RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 79  - Testo della trasmissione di lunedì 20  marzo 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La fedeltà alla sede di Pietro, più forte della persecuzione, e la volontà di dialogo tra le Chiese cristiane sorelle: questi i meriti della Chiesa armeno-cattolica secondo Benedetto XVI, che ha ricevuto il patriarca Nerses Bedros XIX e i membri del Sinodo Patriarcale

 

Il lavoro sia sempre al servizio della dignità dell’uomo: sull’appello del Papa ieri, nella Solennità di San Giuseppe, il commento di Cristiano Nervegna, presidente del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica

 

L’incontro in Vaticano, la settimana scorsa, degli Osservatori permanenti della Santa Sede: ce ne parla l’arcivescovo Giovanni Lajolo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Tre anni dopo l’attacco anglo-americano su Baghdad, l’Iraq ancora alle prese con un difficile e travagliato percorso politico: intervista con Younis Tawfik

 

Al via stasera a Milano il Festival del cinema africano, dell’Asia e dell’America Latina: ai nostri microfoni Alessandra Speciale

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nuovo omicidio di un sacerdote cattolico: questa volta in India: si tratta di padre Eusebio Ferrao, parroco di S. Francesco Saverio, nella diocesi di Goa

 

Da oggi al 31 marzo i lavori a Curitiba, in Brasile, dell’ottava Conferenza dei 188 Paesi firmatari della Convenzione sulla biodiversità, per proteggere gli ecosistemi del pianeta

 

Inaugurato a Roma un monumento a Sant’Annibale Maria di Francia

 

Riuniti a Siviglia in Spagna 150 imam e rabbini giunti da Europa, Africa, Medio Oriente e Nord America per tracciare un cammino di moderazione per i credenti contro i fondamentalismi

 

Inaugurato ad Assisi il nuovo Museo Pericle Fazzini

 

24 ORE NEL MONDO:

Alta tensione in Bielorussia dopo le presidenziali vinte da Lukashenko con oltre l’80%. L’opposizione democratica denuncia massicci brogli e scende in piazza. L’Unione Europea pensa alle sanzioni. Ma per la Russia il voto è stato corretto

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 marzo 2006

 

 

 

LA FEDELTA’ ALLA SEDE DI PIETRO, PIU’ FORTE DELLA PERSECUZIONE, E LA VOLONTA’

DI DIALOGO TRA LE CHIESE CRISTIANE SORELLE: QUESTI I MERITI DELLA CHIESA

ARMENO-CATTOLICA SECONDO BENEDETTO XVI, CHE NE HA RICEVUTO

IL PATRIARCA NERSES BEDROS XIX E I MEMBRI DEL SINODO

 

Seicentomila fedeli sparsi soprattutto nell’Europa orientale, un clero di 120 sacerdoti coadiuvati da una novantina di religiose. Sono le cifre attuali della Chiesa armena cattolica, che oggi ha concluso con l’udienza in Vaticano del Patriarca Nerses Bedros XIX Tarmouni una settimana di incontri a Roma: prima del Consiglio permanente del Sinodo e poi del Sinodo ordinario, i cui membri sono stati ricevuti anch’essi questa mattina dal Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Nel ventesimo secolo, la storia l’ha resa, a lungo, una Chiesa di martiri, vittima del “grande male”. Dalla radice di quelle sofferenze, l’alba del terzo millennio cristiano la vede crescere in un clima di ritrovata fraternità tra le sue varie “anime”: un segno di quella “piena unità” molte volte auspicata dai Papi. Tra questi due aspetti principali, Benedetto XVI ha condensato le sofferte vicende dell’“antica e nobile” Chiesa armena, di quella cattolica ma anche di quella “apostolica”, quest’ultima separatasi da Bisanzio e Roma nel Concilio ecumenico di Calcedonia del 451, ma tutte espressione spirituale di un popolo capace di una fede quasi bimillenaria. Al Patriarca Nerses Bedros XIX e al Sinodo armeno-cattolico Benedetto XVI ha anzitutto espresso “profonda riconoscenza” per il “forte attaccamento” dimostrato verso la Sede di Pietro nel corso dei secoli. Un attaccamento che, soprattutto agli inizi del Novecento, si è trasformato in una coerenza pagata fino al sacrificio estremo:

 

“La Chiesa armena, che fa riferimento al Patriarcato di Cilicia, è certamente partecipe a pieno titolo delle vicende storiche vissute dal popolo armeno lungo i secoli e, in particolare, delle sofferenze che esso ha patito in nome della fede cristiana negli anni della terribile persecuzione che resta nella storia col nome tristemente significativo di metz yeghèrn, il grande male”.

