RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 76 - Testo della
trasmissione di venerdì 17 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Festa
di San Patrizio, patrono dell’Irlanda
E’ imminente la
formazione del nuovo governo palestinese. Al Fatah non
entrerà nell’esecutivo
In Bielorussia,
lo sfidante di Lukashenko alle presidenziali di
domenica, dichiara di ispirarsi a Solidarnosc per aprire una nuova era politica
nell’ex Repubblica sovietica
17 marzo 2006
I
MEDIA CONTRIBUISCANO ALLA
FORMAZIONE E ALL’INFORMAZIONE DELL’UOMO,
RISPETTANDO LA DIGNITA’ UMANA
E PRESENTANDO MODELLI POSITIVI DI VITA
E DI AMORE, AL DI LA’
DEI PROPRI INTERESSI COMMERCIALI
O DELLE CONVINZIONI IDEOLOGICHE
I mass media e le industrie che
producono intrattenimento a servizio di una crescita dell’uomo in direzione del
bene e della verità, a partire dai bambini. E’ l’orizzonte ideale tracciato da
Benedetto XVI nell’udienza al Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali,
impegnato in questi giorni in Vaticano per l’assemblea plenaria. Il Papa ha
ribadito con forza che né ideologie né profitto dovrebbero condizionare
programmi o informazione. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Ci vuole “coraggio” e
“determinazione” per sollecitare la “potente” fabbrica della comunicazione
moderna a proporre modelli positivi di vita, amore, dignità umani, sia nel
settore delle news che in quello multiforme dello spettacolo e
dell’intrattenimento. Ed è quel coraggio e quella determinazione che Benedetto
XVI ha auspicato nel discorso rivolto ai membri del Pontificio Consiglio delle
comunicazioni sociali, ricevuti oggi in udienza nella Sala Clementina.
Quarant’anni fa, ha ricordato il Papa, uno dei primi documenti del Concilio
Vaticano II, l’Inter Mirifica, dedicata ai
media, aveva riconosciuto “l’enorme potere dei media” nella formazione e
nell’informazione delle menti umane e nel modellamento del loro stesso modo di
pensare. Oggi, ha osservato il Pontefice, la “necessità urgente” è quella di
sfruttare “quel potere a favore di tutta l’umanità”. La
sfida, ha affermato Benedetto XVI, consiste nell’“incoraggiare le comunicazioni
sociali e le industrie di intrattenimento ad essere protagonisti della verità e
promotori della pace”: pace che nasce “dalle vite che hanno vissuto in
conformità con la verità che libera”:
“SUCH A COMMITMENT DEMANDS PRINCIPLED…
Un tale impegno richiede principalmente il coraggio e la risoluzione,
da parte di coloro che possiedono e lavorano all'interno dell'enorme e influente
industria dei media, di assicurarsi che la promozione
del bene comune non sia sacrificata mai ad una ricerca egoistica del
profitto o ad un programma ideologico che dimostri scarsa responsabilità
pubblica”.
Viceversa, ha proseguito il
Papa, coerentemente con il suo Messaggio per la Giornata delle comunicazioni
sociali, i media dovrebbero contemplare sempre alla
base della loro etica produttiva il sostegno al matrimonio e alla vita
familiare, “fondamento di ogni cultura e società”. Inoltre, ha sostenuto ancora
Benedetto XVI:
“IN COOPERATION WITH PARENTS, THE SOCIAL
COMMUNICATIONS
In collaborazione con i genitori, l’informazione e l’intrattenimento
possono aiutare nella difficile ma supremamente soddisfacente vocazione di far
crescere i bambini, presentando loro modelli edificanti di vita umana e di amore”.
“Com’è scoraggiante e
distruttivo per noi tutti quando accade il contrario”, ha esclamato subito dopo
il Papa. Quando, ha proseguito, “i nostri giovani sono sottoposti a degradate o
false espressioni di amore che ridicolizzano la dignità della persona umana
data da Dio ed insidiano gli interessi della famiglia”. Rinnovate ogni sforzo,
ha concluso il Pontefice rivolto ai membri del dicastero pontificio, “per
aiutare coloro che lavorano nel mondo dei media a
promuovere ciò che è buono e vero, particolarmente per quello che riguarda il
senso dell’esistenza umana e sociale, e a denunciare ciò che è falso,
specialmente le pericolose tendenze che corrodono il tessuto di una società
civile degna della persona umana”.
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CORDIALE SCAMBIO DI MESSAGGI TRA BENEDETTO XVI E
IL PATRIARCA DI MOSCA,
ALESSIO II: AUSPICATA “UNA SEMPRE PIU’ INTENSA COLLABORAZIONE
NELLA VERITA’
E NELLA CARITA’” E “UNA COMUNE TESTIMONIANZA”
Cordiale scambio di messaggi tra
Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie,
Alessio II, che auspicano una sempre più intensa collaborazione e una comune
testimonianza cristiana di fronte alle gravi sfide del nostro tempo. Il
servizio di Sergio Centofanti:
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Lo scambio dei messaggi è
avvenuto durante la visita a Mosca del cardinale
Roger Etchegaray che ha partecipato il 24 febbraio
scorso alla solenne Liturgia nella cattedrale di San Salvatore, in occasione
del compleanno e dell’onomastico del Patriarca Alessio II.
Il
Papa esprimendo il suo “fervido e cordiale augurio” per la duplice
ricorrenza ha invocato dal
Signore “abbondanti benedizioni” per il Patriarca e per il Suo ministero, “generosamente
dedito alla grande causa del Vangelo”.
“I gesti e le parole di
rinnovata fraternità fra Pastori del gregge del Signore – scrive Benedetto XVI
– stanno ad indicare come una sempre più intensa collaborazione nella verità e
nella carità contribuiscano ad incrementare lo spirito di comunione, che deve
guidare i passi di tutti i battezzati. Il mondo contemporaneo – afferma il Papa
– ha bisogno di sentire voci che indicano la via della pace, del rispetto per
tutti, della condanna di ogni violenza, della superiore dignità di ogni persona e degli innati
diritti che le competono”.
