RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 74 - Testo della
trasmissione di mercoledì 15 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Gli
ultimi giorni del Pontificato di Giovanni Paolo II e la sua sofferenza
raccontati in un libro
Uccisa ad Ambon, nelle Isole
Molucche, una religiosa delle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore
Nasce in Italia www.amicispeciali.it,
il primo sito progettato e gestito da ragazzi con problemi mentali
Nei Territori palestinesi, rilasciati tutti gli ostaggi sequestrati dopo il raid israeliano nel carcere di Gerico
In Thailandia, il
premier pronto a dimettersi e a dichiarare lo stato di emergenza se le proteste
contro il governo diventeranno violente
In Italia, 16 di milioni
di spettatori ieri sera
per il confronto televisivo tra Silvio Berlusconi
e Romano Prodi
15
marzo 2006
NON ESISTE CONTRAPPOSIZIONE TRA CRISTO E LA
CHIESA: ALL’UDIENZA GENERALE,
IL PAPA INAUGURA UN NUOVO CICLO DI CATECHESI E
RIBADISCE LA PROVENIENZA
DIVINA
DEL MANDATO MISSIONARIO AFFIDATO AGLI APOSTOLI
Sono gli Apostoli il segno della comunione e della
continuità tra la rivelazione portata da Cristo e la sua diffusione in terra
che la Chiesa porta avanti da due millenni. Dopo aver concluso le precedenti
catechesi del mercoledì dedicate alla Liturgia delle Ore, Benedetto XVI ha
inaugurato all’udienza generale di questa mattina un nuovo ciclo di riflessioni
“sul mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa”. Ed ha subito smentito le
tesi di certa teologia sull’individualismo dell’annuncio evangelico e alcune
persistenti convinzioni che vorrebbero l’istituzione della Chiesa in contrasto
con la figura di Gesù. Il servizio di Alessandro De Carolis:
**********
Uno slogan passato di moda, ma soprattutto privo di
fondamento. Benedetto XVI smonta con la prima delle sue catechesi dedicate al
rapporto tra Cristo e il suo corpo ecclesiale la convinzione di una certa
mentalità che insiste nel vedere Gesù in contrasto con la Chiesa a partire dai
suoi ministri, i vescovi e i sacerdoti. E’ una “contrapposizione” che “non
c’è”, afferma chiudendo l’udienza generale tra gli applausi dei circa 30 mila
fedeli presenti in Piazza San Pietro. I dodici apostoli, dice, “sono il segno
più evidente della volontà di Gesù riguardo all’esistenza e alla missione della
sua Chiesa”, sono – aggiunge – “la garanzia che fra Cristo e la Chiesa non c’è
alcuna contrapposizione”:
“E’ pertanto del
tutto inconciliabile con l’intenzione di Cristo uno slogan di moda alcuni anni
fa: Gesù sì, Chiesa no! (applausi) Questo Gesù scelto
in modo individualistico è un Gesù di fantasia. Non possiamo avere Gesù senza
la realtà che ha creato e nella quale si comunica. E questa sua presenza nella
comunità nella quale Egli stesso si dà sempre a noi, è motivo della nostra
gioia. Sì, Cristo è con noi . Il Regno di Dio viene”.
Sotto il primo accenno di primavera - con la folla
antistante la Basilica illuminata dal sole - Benedetto XVI aveva annunciato la
sua intenzione di affrontare negli incontri del mercoledì il “mistero del
rapporto tra Cristo e la Chiesa”. La Chiesa, ha specificato, “costituita sul
fondamento degli Apostoli come comunità di fede, di speranza e di carità”,
“nonostante i limiti e le ombre della nostra umanità fragile e peccatrice”. Il
Papa ha dato grande risalto alla figura dei discepoli come testimoni investiti
da Cristo per diffondere nel mondo la verità del Vangelo, ma soprattutto come
membri di un unico corpo:
“La loro missione
non è tuttavia isolata, ma si colloca dentro un mistero di comunione, che
coinvolge l'intero Popolo di Dio e si realizza a tappe, dall'antica alla nuova
Alleanza (…) Pertanto, sin dal primo momento della sua attività salvifica Gesù
di Nazaret tende a radunare il Popolo di Dio. Anche
se la sua predicazione è sempre un appello alla conversione personale, egli in
realtà mira continuamente alla costituzione del Popolo di Dio che è venuto a
radunare ed a salvare”.
E qui, Benedetto XVI ha contestato come “priva di
fondamento” l’interpretazione “individualistica” dell’annuncio di Cristo,
sostenuta dal “grande teologo liberale” Adolf von Harnack. Una lettura, ha
obiettato il Papa, che vede la venuta di Cristo come un atto legato ad ogni
singolo uomo che lo accoglie, mentre la missione di Gesù, ha ripetuto il Pontefice,
ha una “finalità comunitaria”. “Con la loro stessa esistenza i Dodici” – che
simboleggiano le dodici tribù dell’antico popolo dell’Alleanza – diventano ora
“un appello a tutto Israele perché si converta e si lasci raccogliere
nell'alleanza nuova, pieno e perfetto compimento di quella antica”.
(musica)
Nelle catechesi pronunciate in breve in dieci lingue,
Benedetto XVI è tornato anche sul tema della solidarietà che anima la
Quaresima.