 

Pur costretti dalla diaspora a frammentarsi in molte aree dell’est Europa e del Medio Oriente, gli armeni cattolici – ha riconosciuto il Papa – “si sono sempre sforzati di integrarsi con la loro operosità e la loro dignità nelle società in cui si sono venuti a trovare, continuano a testimoniare anche oggi la loro fedeltà al Vangelo”, grazie anche al ruolo unificatore svolto dal Patriarcato che ha sede in Libano. Ma di cammino verso l’unità il Papa ha voluto parlare anche in merito al “dialogo cordiale e fruttuoso” che gli armeni cattolici intrattengono, specialmente negli ultimi decenni, con la Chiesa armena apostolica e le altre denominazioni che “riconoscono in San Gregorio l’Illuminatore il comune padre fondatore”. Nel ricordare le celebrazioni del 2001, quando anche Giovanni Paolo II rese onore ai 1700 anni dell’evangelizzazione della Chiesa armena, Benedetto XVI ha affermato:

 

“Incoraggio questa ritrovata fraternità e collaborazione, auspicando che da essa scaturiscano nuove iniziative per un percorso comune verso la piena unità. E se gli avvenimenti storici hanno visto la frammentazione della Chiesa armena, la Divina Provvidenza farà sì che un giorno essa torni ad essere unita con una sua Gerarchia in fraterna sintonia interna e in piena comunione con il vescovo di Roma (…) L’amore del Signore per la Chiesa pellegrina nel tempo saprà offrire ai cristiani – è la nostra fiduciosa speranza – i mezzi necessari per realizzare il suo pressante desiderio: ut unum sint”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Sempre stamane il Santo Padre ha ricevuto in successive udienze il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Camerun, in visita "ad Limina".

 

In Italia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jesi presentata da mons. Oscar Serfilippi, dell’Ordine Francescano dei Frati Minori Conventuali, per raggiunti limiti di età.

Gli succede mons. Gerardo Rocconi, finora vicario generale della diocesi di Senigallia.

 

Mons. Gerardo Rocconi è nato a Corinaldo, in provincia di Ancona, il 14 novembre 1949. E' stato ordinato sacerdote per la diocesi di Senigallia il 15 settembre 1973. Nel 1994 è stato nominato prelato d'onore di Sua Santità.

 

 

IL LAVORO SIA SEMPRE AL SERVIZIO DELLA DIGNITA’ DELL’UOMO: SULL’APPELLO

DEL PAPA IERI, NELLA SOLENNITA’ DI SAN GIUSEPPE, IL COMMENTO DI CRISTIANO

NERVEGNA, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO LAVORATORI DI AZIONE CATTOLICA

 

“Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società e per questo occorre” che “sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell'umana dignità e al servizio del bene comune”. Ha destato ampia eco il richiamo di Benedetto XVI rivolto ieri al mondo del lavoro, nella solennità di San Giuseppe, patrono dei lavoratori. Nella Santa Messa per l’occasione, il Pontefice ha messo l’accento sull’uomo che sempre deve essere “soggetto e protagonista del lavoro”. Parole queste accolte come un salutare incoraggiamento da Cristiano Nervegna, segretario del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica ha proprio come missione quella di custodire la dignità della persona umana, rimettendola al centro dei processi lavorativi. Per noi è stato un momento di grande conforto, anche di sostegno. Sono, quelle di Benedetto XVI, parole importanti, parole che caratterizzano tutto il magistero sociale della Chiesa, dalla prima Enciclica Rerum Novarum fino alla Centesimus Annus. In più di cento anni di magistero sociale, l’uomo viene messo al centro del lavoro e di tutte le attività che lo riguardano.

 

D. – Come testimoniare i valori cristiani nella quotidianità della vita lavorativa, anche in base all’esperienza del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica?

 

R. – Il Movimento ha un metodo preciso che è il metodo della revisione di vita. Vuol dire che per questa testimonianza è necessaria intanto una conoscenza dei cambiamenti che caratterizzano gli ambienti in cui siamo missionari. Tra l’altro, il Papa l’ha ricordato: bisogna essere in grado di capire quali mutamenti stanno caratterizzando questo mondo del lavoro. Faccio soltanto riferimento al fatto che in Europa ormai sono aumentati enormemente non soltanto i poveri, ma anche forme ibride di occupazione e lavori precari o a bassa qualità. Ai cristiani, agli iscritti al Movimento Lavoratori, viene chiesto di agire, di presentare strade nuove che aiutino a modificare le rigidità, la solitudine che una parte importante del mondo del lavoro sta vivendo.

 

D. – Come vi rapportate di fronte a questo tema della precarietà del lavoro?

 

R. – Il Movimento Lavoratori ha ben chiaro che le tipologie di contratti, che in questi anni stanno venendo fuori, da un lato facilitano le aziende ad essere più competitive. Tuttavia, molto spesso creano difficoltà ai lavoratori, in quanto non sono quasi mai collegate ad un percorso di formazione continua per i lavoratori, che consenta di trasformare la precarietà in flessibilità. Non siamo affatto contrari a forme di flessibilità che, a volte anzi, aiutino a conciliare i tempi di vita, soprattutto per le donne. Quindi, il problema è molto semplice: dobbiamo riportare effettivamente l’uomo al centro del processo e dare una nuova definizione di società attiva, che sia una società in cui appunto l’uomo è non più lo strumento, ma il soggetto delle politiche del lavoro.

