RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 75 - Testo della
trasmissione di giovedì 16 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Gli
Stati Uniti non escludono attacchi preventivi contro l’Iran per la questione nucleare
16
marzo 2006
**********
Il legame che c’è tra Ebrei e Cristiani è
unico tra le religioni nel mondo: a renderlo tale – dice il Papa – è il “ricco
patrimonio comune”:
“THE RECENT CELEBRATION OF THE 40TH
ANNIVERSARY OF THE …”
Benedetto XVI sottolinea concetti importanti
ricordando che la recente celebrazione del 40esimo anniversario della
Dichiarazione conciliare Nostra Aetate ha
accresciuto il desiderio comune di maggiore conoscenza reciproca e di un
crescente dialogo caratterizzato da mutuo rispetto e amore”. La Chiesa non può
dimenticare il popolo con il quale Dio ha stretto la santa alleanza, afferma il
Papa ricordando, poi, che “Ebraismo, Cristianesimo e Islam” credono in un solo
Dio, Creatore del cielo e della terra”. Tutte e tre le religioni monoteistiche
“sono chiamate a cooperare per il bene comune dell’umanità, a servire la causa
della giustizia e della pace”. E il Papa spiega che grande attenzione deve
essere data all’insegnamento del rispetto nei confronti di Dio, delle religioni
e dei loro simboli, dei luoghi santi e dei luoghi di culto:
“I leader religiosi hanno la responsabilità –
afferma il Papa – di lavorare per la riconciliazione attraverso un dialogo
genuino e atti di umana solidarietà”.
In conclusione la preghiera che vengano
confermati gli sforzi di gettare ponti di comprensione al di là delle barriere.
Va
detto che nelle sue parole di saluto il presidente dell’“American Jewish Committee” Comitato degli
ebrei americani, E. Robert Goodkind,
sottolinea la “relazione storica” che il Comitato ha con la Santa Sede, in
particolare dal Concilio Vaticano II. E poi ha espressioni di apprezzamento:
per la “chiara determinazione” con cui la Santa Sede ha coltivato lo spirito
del Concilio in questi anni e per l’impegno del Papa nel condannare
l’antisemitismo.
**********
ALTRE
UDIENZE
Sempre stamane il Papa ha
ricevuto, in successive udienze, anche alcuni presuli della Conferenza
episcopale del Camerun, in visita “ad Limina”, mons. Paul Hinder, vicario apostolico
di Arabia, e mons. Camillo Ballin, vicario apostolico
di Kuwait.
Nel pomeriggio, il Papa riceverà il cardinale Francis
Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti, e il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
LETTERA DEL PAPA AL CARDINALE LUBOMYR HUSAR
IN OCCASIONE DEL 60.MO
ANNIVERSARIO DELLO PSEUDO-SINODO DI LEOPOLI,
CHE NEL 1946 COSTRINSE LA CHIESA GRECO-CATTOLICA
UCRAINA
A “RIDISCENDERE NELLE CATACOMBE”
Benedetto XVI ha inviato una lettera al cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo
Maggiore di Kiev-Halič in occasione del 60°
anniversario dello pseudo-sinodo di Leopoli, che nel marzo del 1946 costrinse
la Chiesa greco-cattolica ucraina a “ridiscendere
nelle catacombe”. Ce ne parla Sergio Centofanti.
**********
L’Ucraina faceva parte allora dell’Unione Sovietica. Prima di quei “tristi eventi” – scrive il
Papa – “i credenti in Cristo dell’Ucraina, erano rimasti fedeli” nonostante
“fossero perseguitati, oppressi, privati dei propri Pastori da un apparato
statale ideologico e disumano”. Ma in quei giorni del 1946 – ricorda il
Pontefice – “un gruppo di ecclesiastici, raccolti in uno pseudo-sinodo
che si arrogò il diritto di rappresentare la Chiesa, attentò gravemente
all’unità ecclesiale. Si intensificarono poi le violenze contro quanti erano rimasti fedeli all'unità con il Vescovo di
Roma, provocando ulteriori sofferenze e costringendo la Chiesa a ridiscendere
nelle catacombe”. Ma, “pur tra indicibili prove e patimenti, la Divina Provvidenza
non permise la scomparsa di una comunità che, per secoli, era stata considerata
legittima e vivace parte dell'identità del popolo ucraino. La Chiesa greco-cattolica continuò così a rendere la propria
testimonianza all'unità, alla santità, alla cattolicità e apostolicità
della Chiesa di Cristo”.
“Il ricordo di quanto avvenne sessant'anni
fa – scrive Benedetto XVI - deve diventare stimolo per la comunità affidata
alle sollecitudini pastorali della riorganizzata Gerarchia greco-cattolica
in Ucraina ad approfondire il suo intimo e convinto legame con il Successore di
Pietro. Da quella Chiesa, purificata dalle persecuzioni, sono sgorgati fiumi di
acqua viva non soltanto per i cattolici ucraini, ma per l’intera Chiesa
cattolica sparsa nel mondo”.
Il Papa sottolinea che per conservare l’integrità del patrimonio ecclesiale ucraino “è importante assicurare la presenza dei due
grandi filoni dell'unica Tradizione – il filone latino e quello orientale -
ambedue con la molteplicità di manifestazioni storiche che l’Ucraina ha saputo
esprimere. Duplice è la missione
affidata alla Chiesa greco-cattolica in comunione piena con Pietro: è suo compito, da una parte, mantenere
visibile nella Chiesa cattolica la tradizione
orientale, dall'altra, favorire
l'incontro delle tradizioni, testimoniando non solo la loro compatibilità, ma anche la loro profonda unità nella
diversità”.
