RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 76  - Testo della trasmissione di venerdì 17 marzo 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ideologie e profitto non condizionino l’alta vocazione dei mass media a contribuire alla promozione della dignità umana: così il Papa alla plenaria del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali

 

Cordiale scambio di messaggi tra Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca Alessio II: auspicata “una sempre più intensa collaborazione nella verità e nella carità”  e “una comune testimonianza”

 

Farsi prossimi a chi si trova nei tanti Getsemani nascosti nel mondo: è l’esortazione del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nella prima predica di Quaresima alla presenza di Benedetto XVI

 

Conferenza ieri a Roma per i 500 anni delle Guardie Svizzere: intervista con il colonnello Maeder

                                                                                                                             

OGGI IN PRIMO PIANO:

Con le buone condizioni del mare riprendono gli sbarchi in Sicilia. Approdati a Lampedusa circa 250 clandestini a bordo di due carrette del mare: con noi padre Giovanni La Manna

 

Dal Brasile all’Italia: la Comunità Nuovi Orizzonti lancia il progetto “Cittadella Cielo” per ridare speranza ai poveri e agli emarginati: ce ne parla Silvia Piacentini

 

CHIESA E SOCIETA’:

Festa di San Patrizio, patrono dell’Irlanda

 

Documento dei vescovi argentini in vista del 30.mo anniversario del golpe militare che destituì il presidente Isabelita Perón

 

Un fallimento del governo. E’ questa la denuncia dei vescovi nigeriani in seguito ai sanguinosi scontri verificatisi nel Paese, dopo la pubblicazione delle vignette su Maometto

 

Nasce “Totus tuus” la prima rivista ufficiale che segue la Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II

 

Nasce a Milano il Forum delle religioni, luogo di confronto e dialogo per cristiani, ebrei, musulmani e buddisti

 

E’ morto ieri l’arcivescovo Romeo Panciroli. Aveva 82 anni. Domani alle 9.00 i funerali in San Pietro presieduti dal cardinale Angelo Sodano

 

24 ORE NEL MONDO:

E’ imminente la formazione del nuovo governo palestinese. Al Fatah non entrerà nell’esecutivo

 

In Bielorussia, lo sfidante di Lukashenko alle presidenziali di domenica, dichiara di ispirarsi a Solidarnosc per aprire una nuova era politica nell’ex Repubblica sovietica

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 marzo 2006

 

 

I MEDIA CONTRIBUISCANO ALLA FORMAZIONE E ALL’INFORMAZIONE DELL’UOMO,

RISPETTANDO LA DIGNITA’ UMANA E PRESENTANDO MODELLI POSITIVI DI VITA

E DI AMORE, AL DI LA’ DEI PROPRI INTERESSI COMMERCIALI

O DELLE CONVINZIONI IDEOLOGICHE

 

I mass media e le industrie che producono intrattenimento a servizio di una crescita dell’uomo in direzione del bene e della verità, a partire dai bambini. E’ l’orizzonte ideale tracciato da Benedetto XVI nell’udienza al Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, impegnato in questi giorni in Vaticano per l’assemblea plenaria. Il Papa ha ribadito con forza che né ideologie né profitto dovrebbero condizionare programmi o informazione. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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Ci vuole “coraggio” e “determinazione” per sollecitare la “potente” fabbrica della comunicazione moderna a proporre modelli positivi di vita, amore, dignità umani, sia nel settore delle news che in quello multiforme dello spettacolo e dell’intrattenimento. Ed è quel coraggio e quella determinazione che Benedetto XVI ha auspicato nel discorso rivolto ai membri del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, ricevuti oggi in udienza nella Sala Clementina. Quarant’anni fa, ha ricordato il Papa, uno dei primi documenti del Concilio Vaticano II, l’Inter Mirifica, dedicata ai media, aveva riconosciuto “l’enorme potere dei media” nella formazione e nell’informazione delle menti umane e nel modellamento del loro stesso modo di pensare. Oggi, ha osservato il Pontefice, la “necessità urgente” è quella di sfruttare “quel potere a favore di tutta l’umanità”. La sfida, ha affermato Benedetto XVI, consiste nell’“incoraggiare le comunicazioni sociali e le industrie di intrattenimento ad essere protagonisti della verità e promotori della pace”: pace che nasce “dalle vite che hanno vissuto in conformità con la verità che libera”:

 

SUCH A COMMITMENT DEMANDS PRINCIPLED…

Un tale impegno richiede principalmente il coraggio e la risoluzione, da parte di coloro che possiedono e lavorano all'interno dell'enorme e influente industria dei media, di assicurarsi che la promozione del bene comune non sia sacrificata mai ad una ricerca egoistica del profitto  o ad un programma  ideologico che dimostri scarsa responsabilità pubblica”.

 

Viceversa, ha proseguito il Papa, coerentemente con il suo Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, i media dovrebbero contemplare sempre alla base della loro etica produttiva il sostegno al matrimonio e alla vita familiare, “fondamento di ogni cultura e società”. Inoltre, ha sostenuto ancora Benedetto XVI:

 

“IN COOPERATION WITH PARENTS, THE SOCIAL COMMUNICATIONS

In collaborazione con i genitori, l’informazione e l’intrattenimento possono aiutare nella difficile ma supremamente soddisfacente vocazione di far crescere i bambini, presentando loro modelli edificanti di vita umana e di amore”.

 

“Com’è scoraggiante e distruttivo per noi tutti quando accade il contrario”, ha esclamato subito dopo il Papa. Quando, ha proseguito, “i nostri giovani sono sottoposti a degradate o false espressioni di amore che ridicolizzano la dignità della persona umana data da Dio ed insidiano gli interessi della famiglia”. Rinnovate ogni sforzo, ha concluso il Pontefice rivolto ai membri del dicastero pontificio, “per aiutare coloro che lavorano nel mondo dei media a promuovere ciò che è buono e vero, particolarmente per quello che riguarda il senso dell’esistenza umana e sociale, e a denunciare ciò che è falso, specialmente le pericolose tendenze che corrodono il tessuto di una società civile degna della persona umana”.

