, avvenuto
il 24 marzo del 1980. L’anno scorso sono stati 26 i missionari che hanno dato
la vita per aver creduto fino in fondo nel loro apostolato. E quest’anno si contano
altre vittime della violenza. Ce ne parla Tiziana Campisi.
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Ancora un lungo elenco quello del 2005 che parla di vite
spezzate, di missionari uccisi. I nomi li pubblica la Fides, l’agenzia della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ventisei operatori pastorali,
1 vescovo, 20 sacerdoti, 2 religiosi, 2 religiose e 1 laico, che hanno
sacrificato la loro vita pur di non abbandonare il proprio impegno di
testimonianza e di apostolato. Sei colpi sparati a bruciapelo hanno raggiunto
suor Dorothy Stang, in Brasile, da anni, con fermezza e passione, al fianco dei
lavoratori dei campi. Per avere denunciato le violenze dei latifondisti era
stata minacciata di morte. Impegnato in svariate attività sociali padre René de
Haes, era un insegnante molto noto, nella Repubblica Democratica del Congo,
forse un personaggio scomodo per i suoi scritti sulla religione in Africa e
sulle sette. E’ stato freddato da due uomini. Cercava di persuadere i giovani a
non lasciare gli studi per unirsi alle file dei guerriglieri e dei violenti don
Jesus Adrian Sanchez, giovane sacerdote colombiano. Stava tenendo una lezione
di religione quando un uomo armato lo ha costretto a lasciare l’aula per
sparargli. Storie diverse, ma storie di fede e d’amore, vite di chi nell’altro
ha visto solo Cristo, il prossimo da aiutare e da soccorrere, gente cui offrire
un sorriso, con cui aprire il dialogo per dare spazio alla fratellanza pur
nella diversità di credo ed ideologie. E il 5 febbraio scorso, in Turchia, uno tra
quelli che in questo dialogo non ci credono ha usato la pistola contro don
Andrea Santoro, che si era offerto di andare in missione per gettare un ponte
tra cristianesimo ed islam. Il perdono al suo assassino lo ha donato la madre
del sacerdote “fidei donum”. Così come ha offerto il suo perdono padre
Christian de Chergè, trappista, vittima del terrorismo islamico, 10 anni or
sono, a Tibhirine, in Algeria. Rapito insieme ad altri sei monaci, nel suo
testamento spirituale così ha scritto a chi pensava che un giorno avrebbe
potuto togliergli la vita: “Ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso,
se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah!”.
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Ma che cosa significa oggi essere missionari? Tiziana
Campisi lo ha chiesto a padre Claudio Marano, da tanti anni missionario
saveriano nel Burundi:
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R. – Essere missionari significa partire e andare a vivere
con gli altri, mettersi accanto a fratelli e sorelle che vivono differentemente
e che possono dialogare con noi ed insieme possiamo migliorare il mondo.
D. – Ma perché essere missionari oggi costa e può costare
anche la vita?
R. – E’ semplice, perché il dialogo con gli altri ci mette
in situazioni dove ci sono dei punti interrogativi molto grossi. Si disturbano i
governi locali, le potenze internazionali.
D. – Ma un missionario ha paura?
R. – Il missionario, se non ha paura, non è una persona
normale. Chiaramente la paura può essere qualche cosa che prende tutto e che
blocca ma può essere anche qualche cosa che rende coscienti della situazione di
dove si è. Logicissimo che per essere missionari bisognerebbe avere anche quel
coraggio che è essenziale per riuscire nonostante tutte le difficoltà,
nonostante tutte le fatiche, le ingiustizie e tutte le insicurezze, di riuscire
a dare delle risposte perché la gente, dove si va, ha bisogno di risposte. Se
la gente muore, tu devi avere il coraggio di morire; se la gente ha delle
difficoltà, tu devi avere il coraggio di affrontare le difficoltà che quella
gente ha.
D. – Lei vive in Borundi; come affronta quotidianamente la
sua missione?
R. – L’affronto come può affrontarla la gente di qui,
giorno per giorno con le difficoltà, con i tentativi di risposta, con
l’incuranza alla vita. La vivo così, ci si alza al mattino e si dice “oggi può
essere l’ultima giornata, do tutto quello che posso” e mi rifaccio un mio
esame, nel senso di dire che sono venuto qui per questa gente voglio vivere con
questa gente, con tutte le difficoltà che loro
hanno.
D. – La Giornata di preghiera e di digiuno per i martiri
missionari di quest’anno, riflette sul tema della testimonianza. Per lei,
quotidianamente, che cosa vuol dire essere testimone?