Il Papa prega infine affinché
quest’anniversario diventi “supplica allo Spirito Paraclito,
perché faccia crescere tutto ciò che favorisce l'unità”, “l'amore fraterno, il
perdono delle offese e delle ingiustizie subite nella storia”, nella
consapevolezza “di obbedire al comando di Cristo: Ut unum sint”.
**********
SUL MISTERO DEL
RAPPORTO TRA CRISTO E LA CHIESA, TEMA SCELTO DA
BENEDETTO XVI PER IL NUOVO CICLO DI CATECHESI
NELLE UDIENZE DEL MERCOLEDI’, LA RIFLESSIONE DI DON
MASSIMO SERRETTI, DOCENTE DI CRISTOLOGIA
ALLA
PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE
I
dodici Apostoli sono “il segno più evidente della volontà di Gesù” riguardo
all’“esistenza e alla missione della sua Chiesa”, la “garanzia che fra Cristo e
la Chiesa non c’è alcuna contrapposizione”: è uno dei passaggi forti della
riflessione di Benedetto XVI all’udienza generale di ieri. Proprio in tale
occasione, il Papa ha inaugurato un nuovo ciclo di catechesi “sul mistero del
rapporto tra Cristo e la Chiesa”. Dopo aver concluso, dunque, le precedenti
catechesi dedicate alla Liturgia delle Ore, secondo un percorso di riflessioni iniziato
da Papa Wojtyla, Benedetto XVI si sofferma su un tema
di carattere ecclesiologico. Su questa scelta, Alessandro Gisotti ha raccolto
la riflessione di don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia
Università Lateranense:
**********
R. – Il tema si lega da un lato all’insegnamento esplicito
di Giovanni Paolo II, anche se dobbiamo dire che coglie un aspetto di
integrazione. Infatti, tra le grandi Encicliche, le prime sulla questione
trinitaria a partire da “Cristo, Redentore dell’uomo”… tra tutti questi grandi
documenti magisteriali di Giovanni Paolo II era
assente un documento dedicato, specifico che attenesse
alla Chiesa. C’è poi un’altra continuità che dobbiamo osservare perché il
giovane Joseph Ratzinger , nel 1951, l’anno in cui è stato ordinato sacerdote, aveva
portato a termine un lavoro proprio di ecclesiologia, intitolato “Popolo e Casa
di Dio in Sant’Agostino”. Quindi, l’amore alla Chiesa, il pensiero sulla Chiesa
- già da prima del Vaticano II - era ben presente nelle preoccupazioni del
giovane dottorando Joseph Ratzinger.
D. – Dopo un’Enciclica sull’amore cristiano, il Papa
dedica ora le sue catechesi all’indissolubile legame tra Cristo e la Chiesa. Si
può dire che il Pontefice senta quasi l’esigenza di soffermarsi sui fondamenti
del messaggio evangelico?
R. – Sì, sicuramente! Il Papa dice di voler abbordare la
questione del mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa. Questa è la sua
formulazione. Estremamente importante è l’ordine in cui i termini sono posti.
Consultavo prima la sintesi breve che Benedetto XVI ha fatto ai pellegrini di
lingua tedesca, nella quale si trova un’altra affermazione importante per
capire la logica con cui il Santo Padre intraprende questa meditazione. Laddove
lui parla di una realtà, la realtà della Chiesa, questa ha in Dio la sua
origine... Quindi quando il Papa dice il rapporto tra
Cristo e la Chiesa intende mostrare in modo evidente come la realtà concreta
della Chiesa sia legata in modo misterioso, ma effettivo e reale, a tutto il
mistero di Cristo.
D. – Benedetto XVI ha sottolineato con forza che fra
Cristo e la Chiesa non c’è alcuna contrapposizione. Il Papa
ha aggiunto: è inaccettabile lo slogan di moda alcuni anni fa: “Gesù sì, Chiesa
no”. E’ ancora presente questo rischio di una concezione
individualistica della fede?
R. – Qui il giudizio di Benedetto XVI è molto preciso e va
a negare che la genesi della Chiesa derivi dalla composizione di singole
volontà. La Chiesa non nasce da questo individualismo. La ricchezza di questa
catechesi che il Santo Padre va ad iniziare insiste, invece, costruttivamente,
positivamente sulla nozione di popolo. Gesù viene, interviene annunciando,
avendo come interlocutore il popolo, il popolo eletto, il popolo che Dio aveva costituito come tale. Quindi i suoi interlocutori non
sono i singoli presi in se stessi, ma i singoli dentro la realtà del popolo,
una realtà teologica. L’insistenza sulla chiamata dei dodici ha questo preciso
significato. Quindi “Gesù sì, Chiesa no” è un’aberrazione da questo punto di
vista, perché chi dice Chiesa no, in realtà dice Gesù no.
*********
PROSEGUONO
IN VATICANO I LAVORI DELLA PLENARIA DEL PONTIFICIO
CONSIGLIO
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
-
Intervista con il cardinale Ennio Antonelli -
Prosegue in Vaticano la plenaria del Pontificio Consiglio
delle Comunicazioni Sociali, in Vaticano: al centro dei lavori figura
l’attuazione dell’ultima Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II ai
responsabili delle comunicazioni sociali dal titolo “Il rapido sviluppo”. Ma cosa sta emergendo dai lavori di questi
giorni? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’arcivescovo di Firenze il cardinale
Ennio Antonelli:
**********
R. – Sta emergendo che la Chiesa e i molti soggetti
ecclesiali di tutto il mondo credono nell’importanza dei
media per l’evangelizzazione, ma si rendono conto anche dei rischi gravi
che ci possono essere per la fede, la vita cristiana e anche del rischio di non
comunicazione a cui molte volte i media,
i mezzi di comunicazione sociale, possono indurre.
D.- Il tema che l’ha colpito in modo particolare in questi
giorni?
