RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n.
77 - Testo della trasmissione di sabato 18 marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Presieduti in San Pietro dal cardinale Sodano i funerali dell’arcivescovo Romeo Panciroli
OGGI IN PRIMO PIANO:
Le sfide della Chiesa in America
Latina: intervista con il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga
Il Vangelo di domani:
il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
In corso a Città del Messico il Forum mondiale dell’acqua :
l’intervento della Santa Sede
Appello dei vescovi centroamericani
contro le riforme delle leggi sull‘immigrazione
Il nuovo governo palestinese sarà presentato domani al presidente Abu Mazen
18 marzo 2006
DIFENDERE LA VITA E I
DIRITTI UMANI DA ABUSI O INTERESSI POLITICI DI PARTE,
MA SECONDO GIUSTIZIA E VERITA’: L’INVITO DI
BENEDETTO XVI AI RAPPRESENTANTI
DELLA SANTA SEDE PRESSO GLI ORGANISMI
INTERNAZIONALI INTERGOVERNATIVI
La Santa Sede, con i suoi
rappresentanti, gioca un ruolo “fondamentale” in seno alle Organizzazioni
internazionali nel promuovere la pace e la giustizia e nel tutelare la vita e i
diritti dell’uomo da ogni forma di arbitrio. Lo ha affermato Benedetto XVI
nell’udienza concessa questa mattina ai rappresentanti presso i 16 Organismi
internazionali in cui la Santa Sede è oggi accreditata. L’incontro con il Papa
ha concluso una riunione di due giorni - ieri ed oggi - durante la quale gli
osservatori vaticani si sono confrontati con i vertici della Segreteria di
Stato e di alcuni dicasteri pontifici. In particolare – informa un comunicato -
gli argomenti di dibattito hanno riguardato la collaborazione della Santa Sede
con le organizzazioni cattoliche o di ispirazione cattolica, che operano
all’interno delle organizzazioni internazionali intergovernative, e
l’evoluzione del concetto dei diritti umani. La sintesi dell’intervento di
Benedetto XVI nel servizio di Alessandro De Carolis.
**********
Una presenza nello scacchiere
internazionale che suona come una voce della “coscienza”, più alta delle
controversie diplomatiche o delle dispute territoriali perché interessata a
difendere la pace e la vita degli uomini dall’arroganza e dagli abusi. E’ la
voce della Santa Sede che risuona attraverso i suoi emissari ufficiali in
quelle sedi – dall’ONU di New York o di Ginevra all’Organizzazione Mondiale del
Commercio o del Turismo – in cui si orientano i destini degli Stati. Si tratta,
ha osservato Benedetto XVI all’inizio del suo interevento, di una partecipazione
“accresciuta”, sia pure delicata e faticosa, che fornisce un “prezioso stimolo
a che essa – ha detto – possa continuare a dare voce alla coscienza di quanti
compongono la comunità internazionale”.
Grazie al lavoro dei suoi
osservatori o rappresentanti permanenti, ha sottolineato il Pontefice, la Santa
Sede contribuisce al rispetto dei diritti umani e del bene comune “e, pertanto
– ha proseguito - all’autentica libertà ed alla giustizia. Siamo in presenza di
un impegno specifico ed insostituibile, che può divenire ancor più efficace se
si uniscono le forze di quanti collaborano con fedele dedizione alla missione
della Chiesa nel mondo”. Entrando quindi nel concreto del lavoro dei
rappresentanti vaticani, Benedetto XVI li ha sollecitati a usare la “forza apparentemente
inerme, ma in definitiva prevalente della verità” in difesa dell’uomo anche
quando – ha osservato – “la politica degli Stati o la maggioranza dell’opinione
pubblica si muovono in direzione contraria. La verità, infatti, trova forza in
se stessa e non nel numero dei consensi che riceve”:
“Le relazioni fra gli
Stati e negli Stati sono giuste
nella misura in cui esse rispettano la verità. Quando, invece, la verità è
oltraggiata, la pace è minacciata, il diritto viene compromesso, allora, con
logica conseguenza, si scatenano le ingiustizie. Esse sono frontiere che
dividono i Paesi in maniera molto più profonda di quanto lo facciano i confini
tracciati sulle carte geografiche e, spesso, non sono soltanto frontiere
esterne, ma anche interne agli Stati”.
Queste ingiustizie, ha affermato
Benedetto XVI, assumono anche “molti volti”, come, ad esempio, “il volto del
disinteresse o del disordine, che giunge a ledere la struttura di quella
cellula originante della società, che è la famiglia”:
“Oppure il volto della prepotenza o dell’arroganza, che può arrivare
fino all’arbitrio, mettendo a tacere chi non ha voce o non ha forza per farla udire,
come avviene nel caso dell’ingiustizia che, oggi, è forse la più grave, ossia
quella che sopprime la vita umana nascente”.
