RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 81- Testo della trasmissione di mercoledì 22 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A Parigi
presentato il rapporto della Federazione internazionale dei diritti
dell’uomo
Nasce la “Fondazione Europa” associazione per il rispetto dei
valori cattolici
In India nuovi attacchi degli
estremisti indù per
evitare le conversioni al cristianesimo
“No” russo ad un ultimatum dell’ONU che preveda sanzioni contro l’Iran per il nucleare
In
Spagna, l’ETA annuncia una tregua permanente
22
marzo 2006
TESTIMONI
DELLA PERSONA DI GESU’
FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA:
ALL’UDIENZA
GENERALE, LA CATECHESI DI BENEDETTO XVI SUL RUOLO DEGLI APOSTOLI, “INVIATI DI
CRISTO”. APPELLO DEL PAPA PER I MALATI DI TUBERCOLOSI
L’annuncio della salvezza è per
tutto il mondo e gli apostoli – i Dodici degli inizi come quelli di oggi –
hanno il dovere di essere testimoni di Cristo fino
agli estremi confini della terra. E’ la sintesi della catechesi tenuta questa
mattina da Benedetto XVI in una Piazza San Pietro gremita
da circa 35 mila fedeli. Al termine dell’udienza
generale, il Papa ha levato anche un appello per i malati di tubercolosi,
specialmente quelli più poveri, chiedendo per loro cure adeguate e solidarietà.
Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Stare
con Gesù fino a diventarne “esperti”, per poi testimoniare la sua persona - e
non un’idea - in qualsiasi parte del mondo, perché la sua salvezza è per “tutte
le nazioni”. La descrizione degli Apostoli fatta da Benedetto XVI all’udienza
generale di stamattina è quasi un identikit spirituale dell’evangelizzatore di
oggi. Il Papa ha ripreso il filo della catechesi avviata mercoledì scorso sul
rapporto tra gli Apostoli e la Chiesa riflettendo questa volta sul ruolo di
“inviati” che caratterizza la vita dei Dodici. Rammentando i passi dei Vangeli
che narrano la chiamata dei discepoli intenti al lavoro e la successiva pesca
miracolosa, Benedetto XVI ha ricostruito le circostanze che portano un gruppo
di pescatori dal lavoro con le reti alla “sequela di Cristo”:
“In particolare, la pesca miracolosa
costituisce il contesto immediato e offre il simbolo della missione di
pescatori di uomini, ad essi affidata. Il destino di
questi "chiamati", d'ora in poi, sarà intimamente legato a quello di
Gesù. L'apostolo è un inviato, ma, prima ancora, un ‘esperto’
di Gesù”.
Tra
gli evangelisti, Giovanni è colui che presenta una scena diversa della
vocazione. Essa avviene sulle rive del Giordano, dove è il Battista ad indicare
il Messia ai futuri apostoli. E in quel “venite e vedrete” col quale Gesù li
invita a seguirlo è racchiuso, ha spiegato il Papa, il significato profondo
della scelta:
“L'avventura degli Apostoli
comincia così, come un incontro di persone che si aprono reciprocamente.
Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Essi infatti non dovranno essere annunciatori di un'idea, ma
testimoni di una persona. Prima di essere mandati ad evangelizzare, dovranno
"stare" con Gesù, stabilendo con lui un rapporto personale. Su questa base, l'evangelizzazione altro non sarà che un
annuncio di ciò che si è sperimentato e un invito ad entrare nel mistero della
comunione con Cristo: avvicinarsi per vedere dove abita,
per conoscerlo, per vederlo e così capire che è il Messia”.
Un
annuncio e un mistero fatto per gli uomini di ogni epoca e di ogni latitudine,
nonostante – ha obiettato il Pontefice – una “certa
critica di ispirazione razionalistica” abbia individuato nella missione di
Gesù, indirizzata principalmente ai suoi conterranei, “la mancanza di una
coscienza universalistica del Nazareno”. Non si tratta di questo, ha affermato
Benedetto XVI, ma anzi “l’iniziale restringimento ad Israele” della missione di
Gesù e dei suoi diventa “il segno profetico più efficace” di una salvezza
rivolta a tutti:
“Dopo la Passione e la Resurrezione di Cristo tale segno sarà
chiarito. Il carattere universale della missione degli Apostoli diventerà
esplicito. Cristo invierà gli Apostoli in tutto il mondo, a tutte le nazioni,
fino agli estremi confini della Terra, e questa missione continua sempre, è
mandato del Signore di riunire i popoli nell’unità del suo amore e della sua
fede. Questa è la nostra speranza e questo è anche il nostro mandato di
contribuire a questa universalità, a questa vera unità, nella ricchezza delle
culture, in comunione con il nostro vero Signore, Gesù Cristo”.
(musica banda)
L’udienza
generale, che era iniziata con le note di un complesso bandistico, si è
conclusa in modo analogo, ma tra i saluti ai vari gruppi – tra cui quello della
diocesi di Como, guidato dal vescovo Alessandro Maggiolini – Benedetto XVI ha
levato un appello in vista della Giornata
mondiale ONU per la lotta contro la Tubercolosi, in programma dopodomani.