R. – Mi ha colpito in modo particolare la testimonianza
che hanno dato molti vescovi, molti consultori del Dicastero, di varie nazioni,
della grande risonanza che ha avuto la morte, il funerale del
Papa Giovani Paolo II, e anche l’inizio del nuovo Pontificato, presso
perfino i non cristiani, perfino gente di altre religioni, con grande
commozione e grande interrogarsi molto forte, molto pensoso.
D. – Ma la Chiesa utilizza efficacemente i mass media, a
suo parere, o ha ancora molto da fare?
R. – La Chiesa sta
sempre meglio e sempre di più utilizzando i media. A
me pare, però, ci sia molto da fare specialmente a livello di pastorale
ordinaria.
D. - Manca spesso un
coordinamento tra i vari enti radiotelevisivi cattolici, forse a volte c’è un
po’ di campanilismo?
R. – Certo è necessario un maggiore coordinamento per
diminuire le spese, per migliorare i programmi e il Pontificio Consiglio sta
organizzando un convegno internazionale proprio per questo motivo.
D. – Come annunciare meglio Cristo oggi attraverso i mass
media?
R. – Credo che si debba sviluppare una comunicazione
interattiva, la reciprocità, specialmente dialogando attraverso Internet.
Questa mi sembra
una frontiera nuova su cui la pastorale
ordinaria a livello diocesano ed anche a livello parrocchiale si deve
impegnare.
D. -
Eminenza, un suo consiglio ai giornalisti e un suo invito agli
utenti dei mass media…
R. – Ai giornalisti direi di non lasciarsi tentare dallo
scoop, dal sensazionalismo, dagli interessi
economici, ma di rispettare la verità, di essere il più possibile attenti alla
realtà e rispettare le persone. Agli utenti di sviluppare la loro formazione
che oggi è indispensabile.
*********
RIAPERTO AL PUBBLICO, DOPO CINQUE ANNI DI RESTAURI E RICERCHE D’ARCHIVIO,
IL MUSEO CRISTIANO, PRIMO
NUCLEO DEI MUSEI VATICANI
- Con noi, il dott.
Francesco Buranelli -
“Accrescere lo splendore di Roma e confermare la Verità della religione
cristiana”: questo, l’intento con cui, nel 1756, papa Benedetto XIV diede vita
al Museo Cristiano, che stamani, dopo cinque anni di restauri e ricerche
d’archivio, è stato riaperto al pubblico presso i
Musei Vaticani. L’iniziativa rientra nelle celebrazioni per il quinto
centenario della fondazione dei Musei, avvenuta dopo il ritrovamento sul Colle
Oppio, il 14 gennaio del 1506, del gruppo statuario del Laocoonte.
Il servizio di Roberta Moretti:
**********
A Roma, centro della Cristianità, mancava un museo
“sacro”, accanto a quello “profano” del Campidoglio. Per colmare questa lacuna,
Benedetto XIV decise di raccogliere, nell’area del cortile del Belvedere, i
manufatti provenienti dalle catacombe e dalle domus erette sulle vie consolari
che conducevano alla Città
Eterna. Nel 1854, poi, sotto il Pontificato di Pio IX, la maggioranza delle
testimonianze epigrafiche e scultoree del Museo Cristiano venne
trasferita nel Palazzo Apostolico Lateranense, per dar vita al Museo
Pio-Cristiano. Rimasero così nella sede originaria solo le opere appartenenti
alle arti decorative, quali gemme, avori, sigilli, monete, vasellame, vetri
dorati e incisi, anelli e medaglie devozionali.
Splendidi manufatti, che oggi trovano un più moderno e razionale allestimento
nel nuovo Museo Cristiano. Il direttore dei Musei Vaticani, Francesco Buranelli:
“E’ il primo evento che presentiamo per i nostri 500 anni,
perché fu il primo a definirsi tale. Poi, tanti altri Papi hanno accresciuto e
creato nuovi musei, per cui si è arrivati ben presto
alla dizione plurale. Segna il lento e graduale ampliamento delle raccolte che,
dalla prima collezione rinascimentale, voluta da Giulio II della Rovere, arrivò
alla realizzazione di un museo aperto al pubblico, con Benedetto XIV”.
Ma cosa
contraddistingue i reperti custoditi nel Museo Cristiano? Ancora il dott. Buranelli:
“Ogni
oggetto documenta una conversione, un martirio, un atto devozionale.
Forse questo è il grande valore delle opere d’arte conservate nel Museo
Cristiano, perché è il graduale affermarsi della religione cristiana nella
grande Roma capitale dell’Impero romano e, allo stesso tempo, poi, pure la
qualità artistica che è stata raggiunta. Il Museo Cristiano possiede la più
bella edizione esistente al mondo e la più importante di
fondi oro. Veramente, siamo di fronte ad una qualità elevatissima di
arti decorative dei primi secoli dopo la nascita di Cristo”.
**********
======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – L’Assemblea
generale delle Nazioni Unite istituisce il Consiglio dei diritti umani.
Servizio vaticano – L’udienza
di Benedetto XVI alla Delegazione dell’“American
Jewish Committee”:
nell’occasione il Papa ha ricordato che Ebraismo, Cristianesimo ed Islam sono
chiamati a cooperare per il bene comune dell’umanità servendo la causa della
giustizia e della pace.
La Benedizione del Santo Padre
alla Chiesa greco-cattolica in Ucraina in una recente
lettera inviata al cardinale Lubomyr Husar.
Servizio estero - Iraq: prima
sessione del nuovo Parlamento.
Servizio culturale - Un
articolo di Marco Impagliazzo dal titolo “Dall’abisso
del nazismo all’approdo in Argentina”: testimonianze di sopravvissuti alla Shoah.
Servizio italiano - Un articolo
dal titolo “Aspre polemiche dopo le frasi del leghista Calderoli”: l’ex
Ministro ha detto di aver scritto volutamente una legge elettorale dannosa.