Nella
sua lettera di risposta il Patriarca Alessio II ringrazia “di cuore per i
cordiali auguri e le espressioni di ricordo nella preghiera” del Papa. “Nel nostro
tempo, in cui il secolarismo sta rapidamente sviluppandosi – sottolinea Alessio
II – il cristianesimo si trova di fronte a gravi sfide che necessitano di una
comune testimonianza. Sono convinto – aggiunge il Patriarca di Mosca – che uno
dei compiti prioritari per le nostre Chiese, che possiedono una visione comune su numerosi
problemi attuali del mondo contemporaneo, debba essere oggi la difesa e l’affermazione
all'interno della società dei valori cristiani, di cui l’umanità vive da più di
un millennio. Spero – conclude Alessio II – che a ciò contribuirà anche la
rapida risoluzione dei problemi che si interpongono tra le due Chiese”.
Nell’occasione
Benedetto XVI ha donato
al Patriarca la medaglia d’oro del Pontificato, mentre Alessio II ha fatto
pervenire al Santo Padre una croce pettorale, quale segno di gratitudine e di
stima.
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CON LA PREGHIERA NEL
GETSEMANI, GESU’ MOSTRA ALL’UMANITA’ CHE PER DIO
TUTTO E’ POSSIBILE: COSI’, STAMANI, IL PREDICATORE
DELLA CASA PONTIFICIA,
PADRE
RANIERO CANTALAMESSA, NELLA PRIMA PREDICA DI QUARESIMA
ALLA
PRESENZA DI BENEDETTO XVI
L’intensa preghiera di Gesù nel Getsemani è stato il tema forte della prima predica di
Quaresima, tenuta stamani – alla presenza del Papa, nella cappella Redemptoris Mater –
dal predicatore della Casa Pontificia, il padre cappuccino Raniero Cantalamessa. Le due successive prediche della Quaresima
avranno luogo venerdì 31 marzo e venerdì 7 aprile. Tema comune delle tre
predicazioni è “Ricordando la beata Passione”.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Stare un po’ con Gesù nel Getsemani e sul Calvario per giungere preparati alla Pasqua:
questa la finalità delle riflessioni quaresimali proposte dal predicatore della
Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. “Il nucleo
originario intorno a cui si è sviluppato l’intera
scena del Getsemani – ha affermato il religioso –
sembra essere stato quello della preghiera di Gesú”. I gesti che Egli compie
sono quelli di “una persona che si dibatte in un’angoscia mortale”:
“Gesù è solo, davanti alla
prospettiva di un dolore immane che sta per abbattersi su di lui. L”ora” attesa
e temuta dello scontro finale con le forze del male, della grande prova (peirasmos) è
giunta. Ma la causa della sua angoscia è ancora più profonda: egli si sente
gravato da tutto il male e le brutture del mondo. Non l’ha commesso lui questo
male, ma è la stessa cosa perché se l’è liberamente assunto”.
La Bibbia, ha sottolineato il
predicatore della Casa Pontificia, presenta anche un altro caso di lotta nella
preghiera: quella di Giacobbe. Due episodi che, ha detto, è istruttivo
confrontare. Giacobbe “lotta per piegare Dio alla sua volontà; Gesú lotta per
piegare la sua volontà umana a Dio. Lotta perché “lo spirito è pronto, ma la
carne è debole”:
“Viene spontaneo
domandarsi: a chi somigliamo noi, quando preghiamo in situazioni di
difficoltà? Somigliamo a Giacobbe, all'uomo dell'Antico Testamento, quando,
nella preghiera, lottiamo per indurre Dio a cambiare decisione, più che per
cambiare noi stessi e accettare la sua volontà; lottiamo perché ci tolga quella
croce, più che per essere in grado di portarla con lui. Somigliamo invece a
Gesú se, pur fra i gemiti e sudando sangue, cerchiamo di abbandonarci alla volontà
del Padre”.
“A volte – ha notato padre Cantalamessa – perseverando in questo tipo di preghiera,
avviene una cosa strana che è bene conoscere per non perdere un'occasione preziosa.
Le parti si invertono: Dio diventa colui che prega e tu colui
che è pregato”:
“Ti sei messo in
preghiera per chiedere qualcosa a Dio e, una volta in preghiera, ti accorgi a
poco a poco che è lui, Dio, che stende la mano a te, chiedendoti qualcosa”.
“Il caso più sublime di questa inversione delle parti – ha avvertito –è proprio
la preghiera di Gesù nel Getsemani. Egli prega che il
Padre gli tolga il calice, e il Padre chiede a lui di berlo per la salvezza del
mondo”. Gesù dunque “dona non una, ma tutte le gocce
del suo sangue e il Padre lo ricompensa costituendolo, anche come uomo,
Signore, sicché “una sola goccia di quel sangue basta ora a salvare il mondo
intero”. “La vita umana – ha proseguito – è disseminata di
tante piccoli notti di Getsemani. Le cause
possono essere tantissime e diverse”. In questi casi, è stato il suo richiamo,
Gesù ci insegna che “bisogna ricorrere a Dio con la preghiera”. “Talvolta – ha detto padre Cantalamessa citando Kierkegaard
– l’inventiva d’una fantasia umana può bastare per trovare una possibilità; ma
alla fine, cioè quando si tratta di credere, giova soltanto questo: che per Dio
tutto è possibile”:
“Dio, notava Agostino, ascolta
anche quando… non ascolta, quando, cioè, non otteniamo quello che gli stiamo
chiedendo. Il suo stesso ritardare di esaudire è già un esaudire, per poterci
dare di più di quello che gli chiediamo. Se, nonostante tutto, continuiamo a
pregare è segno che ci sta dando la sua grazia”.