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Una pace che superi le divisioni
etniche, una pastorale in grado di fronteggiare la crisi della famiglia,
l’offensiva delle sette e l’AIDS: queste le sfide per la Chiesa in Camerun di
cui ha parlato il Papa nel discorso ai vescovi del Camerun ricevuti stamane al
termine della visita ad Limina. Il servizio di Fausta Speranza:
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Il
contesto economico e sociale sfavorevole, i legami familiari messi a dura prova
dalla precarietà e fragilità dei rapporti, l’offensiva delle sette che
approfittano della credulità della gente per allontanare da Cristo e dalla
Chiesa, differenti pratiche religiose che proliferano nelle comunità, il
flagello dell’AIDS: quando il Papa dice ai vescovi del Camerun che li ha
attentamente ascoltati nella loro visita ad Limina, sottolinea tutte le sfide
che impegnano la Chiesa nel Paese africano. Lo fa incoraggiando i presuli a
“perseverare nello spirito di un dialogo sincero e paziente vissuto nella
verità e nella carità”:
“ÉGLISE AU CAMEROUN, DANS CETTE
REGION DE L’AFRIQUE CENTRALE TANT MEURTRIE PAR LES GUERRES …”
Ricorda che il Paese si trova
nella regione dell’Africa centrale martorizzata dalle guerre e chiede di
“edificare una pace che superi le chiusure identitarie o etniche, che allontani
la tentazione della vendetta e del risentimento e che stabilizzi gli uomini in
relazioni nuove fondate sulla giustizia e sulla carità”. Accanto alle
preoccupazioni non mancano però le gioie della Chiesa africana che Benedetto
XVI vuole ricordare sottolineando il
“numero crescente di sacerdoti e di seminaristi” in Camerun e “il lavoro
paziente dei missionari” che precede le vocazioni. Proprio ai sacerdoti va
l’incoraggiamento del Papa a “lasciarsi rinnovare dalla carità pastorale”, con
parole forti su quanto esige tale carità: una vita casta vissuta nel celibato
in conformità con la legge della Chiesa, un sano esercizio dell’autorità, un
equilibrato rapporto con i beni materiali”. Per quanto riguarda la missione a
servizio della società, Benedetto XVI incoraggia una pastorale familiare che
offra ai giovani un’educazione affettiva e morale esigente perché siano in
grado di vivere rapporti saldi che diano stabilità alle famiglie e alla società
e l’amore totale e esclusivo che comporta il matrimonio. Il Papa auspica per
tutti “un’intimità sempre più grande con Cristo, nutrita dalla parola di Dio e
dall’intensa preghiera”, anche quando cita altre sfide come le sette e l’AIDS.
Il frutto dovrebbe essere una “catechesi strutturata” e un’esigente e continua
formazione dei catechisti”.
“THE CHURCH IS CALLED TO BECOME
MORE AND MORE A HOME AND A SCHOOL OF COMMUNION…”
La
Chiesa sia “casa e scuola di comunione”, raccomanda Benedetto XVI, che
pronuncia queste parole passando dal francese all’inglese. Sottolinea infatti
che la Conferenza Episcopale del Camerun, composta da vescovi che parlano
inglese e da altri che parlano francese, è essa stessa simbolo dell’unità che sperimenta e che serve portando avanti
l’evangelizzazione presso un popolo segnato dalle differenze etniche.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Sempre stamane il Santo Padre ha
ricevuto anche l’arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e in
Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina.
Il Papa questo pomeriggio
riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
Vescovi.
Nelle Filippine il Santo Padre
ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Palo
presentata da mons. Pedro R. Dean, per raggiunti limiti di età.
Gli succede mons. Jose Serofia
Palma, finora vescovo di Calbayog. Mons. Jose Serofia Palma è nato a Dingle,
nell'arcidiocesi di Jaro, il 19 marzo 1950. È stato ordinato sacerdote per l'arcidiocesi
di Jaro il 21 agosto 1976. E’ stato consacrato vescovo il 13 gennaio 1998.
Sempre nelle Filippine, il Santo
Padre ha nominato vicario apostolico di Bontoc-Lagawe mons. Rodolfo Fontiveros
Beltran, vicario generale dell’arcidiocesi di Tuguegarao, assegnandogli la sede
titolare vescovile di Buffata. Mons. Rodolfo Fontiveros Beltran, è nato a
Gattaran - Cagayan, nell'arcidiocesi di Tuguegarao, il 13 novembre 1948. È
stato ordinato sacerdote il 25 marzo 1976.
Il Papa ha quindi elevato la
Missio sui iuris in Kyrgyzstan al rango di Amministrazione Apostolica. In pari
tempo, ha nominato primo amministratore apostolico della medesima
circoscrizione ecclesiastica il padre gesuita Nikolaus Messmer, finora rettore
del Preseminario della diocesi della Trasfigurazione a Novosibirsk (Federazione
Russa), elevandolo all’episcopato e assegnandogli la sede titolare vescovile di
Carmeiano. Padre Nikolaus Messmer è nato il 19 dicembre 1954 a Karaganda
(Kazakhstan). È entrato nella Compagnia di Gesù il 1° settembre 1978. Il 28
maggio 1989 è stato ordinato sacerdote a Riga. Il 7 ottobre 2001 ha emesso la
professione religiosa nella Compagnia di Gesù. Nel 2004, ha conseguito la
Licenza in Spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana.
UNA DONAZIONE TOTALE A CRISTO
SIN DALLA TENERA ETÀ: QUESTA LA NOTA CHE CONTRADDISTINGUE LA VITA DI SUOR ELIA
DI SAN CLEMENTE, LA CARMELITANA SCALZA PUGLIESE CHE SARÀ BEATIFICATA QUESTO
POMERIGGIO A BARI
- Intervista con padre Ildefonso Moriones -
Sarà beatificata questo pomeriggio,
alle 18.30 nella cattedrale di Bari, la monaca carmelitana scalza suor Elia di
San Clemente. La cerimonia, che eleverà agli onori degli altari la religiosa
barese morta nel 1927 a soli 26 anni,
sarà presieduta dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
il cardinale José Saraiva Martìns; ad officiare la Liturgia eucaristica sarà
invece l’arcivescovo di Bari mons. Francesco Cacucci. Sulla figura di suor
Elia, Giovanni Peduto ha intervistato il postulatore della Causa di
Beatificazione padre Ildefonso Moriones, dei carmelitani scalzi:
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R. - A 4 o 5 anni ha avuto un
sogno: una signora passeggiava nel giardino di casa e la mamma le ha detto che
forse era la Madonna che andava a cercare lei. Quindi è cresciuta già con
questa chiamata interiore. La Prima Comunione l’ha fatta con grande entusiasmo
e convincimento. Fin da bambina si associa ai gruppi di devoti della Beata
Imelda, per il culto dell’Eucaristia, per la catechesi e quindi praticamente da
sempre si è sentita chiamata alla vita religiosa. I direttori l’hanno guidata
verso il Carmelo e lì sì è trovata, a 19 anni, con gli scritti di Teresa di
Gesù Bambino – quasi sua contemporanea – e quindi ha preso ancora più
seriamente quella vocazione che aveva fin da bambina.