“NEKA SE VAŠA SRCA U OVO MILOSNO…
Siano i vostri cuori
ancora più aperti alle necessità dei vicini che si trovano nel bisogno,
rendendo così testimonianza con la vostra vita a Cristo, che si è consegnato
per noi amandoci fino alla fine”.
Tra i pellegrini presenti – con i quali il Papa si è
intrattenuto a lungo dopo il termine dell’udienza – Benedetto XVI ha rivolto
saluti particolari, tra gli altri, all’Unione
cristiana imprenditori dirigenti e al Consiglio nazionale dei Periti industriali, guidati
dall’arcivescovo Gianni Danzi. Esorto tutti, è stato l’augurio del Papa, “ad
una coerente testimonianza cristiana nei diversi ambiti di vita e di lavoro”.
(musica)
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Al
termine dell’udienza generale
il Santo Padre ha ricevuto l’arcivescovo Faustino Sainz Munoz,
nunzio apostolico in Gran Bretagna.
Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare
dell’arcidiocesi di Curitiba (Brasile) mons. Dirceu Vegini, del clero della
diocesi di Apucarana, finora parroco della Parrocchia
“Nossa Senhora Auxiliadora” di Colorado, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Puzia di Bizacena.
Mons. Vegini è
nato a Massaranduba, nella diocesi di Joinville, nello Stato di Santa Catarina, il 14 aprile
1952. Ha compiuto gli studi di filosofia a São Paulo
nella FAI (“Faculdades Associadas
do Ipiranga”) e quelli di teologia alla Pontificia
Università Gregoriana a Roma, come alluno del Pontificio Collegio Pio
Brasiliano. Il 21 gennaio 1984 è stato ordinato sacerdote e incardinato nella
diocesi di Apucarana, dove ha sempre svolto il suo
ministero.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di
ausiliare della diocesi di Aachen (Germania),
presentata da mons. Karl Reger,
per raggiunti limiti di età. Nuovo ausiliare di Aachen
è stato nominato mons. Johannes Bündgens,
del clero della medesima diocesi, finora parroco a Heimbach:
il Papa gli ha assegnato
la sede titolare vescovile di Árd Carna.
Mons. Bündgens è nato a Eschweiler (diocesi di Aachen) il
2 aprile 1956. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la
Pontificia Università Gregoriana come alunno del Pontificio Collegio Germanico-Hungarico. E’ stato ordinato sacerdote il 10
ottobre 1980 a Roma per la diocesi di Aachen.
Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, patriarca di Cilicia
degli Armeni, con il consenso del Sinodo della Chiesa
Armeno-Cattolica, ha trasferito a norma del canone 85
del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, mons. Kévork
Khazoumian, vescovo titolare di Marasc
degli Armeni ed esarca patriarcale armeno di
Gerusalemme e di Amman, a coadiutore dell’arcivescovo di Istanbul degli Armeni. Mons. Kévork Khazoumian
è nato a Chiah (Beirut), il 13 marzo 1935. Ha
ottenuto la licenza in teologia dalla Pontificia Università Gregoriana
(1954-1960). Nel 1960 è stato ordinato presbitero nella Cattedrale armena di
San Gregorio a Beirut. Il 22 gennaio 2002 Giovanni Paolo II aveva concesso il
Suo assenso all’elezione di mons. Khazoumian alla
dignità episcopale da parte del Sinodo armeno Cattolico, elevandolo alla sede
titolare di Marasc degli Armeni.
I MEDIA E LE
GRANDI SFIDE PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, IN CONTESTI
DI
MISSIONE. PROSEGUONO I LAVORI DELL’ ASSEMBLEA PLENARIA
DELLE
COMUNICAZIONI SOCIALI, IN CORSO IN VATICANO FINO A VENERDÌ
-
Servizio di Roberta Gisotti e Giovanni Peduto -
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L’impegno dei media cattolici esteso capillarmente in tutto il
Pianeta, dai Paesi più ricchi ed evoluti a quelli più poveri per raccogliere la
grande sfida etica e morale della comunicazione e dell’informazione
giornalistica in un mondo globalizzato. E’ un quadro
d’insieme composito quello che emerge dai lavori di questa Assemblea, dedicata
in particolare al bilancio di quanto realizzato sulla scia dell’ultima Lettera
apostolica di Giovanni Paolo II ai responsabili dei media
dal titolo “Il rapido sviluppo”, del gennaio dello scorso anno, ed anche ai
progetti futuri stimolati dal primo messaggio di Benedetto XVI per la prossima
Giornata mondiale delle comunicazioni sociali sul tema “I media: rete di comunicazione,
comunione e cooperazione”. Chiamati ad offrire riflessioni e spunti una
sessantina di delegati. Stamane si sono susseguiti i
rapporti delle organizzazioni internazionali dei media
cattolici UCIP, SIGNIS e CAMECO. Tra gli aspetti evidenziati le grandi
potenzialità dei media per la nuova evangelizzazione.