R. – Vuol dire lavorare con la gente qui, riuscire a
vivere con questa gente, come qualcuno che ha qualche cosa da dire, come
qualcuno che insieme a tutti gli altri può fare, può intervenire in tutte le
ingiustizie, in tutte le sofferenze possibili. Noi qui lavoriamo con 25 mila
giovani e lavoriamo con 200 mila persone ed ogni giorno c’è della gente che viene
presa, della gente che viene uccisa, della gente che viene torturata ed ogni
giorno bisogna essere presenti per dire no, questo non va bene, questo non deve
essere fatto, questo deve essere maggiormente rispettato. Questo lo facciamo
facendo delle attività, facendo degli interventi, parlando con
l’amministrazione, parlando con i militari, con i poliziotti; questo lo
facciamo o tentiamo di farlo insieme alla gente del posto, insieme ai giovani
di qui, però uno finisce in prigione, uno viene torturato, uno viene salvato,
qualcuno scompare e non si sa dove è andato, se è stato ucciso non si sa, però
continuiamo ad andare avanti.
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IL
PRESIDENTE AFGANO, HAMID KARZAI, ASSICURA CHE IL CITTADINO CONVERTITOSI
AL
CRISTIANESIMO NON VERRA’ CONDANNATO A MORTE, COME PREVISTO PER L’APOSTASIA
DALLA LEGGE ISLAMICA. LA VICENDA RIPORTA DRAMMATICAMENTE
IN
PRIMO PIANO LA QUESTIONE DELLE NORME ANTICONVERSIONE
IN
VIGORE IN MOLTI PAESI A MAGGIORANZA MUSULMANA
- Con
noi, padre Bernardo Cervellera -
Si moltiplicano le prese di posizione a livello
internazionale per impedire che Abdul Rahman, il cittadino afgano convertitosi
dall’Islam al Cristianesimo, venga condannato a morte per apostasia secondo
quanto previsto dalla legge islamica in vigore nel Paese asiatico. Rahman,
convertitosi 16 anni fa mentre era in Germania, è stato arrestato 15 giorni fa
su denuncia dei familiari della moglie. Per il convertito afgano potrebbe
essere riconosciuta l'infermità mentale e ciò gli eviterebbe di affrontare il
processo. Sugli ultimi sviluppi della vicenda, con le pressioni al presidente
Karzai in primo piano, il servizio di Alessandro Gisotti:
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Abdul
Rahman non rischia la pena di morte per essersi convertito al Cristianesimo:
l’assicurazione è giunta ieri direttamente dal presidente afgano Hamid Karzai
che ha parlato della vicenda con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il
premier canadese Stephen Harper e il segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice. Dal canto suo, il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, si è
detto ottimista sulla sorte del cittadino afgano. E proprio al capo della
Farnesina, la Conferenza Episcopale Italiana ha indirizzato una lettera in cui
si esprime rammarico perché, ancora oggi, esistono coloro che “negano la
libertà alle persone di avere un proprio cammino spirituale”. Nel documento
firmato da mons. Arrigo Miglio, presidente della Commissione episcopale per la
giustizia e la pace e da mons. Luigi Bressan, presidente della Commissione per
l'Evangelizzazione dei popoli si auspica che Abdul Rahman non solo venga
assolto perché “il fatto non costituisce reato”, ma anche che possa “condurre
una vita serena”. Sulla vicenda del convertito accusato di apostasia, è
intervenuta anche Amnesty International che ha chiesto alle autorità di
Kabul di impegnarsi con urgenza a varare una riforma giudiziaria che rispetti
gli standard internazionali sui diritti umani.
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La
vicenda di Abdul Rahman riporta in primo piano le pessime condizioni di vita
dei cristiani in molti Paesi a maggioranza islamica. Una delle realtà meno conosciute
è proprio quella delle leggi anticonversioni, emersa in questi giorni in Afghanistan.
Una realtà su cui si sofferma il direttore dell’agenzia Asianews, padre
Bernardo Cervellera, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. - Leggi anticonversione sono presenti un po’ in tutte
le tradizioni islamiche, però sono divenute anche leggi dello Stato soprattutto
nei luoghi dove la legge islamica è fondamentale. Questi sono l’Iran
soprattutto, l’Arabia Saudita, il Sudan, alcuni stati della Malesia. In
pratica, in questi luoghi, i tribunali islamici valgono anche come tribunali
statali. In altre aree invece, i tribunali dello Stato cercano di frenare di
più tale questione della conversione. Il problema è che a livello sociale
comunque, le comunità islamiche sono spesso molto violente verso coloro che si
convertono al Cristianesimo o ad un’altra religione.