 

D. – Benedetto XVI ha invitato ieri i credenti ad imitare San Giuseppe, a santificarsi attraverso il lavoro. Una sfida quella lanciata dal Papa ad una società che, non poche volte, propone modelli in cui lavoro e famiglia sembrano confliggere tra loro…

 

R. – Di sfide il Papa ne ha lanciate almeno due. La prima è quella del riposo settimanale, che poi caratterizzerà anche come tema il prossimo Convegno ecclesiale di Verona. Il Papa dice chiaramente che quello è il giorno in cui l’uomo comprende meglio il senso della sua esistenza. La santificazione attraverso il lavoro poi diventa il secondo stimolo importante. Il lavoro è uno strumento di santificazione. Certo, non è l’unico ambito di santificazione, è senz’altro, però, quello più importante, non fosse altro che per il fatto che noi viviamo la maggior parte della nostra giornata impegnati in attività lavorative.

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L’INCONTRO IN VATICANO DEGLI OSSERVATORI PERMANENTI

DELLA SANTA SEDE: CE NE PARLA L’ARCIVESCOVO GIOVANNI LAJOLO

       

Il tema dei diritti umani, la pace, la giustizia, sono stati al centro sabato scorso del discorso del Papa agli Osservatori Permanenti della Santa Sede presso le Organizzazioni internazionali governative. I rappresentanti pontifici (8 presso 14 enti internazionali)  sono stati ricevuti in udienza da Benedetto XVI dopo una riunione di due giorni con i vertici della Segreteria di Stato. Ci parla di questo incontro  l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati. Giovanni Peduto gli ha chiesto innanzitutto quale contributo diano gli Osservatori Permanenti:

 

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R. - Nel breve ma denso discorso che Benedetto XVI ha rivolto loro al termine dei lavori, il Papa ha accennato al “contributo fondamentale” che essi danno al “rispetto dei diritti umani e del bene comune e pertanto all’autentica libertà e alla giustizia”. Il Papa ha anche rilevato che essi partecipano “con autorevolezza alla responsabilità profetica della Chiesa, che intende continuare a levare la sua voce in difesa dell’uomo, anche quando la politica degli Stati o la maggioranza dell’opinione pubblica si muovono in direzione contraria”.

 

D. – Più concretamente in cosa consiste la loro attività?

 

 R. - Più in concreto, attraverso i loro contatti e le notizie di cui essi per la loro posizione vengono in possesso, come anche attraverso i documenti che essi hanno l’opportunità di far circolare, o le dichiarazioni che possono emettere in diverse sedi, gli Osservatori Permanenti della Santa Sede ne portano a conoscenza la posizione su diversi problemi in discussione, insieme con le ragioni che la motivano. È un’attività che esige acutezza di analisi, prontezza di intervento e grande tatto.

 

D. - Qual è stato lo scopo di questo incontro?

 

R. - Nel Congresso delle Organizzazioni Cattoliche internazionali, che ha avuto luogo a Gerusalemme nel novembre 2005, i rappresentanti delle stesse Organizzazioni hanno manifestato l’esigenza di un loro migliore coordinamento con la Santa Sede ed in particolare il desiderio di diverse ONG cattoliche – cioé organizzazioni non governative cattoliche accreditate presso Organizzazioni internazionali – di entrare in una più attiva collaborazione con gli Osservatori Permanenti della Santa Sede. In risposta a tale richiesta un primo scopo dell’incontro degli Osservatori Permanenti è stato proprio quello di esaminare questo tema: come favorire ed ulteriormente sollecitare la collaborazione delle ONG cattoliche.

 

D. – C’è stato qualche altro obiettivo specifico?

 

R. - Un secondo scopo è stato quello di esaminare lo sviluppo dei diritti dell’uomo, dei concetti stessi e quindi dei contenuti che ad essi si dà in seno alle Organizzazioni internazionali. Di fatto essi sono oggi soggetti a sviluppi, talvolta promossi con molta spregiudicatezza da parti interessate, che ad avviso della Santa Sede costituiscono piuttosto un’involuzione in materia, con gravi pericoli per l’individuo e la società umana.

 

D. - Cosa è emerso?

 

R. - Lo scambio di opinioni ha permesso tra l’altro di rilevare l’apporto che le varie Conferenze Episcopali potrebbero dare alla formazione ed al rafforzamento delle ONG di ispirazione cattolica, perché esse, pur agendo a nome proprio, possano operare in maggiore sintonia con l’azione dei Rappresentanti Pontifici. Le ONG, in quanto riflettono esigenze ed idee della base sociale, sono espressione di una dinamica democratica alla quale le Organizzazioni internazionali sono sensibili, e di cui desiderano quindi tenere conto.

 

D. – E per quanto concerne i diritti umani?

 

R. - Quanto al tema dei diritti umani si sono potute focalizzare alcune problematiche, sia circa le priorità della nostra attenzione, sia circa la maniera migliore per far comprendere il carattere sempre positivo-propositivo delle prese di posizione della Santa Sede.