Secondo gli ultimi dati dell’OMS, la TBC è la seconda malattia più virulenta
dopo l’AIDS e causa 5 mila vittime al giorno e due
milioni all’anno, specialmente tra le persone in miseria:
“Auspico un rinnovato impegno a livello globale,
affinché siano rese disponibili le risorse necessarie per curare questi nostri fratelli ammalati, che spesso vivono anche in
situazione di grande povertà. Incoraggio le iniziative di assistenza e di
solidarietà nei loro confronti, auspicando che ad essi
siano sempre assicurate dignitose condizioni di vita”.
(applausi)
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COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITÀ
DEI CRISTIANI CIRCA LA
SOPPRESSIONE DEL TITOLO “PATRIARCA
D’OCCIDENTE” NELL’ANNUARIO
PONTIFICIO
Il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani ha
emesso oggi un comunicato in cui spiega l’assenza nell’Annuario Pontificio 2006
del titolo ‘Patriarca d’Occidente’ nell’enumerazione dei titoli del Papa. La
nota ricorda che in Oriente nel VI secolo “accanto ai quattro Patriarcati
orientali (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e
Gerusalemme) il Papa era compreso come Patriarca d’Occidente”. Il titolo fu
adoperato nel 642 da Papa Teodoro I. “In seguito ricorse soltanto raramente e
non ebbe un significato chiaro”. Nell’Annuario
Pontificio “apparve
per la prima volta nel 1863”.
Attualmente il significato del termine Occidente – afferma
la nota - “non
intende descrivere un territorio ecclesiastico” né un “territorio patriarcale”.
Il titolo ‘Patriarca d’Occidente’ “potrebbe esprimere la giurisdizione
particolare del Vescovo di Roma per la Chiesa latina”. “Di conseguenza –
sottolinea il dicastero vaticano - il titolo sin dall’inizio poco chiaro, nell’evolversi
della storia diventava obsoleto e praticamente non più utilizzabile. Appare
dunque privo di senso insistere a trascinarselo dietro. Ciò tanto più che la
Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II ha trovato per la Chiesa latina
nella forma delle Conferenze Episcopali e delle loro riunioni internazionali di
Conferenze Episcopali, l’ordinamento canonico adeguato alle necessità di oggi”.
“Tralasciare il titolo di ‘Patriarca d’Occidente’ - commenta la nota - non cambia
chiaramente nulla al riconoscimento, tanto solennemente dichiarato dal Concilio
Vaticano II, delle antiche Chiese patriarcali (Lumen Gentium
23). Ancor meno tale soppressione può voler dire che essa sottintende nuove
rivendicazioni. La rinuncia a detto titolo – conclude il comunicato del
dicastero vaticano - vuole esprimere un realismo storico e teologico e, allo
stesso tempo, essere la rinuncia ad una pretesa, rinuncia che potrebbe essere
di giovamento al dialogo ecumenico”.
DOMANI IN VATICANO LA RIUNIONE
DI RIFLESSIONE E DI PREGHIERA DEL PAPA CON IL COLLEGIO CARDINALIZIO
IN VISTA DEL CONCISTORO DI VENERDI’ PER LA CREAZIONE
DI 15 NUOVI CARDINALI
- Intervista con padre Albert
Vanhoye -
Si
svolge domani nell’Aula del Sinodo in Vaticano la riunione di riflessione e di preghiera del Papa
con il Collegio cardinalizio in vista del Concistoro di venerdì 24 marzo per la
creazione di 15 nuovi cardinali. Si tratta del primo Concistoro del Pontificato
di Benedetto XVI. Sabato 25 marzo, nella Solennità dell’Annunciazione, il Papa
presiederà la Santa Messa con i nuovi porporati. Con questo Concistoro i
cardinali salgono a 193, di cui 120 elettori. La nuova geografia cardinalizia
vede 100 porporati europei, 32 latinoamericani, 20 nordamericani e 20 asiatici,
17 africani e 4 dell’Oceania. Tra i nuovi cardinali figura il padre gesuita francese Albert
Vanhoye, 82 anni, già rettore del Pontificio Istituto
Biblico e segretario della Pontificia Commissione Biblica. Sergio Centofanti gli ha chiesto cosa voglia dire diventare
cardinale:
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R. – Per me diventare cardinale è
anzitutto essere legato al Santo Padre in una maniera speciale. Questa è una
cosa molto esigente perché devo portare con il Santo Padre le preoccupazioni e
le prospettive della vita della Chiesa.
D. – Il colore cardinalizio è il
rosso…
R. – Il rosso è il colore
dell’amore, del fuoco, è il colore anche della Passione. Si dice che i
cardinali devono essere pronti anche ad effondere il loro sangue - il rosso è
il colore del sangue – e quindi avere una dedizione completa al Regno di
Cristo.
D. – E’ passato quasi un anno
dalla elezione di Benedetto XVI. Cosa sta portando alla Chiesa il nuovo
Pontefice?
R. – Il Santo Padre ha cominciato
il suo ministero con un impegno molto profondo e con la prima Enciclica ha
manifestato il suo orientamento fondamentale, cioè ribadire che Dio è Amore e
manifestare questo amore non soltanto con i sentimenti ma anche con opere
concrete che vadano incontro alle necessità del mondo.