=======ooo=======
16 marzo 2006
ALL’ONU NASCE IL NUOVO CONSIGLIO SUI DIRITTI UMANI
CHE SOSTITUISCE
LA
COMMISSIONE DI GINEVRA. CONTRARI USA E ISRAELE
- Intervista con
mons. Silvano Maria Tomasi e Kolya Canestrini -
Storica
decisione ieri all’ONU. L’Assemblea Generale ha approvato la riforma che
sostituisce la Commissione dei Diritti Umani, con Sede a Ginevra, con un Consiglio
più ristretto, in cui potranno entrare solo quei Paesi che non abbiano regimi
dittatoriali e nei quali non si registrino lesioni delle prerogative
fondamentali dell’uomo. Per il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, si tratta di un passo
fondamentale che dà alle Nazioni Unite strumenti più efficaci per una maggiore
tutela dei diritti umani nel mondo. Il servizio, da New York, di Paolo
Mastrolilli.
**********
Hanno votato a favore 170 membri, fra cui l’Italia, contro quattro, cioè
Stati Uniti, Israele, Palau ed Isole Marshall, e tre si sono astenuti, cioè Iran, Venezuela e Bielorussia. La Commissione di Ginevra aveva perso
credibilità, perché al suo interno sedevano Paesi accusati di violare i diritti
umani. Il segretario generale, Kofi Annan, nel progetto di riforma presentato a marzo del 2005,
aveva proposto di chiuderla e sostituirla con un Consiglio più piccolo, i cui
membri dovevano essere eletti individualmente con una maggioranza di due terzi
dell’Assemblea generale. La proposta era stata recepita dal vertice dei capi di
Stato e di governo, tenuto a settembre a New York, ma il negoziato era rimasto
aperto sui dettagli. Alla fine di febbraio, il presidente dell’Assemblea
generale, lo svedese Jan Hegelson, ha presentato il
compromesso che è stato votato ieri. Il nuovo Consiglio nascerà a giugno e sarà
formato da 47 membri, invece degli attuali 53. I Paesi che entreranno a farne
parte saranno ancora scelti su base regionale, ma dovranno essere eletti individualmente
con la maggioranza dei voti dell’Assemblea, cioè 96. I membri dovranno rispettare
i diritti umani e se li violeranno potranno essere cacciati con il voto di due
terzi degli Stati che comporranno il Consiglio. Annan
ha commentato che questo è un compromesso rispetto alla sua proposta iniziale,
ma fa comunque avanzare la causa dei diritti umani. Gli Stati Uniti hanno
votato contro, perché volevano che i Paesi membri fossero eletti con una
maggioranza di due terzi, rendendo ancora più difficile l’accesso dei responsabili
di abusi e chiedevano di vietare l’entrata nel Consiglio di Paesi sottoposti a
sanzioni per violazione di diritti umani. Washington, però, ha promesso che
finanzierà la nuova istituzione e collaborerà con essa.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
E per i commenti sulla nascita del nuovo organismo dell’ONU a tutela dei
diritti umani, sentiamo il servizio di Giancarlo La Vella:
**********
La comunità
internazionale pone in primo piano la difesa delle prerogative fondamentali
dell’essere umano. Con la creazione del Consiglio dell’ONU per i diritti umani,
la strada per la pace sembra segnata ancora più nettamente, una strada che
passa innanzitutto attraverso un concetto di giustizia che guardi in
particolare alle posizioni primarie dell’essere umano come singolo, per poi
aprirsi alla comunità intera. Sentiamo il commento di mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le
Nazioni Unite a Ginevra:
R. – E’ un passo positivo in avanti nella promozione dei diritti umani.
Quindi, si cerca di portare sempre di più il discorso, partendo dai diritti
delle persone e dai diritti dei popoli.
D. – Cosa è auspicabile per far funzionare al meglio il nuovo Consiglio
dell’ONU sui diritti umani?
R. – Mi sembra che un Consiglio dei diritti umani più forte, che dipende
direttamente dall’Assemblea generale, e che ha la capacità di escludere al
limite anche i Paesi che fossero dei diritti umani, potrebbe funzionare e
portare anche un contributo maggiore nel promuovere sempre di più i rapporti
umani basati sui diritti.
D. – Anche se c’è sempre l’aspetto sanzionatorio
che rappresenta un po’ una falla?
R. – Certo alle volte bisogna che la comunità internazionale prenda delle
posizioni concrete per bloccare violazioni estreme come sta capitando in questo
momento in qualche regione dell’Africa. Quindi bisogna che ci siano strumenti
più chiari nelle mani della comunità internazionale per bloccare quelle forze
che veramente usano la loro autonomia per violare i diritti.
Ma il Consiglio
dell’ONU dei Diritti Umani servirà realmente a realizzare una maggiore tutela
ed un controllo capillare delle situazioni più a rischio? Ci risponde Kolya Canestrini, direttore del Centro Studi italiano per
la pace ed esperto di Diritto umanitario:
R. – Dobbiamo evidentemente augurarci
di sì. Ci sono alcuni elementi che in realtà mi fanno ritenere che non sarà così.
Il problema di fondo è che i diritti umani sono una coperta un po’ troppo corta
a seconda di chi la usa. Vi sono cioè delle situazioni
in cui lo Stato, che palesemente viola i diritti umani, si propone come
paladino di essi, ed altri in cui chi sembra essere il
maggiore nemico dei diritti umani, in realtà persegue una giustizia sociale. In
via di principio sarà difficile trovare uno Stato che si opponga
alle dichiarazioni di principio sui diritti umani. Ciò che invece sarà molto
facile è che gli incolpati di violazione si difenderanno, dicendo di essere i
primi paladini per la difesa degli stessi diritti. Noi sappiamo che, ahimè, non
vi è diritto se non vi può essere una pena per chi lo
viola. Bisogna cercare di costringere gli Stati ad essere responsabili delle
loro azioni e di rispondere in tutte le sedi delle violazioni da loro commesse.
