RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 80 - Testo della trasmissione di martedì 21 marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il voto in Bielorussia: arrestati 20 manifestanti
ma le proteste contro il presidente Lukashenko continuano
Il tema dell’energia al centro dell’incontro a Pechino tra il presidente
russo Putin e quello cinese Hu
Jintao
21 marzo 2006
IL PAPA INVIA IL SUO SALUTO AI MONACI DI MONTECASSINO CHE
OGGI FESTEGGIANO SAN BENEDETTO. IL
CARDINALE PAUL POUPARD HA PRESIEDUTO STAMANE
UNA SOLENNE CELEBRAZIONE ALL’ABBAZIA DI MONTECASSINO
- Intervista con l’abate Edmund
Power -
Oggi l’Ordine benedettino festeggia il suo
fondatore, San Benedetto abate. In questa data, che coincide nell’emisfero
boreale con l’inizio della primavera, si ricorda il transito del Patrono
d’Europa, ma la solennità è celebrata dalla Chiesa l’11 luglio. Il Papa ha
voluto inviare i suoi saluti e la sua benedizione apostolica ai monaci
dell’abbazia di Montecassino delegandoli al cardinale
Paul Poupard, presidente
del Pontificio Consiglio della cultura. Il porporato, proprio a Montecassino, questa mattina ha infatti
presieduto una solenne celebrazione eucaristica. Nel pomeriggio si svolgerà una
processione in onore di San Benedetto, poi, l’abate vescovo Bernardo
D’Onorio impartirà la benedizione all’Europa con la reliquia del Santo. Il servizio
di Tiziana Campisi.
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“Mi ha incaricato di manifestare a tutti voi la sua
vicinanza nella preghiera, la sua spirituale partecipazione a questa
celebrazione, il suo profondo e continuo interesse per le sorti dell’Europa e
dei popoli che la compongono”. Con queste parole il cardinale Paul Poupard si è fatto latore dei
saluti di Benedetto XVI ricordando il profondo legame e la venerazione che il
Papa nutre per il padre del monachesimo occidentale, motivi che lo hanno indotto alla scelta del proprio nome. Il Santo, ha
detto più volte il Papa, costituisce un fondamentale punto di riferimento per
l’unità dell’Europa e richiama fortemente alle radici cristiane della sua
cultura e della sua civiltà.
In particolare il porporato ha voluto sottolineare le
frequenti citazioni del Pontefice della regola di San
Benedetto che prescrive di non anteporre nulla all’amore Cristo. Un invito che
deve toccare il cuore di ogni cristiano e lo stesso richiamo all’amore di Dio,
ha detto ancora il cardinale Poupard, nell’Enciclica
di Benedetto XVI “Deus caritas est”, vuol dire
che solo mettendo l’amore, “che ha la sua misura piena e perfetta in Cristo, al
primo posto si può sinceramente ed efficacemente promuovere la pace, l’armonia
ed il dialogo tra i popoli e le culture, la collaborazione e la solidarietà tra
i Paesi più progrediti economicamente e quelli che hanno bisogno ancora
dell’essenziale per la sopravvivenza”. San Benedetto, ispirato dal Signore,
si è dedicato
alla costruzione della evangelica “città posta sul monte”, ha detto ancora il
porporato, perché potesse illuminare tutti i popoli facendoli progredire nella
concordia fraterna e nella pace. Infine il cardinale Poupard,
ha chiesto l’intercessione del Patrono d’Europa per questo particolare momento
storico, caratterizzato da conflitti, violenze, incomprensioni e divisioni,
perché possa essere costruita, nella pace, sull’esempio di San Benedetto, la
città degli uomini dove nulla si anteponga all’Amore di Cristo.
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E sulla figura di San Benedetto ascoltiamo al
microfono di Marco Cardinali l’abate benedettino dell’abbazia di San Paolo
fuori le Mura a Roma Edmund Power.
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R. –
San Benedetto è un personaggio simbolico, in un senso molto profondo per la
storia dell’Europa, perché lui è il ponte fra la cultura antica cioè classica –
è nato a Norcia tra le mura di quella città romana – e la tradizione patristica
e monastica. In qualche modo ha potuto radunare questi elementi e metterli in
un modo molto ragionevole, molto moderato molto vivibile.
D. –
La regola stessa è simbolo di questo equilibrio…
R. –
Questa regola è un punto di trasmissione di una cultura antica, ricca, cristiana
anche romana e ha potuto dunque superare il passaggio dei secoli e portare
avanti questa civiltà. Poi naturalmente durante l’Alto Medioevo la tradizione
benedettina ha avuto un effetto molto grande su diversi aspetti della cultura europea.
D. –
Padre abate Power, quale sono secondo lei le sfide odierne dell’ordine benedettino
della Chiesa, nella nostra Europa?
R. –
La sfida di oggi è abbastanza grande, è interessante questo aspetto dei valori
cristiani del mondo di oggi, anche nello scambio di lettere tra il Santo Padre
e il Patriarca di Mosca. Il Patriarca ha nominato questo aspetto di difendere
insieme i valori cristiani dell’Europa. Per noi benedettini ovviamente il
nostro primo scopo è la ricerca di Dio, ma non siamo collegati a nessun modo di
vivere, a nessuna attività particolare, ci troviamo più al servizio della vita
umana in tutti i suoi sensi. Da questo punto di vista possiamo cercare i modi
di rispondere alla sfida dei tempi. Non siamo così numerosi come nel passato,
perché ci sono altri movimenti e congregazioni nella Chiesa, ma per noi questa
ricerca di Dio è il fondamento, perché la ricerca della verità è collegata alla
bellezza e questo apprezzamento della cultura è anche un apprezzamento della
bellezza. Alla fine la bellezza è Dio stesso, allora cercare il volto di Dio,
il volto della bellezza è cercare la verità e questa è la base di qualsiasi
attività culturale direi in qualsiasi società, in qualsiasi epoca.
