RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 78  - Testo della trasmissione di domenica 19 marzo 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’importanza del lavoro per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società: il Papa parla di San Giuseppe alla Messa e all’Angelus. Dopo la preghiera mariana, ricorda i 500 anni dei Musei Vaticani

 

Da ieri la Chiesa di Bari ha la sua prima beata. Ce ne parla l’arcivescovo Francesco Cacucci

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Una ricostruzione storica della figura di San Giuseppe nell’intervista al cardinale Marco , patriarca emerito di Venezia

 

Oggi a Torino la chiusura delle Paralimpiadi che ha visto la partecipazione di 500 atleti disabili. Con noi Luca Pancalli

 

“In Hoc Signo. Il tesoro delle croci” è il suggestivo titolo della mostra in programma dal 4 aprile al 31 agosto prossimi nel Triveneto. Ai nostri microfoni Bruno Fabio Pighin

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Caritas indiana lancia il programma di un anno per sensibilizzare la popolazione sul degrado ambientale

 

Allarme Unicef: in Malawi crescono i casi di colera

 

Nello Stato indiano del Gujarat allontanate le suore di un lebbrosario tra le proteste dei malati

 

Pubblicato dall’associazione “Save the children” il rapporto sulla pornografia infantile

 

Dal Pakistan soddisfazione per la creazione del nuovo Consiglio dell’Onu per i diritti umani  

 

In Afghanistan un uomo convertitosi al cristianesimo rischia la condanna a morte

 

24 ORE NEL MONDO:

Sarà presentato in serata a Abu Mazen il nuovo esecutivo palestinese

 

Urne aperte per le presidenziali in Bielorussia: scontata la vittoria di Lukashenko. E l’opposizione annuncia una manifestazione pacifica dopo la chiusura delle urne

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 marzo 2006

 

 

L’IMPORTANZA DEL LAVORO PER LA REALIZZAZIONE DELL’UOMO E PER LO SVILUPPO

DELLA SOCIETA’: IL PAPA PARLA DI SAN GIUSEPPE ALLA MESSA  E ALL’ANGELUS.

DOPO LA PREGHIERA MARIANA, RICORDA I 500 ANNI DEI MUSEI VATICANI 

 

“Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società, e per questo occorre che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell’umana dignità e al servizio del bene comune”. Così Benedetto XVI nell’omelia alla Messa stamane in Vaticano. Messa che ha unito la meditazione dei testi liturgici della terza domenica di Quaresima al ricordo di San Giuseppe. All’Angelus il Papa ha ricordato la figura dello sposo di Maria spiegando che la solennità liturgica viene posticipata a domani e pregando perché “protegga i lavoratori di tutto il mondo”. Il servizio di Fausta Speranza

 

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L’attività lavorativa deve servire al vero bene dell’umanità, permettendo “all’uomo come singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione” : il Papa sottolinea queste parole della Gaudium et spes, dopo aver spiegato che  il ricordo di San Giuseppe porta il pensiero al lavoro “condizione originaria dell’uomo”. E a questo proposito afferma:

 

 La Chiesa ha sempre mostrato, specialmente nell’ultimo secolo, attenzione e sollecitudine per questo ambito della società, come testimoniano i numerosi interventi sociali del Magistero e l’azione di molteplici associazioni di ispirazione cristiana”.

 

Associazioni che il Papa saluta dicendosi lieto di sapere che tante sono presenti alla Messa in rappresentanza dell’intero mondo dei lavoratori. E proprio guardando al mondo del lavoro, Benedetto XVI sottolinea che sono necessari la qualificazione tecnica e professionale, un ordine sociale giusto e attento al bene di tutti, ma non solo:

 

“Occorre vivere una spiritualità che aiuti i credenti a santificarsi attraverso il proprio lavoro, imitando san Giuseppe, che ogni giorno ha dovuto provvedere alle necessità della Santa Famiglia con le sue mani e che per questo la Chiesa addita quale patrono dei lavoratori”.

 

La testimonianza di San Giuseppe – aggiunge il Papa – “mostra che l’uomo è soggetto e protagonista del lavoro”.

 

“Vorrei affidare a lui i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, i disoccupati e coloro che soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi occupazionale”.

 

“Al tempo stesso, - avverte Benedetto XVI - è indispensabile che l’uomo non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita”. E ricorda che nella Bibbia si legge: “sei giorni faticherai e farai ogni lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio” (Es 20, 8-9). Si tratta di un passo del Libro dell’Esodo che comprende anche il racconto della consegna a Israele del Decalogo dei comandamenti da parte di Dio. Pagina letta proprio alla Celebrazione eucaristica. E il Papa nell’omelia definisce il Decalogo “una conferma della libertà conquistata”. “I comandamenti, - spiega - a guardarli in profondità, sono il mezzo che il Signore ci dona per difendere la nostra libertà sia dai condizionamenti interni delle passioni che dai soprusi esterni dei malintenzionati. I ‘no’ dei comandamenti sono altrettanti ‘sì’ alla crescita di un’autentica libertà”.