E il Padre nostro, ha
proseguito, è proprio il mezzo che Gesù ci ha dato per unirci a Lui nell’ora
della prova. “La parola Getsemani – ha detto
ancora – è diventata il simbolo di ogni dolore morale. Gesù non ha subìto ancora nessun tormento fisico; la sua pena è tutta
interiore”. Il mondo, ha constatato padre Cantalamessa,
“è molto sensibile alle pene corporali, si commuove facilmente per esse; lo è molto meno per le pene morali che a volte perfino
deride”. Dio “prende invece molto sul serio il dolore del cuore e così dovremmo
fare anche noi”:
“Quanti Getsemani
nascosti nel mondo, forse sotto lo stesso nostro tetto, nella porta accanto, o
nel tavolo di lavoro accanto al nostro! A noi individuarne qualcuno in questa
Quaresima e farci prossimo di chi vi si trova. Che Gesú non debba dire in
queste sue membra: “Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati” (Sal 68, 21), ma possa, al contrario, farci udire nel cuore la parola
che ricompensa tutto: “L’avete fatto a me”.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Sempre stamane il Papa ha
ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale del Camerun, in visita “ad Limina”.
Nel pomeriggio, il Santo Padre
riceverà mons. William Joseph Levada,
prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
In Germania, il Santo Padre ha nominato ausiliare di
Colonia mons. Heiner Koch,
del clero della medesima arcidiocesi, pro-vicario generale, direttore
dell’Ufficio Pastorale della Curia arcivescovile e canonico del capitolo
metropolitano, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ros
Cré. Mons. Koch è nato a Düsseldorf
(arcidiocesi di Colonia) il 13 giugno 1954. Ha compiuto gli studi filosofici e
teologici presso la facoltà teologica dell’Università di Bonn. E’ stato
ordinato sacerdote il 13 giugno 1980 a Colonia. Mons.
Koch è stato segretario generale del Comitato
organizzatore della XX Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia.
CONFERENZA IERI A ROMA
DEL CAPITANO COMANDANTE DELLA GUARDIA SVIZZERA
E. THEODOR MAEDER IN OCCASIONE DEI 500 ANNI DEL
REGGIMENTO PONTIFICIO
- Intervista con il colonnello Maeder
-
“La Guardia Svizzera Pontificia,
cinquecento anni di fedeltà in divisa”: questo il titolo della conferenza
tenuta ieri a Roma dal Capitano Comandante del reggimento pontificio, il
colonnello Elmar Theodor Maeder. Promosso dal circolo San Pietro, l’incontro fa
parte delle tante manifestazioni per i 500 anni della Guardia Svizzera e che si
concluderanno il 6 maggio, con il solenne giuramento in Piazza San Pietro. Il
servizio di Isabella Piro:
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Acriter et fideliter, con coraggio e
fedeltà: è questo il motto che da 500 anni accompagna le guardie svizzere.
Volute da Giulio II nel lontano 1506, oggi esse prestano servizio al 50° Papa,
Benedetto XVI. Ma cosa significa, per uno svizzero, essere custode del Sommo
Pontefice? Il Capitano Comandante del reggimento pontificio, il colonnello Maeder:
“Per tutti noi è un grande onore
e un privilegio che noi abbiamo. Siamo proprio i rappresentanti di tantissimi
altri giovani svizzeri ma non solo degli svizzeri. Io credo che anche in tutto
il mondo c’è gente che vuole prestare un servizio alla Chiesa come facciamo
noi”.
“Non siamo i bodyguard
del Papa – ha specificato il colonnello Maeder –
perché il nostro compito è difendere non solo il corpo del Pontefice, ma anche
la sua spiritualità. Questo significa – ha aggiunto – proteggere sempre il suo
operato anche quando non si è in servizio”. Perché i valori su cui si basa
questo compito sono molto precisi:
“La base principale per tutti
noi è la fede cristiana. Chiediamo anche una pratica religiosa e poi la
solidarietà cristiana è un valore molto alto nel nostro Corpo”.
Nonostante i sacrifici, però,
essere una guardia svizzera riserva momenti meravigliosi:
“Essere vicino al Santo Padre in
momenti privati, ad esempio durante i viaggi, è sicuramente tanto particolare,
e poi i tantissimi incontri con il Santo Padre ma anche con la gente”.
E in occasione dei 500 anni del
Corpo, dal 7 aprile al 4 maggio, 80 guardie svizzere marceranno da Bellinzona a Roma: i 723 km di distanza saranno percorsi in
27 giorni, scanditi da incontri di preghiera. Il momento culminante sarà il
solenne giuramento, in programma per il 6 maggio in Piazza San Pietro.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina - Il bene comune non venga sacrificato a un
desiderio egoistico di profitto o a un programma ideologico di scarsa
responsabilità pubblica: il forte richiamo rivolto da Benedetto XVI agli
operatori dei media durante l'udienza ai partecipanti alla Plenaria del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
Servizio
vaticano - Scambio di messaggi fra il Santo Padre e il Patriarca Alessio II.
Servizio
estero - Stati Uniti: nucleare, terrorismo, dipendenza dal petrolio e crisi umanitare sono i "fronti" dell'azione politica
internazionale secondo la Casa Bianca. Pubblicato dopo quattro anni il
rapporto di revisione della strategia per la sicurezza.
Servizio
culturale - Un articolo di Marko Jacov
dal titolo "L'Europa negli scritti di Jan Dlugosz": un grande umanista polacco del XV secolo.
Servizio
italiano - In rilievo l'economia: cresce il debito pubblico e torna a calare
l'occupazione.
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17 marzo 2006
CON LE
BUONE CONDIZIONI DEL MARE RIPRENDONO GLI SBARCHI IN SICILIA.