D. –
Suor Elia è nata nel 1901 ed è morta nel 1927, è vissuta appena 26 anni. In che
maniera ha espletato la sua santità?
R. – Quella donazione totale a
Cristo fin dai primi anni, è maturata poi nell’adolescenza e si è rivelata
definitiva nella professione solenne. E’ lì che si stabilisce un rapporto
chiarissimo e profondo con Cristo e si identifica nella sua vocazione di
contribuire alla redenzione, alla salvezza. Quindi nel monastero è stata subito
notata come particolarmente impegnata nella sua dedizione a Cristo.
D. –
Può raccontarci un episodio significativo della vita di suor Elia?
R. – Quello che l’ha segnata per
sempre è il sogno dell’infanzia. Poi nella vita religiosa, in questo monastero,
c’era una particolarità; era un monastero del secolo XVII che aveva annesso un
convitto per ragazze. Per due anni lei è stata incaricata di occuparsi di
queste ragazze giovani e si vede che aveva questa fede trasparente che le ha
contagiate e sono state loro, 30, 40, 50 anni dopo ancora a ricordarla. Questa
dedizione alle ragazze le ha procurato la gelosia della direttrice che ha
cominciato un po’ a metterla da parte. Questo le ha insegnato ad entrare nella
via della Croce; poi l’hanno fatta sacrestana e lì ha sviluppato ancor più
l’intimità dell’Eucaristia. Per un anno intero ha avuto dolori fortissimi alla
testa che nessuno prendeva sul serio, dicendo che erano immaginazioni sue. Alla
fine si è scoperto che era un’encefalite grave, ma quando se ne sono accorti
non c’era più rimedio.
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DOMANI 19 MARZO, NEL
GIORNO TRADIZIONALMENTE DEDICATO A SAN GIUSEPPE,
IL PAPA PRESIEDE IN SAN PIETRO LA MESSA PER I
LAVORATORI
- Intervista con mons. Paolo Tarchi -
Domani mattina alle 9.30 nella
Basilica Vaticana il Papa presiede la Santa Messa per i Lavoratori: saranno
presenti una ventina di associazioni a rappresentare il mondo del lavoro.
L’evento cade nel giorno tradizionalmente dedicato a San Giuseppe, anche se
quest’anno la memoria liturgica è spostata a lunedì prossimo per la coincidenza
con la Domenica di Quaresima. La Radio
Vaticana trasmetterà la cronaca della celebrazione in onda corta, onda media e
modulazione di frequenza, con commenti
in varie lingue. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Si tratta di una celebrazione
voluta dallo stesso Benedetto XVI. Ricordiamo le sue prime parole da Pontefice
11 mesi fa, il 19 aprile scorso: “Sono
un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”, ebbe a dire nel giorno
della sua elezione. Il Papa adesso incontra i lavoratori in un momento di
grandi sfide e grandi cambiamenti per questo settore. Ma quali sono i principi
cardine della dottrina sociale della Chiesa riguardo al mondo del lavoro? Ci
risponde mons. Paolo Tarchi, direttore
nazionale dell’ufficio della Conferenza episcopale italiana per i Problemi Sociali e del Lavoro:
R. – La centralità del lavoro
sta nella persona. Il soggetto che lavora vale più delle cose che è capace di
trasformare. Credo che questo sia il nucleo centrale. Il lavoro è per l’uomo e
non l’uomo per il lavoro, come ci ricordava il Papa Giovanni Paolo II nella Laborem Exercens. Bisogna recuperare
sempre la centralità della persona in qualunque realtà.
D. – Quali sono le grandi sfide
che il mondo del lavoro lancia all’uomo di oggi?
R. – Mi pare che le sfide siano
quelle di un cambiamento epocale anche della struttura del lavoro. C’è molta
mobilità e necessità di ridefinire anche il rapporto tra la persona e il
lavoro. Quello che dice la dottrina sociale della Chiesa, è che non dobbiamo
aver paura dei cambiamenti, l’importante è che la persona che lavora sia sempre
tutelata in ogni passaggio della sua vita. Penso ad esempio alle nuove
generazioni che se si trovano in modo costante di fronte ad un lavoro precario,
possono veramente mettere a rischio altri progetti di vita, quali costruirsi
una famiglia, poter dare stabilità anche agli affetti e a quelle cose
importanti che accanto al lavoro costituiscono le dinamiche di una vita della
persona.
D. – San Giuseppe, artigiano,
modello dei lavoratori…
R. – Io ricordo un bellissimo Regina Coeli di Giovanni Paolo II, il
quale parlava appunto di Giuseppe lavoratore come crocevia di due dimensioni,
quella della famiglia e quella del lavoro. Credo che il suo silenzio operoso,
quest’uomo che nella Scrittura non parla, ma agisce, sia veramente un modello
per tutti coloro che in qualche modo nella loro vita hanno questa esperienza
importante che poi costituisce anche un elemento di cittadinanza della persona
che è il lavoro.