 

C’è da dire che il Papa rivolge un particolare saluto a mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente della Commissione Episcopale Italiana per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace e dice: “si è fatto interprete dei comuni sentimenti e mi ha rivolto cortesi espressioni augurali per la mia festa onomastica. Gliene sono vivamente grato”.

 

Mons Miglio, nel suo intervento prima dell’Omelia, ricorda che il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II “non solo ci ha lasciato un ricco insegnamento sul lavoro e sul ruolo centrale della persona umana nel mondo del lavoro specialmente con le tre Encicliche - Laborem Exercens, Sollicitudo Rei Socialis, Centesimus Annus – ma si è fatto egli stesso catechista instancabile della dottrina sociale della Chiesa  nei numerosi pellegrinaggi del 19 marzo”, incontrando i lavoratori dell’industria, della campagna e di vari altri settori,  condividendo con loro problemi e difficoltà, nella preghiera e nella vicinanza fraterna e solidale. E ringrazia Benedetto XVI per “aver voluto continuare in questo giorno la bella tradizione seguita dal Suo predecessore”, incontrando rappresentanze del mondo del lavoro.

E mons. Miglio ricorda i vari interventi di Benedetto XVI in cui “ebbe a sottolineare con forza che la questione del lavoro   è oggi al centro di cambiamenti rapidi e complessi, e che al nuovo e inedito risvolto della questione sociale è connessa la tutela della vita, nuova frontiera della questione sociale, evidenziando anche il rapporto tra giustizia e carità che costituiscono due aspetti  inseparabili dell’unico impegno sociale del cristiano”.

 

Mons. Miglio ricorda dunque “le fatiche e le ansie di tanti lavoratori, specialmente dei giovani, che vedono davanti a sé un futuro incerto, e di tante famiglie, spesso pesantemente condizionate dalle difficoltà derivanti dalla mancanza di lavoro o da un lavoro poco rispettoso delle esigenze della famiglia stessa e della persona”. 

 

E torniamo alla figura di San Giuseppe di cui il Papa parla anche all’Angelus invitando a “soffermarsi con venerazione” sulla figura dello sposo di Maria e Patrono della Chiesa universale. Ricorda che “riveste nella storia della salvezza un’importanza fondamentale”. E spiega che dall’esempio di San Giuseppe viene “un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”.  “Penso anzitutto ai padri e alle madri di famiglia, e prego perché sappiano sempre apprezzare la bellezza di una vita semplice e laboriosa, - sottolinea - coltivando con premura la relazione coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione educativa”.

 

Nel saluto dopo la preghiera mariana, il pensiero alla ricorrenza di un’istituzione vaticana che – dice Benedetto XVI – offre “un importante contributo alla missione della Chiesa”:

 

“Ricorre quest’anno il V centenario dei Musei Vaticani, che  l’amato mio Predecessore Giovanni Paolo II  ha definito ‘una delle più importanti porte della Santa Sede aperte sul mondo’”.

 

Tra i saluti nelle varie lingue, il pensiero ai fedeli provenienti da Ca’ Savio, Rosìa e Torri, Villa Fastiggi di Pesaro e Foligno. Saluto inoltre i partecipanti al corso di Dottrina Sociale della Chiesa organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, come pure i Coristi e Fisarmonicisti del Canton Ticino, il Comitato Ecumenico per le Comunicazioni Sociali, il Club “Vecchia 500” di Chiari e il Centro Turistico ACLI di Pordenone.

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         E con la preghiera nel cuore che il Papa stesso ha ispirato con tutte le sue parole di oggi, rivolgiamo, a nome di tutta la famiglia della Radio Vaticana, i più affettuosi auguri a Benedetto XVI: ha ricevuto al battesimo il nome di Joseph, restando così legato alla figura di San Giuseppe di cui ci ha ricordato tutta l’importanza.

 

 

LA CHIESA DI BARI ESULTA PER LA SUA PRIMA BEATA

- Intervista con l’arcivescovo Francesco Cacucci -

 

Il suo esempio insegna ad abbandonarsi e a consegnarsi totalmente a Dio e questo pomeriggio il suo nome è tra quello dei beati. E’ suor Elia di San Clemente, monaca carmelitana scalza, beatificata ieri pomeriggio durante una solenne cerimonia presieduta dal prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martins, che si è svolta nella cattedrale di Bari. Ad officiare la liturgia eucaristica l’arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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“Compresi che per condurre anime a Dio non era necessario compiere opere grandi, anzi era proprio l’immolazione completa di tutta me stessa che mi chiedeva il buon Gesù”: suor Elia di San Clemente raccontava con queste parole il suo abbandono all’Amore, la consegna totale a Dio. Lo ha ricordato l’arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci, ieri pomeriggio durante la celebrazione per la beatificazione di Teodora Fracasso, monaca carmelitana scalza. Barese, è nata il 17 gennaio del 1901, entrata nel Carmelo, colpita da encefalite, ha offerto le sue sofferenze al Signore ed è morta ad appena ventisei anni la mattina di Natale del 1927. Che impegna a morire per vivere – ha detto l’arcivescovo Cacucci – è una legge che continua a fare scandalo oggi come ai tempi di Gesù e di San Paolo”.