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LO SVILUPPO DEI POPOLI
PARTE DAL RISPETTO DELLA DIGNITA’ DI OGNI UOMO:
NEL MESSAGGIO QUARESIMALE DI BENEDETTO XVI
L’INVITO AD IMITARE
L’ESEMPIO PREZIOSO DEI MISSIONARI NEL MONDO
- Intervista con padre Piero Gheddo
-
Siamo
giunti ormai a metà del cammino quaresimale “tempo privilegiato” del nostro “pellegrinaggio
interiore” verso la Pasqua. Riprendiamo allora alcuni passaggi forti del Messaggio
del Papa, dedicato quest’anno in particolare ad una questione molto dibattuta
ai nostri giorni. Ce ne parla Roberta Gisotti.
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Il tema dello sviluppo al centro di
questa Quaresima. “Con la stessa compassione di Gesù per le folle” - scrive
Benedetto XVI nel suo Messaggio - la Chiesa chiede oggi “a chi ha responsabilità
politiche ed ha tra le mani le leve del potere economico e finanziario di promuovere
uno sviluppo basato sul rispetto della dignità di ogni uomo”, tenuto conto che
“in nessun modo è possibile separare la risposta ai bisogni materiali e sociali
degli uomini dal soddisfacimento delle profonde necessità del loro cuore”. In questo difficile compito maestri sono i missionari,
sottolinea il Papa. Ascoltiamo allora padre Piero Gheddo,
missionario, direttore dell’Ufficio storico del Pontificio
Istituto Missione Estere (PIME):
R. – Il Papa dice che il primo
contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli non sono i
mezzi materiali o le soluzioni tecniche, ma l’annuncio della verità di Cristo,
che educa le coscienze, insegna l’autentica dignità della persona e del lavoro.
Mi pare molto bello questo tema, perché quando si parla di sviluppo dei popoli,
parliamo di popoli poveri. Io sono appena stato in Africa, ho visitato i
missionari in tre Paesi - Senegal, Guinea Bissau e
Mali - e noto sempre questa diversità: noi qui in Italia, in Europa, nel mondo
ricco, parliamo sempre dei problemi economici internazionali, le finanze, le
multinazionali, il commercio, gli aiuti, il debito estero,
tutte cose giuste. Ma quando vado lì e sento i missionari - mi interesso
anche dello sviluppo, si capisce, e non solo del Vangelo - loro dicono che il
tema fondamentale per educare questi popoli è il Vangelo, perché attraverso il
Vangelo, attraverso l’educazione cristiana, anche se poi non si fanno cristiani
per vari motivi, si dà il senso della dignità dell’uomo, il senso del lavoro,
il senso del rispetto dell’altro, si superano i tribalismi
e così via.
D. – Benedetto XVI invita in particolare a partire
dalla difesa della libertà religiosa per uno sviluppo integrale della persona…
R. – Sì, perché la libertà religiosa è uno dei
fondamenti di quello che è lo sviluppo. Non c’è sviluppo dell’uomo senza
libertà. Questo è fuor di dubbio. In tutte le dittature che hanno dominato
tanti Paesi dell’Africa purtroppo per tanti anni, non c’è vero sviluppo - tutti
quei popoli l’hanno capito ormai - perché l’uomo non ha possibilità di
esprimersi e di crescere come uomo.
D. – Quello che dobbiamo comunque trarre da questo
messaggio, prendendo spunto dall’opera di missionari, è che nell’aiutare gli
altri mai dobbiamo dimenticare di essere testimoni
della Parola di Cristo, anche perché, come scrive Benedetto XVI, nessun
progetto economico, sociale o politico sostituisce quel dono di sé all’altro
nel quale si esprime la carità…
R. – Non dobbiamo dimenticare che noi siamo privilegiati
dell’umanità, non per merito nostro, ma perché abbiamo ricevuto per primi il
messaggio di Gesù. Lo sviluppo moderno è nato da quello, da quelle radici. Ecco
perché è assurdo cancellare le radici cristiane dell’Europa. L’Europa oggi è
quella che è, perché è cristianizzata, perché ha un fondamento cristiano.
D. – Quindi, abbiamo il dovere di propagare questo
‘dono’…
R. – Certo, di propagare la fede, di aiutare anche e
di rinunziare ad un poco della nostra ricchezza ed opulenza. Quindi, questo è un
messaggio per i giovani. Sono i giovani che devono andare, che devono educare.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato membro del Consiglio
Speciale per l’America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi mons. José María Arancibia,
arcivescovo di Mendoza (Argentina).
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il tema del nucleare. I membri permanenti dell'Onu e la Germania non trovano
un'intesa sul dossier iraniano.
Servizio
vaticano - Un articolo di Claudio Raimondo dal titolo "Nell'Eucaristia il
presbiterio è chiamato a divenire 'casa' e 'scuola' di comunione": il
nostro Direttore Mario Agnes presenta la Lettera
quaresimale dell'Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno,
Mons. Gerardo Pierro.