APPRODATI
A LAMPEDUSA CIRCA 250 CLANDESTINI
A
BORDO DI DUE CARRETTE DEL MARE
- Con
noi Padre Giovanni La Manna -
Nuova ondata di immigrati clandestini a Lampedusa. Sono
242, secondo gli ultimi dati della Capitaneria di porto, gli extracomunitari
giunti questa mattina lungo le coste dell’isola in due diversi sbarchi. Il
primo ha portato a terra 210 persone, tra cui 4 donne e un uomo che aveva perso
i sensi. La seconda imbarcazione, avvistata a 10 miglia dal porto, portava
invece 32 extra comunitari tra cui 2 donne. Il copione è dunque quello di
sempre. Ma qual è la situazione dei richiedenti asilo
e dei rifugiati politici in Italia? Eugenio Bonanata
lo ha chiesto a padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia:
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R. – Ogni giorno bisogna accompagnare e sostenere queste
persone perché vengano rispettati i loro diritti, ed
essere riconosciuti nella loro dignità di persona. Nella fase di richiesta di
asilo politico, per come stiamo funzionando, spesso questo diritto viene negato. Formalmente, in Italia è riconosciuto
ma creando delle difficoltà per cui le persone non riescono a vedere
riconosciuto questo loro diritto. Parliamo del diritto di asilo politico:
l’Italia ha sempre il primato di essere l’unico Paese dell’Unione Europa che
non ha una legge in merito. A questo è legato il diritto di istruzione, il
diritto ad un lavoro. Le persone hanno diritto ad essere assistite dal punto di
vista della salute, ma io invito chi è interessato ad accompagnare un cittadino
straniero, come capita a noi, nei vari uffici della ASL per vedere quante
difficoltà si incontrano.
D. – Cosa di buono è stato fatto finora?
R. – Ci sono tante realtà in Italia che riescono a
garantire che le persone che vengono in Italia siano
riconosciute nei loro diritti di lavoro, casa, scuola, salute e noi porremo
l’accento sulle realtà positive proprio perché il nostro messaggio non vuole
essere di critica sterile.
D. – Dunque è un invito ad operare e ad agire. E allora,
cosa possono fare i cittadini, concretamente, per contribuire a questa causa?
R. – Il primo passo è informarsi, sapere come
effettivamente stiamo funzionando, e poi coinvolgersi. Ci sono tanti organismi
che operano e si mantengono soprattutto per il gran numero di volontari che,
dedicando tre ore della loro giornata, consentono che tanti servizi possano
aiutare queste persone.
D. – Quali servizi?
R. – Tipo mensa, i medici dell’ambulatorio, i volontari
della scuola d’italiano, i volontari che aiutano nella ricerca del lavoro, che
accompagnano le persone negli uffici – ASL, questura, comune …
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DAL BRASILE ALL’ITALIA: LA COMUNITA’ NUOVI
ORIZZONTI LANCIA IL PROGETTO
“CITTADELLA
CIELO” PER DARE SPERANZA AI POVERI E AGLI EMARGINATI
-
Intervista con Silvia Piacentini -
Un villaggio dove
si impara a vivere secondo la legge dell’amore che
Cristo ci ha insegnato. E’ la Cittadella Cielo, il progetto creato dalla
Associazione di volontariato Onlus Nuovi Orizzonti.
Già attiva in Brasile, la struttura è in costruzione anche in Italia, a Frosinone. Per favorire il sostegno all'iniziativa, la
Comunità Nuovi Orizzonti ha attivato, fino al 31 marzo, il numero 48589 al quale è possibile inviare un sms solidale del valore di 1 Euro da tutti gli
operatori di telefonia mobile. Antonella Villani ha
chiesto a Silvia Piacentini, responsabile comunicazione della Comunità in cosa
consiste il progetto:
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R. – E’ una meravigliosa occasione per mettere in pratica
questa legge dell’amore che Gesù è venuto ad insegnarci. E’ come vivere un
pezzettino di cielo già in questa terra. Si tratta della costruzione di tante Cittadelle,
quando il Signore vorrà, sparse un po’ in tutto il mondo dove aprirsi
all’accoglienza dei poveri, dei piccoli, degli umili. Dove chi si sente
emarginato possa trovare finalmente un posto dove sentirsi accolto, amato,sostenuto, ma anche un luogo di formazione per tutti coloro
che vogliono impegnarsi nel mondo del volontariato. Quindi con tanti corsi per
operatori di strada, accoglienza per bambini senza famiglia,
ragazze madre, insomma un buon posto dove vivere questa legge d’amore.
D. – In che cosa consiste quella che voi chiamate la “legge
del cielo”?
R. – Si tratta dell’amore che Gesù è venuto ad insegnarci:
amatevi come io vi ho amato, quindi fino al punto di
dare la vita gli uni per gli altri. Sinceramente è quello che ha cambiato tutte
le nostre vite, da qualsiasi strada proveniamo, sia che veniamo da un passato
di tossicodipendenza sia che veniamo da un passato cosiddetto normale. Abbiamo
capito che Dio è veramente l’unico in grado di guarire tutte le ferite dei
nostri cuori, anche quelle più angoscianti. Siamo passati letteralmente dalla morte
alla vita. Questa resurrezione abbiamo voglia di testimoniarla a tutto il mondo.
D. – A che punto è la realizzazione di questo grande
progetto?
R.- In Brasile
abbiamo una prima Cittadella nel Nord-Est del Paese, dove c’è accoglienza di
bambini che vengono dalla strada e c’è una casa anche per l’accoglienza di giovani
tossicodipendenti e una casa di formazione per i volontari. Ne abbiamo un’altra
in costruzione a Fortaleza in un bellissimo terreno
di 100 ettari in collaborazione con tante altre realtà brasiliane. Qui in
Italia abbiamo trovato uno splendido terreno a Frosinone
e tra poco lo potremo costruire grazie anche all’appoggio della Conferenza episcopale italiana.