Dunque il silenzio di San
Giuseppe. Ne aveva parlato Benedetto XVI durante l’Angelus del 18 dicembre
scorso. Alla vigilia del 19 marzo, giorno onomastico del Santo Padre, ci piace
riascoltare quelle parole:
“Il suo è un silenzio permeato
di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità
ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di San Giuseppe non manifesta un
vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel
cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione….un silenzio intessuto
di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione
della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza. …
Lasciamoci ‘contagiare’ dal silenzio di San Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno,
in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e
l'ascolto della voce di Dio”.
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PRESIEDUTI IN SAN
PIETRO DAL CARDINALE SODANO
I SOLENNI FUNERALI DELL’ARCIVESCOVO ROMEO
PANCIROLI
- A cura di Alessandro De Carolis -
“Semplicità” e “mitezza
personale”, che hanno guadagnato alla Santa Sede l’intelligenza e le capacità
di un uomo dotato di “una profonda spiritualità interiore”. All’omelia della
Messa esequiale presieduta questa mattina nella Basilica di San Pietro, il
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha ricordato mons. Romeo Panciroli,
spentosi giovedì scorso all’età di 82 anni. Più volte pro-nunzio in Paesi
dell’Africa e del Medio Oriente, mons. Panciroli aveva anche legato il suo nome
alla direzione della Sala Stampa vaticana dal 1976 all’84. Nel tratteggiarne la
figura, il cardinale Sodano ne ha messo in risalto lo “spiccato spirito
missionario” che mostrò nel suo servizio di rappresentante apostolico. Abbiamo
perso un amico, ha detto il cardinale Sodano, “ma ringraziamo Iddio per averci
donato in lui un esempio di docile e operoso servizio nella sua vigna”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina
l'udienza di Benedetto XVI a Vescovi del Camerun.
Servizio vaticano - Il
discorso del Papa ai Rappresentanti della Santa Sede presso le Organizzazioni
internazionali.
L'omelia del Cardinale
Angelo Sodano nella Santa Messa esequiale per il compianto Arcivescovo Romeo
Panciroli, Nunzio Apostolico.
Servizio estero -
Contributo della Santa Sede al IV Forum mondiale sull'acqua.
Servizio culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo
"Il mito dell'eterna bellezza".
Servizio italiano - In
rilievo la Confindustria.
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18
marzo 2006
UNA
CHIESA AL FIANCO DEI PIÙ POVERI ED ATTENTA ALLE PROBLEMATICHE SOCIALI:
È QUELLA DELL’AMERICA LATINA. LA SUA MISSIONE È DESCRITTA IN UN
LIBRO
DA UN GIORNALISTA CHE L’HA
CONOSCIUTA ATTRAVERSO L’APOSTOLATO DELL’ARCIVESCOVO DI TEGUCIGALPA, IN
HONDURAS,
IL CARDINALE OSCAR RODRÍGUEZ MARADIAGA
Una realtà sociale difficile dove la Chiesa vuole
essere al fianco dei più poveri e deboli. E’ quella dell’America Latina che il giornalista del TG 2
Enzo Romeo ha voluto descrivere nel libro “L’Oscar color porpora”. Pubblicato
dalla casa editrice Ancora, il volume tratteggia in particolare la figura del
cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras,
da anni impegnato in una pastorale che ha coinvolto un gran numero di laici.
Ieri a Roma, alla Pontificia Università Salesiana, alla presentazione del libro,
un folto pubblico ha ascoltato con interesse il porporato parlare della sua
terra. Tante le domande che gli sono state rivolte. Tiziana Campisi ha
incontrato per noi il cardinale Rodríguez Maradiaga e gli ha chiesto di
tracciare un profilo dell’odierna società latinoamericana:
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R. –
La realtà sociale è di una grande povertà che invece di diminuire, cresce per
distinte ragioni. Questo motiva un’immigrazione molto forte dai nostri Paesi
dell’America centrale verso gli Stati Uniti, in gran parte illegale. Da
Ecuador, Perù e Colombia verso la Spagna generalmente, poi verso l’Europa.
Questa migrazione ci fa soffrire perché si vanno a trovare tante difficoltà, in
alcuni Paesi come gli Stati Uniti crescono le barriere per fermarli: poi c’è
anche stata una legge, recentemente introdotta dal Congresso americano e approvata,
che aspetta l’approvazione del Senato, che dichiara l’immigrazione illegale
come un crimine e questo veramente ci preoccupa moltissimo.
D. –
La Chiesa come si inserisce in questa realtà?
R. –
Attraverso la Buona novella del Vangelo vogliamo fare un’evangelizzazione che
sia ben radicata nella vita della popolazione latino-americana.
Un’evangelizzazione nuova che possa far scoprire nella Parola di Dio la luce
per camminare nelle tenebre delle difficoltà, dei problemi della povertà. Poi
essendo vicino ai popoli, per essere la voce di quelli che non hanno voce, per
aiutare soprattutto quelli che soffrono.
D. –
Di cosa necessita oggi la Chiesa in America latina e nell’Honduras in particolare?
R. –
Certamente una delle cose di cui abbiamo più bisogno sono i sacerdoti. Nel ‘78,
quando io sono stato nominato vescovo ausiliare, avevamo soltanto 190 sacerdoti
per tutto il Paese, adesso siamo più di 400 e continuiamo a crescere con grande
giubilo e con grande gioia. Però ne mancano ancora moltissimi, abbiamo ancora
parrocchie che qui in Italia sarebbero diocesi, a volte con centomila abitanti.
La missione ci interpella sempre e poi è cresciuto un laicato che collabora
moltissimo, lavora, e la grande sfida è far sì che questi laici possano anche
influire nella cultura, nella vita politica e in quella economica, per arrivare
ad una maggiore equità.
D. –
Che tipo di pastorale pensa per la sua Chiesa?
R. –
Noi siamo contenti che ci sia una grande risposta e per questo dobbiamo incrementare
soprattutto la pastorale biblica. Vuol dire, sull’esempio della lectio divina,
come far crescere questo interesse per la parola di Dio e come rendere viva la
Parola di Dio.