D. – In Arabia Saudita un crocifisso al collo può farti
finire in prigione. La situazione non è poi molto migliore in altri Paesi a
maggioranza islamica. Cosa fare dunque… quali leve muovere per venire in aiuto
di questi cristiani?
R. – Il punto è che l’ONU e tutti i vari Paesi che
commerciano ed hanno rapporti diplomatici con i Paesi islamici devono chiedere
che ci sia un rispetto della libertà religiosa secondo i criteri dell’ONU che
vuol dire poter affermare la propria fede e poterla comunicare, poter
radunarsi. Ricordiamoci che in Arabia Saudita non solo il crocifisso è proibito
ma anche un raduno in privato di cristiani è proibito e perseguito con la
prigione e la tortura.
D. – Perché non c’è sufficiente attenzione in Occidente
per la libertà religiosa… quasi considerato un diritto di serie “B”?
R. – In Occidente, soprattutto in Europa, si sta avendo
quella che i Papi hanno definito l’apostasia silenziosa, cioè il relegare la
religione proprio all’ultimo posto, senza alcun valore. Si pensa che i diritti
religiosi non valgano quanto i diritti dell’economia oppure i diritti politici.
E’ però un falso calcolo, una falsa premessa. Se la libertà religiosa è
veramente rispettata, allora tutti gli altri diritti, anche i diritti economici
e i diritti politici vengono rispettati. Non è vero il contrario.
D. – Una conferenza islamica internazionale di studiosi -
conclusasi ieri in Bahrein - ha chiesto rispetto per tutte le religioni.
L’evento è stato però praticamente ignorato dai media arabi. E’ questo uno dei
grandi problemi del mondo islamico in questo momento?
R. – Il problema del mondo islamico è che non esiste di
fatto una voce unica dell’Islam, per cui tutti dicono ma poi nessuno fa. Nel
senso che ci sono tante voci, magari anche moderati che dicono: “bisogna
cambiare, bisogna essere aperti, bisogna essere tolleranti” però poi, a livello
invece di Stato, a livello di leggi sull’affermazione dei diritti dei cristiani
o di altre religioni in questi Paesi islamici, nessuno si muove.
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OGGI,
GIORNATA MONDIALE CONTRO LA TUBERCOLOSI: EMERGENZA IN AFRICA
DOVE
LA MALATTIA E’ IN AUMENTO ED ALLARME NELL’EUROPA DELL’EST,
SPECIE
PER LA RESISTENZA DEGLI AMMALATI AI FARMACI ANTI-TBC
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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Incredibile ma vero: 1 milione e 700 mila persone muoiono
ogni anno uccise da una malattia curabile, la tubercolosi, oltre 4 mila vite
spezzate ogni giorno, circa 9 milioni i nuovi casi nel 2005, secondo stime
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quasi tutte le vittime, il 98 per
cento, nei Paesi in via di sviluppo. Da qui il programma mondiale “Stop alla
TBC” lanciato lo scorso da una coalizione internazionale di soggetti
governativi e non, e la campagna dell’ONU “Azione per la vita” per salvare nei
prossimi 10 anni 14 milioni di ammalati e liberare il mondo dallo spettro della
TBC entro il 2050. Ma a che punto siamo? Lo chiediamo al dott. Mario
Raviglione, responsabile a Ginevra del Dipartimento per la lotta alla TBC
dell’OMS. Sono buone o cattive notizie?
R. – Decisamente buone notizie
per ciò che concerne il fronte dell’Asia, dell’America Latina, di questi Paesi
che hanno messo la tubercolosi in condizione ora di essere controllata. Abbiamo
evidenza, per esempio, di un calo dell’incidenza annuale della malattia in
molti di questi Paesi asiatici e americani. Invece le cattive notizie ci
giungono dall’Africa e dall’Est europeo. Queste sono le due aree al mondo in
cui l’aumento dei casi di tubercolosi è continuato, in Africa soprattutto.
Nell’Est europeo sembra ci sia una stabilizzazione negli ultimi due anni,
mentre in Africa c’è un aumento costante del 5-6 per cento all’anno.
D. – Dottor Raviglione
sappiamo che nell’Europa dell’Est ci sono dei problemi particolari per quanto
riguarda la resistenza ai farmaci attualmente in commercio?
R. – Si, questo è uno dei
grossi problemi dell’Europa dell’Est con la minaccia enorme di forme di tubercolosi
cosiddette ‘multifarmaco resistenti’, vale a dire resistenti agli antibiotici
di prima linea che si usano per la malattia. Questo comporta che cosa?