 

D. - In questo delicato momento internazionale quali sono le principali sfide dell'attività diplomatica della Santa Sede?

 

R. - I Rappresentanti Pontifici svolgono la loro attività diplomatica in totale sintonia con il Santo Padre, che appunto “rappresentano”. Nel citato discorso, Benedetto XVI ha parlato di “ingiustizie dai molti volti” e ne ha citato ad esempio due: primo, “il volto del disinteresse o del disordine, che giunge a ledere la struttura di quella cellula originale della società, che è la famiglia”; e secondo, “il volto della prepotenza e dell’arroganza, che può arrivare fino all’arbitrio, mettendo a tacere chi non ha voce o non ha forza per farla udire, come avviene nel caso dell’ingiustizia, che oggi è forse la più grave, ossia quella che sopprime la vita umana nascente”. Ecco due priorità chiaramente delineate: la famiglia e la vita nascente.

 

D. - Accanto a questi due momenti, vi sono altre sfide?

 

 R. - Vi sono altre sfide non secondarie, come per esempio quelle della fame e della sete nel mondo. L’Osservatore Romano del 19 marzo, che ha riportato il citato discorso del Santo Padre, riportava pure l’ampio contributo della Santa Sede al IV Forum mondiale sull’acqua, in corso a Città del Messico.

 

D. - Che giudizio dare del “Consiglio ONU” per i diritti umani appena varato?

 

R. - Il Consiglio dell’ONU per i diritti umani costituisce un naturale sviluppo della Commissione per i Diritti Umani, che ha sede a Ginevra. Di per sé va giudicato come uno sviluppo positivo, perché testimonia l’accresciuta importanza che l’ONU vuol dare al tema, aumentando l’autorevolezza dell’organo competente a trattarne. Ma, tale Consiglio è solo uno strumento: tutto dipenderà dal lavoro e dalle intese che raggiungeranno i 47 stati membri che lo compongono, durante il loro mandato triennale. Ma non pochi di tali paesi danno dei diritti umani interpretazioni riduttive, mentre altri vogliono includere tra i diritti umani fondamentali anche diritti che tali non sono. La Santa Sede auspica che il lavoro del nuovo Consiglio, certamente necessario, possa essere fruttuoso. Naturalmente, esso sarà seguito dagli Osservatori Permanenti con aderente attenzione.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la Prima Pagina la solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana per i lavoratori  e per quanti soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi occupazionale. India: sacerdote ucciso a Goa

 

Servizio vaticano - l'Angelus del Papa in Piazza San Pietro e la Beatificazione a Bari di Suor Elia di san Clemente

 

Servizio estero - l'Atlante geopolitico sul tema: "Quanti passi ancora verso la democrazia" a tre anni dall'intervento armato anglostatunitense in Iraq

 

Servizio culturale - la mostra "Tang. Arte e cultura in Cina prima dell'anno Mille" nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli

 

Servizio italiano - la prolusione del Cardinale Camillo Ruini alla riunione del Consiglio Episcopale Permanente; Berlusconi attacca gli imprenditori: dura reazione di Confindustria

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 marzo 2006

 

        

TRE ANNI DOPO IL PRIMO RAID SU BAGHDAD, L’IRAQ ANCORA

ALLE PRESE CON UN DIFFICILE E TRAVAGLIATO PERCORSO POLITICO

- Intervista con Younis Tawfik -

 

“Abbiamo una strategia che ci porterà alla vittoria”. Con queste parole il presidente statunitense, Gorge Bush, ha commentato il terzo anniversario dell’attacco angloamericano contro l’Iraq di Saddam Hussein, scattato nel marzo del 2003. Ma ripercorriamo le fasi di quel raid e la drammatica situazione irachena nel servizio di Amedeo Lomonaco.

 

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(Suoni del primo attacco notturno contro Baghdad)

 

Era l’alba del 20 marzo 2003. Il primo raid aereo su Baghdad annunciava l’inizio dell’offensiva delle forze della Coalizione contro l’Iraq. L’attacco era scattato dopo la scadenza dell’ultimatum del presidente americano George Bush all’allora capo di Stato iracheno, Saddam Hussein. Poche ore prima dell’avvio dell’operazione militare, Bush aveva annunciato la decisione di attaccare l’Iraq in un discorso rivolto alla nazione:

 

MY FELLOW CITIZENS, AT THIS HOUR, AMERICAN AND COALITION…

 

Miei concittadini – aveva detto Bush in quell’occasione - a quest’ora le forze americane e della Coalizione sono impegnate nelle prime fasi dell’operazione militare volta a disarmare l’Iraq, a liberare il suo popolo  e difendere il mondo da un grave pericolo.

 

THESE ARE OPENING STAGES OF WHAT WILL BE A BROAD AND CONCERTED CAMPAIGN…

 

Queste, aveva aggiunto Bush, sono le fasi iniziali di quella che sarà una campagna ampia e concertata.