D. – Per sostenere il progetto avete attivato un servizio
di sms?
R. – La campagna è: “Un euro per il cielo”. Il numero è
48589. Ci sarà la possibilità inviando un sms, anche senza testo di dare un euro per la costruzione
della Cittadella.
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17
marzo 2006
SOLO LA VERITÀ DI CRISTO EDUCA LE COSCIENZE E
PROMUOVE LA DIGNITÀ DELL’UOMO, Una verità portata in Irlanda da san Patrizio.
Lo ha affermato mons. Brady, arcivescovo di Armagh,
in occasione dell’odierna
festa dEL SANTO, patrono del Paese
ARMAGH. = “La legge civile
stabilisce dei principi essenziali, ma per costruire una società davvero
inclusiva, accogliente e rispettosa delle persone di culture, lingue e
tradizioni diverse, occorre qualcosa di più”. È quanto ribadito all’agenzia SIR
dall’arcivescovo di Armagh, Seán
Brady, nel messaggio per la festa di San Patrizio,
patrono d’Irlanda, che si celebra oggi. Il presule nel suo messaggio ha
ricordato che la prossima settimana si celebrerà la “Settimana interculturale”,
promossa dalla Commissione dell’Irlanda del Nord per l’uguaglianza assieme al Comitato
consultivo nazionale sul razzismo e l’interculturalismo. Un incontro che
secondo mons. Brady “mira ad incoraggiare un maggiore
coinvolgimento e un maggiore senso di appartenenza nelle persone che provengono
da minoranze etniche”. Tuttavia, in questo quadro “ciò che serve realmente -
precisa mons. Brady - è la proclamazione e la
testimonianza vissuta della verità di Cristo, una verità portata nel nostro
Paese da San Patrizio”, perché “è solo la verità di Cristo che educa le
coscienze e promuove l’autentica dignità della persona umana”. La festa di San
Patrizio – rammenta il presule – “unisce gli irlandesi di tutto il mondo,
perché egli è simbolo della nostra storia ed eredità”. Pochi
Santi, infatti, sono così strettamente associati alla vita del popolo come il
patrono d’Irlanda, il quale fondò circa 300 chiese e battezzò più di 120 mila
persone. San Patrizio non era irlandese, forse era nato in Galles. Fatto
prigioniero dai pirati, venne venduto ad un pastore
irlandese dal quale riuscì a fuggire per andare a studiare in Europa. Rientrato
in Irlanda, nel 432 ne divenne vescovo. A lui la tradizione attribuisce molte
leggende. Sembra che fosse il custode di una grotta
senza fondo, il celeberrimo Pozzo di San Patrizio, dalla quale, dopo aver visto
le pene dell’Inferno, si poteva giungere fino ad intravedere il Paradiso. (E. B.)
Ricordare il passato per costruire saggiamente il
presente. E’ il titolo
di un documento dei vescovi argentini in vista del
30.mo anniversario
del golpe che destituì il presidente Peron
BUENOS AIRES. = Fatti come la
rottura della vita democratica non devono essere messi a tacere. È questa la
richiesta principale della Conferenza episcopale argentina, che in un documento
diffuso ieri, e diramato dall’agenzia Zenit, affronta quanto avvenuto nel Paese
30 anni fa. Il 24 marzo 1976, Jorge Rafael Videla arrivò al potere con un colpo di Stato ai danni del
presidente Isabelita Perón,
che fu sostituita da una giunta militare. I presuli riconoscono come questo
fatto, verificatosi in un contesto di grande fragilità istituzionale e
consentito da parte della dirigenza di allora, abbia avuto
“gravi conseguenze che hanno caratterizzato in modo negativo la vita e la
convivenza del nostro popolo”. I vescovi sottolineano inoltre come
l’instaurazione del regime militare in Argentina abbia portato ad “enormi
mancanze contro la vita e la dignità umana” e al “disprezzo per le leggi e le
istituzioni”. Tuttavia – si legge nel testo – questi fatti sono “un’occasione
propizia affinché come argentini ci pentiamo ancora una volta dei nostri errori
ed assimiliamo, nella costruzione del presente, le lezioni che ci offre la
nostra storia”. La dichiarazione, diffusa al termine della 143.ma riunione
della Commissione permanente, ricorda che bisogna purificare la memoria per
metterla a servizio del presente. “Deve essere questo spirito di
riconciliazione ad animarci nel presente – scrivono i vescovi - allontanandoci
sia dall’impunità, che debilita il valore della giustizia, che da rancori e
risentimenti che possono dividerci e contrapporci”. Un fruttuoso sguardo al
passato dunque “deve aiutare tutti noi a crescere nella nostra dignità di figli
di Dio e ad impegnarci responsabilmente nella costruzione di una patria di
fratelli”. Per questo motivo, i presuli sostegnono
che assumendo la storia come “vera maestra della nostra vita presente” si potrà
“vivere nel rispetto della legge, rafforzare le nostre istituzioni e consolidare
una democrazia fondata sui valori della verità e della vita, della giustizia e
della solidarietà, dell’amore e della pace”. Jorge
Rafael Videla venne deposto
il 29 marzo 1981, al termine di un governo caratterizzato da violenza, violazione
dei diritti umani e contrasti di frontiera con il Cile che per poco non sfociarono
in una guerra. (E. B.)