L’utilizzo di antibiotici o di antitubercolari che erano stati abbandonati
negli anni Sessanta perché più tossici e molto meno efficaci e tra l’altro,
essendo farmaci cosiddetti rari, difficili da produrre spesso ed estremamente costosi.
D. Il segretario generale
dell’ONU, Kofi Annan ed il Papa Benedetto XVI nei loro messaggi per la Giornata
odierna chiedono nuovi sforzi, investimenti finanziari e solidarietà per gli
ammalati di TBC. Chi deve mobilitarsi anzitutto, i governi, i privati, le case
farmaceutiche, il volontariato?
R. – C’è spazio per tutti. La
tubercolosi è una tale minaccia a livello mondiale. Direi che anzitutto il
principale problema è quello di coinvolgere i governi dei Paesi endemici e fare
in modo che questi governi – parlo dell’Africa soprattutto – investano quello
che occorre investire nel rafforzamento delle strutture di base e in parallelo
ci sia una mobilizzazione di risorse adeguate a livello internazionale da parte
dei cosiddetti Paesi ricchi. Soprattutto da parte dei Paesi europei ci sono ben
poche donazioni a Stati ad esempio africani e asiatici per la lotta alla
tubercolosi rispetto a quello che fanno ad esempio i canadesi o gli americani.
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DOMANI
E DOMENICA IN ITALIA LA GIORNATA DI PRIMAVERA DEL FAI:
APERTI
GRATUITAMENTE 410 SITI CULTURALI
-
Intervista con Giulia Maria Mozzoni Crespi -
Un grande spettacolo di arte e
bellezza dedicato a tutti coloro che hanno a cuore il patrimonio artistico e
naturale italiano. E’ la XIV Giornata di primavera del FAI il fondo per
l’ambiente italiano che si svolgerà domani e domenica. Questa iniziativa offre
l’occasione di poter ammirare in tutta Italia palazzi, chiese, ville e giardini
normalmente chiusi al pubblico. Il servizio di Marina Tomarro:
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Ammirare i costumi di scena
custoditi nell’atelier della Scala Ansaldo a Milano, scoprire i misteri della
Cripta del peccato originale a Matera perdersi nelle meravigliose ville e
giardini in Liguria. Questi sono solo alcuni dei 410 siti culturali distribuiti
in 190 città italiane che verranno eccezionalmente aperti al pubblico in
occasione della XIV Giornata di primavera
del FAI, il Fondo Italiano per l’Ambiente. Giulia Maria Mozzoni Crespi
presidente FAI:
“Quello che trovo affascinante è
che si sono aperti dei borghi interi, dove la gente non sa che ci sono quadri
bellissimi chiusi nelle sagrestie, dove ci sono delle chiese e dei palazzi mai
visitati. Ma non solo, apriamo delle passeggiate, delle biciclettate proprio
per rendere consapevole la gente di tutte le cose meravigliose che sarebbero a
nostra disposizione. Questi siti sono tutti gratuiti e anche i beni del FAI,
che solitamente vi si deve entrare a pagamento, durante questo fine settimana
sono aperti gratuitamente”.
E quest’anno proprio in occasione
delle giornate di primavera, il FAI propone l’iniziativa “ Mecenati con un
euro”, dove i visitatori sono invitati a fare una piccola offerta per contribuire
al recupero del patrimonio artistico e ambientale italiano. Giulia Maria
Mozzoni Crespi:
“Noi chiediamo che i visitatori
possono donare, sempre a livello volontario, chi 1 euro, chi 10 se può, proprio
perché se noi avessimo molti più mezzi potremmo restaurare, ristrutturare,
conservare, aprire al pubblico molte più bellezze italiane”.
