RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 73 - Testo della
trasmissione di martedì 14 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Venezuela, pubblicato il comunicato dei vescovi
sull’educazione religiosa nelle scuole
Blitz
israeliano nel carcere di Gerico: scontro a fuoco con la polizia palestinese
Questa sera su Rai Uno il confronto televisivo
tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi
14 marzo 2006
IRAN, MEDIO ORIENTE E LA SITUAZIONE IN IRAQ: QUESTI I TEMI
AL CENTRO DEL COLLOQUIO
TRA BENEDETTO XVI E IL PRESIDENTE EGIZIANO
HOSNI MUBARAK, SVOLTOSI
IERI SERA IN VATICANO
- A cura di Alessandro
Gisotti -
Benedetto XVI ha ricevuto ieri sera in udienza il presidente della
Repubblica Araba d’Egitto, Mohammed Hosni Mubarak con il seguito. Un
colloquio svoltosi in un “clima cordiale”, che si è “prolungato per circa
mezzora”. “L’incontro – informa una nota del direttore della Sala Stampa della
Santa Sede, Navarro-Valls – ha permesso di passare in rassegna i temi relativi
alle prospettive di una pace stabile in Medio Oriente”.
Vi è stato, inoltre, “un approfondito scambio di idee sulla situazione in
Iraq ed anche uno sguardo alle tematiche riguardanti la Repubblica Islamica
d’Iran”. Tra gli altri temi forti dell’udienza, “la situazione dei rapporti
interreligiosi” nel Paese nordafricano.
APPELLO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE
ORIENTALI A
TUTTI I CATTOLICI
PER LA TRADIZIONALE COLLETTA IN FAVORE DEI
CRISTIANI DI TERRA SANTA
Solidarietà per i cristiani di
Terra Santa. A chiederla è il prefetto della Congregazione per le Chiese
Orientali, il cardinale Ignace Moussa
I Daoud, che ha inviato una lettera a tutti i Vescovi
cattolici al fine di sensibilizzare le comunità ecclesiali alla tradizionale
Colletta del Venerdì Santo per i cristiani di questa regione, “coinvolta in una
crisi che registra ogni giorno inaudite sofferenze”. “La Terra del Signore –
scrive il porporato - continua ad essere, infatti, teatro di un conflitto che
si prolunga da decenni e che priva le comunità e le istituzioni cattoliche di
mezzi adeguati al mantenimento e alla promozione delle attività religiose,
umanitarie e culturali. Tale dolorosa situazione produce povertà e disoccupazione, con
pesanti conseguenze sulle famiglie e sulla intera popolazione. Ed alimenta il
preoccupante fenomeno del continuo esodo dei cristiani, soprattutto delle giovani
coppie alle quali non è prospettato un avvenire sicuro e dignitoso. Ma la
presenza dei cristiani in Terra Santa – scrive il cardinale Moussa
I Daoud - è più che mai necessaria per
l’avvenire pacifico di quell’area e per il bene di tutta la Chiesa universale,
che deve trovare presenti in quei Luoghi Santi comunità vive che professano la
fede evangelica”. Sulla scia delle parole di Benedetto XVI il porporato ricorda
anche la responsabilità che incombe sulla Chiesa Universale, nei confronti
della Chiesa Madre di Gerusalemme "verso cui tutti i cristiani hanno un
debito indimenticabile". Di qui l’appello a tutti i cattolici del mondo al
“dovere di accompagnare con la preghiera e la solidarietà concreta le comunità
cristiane di quella Terra benedetta”.
L’INVITO DI BENEDETTO XVI AD ASCOLTARE E MEDITARE
CON MAGGIORE ATTENZIONE LA PAROLA DI DIO IN QUESTO TEMPO DI QUARESIMA. IL PAPA PIU’ VOLTE
HA RACCOMANDATO L’ANTICA PRATICA DELLA LECTIO DIVINA
Dio “sempre ci parla, ma
s’aspetta da noi una più grande attenzione specialmente in questo tempo di
Quaresima”. Così il Papa all’Angelus di domenica scorsa ha invitato i fedeli a
meditare più intensamente la Parola del Signore in questo tempo liturgico
forte. E più volte in questo primo anno di Pontificato Benedetto XVI ha raccomandato
l’antichissima pratica della lectio divina,
ovvero la lettura spirituale della Sacra Scrittura. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Benedetto XVI raccomanda la lectio divina, ovvero “l’assidua lettura della
Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera” che “realizza quell’intimo
colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si
risponde con fiduciosa apertura del cuore”. Ma sentiamo direttamente dalle
parole del Papa cosa è la lectio divina:
“Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo
e rileggendolo, quasi ‘ruminandolo’ come dicono i Padri, e spremendone, per
così dire, tutto il ‘succo’, perché nutra la meditazione
e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta.