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CORDIALE SCAMBIO DI MESSAGGI TRA BENEDETTO XVI E IL PATRIARCA DI MOSCA,

ALESSIO II: AUSPICATA “UNA SEMPRE PIU’ INTENSA COLLABORAZIONE

NELLA VERITA’ E NELLA CARITA’”  E  “UNA COMUNE TESTIMONIANZA”

 

Cordiale scambio di messaggi tra Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, che auspicano una sempre più intensa collaborazione e una comune testimonianza cristiana di fronte alle gravi sfide del nostro tempo. Il servizio di Sergio Centofanti:

 

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Lo scambio dei messaggi è avvenuto durante la visita a Mosca del cardinale Roger Etchegaray che ha partecipato il 24 febbraio scorso alla solenne Liturgia nella cattedrale di San Salvatore, in occasione del compleanno e dell’onomastico del Patriarca  Alessio II.

 

Il Papa esprimendo il suo “fervido e cordiale augurio” per la duplice ricorrenza ha invocato dal Signore “abbondanti benedizioni” per il Patriarca e per il Suo ministero, “generosamente dedito alla grande causa del Vangelo”.

 

“I gesti e le parole di rinnovata fraternità fra Pastori del gregge del Signore – scrive Benedetto XVI – stanno ad indicare come una sempre più intensa collaborazione nella verità e nella carità contribuiscano ad incrementare lo spirito di comunione, che deve guidare i passi di tutti i battezzati. Il mondo contemporaneo – afferma il Papa – ha bisogno di sentire voci che indicano la via della pace, del rispetto per tutti, della condanna di ogni violenza, della superiore  dignità di ogni persona e degli innati diritti che le competono”.

 

Nella sua lettera di risposta il Patriarca Alessio II ringrazia “di cuore per i cordiali auguri e le espressioni di ricordo nella preghiera” del Papa. “Nel nostro tempo, in cui il secolarismo sta rapidamente sviluppandosi – sottolinea Alessio II – il cristianesimo si trova di fronte a gravi sfide che necessitano di una comune testimonianza. Sono convinto – aggiunge il Patriarca di Mosca – che uno dei compiti prioritari per le nostre Chiese, che possiedono  una visione comune su numerosi problemi attuali del mondo contemporaneo, debba essere oggi la difesa e l’affermazione all'interno della società dei valori cristiani, di cui l’umanità vive da più di un millennio. Spero – conclude Alessio II – che a ciò contribuirà anche la rapida risoluzione dei problemi che si interpongono tra le due Chiese”.

 

Nell’occasione Benedetto XVI ha  donato al Patriarca la medaglia d’oro del Pontificato, mentre Alessio II ha fatto pervenire al Santo Padre una croce pettorale, quale segno di gratitudine e di stima.

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CON LA PREGHIERA NEL GETSEMANI, GESU’ MOSTRA ALL’UMANITA’ CHE PER DIO

TUTTO E’ POSSIBILE: COSI’, STAMANI, IL PREDICATORE DELLA CASA PONTIFICIA,

 PADRE RANIERO CANTALAMESSA, NELLA PRIMA PREDICA DI QUARESIMA

 ALLA PRESENZA DI BENEDETTO XVI

 

L’intensa preghiera di Gesù nel Getsemani è stato il tema forte della prima predica di Quaresima, tenuta stamani – alla presenza del Papa, nella cappella Redemptoris Mater – dal predicatore della Casa Pontificia, il padre cappuccino Raniero Cantalamessa. Le due successive prediche della Quaresima avranno luogo venerdì 31 marzo e venerdì 7 aprile. Tema comune delle tre predicazioni è “Ricordando la beata Passione”.  Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Stare un po’ con Gesù nel Getsemani e sul Calvario per giungere preparati alla Pasqua: questa la finalità delle riflessioni quaresimali proposte dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. “Il nucleo originario intorno a cui si è sviluppato l’intera scena del Getsemani – ha affermato il religioso – sembra essere stato quello della preghiera di Gesú”. I gesti che Egli compie sono quelli di “una persona che si dibatte in un’angoscia mortale”:

 

“Gesù è solo, davanti alla prospettiva di un dolore immane che sta per abbattersi su di lui. L”ora” attesa e temuta dello scontro finale con le forze del male, della grande prova (peirasmos) è giunta. Ma la causa della sua angoscia è ancora più profonda: egli si sente gravato da tutto il male e le brutture del mondo. Non l’ha commesso lui questo male, ma è la stessa cosa perché se l’è liberamente assunto”.

 

La Bibbia, ha sottolineato il predicatore della Casa Pontificia, presenta anche un altro caso di lotta nella preghiera: quella di Giacobbe. Due episodi che, ha detto, è istruttivo confrontare. Giacobbe “lotta per piegare Dio alla sua volontà; Gesú lotta per piegare la sua volontà umana a Dio. Lotta perché “lo spirito è pronto, ma la carne è debole”:

 

“Viene spontaneo domandarsi: a chi somigliamo noi, quando pre­ghiamo in situazioni di difficoltà? Somigliamo a Giacobbe, all'uomo dell'Antico Testamento, quando, nella preghiera, lottiamo per indurre Dio a cambiare decisione, più che per cambiare noi stessi e accettare la sua volontà; lottiamo perché ci tolga quella croce, più che per essere in grado di por­tarla con lui. Somigliamo invece a Gesú se, pur fra i gemiti e sudando sangue, cerchiamo di abbandonarci alla volontà del Padre”.