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24
marzo 2006
SI E’ TENUTA IN ANGOLA LA PRIMA ASSEMBLEA
ORDINARIA DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE:
TRA I TEMI ALL’ATTENZIONE DEI PRESULI, IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI E LE
CONSEGUENZE ECOLOGICHE DELLO SFRUTTAMENTO INTENSIVO
DELLE RISORSE NATURALI NEL PAESE AFRICANO
LUANDA. = Le gravi conseguenze ecologiche e
socio-economiche dello sfruttamento delle risorse naturali dell’Angola
preoccupano i vescovi locali. È quanto emerso dalla prima Assemblea ordinaria
della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé (CEAST), conclusasi a Luanda
nei giorni scorsi. “Lo sfruttamento dei beni naturali che Dio ha donato
all’Angola, petrolio, diamanti e altri minerali, deve essere fatta con criteri
che tengano conto non solo del bene attuale della popolazione, ma anche di
quello delle generazioni future”, ha affermato il portavoce della Conferenza
episcopale, mons. Eugenio Dal Corso, vescovo di Suarimo e amministratore
apostolico di Cabinda. Mons. Dal Corso ha ricordato in particolare che la
creazione di nuove imprese di sfruttamento dei giacimenti diamantiferi nella
regione di Lundas, è stata una delle principali problematiche discusse
nell’Assemblea: “E’ emersa la preoccupazione per l’impatto ambientale, ecologico,
sociale ed economico che queste attività possono comportare”. Nel corso
dell’Assemblea plenaria i presuli hanno deciso di convocare la terza settimana
sociale della Chiesa cattolica angolana, che si terrà nel 2007. Secondo mons.
Dal Corso, la settimana sociale è un appuntamento importante per la vita della
comunità cattolica angolana e di tutto il Paese perché è un momento di
riflessione che influisce sulla coscienza dei cittadini, dei deputati e dei
governanti.
I vescovi di Angola e Sao Tomé hanno espresso la loro preoccupazione anche per
il rispetto dei diritti umani in alcune diocesi angolane: Benguela, Luena,
Malange, Saurimo e Dundo. Sul piano ecclesiale i presuli stanno pianificando la
creazione di una facoltà di Teologia in Angola. Al termine dell’Assemblea
plenaria della CEAST è stato pubblicato un messaggio che sottolinea
l’importanza della capacità della Chiesa locale di sostenersi autonomamente dal
punto di vista finanziario. “L’impegno per l’autosostentamento, che è affermato
sia dagli Atti degli Apostoli sia dal concetto di Chiesa-famiglia di Dio del
Sinodo sull’Africa, sottolinea chiaramente che nella Chiesa tutti i suoi membri
devono assumere un ruolo attivo nei diversi ambiti di vita della comunità”. (A.
M.)
IL SECONDO CONGRESSO MONDIALE DEGLI IMAM E RABBINI
PER LA PACE, CONCLUSO
A SIVIGLIA, HA COSTITUITO UN OSSERVATORIO PER
ANALIZZARE
E RACCOGLIERE INFORMAZIONI SUGLI “ATTI ANTIRELIGIOSI”
COMPIUTI NEL MONDO E PROMUOVERE AZIONI COMUNI DI
CONTRASTO
SIVIGLIA. = Un Osservatorio quale “nuovo, pacifico ed efficiente strumento di lotta contro islamofobia, cristianofobia e antisemitismo”, è stato presentato ieri a Siviglia, a conclusione del II Congresso mondiale degli imam e dei rabbini per la pace. L’Osservatorio – rende noto l’agenzia MISNA - raccoglierà informazioni sugli “atti antireligiosi” compiuti nel mondo, mobilitando poi istituzioni e opinione pubblica internazionale per possibili azioni comuni di contrasto. La “Fondazione Hommes de Palabras”, principale organizzatrice dell’incontro, ha ricordato che l’idea dell’Osservatorio era già stata approvata nel primo Congresso, svoltosi in Belgio l’anno scorso; se fosse stata già costituita e operante, la nuova struttura avrebbe potuto svolgere un ruolo prezioso nel registrare ed analizzare le caratteristiche del recente caso delle “caricature di Maometto” mettendo in luce le componenti non religiose della sua genesi e delle successive strumentalizzazioni. Aperto domenica scorsa, il Congresso ha riunito centinaia di esponenti religiosi di diversi Paesi impegnati sul fronte del dialogo interreligioso. (S.C.)
avviato dai padri Cappuccini Il “progetto casa” per fornire
un’abitazione
degna alla popolazione bisognosa
dell’arcipelago
di Capo Verde, dove i religiosi sono presenti dal 1947
PRAIA. = Grotte, baracche di latta, rifugi improvvisati...