Condizione della lectio divina è che la mente ed il cuore
siano illuminati dallo Spirito Santo, cioè dallo stesso Ispiratore delle
Scritture, e si pongano perciò in atteggiamento di religioso ascolto”.
Il Priore della comunità
monastica di Bose, Enzo Bianchi, afferma che la lectio divina “vale non per quello che ci fa
acquisire (avere), ma per quello che ci fa diventare
(essere)”.
Il
cardinale Carlo Maria Martini ricorda gli “8 gradini” della lectio divina: innanzitutto la lectio: la lettura ripetuta, calma e assidua delle Scritture
cercando di essere “impastati” della Parola di Dio. Quindi
la Meditatio
che è cercare di capire cosa quella Parola stia dicendo a me personalmente. L’Oratio è
preghiera spontanea, richiesta di perdono e di luce o di offerta. La Contemplatio è
dimorare con amore nel testo in un silenzio pieno di adorazione per Colui che è
il mio Salvatore. La Consolatio
è la gioia del pregare, è sentire intimamente il gusto delle cose di Dio. Da
qui – afferma il cardinale Martini - nascono le scelte coraggiose del
cristiano. Il sesto gradino è la Discretio, il discernimento: è diventare sensibili a tutto
quello che è evangelico e a ciò che non lo è. La Deliberatio è la decisione
interiore di compiere quello che Dio mi ha fatto sentire e conduce all’ottavo
gradino, l’Actio, il frutto maturo di tutto il cammino,
che è mettere in pratica la Parola ascoltata.
L’esistenza umana – ha detto
all’Angelus Benedetto XVI – “procede più nella penombra che in piena luce” e a
volte vive “momenti di oscurità e anche di fitto buio”. E’ la Parola di Dio ad
accendere una “luce interiore” sul cammino della vita. Per questo il Papa
invita tutti a imitare Maria che custodiva e meditava costantemente nel suo
cuore la Parola di Dio:
“Ecco allora il dono e l’impegno per ognuno di noi nel tempo quaresimale:
ascoltare Cristo, come Maria. Ascoltarlo nella sua Parola, custodita nella
Sacra Scrittura. Ascoltarlo negli eventi stessi della nostra vita cercando di
leggere in essi i messaggi della Provvidenza.
Ascoltarlo, infine, nei fratelli, specialmente nei piccoli e nei poveri, in cui
Gesù stesso domanda il nostro amore concreto. Ascoltare Cristo e ubbidire alla
sua voce: è questa la via maestra, l’unica, che conduce alla pienezza della
gioia e dell’amore”.
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NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Trier,
in Germania, presentata da mons. Leo Schwarz, per
raggiunti limiti di età. Il Papa ha quindi nominato ausiliare di Trier mons. Stephan Ackermann, del clero della medesima diocesi, finora rettore
della Casa di Studi “S. Lamberto” per vocazioni adulte a Burg
Lantershofen, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Sozopoli di Emimonto.
Mons. Ackermann è nato a Mayen (diocesi
di Trier) il 20 marzo 1963. Ha compiuto gli studi
filosofici e teologici dapprima presso la Facoltà teologica di Trier e poi nella Pontificia Università Gregoriana come
alunno del Pontificio Collegio Germanico-Hungarico. E’ stato ordinato sacerdote il 10
ottobre 1987 a Roma per la diocesi di Trier.