Servizio
estero - Cina-Russia: il Presidente Putin in missione a Pechino per colloqui con il Presidente
cinese.
Servizio
culturale - Un articolo di Ferdinando Montuschi da
titolo "Accettare l'altro": la difficile esperienza del "farsi
prossimo".
Per l' "Osservatore libri" un articolo di Franco Lanza dal titolo "Le favole classiche 'restaurate' nel
Seicento da uno scrittore latino della Biblioteca Vaticana": un'accurata
edizione dell'opera di Gabriele Faerno.
Servizio
italiano - In rilievo le elezioni. Confindustria: si
è dimesso Della Valle; era stato attaccato da Berlusconi.
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21 marzo 2006
LA PROLUSIONE DEL CARDINALE RUINI
AL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI.
IL RIFERIMENTO DEL PORPORATO ALLA
NOTA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE DEL 2002 SULL’IMPEGNO DEI
CATTOLICI IN POLITICA:
RILEGGIAMO IL DOCUMENTO ELABORATO
DALL’ALLORA CARDINALE RATZINGER
Ha suscitato numerosi commenti la prolusione del cardinale
Camillo Ruini al Consiglio permanente della
Conferenza episcopale italiana che si è aperto ieri pomeriggio a Roma: al
centro dell’intervento questioni ecclesiali, internazionali e italiane. Il
presidente della CEI, ribadendo il principio della centralità della persona e
del perseguimento del bene comune, ha posto l’accento su alcune tematiche
fondamentali come il rispetto della vita, la tutela della famiglia e del
matrimonio. Il servizio di Debora Donnini.
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L’imminente appuntamento elettorale in Italia, ha trovato
spazio nelle parole del cardinale Ruini che ha
ribadito il non coinvolgimento della Chiesa in alcuna scelta di schieramento politico o partito.
Speciale attenzione va comunque al “rispetto della vita umana dal concepimento
al suo termine naturale” e al “sostegno concreto alla famiglia legittima
fondata sul matrimonio”, “evitando invece di introdurre normative che ne
comprometterebbero gravemente il valore e la funzione”. E “segnali
preoccupanti” per il porporato vengono da “vari Consigli regionali dove sono
state presentate e in qualche caso approvate proposte riguardanti le unioni di
fatto che equiparano in larga misura i loro diritti a quelli delle famiglie
legittime: alcune di queste proposte – ha ricordato il presidente della CEI –
puntano ad essere trasferite al Parlamento nazionale, per diventare legge
dell’intero Paese”.
Sul fronte dell’economia le cui condizioni permangono
“difficili”, il cardinale auspica “un impegno forte e condiviso” per “attenuare
gli squilibri che affliggono da gran tempo il nostro Paese, penalizzando
soprattutto il Meridione, in particolare sul versante cruciale
dell’occupazione”. L’altro fronte è quello del difficoltoso approccio al
“problema dell’immigrazione che rispetti le esigenze di accoglienza solidale e
di reale e ordinata integrazione”: una complessità resa evidente peraltro dal
“grandissimo numero di lavoratori extracomunitari che hanno fatto richiesta di
regolarizzazione, ben al di là della quota prevista per quest’anno”.
La prolusione si è concentrata anche sul dibattito delle
ultime settimane “su un eventuale insegnamento della religione islamica” nelle
scuole pubbliche che, ha affermato il porporato, “in linea di principio non
appare impossibile”, ma occorre in particolare “che
non vi sia contrasto nei contenuti rispetto alla nostra Costituzione, ad
esempio riguardo ai diritti civili, a cominciare dalla libertà religiosa, alla
parità tra uomo e donna e al matrimonio”. Per il porporato “manca in sostanza
finora un soggetto rappresentativo dell’Islam che sia abilitato a stabilire con
lo Stato italiano un accordo in merito” e inoltre “bisognerebbe assicurarsi che
l’insegnamento della religione islamica non dia luogo di fatto ad un indottrinamento
socialmente pericoloso”.
Anche
l’uccisione in Turchia di don Andrea Santoro ha trovato spazio nella prolusione
che si è soffermata sulla “difficile situazione dei cristiani in vari Paesi a
dominanza musulmana o anche retti da sistemi politici avversi alla religione”.
Il porporato ha parlato dei contrasti sempre più forti fra musulmani e
cristiani in Nigeria anche ma non solo “per la tendenza ad imporre la legge
islamica in alcuni Stati”. Invitate le nazioni occidentali a prestare più
attenzione a problematiche nelle quali sono in gioco fondamentali diritti umani.
Il discorso del presidente della CEI ha abbracciato poi l’Iraq, la Terra Santa
e la questione del nucleare iraniano ricordando il più generale richiamo del
Papa ad andare verso “un progressivo e concordato disarmo nucleare”. Non ha poi
dimenticato le regioni dell’Africa orientale ferite dalla siccità e dall’esaurimento
di scorte di cibo. “E’ triste costatare – ha detto – quanto poco rilievo simili
immani tragedie riescano ad avere nella comunicazione sociale e nella coscienza
collettiva”. Ripercorsa anche nella sua attrattiva e forza l’Enciclica
Deus caritas est. “Con questa Enciclica – ha
sottolineato il cardinale Ruini – il Papa ci invita a
vivere l’amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo”.