 

Poco dopo, il presidente iracheno Saddam Hussein era comparso davanti alle telecamere esortando il suo Paese ad una risposta:

 

(Parole di Saddam Hussein in arabo)

 

Coloro che sono oppressi sono autorizzati a combattere, aveva dichiarato Saddam. E’ stato commesso il crimine che Bush e i suoi alleati stavano minacciando di perpetrare contro l'Iraq e l’umanità, aveva poi detto Saddam.

 

Alcuni giorni prima dell’attacco, durante l’Angelus del 16 marzo 2003, Giovanni Paolo II levava ancora una volta con forza la sua voce per la pace, ripetendo l’appello di Paolo VI: “Mai più la guerra!”

 

“Di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell’Iraq e per l'equilibrio dell’intera regione del Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli estremismi che potrebbero derivarne - dico a tutti: c’è ancora tempo per negoziare; c'è ancora spazio per la pace; non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare”.

 

Dopo quel primo attacco, l’offensiva della coalizione è continuata portando un mese dopo alla caduta di Saddam Hussein e nel luglio del 2003 alla riunione del primo governo del nuovo Iraq. Le fasi successive, scosse da una interminabile serie di attentati da parte di ribelli, fanno registrare la firma della prima Costituzione e la formazione del primo governo provvisorio nel 2004. Il 2005 si apre con le prime elezioni libere. Nelle successive parlamentari dello scorso mese di dicembre si afferma la coalizione sciita che in questi giorni sta cercando un’intesa con curdi e sunniti per formare il nuovo governo. Ma il bilancio di questo percorso teso a riportare la democrazia in Iraq, è pesantissimo: a partire dal 2003, sono circa 38 mila i civili iracheni rimasti uccisi e più di 2300 gli americani morti.

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In Iraq, intanto, quattro agenti di una forza di sicurezza irachena sono stati uccisi in un attacco nella regione di Jurf al Sakhr,60 chilometri a sud di Bagdad. Il ministero dell’Interno ha rivelato poi che sono stati trovati 9 corpi senza vita. Il comando americano ha reso noto, inoltre, che sono stati rilasciati almeno 350 detenuti.

 

Ma su questo terzo anniversario  dell’attacco contro l’Iraq ascoltiamo il commento dello scrittore iracheno Younis Tawfik, da quasi tre decenni esule in Italia. L’intervista è di Sergio Centofanti:

 

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R. - L’Iraq è peggiorato. L’Iraq sta morendo. L’Iraq sta andando verso una guerra civile e dunque l’attacco purtroppo è stato mortale, la chirurgia ha fallito e il progetto non è riuscito a raggiungere il suo scopo. Siamo andati a togliere il regime di Saddam Hussein; c’era una persona, un nemico, adesso ce ne sono tanti. L’Iraq è diventata una terra di nessuno, un campo di battaglia tra estremisti islamici e l’occidente, tra Al Qaeda e l’America, e chi alla fine sta pagando il caro prezzo, è il popolo iracheno. C’è un’ emorragia che sta dissanguando il Paese. Fino ad oggi in tre anni sono stati uccisi 186 professori universitari; senza parlare di intellettuali, di scrittori, scienziati. In più, la comunità cristiana sta lasciando il Paese per fuggire verso Paesi sicuri.

D. – A questo punto, che cosa si può fare per l’Iraq?

 

R. – Credo che gli americani devono prendere una decisione forte, definitiva e più equa: dare in mano il controllo del Paese alle Nazioni Unite; invitare l’Europa ed altri Paesi a coinvolgersi un po’ di più per mantenere la sicurezza in Iraq; investire soldi e risorse umane per risanare il Paese e cercare di far pressione sulle fazioni irachene perché si mettano d’accordo e di cedere un po’ di più per il bene del Paese.

 

D. -  Quali sono le sue speranze?

 

R. – Certo che le mie speranze erano quelle di poter vedere il mio Paese libero e democratico, in Paese di tutte l’etnie e di tutte le religioni, il Paese della democrazia e della libertà, il Paese che io ho sempre sognato, dove un giorno io potrò rientrare per riabbracciare mia madre dopo 27 anni di esilio; il Paese che mi potrà dare sicurezza ed accoglienza e il Paese che mi potrà anche dare l’opportunità di poterlo servire. Ma oggi come si fa?

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AL VIA STASERA A MILANO IL FESTIVAL DEL CINEMA AFRICANO,

DELL’ASIA E DELL’AMERICA LATINA

- Intervista con Alessandra Speciale -

 

Stasera a Milano prende il via la 16.ma edizione del “Festival del cinema africano”, che da due anni è aperto anche alle opere provenienti dall’Asia e dall’America Latina. Un centinaio le pellicole selezionate, quattro i concorsi per lungometraggi, documentari e corti, ben sei le sale riservate alla rassegna. Dopo la settimana milanese, una selezione di film sarà proiettata a Torino, Campobasso, Ancona e Bergamo. Stefania Saracino ha intervistato Alessandra Speciale, direttrice artistica, assieme ad Annamaria Gallone, della rassegna, chiedendole qual è lo spirito di un festival così particolare:

 

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R. – Lo spirito del Festival del cinema africano d’Asia ed America Latina ha innanzitutto lo spirito di promuovere le cinematografie di culture meno conosciute e di promuovere la cultura in generale di questi Paesi, cosiddetti del Sud del mondo, che purtroppo difficilmente troviamo sui nostri schermi, sia cinematografici che televisivi. Il Festival, quindi, rimane forse un’occasione unica per vedere opere di artisti e di autori di questi Paesi.