**********
SI APRE A CITTA’ DEL MESSICO IL IV FORUM MONDIALE DELL’ACQUA
-
Massimo Moretuzzo e Riccardo Putrella -
Si
apre oggi a Città del Messico il quarto Forum mondiale dell'acqua. Alla sei giorni promossa dal Consiglio mondiale sull’acqua
parteciperanno rappresentanti di governo e organizzazioni internazionali.
Obiettivo del vertice quello di promuovere una migliore gestione di questa
vitale risorsa. Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite oltre 1,2 miliardi
di persone, un quinto della popolazione del pianeta, non hanno accesso
all'acqua potabile, mentre 2,5 miliardi non hanno rete fognaria. Il servizio di
Andrea Cocco.
**********
Acqua un bene per tutti. Con queste parole d’ordine si
chiudeva nel 2002 a Johannesburg il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile.
Eppure a tre anni di distanza la crisi dell’acqua non appare per
nulla ridimensionata. A lanciare l’ultimo allarme il rapporto triennale
delle Nazioni Unite su fiumi e laghi, secondo cui più della metà dei 500
maggiori fiumi della terra sono parzialmente o completamente in secca. Tra le
cause: l’inquinamento, l’effetto serra e i prelievi eccessivi. E dietro le
cifre delle organizzazioni internazionali il timore di vedere moltiplicarsi in
un futuro non troppo lontano i conflitti per questa risorsa,
oggi definita con sempre maggiore disinvoltura il petrolio del 21° secolo.
In occasione del forum dei movimenti per l’acqua che si è chiuso a Roma
il 12 marzo, abbiamo raccolto il parere di Massimo Moretuzzo
dell’organizzazione Contratto mondiale per l’acqua:
“E’ una
questione che sta esplodendo nei Paesi del Sud del mondo e che sta peggiorando,
tant’è che queste stesse fonti parlano di una
mancanza d’acqua per 3 miliardi di persone nel 2015. Quindi, effettivamente è
una situazione difficile. Pensiamo alle questioni africane: si pone la
questione drammatica di trovare l’acqua per gran parte del continente africano.
Tutta la zona sta vivendo questo elemento con grande preoccupazione e il
rischio di conflitti è immediato. Queste questioni pongono un problema di
priorità, cioè capire, ad esempio, quali possono essere gli usi prioritari”.
Il 70% delle risorse idriche mondiali vengono
consumate per l’agricoltura, il 20% per l’industria e solo il 10% per altri
usi. E il consumo di acqua nel pianeta riflette profonde disparità anche a
livello geografico. Mentre un abitante degli Stati Uniti può
contare su una media di 425 litri al giorno in
Palestina non si superano i 70 litri e in Madagascar i 10, mentre per l’ONU è
di 50 litri al giorno il livello minimo indispensabile.
“L’esempio più classico che possiamo fare è quello delle
grandi metropoli dei Paesi del Sud, dove da un lato della strada ci sono i
campi da golf e dall’altra ci sono le baraccopoli delle persone che invece non
hanno neanche fonti di acqua di buona qualità ad una distanza accessibile”.
La disponibilità di acqua potabile sul pianeta, dicono gli
esperti, è sufficiente ai bisogni di tutti. Quali allora i passi
fondamentali che la comunità internazionale dovrebbe compiere per una migliore
gestione delle risorse idriche. Lo abbiamo chiesto a Riccardo Putrella,
economista e presidente dell’acquedotto pugliese:
“Riconoscere anzitutto che l’accesso all’acqua è un diritto
umano, universale, imprescrittibile e indivisibile. Seconda cosa, riconoscere
che l’acqua è un bene comune patrimoniale mondiale. Questo è un principio
fondamentale, che però gli Stati non vogliono
riconoscerlo, perché ormai hanno distrutto l’acqua per uso umano, diventando
sempre più rara. Oggi l’acqua è diventata un elemento di sicurezza strategico”.
**********
AL COSMOLOGO INGLESE JOHN BARROW
IL
PREMIO TEMPLETON PER IL PROGRESSO DELLA RELIGIONE
-
Intervista con il vincitore del premio -
Il
prestigioso Premio Templeton per il progresso e la
ricerca religiosa è stato assegnato ieri al cosmologo inglese John Barrow, professore all’Università di Cambridge. Gli scritti
di Barrow, descritto come uno studioso in possesso di una forte presa popolare, sul rapporto tra la
vita, le origini del nostro universo e la natura della conoscenza umana, hanno
sfidato sia gli scienziati che i teologi a guardare oltre i confini delle loro
discipline. In una intervista esclusiva a Philippa Hitchen, il dottor Barrow ci racconta qualcosa del suo lavoro, per il quale ha
ricevuto questa onorificenza:
**********
R. – WELL, I THINK THE INTEREST…
Penso
che l’interesse nel mio lavoro appartenga a quelle persone che lavorano
nell’ambito della teologia o che si interessano al rapporto tra scienza e
religione. Sono molto interessato agli sviluppi che avvengono nella cosmologia
e altre aree correlate. Il mio lavoro, quindi, fornisce solo una sorta di
materiale di base per stimolare nuove discussioni, nuovi sviluppi in speciali
aree di interesse. La cosmologia è una delle materie che è sempre stata di
grande interesse, includendone poi altre come la teologia e l’astronomia.
Quindi, è un interesse naturale nello stesso tipo di domande: come è iniziato
l’universo? Avrà una fine? E quando ho iniziato a studiare e a lavorare
nell’ambito dell’astronomia ero, dunque, interessato proprio a questo tipo di
domande.