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Nella sua Prolusione il cardinale Ruini
invita a rileggere la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del
24 novembre 2002 “circa
alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella
vita politica”. La Nota, elaborata dall’allora cardinale Joseph
Ratzinger, ricordava ai cattolici la coerenza tra fede
e azione politica, evitando una “diaspora culturale” e, come diceva Giovanni
Paolo II, una loro “facile adesione a forze politiche e sociali che si
oppongano, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina
sociale della Chiesa”. Rileggiamo dunque la Nota della Congregazione per la
Dottrina della Fede in questa sintesi di Sergio Centofanti.
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La Nota parte con la lezione esemplare di San Tommaso
Moro, Patrono dei governanti e dei politici, che ha saputo “testimoniare fino
al martirio la dignità inalienabile della coscienza. Pur sottoposto a varie
forme di pressione psicologica, rifiutò ogni compromesso, e senza abbandonare
‘la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni legittime’ che lo distinse,
affermò con la sua vita e con la sua morte che l’uomo non si può separare da
Dio, né la politica dalla morale”.
Il documento ricorda che “i fedeli laici non possono
affatto abdicare alla partecipazione alla politica” essendo chiamati a
promuovere “il bene comune”.
Oggi tuttavia – si legge nella Nota – “non è possibile
sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze
culturali vorrebbero orientare le legislazioni”: queste correnti, assecondando
un certo relativismo culturale, considerano il “pluralismo etico … la
condizione per la democrazia”. Così da
alcune parti “invocando
ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini — e
tra questi ai cattolici — si chiede di rinunciare a contribuire alla vita
sociale e politica” : ma i cittadini
cattolici – “come tutti gli altri cittadini” – hanno “il diritto-dovere …di
promuovere e difendere con mezzi leciti” ciò che ritengono umanamente vero e
giusto.
E – afferma la Nota – ci sono “esigenze etiche
fondamentali e irrinunciabili”: non si tratta di “valori confessionali” ma di
principi radicati nell’uomo stesso e nella sua stessa dignità, come il diritto
alla vita di ogni essere umano, anche dell’embrione, la tutela della famiglia e
del matrimonio, la libertà religiosa, la libertà educativa, lo “sviluppo per una economia al
servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale,
del principio di solidarietà umana” e della sussidiarietà,
e poi il grande principio della “pace
che è sempre frutto della giustizia ed effetto della carità”.
La Nota ribadisce la piena accettazione da parte della
Chiesa del principio di laicità ma denuncia forme di “intollerante
laicismo” che vogliono “la marginalizzazione del Cristianesimo”. Il documento invita quindi i cristiani a non
nutrire “alcun complesso di inferiorità nei confronti di altre proposte che la
storia recente ha mostrato deboli o radicalmente fallimentari”.
Nella “legittima pluralità” di opzioni politiche –
conclude il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede - i cattolici sono dunque chiamati a offrire “il
loro coerente apporto perché attraverso la politica si instauri un ordinamento
sociale più giusto e coerente con la dignità della persona umana”.
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“COMBATTERE LA DISCRIMINAZIONE
QUOTIDIANA”: QUESTO, IL TEMA SCELTO
DALLE
NAZIONI UNITE PER L’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE
PER
L’ELIMINAZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
- Con
noi, il dott. Riccardo Noury -
“Nessuno
di noi nasce per odiare. L’intolleranza viene
insegnata e può essere eliminata tramite l’insegnamento”: queste, le parole del
segretario generale della Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale
per l’eliminazione della discriminazione razziale, quest’anno sul tema:
“Combattere la discriminazione quotidiana”. L’iniziativa, giunta alla 40.ma
edizione, dà il via alla Settimana di solidarietà con i popoli in lotta contro il razzismo e la
discriminazione razziale. Il servizio di Roberta Moretti:
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21
marzo 1960: è la tragica data del massacro di Sharpeville,
in Sudafrica, quando la polizia aprì il fuoco e uccise 69 pacifisti che
manifestavano contro le leggi emanate dal regime dell’apartheid. Sei anni più
tardi, le Nazioni Unite decisero di dedicare questo giorno alla lotta contro la
discriminazione razziale. Un fenomeno che coinvolge nel mondo
milioni di persone e che potrà essere arginato, secondo Kofi Annan, solo attraverso
un’educazione capillare alla tolleranza nella quotidianità. Il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury:
“E’ difficile
dare un quadro esatto di un fenomeno che oggi è sempre meno previsto dalle
leggi, ma è praticato quotidianamente. Pensiamo al mancato accesso
all’uguaglianza dei diritti, che vede colpiti gli aborigeni in Australia, gli Indios in America Latina - dove c’è un enorme problema
legato al possesso della terra e all’uso delle risorse - gli Uiguri e i Tibetani in Cina. Da
questo punto di vista vi è un misto di razzismo e negazione dei fondamentali
diritti culturali e religiosi. Così come pensiamo al razzismo che colpisce in
diversi Paesi dell’Asia meridionale, dal Laos, al Vietnam, alla Birmania, dei
gruppi etnici minoritari attraverso un vero e proprio campionario di violazioni
dei diritti umani, tra cui uccisioni, lavori forzati, sparizioni, arresti e
impossibilità di svolgere attività politica alla luce del sole. In Russia, le popolazioni
caucasiche che migrano all’interno della Federazione
russa, per fuggire spesso alla repressione e alla guerra, vengono
identificate tout court come dei potenziali sabotatori e terroristi”.