Questa Enciclica mi è sembrata molto significativa e corrisponde al carattere
del Papa che ha un temperamento molto affettuoso, pieno di
sensibilità, di delicatezza e generosità. Quindi non mi ha sorpreso la scelta
del tema della prima Enciclica che, d’altra parte, mette veramente il dito
sulla cosa più essenziale di tutta la nostra fede: Dio è Amore.
D. – Lei è un biblista
di fama internazionale. Benedetto XVI ha invitato più volte i fedeli alla Lectio divina…
R. – La Lectio divina è una forma di meditazione e di preghiera veramente molto
feconda. Talvolta la preghiera cristiana rischia di essere
troppo lontana dalla Parola di Dio. Invece, quando si vuole pregare la
prima cosa da fare è di accogliere la Parola di Dio perché la preghiera è
anzitutto dialogo con il Signore. Quindi la Lectio divina richiede anzitutto attenzione al testo della Scrittura, che
è Parola di Dio, poi la meditazione per arrivare dopo all’unione profonda con
il Signore nella sua luce e nel suo amore.
D. – Come ascoltare oggi la Parola
di Dio nel frastuono della vita quotidiana?
R. – E’ chiaro che ci vuole uno
sforzo di raccoglimento. Una persona non può avere una crescita normale se non
prende un po’ di tempo per pensare, per riflettere, per meditare, altrimenti si
lascia prendere da questo tumulto della vita quotidiana che in realtà priva la
persona della sua vita interiore e quindi la svuota, la rende veramente non più
una vera persona umana, ma soltanto un oggetto che viene
portato qua è là dalle correnti dell’attualità. Quindi per la vita spirituale è
assolutamente fondamentale saper prendere un po’ di distanza non per separarsi
dal mondo, ma per avere un contatto più profondo col mondo.
D. – C’è una parola del Vangelo
che la colpisce di più?
R. – “Come il Padre mi ha amato,
anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Questa è la Parola che mi sembra
più illuminante e anche più confortante: sapere che l’amore
viene da Dio, passa attraverso il cuore di Cristo e ci raggiunge. Noi dobbiamo
rimanere nell’amore grazie ad un’adesione piena di amore alla volontà di Dio e
grazie ad un servizio pieno di amore verso i nostri fratelli e sorelle.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina l'udienza generale: Benedetto XVI prosegue il ciclo di catechesi
sul "mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa".
Servizio
vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.
Servizio
estero - Nucleare: Russia e Cina non condividono il progetto di risoluzione;
rinviata la riunione del Consiglio di sicurezza sul dossier iraniano.
Servizio
culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo
“La potenza plastica” di una scrittrice sostenuta da un alto ideale": un
saggio su Grazia Deledda, Nobel nel 1926.
Servizio
italiano - Elezioni: la Confindustria in silenzio
stampa dopo le polemiche con Berlusconi.
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22 marzo 2006
MOBILITAZIONE
NEL MONDO PER SCONGIURARE L’ESECUZIONE IN
AFGHANISTAN DI UN UOMO CONDANNATO
A MORTE PER ESSERSI
CONVERTITO
AL CRISTIANESIMO DALL’ISLAM. POTRA’
SALVARSI SOLO
SE SARA’ RICONOSCIUTO
MALATO DI MENTE
-
Intervista con Khaled Fouad
Allam -
La notizia dall’Afghanistan è rimbalzata
nei giorni scorsi in tutto il mondo: un uomo di 41 anni, Abdul
Rahman, è stato condannato a morte da un Tribunale di
Kabul per essersi convertito al Cristianesimo dall’Islam: hanno protestato i governi italiano, tedesco e degli Stati Uniti ed oggi è
arrivata la risposta delle autorità di Kabul, che non rassicura del tutto sulla
sorte del condannato. Il servizio di Roberta Gisotti.
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Separato dalla moglie, Rahman
è stato arrestato lo scorso mese, dopo che la famiglia di lei, con la quale è
in lite per la custodia dei figli, lo ha denunciato per apostasia, ovvero per
aver rinnegato l’Islam. La conversione al Cristianesimo risale a 16 anni fa -
ha confessato l’uomo - che ha vissuto per lungo periodo
all’estero, prima in Pakistan e poi per 15 anni in Germania. Il caso ha
sollevato vibrate proteste in diversi Paesi tra cui gli Stati Uniti; ieri a
Roma e Berlino sono stati convocati gli ambasciatori afghani e il ministro
italiano degli Esteri Fini ha deciso di porre la questione in ambito europeo.
Oggi la risposta ‘sibillina’ di Kabul: “la vicenda”
“deve essere affrontata dal solo potere giudiziario, che è indipendente” – ha
detto il portavoce del presidente Karzai, aggiungendo che “il governo resta
comunque determinato a far rispettare i diritti dell’uomo nel Paese”. Poi a fine mattinata una dichiarazione che apre alla speranza:
il portavoce della Corte Suprema di Kabul ha ipotizzato che se l’uomo fosse
riconosciuto malato di mente non verrebbe messo a morte.