 

“A volte – ha notato padre Cantalamessa – perseverando in questo tipo di preghiera, avviene una cosa strana che è bene conoscere per non perdere un'occasione preziosa. Le parti si invertono: Dio diventa colui che prega e tu colui che è pregato”:

 

“Ti sei messo in preghiera per chiedere qualcosa a Dio e, una volta in preghiera, ti accorgi a poco a poco che è lui, Dio, che stende la mano a te, chiedendoti qualcosa”.

 

“Il caso più sublime di questa inversione delle parti – ha avvertito –è proprio la preghiera di Gesù nel Getsemani. Egli prega che il Padre gli tolga il calice, e il Padre chiede a lui di berlo per la salvezza del mondo”. Gesù dunque “dona non una, ma tutte le gocce del suo sangue e il Padre lo ricompensa costituendolo, anche come uomo, Signore, sicché “una sola goccia di quel sangue basta ora a salvare il mondo intero”. “La vita umana – ha proseguito – è disseminata di tante piccoli notti di Getsemani. Le cause possono essere tantissime e diverse”. In questi casi, è stato il suo richiamo, Gesù ci insegna che “bisogna ricorrere a Dio con la preghiera”. Talvolta – ha detto padre Cantalamessa citando Kierkegaard – l’inventiva d’una fantasia umana può bastare per trovare una possibilità; ma alla fine, cioè quando si tratta di credere, giova soltanto questo: che per Dio tutto è possibile”:

 

“Dio, notava Agostino, ascolta anche quando… non ascolta, quando, cioè, non otteniamo quello che gli stiamo chiedendo. Il suo stesso ritardare di esaudire è già un esaudire, per poterci dare di più di quello che gli chiediamo. Se, nonostante tutto, continuiamo a pregare è segno che ci sta dando la sua grazia”.

 

E il Padre nostro, ha proseguito, è proprio il mezzo che Gesù ci ha dato per unirci a Lui nell’ora della prova. “La parola Getsemani – ha detto ancora – è diventata il simbolo di ogni dolore morale. Gesù non ha subìto ancora nessun tormento fisico; la sua pena è tutta interiore”. Il mondo, ha constatato padre Cantalamessa, “è molto sensibile alle pene corporali, si commuove facilmente per esse; lo è molto meno per le pene morali che a volte perfino deride”. Dio “prende invece molto sul serio il dolore del cuore e così dovremmo fare anche noi”:

 

“Quanti Getsemani nascosti nel mondo, forse sotto lo stesso nostro tetto, nella porta accanto, o nel tavolo di lavoro accanto al nostro! A noi individuarne qualcuno in questa Quaresima e farci prossimo di chi vi si trova. Che Gesú non debba dire in queste sue membra: “Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati” (Sal 68, 21), ma possa, al contrario, farci udire nel cuore la parola che ricompensa tutto: “L’avete fatto a me”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Sempre stamane il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale del Camerun, in visita “ad Limina”.

 

Nel pomeriggio, il Santo Padre riceverà mons. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

In Germania, il Santo Padre ha nominato ausiliare di Colonia mons. Heiner Koch, del clero della medesima arcidiocesi, pro-vicario generale, direttore dell’Ufficio Pastorale della Curia arcivescovile e canonico del capitolo metropolitano, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ros Cré. Mons. Koch è nato a Düsseldorf (arcidiocesi di Colonia) il 13 giugno 1954. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la facoltà teologica dell’Università di Bonn. E’ stato ordinato sacerdote il 13 giugno 1980 a Colonia. Mons. Koch è stato segretario generale del Comitato organizzatore della XX Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia.

 

 

CONFERENZA IERI A ROMA DEL CAPITANO COMANDANTE DELLA GUARDIA SVIZZERA

E. THEODOR MAEDER IN OCCASIONE DEI 500 ANNI DEL REGGIMENTO PONTIFICIO

- Intervista con il colonnello Maeder -

 

“La Guardia Svizzera Pontificia, cinquecento anni di fedeltà in divisa”: questo il titolo della conferenza tenuta ieri a Roma dal Capitano Comandante del reggimento pontificio, il colonnello Elmar Theodor Maeder. Promosso dal circolo San Pietro, l’incontro fa parte delle tante manifestazioni per i 500 anni della Guardia Svizzera e che si concluderanno il 6 maggio, con il solenne giuramento in Piazza San Pietro. Il servizio di Isabella Piro:

 

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Acriter et fideliter, con coraggio e fedeltà: è questo il motto che da 500 anni accompagna le guardie svizzere. Volute da Giulio II nel lontano 1506, oggi esse prestano servizio al 50° Papa, Benedetto XVI. Ma cosa significa, per uno svizzero, essere custode del Sommo Pontefice? Il Capitano Comandante del reggimento pontificio, il colonnello Maeder:

 

“Per tutti noi è un grande onore e un privilegio che noi abbiamo. Siamo proprio i rappresentanti di tantissimi altri giovani svizzeri ma non solo degli svizzeri. Io credo che anche in tutto il mondo c’è gente che vuole prestare un servizio alla Chiesa come facciamo noi”.

 

“Non siamo i bodyguard del Papa – ha specificato il colonnello Maeder – perché il nostro compito è difendere non solo il corpo del Pontefice, ma anche la sua spiritualità. Questo significa – ha aggiunto – proteggere sempre il suo operato anche quando non si è in servizio”. Perché i valori su cui si basa questo compito sono molto precisi:

 

“La base principale per tutti noi è la fede cristiana. Chiediamo anche una pratica religiosa e poi la solidarietà cristiana è un valore molto alto nel nostro Corpo”.

 

Nonostante i sacrifici, però, essere una guardia svizzera riserva momenti meravigliosi:

 

“Essere vicino al Santo Padre in momenti privati, ad esempio durante i viaggi, è sicuramente tanto particolare, e poi i tantissimi incontri con il Santo Padre ma anche con la gente”.