E dopo l’11 settembre del 2001, anche le persone
provenienti da Paesi arabi vengono spesso viste con
sospetto in Occidente. Ancora Noury:
“Prende vigore
sempre di più il cosiddetto profilo sociale, ovvero un’etichettatura di una
persona sulla base di connotati puramente esteriori che ne fa di per sé un
soggetto pericoloso. Nella nostra Unione Europea tutto questo ad esempio si traduce
in una pericolosa equiparazione tra il fenomeno migratorio e la minaccia terroristica,
come se giungere su una barca di fortuna - quando ci si arriva vivi a Lampedusa
– possa, per esempio, voler dire che quella è la porta che si è scelta per
compiere attentati in Europa. Il diritto di asilo è fortemente
compromesso oggi in Europa e questa è anche una diretta conseguenza del post 11
settembre”.
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21
marzo 2006
grazie a don luigi ciotti
per il suo impegno contro la criminalità.
così l’arcivescovo di
torino, il cardINALE SEveriNo Poletto, in occasione dell’11esima Giornata
Nazionale contro la Mafia
- A cura di Fabrizio Accatino
-
TORINO . = Ieri sera, nella
cattedrale di Torino, l’arcivescovo Severino Poletto
ha raccolto in preghiera rappresentanti delle Chiese
cattoliche, ortodosse e valdesi, uniti nel ricordo e nella preghiera per le
vittime della mafia. Alla presenza di don Ciotti e
del giudice Caselli, il cardinale Poletto ha nominato
una a una le 650 vittime della criminalità
organizzata, ha ricordato le opere e la morte di don Puglisi
e si è duramente scagliato contro tutti coloro che "con la violenza e le
armi, cercano di creare una struttura di morte che si sostituisca allo
Stato". Fra i banchi c'erano anche diversi parenti delle vittime. Il
cardinale li ha ricordati con intensità: a loro ha chiesto di perdonare, per
quanto umanamente impossibile, grazie all'amore di Dio. Il cardinale Poletto ha anche ricordato il discorso della Valle dei
Templi del 9 maggio 1993, in cui Giovanni Paolo II aveva lanciato l'anatema ai
mandanti delle stragi di mafia, ed ha concluso dicendo: “Sull'odio dobbiamo
credere che trionferà l'amore, sul crimine la legalità, sul peccato l'amore di
Dio e quello per il prossimo”.
le minoranze etniche devono imparare a camminare da
sole.
E’ questa la sfida della chiesa in Thailandia
Bangkok.
= L’impegno della Chiesa thailandese “è
rivolto anche alle minoranze, spesso emarginate, che devono essere rispettate
perché possono dare un grande aiuto alla Nazione”. Con queste parole padre Manat Supphalak, direttore della
Commissione episcopale per l’aiuto ai rifugiati, parla della missione
evangelizzatrice nei confronti delle comunità di rifugiati che si trovano nel
Paese. “Per prima cosa – afferma all’agenzia Asia News – dobbiamo imparare a
rispettarli e a non renderli degli emarginati sociali. Poi abbiamo il dovere
morale di lavorare affinché possano vivere un vero sviluppo economico delle
loro comunità, aiutandoli a stare in piedi da soli. Gettare loro degli aiuti
alimentari non li aiuta per nulla”. Le istituzioni locali – secondo padre Supphalak - non possono aiutare queste minoranze perché
loro stesse non hanno coscienza di essere thailandesi
e quindi non cercano di accedere ai programmi educativi o sanitari predisposti
dal governo. Quanto agli aiuti economici il quadro non migliora. Sfruttando i
prestiti del governo, spesso le minoranze non sono in grado di definire piani
di sviluppo. “Lo spendono e basta” - dichiara – specificando che quando arriva
il momento di saldare il debito, sono costretti a vendere i loro beni e a volte
anche la loro terra, unica fonte di sostentamento. Sul piano
dell’evangelizzazione, padre Supphalak riporta la sua
esperienza, quattro anni di lavoro, al fianco dei Karen,
popolazione che vive sulle colline thailandesi. Un
periodo lungo che, per esempio, è servito per spiegare ad alcuni membri della
comunità come funziona l’apparato statale. “Ora - sottolinea - hanno allacci
idrici ed elettrici”. Grazie all’impegno della diocesi di Nakhon
Sawan, c’è da ricordare inoltre la creazione di una
scuola per questa minoranza. Così fra i giovani - racconta ancora il direttore
della Commissione episcopale per l’aiuto ai rifugiati – “20 sono in grado di
arrivare al diploma e, una volta ottenuto, si sono
impegnati a tornare qui a lavorare per lo sviluppo di tutta la comunità. Evangelizzare
significa anche questo”. La Thailandia ha sei minoranze
principali: Karen, Hmang, Lahu, Lisu, Mien
ed Akha. I Karen si sono
stabiliti nel Paese nel 18.mo secolo e, con quasi 300 mila membri, formano il
gruppo etnico più grande. (E. B.)