In proposito il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha lanciato un allarme su
alcune urgenze per il mondo missionario, anzitutto la sfida delle sette:
R. – C’è stata una stagione di negligenza nei riguardi di tali strumenti.
Forse è stato un po’ trascurato questo areopago, rischiando di lasciare tali
veicoli straordinari nelle mani di alcuni. In particolare,
quali sono le sfide missionarie? Sono innanzitutto le sette. I vescovi
dei Paesi di missione denunciano continuamente questa situazione che si va
facendo sempre più difficile. Questo proselitismo, difatti, costituisce il pericolo
più grave per l’evangelizzazione. In realtà, la predicazione delle sette, non
si basa tanto su quale sia il loro messaggio, quale sia la loro finalità,
quanto sull’attaccare violentemente la Chiesa cattolica. Mi riferisco
soprattutto ad Africa e poi Asia. E allora l’utilizzo dei mezzi di comunicazione
diventa per noi un’urgenza, una necessità.
D. – Altra questione di particolare rilievo – sottolineata
dal cardinale Sepe - è la diffusione di Internet in Paesi
dove non c’è piena libertà di espressione:
R. – Questo problema, per esempio, di Internet lo stiamo
affrontando in alcuni Paesi particolarmente difficili, politicamente difficili,
tipo Cina, Vietnam, Cambogia, Laos, Birmania, Myanmar,
e così via. Perché sappiamo come nonostante la costruzione di muri che impediscono
l’accesso o la possibilità di predicazione, quello che non si riesce a fare
fisicamente, alle volte lo si può fare scavalcando
questi muri. E come si scavalcano? Appunto creando dei ponti di comunicazione,
soprattutto via Internet.
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Una recente ricerca presentata a Firenze dal Centro Minori
e Media afferma che il 40% dei ragazzi italiani gioca ai videogame fino a tre
ore al giorno e spesso da soli. Alcuni psicologi
segnalano possibili rischi per lo sviluppo equilibrato della personalità dei
giovani che fanno uso massiccio dei videogiochi. Di questa tematica, della
necessità di imparare i nuovi linguaggi dei giovani e di altre questioni legate
alla presenza cattolica nei mass media ha parlato mons. Peter
Fleetwood, segretario generale aggiunto presso il
Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Ascoltiamolo al microfono di
Giovanni Peduto:
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R. – Colgo una vera e propria preoccupazione per i
videogiochi, per questo mondo che i giovani si creano. Per molti di loro è una
realtà e credo che sia una nuovissima sfida per la
Chiesa capire questo desiderio, questo bisogno di scappare dalla vita, che noi
diciamo normale o reale, in un altro mondo che si crea con lo schermo, con i legami
elettronici, con amici che non si conoscono fisicamente. E’ tutto un mondo da
scoprire.
D. – E come si può fronteggiare questa situazione?
R. – Non possiamo far finta di essere noi giovani, ma
forse occorre creare spazi dove i giovani possano dire
a noi o a qualcuno nella Chiesa: “Queste sono le cose che noi viviamo, noi vogliamo”.
Bisogna ascoltare molto senza condannare, per capire cosa vivono, cosa vogliono
vivere, di cosa hanno paura. Questo è un grande tema che viene dai giovani che
ci parlano dei media che usano. Dunque bisogna
imparare il linguaggio dei giovani, anzi i linguaggi perché non si può parlare
dei giovani in modo monolitico, perché ci sono tante differenze tra di loro che noi spesso non conosciamo. Un altro problema
che ricorre spesso è se possiamo permetterci di avere una televisione
cattolica. In ogni Paese è una storia diversa, ma sembra che quasi tutti stiano
entrando in una fase di difficoltà finanziaria, economica. Altri si chiedono:
“Dovremmo avere la nostra tv o lavorare con la tv pubblica? Dovremmo fare noi
dei programmi cattolici, per così dire, o creare spazi di dialogo sui programmi
che già ci sono?” Sono tante le possibilità, ma quello che mi incoraggia è che
c’è un’ondata di creatività. Per esempio quando è morto Giovanni Paolo II e
durante i giorni fino all’elezione di Benedetto XVI, il Pontificio Consiglio è
stato “costretto” in qualche modo ad essere creativo, creando un ufficio al di
fuori del Vaticano, e questo ha costruito nuovi legami con tanti giornalisti
che ancora non ci conoscevano bene. Abbiamo guadagnato grazie a quest’apertura
e a questa creatività forse un nuovo ‘volto’ presso i giornalisti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – All’udienza
generale Benedetto XVI inaugura un nuovo ciclo di catechesi dedicate “al
mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa, considerandolo a partire
dall’esperienza degli Apostoli, alla luce del compito ad essi
affidato”.
Servizio vaticano - Lettera
della Congregazione per le Chiese Orientali in favore dei Luoghi Santi.
Servizio estero - Medio
Oriente: sciopero generale nei Territori occupati dopo l’attacco israeliano al
penitenziario di Gerico sferrato per catturare detenuti eccellenti.
Servizio culturale - Un
articolo di Francesco Buranelli dal titolo “La
lezione museo-grafica di Benedetto XIV”: dopo cinque anni di ricerche e di
restauri riapre in Vaticano il Museo Cristiano.
Un
articolo di Claudio Toscani dal titolo “Quando Henry James non firmava i
racconti”: pubblicati gli esiti di un’accurata ricerca di Floyd
Horowitz.