 

E in occasione dei 500 anni del Corpo, dal 7 aprile al 4 maggio, 80 guardie svizzere marceranno da Bellinzona a Roma: i 723 km di distanza saranno percorsi in 27 giorni, scanditi da incontri di preghiera. Il momento culminante sarà il solenne giuramento, in programma per il 6 maggio in Piazza San Pietro.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Il bene comune non venga sacrificato a un desiderio egoistico di profitto o a un programma ideologico di scarsa responsabilità pubblica: il forte richiamo rivolto da Benedetto XVI agli operatori dei media durante l'udienza ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.  

 

Servizio vaticano - Scambio di messaggi fra il Santo Padre e il Patriarca Alessio II.

 

Servizio estero - Stati Uniti: nucleare, terrorismo, dipendenza dal petrolio e crisi umanitare sono i "fronti" dell'azione politica internazionale secondo la Casa Bianca. Pubblicato dopo quattro anni il rapporto di revisione della strategia per la sicurezza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Marko Jacov dal titolo "L'Europa negli scritti di Jan Dlugosz": un grande umanista polacco del XV secolo.

 

Servizio italiano - In rilievo l'economia: cresce il debito pubblico e torna a calare l'occupazione.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 marzo 2006

 

 

CON LE BUONE CONDIZIONI DEL MARE RIPRENDONO GLI SBARCHI IN SICILIA.

APPRODATI A LAMPEDUSA CIRCA 250 CLANDESTINI

A BORDO DI DUE CARRETTE DEL MARE

- Con noi Padre Giovanni La Manna -

 

Nuova ondata di immigrati clandestini a Lampedusa. Sono 242, secondo gli ultimi dati della Capitaneria di porto, gli extracomunitari giunti questa mattina lungo le coste dell’isola in due diversi sbarchi. Il primo ha portato a terra 210 persone, tra cui 4 donne e un uomo che aveva perso i sensi. La seconda imbarcazione, avvistata a 10 miglia dal porto, portava invece 32 extra comunitari tra cui 2 donne. Il copione è dunque quello di sempre. Ma qual è la situazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati politici in Italia? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia:

 

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R. – Ogni giorno bisogna accompagnare e sostenere queste persone perché vengano rispettati i loro diritti, ed essere riconosciuti nella loro dignità di persona. Nella fase di richiesta di asilo politico, per come stiamo funzionando, spesso questo diritto viene negato. Formalmente, in Italia è riconosciuto ma creando delle difficoltà per cui le persone non riescono a vedere riconosciuto questo loro diritto. Parliamo del diritto di asilo politico: l’Italia ha sempre il primato di essere l’unico Paese dell’Unione Europa che non ha una legge in merito. A questo è legato il diritto di istruzione, il diritto ad un lavoro. Le persone hanno diritto ad essere assistite dal punto di vista della salute, ma io invito chi è interessato ad accompagnare un cittadino straniero, come capita a noi, nei vari uffici della ASL per vedere quante difficoltà si incontrano.

 

D. – Cosa di buono è stato fatto finora?

 

R. – Ci sono tante realtà in Italia che riescono a garantire che le persone che vengono in Italia siano riconosciute nei loro diritti di lavoro, casa, scuola, salute e noi porremo l’accento sulle realtà positive proprio perché il nostro messaggio non vuole essere di critica sterile.

 

D. – Dunque è un invito ad operare e ad agire. E allora, cosa possono fare i cittadini, concretamente, per contribuire a questa causa?

 

R. – Il primo passo è informarsi, sapere come effettivamente stiamo funzionando, e poi coinvolgersi. Ci sono tanti organismi che operano e si mantengono soprattutto per il gran numero di volontari che, dedicando tre ore della loro giornata, consentono che tanti servizi possano aiutare queste persone.

 

D. – Quali servizi?

 

R. – Tipo mensa, i medici dell’ambulatorio, i volontari della scuola d’italiano, i volontari che aiutano nella ricerca del lavoro, che accompagnano le persone negli uffici – ASL, questura, comune …

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DAL BRASILE ALL’ITALIA: LA COMUNITA’ NUOVI ORIZZONTI LANCIA IL PROGETTO

“CITTADELLA CIELO” PER DARE SPERANZA AI POVERI E AGLI EMARGINATI

- Intervista con Silvia Piacentini -

 

Un villaggio dove si impara a vivere secondo la legge dell’amore che Cristo ci ha insegnato. E’ la Cittadella Cielo, il progetto creato dalla Associazione di volontariato Onlus Nuovi Orizzonti. Già attiva in Brasile, la struttura è in costruzione anche in Italia, a Frosinone. Per favorire il sostegno all'iniziativa, la Comunità Nuovi Orizzonti ha attivato, fino al 31 marzo, il numero 48589 al quale è possibile inviare un sms solidale del valore di 1 Euro da tutti gli operatori di telefonia mobile. Antonella Villani ha chiesto a Silvia Piacentini, responsabile comunicazione della Comunità in cosa consiste il progetto:

 

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R. – E’ una meravigliosa occasione per mettere in pratica questa legge dell’amore che Gesù è venuto ad insegnarci. E’ come vivere un pezzettino di cielo già in questa terra. Si tratta della costruzione di tante Cittadelle, quando il Signore vorrà, sparse un po’ in tutto il mondo dove aprirsi all’accoglienza dei poveri, dei piccoli, degli umili. Dove chi si sente emarginato possa trovare finalmente un posto dove sentirsi accolto, amato,sostenuto, ma anche un luogo di formazione per tutti coloro che vogliono impegnarsi nel mondo del volontariato. Quindi con tanti corsi per operatori di strada, accoglienza per bambini senza famiglia, ragazze madre, insomma un buon posto dove vivere questa legge d’amore.