**********
=======ooo=======
16 marzo 2006
RAPPORTO
DELLA CAMPAGNA CONTROL ARMS AL
CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU,
A 100 GIORNI DALLA CONFERENZA MONDIALE SULLE
PICCOLE ARMI,
IN
PROGRAMMA A GIUGNO, PROMOSSA DALLE NAZIONI UNITE.
LE
ORGANIZZAZIONI UMANITARIE AMNESTY INTERNATIONAL, OXFAM INTERNATIONAL
E
IANSA DENUNCIANO EMBARGHI VIOLATI E TRAFFICANTI IMPUNITI
E
CHIEDONO NUOVI EFFICACI STRUMENTI DI CONTROLLO
- Servizio di Roberta Gisotti -
**********
NEY YORK. = Ogni anno si producono 8 milioni di armi leggere
e nel mondo intero se ne contano 639 milioni. Strumenti di morte che circolano
liberamente in molte zone del Pianeta, dove la violenza armata uccide ogni anno
mezzo milione di persone. In Africa, in Asia, in Medio Oriente e in America
Latina si spendono mediamente per acquistare armi 22 miliardi di dollari
l’anno: una somma che permetterebbe a questi Paesi di eliminare l’analfabetismo
e ridurre la mortalità infantile e materna, secondo gli obiettivi di sviluppo
del Millennio fissati dall’ONU. Ma da qui a 100 giorni – quando di armi leggere
si occuperà una Conferenza ad hoc delle Nazioni Unite
– moriranno altre 100 mila persone ed altre decine di migliaia verranno ferite
in conflitti a fuoco. A fronte di questo drammatico scenario,
**********
LETTERA
DI RINGRAZIAMENTO AL PAPA DEI MOVIMENTI ECCLESIALI E
DELLE NUOVE COMUNITA’ DELL’AMERICA LATINA,
RIUNITI
NEI GIORNI SCORSI A CONGRESSO A BOGOTA’,
IN COLOMBIA, SUL TEMA “DISCEPOLI E MISSIONARI
DI GESU’ CRISTO
OGGI”
BOGOTA’. =
“Grazie, Santo Padre per la sua testimonianza, la sua paterna vicinanza
e la sue parole orientratrici, mostrate alla nostra
Chiesa e ai nostri popoli in un abbraccio pieno d’amore e di speranza”. E’ con
questo pensiero che i partecipanti al primo Congresso dei Movimenti ecclesiali
e delle nuove Comunità dell’America Latina, svoltosi nei giorni scorsi a Bogotá,
in Colombia, hanno espresso la loro gratitudine in una Lettera inviata a
Benedetto XVI. Parole di benevolenza per la sollecitudine con cui il Santo
Padre ha seguito l’iniziativa, inviando loro un Messaggio dove si affronta il
tema della speranza della Chiesa: “I movimenti e le nuove comunità – si legge -
contribuiscano a dare un rinnovato impulso all’evangelizzazione di tutti i
settori della società, del mondo, della famiglia, della cultura e
dell’educazione”. A questo mandato i 122 delegati di 23 Paesi, oltre a 32
vescovi ed una rappresentanza del Pontificio Consiglio per i laici - che hanno
preso parte all’Incontro sul tema “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, hanno
voluto rispondere impegnandosi ad assumere tre impegni fondamentali: la
formazione cristiana, l’annuncio forte del Vangelo con una grande portata missionaria
e la speciale attenzione per coloro che soffrono, i poveri e gli emarginati.
L’aver posto al centro del Congresso il tema del cristiano, ovvero del discepolo
di Cristo, è un segno della consapevolezza che
OGNI ANNO IL BACINO DEL CONGO, CON GLI OLTRE 200 MILIONI DI ETTARI
CONSIDERATO IL SECONDO “POLMONE VERDE” NEL MONDO DOPO L’AMAZZONIA,
PERDE UN MILIONE DI ETTARI DI FORESTE
A CAUSA DELL’AVANZAMENTO DELLA DESERTIFICAZIONE
GINEVRA. = Il concetto di desertificazione si è progressivamente
evoluto nel corso degli anni nel tentativo di definire un processo che, seppur
caratterizzato da cause locali, sta sempre più assumendo la connotazione di un
problema globale. Esso è definito come “il processo che porta ad una riduzione
irreversibile della capacità del suolo di produrre risorse e servizi. All’agenzia MISNA, Hama Arba Diallo,
direttore del Comitato dell’ONU contro la desertificazione, parlando del bacino
del fiume Congo che, con oltre 200 milioni di ettari di foreste, è considerato
il secondo “polmone verde” del mondo dopo l’Amazzonia,
riferisce: “La desertificazione non è soltanto l’avanzata delle dune di sabbia,
ma anche l’erosione del suolo dovuto a tre fattori: le pratiche agricole,
l’eccessivo sfruttamento dei pascoli e la deforestazione per l’uso della legna”. La vasta area – che comprende molti Paesi dell’Africa Centrale,
dalla Repubblica Democratica del Congo al Burundi, dal
Camerun alla Guinea Equatoriale, pari al 30% delle foreste di tutta l’Africa e
poco meno del 20% dell’intero Pianeta – perde ogni anno un milione di ettari, a
causa soprattutto dei diversi fenomeni di erosione, denunciati da Arba Diallo. “Per ora non è nota
la durata delle risorse naturali dell’Africa Centrale, ma la fertilità del
suolo ha già iniziato a diminuire a causa della desertificazione del Bacino del Congo”, ha aggiunto l’esperto. Dalla foresta arrivano però alcuni segnali “incoraggianti”: la determinazione
dei Pigmei sta rallentando lo sfruttamento indiscriminato di alcune specie di
alberi nel nord della Repubblica Democratica del Congo; le popolazioni locali,
a differenza di alcune società che commerciano il legname, si battono per
mantenere questi alberi, indispensabili al loro eco-sistema e alla loro sopravvivenza.