 

D. – Quali saranno le principali novità di quest’anno?

 

R. – Innanzitutto un nuovo premio che abbiamo istituito, che è il premio al miglior film africano senza distinzione di categoria nel Festival. Perché da quando ci siamo aperti anche all’Asia e all’America Latina ci siamo resi conto, ad un certo punto, che forse avevamo penalizzato il cinema africano. Quindi, abbiamo sentito l’esigenza di istituire un nuovo premio.

 

D. – Quali sono negli ultimi anni le tematiche più ricorrenti della rassegna?

 

R. – Sicuramente una tematica molto importante, che ha caratterizzato il cinema africano e non solo, anche il cinema degli altri continenti, è il grosso scontro fra quella che è la tradizione, gli usi, i costumi e a volte le leggi della tradizione, con la modernità dirompente, che arriva e stravolge la vita di queste persone. Poi, ad esempio, torna spesso la tematica religiosa, soprattutto nei film che provengono dai Paesi arabi, ma non solo, anche da Israele e dall’America Latina, che si trovano a volte a dover fare i conti con un problema di nascita di sette pseudo-cristiane.

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CHIESA E SOCIETA’

20 marzo 2006

 

 

NUOVO OMICIDIO DI UN SACERDOTE CATTOLICO, A GOA IN INDIA:

SI TRATTA DI PADRE EUSEBIO FERRAO. ANCORA IGNOTI GLI AUTORI ED INCERTO

IL MOVENTE, MA SI SOSPETTANO DUE UOMINI CHE FORSE AVREBBERO AGITO PER

TACITARE L’ATTIVITA’ PACIFISTA DEL PARROCO CONTRO LE VIOLENZE INTERRELIGIOSE

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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GOA. = Ignoti al momento il movente e gli autori dell’aggressione mortale avvenuta nella notte fra il 17 ed il 18 marzo, costata la vita a padre Eusebio Ferrao, parroco della chiesa di S. Francesco Saverio, nello Stato indiano di Goa. Dolore, angoscia e ferma condanna per “l’omicidio a sangue freddo” sono stati espressi ieri dall’arcidiocesi in un comunicato, dove si chiede “alle autorità un intervento rapido, che consegni alla giustizia i responsabili di questo vile atto”. La dinamica del crimine non è ancora chiara: certo è che il sacerdote è morto soffocato da un cuscino. Secondo alcuni testimoni, due uomini dell’Uttar Pradesh si sono presentati davanti alla residenza del parroco la notte dell’omicidio, chiedendo ospitalità a padre Ferrao, che li ha accolti, nutriti ed offerto loro un luogo dove riposare. La Polizia, al momento, dice di essere sulle loro tracce. Ma anche il movente non è chiaro. Secondo alcuni parrocchiani, va ricercato nell’impegno del sacerdote per la pace. P. Ferrao era infatti solito commentare su un giornale locale le violenze interreligiose che avvengono nella zona. Sebbene Goa sia un territorio noto per la convivenza pacifica fra i membri delle varie comunità religiose, negli ultimi tempi si è registrato però un aumento delle violenze settarie. Molte chiese, cappelle e croci cattoliche sono state dissacrate e sono frequenti le offese ai danni dei membri della comunità cattolica locale, che vengono invitati a “tornare da dove sono venuti”.

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DA OGGI AL 31 MARZO I LAVORI A CURITIBA, IN BRASILE, DELL’OTTAVA

CONFERENZA DEI 188 PAESI FIRMATARI DELLA CONVENZIONE SULLA BIODIVERSITA’,

PER PROTEGGERE GLI ECOSISTEMNI DEL PIANETA

 

CURITIBA. = Si apre oggi in Brasile, nella città di Curitiba, l’ottava Conferenza tra i 188 Paesi firmatari della Convenzione sulla Biodiversità, varata durante il Vertice della Terra a Rio de Janeiro, nel 1992. Le aspettative su questo incontro sono alte per raggiungere nel 2010 un recupero significativo a livello mondiale nella perdita di biodiversità, utile a ridurre la povertà, secondo gli studi condotti da un gruppo di 1360 esperti di 95 Paesi. Si tratta di una ricerca approfondita sugli ecosistemi all’inizio del terzo Millennio, che servirà di base ai lavori di Curitiba, che proseguiranno fino al 31 marzo. Chiaro il messaggio degli scienziati: due terzi dei servizi che l’uomo può trarre dalla natura sono in calo in tutto il mondo. Questo perché gli esseri umani hanno apportato negli ultimi decenni cambiamenti senza precedenti all’intero ecosistema della Terra.  Cambiamenti che hanno indebolito la capacità della natura di fornire servizi essenziali. Per chi volesse seguire nel dettaglio la Conferenza, è possibile collegarsi al Sito internet dell’Unione mondiale per la conservazione (IUCN) www.iucn.org. (R.G.)