 

D. – In che cosa consiste quella che voi chiamate la “legge del cielo”?

 

R. – Si tratta dell’amore che Gesù è venuto ad insegnarci: amatevi come io vi ho amato, quindi fino al punto di dare la vita gli uni per gli altri. Sinceramente è quello che ha cambiato tutte le nostre vite, da qualsiasi strada proveniamo, sia che veniamo da un passato di tossicodipendenza sia che veniamo da un passato cosiddetto normale. Abbiamo capito che Dio è veramente l’unico in grado di guarire tutte le ferite dei nostri cuori, anche quelle più angoscianti. Siamo passati letteralmente dalla morte alla vita. Questa resurrezione abbiamo voglia di testimoniarla a tutto il mondo.

 

D. – A che punto è la realizzazione di questo grande progetto?

 

R.-  In Brasile abbiamo una prima Cittadella nel Nord-Est del Paese, dove c’è accoglienza di bambini che vengono dalla strada e c’è una casa anche per l’accoglienza di giovani tossicodipendenti e una casa di formazione per i volontari. Ne abbiamo un’altra in costruzione a Fortaleza in un bellissimo terreno di 100 ettari in collaborazione con tante altre realtà brasiliane. Qui in Italia abbiamo trovato uno splendido terreno a Frosinone e tra poco lo potremo costruire grazie anche all’appoggio della Conferenza  episcopale italiana.

 

D. – Per sostenere il progetto avete attivato un servizio di sms?

 

R. – La campagna è: “Un euro per il cielo”. Il numero è 48589. Ci sarà la possibilità inviando un sms, anche senza testo di dare un euro per la costruzione della Cittadella.

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CHIESA E SOCIETA’

17 marzo 2006

 

 

SOLO LA VERITÀ DI CRISTO EDUCA LE COSCIENZE E PROMUOVE LA DIGNITÀ DELL’UOMO, Una verità portata in Irlanda da san Patrizio. Lo ha affermato mons. Brady, arcivescovo di Armagh, in occasione dell’odierna

festa dEL SANTO, patrono del Paese

 

ARMAGH. = “La legge civile stabilisce dei principi essenziali, ma per costruire una società davvero inclusiva, accogliente e rispettosa delle persone di culture, lingue e tradizioni diverse, occorre qualcosa di più”. È quanto ribadito all’agenzia SIR dall’arcivescovo di Armagh, Seán Brady, nel messaggio per la festa di San Patrizio, patrono d’Irlanda, che si celebra oggi. Il presule nel suo messaggio ha ricordato che la prossima settimana si celebrerà la “Settimana interculturale”, promossa dalla Commissione dell’Irlanda del Nord per l’uguaglianza assieme al Comitato consultivo nazionale sul razzismo e l’interculturalismo. Un incontro che secondo mons. Brady “mira ad incoraggiare un maggiore coinvolgimento e un maggiore senso di appartenenza nelle persone che provengono da minoranze etniche”. Tuttavia, in questo quadro “ciò che serve realmente - precisa mons. Brady - è la proclamazione e la testimonianza vissuta della verità di Cristo, una verità portata nel nostro Paese da San Patrizio”, perché “è solo la verità di Cristo che educa le coscienze e promuove l’autentica dignità della persona umana”. La festa di San Patrizio – rammenta il presule – “unisce gli irlandesi di tutto il mondo, perché egli è simbolo della nostra storia ed eredità”. Pochi Santi, infatti, sono così strettamente associati alla vita del popolo come il patrono d’Irlanda, il quale fondò circa 300 chiese e battezzò più di 120 mila persone. San Patrizio non era irlandese, forse era nato in Galles. Fatto prigioniero dai pirati, venne venduto ad un pastore irlandese dal quale riuscì a fuggire per andare a studiare in Europa. Rientrato in Irlanda, nel 432 ne divenne vescovo. A lui la tradizione attribuisce molte leggende. Sembra che fosse il custode di una grotta senza fondo, il celeberrimo Pozzo di San Patrizio, dalla quale, dopo aver visto le pene dell’Inferno, si poteva giungere fino ad intravedere il Paradiso. (E. B.)

 

 

Ricordare il passato per costruire saggiamente il presente. E’ il titolo

di un documento dei vescovi argentini in vista del 30.mo anniversario

del golpe che destituì il presidente Peron

 

BUENOS AIRES. = Fatti come la rottura della vita democratica non devono essere messi a tacere. È questa la richiesta principale della Conferenza episcopale argentina, che in un documento diffuso ieri, e diramato dall’agenzia Zenit, affronta quanto avvenuto nel Paese 30 anni fa. Il 24 marzo 1976, Jorge Rafael Videla arrivò al potere con un colpo di Stato ai danni del presidente Isabelita Perón, che fu sostituita da una giunta militare. I presuli riconoscono come questo fatto, verificatosi in un contesto di grande fragilità istituzionale e consentito da parte della dirigenza di allora, abbia avuto “gravi conseguenze che hanno caratterizzato in modo negativo la vita e la convivenza del nostro popolo”. I vescovi sottolineano inoltre come l’instaurazione del regime militare in Argentina abbia portato ad “enormi mancanze contro la vita e la dignità umana” e al “disprezzo per le leggi e le istituzioni”. Tuttavia – si legge nel testo – questi fatti sono “un’occasione propizia affinché come argentini ci pentiamo ancora una volta dei nostri errori ed assimiliamo, nella costruzione del presente, le lezioni che ci offre la nostra storia”. La dichiarazione, diffusa al termine della 143.ma riunione della Commissione permanente, ricorda che bisogna purificare la memoria per metterla a servizio del presente. “Deve essere questo spirito di riconciliazione ad animarci nel presente – scrivono i vescovi - allontanandoci sia dall’impunità, che debilita il valore della giustizia, che da rancori e risentimenti che possono dividerci e contrapporci”. Un fruttuoso sguardo al passato dunque “deve aiutare tutti noi a crescere nella nostra dignità di figli di Dio e ad impegnarci responsabilmente nella costruzione di una patria di fratelli”. Per questo motivo, i presuli sostegnono che assumendo la storia come “vera maestra della nostra vita presente” si potrà “vivere nel rispetto della legge, rafforzare le nostre istituzioni e consolidare una democrazia fondata sui valori della verità e della vita, della giustizia e della solidarietà, dell’amore e della pace”. Jorge Rafael Videla venne deposto il 29 marzo 1981, al termine di un governo caratterizzato da violenza, violazione dei diritti umani e contrasti di frontiera con il Cile che per poco non sfociarono in una guerra. (E. B.)