Nelle scorse settimane l’Unione Europea ha stanziato altri 38 milioni di euro
per finanziare la quarta fase del programma per la gestione degli ecosistemi
forestali dell’Africa centrale (Ecofac), nato nel
1992 nell’ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente a Rio de
Janeiro, che ha per obiettivo la “conservazione e lo sfruttamento razionale”
delle foreste del bacino del Congo.(S.C.)
OCEANO
INDIANO: ENTRO 50 ANNI A RISCHIO DI ESTINZIONE
LA
BARRIERA CORALLINA,
PER
CAUSE COLLEGATE ANCHE ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E TERRESTRE.
ALLARME
DEGLI ECOLOGISTI PER LE ISOLE SEYCHELLES E MALDIVE
NEW DELHI. = La barriera corallina dell'Oceano Indiano
potrebbe scomparire entro i prossimi 50 anni. E’ il grido d'allarme lanciato
da un gruppo di ricercatori marini, secondo i quali l’innalzamento delle
temperature del mare, causato dal surriscaldamento della terra, potrebbe avere
conseguenze disastrose sui coralli dell'oceano indiano. “Indagini scientifiche
- ha dichiarato Jude Bijoux,
del Centro di
Ricerca e Tecnologia marina alle isole Seychelles - mostrano che nel 2050 non
ci saranno più coralli. Nel 1998 avevamo già perso circa il 90% delle
barriere coralline e il poco che era rimasto è sottoposto a continue minacce”.
Nel 1998 il fenomeno meteorologico noto come El Niño, che
causò un rialzo brusco della temperatura del mare, provocò in
tutto l'Oceano Indiano danni notevoli alle barriere coralline. Secondo gli
scienziati, da allora la situazione non sarebbe migliorata ed anzi i punti dell’Oceano
Indiano maggiormente colpiti da El Niño sono destinati a subire ciclicamente – più o meno ogni
cinque anni – ulteriori danni. Il surriscaldamento delle acque marine sarebbe
imputabile secondo alcuni ricercatori ad agenti di inquinamento terrestre ed
atmosferico. “Se le cose continueranno così, dicono gli scienziati, la maggior
parte delle isole coralline scompariranno, in quanto le barriere che le circondano
e le proteggono si sfalderanno progressivamente”. La cosa avrebbe ovviamente conseguenze
disastrose anche sull’economia di queste zone, fortemente
basata sul turismo. Le Seychelles contano 120 isole, di cui solo 65 sono
coralline. Le Maldive
invece sono costituite interamente da isole coralline. Secondo il ministro dell’Ambiente,
Ronny Jumeau, le autorità
dovrebbero prendere maggiori provvedimenti anche vietando in alcune zone la
pesca - le reti possono infatti strappare via anche i
coralli - e il transito delle barche. (R.G.)
=======ooo=======
16 marzo 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Gli Stati Uniti non escludono
attacchi preventivi contro terroristi e “Paesi ostili”. L’Iran costituisce per
Washington la minaccia più grande. Sono alcuni passi di un rapporto di 49
pagine della Casa Bianca sulle strategie per la sicurezza nazionale. Il
documento traccia anche una linea di demarcazione tra il regime degli ayatollah
e il popolo iraniano. La nostra strategia – si legge nel rapporto – è quella di
bloccare le minacce dell’attuale governo di Teheran e
aiutare la gente oppressa dal regime. Gli Stati Uniti esortano inoltre la
diplomazia internazionale a compiere ulteriori sforzi per dissuadere l’Iran a
portare avanti il suo programma nucleare. Non mancano comunque segnali di
distensione tra Teheran e Washington: il segretario
del Consiglio supremo della sicurezza nazionale iraniano, Ali Larijani, ha dichiarato infatti
che la Repubblica islamica “accetta di negoziare con gli Stati Uniti” per
affrontare insieme la difficile situazione irachena.
Russia e Cina,
due dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, hanno
affermato stamani che è possibile una soluzione alla crisi legata al programma
nucleare iraniano. “La cooperazione tra Mosca e Pechino ha giocato un ruolo importante
nel mantenere la questione nucleare entro i binari della soluzione
diplomatica”, ha spiegato l’ambasciatore russo in Cina.
Il Parlamento iracheno,
eletto lo scorso 15 dicembre, ha aperto stamani la sua prima sessione.
Commentando l’insediamento della nuova assemblea, il patriarca caldeo di Baghdad, Emmanuel III Delly,
ha dichiarato che il “Parlamento è un mezzo che Dio usa per il bene, la pace e
la sicurezza del popolo”. “Speriamo – ha aggiunto – che gli uomini possano
riconciliarsi e lavorare per il futuro dell’Iraq”. Ai 275 parlamentari, tra i
quali tre cristiani, sono concessi 60 giorni per eleggere il presidente
dell’Assemblea nazionale, nominare il nuovo governo e designare il primo
ministro. Proprio la scelta del premier sembra l’ostacolo principale da
superare: curdi, sunniti e partiti laici non
condividono, infatti, la decisione dell’Alleanza sciita di affidare la guida
dell’esecutivo iracheno al premier uscente Ibrahim Jaafari.
Nel Kurdistan iracheno un
ragazzo di 14 anni è rimasto ucciso in scontri tra le forze di sicurezza
irachene e manifestanti ad Halabja,
nel diciottesimo anniversario del massacro di cinquemila abitanti della città.
Centinaia di curdi che protestavano contro la corruzione
del governo regionale hanno anche assaltato un memoriale eretto in ricordo
delle vittime. Nel 1988, l’ex rais Saddam Hussein ha utilizzato gas tossici per
sedare la rivolta dei curdi nel nord del Paese, uccidendo
5 mila persone.