D. –
Per risolvere i problemi più pressanti di cosa c’è bisogno nell’America Latina?
R. –
C’è bisogno che questi trattati di libero commercio siano veramente liberi, che
ci sia nell’Organizzazione Mondiale del Commercio più sincerità per affrontare i veri problemi. Non si può
continuare con protezionismi, non si può continuare con sussidi per i prodotti
e vedere nell’Unione Europea una mucca con due dollari al giorno di sussidio,
nel Giappone sono sette dollari, e ci sono più di un miliardo di persone che vivono con meno di un dollaro
al giorno. Questa veramente non è giustizia.
D. –
Lei ha sottolineato l’esigenza di una formazione per i laici e soprattutto per
quanti intraprendono poi la carriera politica…
R. –
Questo è difficile perché bisogna incominciare dalla gioventù e per questo è importante
il Compendio della dottrina sociale della Chiesa. E’ stato pubblicato
finalmente l’anno scorso in spagnolo, la diffusione è stata grandissima. Noi
pastori facciamo riunioni, per esempio con quanti sono nei partiti, per farli riflettere
sul Compendio e devo dire che la gente si interessa. Poi nell’Università
cattolica abbiamo introdotto una Cattedra di scienze politiche, non soltanto
per insegnare teorie politiche, ma per fare della scienza una vita che si
preoccupi del bene comune.
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Domani, 19 marzo, 3a Domenica di
Quaresima la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù caccia i mercanti dal
Tempio di Gerusalemme. I Giudei gli chiedono: «Quale segno ci mostri per fare
queste cose?». E Gesù risponde :
«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
Egli
parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che
aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Su
questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko
Ivan Rupnik:
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Cristo parlava del suo corpo che
è tempio dello Spirito Santo inabitato dalla pienezza dell’amore del Padre.
Questo tempio, il suo corpo, è l’umanità di Cristo che sarà esposta alle offese
e al male del mondo tanto da essere distrutta fino alla morte. Cristo sul
Golgota, appeso sul legno della croce, morirà, ma risusciterà con un corpo
glorioso, sfolgorante e tutto ciò che era distrutto riapparirà in uno splendore
senza paragone.
Questo è per noi l’unico tempio
e noi ne siamo le pietre vive. Il battesimo ci innesta in questo corpo, in
questo santuario dello Spirito Santo e dell’amore del Padre. Da ciò possiamo
comprendere e percepire noi stessi, nella nostra umanità, nella nostra
corporeità, come parte del corpo di Cristo, inabitato dallo Spirito Santo e da
ciò possiamo anche comprendere e percepire noi Chiesa come comunione, come un
organismo vivente che si rispecchia nel santuario che costruiamo. Proprio per
questo, siamo chiamati ad essere attenti a noi stessi e al santuario che
costruiamo.
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18 marzo 2006
ACQUA UN ELEMENTO ESSENZIALE PER LA VITA. CON UN DOCUMENTO DETTAGLIATO,
LA SANTA SEDE INTERVIENE
AL FORUM MONDIALE DELL’ACQUA IN PROGRAMMA
FINO AL 22 MARZO A CITTA’ DEL MESSICO: 120 LE NAZIONI
RAPPRESENTATE
E OLTRE 10 MILA I DELEGATI
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CITTA’ DEL MESSICO. = “Elemento della Creazione, sorgente
di vita, l’acqua è un bene universale comune, destinato all’intera famiglia
umana”. Si apre così il testo presentato dalla Santa Sede al Forum di Citta’
del Messico. Un documento dettagliato, che si sofferma sulle principali
questioni che richiamano oggi l’attenzione della comunità internazionale su
questa vitale risorsa. Siccità, inquinamento, conflitti per l’appropriazione
delle fonti, limitato accesso per le popolazioni povere. “La scarsità d’acqua -
ricorda la Santa Sede - è un problema che pesa in modo sempre più drammatico su
uomini e donne, soprattutto nelle aree più povere del pianeta”. Ma la sua
soluzione non è pensabile se non con una presa di responsabilità da parte di
tutte le nazioni. Sono proprio gli Stati più sviluppati infatti che si devono
fare carico per primi dei finanziamenti necessari a ridurre le disparità. Ed è
ancora nelle nazioni ricche che si deve in primo luogo contrastare quella
cultura dello spreco, che troppo spesso dimentica il valore inestimabile e
insostituibile di questa risorsa. Non manca il disappunto verso forme di
speculazione, quelle ad esempio che portano ad aumenti indiscriminati delle
tariffe in aree povere. L’acqua non può essere considerata come una merce
qualsiasi, sottolinea la Santa Sede, soprattutto nel momento in cui diventa
fondamentale per alleviare le sofferenze. Tra le vie indicate per una migliore
gestione, quella della partecipazione di tutti i soggetti interessati, a
cominciare dalle comunità locali. I saperi tradizionali possono essere vitali
per gestire l’acqua, anche quando si prospettano soluzioni ad alto contenuto
tecnologico.
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LE
NAZIONI INDUSTRIALIZZATE HANNO CHIUSO LE PORTE AI RICHIEDENTI ASILO.
SECONDO
UN RAPPORTO DELL’ACNUR NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI SI SONO DIMEZZATE LE PERSONE
CHE HANNO OTTENUTO LO STATUS DI RIFUGIATO DAI PAESI RICCHI
GINEVRA. = Negli ultimi cinque anni, il numero complessivo
di domande d’asilo pervenute nei paesi industrializzati è diminuito della metà.