 

 

Un fallimento del governo. È questa la denuncia dei vescovi nigeriani

in seguito ai sanguinosi scontri verificatisi nel paese,

 dopo la pubblicazione delle vignette su maometto

 

ABUJA. = In certi casi, “mentre Chiese, moschee, negozi e case venivano date alle fiamme dagli incendiari e la gente innocente veniva attaccata e brutalmente uccisa da assassini scriteriati, gli agenti che dovevano far rispettare le leggi non sono andati in loro soccorso”. E’ la posizione dei vescovi nigeriani che commentando le rivolte popolari in un documento, pubblicato in questi giorni, condannano gli “orribili omicidi” e biasimano il governo locale per aver chiuso un occhio sulla diffusione della violenza. La scintilla di tutto, come è noto, è stata la pubblicazione sui giornali occidentali di vignette su Maometto, ma per i presuli, secondo quanto riporta l’agenzia Zenit, “la distruzione della vita e della proprietà in nome della religione disonora la Nigeria”. Tra gli assassinati c’è anche un sacerdote cattolico, padre Michael Galere. I leader cattolici ribadiscono che “nessun nigeriano dovrebbe sentirsi a rischio a causa della religione, della lingua o della tribù. Dichiariamo che il fallimento delle agenzie di sicurezza di assicurare la vita e la proprietà è un fallimento del governo”. Esaminati in modo più approfondito, sembrerebbe – a detta dei vescovi - che questi scontri siano stati orchestrati da gente con dubbi intenti. “C’è, quindi, un urgente bisogno – si legge ancora nella nota -  che il governo sia all’altezza delle sue responsabilità identificando, isolando e perseguendo i responsabili”. In questo quadro, il rischio è che la gente venga “provocata a farsi giustizia da sé”. I vescovi riescono comunque a vedere dei barlumi di speranza in quei cristiani e musulmani che, durante gli scontri, si sono aiutati con gesti di profonda solidarietà. Un chiaro segno – affermano- “che la religione non è dirottata da fanatici e terroristi”. In linea con la Christian Association of Nigeria (CAN), i Vescovi chiedono a tutti i fedeli cattolici di osservare due giorni di preghiera il 27 e il 28 marzo per le vittime degli scontri. (E. B.)

 

 

NASCE “TOTUS TUUS” LA PRIMA RIVISTA UFFICIALE CHE SEGUE LA POSTULAZIONE

 DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE DI GIOVANNIPAOLO II.

La prima uscita sarà distribuita gratuitamente al sito WEB www.vicariatusurbis.org/beatificazione

 

ROMA. = La Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II ha la sua “voce” ufficiale. Nasce “Totus tuus”, il mensile ufficiale di postulazione della Causa, aperta il 28 giugno dello scorso anno nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Come precisa il comunicato del Vicariato di Roma, lo scopo di “Totus Tuus” - titolo che ricorda il motto pontificio di Giovanni Paolo II - è di documentare, analizzare e informare sul processo della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II, che ha come postulatore mons. Slawomir Oder. La proposta si muove su tre binari: la riflessione sull’insegnamento di Giovanni Paolo II (Le serate del Papa); le tracce per la preghiera (Scuola di preghiera) e, infine, una proposta di applicazione operativa (La fantasia della carità), che si propone di diventare un valido strumento di collegamento tra tutte le persone che attendono la conclusione del processo. La prima uscita sarà distribuita gratuitamente attraverso internet, al sito www.vicariatusurbis.org/beatificazione. Intanto, sono già venticinquemila le copie richieste. La pubblicazione è al momento in italiano, spagnolo, inglese e polacco, ma è prevista anche l’edizione in lingua francese, russa e cinese. Alla Postulazione sopraggiungono moltissime testimonianze. Sono lettere scritte da bambini, madri, coppie di sposi, tutte redatte con il cuore ricolmo di fede per testimoniare la santità di vita di Giovanni Paolo II e le grazie impetrate attraverso di lui. Quelle più significative saranno pubblicate sulla rivista, così come i biglietti, i disegni, le poesie, le cartoline e le lettere più significative, deposte a Piazza San Pietro nella notte della sua scomparsa o successivamente sulla sua tomba. (S.C.)

 

 

Sorge a Milano il Forum delle religioni, luogo di confronto e dialogo

 per cristiani, ebrei, musulmani e buddisti, rappresentati

nelle loro diverse espressioni

- A cura di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = I rappresentanti dei cattolici, evangelici, protestanti, ortodossi, ebrei, sufi e i musulmani di diversi istituti e moschee firmeranno questa sera alle ore 18, nel corso di una cerimonia solenne, lo Statuto che impegni uomini e donne di fedi diverse a lavorare insieme e a confrontarsi per la pace. A rappresentare la Chiesa ambrosiana, ci sarà l'arcivescovo, il cardinale Dionigi Tettamanzi. Compito del Forum, si legge nello Statuto, è "approfondire la mutua relazione e progredire nella reciproca accoglienza; promuovere la cultura del dialogo, della solidarietà e della pace; esprimere un punto di riferimento presso le istituzioni civili; promuovere la libertà di culto, di religione e di fede, contro ogni forma di discriminazione". Il Forum vede la luce al termine di due anni di lavori preparatori, e affianca l'altro organismo che a Milano si preoccupa di mettere insieme espressioni diverse della fede, in questo caso cristiana, come il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, attivo dal 1998 e che riunisce 17 confessioni. Anche la data di oggi, giorno in cui nasce ufficialmente il Forum, è stata scelta per il suo valore simbolico, l'equinozio di primavera, evento di universale significato cosmico. L'appuntamento è presso la sede del CADR, Centro ambrosiano di documentazione sulle Religioni, che dal 1994 su impulso del cardinale Carlo Maria Martini persegue il dialogo interreligioso per favorire la reciproca conoscenza, l'integrazione e la pace.