 

 

INAUGURATO A ROMA UN MONUMENTO A SANT’ANNIBALE MARIA DI FRANCIA

- A cura di P.Vito Magno -

 

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ROMA.= Con un monumento in bronzo, Roma ricorda ed esalta l’opera educativa svolta da Sant’Annibale Maria Di Francia, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo. Il monumento è stato inaugurato ieri a Piazza Asti, nel popoloso quartiere Appio-Tuscolano, dove l’insegnamento del sacerdote messinese è di casa da 80 anni. Qui infatti, le due Congregazioni operano con le loro Curie generalizie, con centri educativi ed editoriali, con due parrocchie. Spesso, dalla Sicilia padre Annibale veniva a Roma per far conoscere al Papa il carisma che Dio gli aveva affidato: la preghiera per le vocazioni e la carità verso i ragazzi e i poveri. Il monumento, realizzato dall’artista Corrado Piazza, è stato benedetto dal segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano, alla presenza del sindaco Walter Veltroni, dei superiori generali, padre Giorgio Nalin e madre Diodata Guerriera, dell’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Giuseppe Balboni Acqua, e del senatore Giulio Andreotti. Il cardinale Sodano ha parlato dell’attualità del messaggio del Di Francia, definendolo: “Una delle stelle luminose per il cammino dei cristiani nella Roma del nostro tempo. Un esempio per chi sovrintende alle opere di carità sociale”. Padre Giorgio Nalin ha rilevato il bisogno di un’educazione che trasmetta valori, prima che nozioni, sull’esempio di padre Annibale, di cui il monumento è “una scelta felice che consegna alla storia la sua identità di  maestro”. Infine, il sindaco ha parlato di “segno di riconoscenza dei romani nei riguardi di un uomo che si è preso cura dei più fragili di loro: i bambini disagiati”.

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RIUNITI A SIVIGLIA IN SPAGNA 150 IMAM E RABBINI GIUNTI DA EUROPA, AFRICA,

MEDIORIENTE E NORDAMERICA PER TRACCIARE UN CAMMINO DI MODERAZIONE

PER I CREDENTI CONTRO I FONDAMENTALISMI

 

SIVIGLIA. = Centocinquanta imam e rabbini sono arrivati a Siviglia, in Spagna, da diversi Paesi d’Europa, dell’Africa, del Medio Oriente e del Nord America con l’intento di lavorare insieme a favore della pace e contro l'estremismo. “In queste ultime settimane la situazione internazionale ci ha nuovamente dimostrato, in modo inquietante, quanto questo nostro incontro sia necessario”; ha dichiarato Alain Michel, presidente della fondazione “Uomini di Parola”, in apertura dei lavori del Convegno interreligioso, iniziato ieri nella città spagnola. Incontro cui partecipano, tra gli altri, il consigliere del re del Marocco, André Azulay, il grande rabbino di Israele, Yona Mtezger, e l'imam di Gaza, Imad al-Faluji. In particolare, il rabbino Metzger ha invitato i musulmani ad esprimersi in nome della “maggioranza moderata”. “Perché tacete quando Bin Laden si permette di parlare a nome dell'Islam?”, ha chiesto l’esponente religioso ebraico, mentre l'imam di Gaza ha insistito sulla necessità di “realizzare un dialogo responsabile e serio”. Un messaggio al Convegno di Siviglia è giunto dal segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, che ha invitato tutti i partecipanti a “tracciare un cammino di moderazione per i credenti”. (R.G.)

 

 

 AD ASSISI,  NEL PALAZZO  “CAPITANO DEL PERDONO”, IL NUOVO “MUSEO PERICLE

FAZZINI”: IN ESPOSIZIONE 50 OPERE PRINCIPALI DELL’ARTISTA MARCHIGIANO

 