 

L’esperienza di suor Elia accompagna nel cammino della Quaresima, sul Sinai, ma anche sul monte Tabor e infine sul Calvario. Come il profeta di cui portava il nome giunge all’Oreb, la montagna di Dio, in quella sua spiritualità fatta di anelito e brama dell’Eterno. “Non è possibile cambiare il mondo senza l’Amore offerto in croce”: questo è il dono di sapienza lasciato dalla monaca, ha sottolineato il presule che ha definito la beata piccola Ostia, bianca e pura, distrutta per amore, dedita all’ascolto e alla contemplazione di Dio, nutritasi di bellezza e di poesia. Suor Elia ha infatti lasciato svariati scritti in versi con i quali ha voluto cantare la sua passione per il Crocifisso. L’arcivescovo Cacucci ha concluso la sua omelia rivolgendo una preghiera alla beata Elia di San Clemente: “ Ti ringraziamo per la tua santità, aiutaci a correre verso il cielo, come il profeta Elia, su un carro infiammato di vero amore”.

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Ma quali peculiarità contraddistinguono la beata Suor Elia di San Clemente e l’ambiente in cui è vissuta? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci:

 

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R. -Perduta in Dio’, suor Elia ha sempre vissuto, anche da laica, il primato di Dio nella sua vita, nella contemplazione del bello, nell’ascolto della Parola, nell’amore per l’Eucaristia. Nel Carmelo ha seguito la ‘piccola via’ di Santa Teresa di Gesù Bambino, nel nascondimento,crocifissa’ con Cristo, nella totale immolazione di sé per la salvezza delle anime.

 

D. – Quale significato riveste la sua Beatificazione per la Chiesa di Bari?

 

R. - Prima Beata nella storia della nostra Chiesa di Bari, Suor Elia esorta a ‘guardare in alto’, ma nell’umiltà, nel sacrificio; insegna soprattutto che la santità è possibile anche per noi, quale che sia il nostro stato di vita. Occorre ‘saper fiorire -  come diceva lei -  dove Dio ci ha seminati’.

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 marzo 2006

 

 

 

FESTA DI SAN GIUSEPPE, SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA

E PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE

- Intervista con il cardinale Marco -

 

La comunità ecclesiale il 19 marzo festeggia San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e Patrono della Chiesa universale. Per la coincidenza con la Domenica di Quaresima quest’anno la memoria liturgica viene spostata a domani. Come da tradizione, nel giorno del padre putativo di Gesù, ricorre la Festa del Papà. Ma per una ricostruzione storica della figura di San Giuseppe ed una riflessione sul suo esempio di santità, ascoltiamo il cardinale Marco , patriarca emerito di Venezia, al microfono di Isabella Piro:

 

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R. – Un uomo giusto, osservante della legge, di professione carpentiere, soffrì il dramma della misteriosa maternità divina di Maria. Avvertito da Dio in sogno, accettò nella fede il progetto di Dio. 40 giorni dopo il parto, Giuseppe con Maria porta il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Tempio e lì incontra il vecchio Simeone, che annuncia un futuro avvolto nel mistero, per quel bambino. Giuseppe ascolta, e si rimette a Dio. Quando Gesù arriverà a compiere i 12 anni, i genitori lo porteranno in pellegrinaggio a Gerusalemme ed ecco che al ritorno, senza avvertirli, Gesù rimane in città. La madre gli chiede perché mai avesse dato loro questo dispiacere, e Gesù diede una risposta che né Maria né Giuseppe compresero. E Giuseppe chinò il capo nella fede e obbedì. San Giuseppe è tutto qui: un credente, totalmente consegnato a Dio.

 

D. – A volte si ha l’impressione che la sua figura rimanga un po’ nascosta nell’agiografia classica. Secondo Lei perché?

 

R. – Di San Giuseppe i Vangeli documentano solo il silenzio e questo sì, è straordinario. L’assoluta docilità alla volontà di Dio, la consegna totale di se stesso, anche nelle cose più care, come il suo desiderio di paternità naturale, al piano divino di salvezza. In questo, Giuseppe fu assolutamente eroico, quasi anticipando il radicale “Sì, Padre” di Gesù …

 

D. – Qual è, allora, il suo valore oggi?

 

R. – Il Concilio Vaticano II ha dedicato il capitolo V della Costituzione sulla Chiesa alla chiamata di tutti i battezzati alla santità. E Giovanni Paolo II, nella sua Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente, ha proposto una pastorale ordinaria che promuovesse la santità, intendendo per santità il dono di vivere ogni giorno da figli di Dio, compiendo la volontà del Padre. San Giuseppe ha vissuto così. Ha vissuto con straordinaria fedeltà la vita ordinaria che il Signore aveva progettato per lui.