Un fallimento del governo. È questa la denuncia dei
vescovi nigeriani
in seguito ai sanguinosi scontri verificatisi nel
paese,
dopo la
pubblicazione delle vignette su maometto
ABUJA. = In certi casi, “mentre
Chiese, moschee, negozi e case venivano date alle fiamme
dagli incendiari e la gente innocente veniva attaccata e brutalmente uccisa da
assassini scriteriati, gli agenti che dovevano far rispettare le leggi non sono
andati in loro soccorso”. E’ la posizione dei vescovi nigeriani che commentando
le rivolte popolari in un documento, pubblicato in questi giorni, condannano
gli “orribili omicidi” e biasimano il governo locale per aver chiuso un occhio
sulla diffusione della violenza. La scintilla di tutto, come è noto, è stata la
pubblicazione sui giornali occidentali di vignette su Maometto, ma per i
presuli, secondo quanto riporta l’agenzia Zenit, “la distruzione della vita e
della proprietà in nome della religione disonora la Nigeria”. Tra gli
assassinati c’è anche un sacerdote cattolico, padre Michael
Galere. I leader cattolici ribadiscono che “nessun nigeriano dovrebbe sentirsi
a rischio a causa della religione, della lingua o della tribù. Dichiariamo che
il fallimento delle agenzie di sicurezza di assicurare la vita e la proprietà è
un fallimento del governo”. Esaminati in modo più approfondito, sembrerebbe – a
detta dei vescovi - che questi scontri siano stati
orchestrati da gente con dubbi intenti. “C’è, quindi, un urgente bisogno – si
legge ancora nella nota -
che il governo sia all’altezza delle sue responsabilità
identificando, isolando e perseguendo i responsabili”. In questo quadro, il
rischio è che la gente venga “provocata a farsi
giustizia da sé”. I vescovi riescono comunque a vedere dei barlumi di speranza
in quei cristiani e musulmani che, durante gli scontri, si sono aiutati con
gesti di profonda solidarietà. Un chiaro segno – affermano- “che la religione
non è dirottata da fanatici e terroristi”. In linea con la Christian
Association of Nigeria (CAN), i Vescovi chiedono a
tutti i fedeli cattolici di osservare due giorni di preghiera il 27 e il 28
marzo per le vittime degli scontri. (E. B.)
NASCE “TOTUS TUUS” LA PRIMA RIVISTA UFFICIALE CHE SEGUE
LA POSTULAZIONE
DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE
DI GIOVANNIPAOLO II.
La
prima uscita sarà distribuita gratuitamente al sito WEB
www.vicariatusurbis.org/beatificazione
ROMA. =
La Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II ha la sua “voce”
ufficiale. Nasce “Totus tuus”,
il mensile ufficiale di postulazione della Causa,
aperta il 28 giugno dello scorso anno nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
Come precisa il comunicato del Vicariato di Roma, lo scopo di “Totus Tuus” - titolo che ricorda
il motto pontificio di Giovanni Paolo II - è di documentare, analizzare e
informare sul processo della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo
di Dio Giovanni Paolo II, che ha come postulatore mons. Slawomir
Oder. La proposta si muove su tre binari: la
riflessione sull’insegnamento di Giovanni Paolo II (Le serate del Papa); le
tracce per la preghiera (Scuola di preghiera) e, infine, una proposta di
applicazione operativa (La fantasia della carità), che si propone di diventare
un valido strumento di collegamento tra tutte le persone che attendono la
conclusione del processo. La prima uscita sarà distribuita gratuitamente
attraverso internet, al sito www.vicariatusurbis.org/beatificazione.
Intanto, sono già venticinquemila le copie richieste. La pubblicazione è al
momento in italiano, spagnolo, inglese e polacco, ma è prevista anche
l’edizione in lingua francese, russa e cinese. Alla Postulazione
sopraggiungono moltissime testimonianze. Sono lettere scritte da bambini,
madri, coppie di sposi, tutte redatte con il cuore ricolmo di fede per testimoniare
la santità di vita di Giovanni Paolo II e le grazie impetrate attraverso di
lui. Quelle più significative saranno pubblicate sulla rivista, così come i
biglietti, i disegni, le poesie, le cartoline e le lettere più significative,
deposte a Piazza San Pietro nella notte della sua scomparsa o successivamente
sulla sua tomba. (S.C.)
Sorge a Milano il Forum
delle religioni, luogo di confronto e dialogo
per cristiani,
ebrei, musulmani e buddisti, rappresentati
nelle loro diverse espressioni
- A
cura di Fabio Brenna -
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MILANO. = I rappresentanti
dei cattolici, evangelici, protestanti, ortodossi, ebrei, sufi
e i musulmani di diversi istituti e moschee firmeranno questa sera alle ore 18,
nel corso di una cerimonia solenne, lo Statuto che impegni uomini e donne di
fedi diverse a lavorare insieme e a confrontarsi per la pace. A rappresentare
la Chiesa ambrosiana, ci sarà l'arcivescovo, il cardinale Dionigi Tettamanzi. Compito del Forum, si legge
nello Statuto, è "approfondire la mutua relazione e progredire nella
reciproca accoglienza; promuovere la cultura del dialogo, della solidarietà e
della pace; esprimere un punto di riferimento presso le istituzioni civili;
promuovere la libertà di culto, di religione e di fede, contro ogni forma di
discriminazione". Il Forum vede la luce al termine di due anni di
lavori preparatori, e affianca l'altro organismo che a Milano si preoccupa di
mettere insieme espressioni diverse della fede, in questo caso cristiana, come
il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, attivo dal 1998 e che riunisce
17 confessioni. Anche la data di oggi, giorno in cui nasce ufficialmente il
Forum, è stata scelta per il suo valore simbolico, l'equinozio di primavera,
evento di universale significato cosmico. L'appuntamento è presso la sede del
CADR, Centro ambrosiano di documentazione sulle Religioni, che dal 1994 su
impulso del cardinale Carlo Maria Martini persegue il dialogo interreligioso
per favorire la reciproca conoscenza, l'integrazione e la pace.