E’ quanto risulta dall’ultimo rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati (ACNUR). Nel 2005 - sottolinea l’organizzazione
internazionale - i Paesi ricchi hanno raggiunto il livello più basso in quasi
vent’anni di politiche dell’accoglienza. Da Ginevra l’organismo dell’ONU punta il dito contro
l’adozione di norme e politiche sempre più severe per il rilascio dello status
di rifugiato. Secondo António Guterres, alto commissario delle Nazioni Unite
per i rifugiati, le cifre dimostrano come i Paesi industrializzati sbagliano
quando parlano dell’asilo come un problema crescente. “Questi Paesi - ha
dichiarato Guterres, in occasione della presentazione del rapporto - dovrebbero
piuttosto chiedersi se, imponendo restrizioni ancor più rigide sui richiedenti
asilo, non stiano chiudendo le porte ad uomini donne e bambini in fuga dalla
persecuzione”. Tra i governi che in questi cinque anni hanno maggiormente
ridotto l’accettazione delle domande d’asilo spiccano il Canada, gli Stati
Uniti, ma anche la Nuova Zelanda, che nel 2005 ha concesso il 75 per cento di
asili in meno rispetto a cinque anni fa. A dimostrare che anche l’Unione
Europea ha le sue responsabilità, le cifre riguardanti Paesi come Germania o Danimarca,
storicamente attenti alle problematiche dell’accoglienza. E’ dal 1983 che il
governo di Copenaghen e quello di Berlino non registrano cifre più basse quanto
al numero di asili concessi. Tendenze che contrastano con la crescita di
domande, provenienti soprattutto da alcune zone del pianeta. Nel 2005, il
gruppo più numeroso di richiedenti lo status di rifugiato è stato quello dei
cittadini della Serbia Montenegro, e soprattutto dal Kosovo, seguiti dai russi,
molti dei quali dall’area cecena. Ma la crescita percentuale più consistente
rispetto agli anni precedenti è stata quella delle richieste presentate da
cittadini di Iraq e Haiti. “Con i livelli così bassi di domande d’asilo i paesi
industrializzati sono ora nelle condizioni di migliorare li sistemi di asilo”,
ha dichiarato Guterres, non senza ricordare che “la maggioranza dei rifugiati
vive oggi in Paesi in via di sviluppo come Iran, Tanzania e Pakistan”.
“UNA LEGGE DAL VOLTO UMANO CHE
TENGA IN CONTO IL BENE COMUNE
DI TUTTE LE PERSONE”: L’APPELLO
DEI VESCOVI CENTROAMERICANI CONTRO
LE RIFORME DELLE LEGGI SULL’IMMIGRAZIONE
SAN JOSE’. = Emerge preoccupazione tra i vescovi
centroamericani per le riforme delle leggi sull’immigrazione attualmente in
discussione negli Stati Uniti. A esprimere i timori dei presuli una nota
firmata da mons. Josè Francisco Ulla Rojas, vescovo di Cartago e da mons. Angel
Sancasimiro Fernàndez, vescovo di Ciudad Quesada, rispettivamente presidente e
vicepresidente del Segretariato episcopale dell’America Centrale SEDAC. Nel documento,
si pone la richiesta che nelle discussioni in atto venga contemplata “una legge
dal volto umano e si consideri una soluzione umanitaria e comprensiva per il
bene comune di tutte le persone che cercano un’alternativa alla grave crisi
economica centroamericana”. Secondo quanto riferisce l’agenzia FIDES, i vescovi
ritengono che l’approvazione della legge H.R 4437 “sarebbe un disastro
devastatore per migliaia di persone, famiglie e comunità”. Una normativa -
continuano i vescovi - che, nel caso venisse approvata, “spingerà la
popolazione a correre rischi ancora maggiori per ottenere lavoro negli Stati
uniti, incrementando un’altra ondata ancora più grande di migrazioni, che
agevolerebbero il traffico degli emigranti e la tratta delle persone”. I
presuli sottolineano inoltre la necessità di tener conto “dei diritti e
dignità” degli emigranti, ed esortano i legislatori a promulgare “provvedimenti
umanitari che permettano la riunificazione familiare”.(S.C.)
IN OCCASIONE DELL’INCONTRO SUL CONTRIBUTO DEI
SETTIMANALI CATTOLICI
TENUTOSI IERI A VERONA, L’APPELLO DEL CARDINALE DI
MILANO DIONIGI TETTAMANZI AGLI OPERATORI DI COMUNICAZIONE: “SMASCHERARE GLI IDOLI
E SMONTARE LE FALSE NOTIZIE”
VERONA. = “Avere il coraggio di smascherare gli
idoli e smontare le false notizie, attraverso la capacità di ‘essere seminatori
e comunicatori di speranza’”. Questo l’appello del cardinale Dionigi
Tettamanzi, arcivescovo di Milano, sul ruolo dei settimanali cattolici, in
occasione della Giornata di studio in preparazione al Convegno di Verona 2006
promosso dalla Federazione italiana dei Settimanali cattolici (FISC).
“Proseguire e sviluppare sempre più un rapporto stretto con le vostre comunità
ecclesiali; far crescere sempre più e rendere più evidente la caratteristica di
essere strumenti di ispirazione cristiana; dare sempre un‘anima alle notizie
che comunicate; avere il coraggio di smascherare gli idoli e di smontare le
false notizie”. Questi i quattro “mandati” assegnati ai settimanali cattolici
dal porporato. Un’attenzione particolare è rivolta al quarto “mandato”,
definito da Tettamanzi “un’operazione di risanamento e di purificazione
certamente difficile, ma quanto mai necessaria per la deriva che molti dei
grandi media oggi hanno raggiunto per il loro massiccio imporsi all’opinione
pubblica”. Una deriva di cui non sono mancati, nel corso del convegno, gli
esempi concreti: “Penso ai tanti pregiudizi- ha detto il cardinale – che molte
volte stanno dietro alla presentazione, o peggio, all’enfatizzazione delle notizie.