Ma a
ben leggere il Corano non troviamo condanne a morte per gli apostati, anzi
troviamo scritto “Chi vuole creda, chi non vuole respinga la fede” ed ancora “A
voi la vostra religione, a me la mia. La religione non può essere imposta”. Ma se
il Corano non ne fa cenno, da dove trae spunto questa interpretazione del reato
di apostasia? Uniche tracce - secondo esperti di islamistica - in due hadith, detti attribuiti a
Maometto e tratti dalla Sunna,
libro che raccoglie parole e gesta del Profeta: qui si legge “è lecito il
sangue di chi abbandona la sua religione”. In proposito ascoltiamo l’opinione
del professor Khaled Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano e
di Storia e istituzioni dei Paesi islamici all'Università di Trieste e di Islamistica all'Università di Urbino, editorialista de “La
Repubblica”:
R. - Ci sono sempre due
interpretazioni nel diritto musulmano: un’interpretazione di tipo ‘minimalista’
ed un’interpretazione di tipo ‘massimalista’. E siccome la Sharia è sovente utilizzata in
questi ultimi anni nei Paesi islamici come paradigma politico, spesso
l’interpretazione che domina è un’interpretazione di tipo ‘massimalista’, e
questo fa sì
che si utilizzi la pena di morte.
D. – Professore,
ma questa interpretazione ‘massimalista’ della Sharia, che applica i testi sacri
all’organizzazione della società, pone gravissime contraddizioni con i testi di
diritto internazionale - che pure sono stati sottoscritti da massima parte di
questi Paesi che applicano la Sharia - a partire
dalla Carta delle Nazioni Unite…
R. – Certo è una contraddizione
flagrante, questo mi pare evidente: è una battaglia politica ed anche culturale
ovviamente che i Paesi musulmani devono assolutamente condurre. Sarà una
battaglia lunga, difficile ma è la battaglia
essenziale del mondo musulmano perché -
come ricordava benissimo alcuni anni fa, Papa Giovanni Paolo II - “là dove non
c’è libertà di religione non c’è libertà”. Mi sembra evidente che la questione
della libertà religiosa è la grande questione in primo piano nel mondo
musulmano, perché è una questione che in un certo senso definirà o non definirà
l’accettazione di un Islam, che si vuole moderno ed anche democratico.
D. – Possiamo pensare che dietro
l’alibi della religione, molti Paesi islamici nascondano l’incapacità delle
classi dirigenti, sostenute da leadership religiose, di raffrontarsi con una organizzazione democratica della società?
R. - Sì, i contesti definiscono spesso
purtroppo delle prassi politiche, perché ci sono poste in gioco terribili e ci
sono ovviamente delle logiche di potenze che definiscono dei contrasti e delle
contraddizioni molto forti all’interno di queste società.
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PRESENTATI A ROMA SETTE DVD, REALIZZATI DALLA RAI, SU GIOVANNI PAOLO II:
“UN PAPA VERSO
-
Interviste con Alfredo Meocci e Carlo
Verdelli-
“Un Papa verso la santità – Cronache di un
Pontificato”, questo il titolo della più grande raccolta d’immagini su Giovanni
Paolo II mai realizzata fino a questo momento. Sette DVD, della durata
complessiva di oltre 5 ore, ripercorrono i 26 anni e 6 mesi dello straordinario
pontificato di Papa Wojtyla. L’opera, realizzata da
Rai Trade e dalla Struttura Rai Vaticano, verrà distribuita insieme alla Gazzetta dello Sport a
partire dal 7 aprile prossimo. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
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(Musica)
Tre
anni di intenso lavoro, tra selezione, organizzazione e montaggio. Tanto ci è
voluto per realizzare i 7 DVD dedicati a Giovanni Paolo II, che Rai Trade e la struttura Rai Vaticano hanno deciso di far
uscire insieme alla Gazzetta dello Sport a partire dal 7 aprile prossimo. Un
lavoro immenso, o meglio dire un immenso omaggio a Karol Wojtyla,
che nei suoi 26 anni e 6 mesi di Pontificato ha saputo inondare il mondo con il
suo messaggio di pace e di dialogo.
(Musica)
Due i
livelli narrativi intrecciati: il primo, dalla morte di Giovanni Paolo II ad
oggi; il secondo, disegnato dal percorso storico del Pontificato. Un racconto
in immagini lungo complessivamente 5 ore, scelte da oltre 5.000 cassette
selezionate dagli archivi del Centro Televisivo Vaticano e della
Rai. E proprio la Televisione pubblica italiana, attraverso il suo
direttore generale, Alfredo Meocci, ha voluto esprimere
la grande soddisfazione per questo lavoro.
“E’ un progetto
che nella sostanza ci aiuta a raccogliere immagini su quello che è stato un
grande Papa, un grande uomo e sul quale credo la gente debba riflettere, perché
uno dei difetti del nostro mestiere è che molto spesso passano le immagini,
passano i concetti e ce li dimentichiamo”.