 

D. – I padri di oggi quale insegnamento possono trarre dalla figura di questo Santo?

 

R. – Devono imparare anzitutto che i figli sono un grande dono di Dio, portatore di un progetto personale che custodisce il sogno di Dio e che costituirà la loro felicità. Sono quindi persone, questi figli, e debbono essere amate, ma non possedute. Hanno assolutamente bisogno di essere aiutate a crescere, ma nel rispetto del loro rapporto con Dio e della sua volontà. Giuseppe ad un certo punto scompare; nei Vangeli rimane solo Gesù. Questa è anche la metafora del padre che via via deve lasciare che il figlio prenda la sua autonomia. Anzi, lo deve aiutare perché questo avvenga nel modo migliore …

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Ma cosa pensano i piccoli dei loro papà? Roberta Moretti ha raccolto qualche commento:

 

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R – Il mio papà è simpatico e buono. Gioca sempre con me e mi consola sempre quando devo fare i compiti. Ha la barba e quando mi bacia mi fa il solletico.

R. - E’ un tipo normale, bello

R. – A volte è un po’ serio.

 

D. – Che cos’è che ti piace di più di lui?

 

R. – La sua pancia rotonda

R.-  Che quando glielo chiedo mi aiuta sempre, che mi ascolta.

R. – Quando mi compra le cose.

 

D. – Invece, che cosa ti piace di meno di lui?

 

R. – Quando mi sgrida, ma lui non mi sgrida mai.

R.-  Che litiga sempre con mia madre ed io non vorrei.

R.-  Che a volte si preoccupa un po’ troppo.

 

D. – Lo cambieresti mai con un altro papà di qualche amico tuo?

 

R. – Nooo!

R.-  Mio padre è così e quindi me lo tengo.

 

D. - Se dovessi scrivergli una letterina che cosa gli diresti?

 

R.- Caro papà, ti voglio tanto bene e mi manchi molto.

R.- Caro papà, oggi vorrei fare il buono con te.

R. – Anche se non ci vediamo mai lui resta per me sempre una persona importate e gli voglio tanto bene.

R. – Che anche se di fisico non è tanto bello, è il papà migliore del mondo.

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CHIUSURA OGGI A TORINO DELLE PARALIMPIADI INVERNALI

CHE HANNO VISTO LA PARTECIPAZIONE DI 500 ATLETI DISABILI

- Intervista con Luca Pancalli -

 

Dopo nove giorni di gare, si chiude oggi a Torino la IX edizione delle Paralimpiadi invernali, cui hanno partecipato circa 500 atleti disabili di 39 Paesi. Grande il successo di pubblico per questa manifestazione che ha ridotto notevolmente le distanze nella società con il mondo dell’handicap. Per un bilancio globale dei Giochi, Giancarlo La Vella ha intervistato Luca Pancalli, presidente del Comitato paralimpico italiano:

 

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R. – Non posso non cominciare dal bilancio agonistico che ovviamente è più che positivo e rispondente agli impegni e ai sacrifici che abbiamo messo negli ultimi anni. Però quello che a me preme maggiormente è la positività del risultato in termini di comunicazione. Io credo che quello che Torino 2006 ha fatto vedere, quello che ha segnato, sia irripetibile. La gente per strada, il tifo negli stadi, palazzetti sempre pieni e tutto esaurito, ragazzi e ragazze che fermano i nostri atleti per strada chiedendo autografi: credo che qualcosa sia cambiato veramente con Torino 2006.

 

D. – Questo muro, che poi è un muro culturale di incomprensione che abbiamo vissuto nel passato, si sta finalmente sgretolando?

 

R. – Io credo di si. Non ho mai creduto nelle rivoluzioni, ho sempre ritenuto che poi soprattutto su certe tematiche occorre intraprendere dei processi lenti di evoluzione culturale, di crescita culturale. Credo che noi stiamo vivendo uno di questi passaggi, ovviamente Torino 2006 ci ha dato la possibilità di amplificare e forse accelerare questo processo. L’attenzione anche dei media è cresciuta notevolmente. Però mi sembra un’attenzione, al di là della quantità, sicuramente di qualità. Questo aiuta a crescere anche una cultura del Paese.

 

D. – Il comitato paralimpico italiano, così come i comitati paralimpici degli altri Paesi, si stanno ora preparando alle paralimpiadi di Pechino 2008. La Cina, un paese rampante, che si affaccia in modo così prepotente nel confronto con i Paesi occidentali, e nel quale bisogna portare certe sensibilità. In che modo vi state preparando?

 

R. – Noi ci stiamo organizzando ormai già da due anni. Stiamo tentando, come abbiamo fatto per gli atleti degli invernali, di mettere i nostri ragazzi nelle migliori condizioni possibili, consapevoli che Pechino 2008 rappresenterà un’ulteriore svolta. Ho avuto modo di vedere che lì stanno vivendo l’appuntamento olimpico e paralimpico come una vetrina sul mondo. E’ evidente però che ci sono anche delle conflittualità all’interno del Paese e delle problematiche serie su temi importanti. Io auspico che i messaggi che possono provenire da un movimento paralimpico, possano aiutare la Cina anche ad intraprendere dei percorsi di tipo diverso.