FARE IL PUNTO SULLE ATTIVITÀ SVOLTE NEL QUADRO
DELLA COOPERAZIONE
MISSIONARIA ED AFFRONTARE TEMI COMUNI ALLE VARIE
REALTÀ DEL VECCHIO
CONTINENTE. QUESTI I TEMI AL CENTRO DEL MEETING
EUROPEO DEI DIRETTORI
NAZIONALI DELLA PASTORALE MISSIONARIA DELLE
PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE,
CONCLUSOSI IERI NEL PALERMITANO
- A cura di Alessandra Zaffiro -
PALERMO. = In occasione del
50.mo anniversario del Fidei Donum,
il segretario generale della Pontificia Unione Missionaria, don Vito Del Prete,
ha segnalato quanto siano in calo i preti FD nel
mondo, da 1200, nei due decenni ’70-’80, a 551 del marzo 2004, provocato
secondo Del Prete da un calo vocazionale: 65 mila presbiteri negli anni ’60,
solo 35 mila oggi. Ed ancora la mancanza di preparazione specifica alla
missione, con il rischio che il Fidei Donum si trasformi in missionario
a vita per mancanza di ricambio, e la non utilizzazione dei preti FD al ritorno
nelle loro chiese di origine, completano secondo don Del Prete l’elenco delle
cause di una tale crisi. Sul tema “La pastorale missionaria dopo 40 anni di Ad Gentes”, a cura di don
Gianni Colsanti, della Pontificia Università Urbaniana, si è parlato della prospettiva di fare delle
Pontificie Opere Missionarie non un organismo quasi esclusivamente deputato
alla raccolta di contributi finanziari per le Chiese in terra di missione, ma
una risorsa che incentivi lo sviluppo pastorale della missione. Tanti gli
interrogativi emersi sul tema “Cristianesimo e Islam”, come quale indicazione
dare come Europa missionaria e come intendere la missione verso l’Islam.
Risposte non facili, vista la diversità da Paese a Paese nell’approccio alle
problematiche. L’auspicio è che questo meeting possa rappresentare l’inizio di
una possibile collaborazione nello sviluppo unitario di una pastorale missionaria
europea.
rilanciare l’agricoltura
per migliorare le condizioni di vita in Malawi.
la regione lazio
raccoglie l’invito della comunita’ di sant’egidio
per superare l’emergenza
in una zona non raggiunta da altri aiuti
ROMA. = Combattere la carestia
in Malawi. E’ questa la parola d’ordine per la
Comunità di Sant’Egidio ed ora anche per la Regione Lazio. Concretamente si
tratta soprattutto di avviare programmi per l’agricoltura, la formazione, la
creazione di professionalità e di sostenere il rilancio di piccolissime imprese
attraverso programmi di microfinanza. Il tutto in un
bacino che serve almeno 200 mila persone, in Malawi,
il Paese africano dove impoverimento della terra, monocolture e diminuzione
degli agricoltori, pongono seriamente a rischio l’esistenza delle generazioni
più deboli. La Regione Lazio ha dunque raccolto l’invito della Comunità di
Sant’Egidio, sostenuto anche da Coldiretti, per una
partnership immediata che si rivolge ai due centri maggiori del Malawi, Lilongwe e Shere Valley. La prima fase del
progetto, di durata triennale, è stata già realizzata grazie ad un contributo di 25 mila euro erogato dalla Regione Lazio, che si aggiunge
alle sottoscrizioni raccolte dalla Comunità di Sant’Egidio. Questo primo sforzo
ha reso possibile l’acquisto di alimenti e precisamente di oltre 2000 pacchi
per altrettante famiglie, sufficienti per il sostentamento di un mese. A
beneficiare degli aiuti, distribuiti fra febbraio e marzo, sono soprattutto
centinaia di bambini, individuati attraverso una decina di scuole elementari
dell’area. Un’area difficilmente raggiungibile da altri piani di aiuto a causa
delle difficili condizioni geografiche. Nella Shere Valley villaggi e scuole, posti per lo più fra diversi
affluenti, restano spesso isolati per le alluvioni. Nella zona di Lilongwe, invece, molte abitazioni sono dislocate sulle
montagne attigue e quindi donne e minori riescono difficilmente a raggiungere
il centro abitato. Qui è attivo un centro nutrizionale, gestito dei volontari
della comunità presbiteriana locale, che, pur offrendo sostegno a migliaia di
bambini, rischia tuttavia di chiudere per mancanza di fondi. Fondi e
collaborazione che la Regione Lazio ha garantito per tre anni anche al
programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio in Mozambico. Attraverso questo
progetto, già collaudato dopo anni di esperienza, l’obiettivo è quello di
creare una generazione senza AIDS in un'altra martoriata regione africana. (E. B.)
LA SPAGNA CHIEDE ALL'UNIONE EUROPEA DI DISCUTERE,
QUESTA SETTIMANA,
LA CRISI
DELL'EMIGRAZIONE CLANDESTINA DALLA MAURITANIA ALLE CANARIE
E STABILIRE
''UN APPROCCIO GLOBALE'' ALLA POLITICA DEL CONTINENTE
AFRICANO.