L’ORIZZONTE ETICO DEI
MASS MEDIA TRA IL MAGISTERO DI GIOVANNI PAOLO II
E QUELLO DI BENEDETTO XVI: SE NE DISCUTE ALLA
PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI, IN CORSO IN VATICANO
Il 2005 è stato un anno
straordinario per la Santa Sede. La transizione tra due Pontificati ha
coinvolto tutti i dicasteri in un prolungato e intensissimo lavoro ad ogni
livello, a partire dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, grazie
al quale la conclusione della lunga parabola di Giovanni Paolo II e l’ascesa di
Benedetto XVI hanno potuto godere di una platea mediatica
davvero mondiale. Di questi avvenimenti si è cominciato a parlare da ieri pomeriggio
alla riunione plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, in
corso in Vaticano fino a sabato prossimo, alla presenza di circa 60
partecipanti, tra membri e consultori del dicastero. Nell’intervento iniziale
del presidente, l’arcivescovo John Foley, anche un
apprezzamento per la Radio Vaticana e il Centro televisivo vaticano, diretti da
padre Federico Lombardi. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Un 2005 memorabile, non ultimo
per la Lettera apostolica di Giovanni Paolo II “Il Rapido sviluppo” sulle
tecnologie della comunicazione, e un 2006 durante il quale, analogamente ad
altri ambiti umani ed ecclesiali, anche i media sono
stati sollecitati da Benedetto XVI al dovere della verità. Tra queste due
sponde si sono snodate - nell’omelia della Messa d’apertura di ieri e
l’indirizzo di saluto di stamattina - le riflessioni introduttive di mons. Foley. Dopo aver ringraziato per le preghiere la
solidarietà ricevute in occasione della sua recente malattia, che lo vede
tuttora convalescente, il presule ha messo in risalto nel suo intervento
proprio gli avvenimenti occorsi a partire dal febbraio dell’anno scorso, quando
l’ultimo giorno dell’incontro celebrativo promosso dal dicastero da lui diretto
per i 40 anni dell’Inter Mirifica – il documento del Vaticano II
sui mass media – coincise con l’ultimo ricovero di Papa Wojtyla.
Da lì in poi, gli avvenimenti
hanno assunto un’accelerazione ed un’intensità che hanno richiesto
notevolissimi sforzi di gestione. Le richieste di accredito dei
media, “particolarmente dei media audiovisivi dei quali il nostro
Consiglio è responsabile – ha osservato mons. Foley -
sono diventate quasi assillanti. Grazie a Dio, ci eravamo preparati, ma nessuna
preparazione sarebbe stata sufficiente per ciò che alla fine è accaduto”. E il sottosegretario del Pontificio Consiglio, il dott. Angelo Scelzo – per il quale mons. Foley
ha avuto parole di grande ammirazione - ha elencato poco dopo i numeri
principali che sintetizzano l’eccezionale mole di lavoro sostenuta dal
dicastero in quel periodo: dal 1° al 24 aprile 2005, ha detto, sono stati
rilasciati oltre 4800 accrediti a 876 testate di 22 nazioni (in dettaglio: 487
tv, 296 agenzie fotografiche, 93 stazioni radio). Senza contare i numerosi
interventi di tipo logistico, come ad esempio la realizzazione, con il Comune
di Roma, della grande pedana trilivello, posizionata
sulla destra di Via della Conciliazione, che ha consentito a 22 network
internazionali di trasmettere i propri servizi evitando l’“invasione” delle
telecamere in Piazza San Pietro.
Ma in questi giorni di plenaria,
i partecipanti tracceranno soprattutto un bilancio dei modi in cui è stato
recepito e attuato, il documento di Giovanni Paolo II “Il rapido sviluppo”, nel
quale Papa Wojtyla definiva tra l’altro i media “un
patrimonio da tutelare e da promuovere”, ma anche mezzi il cui scopo “dovrebbe
sempre essere quello di rendere le persone consapevoli della dimensione etica e
morale dell'informazione”. Un obiettivo ideale ulteriormente definito da Benedetto
XVI nel suo primo Messaggio in occasione della Giornata 2006 delle comunicazioni
sociali, fissata per il 28 maggio. “I media - scrive
il Papa - devono approfittare e servirsi delle grandi opportunità che derivano
loro dalla promozione del dialogo, dallo scambio di cultura, dall’espressione
di solidarietà e dai vincoli di pace. In tal modo essi diventano risorse
incisive e apprezzate per costruire una civiltà dell’amore, aspirazione
di tutti i popoli”. Inoltre, ha osservato mons. Foley
a proposito di Benedetto XVI, “siamo stati i beneficiari della sua prima
Enciclica, Deus caritas
est, che, naturalmente, ha implicazioni profonde per i mezzi di
comunicazione sia nella loro copertura di notizie che nella loro programmazione
di intrattenimento”:
“Sempre, come il Santo Padre ha
detto, è necessario dire la verità. La verità nella carità. Questa è una cosa
molto importante. La seconda cosa è di essere professionali,
perché noi non possiamo servire Dio bene se facciamo una cosa soltanto
‘amatoriale’ in un mondo dove così tante persone fanno il lavoro delle comunicazioni
molto bene”.