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“IN HOC SIGNO. IL TESORO DELLE CROCI”:

QUESTO, IL TITOLO DELLA MOSTRA IN PROGRAMMA DAL 4 APRILE

 AL 31 AGOSTO PROSSIMI A PORTOGRUARO E PORDENONE, NEL TRIVENETO

- Con noi, mons. Bruno Fabio Pighin -

 

La rappresentazione della Croce nel Triveneto, dai tempi dell’antica colonia romana di Concordia ai giorni nostri: è quanto vuole raccontare la mostra “In Hoc Signo. Il Tesoro delle Croci”, in programma dal 4 aprile al 31 agosto prossimi a Portogruaro e Pordenone. L’iniziativa, sotto l’alto patronato della Pontificia Commissione per i Beni Culturali, è stata presentata in questi giorni a Roma. Per noi, c’era Roberta Moretti:

 

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Dalle sculture ai gioielli, dai paramenti ai reliquiari, dai dipinti alle incisioni, dalle miniature alle fotografie: oltre 200 opere per svelare il significato più profondo della Croce, segno di contraddizione, capace di concentrare in due semplici tratti il senso della vita e della morte. Ne è convinto il curatore della mostra, mons. Bruno Fabio Pighin:

 

“La Croce rappresenta il segno privilegiato delle radici cristiane della nostra civiltà. Nel campo dell’arte è stata vista come sofferenza, come gloria, come l’albero della Croce, quindi all’origine della vita nuova come coinvolgimento dell’umanità intera, come un segno che riesce a coagulare intorno a sé tutti i valori, le persone e le culture”.

 

Ma cos’è che caratterizza, in particolare, la rappresentazione della Croce nel Triveneto? Ancora mons. Pighin:

 

“La Chiesa nel Triveneto è in qualche modo quella che ha dato origine ad un’apertura a livello transculturale, a livello centro-europeo, a livello dell’Oriente. I primi simboli della Croce – parliamo degli inizi del 300 dopo Cristo - hanno mantenuto nel corso dei secoli fino ad oggi un’entità propria e quindi la ricchezza di espressioni, di epoche, di stili e anche di materiali usati, ma nello stesso tempo di una Chiesa che è rimasta sempre la stessa, crescendo. Per questo abbiamo domandato alla Santa Sede di avere il pastorale della Croce di Giovanni Paolo II per dire l’unità nella fede, ma anche nella cultura con la Sede di Pietro che è universale, e che nello stesso tempo ha la capacità di esprimersi sul piano regionale”.

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CHIESA E SOCIETA’

19 marzo 2006

 

 

INDIA: “L’INFORMAZIONE E’ L’UNICO STRUMENTO PER COMBATTERE SICCITA’ E

DESERTIFICAZIONE”. LA CARITAS LANCIA IL PROGRAMMA DI UN ANNO

PER SENSIBILIZZARE LA POPOLAZIONE SUL DEGRADO AMBIENTALE

 

NUOVA DHELI. = “Salva la Terra abbi cura della natura”. Questo lo slogan ideato dalla Caritas indiana per lanciare una campagna di sensibilizzazione sul problema della desertificazione e della siccità nel Paese. Un progetto ambizioso, della durata di un anno, che prevede laboratori nelle scuole di diversi villaggi per la promozione di programmi di agricoltura sostenibile e gestione dei bacini idrografici. All’agenzia Asia il  presidente della Caritas India, mons. Peter Remigius, ha spiegato che il programma è legato all’Anno internazionale dei deserti e della desertificazione e alla campagna della Chiesa contro la fame. L’India - ha spiegato la Caritas in occasione della presentazione dell’iniziativa - perde 1,3 milioni di ettari di foreste all’anno a causa di una massiccia deforestazione. E  ogni anno il livello delle acque sotterranee diminuisce di almeno un metro per il loro eccessivo sfruttamento. Di fronte a un degrado ambientale che avanza - ha sottolineato la Caritas - l’informazione diventa uno strumento fondamentale, soprattutto se si intende affrontare i problemi dovuti alla scarsità d’acqua. Il piano sulla siccità non è che l’ultima iniziativa di una serie di programmi promossi dalla Caritas sull’ambiente. (A.C.)

 

 

MALAWI: CRESCONO I CASI DI COLERA, MENTRE ACQUA E CIBO SCARSEGGIANO.

L’UNICEF LANCIA L’ALLARME SULLE CONDIZIONI DEL PAESE

 

LILONGWE’. = Uno sfortunato ciclo di siccità e inondazioni sta rendendo sempre più difficili le  condizioni di vita nelle aree meridionali del Malawi. Ieri a lanciare l’allarme è stato Eliab Some, a capo dell’unità di salute dell’UNICEF. “Il Malati - ha detto Some-  deve affrontare in questi mesi tre crisi allo stesso momento: mancanza di cibo; inondazioni e colera”. E’ in particolar modo l’aggravarsi dell’epidemia a preoccupare l’agenzia delle Nazioni Unite. Secondo gli ultimi dati, sarebbero più di 4000 i casi di colera registrati nel Paese africano. Una malattia - ricorda l’IRIN, agenzia di informazione dell’Onu - causata dalla mancanza di acqua potabile e dall’assunzione di cibi contaminati. Circa la metà dei 12 milioni di abitanti del Malawi fanno i conti, in questi giorni, con mancanza di acqua e cibo sani. Le condizioni più preoccupanti sono proprio quelle delle aree meridionali dove le inondazioni della scorsa settimana hanno costretto un migliaio di famiglie alla fuga. La crisi - sottolinea in ogni caso l’UNICEF - non ha le stesse proporzioni di quella del 2001, quando a causa di mancanza di cibo e acqua, morirono circa mille persone. (A.C.)