Penso alle notizie, nelle quali prevale la voglia di ‘emozionare’, di
trascinare gli umori della piazza, senza la minima preoccupazione di offrire
l’aiuto di un qualche approfondimento. Penso ancora alle notizie che tendono a
creare una sorta di fanatismo collettivo, che esalta il successo e altrettanto
facilmente lo smonta”. In questa prospettiva, ha sottolineato l’arcivescovo di
Milano “smontare gli idoli del pregiudizio, della pura emozione, del fanatismo,
significa aiutare la gente a pensare, a credere di più nella partecipazione responsabile
di se stessi alla vita della comunità”. Il cardinale ha concluso il suo intervento
con un auspicio rivolto agli operatori della comunicazione presenti, chiedendo
in modo originale e proprio, di essere seminatori e comunicatori di speranza
cristiana: “perché questa sia quotidianamente accesa e riaccesa, nel cuore dei
credenti, da Gesù Crocifisso e risorto e dal suo Spirito”. (S.C.)
LE
INIZIATIVE DELLA CHIESA TEDESCA A SOSTEGNO DEI
MONDIALI DI CALCIO 2006: PROGRAMMI CULTURALI, VISITE ALLE PARROCCHIE E
CELEBRAZIONI LITURGICHE
MAGONZA. = La Chiesa cattolica tedesca “scende in campo”,
con una serie di iniziative in occasione dei campionati mondiali di calcio, che
si disputeranno in Germania dal 9 giugno al 9 luglio. Tra le principali
proposte, l’apertura di un sito internet (www.kirche-am-ball.de “La Chiesa sul
pallone”) che, oltre a trattare le
attività della Chiesa locale nelle città dove si svolgeranno le partite,
offrirà una panoramica globale del suo
impegno. Come riferisce all’Agenzia FIDES il Presidente della Conferenza
episcopale tedesca, il cardinale Karl Lehmann, “la Chiesa cattolica vuole
contribuire all’attuazione del motto del campionato: ‘Il mondo ospite di
amici”. “Vogliamo pregare Dio per una buona riuscita dei campionati - riferisce
il porporato - e ringraziarlo per la molteplicità delle culture nel nostro
mondo che in occasione dei mondiali saranno rappresentate dai molti ospiti che
verranno” .(S.C.)
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18
marzo 2006
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
In Medio Oriente,
la nuova compagine governativa palestinese sarà presentata domani al presidente
Abu Mazen dal premier designato, Ismail Haniyeh, leader di Hamas. Lo hanno
annunciato fonti di Al Fatah, il partito moderato che ieri ha anche reso noto
di non voler far parte del futuro governo palestinese. Ma quali
equilibri avrà il governo di Hamas senza l’appoggio di Al Fatah? Giada Aquilino
lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di Sviluppo politico del Medio
Oriente all’Università di Bologna:
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R. - Bisogna premettere che
Hamas non poteva aspettare a fare il governo. Altrimenti, avrebbe ammesso
apertamente di essere in grosse difficoltà. Difficoltà che in realtà stanno
colpendo Hamas. Senza Al Fatah il problema diventa quello di avere una
effettiva governabilità del Paese. Credo, però, che questa governabilità sia
possibile se il nuovo esecutivo comincerà a fare una serie di riforme gradite
dalla popolazione. Non dimentichiamo che uno dei motivi per cui Hamas ha vinto
le elezioni è dovuto al fatto che le riforme, promesse prima da Arafat e poi da
Abu Mazen, non sono state realizzate.
D. – Di quali riforme si tratta?
R.- Si tratta di riforme che
riguardano, prima di tutto, l’economia che è stata gestita in maniera a dir
poco disastrosa da Al Fatah. Riguardano il mercato del lavoro e garanzie dello
stesso mercato del lavoro. Quindi, se ci sarà una certa trasparenza nel governo,
Al Fatah si accorgerà che conviene rientrare in una coalizione piuttosto che
rimanere fuori.
D. – Il premier Haniyeh ha lanciato segnali
distensivi verso Abu Mazen e la comunità internazionale. Quale sarà l’indirizzo
del governo per quanto riguarda la lotta armata e il riconoscimento di Israele?
R. – Per quello che riguarda la
lotta armata, c’è tutto l’interesse da parte di Hamas a non infiammare la
situazione. Il gruppo radicale deve garantire nei confronti di Israele e
dell’Occidente la governabilità e arrestare il terrorismo. Ora, se danno prova
di saper mantenere questo tipo di pace, può darsi che anche Israele e
l’Occidente, una volta passate le elezioni, dopo il 28 di marzo ritornino sui
loro passi.
D. – Con Abu Mazen si apre una
difficile coabitazione. Quale sarà il futuro politico del presidente?
R. – Ha davanti a sé due strade:
essere il leader di Fatah, o il presidente dell’Autorità nazionale palestinese.
Se sarà solo il leader di un partito, non credo otterrà molti risultati. Se,
invece, garantirà la governabilità, dovrà comunque trovare una qualche forma di
compromesso con Hamas.
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Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è vicino ad
un accordo sul nucleare iraniano e si riunirà di nuovo martedì prossimo. Lo ha
dichiarato l’ambasciatore britannico, Jones Parry, aggiungendo che è allo
studio un testo per chiedere all’Iran la sospensione delle attività nucleari.
Ma la Repubblica islamica ha già ribadito di non voler sospendere le sue
ricerche sui processi di arricchimento dell’uranio.