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E’ MORTO IERI L’ARCIVESCOVO ROMEO PANCIROLI. AVEVA 82 ANNI.

DOMANI ALLE 9.00  IN SAN PIETRO I FUNERALI PRESIEDUTI

DAL CARDINALE ANGELON SODANO

 

ROMA. = E' morto ieri a Roma  l’arcivescovo Romeo Panciroli, nunzio apostolico e direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1976 al 1984. Mons. Panciroli era nato a Reggio Emilia 82 anni fa; entrato nei missionari comboniani era stato ordinato sacerdote l’11 giugno 1949. Nel 1960 era stato nominato addetto nella Delegazione Apostolica in Nigeria e nel 1973 sottosegretario della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali. Nel 1976 Paolo VI lo aveva chiamato alla guida della Sala Stampa vaticana, incarico che avrebbe conservato per 8 anni. Giovanni Paolo II lo nomina pro-nunzio in Liberia, Gambia e delegato apostolico  in Sierra Leone e Guinea. Il 26 dicembre del 1984 riceve l’ordinazione episcopale. Nel 1987 viene nominato pro-nunzio apostolico in Guinea e nel 1992 pro-nunzio in Iran. Rientrato a Roma nel 1999 era rimasto a disposizione della Segreteria di Stato, svolgendo vari incarichi particolari.  I funerali si terranno domani mattina alle ore 9.00 all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana e saranno presieduti dal cardinale segretario di Stato Angelo Sodano.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 marzo 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Nei Territori occupati, appare imminente la formazione del futuro esecutivo palestinese. Fonti dell’Autorità nazionale palestinese hanno rivelato che il nuovo governo potrebbe essere presentato già domani al presidente Abu Mazen, e lunedì al Parlamento. Ma nel nuovo mosaico politico palestinese tracciato da Hamas, vincitore delle elezioni legislative del 25 gennaio scorso, si annunciano importanti defezioni. Il nostro servizio:

 

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Si complica il percorso politico che dovrà portare alla composizione del futuro governo palestinese: fonti di al Fatah hanno dichiarato che il partito moderato del presidente Abu Mazen non entrerà nell’esecutivo guidato da Hamas. Il nodo da sciogliere rimane la richiesta, rivolta dai possibili alleati di Hamas al gruppo radicale, di rispettare accordi già sottoscritti tra l’Autorità nazionale palestinese e Israele. E proprio verso lo Stato israeliano, Hamas lancia intanto nuovi segnali di distensione. In un’intervista rilasciata all’emittente televisiva americana “CBS News”, il leader di Hamas e premier designato, Ismail Haniyeh, ha dichiarato di sperare in un accordo di pace con Israele. Haniyeh ha anche aggiunto di non avere mai ordinato azioni militari o terroristiche contro lo Stato ebraico. “Vogliamo fermare lo spargimento di sangue”, ha precisato il leader del gruppo radicale. Ma per rinunciare alla violenza e riconoscere Israele, il movimento fondamentalista esige che venga riconosciuto uno Stato palestinese nelle frontiere della Striscia di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. In Israele, intanto, il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Ahmed Saadat, prelevato martedì scorso dai soldati israeliani dal carcere palestinese di Gerico, ha negato qualsiasi responsabilità per l’assassinio, nel 2001, del ministro israeliano del Turismo, Rehama Zeevi. Secondo gli israeliani, il ministro è stato ucciso in seguito ad un ordine impartito dall’estremista palestinese per vendicare l’assassinio di un alto esponente del suo gruppo. I soldati dello Stato ebraico sono entrati in azione per arrestare Saadat dopo che gli osservatori di Stati Uniti e Gran Bretagna avevano lasciato il carcere.

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Emergenza aviaria in Israele: tracce del virus H5N1, il più letale per l’uomo, sono stati riscontrati in tacchini trovati morti in due kibbutz nel sud del Paese, nei pressi della Striscia di Gaza. Quattro persone, che lavoravano a contatto con gli animali infetti, sono state ricoverate in un ospedale di Gerusalemme. I pazienti presentano sintomi compatibili con l’influenza aviaria.

 

La grande offensiva lanciata ieri dalle forze irachene e statunitensi contro la guerriglia intorno a Samarra, a nord di Baghdad, andrà avanti ancora per diversi giorni. Lo hanno affermato le autorità militari americane, aggiungendo che, finora, sono stati arrestati 48 sospetti. Si tratta della più imponente operazione aerea in Iraq dopo l’invasione del 2003. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha ribadito intanto che qualsiasi dialogo tra Stati Uniti e Iran sulla difficile situazione irachena non riguarderà in nessun modo la questione del programma nucleare iraniano.

 

Grave episodio di violenza in Iran: ventuno automobilisti sono stati uccisi su un’autostrada nel sud del Paese da uomini armati, con indosso divise delle forze di sicurezza. I falsi agenti avrebbero fermato le vittime fingendo di dover effettuare dei controlli.

 

Si terrà nel pomeriggio, a New York, la prima riunione formale del Consiglio di sicurezza dell’ONU sul dossier nucleare iraniano. Le delegazioni dei 15 Paesi membri del Consiglio, dovranno analizzare le diverse posizioni. Francia e Gran Bretagna, con il sostegno degli Stati Uniti, chiedono in particolare l’approvazione di una risoluzione con cui si solleciti il governo di Teheran a sospendere i programmi di arricchimento dell’uranio. La Russia denuncia, invece, l’assenza di una “strategia internazionale per risolvere la crisi sul nucleare iraniano”.