 

 

IL GUJARAT ALLONTANA LE SUORE DI UN LEBROSARIO.

I MALATI PROTESTANO E TEMONO ULTERIORE EMARGINAZIONE

 

AHMEDABAD. = Sono quasi 60 anni che le Missionarie salesiane di Maria Immacolata si occupano del lebbrosario di Ahmedabad, in Gujarat, Stato meridionale dell’India. Ma dal prossimo mese la loro attività non viene riconosciuta più come necessaria. A deciderlo sono state le autorità statali che hanno già comunicato ufficialmente la loro intenzione di non rinnovare il contratto di gestione dell’ospedale, stipulato nel 1949 e rinnovato cinque anni fa. Secondo quanto riferito all’Agenzia Asia News da Padre Cedric Prakash, gesuita che ha aiutato le suore a rinnovare il contratto nel 2001, dietro la decisione ci sono la politica nazionalista e anticristiana del governo locale. Ma le autorità di Ahmedabad respingono ogni accusa sostenendo che la decisione di rilevare la struttura è piuttosto dovuta al desiderio di migliorarla. A ribadirlo è il ministro della sanità del Gujarat che ha annunciato il progetto di espandere i servizi dell’ospedale sottolineando che la cessazione del contratto alle suore non ha alcun legame con l’ideologia nazionalista hindutva. Non sono d’accordo le persone ricoverate nella struttura, circa 500, che, secondo quanto riportato da Asia News, temono di subire ulteriore emarginazione e rifiuto con l’allontanamento delle suore. (A.C.)

 

 

SAVE THE CHILDREN PUBBLICA L’ULTIMO RAPPORTO SULLA PORNOGRAFIA

INFANTILE. IN ITALIA IL FENOMENO SI DIFFONDE GRAZIE ALL’UTILIZZO DI NUOVE TECNOLOGIE INFORMATICHE

 

ROMA. = La pedopornografia è in aumento e utilizza canali di diffusione nuovi. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto su minori e pornografia pubblicato in questi giorni dall’associazione Save the children, che da anni si occupa di monitorare il fenomeno in Italia e in diversi altri Paesi. Spam, file-sharing, ma anche videotelefonini sono tra alcune delle nuove tecnologie utilizzate per diffondere immagini pornografiche, accanto a internet. "Fra il 2004 e il 2005 - si legge nel  comunicato di Save the Children Italia - sono state 3.106 le segnalazioni di materiale pedo-pornografico inviate, il 10% in più rispetto all'anno precedente. Nel rapporto, accanto all’analisi del fenomeno, non mancano una serie di consigli a genitori, educatori e autorità. Per quanto riguarda queste ultime si sottolinea in particolare la necessità di “intensificare i controlli sui servizi di condivisione di file e dati, sia via Internet che via cellulare, e di promuovere un'intensa attività di sensibilizzazione verso i giovani, oggi esposti più di prima a occasioni di adescamento anche a scopo di abuso sessuale''. (A.C.)

 

 

DAL PAKISTAN LA SODDISFAZIONE PER LA CREAZIONE DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’ONU. LE ORGANIZZAZIONI CATTOLICHE ESPRIMONO SPERANZA

 PER UN MAGGIORE RISPETTO DEI DIRITTI NEL MONDO

 

ISLAMABAD. = “L’istituzione del nuovo Consiglio per i Diritti in seno alle Nazioni Unite costituisce una reale speranza per un maggiore rispetto dei diritti umani nel mondo”. La creazione di un nuovo Organo delle Nazioni Unite con lo scopo di tutelare e incoraggiare il rispetto dei diritti umani è stata accolta con soddisfazione dalle organizzazioni cattoliche in Pakistan. Secondo quanto riportato dall’Agenzia Fides, la Commissione nazionale “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale del Pakistan, le OngFranciscan International”, “Dominicans for Justice and Peace” e “Pax Christi” hanno apertamente espresso la speranza che i lavori del nuovo Consiglio possano giovare anche alla situazione interna nel Pakistan, nazione ancora alle prese con episodi di violazione delle libertà individuali e dei diritti umani fondamentali. Creato per sostituire la vecchia Commissione con sede a Ginevra, il neonato Consiglio Onu per i Diritti Umani si riunirà per la prima volta il 19 giugno. Le sue competenze sono decisamente più ampie di quelle previste nel regolamento della Commissione. Il Consiglio compirà un esame sistematico della situazione dal punto di vista dei diritti umani in tutti i 191 paesi membri dell'Assemblea Generale dell'Onu. Le sessioni annuali passeranno da una a tre, con la possibilità di convocare sessioni di emergenza. Diminuirà invece il numero dei partecipanti: dai 53 membri attuali a 47 paesi, eletti a maggioranza assoluta dall'Assemblea generale. Il Consiglio diventa “un organo sussidiario” dell’Assemblea Generale, cui farà rapporto ogni anno.