Restiamo in Iran, dove è stato liberato, dopo 6 anni di
reclusione, il dissidente Akbar Ganji. Una fonte ha detto che il giornalista “è
in buone condizioni di salute”, anche se “pesa non più di 49 chili”. Ganji è
stato arrestato nel 2000 e condannato nel 2001 a sei anni di prigione per una
serie di articoli, nei quali venivano accusati alti responsabili del regime
iraniano di essere coinvolti in una serie di omicidi di intellettuali
dissidenti.
Il 18 marzo del 2003
cominciava la guerra in Iraq. Poco prima di quel giorno, oltre cento milioni di
persone erano scese nelle strade di tutto il mondo chiedendo di dare spazio al
dialogo. A distanza di tre anni, nuove iniziative per la pace sono previste
oggi in diversi Paesi. A Roma, un corteo partirà nel pomeriggio da piazza Esedra per raggiungere
piazza Navona invocando un futuro di riconciliazione per l’Iraq. Ma nel Paese
arabo la tensione resta alta: due soldati statunitensi sono stati uccisi in un attacco a
nord-ovest di Tikrit e un civile iracheno è morto per l’esplosione di una bomba
a Baghdad.
I leader siriani dell’opposizione in esilio lanciano un fronte
unico per promuovere la transizione democratica e un’alternativa al presidente
Bashar al Assad. Lo ha annunciato l’ex vicepresidente Abdel Halim Khaddam, al
termine di una lunga riunione tenutasi nella notte a Bruxelles. In Siria – ha
detto Khaddam – “la povertà è molto estesa, la corruzione è diffusa e le misure
di sicurezza sono strette”. Tutti questi fattori - ha aggiunto - ricordano
quelli presenti in Romania prima della rivolta contro il dittatore Ceausescu.
“Non ci sarà alcun colpo di
Stato in Bielorussia. Non ci sarà alcuna presa violenta degli uffici pubblici,
nessun blocco di strade e piazze”. E’ questo il duro monito lanciato ieri dal
presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, durante un discorso televisivo
rivolto alla nazione in vista delle elezioni presidenziali di domani nell’ex
Repubblica sovietica. L’esito delle elezioni non dovrebbe riservare sorprese:
sembra scontata, infatti, la riconferma di Lukashenko. L’opposizione, che teme
brogli, ha fissato una “manifestazione pacifica” dopo la chiusura delle urne.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno anche avvertito il governo bielorusso
che se sarà usata la forza contro dimostranti che esercitano il loro
indiscutibile diritto alla libertà di espressione, ci sarà una forte risposta
da parte della comunità internazionale. Il servizio di Giuseppe d’Amato:
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Sette milioni di elettori,
quattro i candidati. Il netto favorito è il presidente uscente Alexander
Lukashenko. L’opposizione ha presentato un suo unico rappresentante,
l’ex vice sindaco di Grondo, Alexandr
Milinkevich: “Metteremo gli oppositori faccia a terra”, ha promesso il
capo delle truppe speciali. Decine di migliaia di poliziotti sono pronti ad
intervenire e si temono disordini di piazza a Minsk all’annuncio dei risultati.
Il ministro degli Esteri ritiene Lukashenko
responsabile per la situazione creatasi. Pronta e indignata la risposta di
Bruxelles. L’opposizione teme falsificazioni. Il governo teme una rivoluzione
come quella in Ucraina. Agli osservatori del Parlamento europeo non è stato
concesso, inoltre, l’ingresso in Bielorussia. Critiche arrivano anche dagli
Stati Uniti. I vari siti internet e di informazione indipendente hanno
comunicato ai propri lettori dove cercare gli osservatori in caso di
repressione. Settanta oppositori sono stati arrestati nell’ultima settimana.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
d’Amato
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In Serbia, oltre 50
mila persone sono in fila davanti al Parlamento federale di
Belgrado per rendere l’ultimo omaggio alla salma di Slobodan Milosevic. Il corteo funebre partirà poi per Pozarevac,
città natale di Milosevic, dove l’ex capo di Stato sarà sepolto. Alle esequie non parteciperanno, probabilmente, la
moglie e il figlio. A Belgrado si
svolgerà, nel pomeriggio, anche una contromanifestazione degli oppositori del
regime di Milosevic per ricordare, in particolare, il massacro di oltre 8.000 musulmani a Srebrenica nel 1995.
I promotori della manifestazione
nazionale prevista oggi a Parigi per protestare contro il contratto di primo
impiego hanno un alleato in più: anche i rettori delle università francesi si
uniscono, infatti, alla protesta e chiedono la sospensione della legge temendo
ulteriori, gravi disordini negli atenei francesi nelle prossime settimane. Il
contratto di primo impiego consente nei primi due anni il licenziamento, senza
giusta causa, di giovani con meno di 26 anni.
Primo
caso di influenza aviaria in Egitto. Il virus H5N1 ha causato la morte di una
persona nella provincia di Qaliubiya, nel nord del
Paese. A riferirlo il ministro della Sanità, Hatim el Gabali. L’Organizzazione
mondiale della Sanità ha avvertito, intanto, che nuovi studi sono necessari ed
urgenti per determinare le dosi e la durata del trattamento a base di Tamiflu
contro l’influenza aviaria.
In Salvador, il tribunale
supremo ha reso noti i risultati definitivi delle elezioni legislative tenutesi
nel Paese lo scorso 12 marzo. Il partito della destra
al governo, l’Alleanza repubblicana nazionalista (ARENA) ha ottenuto 34 seggi
su 84. La formazione storica della sinistra salvadoregna, Il Fronte Farabundo
Martì per la liberazione nazionale (FMLN) ha conquistato, invece, 32 seggi.
Secondo gli osservatori, ARENA non avrà difficoltà ad ottenere una maggioranza
semplice negoziando con il partito democratico cristiano (PDC), lo schieramento
socialdemocratico (CD) ed il movimento di destra per la conciliazione nazionale
(PCN).
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