Servizio italiano - In primo
piano il confronto in tv tra Berlusconi e Prodi.
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15 marzo 2006
UN SIMPOSIO ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ URBANIANA CELEBRA LA FIGURA
DELLA VENERABILE MESSICANA CONCHITA CABRERA DE
ARMIDA, CHE,
PROPRIO CENTO
ANNI FA, RICEVEVA IL DONO DELL’INCARNAZIONE MISTICA
- Intervista con mons. Guido Mazzotta
-
Il 25 marzo del
1906 la venerabile messicana Conchita Cabrera de
Armida riceveva il dono dell’incarnazione mistica. Il centenario di tale evento
che illuminò e trasformò la vita di questa straordinaria figura verrà celebrato con un simposio alla Pontificia Università Urbaniana, il prossimo 25 marzo. Tra i relatori anche mons.
Guido Mazzotta, decano di filosofia all’Urbaniana, che al microfono di Alessandro Gisotti traccia un
profilo di Conchita, soffermandosi in particolare sulla grazia
dell’incarnazione mistica:
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R. -
Conchita Cabrera era una donna messicana, vissuta a
cavallo di due secoli, tra l’’800 e il ‘900. Era una
madre di famiglia che aveva nove figli, rimasta vedova in giovane età. I doni
mistici di cui è stata destinataria e fruitrice
precedono lo stato vedovile. Lei comincia a scrivere, ad avere rivelazioni e produce una serie
impressionante di scritti. Poi attraverso l’amicizia e la collaborazione di
padre Félix Rougier fonda un numero impressionante di congregazioni
religiose. Ci sono circa otto, nove congregazioni religiose che fanno capo al
suo carisma. La sua autobiografia spirituale è davvero una miniera. Grandi
teologi si sono occupati di lei, perché è una miniera di approfondimento
spirituale delle grandi verità della fede.
D. – Possiamo ora soffermarci sull’incarnazione mistica,
questo dono che Conchita ha ricevuto proprio un secolo fa?
R. – E’ la grazia che il Signore accorda ad ogni credente.
Gesù stesso dice che il credente, il discepolo, chi si affida a Lui, partecipa
alla grazia di una partecipazione alla divina maternità di Maria. Ogni credente
può rigenerare dentro di sé Gesù Cristo. L’incarnazione mistica indica questa
grazia che il Signore accorda a ciascuno di noi e di cui lei ha avuto una
consapevolezza profonda e suprema. E’ il dono che lei ha spiegato, che lei ha
vissuto, ma che riguarda ogni sincero credente.
D. – Come si esprime oggi l’eredità spirituale di
Conchita?
R. – Anzitutto ci sono molte
famiglie religiose che si rifanno a lei e che ne perpetuano lo stile, il
carisma, l’intensità di preghiera, di dedizione al Signore. A me pare che lei
costituisca una risorsa per tutta la Chiesa, perché richiama la Chiesa
all’essenziale. Il Cristianesimo non è in primo luogo una morale, e tanto meno
una morale di benpensanti, non è un complesso soltanto di comportamenti e di
riti. E’ la grazia che il Signore ci fa della nostra divinizzazione. E’ questa
la bellezza del Cristianesimo a cui anche recentemente
il Santo Padre ci ha richiamati con la sua Enciclica. E’ questo ciò che il
Cristianesimo dona e che nessun’altra religione al
mondo, lontanamente, si sogna di promettere. Se riusciamo a far rientrare il
messaggio cristiano nel dono della figliolanza divina che Dio accorda a ciascuno
di noi, e che ci dona a partire dal battesimo, credo che l’irradiazione
missionaria del messaggio cristiano ritroverà nuova forza.
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15 marzo 2006
GLI
ULTIMI GIORNI DEL PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO II E LA SUA SOFFERENZA
RACCONTATI IN LIBRO DI MONS. DZIWISZ, L’INCARICATO
DELL’EDIZIONE POLACCA DELL’OSSERVATORE ROMANO, DRAZEK, IL PROF.
BUZZONETTI E MONS. COMASTRI
- A
cura di Tiziana Campisi -
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ROMA. = “Lasciatemi andare alla casa del Padre”: Giovanni
Paolo II ha pronunciato queste parole, prima di morire. Ora i suoi ultimi
giorni e la sofferenza che lo ha segnato soprattutto al termine del suo Pontificato
sono raccontati dal suo segretario, il prossimo cardinale Stanislao Dziwisz, insieme all’incaricato dell’edi-zione polacca
dell’Osservatore Romano Czeslaw Drazek,
dal suo medico personale, Renato Buzzonetti, e da
mons. Angelo Comastri, vicario generale del Santo Padre per la Città del
Vaticano. Il libro si intitola: “Lasciatemi andare. La forza nella debolezza di
Giovanni Paolo II” e ripercorre anche i momenti più dolorosi della vita di
Karol Wojtyla: l’infanzia, gli anni dell’occupazione
nazista in Polonia e poi l’attentato del 13 maggio 1981, i ricoveri al
Policlinico Gemelli, la diagnosi del tumore all’intestino, il morbo di Parkinson. “Una visita di Dio” ha definito mons. Dziwisz il dolore vissuto da Giovanni Paolo II, ma data “per far nascere opere di amore verso il prossimo”.