ASSISI. = Aperto da alcuni giorni ad Assisi, nel Palazzo “Capitano del Perdono”, il nuovo “Museo Pericle Fazzini”. Il Palazzo, decretato dall’UNESCO “patrimonio dell’umanità”, sorge nello spazio di pertinenza della Basilica di Santa Maria degli Angeli. La struttura accoglie 50 opere fondamentali dell’artista marchigiano, tali da coprire l’intero suo percorso espressivo. Il Museo, nato da un idea di Gianni Ferranza e Claudio Speranza, gestito dalla Fondazione Fazzini e curato da Giuseppe Appella, presenta una selezione di disegni, quasi sempre legati alla nascita delle relative sculture, in un percorso di immagini e documenti che, oltre a rileggere in cronologia la vita di Fazzini, illuminano buona parte dei diversi aspetti della cultura del Novecento. È  rilevante, inoltre, il contesto in cui nasce il Museo e il lungo rapporto di Fazzini con Assisi e la figura di S. Francesco. Faranno, infatti, stabilmente parte della raccolta “S. Francesco parla e accarezza il lupo”, 1939, legno e “il Bozzetto per il monumento a S.Francesco” (1981, bronzo), oltre ad una serie di piccole sculture, progetti, disegni e incisioni legati al Santo. Il Museo è sorto con l’intenzione di sviluppare intorno a Fazzini una serie di iniziative a periodicità stagionale, utili per chiarire, attraverso una serie di piccole ma precise mostre, i rapporti dell’artista con la scultura europea, il suo impegno nella pratica del gioiello, della medaglia e della grafica, i progetti non realizzati le particolarità delle sue fusioni, le abituali frequentazioni del suo studio. L’apertura del “Museo Pericle Fazzini” dà il via anche alla preparazione del “Catalogo Generale delle sculture di Pericle Fazzini” la cui uscita, presso De Luca Editori d’Arte, è prevista per la fine del 2008. (S.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 marzo 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Dopo tre settimane di trattative con le altre formazioni politiche palestinesi, il movimento estremista Hamas, vincitore alle legislative dello scorso 25 gennaio, ha consegnato ufficialmente ieri, al presidente Abu Mazen, la lista dei ministri chiamati a far parte del nuovo governo del premier Ismail Haniyeh. Secondo fonti di stampa palestinese, nell’elenco consegnato dal primo ministro, ci sono una donna e un cristiano di Betlemme. La lista non è stata, però, ancora resa nota e nelle prossime ore la compagine governativa dovrà ricevere la fiducia dal Consiglio legislativo. Nei Territori, intanto, decine di uomini armati hanno fatto irruzione nel complesso degli edifici governativi della Striscia di Gaza chiedendo di essere assunti nei servizi di sicurezza palestinesi. Nello scontro, sono rimaste ferite tre persone.

 

Il presidente bielorusso Lukashenko è stato rieletto con l’82,6 per cento dei voti, secondo dati non ancora definitivi. Ma già prima degli exit poll, l’opposizione aveva chiesto l’annullamento delle elezioni, accusando il regime di brogli. Lukashenko ha respinto la richiesta di nuove elezioni in seguito a presunte irregolarità. Oltre 6 mila persone si sono radunate ieri, inoltre, nel centro di Minsk e secondo fonti diplomatiche, l’Unione Europea starebbe esaminando la possibilità di adottare sanzioni. “La consultazione si è svolta in un clima di intimidazione”, ha dichiarato il ministro degli Esteri austriaco. Secondo il ministro degli Esteri russo, invece, le elezioni sono state corrette. Il servizio di Giuseppe d’Amato:

 

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Erano anni che l’opposizione non riusciva a portare in strada tanta gente a protestare. Ieri sera erano in 30 mila in Piazza della Repubblica a Minsk. “Abbiamo vinto, perché non abbiamo avuto paura di radunarci qui”, ha gridato alla folla Aleksandr Milinkevic, candidato unico dell’opposizione. Oggi, alle 18.30, nuovo meeting contro il potere. Si temono disordini. Migliaia di uomini delle forze speciali sono in stato di allerta. I risultati ufficiali, provenienti dalla Commissione elettorale, non lasciano dubbi: il presidente Lukashenko ha ottenuto un terzo mandato a stragrande maggioranza. I bielorussi hanno avuto paura del cambiamento e hanno votato per la stabilità. L’affluenza alle urne è stata del 92,6 per cento, ma l’opposizione denuncia brogli in serie e non riconosce i risultati. Sono stati letti degli exit-poll alla tivù di Stato a metà giornata: il 31,6 per cento degli aventi diritto ha votato prima di venerdì in elezioni anticipate.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Cresce in Francia la protesta contro il Contratto di primo impiego. Forti delle adesioni di piazza, le organizzazioni sindacali dei liceali e degli universitari hanno concesso “24 ore di tempo” al capo di Stato, Jacques Chirac, e al premier, Dominique de Villepin, per annunciare il ritiro del provvedimento sull’occupazione giovanile, che consente il licenziamento anche senza giusta causa. In caso contrario, è già stato annunciato uno sciopero generale.

 

Proclamato lo stato d’emergenza nell’Australia nord-orientale, violentemente colpita nelle ultime ore da un ciclone tropicale. Classificato nella categoria 5, “Larry” ha toccato i 290 chilometri orari. Al momento non si hanno notizie di eventuali vittime.

 

Con un enorme boato è crollata una parte del tetto del nuovo stadio di Wembley, che sostituirà lo storico stadio londinese. I lavoratori sul posto sono stati evacuati d’urgenza e sembra per ora che non vi siano feriti. Lo ha dichiarato la compagnia di costruzione sul luogo. Sono state subito aperte delle indagini sulle cause dell’incidente. Attualmente, sono in corso nello stadio lavori di ristrutturazione.

 

 

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