 

 

IN AFGHANISTAN: DIVENTA CRISTIANO E RISCHIA LA CONDANNA A MORTE.

UN UOMO DI QUARANT’ANNI ARRESTATO DALLA POLIZIA

PER AVER ABBANDONATO LA RELIGIONE ISLAMICA

 

KABUL. = Abdur Rahman, afghano, 40 anni, rischia la condanna a morte per essersi convertito al cristianesimo. Arrestato dalla polizia afghana dietro la denuncia sporta dai suoi stessi familiari, Rahman è ora indagato per il reato di apostasia. La legge coranica prevede la pena capitale per chi abbandona l’Islam. Secondo uno dei giudici della corte suprema dell’Afghanistan, Ansarullah Mawlavizada, l’uomo potrà evitare la condanna a morte solo nel caso in cui decida di tornare sui suoi passi e riconvertirsi all’Islam. La nuova costituzione adottata in Afghanistan dopo la caduta del regime dei Talebani prevede espressamente che nessuna norma di legge possa essere contraria ai principi dell’Islam. Nel 2001, poco prima della caduta del ragime talebano, il governo di Kabul condannò alla pena capitale cinque operatori umanitari accusati di proselitismo religioso e poi riusciti a evadere. Ma l’intransigenza del governo afghano non è cessata con il cambio di regime. L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda l’arresto di un giornalista accusato di blasfemia e graziato solo dopo aver ritrattato. (A.C.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 marzo 2006

-  A cura di Amedeo Lomonaco -

 

          Il nuovo governo palestinese, guidato da Hamas, verrà presentato questa sera al presidente Abu Mazen, che ha già anticipato di voler dare il via libera all’esecutivo. Fonti dell’Autorità nazionale palestinese hanno anche annunciato che il consiglio legislativo, dove Hamas dispone di una maggioranza schiacciante, si riunirà domani per concedere la fiducia al governo. Il premier designato, Ismail Haniyeh, leader del gruppo radicale, ha dichiarato inoltre che la compagine governativa è pronta ma non ha anticipato nomi e incarichi dell’esecutivo. Sembra scontato, comunque, che i nuovi ministri saranno tutti membri di Hamas o tecnici indipendenti. Nessuna formazione politica palestinese ha accettato, infatti, di far parte del governo.

 

 “In Iraq c’è la guerra civile”: lo ha dichiarato il primo ministro iracheno uscente, Iyad Allawi, in un’intervista rilasciata alla BBC in occasione del terzo anniversario dell’intervento militare anglo-americano nel Paese arabo, iniziato il 18 marzo del 2003. “Non abbiamo ancora raggiunto il punto di non ritorno ma ci stiamo dirigendo verso quel punto”, ha aggiunto Allawi. Il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, ha affermato, inoltre, che un ritiro delle forze della coalizione dall’Iraq avrebbe effetti devastanti. “Ritirarsi adesso – ha spiegato Rumsfeld – sarebbe come consegnare la Germania postbellica ai nazisti”. Nel Paese arabo, intanto, sette persone sono rimaste uccise questa mattina in un’operazione congiunta condotta da soldati statunitensi e iracheni a nord di Baghdad, dopo un attacco dei ribelli. Sempre questa mattina, una potente esplosione ha scosso la città santa di Kerbala.

 

 In occasione del terzo anniversario dell’inizio dell’intervento militare in Iraq, migliaia di persone hanno manifestato ieri, in tutto il mondo, per chiedere il ritiro delle truppe della coalizione dal Paese arabo. I dimostranti hanno sfilato in ogni Continente: negli Stati Uniti migliaia di persone si sono radunate a Times Square, a New York. A Roma, hanno partecipato al corteo per la pace decine di migliaia di dimostranti. Manifestazioni si sono tenute anche in diversi Stati asiatici, tra cui Giappone, India e Pakistan.

 

 In Pakistan, almeno sette agenti sono morti per la deflagrazione di una bomba. L’ordigno è esploso al passaggio del convoglio delle forze di sicurezza nei pressi di Dera Ismail Khan, non lontano dalla regione tribale del Waziristan. In questa area, al confine con l’Afghanistan, hanno trovato rifugio secondo il governo di Islamabad ribelli talebani e militanti di Al Qaeda.