A Capo Verde, sono ancora molti gli anziani soli e poveri, le ragazze madri, e
le famiglie numerose che vivono in case di fortuna. Per aiutare a risolvere
questa situazione i Padri Cappuccini - che operano dal 1947 nell’arcipelago
dell’Oceano Atlantico al largo delle coste dell’Africa nordoccidentale - hanno
avviato il progetto “Casa al povero”, come riferisce l’agenzia Fides. La
finalità del piano di aiuti è quella di sostenere le famiglie che vivono in
case fatte di lamiera, di bidoni o scavate nel tufo ad avere abitazioni
dignitose e confortevoli. Fino ad oggi sono state portate a buon fine oltre 500
richieste di ristrutturazione o di costruzione di nuove abitazioni in muratura,
ma ce ne sono ancora molte in lista di attesa. Una delle priorità riguarderà
anche la costruzione di un sistema fognario. L'approvvigionamento idrico di acqua
potabile avviene infatti solo attraverso il lavoro delle donne e dei ragazzi,
che trasportano, in testa, bidoni o taniche di plastica da 20 litri per più di
10 km, spesso trascorrendo la notte presso la sorgiva per poi aspettare per
molte ore il proprio turno. Sole le persone, con più mezzi, grazie alle rimesse
dei loro parenti immigrati all'estero, utilizzano un asinello per il trasporto
dell'acqua.(S.C.)
IN BRASILE ARRESTATO IL POTENTE LATIFONDISTA, JOSÉ
DONIZETTI PIRES,
ACCUSATO DI AVER ABBATTUTO 20 MILIONI DI ALBERI E
COMMERCIATO
ILLEGALMENTE IL LEGNAME: RISCHIA DIVERSI DECENNI
DI CARCERE
BRASILIA.
= Il presidente dell’Associazione dei produttori agroindustriali di Santarem, località
del Brasile nord-orientale, José Donizetti Pires, è stato arrestato dalla
Polizia con l’accusa di aver devastato più di 100 mila ettari di foresta protetta,
abbattendo circa 20 milioni di alberi e commercializzandone illegalmente il
legname. L’accusa, riferisce l’agenzia MISNA, è stata formalizzata sulla base
di rilevamenti satellitari e dei rapporti redatti dall’Istituto per l’ambiente
(IBAMA), dall'Istituto per la riforma agraria e dal movimento ambientalista
Greenpeace. Gli eccessi di Pires sono noti in tutto il Brasile, tanto che lo
scorso ottobre il ministero dell’Ambiente dovette persino inviare l’Esercito
per contrastare l’opera di distruzione ambientale del potente latifondista, le
cui motoseghe e ruspe hanno distrutto parte della Gleba Pacoval, la più
importante riserva ambientale di Santarem. Oltre ad essere un devastatore della
foresta amazzonica, secondo gli inquirenti, Pires sarebbe un uomo socialmente
pericoloso che nel suo libro paga avrebbe iscritto circa 200 “pistoleros”.
Pires deve pagare, tra l’altro, una multa di circa 20 milioni di euro a causa
dei danni arrecati alla foresta amazzonica, ma fino ad oggi non ha sborsato un
solo centesimo grazie all’abilità dei suoi avvocati. Adesso per loro l’impresa
è ben più difficile: salvare il loro assistito da una condanna a diversi
decenni di carcere. (E.B.)
SI TERRA’ A CITTA’ DEL MESSICO IL 27 E 28 MARZO UN
INCONTRO SULLE MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PROMOSSO DAL GOVERNO MESSICANO
IN COLABORAZIONE CON LA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE
SCIENZE SOCIALI
CITTA’ DEL MESSICO. = “Migrazioni internazionali:
la dimensione umana della globalizzazione”: è il tema di un incontro di due
giorni promosso a Città del Messico dalla Cancelleria messicana, con la
partecipazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. L’incontro
sarà inaugurato, lunedì prossimo 27 marzo, nella sede della Cancelleria messicana
da Luis Ernesto Derez Bautista, segretario per gli Affari esteri del Messico, e
dal Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, mons. Marcalo
Sànchez Sorondo. L’iniziativa, che segue una analoga del 2004, - rende noto un
comunicato - vuole “analizzare il complesso fenomeno delle migrazioni
internazionali, le tendenze attuali e le politiche pubbliche in materia”.
All’incontro parteciperanno accademici ed esperti di prestigio internazionale
(A.M.)
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24
marzo 2006
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
E sempre più alta la tensione in
Bielorussia: l’Unione Europea è pronta ad adottare misure contro il regime di
Lukashenko, che nella notte ha stroncato la protesta dei manifestanti contro i
risultati delle presidenziali di domenica scorsa, definiti non trasparenti
dall’OSCE. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il Consiglio Europeo è pronto ad
adottare misure restrittive contro i responsabili politici e amministrativi
delle violazioni degli standard internazionali nelle elezioni di domenica
scorsa in Bielorussia. Lo ha detto un portavoce dell’Unione Europea precisando
che si sta valutando l’ipotesi di sanzioni contro l’ex Repubblica sovietica. Il
ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha accusato invece
l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), secondo
cui il voto non è stato trasparente, di aver alimentato tensioni elettorali.