In Medio Oriente,
ennesima operazione dell’esercito israeliano in Cisgiordania: almeno un
militare dello Stato ebraico è rimasto ucciso in seguito ad un violento scontro
a fuoco scoppiato questa mattina a Jenin tra soldati
israeliani e militanti palestinesi della Jihad islamica.
In Israele, intanto, il premier ha escluso, ieri, che dietro il raid
condotto nel carcere di Gerico ci siano “ragioni elettorali”. Ma molti analisti credono che le ultime mosse di Olmert siano state dettate dalla necessità di accrescere
consensi nella destra, in vista delle prossime legislative. Come interpretare,
dunque, la linea politica del premier israeliano? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere
della Sera.
**********
R. – Io
credo che le mosse di Olmert seguano l’intento di non
perdere i consensi della destra. Gli ultimi avvenimenti avevano in qualche modo
riacceso l’attivismo di Netanyau, che pareva convinto
di poter uscire da quel percorso che sembrava destinato ad un tracollo. Una
certa risalita c’è, anche se si tratta di una risalita modesta. Questo ha preoccupato Olmert. Dopo
l’impatto emotivo, dovuto al grave ictus che ha colpito il primo ministro
Sharon, c’era la necessità di far fronte anche a quello che era inevitabilmente
un certo calo di consensi.
D. – Ma non si rischia, a
questo punto, di imboccare una strada senza ritorno sul fronte del dialogo?
R. – Il rischio esiste, ma
non dimentichiamo che dall’altra parte c’è una situazione altrettanto confusa.
Hamas, avendo ottenuto una schiacciante maggioranza, pretende di formare il
governo. Il presidente palestinese Abu Mazen non può negare questo al gruppo di Hamas, ma non
sembra molto convinto. Credo, quindi, che da parte di Israele ci sia la volontà
di seguire questo processo, nella speranza di un chiarimento e di una possibile
riduzione di consensi verso Hamas nelle elezioni palestinesi.
D. – Da una parte, dunque, l’intransigenza
di Olmert, dall’altra la debolezza di Abu Mazen. Come vedi il futuro
dei rapporti israelo-palestinesi?
R. – Forse si potrà vedere
qualcosa dopo le elezioni israeliane. E’ una situazione estremamente
complicata. In questo momento non c’è proprio da essere
ottimisti.
**********
Clima teso in Bielorussia a tre giorni dal primo turno delle
presidenziali: il capo dei servizi di sicurezza ha minacciato di infliggere il
carcere a vita o la
pena di morte ai sostenitori dell’opposizione che domenica protesteranno contro
i risultati della consultazione. Il regime del presidente Aleksandr
Lukashenko accusa l’opposizione di puntare ad una
“presa violenta del potere”. I servizi segreti bielorussi
hanno aperto, inoltre, un’inchiesta su un presunto piano terroristico volto a
rovesciare l’attuale governo. “'Tutte le persone coinvolte in queste azioni
saranno arrestate e processate”, ha annunciato il capo dei servizi di
sicurezza.
La salma di Slobodan Milosevic, accolta ieri
a Belgrado dai vertici del Partito socialista, sarà esposta oggi nel Museo
della rivoluzione, a poca distanza dal mausoleo del maresciallo Tito. Il corpo
dell’ex presidente jugoslavo sarà sepolto sabato prossimo nel giardino della
villa di famiglia a Pozarevac, sua città natale. Il vicepresidente
del partito socialista ha detto che saranno presenti anche la vedova e il
figlio. Milosevic è morto lo scorso 11 marzo nel
carcere di Sheveningen, in Olanda, dov’era sotto
processo per crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio.
In Spagna, è sempre più grave
l’emergenza immigrazione: più di 100 migranti subsahariani
provenienti dalla Mauritania sono arrivati nelle ultime ore nell’arcipelago
delle Canarie. Ieri, la polizia aveva rinvenuto in mare i corpi senza vita di
almeno 24 persone. Il nostro servizio:
**********
Durante la notte, tre imbarcazioni con più di 70 persone a bordo sono arrivate
nelle Canarie. Questa mattina è stata avvistata un’altra nave con oltre 50
clandestini. La nuova e consistente ondata di immigrati sembra legata, soprattutto,
alla chiusura del passaggio terrestre attraverso le enclave
spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla. Ma l’origine di questa emergenza va ricercata in
Mauritania, uno dei Paesi africani più poveri, da dove partono ogni giorno
imbarcazioni verso la Spagna. Proprio per cercare di arrestare l’esodo di
clandestini, il governo spagnolo ha deciso l’invio in Mauritania di pattuglie
costiere e di aiuti finanziari. Il premier dello Stato africano ha detto,
infatti, che il suo Paese non è in grado di frenare da solo i flussi migratori.
La missione di Madrid è dunque necessaria ma la crisi è di dimensioni
allarmanti: secondo la polizia spagnola sarebbero più di dieci mila le persone
pronte ad imbarcarsi. Tuttavia, accanto alla disperazione di quanti cercano di
raggiungere l’Europa, c’è anche il dramma dei naufragi e del traffico degli
esseri umani: fonti della Mezzaluna Rossa hanno reso noto che più di 1200
persone sono morte, a partire da novembre, nel tentativo di approdare sulle
coste dell’arcipelago spagnolo.
**********
In Ciad è stato sventato un tentativo di colpo di Stato contro il
presidente Deby da parte di
un gruppo appartenente alle forze armate. Lo ha riferito ieri il ministro
dell’Informazione aggiungendo che gli ideatori del golpe volevano uccidere
il presidente Deby abbattendo l’aereo presidenziale
di rientro dal viaggio in Guinea Equatoriale.
=======ooo=======