Una profonda unione con Dio quella del pontefice scomparso, una partecipazione
al mistero pasquale che si è fatta più evidente proprio nei giorni della Settimana
santa dello scorso anno. Ma, più forte della morte, l’amore di Cristo è stato
il conforto di Giovanni Paolo II, spiega l’arcivescovo di Cracovia. Il dottor
Renato Buzzonetti racconta dei gemiti sommessi in
polacco, “Gesù, Maria madre mia”, quando l’ambulanza
trasportava il Santo Padre ferito da Ali Agca, ma
ricorda anche il giorno in cui Giovanni Paolo II gli chiese di diventare suo medico
personale, sintetizzandogli la sua storia sanitaria, e ancora le sue ultime
ore. “Sempre mostrò un atteggiamento di interiore profonda serenità – afferma
il medico – che, nonostante qualche momento di umano visibile disappunto e insofferenza,
lo portava ad accettare dalle mani di Dio la malattia, il dolore fisico, la
forzata inattività”. Mons. Angelo Comastri, si fa
portavoce delle percezioni dei più. “Possiamo dirlo - scrive nel libro - i
funerali di Giovanni Paolo II sono stati un’esperienza veramente straordinaria
in cui si è in qualche modo percepita la potenza di Dio che, attraverso la sua
Chiesa, vuole formare di tutti i popoli una grande famiglia”.
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UCCISA
AD AMBON, NELLE ISOLE MOLUCCHE, UNA RELIGIOSA DELLE FIGLIE DI NOSTRA SIGNORA
DEL SACRO CUORE. L’OMICIDIO SAREBBE STATO COMMESSO
DA UN
LADRO INTRODOTTOSI NEL CONVENTO DI JALAN PATTIMURA
AMBON.
= Una giovane suora cattolica, appartenente all’ordine delle Figlie di Nostra Signora
del Sacro Cuore, è stata uccisa ad Ambon, nelle isole
Molucche, la mattina del 10 marzo scorso, nel convento di Jalan
Pattimura. La religiosa, 33 anni, aveva sorpreso un
intruso, forse un ladro che, intimorito, l’ha aggredita e colpita con un
coltello. Quando le consorelle l’hanno rinvenuta era in gravi condizioni;
condotta in ospedale è deceduta poco dopo. Secondo quanto riferisce l’agenzia
Fides, non dovrebbe trattarsi di un
omicidio commesso per motivi religiosi, bensì frutto della violenza di un
bandito. Attualmente ad Ambon, la crescente povertà e
il ritorno dell’incubo del terrorismo sono i problemi che particolarmente si
trovano a fronteggiare autorità civili e religiose. Nella capitale delle isole Mollucche, teatro di guerra civile negli anni 1999-2002, malgrado
da tempo la tensione sia calata e la popolazione sia tornata
a vivere pacificamente sussistono
ancora isolati tentativi da parte di estremisti di rinfocolare il conflitto. Secondo
alcuni esperti, l’estrema povertà
costituisce il terreno di coltura in cui si recluta nuova manovalanza per il
terrorismo e che per sconfiggerla è necessaria una lotta senza quartieri su
entrambi i fronti. (S.C.)
L’INCONTRO
COSTRUTTIVO TRA FEDI DIVERSE PUÒ SCONFIGGERE LA VIOLENZA.
COSÌ LA PRESIDENTE DELLE
FILIPPINE GLORIA MACAPAGAL ARROYO
ALLA CONFERENZA SUL
DIALOGO INTER-RELIGIOSO CHE SI STA SVOLGENDO A CEBU
CEBU. = Sconfiggere la violenza intensificando il dialogo
tra religioni diverse. È quanto auspicano la presidente delle Filippine Gloria Macapagal Arroyo e il primo
ministro della Nuova Zelanda Helen
Clark, in apertura della conferenza sul dialogo interreligioso
che si sta svolgendo a Cebu, nelle Filippine
centrali. Quasi 200 i delegati provenienti da 15 diversi Paesi asiatici,
riferisce l’agenzia MISNA. Il rapporto tra persone di fedi diverse, ha detto la Arroyo, è un “seme primordiale
della condizione umana e offre speranza, fiducia, coraggio e impegno per
rendere il mondo migliore”. Da parte sua, Helen Clark ha affermato che “dopo l’11 settembre 2001 e ciò che
ne è seguito in tutto il mondo, occorre che non accentuiamo né esacerbiamo le
tensioni, ma che ci impegniamo in uno sforzo genuino per ricomporre le
divisioni che tuttora esistono”. In visita per quattro giorni nelle Filippine, il
primo ministro neozelandese si è poi rivolto ai media,
ricordando la scia di violenze seguite alla pubblicazione da parte di un
giornale danese di vignette sul profeta Maometto. “Quando questioni di
fondamentale importanza – ha detto – come la coesione delle nostre comunità
sono a rischio, sarebbe del tutto deludente se i media,
invece di contribuire a disinnescare le tensioni, tendessero a creare ulteriori
divisioni”. L’incontro di Cebu prevede al termine una
“Dichiarazione sulla collaborazione interreligiosa regionale per pace, sviluppo
e dignità umana”. (T.C.)