L’OSCE chiede, intanto, l’immediata scarcerazione degli oppositori arrestati
nella notte. Dopo 5 giorni di proteste, la Polizia ha disperso, infatti, i dimostranti
che avevano occupato la centrale piazza d’Ottobre per chiedere la ripetizione
delle elezioni. Il presidio dei manifestanti, un improvvisato agglomerato di
tende ribattezzato “il villaggio dell’opposizione”, è stato rimosso con i bulldozer.
Gli agenti hanno arrestato almeno 200 persone, soprattutto giovani. Tra i
fermati, che si tenevano per mano per resistere pacificamente all’azione delle
Forze dell’ordine, c’è anche il figlio di Alexander Milinkevic, leader
dell’opposizione. I giovani, prima di essere prelevati dalla polizia, hanno
gridato slogan chiedendo “libertà” e “giustizia”. Gli arrestati sono stati
identificati e dovrebbero rischiare fino a 15 giorni di carcere per aver
partecipato “ad una manifestazione non autorizzata”. Il comandante dei reparti
di Polizia che hanno sgomberato la piazza, ha detto che “la rivoluzione è
finita”. Ma Milinkevic ha già lanciato un’altra sfida al regime di Lukashenko,
definito dagli Stati Uniti l’ultimo dittatore d’Europa. Il leader
dell’opposizione ha annunciato una nuova, grande manifestazione per domani a
Minsk.
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Una forte esplosione
ha distrutto questa mattina un edificio dell'Istituto di chimica
dell’Università di Mulhouse, nella Francia orientale, provocando la morte di
una persona. Non si conoscono ancora le cause dell’esplosione. Le autorità
francesi hanno attivato il massimo livello di emergenza.
In Francia, intanto,
si cerca il dialogo, sul discusso contratto di primo impiego voluto dal
governo. Oggi pomeriggio è previsto il primo incontro tra il premier Dominique
de Villepin e le organizzazioni sindacali. I sindacati hanno già fatto sapere
che la richiesta resta quella delle settimane scorse: il ritiro immediato del
provvedimento che, secondo i giovani, favorisce il precariato. Ieri, almeno
450 mila studenti hanno manifestato in diverse città del Paese. Il corteo più
numeroso si è svolto a Parigi, dove si sono registrati scontri tra dimostranti
e polizia.
L’Opa dell’Enel sulla società
francese Suez “è una operazione puramente finanziaria e contraria alla volontà
dei francesi e dei belgi”. Lo ha detto il presidente francese, Jacques Chirac,
aggiungendo anche che non hanno senso le accuse di protezionismo mosse alla
Francia.
La stampa spagnola ha accolto
con cauto ottimismo l’annuncio della tregua a tempo indeterminato da parte
dell’ETA, che scatta alla mezzanotte di oggi. Il premier Zapatero ha fatto
sapere che si consulterà la prossima settimana con tutti gli altri partiti
prima di decidere se aprire un dialogo con il gruppo separatista armato basco.
Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha espresso soddisfazione per la
tregua, auspicando che un tale impegno venga onorato. E’ stata espressa
prudenza anche sull’ipotesi di cancellare l’ETA, responsabile di oltre 800
morti in 40 anni, dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione
Europea. Ma cosa vuol dire tregua per il movimento basco? Roberto Piermarini lo
ha chiesto al corrispondente del Messaggero a Madrid, Josto Maffeo:
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R. - Stavolta si pone l’accento
sul fatto che l’ETA parla di “cessate-il-fuoco” permanente. Non una tregua
definitiva ma è comunque qualcosa di più, un salto qualitativo. Si pone anche
l’accento sul fatto che questa espressione è la stessa nella sua traduzione
utilizzata dall’IRA, quando cominciò l’inizio, non del tutto tranquillo, della
rinuncia alla lotta armata. Ed anche in Spagna si pensa che questo non
significhi automaticamente la pace o che questa sia già stata reggiunta.
D. – Quindi sarebbe necessario
una smobilitazione dell’ETA per parlare proprio di pace?
R. – E’ l’auspicio generale di
coloro che sono più realisti in questo momento; lo stesso Zapatero chiede
cautela però è molto ottimista. Forse era l’unico a credere al documento che
poi è arrivato. Però, evidentemente, l’auspicio sarebbe quello di un documento
dell’ETA nel quale si annunci la fine, nel quale si dice che l’organizzazione
non esiste più. Tuttavia, è un primo passo. Cosa significa? Significa che l’ETA
non pone più condizioni? Non è vero perché qualche condizione c’è, nel
documento si legge chiaramente che la finalità non è la fine della violenza ma
è il raggiungimento di quella che chiamano autodeterminazione, l’anticamera
dell’indipendenza.