 

 Urne aperte in Bielorussia per oltre 7 milioni di persone chiamate a scegliere il nuovo presidente. L’affluenza, al momento, ha superato il 50 per cento. Le elezioni sono monitorate da circa 500 osservatori internazionali ma si temono brogli. L’opposizione ha già denunciato presunte irregolarità e il regime del presidente uscente, il superfavorito Alexander Lukashenko che gli exit poll danno vincente con più dell’80 per cento dei voti, ha minacciato dure repressioni in caso di proteste. Una manifestazione pacifica è prevista questa sera dopo la chiusura delle urne. Il nostro servizio:

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Sull’esito del voto non sembrano esserci dubbi: appare scontata, infatti, la riconferma del capo di Stato uscente, Alexander Lukashenko, al potere dal 1994 e vicino al terzo mandato grazie ad una modifica che lo stesso presidente ha fatto introdurre nella Costituzione. E’ imprevedibile, invece, la reazione del popolo bielorusso dopo la chiusura dei seggi. L’opposizione ha fissato infatti per questa sera, nel centro di Minsk, una manifestazione pacifica per contestare contro presunti brogli compiuti dal regime. Il presidente della Commissione europea, José Barroso, ha avvertito che il ricorso alla violenza potrebbe irreparabilmente danneggiare i rapporti fra Minsk e l’Unione Europea. Ma i servizi segreti bielorussi, che hanno conservato il nome di matrice sovietica “KGB”, hanno già avvertito che chi protesterà contro i risultati elettorali, sarà considerato un terrorista e rischierà l’ergastolo o la pena di morte. Il governo ha anche accusato l’opposizione di puntare ad una presa violenta del potere. L’opposizione appare, però, fragile e disunita. L’unico vero antagonista di Lukashenko, è l’ex sindaco di Grondo, Alexander Milinkevich, sostenuto da Unione Europea e Stati Uniti. In campagna elettorale, Milinkevich ha indicato due priorità: la rinuncia all’attuale statalismo e un’apertura ai mercati. Ma la Bielorussia, definita dal presidente statunitense Bush “l’ultima dittatura d’Europa”, si appresta con la scontata vittoria di Lukashenko, ad un nuovo e già collaudato ciclo di rigide politiche economiche di stampo sovietico tese a consolidare il già forte legame con la Russia, Paese che garantisce al governo di Minsk un sostanzioso sostegno economico.

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 Un incendio è divampato stamani su un treno della metropolitana a Mosca, in seguito al crollo di una parte della galleria. Lo ha reso noto il portavoce del ministero per le Emergenze, Viktor Beltsov. Secondo l’Agenzia russa “Interfax”, il crollo avrebbe investito la cabina del macchinista. Sembra non ci siano vittime.

 

 Un’altra notte di guerriglia urbana ha scosso la Francia: manifestazioni di protesta contro il contratto di primo impiego sono degenerate in scontri tra dimostranti e polizia. Più di 100 manifestanti sono stati arrestati e almeno 19 persone sono rimaste ferite. I disordini più gravi sono avvenuti a Parigi, vicino all'università della Sorbona. La nuova legge sul Contratto di primo impiego, voluta dal governo del premier Dominique de Villepin, è riservata ai giovani sotto i 26 anni e consente il licenziamento, senza giusta causa, nei primi due anni.

 

 In Serbia, oltre 50 mila persone hanno partecipato, ieri, ai funerali di Slobodan Milosevic. Il corpo dell’ex presidente jugoslavo è stato prima esposto a Belgrado e quindi sepolto nella sua città natale, Pozarevac. Il governo non ha concesso i funerali di Stato e alle esequie non erano presenti il figlio e la vedova, entrambi rifugiati in Russia e alle prese con problemi giudiziari in patria. A Belgrado, oltre 2000 persone hanno aderito, inoltre, a manifestazioni organizzate dagli oppositori dell’ex presidente jugoslavo. Il ministro degli Esteri serbo, Vuk Draskovic, ha anche ricordato gli orrori compiuti dal regime di Milosevic: “Tutte le piazze della capitale jugoslava - ha detto il ministro - sarebbero troppo piccole per ospitare le vittime del suo regime”.

 

 Le Nazioni Unite lanciano l’allarme sulla gravi condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza, in Palestina,  a seguito della chiusura da parte dell’esercito israeliano delle vie d’accesso al territorio e della conseguente carenza di beni di prima necessità. “Ogni giorno che passa” - ha dichiarato John Ging, direttore dell’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi - “si avvicina una crisi umanitaria”.

 

 Resta alto l’allarme influenza aviaria in Egitto: una donna è morta probabilmente a causa del virus H5N1 e un uomo è stato ricoverato in ospedale con sintomi sospetti. L’uomo è un agricoltore di Qalyubia, la stessa regione dove è deceduta la donna.

 Urne aperte in Benin, per il secondo turno delle presidenziali. Sono chiamate al voto più di 4 milioni di persone, che dovranno scegliere tra i due candidati arrivati al ballottaggio. Si tratta di Yayi Boni, già presidente della Banca di sviluppo dell’Africa occidentale, e di Adrien Houngbedji, ex presidente del Parlamento. Il futuro capo di Stato succederà al presidente uscente Mathieu Kerekou, salito al potere nel 1972 e assente dalla tornata elettorale per sopraggiunti limiti di età.

 

 In Zimbabwe, Morgan Tsvangirai è stato rieletto leader del partito dell’opposizione “Movimento per il cambiamento democratico (MDC)”. La decisione segue una recente ondata di manifestazioni di protesta contro il governo del presidente Mugabe.

 

 

 

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