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E’ MORTO IERI L’ARCIVESCOVO ROMEO PANCIROLI. AVEVA
82 ANNI.
DOMANI ALLE 9.00 IN SAN PIETRO I FUNERALI PRESIEDUTI
DAL CARDINALE ANGELON SODANO
ROMA. = E'
morto ieri a Roma l’arcivescovo
Romeo Panciroli, nunzio apostolico e direttore della
Sala Stampa della Santa Sede dal 1976 al 1984. Mons. Panciroli era nato a Reggio Emilia 82 anni fa; entrato nei
missionari comboniani era stato ordinato sacerdote
l’11 giugno 1949. Nel 1960 era stato nominato addetto nella Delegazione
Apostolica in Nigeria e nel 1973 sottosegretario della Pontificia Commissione
per le comunicazioni sociali. Nel 1976 Paolo VI lo
aveva chiamato alla guida della Sala Stampa vaticana, incarico che avrebbe
conservato per 8 anni. Giovanni Paolo II lo nomina
pro-nunzio in Liberia, Gambia e delegato apostolico in Sierra Leone e Guinea. Il 26 dicembre del
1984 riceve l’ordinazione episcopale. Nel 1987 viene
nominato pro-nunzio apostolico in Guinea e nel 1992 pro-nunzio in Iran.
Rientrato a Roma nel 1999 era rimasto a disposizione della Segreteria di Stato,
svolgendo vari incarichi particolari. I
funerali si terranno domani mattina alle ore 9.00 all’Altare della Cattedra
della Basilica Vaticana e saranno presieduti dal cardinale segretario di Stato
Angelo Sodano.
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17 marzo 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Nei Territori occupati, appare
imminente la formazione del futuro esecutivo palestinese. Fonti dell’Autorità
nazionale palestinese hanno rivelato che il nuovo governo potrebbe essere
presentato già domani al presidente Abu Mazen, e lunedì al Parlamento. Ma nel nuovo mosaico
politico palestinese tracciato da Hamas, vincitore
delle elezioni legislative del 25 gennaio scorso, si annunciano importanti
defezioni. Il nostro servizio:
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Si complica il percorso
politico che dovrà portare alla composizione del futuro governo palestinese:
fonti di al Fatah hanno
dichiarato che il partito moderato del presidente Abu
Mazen non entrerà nell’esecutivo guidato da Hamas. Il nodo da sciogliere rimane la richiesta, rivolta
dai possibili alleati di Hamas al gruppo radicale, di
rispettare accordi già sottoscritti tra l’Autorità nazionale palestinese e
Israele. E proprio verso lo Stato israeliano, Hamas lancia intanto nuovi segnali di distensione. In un’intervista rilasciata all’emittente televisiva americana “CBS News”, il leader di Hamas e premier
designato, Ismail Haniyeh,
ha dichiarato di sperare in un accordo di pace con Israele. Haniyeh
ha anche aggiunto di non avere mai ordinato azioni militari o terroristiche contro lo Stato ebraico. “Vogliamo fermare lo
spargimento di sangue”, ha precisato il leader del gruppo radicale. Ma per
rinunciare alla violenza e riconoscere Israele, il movimento fondamentalista esige che venga
riconosciuto uno Stato palestinese nelle frontiere della Striscia di Gaza,
della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. In Israele, intanto, il
leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Ahmed Saadat, prelevato martedì
scorso dai soldati israeliani dal carcere palestinese di Gerico, ha negato
qualsiasi responsabilità per l’assassinio, nel 2001, del ministro israeliano
del Turismo, Rehama Zeevi.
Secondo gli israeliani, il ministro è stato ucciso in seguito ad un ordine
impartito dall’estremista palestinese per vendicare l’assassinio di un alto
esponente del suo gruppo. I soldati dello Stato ebraico sono entrati in azione
per arrestare Saadat dopo che gli osservatori di
Stati Uniti e Gran Bretagna avevano lasciato il carcere.
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Emergenza aviaria in Israele:
tracce del virus H5N1, il più letale per l’uomo, sono stati riscontrati in
tacchini trovati morti in due kibbutz nel sud del Paese, nei pressi della Striscia
di Gaza. Quattro persone, che lavoravano a contatto con gli animali infetti, sono state
ricoverate in un ospedale di Gerusalemme. I pazienti presentano sintomi compatibili
con l’influenza aviaria.
La grande offensiva lanciata ieri dalle forze irachene e
statunitensi contro la guerriglia intorno a Samarra,
a nord di Baghdad, andrà avanti ancora per diversi giorni. Lo hanno affermato
le autorità militari americane, aggiungendo che, finora, sono stati arrestati
48 sospetti. Si tratta della più imponente operazione aerea in Iraq dopo
l’invasione del 2003. Il segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice, ha ribadito intanto che qualsiasi dialogo tra
Stati Uniti e Iran sulla difficile situazione irachena non riguarderà in nessun
modo la questione del programma nucleare iraniano.
Grave episodio di violenza in Iran: ventuno
automobilisti sono stati uccisi su un’autostrada nel sud del Paese da uomini
armati, con indosso divise delle forze di sicurezza. I falsi agenti avrebbero
fermato le vittime fingendo di dover effettuare dei controlli.
Si terrà nel
pomeriggio, a New York, la prima riunione formale del Consiglio di sicurezza
dell’ONU sul dossier nucleare iraniano. Le delegazioni dei 15 Paesi membri del
Consiglio, dovranno analizzare le diverse posizioni. Francia e Gran Bretagna,
con il sostegno degli Stati Uniti, chiedono in particolare l’approvazione di
una risoluzione con cui si solleciti il governo di Teheran
a sospendere i programmi di arricchimento dell’uranio. La Russia denuncia,
invece, l’assenza di una “strategia internazionale per risolvere la crisi sul
nucleare iraniano”.