SENZ’ACQUA POTABILE IN TUTTO IL MONDO UN MILIARDO
DI PERSONE.
SE NE
DISCUTE DA DOMANI A CITTÀ DEL MESSICO,
AL IV
FORUM MONDIALE PER L’ACQUA
CITTÀ
DEL MESSICO. = Un miliardo di persone soffre oggi a causa della scarsità
d’acqua. La Banca mondiale ha lanciato un allarme: entro il 2035 saranno in tre
miliardi a non poter disporre di acqua potabile soprattutto in Medio Oriente,
Asia del Sud e Africa. Di questi dati sconfortanti si discuterà da domani a
Città del Messico, al IV Forum mondiale per l’acqua. La carenza di acqua potabile, come scrive l’agenzia AsiaNews,
oltre a causare difficoltà per la vita quotidiana, ostacola lo sviluppo
economico e impedisce a diverse popolazioni di superare lo stato di povertà.
Nel Forum si parlerà degli investimenti necessari per combattere questa piaga
che richiede la collaborazione tra Stati donatori e Paesi in via di sviluppo,
soggetti privati e comunità locali. I Paesi ricchi da tempo dispongono di sistemi
idrici capillari ed efficienti e sono in grado di sfruttare le loro risorse,
favoriti anche dal clima mite, da piogge regolari e dal basso rischio di siccità
o di inondazioni. Nelle nazioni meno sviluppate, invece, un’estrema variazione
di piogge, inondazioni o periodi di siccità colpisce con forza l’economia e
causa perdite di vite. Occorre, quindi, che queste nazioni si dotino di
migliori strutture idriche e di una più attenta gestione e distribuzione delle
risorse. L’esigenza è quella di approvvigionare d’acqua le popolazioni, ma
anche di migliorare gli impianti d’irrigazione e quelli per la creazione
d’energia, nonché studiare modi per prevenire la siccità e le inondazioni.
(S.C.)
NASCE IN ITALIA WWW.AMICISPECIALI.IT, IL PRIMO
SITO PROGETTATO E GESTITO
DA
RAGAZZI CON PROBLEMI MENTALI. IL SITO È ACCESSIBILE ANCHE AI DISABILI
ROMA. =
Creato in Italia il primo sito “accessibile”
anche a non vedenti, non udenti e persone con problemi mentali. Lo si trova all’indirizzo www.amicispeciali.it. Il progetto
è stato curato ed elaborato da 5 dei 17 ragazzi con disabilità mentale della Cooperativa romana “Percorsi Zebrati”,
la cui attività mira a condurre i giovani verso l’autonomia personale e
l’indipendenza. Il sito, finanziato dalla Provincia di Roma, scrive l’agenzia
SIR, evidenzia l’entusiasmo degli adolescenti per aver imparato i più piccoli
gesti della vita quotidiana: attraversare la strada, contare i soldi, prendere
gli autobus, divertirsi. Impegnati nella progettazione e nella scelta dei
contenuti, i giovani hanno saputo raccontare con gioia, anche nel web, le loro
esperienze. L’iniziativa tiene conto dei requisiti di accessibilità ad internet
necessari ad un utente disabile, per questo il sito si propone di accoglierlo
adattandosi alle sue capacità visive, di navigazione, di lettura e
comprensione. Oltre ad essere uno spazio di discussione gestito direttamente dai
ragazzi, www.amicispeciali.it fornisce informazioni utili alle famiglie e ad operatori
del settore, come notizie tecnico-scientifiche, normative
sulla disabilità, link ai siti specializzati, forum
di discussione per genitori e parenti. (S.C.)
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15 marzo 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In
Medio Oriente sono stati liberati tutti gli stranieri presi in ostaggio da
estremisti palestinesi dopo il blitz israeliano condotto ieri nella prigione di
Gerico e costato la vita a due ufficiali della sicurezza palestinese. Ma nei
Territori la situazione resta tesa: per protestare contro l’intervento militare
è stato indetto uno sciopero generale e per il timore di un deterioramento
della situazione è stato anche chiuso il valico di Rafah.
A Gerico è arrivato, inoltre, il presidente palestinese Abu
Mazen per visitare la prigione teatro dell’assalto
israeliano. Dal governo dello Stato ebraico sono arrivate, intanto, le prime
spiegazioni sul raid. Il nostro servizio:
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“Non
siamo intervenuti per ragioni elettorali”. Con queste parole, il ministro della
Difesa israeliano, Shaul Mofaz,
ha spiegato stamani le motivazioni che hanno portato all’operazione militare,
smentendo che l’assalto sia stato sferrato per dare una prova di forza in vista
delle elezioni del prossimo 28 marzo. “Dovevamo intervenire – ha poi precisato Mofaz - perché nessuno Stato responsabile avrebbe permesso
che gli assassini di un suo ministro fossero rimessi in libertà”. Secondo i
servizi segreti dello Stato ebraico, il gruppo radicale Hamas,
vincitore alle elezioni palestinesi dello scorso 25 gennaio, aveva deciso infatti di rilasciare alcuni prigionieri del penitenziario
di Gerico. Il governo israeliano ha quindi deciso di agire. Ma l’intervento
degli agenti che ha portato alla resa di alcuni detenuti, tra i quali Ahmed Saadat, responsabile
secondo Israele dell’omicidio nel 2001 del ministro del Turismo israeliano Rehavam Zeevi, ha scatenato dure
reazioni palestinesi. Subito dopo l’assalto contro il carcere di Gerico, sono
stati attaccati ieri, nella Striscia di Gaza, alcuni uffici europei e rapiti
nove stranieri, tutti successivamente rilasciati. Gli ultimi tre ostaggi, due
giornalisti francesi e un reporter sudcoreano, sono
stati liberati questa mattina. Il premier britannico, Tony Blair,
ha precisato inoltre, poco fa, che la partenza degli osservatori britannici da
Gerico è stata decisa per motivi di sicurezza. Commentando l’intricata
situazione mediorientale, il segretario di Stato americano Condoleezza
Rice, a margine della sua visita in Indonesia, ha
ribadito infine che condizioni imprescindibili per garantire la pace nella
regione sono il riconoscimento, da parte di Hamas,
dello Stato di Israele e del suo diritto ad esistere.