D. - Perché si è arrivati
proprio in questo momento a questa dichiarazione dell’ETA?
R. – L’ETA si trova in momento
di grande debolezza. Gli ultimi tre anni sono stati segnati da attentati
incruenti, da attività di estorsione agli imprenditori, soprattutto nei Paesi
Baschi. L’ETA funzionava ma in tono
minore e naturalmente si è inserita in un momento di debolezza e in un periodo di congiuntura politica con Zapatero
che ha dimostrato di voler aprire determinate vie, tra cui il rinnovo dello
Statuto di autonomia della Catalogna. L’annuncio dell’ETA è arrivato nel
momento giusto. La sua dichiarazione è arrivata in un momento in cui la
popolazione è esasperata.
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Concreti segni di riconciliazione tra India e Pakistan. Il primo
ministro di New Delhi, Manmohan Singh, ha dichiarato, stamani, che quanto prima
verrà raggiunto con il governo di Islamabad un “trattato di pace, sicurezza e
amicizia”. Le parole del premier sono state pronunciate in occasione
dell’attivazione di un nuovo servizio di pullman tra Amritsar, nel nord
dell’India, e il Pakistan. In Pakistan, intanto, almeno 25 presunti
guerriglieri talebani sono stati uccisi dalle forze pakistane nella regione
tribale del Waziristan. Secondo le autorità di Islamabad, in questa area, al
confine con l’Afghanistan, hanno trovato rifugio militanti di Al Qaeda e
ribelli talebani.
Nuovi spiragli di pace anche in Medio Oriente: in un’intervista
rilasciata al quotidiano israeliano “Haaretz”, il presidente palestinese Abu
Mazen ha dichiarato che nonostante l’avvento al potere di Hamas, la pace tra
israeliani e palestinesi “può essere raggiunta entro un anno”.
Ancora vittime in Iraq, dove non
si fermano gli attacchi della guerriglia: almeno 5 persone sono morte per
l’esplosione di una bomba nei pressi di una moschea sunnita, a nord est di
Baghdad. Nel sud del Paese arabo, un soldato danese è morto inoltre in seguito
ad un attacco dei ribelli nei pressi di Bassora.
Trenta
anni fa, il 24 marzo del 1976, l’Argentina entrava nel tunnel della dittatura.
Trenta anni dopo, il Paese sudamericano continua a chiedere verità e giustizia.
Il servizio di Maurizio Salvi:
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I movimenti di difesa dei
diritti umani e molti familiari ed amici dei desaparecidos
argentini, hanno trascorso la notte nella storica Piazza de Majo ed oggi parteciperanno ad una
marcia con cui chiederanno ancora una volta che fine hanno fatto i loro
congiunti. Bisogna dire che diversamente dal passato, con il governo del
presidente Nestor Kirchner la
questione è considerata di alta priorità. Ne è prova l’annuncio fatto dal
ministro della Difesa, Nilda Garré, dell’apertura di tutti gli archivi militari per
collaborare con la magistratura che dopo tre decenni ha ancora molti processi
aperti. Anticipando i temi che affronterà in un atteso discorso nel patio
d’onore del collegio militare, il Capo dello Stato ha detto ieri che quello
odierno deve essere un giorno di raccoglimento. Kirchner ha anche rivolto un
appello per la costruzione di un Paese con memoria, giustizia e verità. Oggi il
ministro degli Esteri accompagnerà il corpo diplomatico in una visita alla
scuola di meccanica della Marina, che fu il principale campo di tortura argentino.
Il teatro Colón di Buenos Aires offrirà un concerto per la memoria
incentrato sulla seconda sinfonia di Mahler, “Resurrezione”.
Da Buenos Aires, Maurizio Salvi,
Ansa, per la Radio Vaticana.
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Primo
caso di influenza aviaria a Berlino: le autorità tedesche hanno riscontrato
tracce del virus H5N1, il più letale per l’uomo, in un’aquila. Misure di
emergenza sono state ordinate, inoltre, dal presidente palestinese Abu Mazen
per far fronte alla cosiddetta “febbre dei polli” dopo tracce del virus
riscontrate in uccelli trovati morti, nei giorni scorsi, nella Striscia di Gaza
e in Cisgiordania.
L’ONU
farà di tutto per assicurare un libero svolgimento delle elezioni in programma
nella Repubblica Democratica del Congo il 18 giugno. Lo ha detto il segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ieri a Kisangani, prima di
trasferirsi in Gabon.
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