In Francia non si placa la
protesta degli studenti che contestano la legge sul contratto di primo impiego:
nella notte, violenti scontri tra dimostranti e agenti si sono conclusi con
circa 300 arresti. Almeno 90 agenti e 18 manifestanti sono rimasti feriti. Gli
episodi di guerriglia urbana hanno sconvolto diverse città. Ce ne parla
Giancarlo La Vella:
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I disordini più gravi sono
avvenuti a Parigi e a Rennes. Scioperi e sit-in sono in corso, inoltre, in
due terzi delle oltre 80 università francesi. E più di 300 mila
studenti hanno manifestato ieri, in tutto il Paese, chiedendo la revoca del
contratto, ma il premier, Dominique de Villepin, continua a ribadire di non voler introdurre
modifiche. Il primo ministro sostiene che la riforma introdotta dal governo
farà abbassare la disoccupazione, piaga sociale che interessa il 23 per cento
dei giovani. Ma i manifestanti contestano il fatto che il contratto di primo impiego
consente ad un datore di lavoro di licenziare nei primi due anni, senza
giustificazione, i giovani con meno di 26 anni. Comunque, i vertici di Parigi,
pur nella generale condanna delle violenze, sembrano voler ora optare per la
concertazione. Il presidente Chirac ha lanciato un
appello, affinché si apra al più presto il dialogo tra
governo e partner sociali sul controverso testo di legge. Tuttavia, il ministro
del lavoro, Jean-Louis Borloo,
non è voluto andare in televisione per difendere un provvedimento sul quale
aveva già espresso riserve. Studenti, sindacati ed opposizione, socialisti in
testa, chiedono il ritiro immediato della legge sul contratto di primo impiego,
una misura che – sostengono – accresce la precarietà. Intanto, si preparano ad
una nuova grande manifestazione, domani, mentre cresce la mobilitazione delle
forze dell’ordine.
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Test
preliminari effettuati sul sangue di Slobodan Milosevic, escludono che la morte dell’ex presidente
jugoslavo sia stata provocata da avvelenamento. Milosevic,
che soffriva di disturbi cardiaci e di pressione alta, è stato trovato morto
sabato scorso nella sua cella dell’Aja, pochi mesi
prima della sentenza del processo per crimini di guerra e genocidio che lo
vedeva imputato.
“Il mio
modello di azione è Solidarnosc che nella Polonia degli anni ‘80 ha dovuto condurre una lunga battaglia contro il totalitarismo”.
Lo ha detto Aleksander Milinkevic,
principale rivale dell’attuale capo di Stato Lukashenko,
alla vigilia delle presidenziali di domenica in Bielorussia.
Nell’ex Repubblica sovietica il regime ha avviato, in questi giorni, una
dura campagna di repressione preventiva che sta colpendo partiti e movimenti
d’opposizione, organizzazioni non governative e associazioni per i diritti
umani. Il direttore dei servizi segreti, che in Bielorussia
si chiamano ancora KGB, ha anche dichiarato, ieri, che rischieranno il carcere
a vita o la pena di morte tutti quelli che protesteranno contro i risultati
delle urne. Nel Paese, dove su oltre 10 milioni di abitanti i cattolici sono più di
un milione e 200 mila persone – circa il 15 per cento
– sembra scontata la riconferma di Lukashenko.
Ascoltiamo, al microfono di Alessandro Gisotti, l’inviato del quotidiano
“Avvenire”, Luigi Geninazzi:
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R. – Diciamo che il risultato è scontato perché non ci
sono, in realtà, neppure vere elezioni. La Bielorussia,
per tradizione, è un Paese che non ha mai avuto una storia di indipendenza ed è
ancora legata alla tradizione sovietica. Lukashenko è
un “piccolo padre” – viene proprio chiamato così – che
comanda. Cerca di ottenere per la terza volta il mandato presidenziale, dopo
che due anni fa, attraverso un referendum, ha cambiato la Costituzione. Di
fatto, non c’è neppure campagna elettorale, perché non si vedono candidati;
neppure il presidente in carica fa campagna elettorale, perché ha detto che non
ha tempo. Al di là dell’apparenza di ordine, di tranquillità, incomincia ad
emergere comunque un certo dissenso. Ma è difficile che questo dissenso possa
sfociare in proteste di massa, come per esempio si è visto durante la “rivoluzione
arancione”, due anni fa, in Ucraina.
D. – Che cosa può fare la comunità internazionale? C’è una
possibilità, muovendo dall’esterno, per un miglioramento della condizione dei
diritti umani?
R. – Gli Stati Uniti, per bocca del presidente Bush, hanno
detto che la Bielorussia è l’ultima dittatura
d’Europa. L’Unione Europea, finora, pur condannando la mancanza di rispetto dei
diritti umani, le repressioni che avvengono in questo Paese, non sembra seguire
la situazione della Bielorussia con molta attenzione.
Le ultime iniziative riguardano la creazione di alcune radio che trasmettono da
fuori la Bielorussia, per dare un’informazione che
non sia quella monolitica che viene diffusa
all’interno del Paese dalle televisioni, dalle radio e dai giornali sotto il
rigido controllo statale. Ma non sarà certo questo piccolo messaggio diverso
via etere che potrà cambiare le cose. Di fatto, la Bielorussia
è sempre stata una Repubblica tenuta nell’ombra e questo va molto bene al presidente
Lukashenko che non vuole assolutamente aprire il
Paese all’Occidente. Il presidente bielorusso si
accontenta di avere un forte legame con la Russia, che gli garantisce energia a
basso costo e un trend economico tutto sommato positivo.
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Il presidente della Liberia, la signora Ellen Johnson-Sirleaf, ha
avanzato formalmente al governo di Abuja la richiesta
di estradizione per Charles Taylor,
ex capo di Stato liberiano. Lo ha reso noto il portavoce del presidente
nigeriano Obasanjo.
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