I
viaggi nei 5 continenti, i discorsi ricchi di passione, pronunciati da Giovanni
Paolo II davanti alle platee di tutto il mondo. La commozione di potenti e
gente comune durante i suoi ultimi giorni di agonia, fino alla morte e ai
funerali. Poi, lo straordinario rapporto di Giovanni Paolo II con i giovani ai
quali più volte ha sottolineato, durante il suo Pontificato, il valore
formativo dell’impegno sportivo che lo ha visto protagonista fin da giovane. E
non è un caso che l’opera esca insieme alla Gazzetta
dello Sport. Il direttore, Carlo Verdelli:
“Certamente è
un Pontefice che il mondo dello sport ha sentito estremamente vicino. Lo ha
sentito come un padre. Ho parlato con tanti sportivi che hanno avuto occasione
di incontrarlo. E’ stato certamente un Papa che ha fatto sentire il mondo dello
sport un mondo accolto”.
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22 marzo 2006
ACQUA UN DIRITTO FONDAMENTALE O UN BENE ECONOMICO? A CITTA’ DEL
MESSICO
SI CHIUDE IL QUARTO FORUM MONDIALE
SULL’ACQUA MENTRE IN TUTTO IL MONDO
SI CELEBRA LA GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA
- A cura di Andrea Cocco -
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ROMA. = Un
fiocco blu da mettere sui vestiti per ricordare che la scarsità d’acqua è un
problema di tutti, una raccolta di firme per spingere
gli Stati ad approvare una Convenzione mondiale sul diritto alla vitale
risorsa. Quella che si svolge a Roma è solo una delle tante iniziative promosse
in tutto il mondo in occasione della Giornata mondiale dell’acqua. L’attenzione
è soprattutto concentrata su Città del Messico, da dove si aspetta che i 140
Paesi membri del Forum mondiale dell’acqua, che si chiude oggi, raggiungano
un’intesa comune su come affrontare la crisi delle risorse idriche nel prossimo
futuro. Maggiori investimenti, trasparenza nella gestione delle reti, priorità
alle regioni dove le crisi idriche sono più gravi. Questi alcuni dei
suggerimenti emersi durante i lavori del vertice. Eppure le controversie tra
gli Stati non sono mancate e hanno riguardato la definizione stessa della
risorsa. L’acqua va considerata un bene economico, o un diritto umano? Una
questione che ancora una volta ha creato spaccature. Oggi un miliardo e 200
milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Teatro nel 2000 di una
vera e propria guerra per l’acqua, la Bolivia è uno degli Stati che ha chiesto che l’accesso alla vitale risorsa sia esplicitamente
definito uno dei diritti fondamentali della persona umana. Posizione condivisa
da molte organizzazioni della società civile che a Citta
del Messico hanno organizzato un contro vertice, invitando comunità locali e
rappresentanti delle popolazioni indigene. Su un punto comunque sono tutti
d’accordo. Nel giro di 15 o 20 anni, l’allaccio alle risorse idriche potrebbe
essere garantito a tutti. Lo ha sottolineato anche il presidente del Consiglio
mondiale dell’acqua, ricordando alla chiusura del Forum che “l’assenza e la cattiva qualità
dell’acqua uccidono dieci volte di più di tutte le guerre messe insieme”.
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AUMENTANO LE
UCCISIONI E LE PERSECUZIONI AI DANNI DI CHI SI BATTE
PER IL RISPETTO DEI DIRITTI NEL
MONDO. A PARIGI PRESENTATO IL RAPPORTO
DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE
DEI DIRITTI DELL’UOMO
PARIGI. =
Aumenta la repressione contro i difensori dei diritti dell’uomo. E’ questa la
conclusione a cui si giunge leggendo il rapporto
annuale presentato ieri a Parigi dalla Federazione internazionale dei diritti
dell’uomo (FIDH) e dall’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT).
Secondo i dati raccolti dalle due associazioni, sono almeno 117 i difensori dei
diritti umani uccisi solo nel 2005 a causa del loro impegno, mentre sono saliti
a 1172 i casi di evidente persecuzione. Una tendenza inquietante, secondo Louise Arbour, Alto commissario
per i diritti umani dell’ONU, che ha sottolineato come “il deterioramento della
situazione dei diritti umani sia capitato a seguito degli eventi tragici del
2001”. Una tendenza che, come dimostra il lungo elenco di abusi riportati nel
documento, riguarda Paesi e continenti diversi. Esecuzioni in Brasile contro chi ha osato difendere il diritto dei contadini e della
conservazione dell’ambiente; sequestri e uccisioni di osservatori
internazionali in Darfur (Sudan); repressione contro
chi, in Iran e in Tunisia, si serve di internet per mostrare una verità diversa
da quella fornita dalle fonti ufficiali. Il primo posto nella lista dei Paesi
che più calpestano i diritti dei singoli spetta alla Colombia, dove nell’ultimo
anno sono stati uccise 47 persone, tutti sindacalisti o dirigenti contadini,
tutti colpevoli di voler tutelare i diritti delle comunità locali. Quanto
all’Asia orientale, accanto ai casi della Corea del Nord, Laos e Vietnam, dove
“il grado di repressione è rimasto identico”, emergono quelli del Nepal, della Cina e delle Filippine. (A.C.)