LA PROPOSTA
FA SEGUITO AD UN'ONDATA DI OLTRE TREMILA PERSONE PROVENIENTI DALLE REGIONI SUBSAHARIANE
- A cura di Amina Belkassem
-
ALGERI. = Sono oltre 3 mila, circa 1200 solo nell’ultima
settimana, i clandestini subsahariani che dall’inizio
di quest’anno hanno raggiunto la città e il lago spagnolo delle Canarie,
provenienti dalle coste della Mauritania. 65 i cadaveri trovati in mare negli
ultimi dieci giorni e oltre 1200, secondo la Mezza Luna Rossa, i morti affogati
dallo scorso novembre. E’ questo il tragico bilancio dell’ondata migratoria che
sta colpendo le Canarie. Sei mesi dopo gli assalti di Ceuta
e Melilla e la loro successiva blindatura, con il
dispiegamento dell’Esercito, l’innalzamento del muro, e gli accordi con il Marocco,
è Tenerife non protetta da radar, a soli 900 km dalle coste mauritane,
l’obiettivo principale di emigranti provenienti da Mali, Senegal, Gambia, Costa
d’Avorio, disposti a pagare mille euro, spesso i risparmi di una vita, per
ottenere un posto sui fragili caicchi in vetro-resina e raggiungere così il
sogno europeo. Spagna e Mauritania hanno creato una commissione mista per affrontare
l’emergenza e oggi pomeriggio anche l’Unione Europea ha attivato Frontex, l’Agenzia Europea delle Frontiere Esterne Europol. “Per quante barriere possiamo mettere, non potremo
fermare l’ansia di vivere di tutti questi esseri umani. C’è bisogno di una
riflessione e di una strategia più profonda. La fame e la disperazione sono il
cuore del problema”, ha avvertito pochi giorni fa il ministro degli Esteri
spagnolo, Moratino, invocando una mobilitazione
internazionale per risolvere alla radice l’emergenza africana.
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21 marzo 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, una centrale della polizia nella città di Muqdadiya, a nord est di Baghdad, è stata attaccata da un
gruppo di ribelli. Durante l’assalto, sono morti almeno 18 agenti e 10 estremisti.
I ribelli hanno anche liberato 30 detenuti, accusati di essere coinvolti in
azioni terroristiche. Intanto, nel terzo anniversario
dell’inizio delle operazioni militari in Iraq, il presidente americano George Bush ha dichiarato ieri a Cleveland, in Ohio, che
“rimuovere Saddam Hussein è stata la decisione giusta”. “Se non combattiamo
questa guerra - ha avvertito il capo della Casa Bianca sottolineando i successi
contro Al Qaeda - dovremo combattere sul nostro
territorio”. Passando dall’Iraq all’Iran, il presidente statunitense ha poi
spiegato che “le ambizioni atomiche della Repubblica islamica sono una minaccia
per l’America e per la pace nel mondo. Se sarà necessario - ha precisato Bush -
difenderemo con la forza il nostro alleato Israele.
In Medio Oriente, è stato temporaneamente
aperto questa mattina il valico commerciale di Karni
tra Israele e la Striscia di Gaza per permettere il passaggio di decine di
camion carichi di beni alimentari destinati ai palestinesi. La breve apertura è stata decisa
per rispondere alla grave carenza di cibo e di medicine nei Territori. Sul
versante politico, intanto, il movimento fondamentalista
Hamas, vincitore alle elezioni palestinesi dello scorso 25 gennaio, non ha
ancora ricevuto il sostegno del Comitato esecutivo dell’OLP. La lista dei
ministri della compagine governativa palestinese è stata presentata domenica
scorsa al presidente palestinese ma l’esecutivo deve
ancora ricevere la fiducia da parte del Consiglio legislativo.
In Bielorussia,
centinaia di dimostranti si sono radunati nella notte, a Minsk,
per chiedere la ripetizione delle elezioni. La polizia è intervenuta arrestando
diverse persone, tra cui quattro esponenti dell’opposizione. Il nostro
servizio:
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Centinaia di manifestanti, soprattutto
giovani, hanno sfidato la neve e il divieto delle autorità di accamparsi in
tende nel centro di Minsk. Hanno sventolato bandiere
della Bielorussia e dell’Unione Europea scandendo slogan con le parole “libertà” e
“giustizia” come avevano fatto migliaia di ucraini nel 2004 a Kiev. I dimostranti hanno anche chiesto la ripetizione
delle presidenziali di domenica scorsa, vinte da Alexander
Lukashenko con oltre l’80 per cento dei voti. Alle
proteste è poi seguita la reazione della polizia: gli agenti hanno arrestato
almeno 20 persone, tra le quali quattro rappresentanti dell’opposizione. I
quattro sono stati prima separati dal gruppo di dimostranti e quindi arrestati
dagli agenti in un clima di grande tensione. Chi protesta contro i risultati
elettorali, secondo quanto reso noto dai servizi segreti bielorussi
prima della consultazione, è considerato un terrorista e rischia l’ergastolo o
la pena di morte. Ma la voglia di libertà sembra prevalere sulla paura. Il leader
dell’opposizione, Alexander Milinkevich, ha annunciato per questa notte
un altro sit-in
di proteste nella centralissima piazza d’Ottobre, dove saranno difficili i rifornimenti
di viveri e bevande calde: le forze di sicurezza hanno deciso, infatti, di
impedire l’accesso in auto alla piazza. Ma all’isolamento di chi protesta si
contrappone il sostegno degli Stati Uniti alla richiesta di nuove elezioni
lanciata dall’opposizione. L’Unione Europea sta valutando, inoltre, la
possibilità di sanzioni e la Nato parla di voto non
democratico. Gli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa (OSCE) denunciano il mancato rispetto degli standard
internazionali. Per il governo russo, invece, il voto è stato libero e
trasparente.
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Energia in primo
piano oggi a Pechino nei colloqui tra il presidente russo Putin
e quello cinese Hu Jintao.
La delegazione russa ha già annunciato la costruzione - nei prossimi cinque
anni - di due gasdotti diretti al mercato cinese. Ma quanto è importante il
fattore energetico per i due Paesi? Giada Aquilino lo ha chiesto a Fulvio
Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana e grande esperto di area ex
sovietica:
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R. – La Cina ha un grandissimo
bisogno di rifornimenti energetici costanti, sicuri per sostenere la propria
crescita economica. La Russia ha bisogno di clienti importanti e affidabili per
poter continuare a guadagnare con le forniture energetiche e sostenere il
difficilissimo processo di riforma della sua struttura economica.