**********
Ma
quali sono i motivi che non permettono, in questo momento, un dialogo costruttivo
tra israeliani e palestinesi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Guido Olimpio,
esperto area mediorientale del Corriere della Sera:
**********
R. – In
Israele siamo in un periodo elettorale e dall’altra parte c’è una debolezza
dell’Autorità palestinese dopo la vittoria di Hamas.
Quindi, proprio in questo frangente, ci sono dei riposizionamenti.
Gli israeliani hanno colto questo momento per sfruttare la vicenda di Gerico.
L’Autorità palestinese non si è comportata con decisione. Dall’altra parte, un
intervento di questo tipo non fa altro che complicare le cose.
D. – Dopo i fatti di Gerico, Abu
Mazen è stato costretto ad interrompere il suo tour
diplomatico in Europa. Riuscirà secondo te a riportare la calma?
R. – Certamente dovrà provarci a tutti i costi, ma ritengo
che dopo la vittoria di Hamas, la capacità di presa
di Abu Mazen sia molto ridotta.
D. – Che ripercussioni ci potranno essere a questo punto
anche sull’economia locale? Ieri, lo ricordiamo, è giunto l’appello a tutti gli
occidentali di lasciare l’area immediatamente…
R. – Sicuramente c’è nei Territori un rischio di blocco
dell’attività umanitaria e anche politico-diplomatica. E’ evidente che ci sono
rischi di possibili rapimenti, di intemperanze o di azioni violente contro
rappresentanti europei e di quei Paesi - Stati Uniti e Gran Bretagna - che
avevano messo le loro guardie a protezione del carcere di Gerico. Poi questo contingente
è stato ritirato. A questo episodio possiamo anche legare anche la vicenda dei
fondi. Ricordiamo che la comunità internazionale è un po’ restia ad aiutare in
maniera massiccia, come faceva in passato, i palestinesi. E’ chiaramente un
grosso rischio per chi opera nella zona. Quindi, è possibile che ci sia una
forte riduzione dei finanziamenti.
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In Iraq, quattro persone sono rimaste uccise per
un’incursione compiuta dalle truppe statunitensi a Balad,
a nord di Baghdad, per catturare un presunto fiancheggiatore di
Al Qaeda. A Baquba la deflagrazione,
probabilmente per errore, di un ordigno trasportato da un kamikaze su una
bicicletta, ha causato la morte di tre civili. Nella capitale, la polizia ha
rinvenuto ieri almeno 90 cadaveri in una fossa comune di un quartiere sciita.
Lo stato dei corpi fa pensare a torture e fucilazioni di massa. Si ritiene che
queste esecuzioni siano legate alle violenze scoppiate tra estremisti sunniti e
sciiti dopo l’attentato dello scorso 22 febbraio contro la moschea di Samarra. A Baghdad è ripreso, intanto, il processo contro
l’ex presidente iracheno: Saddam Hussein ha definito il processo “una commedia”
e ha lanciato un appello chiedendo agli iracheni “di resistere agli invasori”.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si riunirà
venerdì prossimo per consultazioni formali sulla questione nucleare iraniana.
Ancora nessun accordo è stato raggiunto tra i cinque membri permanenti. Stati
Uniti, Gran Bretagna e Francia premono per un’azione forte contro l’Iran.
Russia e Cina, pur condividendo gli obiettivi della comunità internazionale,
rifiutano la linea dura.
L’aereo
con a bordo il corpo di Slobodan
Milosevic è decollato poco fa da Amsterdam alla volta
di Belgrado. I dirigenti del partito socialista serbo (SPS) hanno reso noto che
funerali dell’ex presidente jugoslavo si svolgeranno sabato prossimo nella sua
città natale, Pozarevac. Intanto, una équipe
di patologi russi ha confermato i risultati dell’autopsia realizzata domenica
scorsa all’Aja sul corpo di Milosevic,
secondo cui si tratta di un “tipico caso di morte repentina per una crisi
cardiaca”.
L’ONU ha sottolineato, in un rapporto, i progressi
compiuti dalla Siria nella cooperazione con la Commissione internazionale che
indaga sull’uccisione dell’ex premier libanese, Rafik
Hariri, morto in un attentato compiuto a Beirut nel
2005 e costato la vita ad altre 22 persone. Anche il presidente siriano, Bashar Assad, ha accettato di
farsi interrogare dal procuratore delle Nazioni Unite.