NASCE LA
“FONDAZIONE EUROPA” ASSOCIAZIONE PER IL RISPETTO
DEI VALORI CATTOLICI. IL SUO
SCOPO: PROMUOVERE LA DIGNITÀ DELL’UOMO
ED I SUOI DIRITTI, COME PRINCIPI FONDATORI
DELL’EUROPA
BRUXELLES. = Allo scopo di promuovere i principi della
Dottrina Sociale presso le Istituzioni Europee, è stata presentata oggi nella
sala stampa del parlamento europeo a Bruxelles, la “Fondazione Europa”.
Presidente è Giorgio Salina, già vice presidente del CESPAS, Centro Europeo di
Studi su Popolazione, Ambiente e Sviluppo. L’Associazione, avrà la sua sede
centrale a Parigi e sedi distaccate in Belgio e in Italia. Scopo della “Fondazione
Europa” è quello di adoperarsi perché i valori dell’esperienza cattolica siano
rispettati e promossi presso le istituzioni dell’Unione Europea. In questa
prospettiva l’organizzazione si accrediterà presso tali istituzioni,
parteciperà alle audizioni pubbliche, illustrando la propria posizione in piena
sintonia con la Dottrina Sociale della Chiesa e collaborerà poi con quei
deputati europei che condividono questi valori. In particolare la Fondazione si
occuperà di seguire l’attività svolta dal Parlamento Europeo in previsione
dell’adozione del riferimento dell’eredità cristiana nel preambolo del Trattato
costituzionale. (S.C.)
INDIA: NUOVI
ATTACCHI DEGLI ESTREMISTI INDÙ PER EVITARE
LE CONVERSIONI AL CRISTIANESIMO
JABALPUR. = Continuano a moltiplicarsi, in India gli
assalti degli estremisti ai danni dei cristiani. L’ultimo attentato è avvenuto
la notte del 17 marzo a Jabalpur contro un gruppo di
cristiani protestanti. Secondo quanto ha riferito l’agenzia UCA NEWS, gli
estremisti indù hanno fatto irruzione in una abitazione
dove si stava tenendo la lettura di alcuni passi biblici, hanno poi devastato
l’appartamento e minacciato i presenti. Le forze dell’ordine hanno incriminato
il padrone di casa, con l’accusa di aver violato la legge dello Stato del Madhya Pradesh che regola le
conversioni. L’uomo ha raccontato che gli aggressori appartengono al partito fondamentalista indiano Vishwa Hindu Parishad, movimento che si
batte per evitare le conversioni
degli indù al cristianesimo. (S.C.)
DISPONIBILI
ON LINE LE VERSIONI IN CINESE, ARABO E TURCO DELLA
BIBBIA
PER
BAMBINI, GRAZIE ALL’OPERA AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE
KONIGSTEIN.
= L’obiettivo è quello di mettere in rete una versione della “Bibbia per
bambini” in ognuna delle 152 lingue in cui è stata finora tradotta. E per ora
l’opera “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS) è arrivata a
quota 18. “Per noi è particolarmente importante poter offrire delle
pagine internet facilmente consultabili anche per i bambini” ha dichiarato
all’agenzia FIDES, Maria Zurowski, responsabile
dell’ufficio per la famiglia dell’ACS. Le ultime tre versioni ora disponibili
sul sito www.kirche-in-not.de/kinderbibel sono quella in
lingua turca, cinese e arabo. A facilitare la consultazione del sito da parte
dei bambini, la scelta di simboli riconoscibili, come la mappa del mondo sulla
quale si deve cliccare per scegliere la lingua
desiderata. Fondata nel 1947, l’Opera ACS, raccoglie ogni anno più di 70
milioni di dollari di finanziamenti e risponde a oltre 8 mila richieste
d’aiuto. I progetti sono in gran parte destinati alla
formazione di sacerdoti, alla costruzione e manutenzione di seminari e chiese,
alle traduzioni della Bibbia e di altri testi religiosi e alla produzione di programmi
radiofonici. (A.C.)
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22 marzo 2006
-
A cura di Amedeo Lomonaco -
La Russia è contraria ad un ultimatum
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che preveda
il ricorso a sanzioni nei confronti dell’Iran a causa delle ambizioni nucleari
del governo di Teheran. Con queste parole il ministro
degli Esteri russo, Serghei Lavrov,
ha ribadito il “no” di Mosca al documento dell’AIEA, all’esame dell’ONU, nel
quale si chiede alla Repubblica islamica di sospendere il suo programma
nucleare. Ieri
pomeriggio, i contrasti tra i 15 membri del Consiglio di sicurezza hanno fatto
optare per un rinvio a data da destinarsi di ogni decisione nei confronti
dell’Iran. Ma a questo punto, c’è il rischio di una
profonda spaccatura nella comunità internazionale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Negri,
inviato del “Sole 24 Ore”, appena rientrato dall’Iran:
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R. – La spaccatura già si era verificata ed era largamente
prevedibile: sia la Russia che la Cina non avrebbero
voluto un deferimento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Mosca e
Pechino non vogliono, soprattutto, che si arrivi ad una procedura che possa
portare in un futuro, più o meno lontano, a delle sanzioni. La strategia
cinese-russa sarebbe quella di rinviare all’Agenzia internazionale dell’Energia
atomica tutto il dossier per ricominciare il negoziato.
D. –
Perché Mosca è contraria ad un ultimatum che preveda sanzioni nei confronti di Teheran?