D. – Si parla addirittura di un ramo cinese del futuro
oleodotto siberiano. Che interessi ci sono in gioco esattamente?
R. – Ci sono interessi evidentemente finanziari. E poi ci
sono interessi anche di tipo strategico e geopolitico.
E’ ormai chiaro che, indebolite certe istanze comunitarie universalistiche come
l’ONU ed altre realtà come l’Unione europea, il pallino della politica internazionale
è tornato nelle mani dei grossi Paesi. Sono quei Stati che hanno una massa tale
da condizionare la politica internazionale. Questi Paesi sono gli Stati Uniti
ma anche la Cina, la Russia, l’India e in prospettiva
il Brasile. Naturalmente tra loro adottano una politicamente disinvolta. Gli
Stati Uniti, in particolare, sono molto intimoriti dal nucleare e ne parlano
moltissimo. Hanno di fatto fondato il Trattato per la
non proliferazione nucleare, stringendo un accordo con l’India, una potenza
nucleare. La Russia e la Cina rispondono con una
sinergia energetica tra due economie che
hanno esigenze diverse, ma abbastanza complementari.
D. – Tra l’altro Russia e Cina
sono anche accomunate da una certa linea morbida nei confronti dell’Iran,
perché?
R. – Per ragioni diverse. La Cina
ha trovato nell’Iran un importante fornitore di gas e di petrolio a prezzi
competitivi. E la Cina, al posto di pagare totalmente
con cash queste forniture, sta
ricostruendo e rinnovando l’intero apparato petrolifero dell’Iran. La Russia ha
un altro interesse, in parte economico: attraverso l’Iran riesce a far arrivare
il proprio petrolio direttamente sul Golfo Persico. L’Iran è, in secondo luogo,
la sua porta sul Medio Oriente.
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In Francia, continua il ferreo confronto sul contratto di
primo impiego. I sindacati e le organizzazioni degli studenti hanno annunciato,
per il 28 marzo, una nuova giornata di manifestazioni e scioperi. Un deputato
del Parlamento francese ha dichiarato, intanto, che il premier Dominique de Villepin intende
presentare una soluzione di compromesso sul contratto di primo impiego. Nel
pomeriggio è prevista, infatti, una riunione alla quale prenderà parte anche il
primo ministro per considerare possibili soluzioni. Tra le proposte in esame,
c’è quella di costringere il datore di lavoro a
motivare l’eventuale licenziamento. Attualmente, la legge permette alle
aziende di licenziare, nei primi due anni, i giovani con meno di 26 anni senza
giusta causa.
Manca ancora una posizione comune da parte
della comunità internazionale sulla crisi nucleare iraniana: l’incontro di ieri
a New York tra i rappresentanti dei cinque membri permanenti del Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite e una delegazione della
Germania si è chiuso, infatti, senza l’adozione di una strategia
congiunta per rispondere al piano nucleare dell’Iran. Le parti hanno comunque
deciso di continuare i colloqui a sei.
Nuovo test missilistico in Pakistan: il
presidente, Pervez Musharraf,
ha annunciato che è stato lanciato con successo un missile balistico con una
gittata di 500 chilometri e in grado di portare testate nucleari. Il missile è
già stato sperimentato lo scorso mese di agosto. Il suo volo a bassa quota è
invisibile ai radar.
Due nuovi focolai di influenza aviaria nella
Malaysia: tracce del ceppo H5N1, il più letale per l’uomo, sono state trovate
in alcuni polli di allevamenti nello Stato di Perak,
nella parte centrale del Paese. Le autorità del Cairo hanno confermato il primo
caso di influenza aviaria in Egitto. Il Pakistan ha confermato, inoltre, la
presenza del virus in campioni prelevati da pollame e sottoposti, nel mese scorso,
a test di laboratorio in Gran Bretagna.
Oltre 7 mila persone sono rimaste senza tetto
dopo il passaggio, ieri, del ciclone tropicale Larry,
di intensità pari all’uragano Katrina che lo scorso agosto ha devstato New Orleans. Le aree più colpite sono la cittadina
di Innisfail e le
zone del Queensland settentrionale. Fortunatamente,
non si segnalano vittime.
Quattro persone sono morte a causa di una violenta scossa
di terremoto, avvenuta ieri nella regione di Kherrata,
nel nord est dell’Algeria. Lo ha riferito la radio di Stato, precisando che il
villaggio pù colpito è quello di Laalam,
dove sono crollate decine di abitazioni. Il nord
dell'Algeria è in una zona sismica e i terremoti, in questa area, sono
frequenti. Nel 2003, Algeri e la zona circostante sono state colpite da un
violento sisma che aveva causato oltre 2.300
morti.
In Italia, identificati i presunti
killer di Francesco Fortugno, il vice presidente del
Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005, nel
seggio per le primarie dell’Unione. La polizia ha arrestato un pregiudicato di
27 anni, accusato di essere l’esecutore materiale dell’assassinio, e altri 4
giovani. Gli
inquirenti stanno anche verificando un eventuale collegamento tra l’omicidio di
Fortugno e l’agguato di ieri contro il calciatore del Locri, Vincenzo Cotroneo, ucciso
da due killer a Bianco, in provincia di Reggio Calabria.
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