Gli Stati Uniti sarebbero pronti ad
appoggiare la candidatura della Russia per l’ingresso di Mosca
nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Lo ha dichiarato il vice ministro
americano dell’Energia, David Sampson, aggiungendo
che un accordo per l’ingresso della Russia nell’OMC potrebbe essere siglato la
settimana prossima.
In Italia, oltre 16 milioni di persone
hanno visto il primo e atteso confronto televisivo trasmesso ieri su Rai 1 tra
il capo dell’esecutivo, Silvio Berlusconi, e il
leader dell’Unione, Romano Prodi. I due politici si sono confrontati su diversi
temi, tra i quali lo stato dei conti pubblici, l’immigrazione, il conflitto di
interessi e le quote rosa. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Una
sfida a tutto campo quella di ieri sera tra Berlusconi
e Prodi. Il confronto con le regole mutuate dalle presidenziali americane, è
risultato forse più “ingessato” del solito, ma ha probabilmente fatto capire
qualcosa in più agli elettori. Berlusconi ha puntato
sui risultati dell’azione del suo governo. Ha sottolineato le 36 riforme varate
e ha respinto l’immagine di un Paese al disastro economico. Prodi ha detto di
voler ridurre il cuneo fiscale, cioè la differenza tra quanto paga l’impresa e
quanto arriva in busta paga al lavoratore. Tra i due candidati premier, duri
botta e risposta su altre questioni economiche, ma anche sul conflitto di
interessi, immigrazione, riforma della scuola, opere pubbliche. Berlusconi ha accusato Prodi di non essere il vero capo
dell’Unione, ma un uomo di facciata. Prodi ha replicato ricordando come la sua
leadership sia stata consacrata con le primarie. Il confronto si è chiuso con l’appello
finale agli elettori. Berlusconi ha detto che il 9
aprile la scelta sarà tra due concezioni diverse dello Stato, che secondo il
centro-destra deve garantire la libertà e i diritti dei cittadini. Prodi ha
sottolineato il bisogno di giustizia e di solidarietà, come base della crescita
del Paese.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Continuano le proteste studentesche a Parigi contro il
contratto di primo impiego presentato dall’esecutivo del primo ministro Dominique de Villepin. Altri
scontri tra polizia e manifestanti sono avvenuti ieri sera tra la Sorbona e boulevard Saint Michel,
quartiere latino della capitale francese. Alcuni agenti sono rimasti feriti e
sette dimostranti sono stati fermati.
Il governo spagnolo si è riunito stamani a Madrid per
esaminare il fenomeno dell’immigrazione clandestina nelle Canarie, dove negli
ultimi cinque giorni sono giunti un migliaio di immigrati subsahariani
provenienti dalla Mauritania. Nel corso del 2006, sono arrivati nelle Canarie
dal Paese africano oltre 3.000 persone, quasi un terzo in più rispetto al 2005.
Secondo la Mezzaluna rossa, sarebbero oltre 1200 i migranti, a partire dal novembre scorso, morti
in seguito a naufragi. Questa mattina sono stati rinvenuti almeno 12 corpi
senza vita.
In Thailandia, sono oltre 100 mila le persone radunate da
ormai quasi 48 ore davanti all’ufficio del primo ministro Thaksin
Shinawatra. Il premier ha annunciato che potrebbe dimettersi ma ha anche detto di essere pronto a dichiarare
lo stato di emergenza qualora le manifestazioni dovessero diventare violente.
Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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Nelle
ultime settimane Thaksin è stato attaccato duramente
dall’opposizione, che ne chiede le dimissioni con l’accusa di abuso di potere,
corruzione, conflitto di interessi e incapacità di governare. E Thaksin ha reagito indicendo nuove elezioni per il due aprile,
sicuro di potere ripetere il clamoroso successo del 2005, quando una valanga di
voti lo confermò al governo per un altro quadriennio.
Per ora la battaglia politica si è mantenuta sui binari di una sostanziale
correttezza, fatto eccezionale per la Thailandia, dove in passato vi sono stati
momenti peggiori con repressioni sanguinose da parte dei militari. Ma la
situazione rischia di degenerare e si temono possibili scontri tra fazioni. Nel
frattempo, continuano i colloqui di governo per scongiurare la crisi. Già si
parla di possibile successore di Thaksin e tra i nomi che circolano c’è anche quello del suo vice primo
ministro, Surakiart Sathirathai.
Per la Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.
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Primi
casi di influenza aviaria in Danimarca e in Svezia. L’ente per la sicurezza alimentare
danese ha reso noto che tracce del virus sono state riscontrate in un uccello
selvatico. Test condotti in laboratori britannici hanno confermato, inoltre, la
presenza del ceppo H5N1 in volatili trovati morti in Svezia. In Ungheria,
intanto, il primo ministro ha annunciato ieri che è stato messo a punto un
vaccino per l’uomo. Ma la comunità scientifica invita alla
prudenza: il vaccino definitivo - avvertono gli esperti - potrà essere
realizzato solo se e quando comparirà un virus in grado di innescare il
contagio da uomo a uomo.
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