R. –
Essenzialmente, per un motivo di carattere strategico di ampia portata, sia per
la questione nucleare, sia a seguito delle vicende che hanno coinvolto gli
Stati Uniti in Medio Oriente. I russi hanno l’opportunità di ritornare da
protagonisti in Medio Oriente da dove erano stati,
ricordiamolo, cacciati dopo la guerra in Afghanistan. E poi, dopo il crollo
dell’impero sovietico, la Russia si era praticamente ritirata dalle sue
posizioni politico-diplomatiche-militari
in Medio Oriente. E, invece, questa è un’ottima opportunità per loro: hanno la
possibilità di influenzare i processi regionali, di ritornare da protagonisti
in una regione fondamentale. Credo che poi, alla fine, si arriverà ad un
ritorno ai negoziati dell’AIEA, con la partecipazione anche degli europei.
Bisogna anche ricordare che i russi avevano l’idea di arricchire l’uranio in
territorio russo e poi di fornirlo alle centrali nucleari civili iraniane. Ma
questo accordo non è stato accolto in modo largamente favorevole dalla
leadership iraniana, che non vuole legarsi mani e piedi ai russi. L’Iran vede
comunque di buon occhio una partecipazione europea a questo processo.
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Ennesimo attacco contro una stazione di polizia in
Iraq: a sud di Baghdad, almeno 4 agenti sono morti per un attacco della
guerriglia. Ieri, intanto, il presidente americano George Bush
ha dichiarato durante una conferenza stampa tenutasi alla Casa Bianca che in
Iraq non è in corso una guerra civile tra sunniti e sciiti.
In Afghanistan, almeno 15 presunti talebani sono rimasti
uccisi in uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza di Kabul. I ribelli,
provenienti dal Pakistan, avevano appena attraversato la frontiera e - secondo
le autorità afgane - stavano preparando nuovi attacchi.
In Medio Oriente, un attivista palestinese della Jihad islamica è rimasto ucciso in seguito ad una nuova
incursione dell’esercito israeliano a Gerico, in Cisgiordania. Sul versante
politico, l’OLP ha esaminato la lista del nuovo governo palestinese presentata
domenica scorsa al presidente Abu Mazen
dal premier designato, Ismail Haniyeh,
leader di Hamas. I membri dell’organizzazione palestinese hanno dichiarato che
non riconosceranno il nuovo esecutivo se il movimento radicale a sua volta non
riconoscerà l’OLP. Hamas ha respinto inoltre la richiesta, avanzata dall’OLP,
di cambiare il programma governativo.
L’influenza aviaria è arrivata anche nella Striscia di
Gaza: il Ministero dell’agricoltura palestinese ha reso noto che sono state
riscontrate nell’area tracce del virus H5N1, il più letale per l’uomo.
Prosegue, in Bielorussia, la
protesta dell’opposizione contro l’esito delle presidenziali di domenica
scorsa, vinte con oltre l’80 per cento dei voti da Alexander
Lukashenko, salito al potere nel 1994. Le
manifestazioni non hanno fatto registrare, finora, una partecipazione di massa,
come era accaduto invece in Ucraina nel 2004. Ma perché la protesta non ha
coinvolto la gran parte della popolazione bielorussa?
Risponde, al microfono di Salvatore Sabatino, il responsabile della sede Ansa
di Mosca, Pierantonio Lacqua:
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R. - Il leader dell’opposizione bielorusso,
Alexander Milinkevic, non
riesce a portare in piazza una quantità sufficiente di persone per poter
ricreare lo scenario della rivoluzione “arancione” ucraina. Chiaramente, questo
è il copione sul quale punta Milinkevic: innescare
proteste di massa abbastanza robuste per poter
condizionare Lukashenko - che gli americani chiamano
l’ultimo dittatore d’Europa - e costringerlo ad indire nuove elezioni.
D. – Come
spiegare questo scarso coinvolgimento della gente? Più per paura o per mancanza
di fiducia verso Milinkevic?
R. – Le
persone più anziane, le generazioni che hanno vissuto nella defunta URSS, sono
grate a Lukashenko perché ha rappresentato per loro
una stabilità ed anche uno scudo protettivo da certi marasmi provocati dal
passaggio all’economia di mercato in altri Paesi ex sovietici. C’è anche un po’
di benessere a Minsk e in tutta la Bielorussia, quindi, chiaramente, c’è un certo consenso.
L’altra ragione è che questo regime ha origini di tipo sovietico: è legato
molto anche ad un controllo autoritario dei mezzi di informazione. C’è una
propaganda molto forte.
D. – Ci
sono stati negli ultimi giorni anche degli arresti nelle file dell’opposizione.
Non si rischia, in questo modo, di far precipitare ulteriormente la situazione?
R. – A
differenza di quello che si poteva temere alla vigilia delle elezioni, quando
addirittura Lukashenko aveva detto che i manifestanti
sarebbero stati trattati da terroristi, la tattica usata, finora, è stata
quella di non sgomberare la centrale piazza d’Ottobre, teatro delle proteste.