 

In Francia non si placa la protesta degli studenti che contestano la legge sul contratto di primo impiego: nella notte, violenti scontri tra dimostranti e agenti si sono conclusi con circa 300 arresti. Almeno 90 agenti e 18 manifestanti sono rimasti feriti. Gli episodi di guerriglia urbana hanno sconvolto diverse città. Ce ne parla Giancarlo La Vella:

 

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I disordini più gravi sono avvenuti a Parigi e a Rennes. Scioperi e sit-in sono in corso, inoltre, in due terzi delle oltre 80 università francesi. E più di 300 mila studenti hanno manifestato ieri, in tutto il Paese, chiedendo la revoca del contratto, ma il premier, Dominique de Villepin, continua a ribadire di non voler introdurre modifiche. Il primo ministro sostiene che la riforma introdotta dal governo farà abbassare la disoccupazione, piaga sociale che interessa il 23 per cento dei giovani. Ma i manifestanti contestano il fatto che il contratto di primo impiego consente ad un datore di lavoro di licenziare nei primi due anni, senza giustificazione, i giovani con meno di 26 anni. Comunque, i vertici di Parigi, pur nella generale condanna delle violenze, sembrano voler ora optare per la concertazione. Il presidente Chirac ha lanciato un appello, affinché si apra al più presto il dialogo tra governo e partner sociali sul controverso testo di legge. Tuttavia, il ministro del lavoro, Jean-Louis Borloo, non è voluto andare in televisione per difendere un provvedimento sul quale aveva già espresso riserve. Studenti, sindacati ed opposizione, socialisti in testa, chiedono il ritiro immediato della legge sul contratto di primo impiego, una misura che – sostengono – accresce la precarietà. Intanto, si preparano ad una nuova grande manifestazione, domani, mentre cresce la mobilitazione delle forze dell’ordine.

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Test preliminari effettuati sul sangue di Slobodan Milosevic, escludono che la morte dell’ex presidente jugoslavo sia stata provocata da avvelenamento. Milosevic, che soffriva di disturbi cardiaci e di pressione alta, è stato trovato morto sabato scorso nella sua cella dell’Aja, pochi mesi prima della sentenza del processo per crimini di guerra e genocidio che lo vedeva imputato.

 

“Il mio modello di azione è Solidarnosc che nella Polonia degli anni ‘80 ha dovuto condurre  una lunga battaglia contro il totalitarismo”. Lo ha detto Aleksander Milinkevic, principale rivale dell’attuale capo di Stato Lukashenko, alla vigilia delle presidenziali di domenica in Bielorussia. Nell’ex Repubblica sovietica il regime ha avviato, in questi giorni, una dura campagna di repressione preventiva che sta colpendo partiti e movimenti d’opposizione, organizzazioni non governative e associazioni per i diritti umani. Il direttore dei servizi segreti, che in Bielorussia si chiamano ancora KGB, ha anche dichiarato, ieri, che rischieranno il carcere a vita o la pena di morte tutti quelli che protesteranno contro i risultati delle urne. Nel Paese, dove su oltre 10 milioni di abitanti i cattolici sono più di un milione e 200 mila persone – circa il 15 per cento – sembra scontata la riconferma di Lukashenko. Ascoltiamo, al microfono di Alessandro Gisotti, l’inviato del quotidiano “Avvenire”, Luigi Geninazzi:

 

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R. – Diciamo che il risultato è scontato perché non ci sono, in realtà, neppure vere elezioni. La Bielorussia, per tradizione, è un Paese che non ha mai avuto una storia di indipendenza ed è ancora legata alla tradizione sovietica. Lukashenko è un “piccolo padre” – viene proprio chiamato così – che comanda. Cerca di ottenere per la terza volta il mandato presidenziale, dopo che due anni fa, attraverso un referendum, ha cambiato la Costituzione. Di fatto, non c’è neppure campagna elettorale, perché non si vedono candidati; neppure il presidente in carica fa campagna elettorale, perché ha detto che non ha tempo. Al di là dell’apparenza di ordine, di tranquillità, incomincia ad emergere comunque un certo dissenso. Ma è difficile che questo dissenso possa sfociare in proteste di massa, come per esempio si è visto durante la “rivoluzione arancione”, due anni fa, in Ucraina.

 

D. – Che cosa può fare la comunità internazionale? C’è una possibilità, muovendo dall’esterno, per un miglioramento della condizione dei diritti umani?

 

R. – Gli Stati Uniti, per bocca del presidente Bush, hanno detto che la Bielorussia è l’ultima dittatura d’Europa. L’Unione Europea, finora, pur condannando la mancanza di rispetto dei diritti umani, le repressioni che avvengono in questo Paese, non sembra seguire la situazione della Bielorussia con molta attenzione. Le ultime iniziative riguardano la creazione di alcune radio che trasmettono da fuori la Bielorussia, per dare un’informazione che non sia quella monolitica che viene diffusa all’interno del Paese dalle televisioni, dalle radio e dai giornali sotto il rigido controllo statale. Ma non sarà certo questo piccolo messaggio diverso via etere che potrà cambiare le cose. Di fatto, la Bielorussia è sempre stata una Repubblica tenuta nell’ombra e questo va molto bene al presidente Lukashenko che non vuole assolutamente aprire il Paese all’Occidente. Il presidente bielorusso si accontenta di avere un forte legame con la Russia, che gli garantisce energia a basso costo e un trend economico tutto sommato positivo.

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Il presidente della Liberia, la signora Ellen Johnson-Sirleaf, ha avanzato formalmente al governo di Abuja la richiesta di estradizione per Charles Taylor, ex capo di Stato liberiano. Lo ha reso noto il portavoce del presidente nigeriano Obasanjo.

 

 

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