Si è scelto di evitare delle misure repressive per quanto riguarda i
manifestanti che stanno in piazza. Questi dimostranti, però, appena si
allontanano dalla piazza vengono arrestati, portati
nei tribunali e condannati ad una breve pena detentiva, in genere di 10 giorni,
con l’accusa di aver partecipato ad una manifestazione non autorizzata. In
questo modo, il regime spera di disunire questo movimento, che in realtà non
sta coinvolgendo le masse.
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In Spagna, l’organizzazione
terroristica basca, l’ETA, ha annunciato un cessate il fuoco permanente che
entrerà in vigore a partire da sabato prossimo. La tregua – precisa l’ETA con
un comunicato - ha lo scopo di dare un “impulso democratico”, che assicuri “i
diritti del popolo basco” e la possibilità di “sviluppo di tutte le opzioni
politiche”. Una tregua permanente dell’ETA era la condizione, posta dal governo
di Rodriguez Zapatero, per poter aprire un dialogo di pace.
Continua il braccio di ferro in Francia
sul contratto di primo impiego. Oltre 40 mila studenti hanno manifestato, ieri,
in tutto il Paese. Ma il governo non sembra intenzionato ad apportare modifiche
al provvedimento: il premier francese, Dominique de Villepin, ha escluso la possibilità di “ritirare” il
contratto di primo impiego e il ministro dell’Interno, Nicolas Sarkozy, ha dichiarato che non lascerà l’esecutivo se la
situazione peggiorerà. Il provvedimento, inserito in un più generale corpus di
norme sulla formazione, consente alle imprese con più di 20 dipendenti di
licenziare nei primi due anni un giovane con meno di 26 anni, anche senza
giusta causa.
La Commissione Europea ha pubblicato la “lista nera” delle
compagnie aeree che non soddisfano gli standard di sicurezza. Il documento
include 96 società, soprattutto di Paesi africani e di Stati dell’Asia
centrale. A 93 sarà imposto il divieto di volo nei cieli dei Paesi dell’Unione
Europea. Ad altre tre compagnie verranno applicate
restrizioni. L’età e l’inadeguata manutenzione degli aerei sono le principali
cause che hanno portato alla bocciatura delle società.
Argentina e Cile hanno raggiunto un accordo strategico per
rafforzare le relazioni blaterali e stabilire un’agenda congiunta tesa allo
sviluppo dei due Paesi nel periodo 2006-2010. L’intesa è stata trovata ieri
durante la prima visita in Argentina del presidente cileno, la signora Michelle Bachelet. Il servizio di
Maurizio Salvi:
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Nel suo
primo viaggio di Stato come presidente dopo l’insediamento, avvenuto l’11
marzo, Michelle Bachelet ha
voluto smentire quanti ritengono che il Cile, sentendosi una sorta di primo
della classe, voglia avanzare da solo verso le relazioni con il mondo
sviluppato, e in particolare con Stati Uniti ed Europa. Il capo di Stato cileno
ha assicurato che con l’Argentina è necessaria un’alleanza strategica che
faciliti il progresso dei due Paesi e di tutto il subcontinente americano.
“Tutte le volte che abbiamo deciso di unirci - ha commentato – c’è andata bene. Per
questo vogliamo stabilire con l’Argentina una relazione speciale che sia di beneficio a tutta l’America Latina”. Al termine di un
incontro nella Casa Rosada di Buenos Aires, il
presidente argentino, Nestor Kirchener,
e la collega cilena hanno firmato, inoltre, una carta di intenti e di linee di
azione comune. Queste rappresentano – hanno assicurato – un punto di partenza
per la nuova tappa di rafforzamento delle relazioni bilaterali. I due
presidenti hanno anche annunciato un intenso lavoro comune nel settore della
cooperazione economica, nell’infrastruttura ferroviaria e in quella energetica.
Da Buenos
Aires, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
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Proseguono gli scioperi, in Ecuador, per protestare contro
la ripresa dei negoziati, in programma a Washington a partire da domani, sul
trattato di libero commercio con gli Stati Uniti. Migliaia di persone hanno
bloccato, ieri, le principali strade del Paese. Alle manifestazioni hanno
partecipato, soprattutto, indigeni e studenti. La Chiesa cattolica dell’Ecuador
si è offerta come mediatrice per risolvere l’aspro confronto tra governo e
organizzazioni indigene. Il presidente dello Stato andino, Alfredo Palacio, ha dichiarato che riprenderà le trattative
cercando di ottenere “le migliori condizioni” per il Paese.
E’ necessario indire nella Repubblica democratica del Congo elezioni giuste, libere, trasparenti e tutelate da
una adeguata cornice di sicurezza. E’ quanto ha detto stamani il segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, al suo arrivo a Kinshasa. Kofi
Annan ha anche sottolineato i progressi compiuti nel
Paese africano a partire dal 2003, anno dell’insediamento di un governo di
transizione.
In Gambia, è stato arrestato il capo di Stato maggiore
dell’esercito, il colonnello Mure Cam,
accusato di voler rovesciare il regime del capo di Stato Yahya
Jammeh. Lo hanno reso noto fonti
militari e di polizia. Dopo aver appreso la notizia, il presidente Jammeh è rientrato in patria dalla Mauritania, dove si
trovava in visita.
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