Tra i molti attestati di stima
di mons. Foley per i vari settori dei media
pontifici, annotiamo anche la riconoscenza espressa dal presule per l’apparato
radiotelevisivo della Santa Sede. “Ci congratuliamo in modo speciale – ha detto
– con padre Lombardi, che dirige sia la Radio Vaticana
che il Centro Televisivo Vaticano, nel settantacinquesimo anniversario della
Radio Vaticana”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina un nuovo dramma dell'immigrazione: alla deriva nell'Atlantico un'imbarcazione
con i corpi senza vita di dodici sventurati.
Servizio
vaticano - Una pagina dedicata alla Quaresima.
Servizio
estero - In rilievo l'Iraq: senza tregua gli atti di sangue.
Servizio
culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo
"Apparenza e autenticità": riflessioni sul modo di agire umano.
Per l' "Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso dal titolo "Una via strategica per la costruzione
dell'Europa": "Italia e Germania 1945-2000" a cura di Gian
Enrico Rusconi e Hans Woller.
Servizio
italiano - Un articolo dal titolo "Centri sociali: la violenza a Milano ideata
il primo marzo", secondo riscontri della Digos.
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14 marzo 2006
NELLA
PARTE NORD DI CIPRO, SOTTO OCCUPAZIONE TURCA, CHIESE E MONASTERI
VENGONO
DISTRUTTI O TRASFORMATI IN MOSCHEE: E’ QUANTO RACCONTA
IN UN
DRAMMATICO REPORTAGE L’INVIATO SPECIALE DI AVVENIRE, LUIGI GENINAZZI
Nella parte
Nord dell’isola di Cipro, quella sotto occupazione turca da oltre trent’anni, chiese e monasteri continuano ad essere
saccheggiati e distrutti, mentre procede inesorabile il processo di islamizzazione. Questa realtà, così poco conosciuta, viene denunciata in un reportage realizzato dall’inviato
speciale del quotidiano Avvenire, Luigi Geninazzi.
Il giornalista racconta questo “triste pellegrinaggio” che “ad ogni tappa aumenta
sdegno e incredulità, una via dolorosa che ripercorre i luoghi della memoria
cristiana a rischio di sparizione”. Un’esperienza che Luigi Geninazzi
ripercorre al microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – Quello che più mi ha colpito è che questa situazione,
delle chiese cristiane distrutte, saccheggiate, trasformate in ristoranti o in
moschee non è semplicemente una cosa che risale a 30 anni fa quando, come
sappiamo, c’è stata una guerra, c’è stato l’intervento militare turco
nell’isola di Cipro nel 1974; è qualcosa che continua tuttora, e quindi è
qualcosa di estremamente preoccupante. Io ho visto delle chiese che adesso si stanno trasformando in hotel o
in moschee: quindi è una situazione che va avanti.
D. – Come viene valutata anche
negli incontri che hai avuto con le autorità turche presenti nella parte Nord
di Cipro, questa situazione?
R. – Diciamo che, formalmente, si tratta di una Repubblica
indipendente che però è riconosciuta solo dalla
Turchia, la Repubblica – appunto, cosiddetta – turca del Nord di Cipro.
Parlando con i rappresentanti del governo di questa Repubblica, emerge un certo
disagio e soprattutto loro dicono che c’è una difficile situazione economica e
che non è possibile riparare, ristrutturare queste chiese. Solo tre o quattro
chiese sono state ristrutturate in condizioni abbastanza dignitose, ma ce ne
sono circa 500 che sono invece in queste condizioni disastrate. Su questo non
c’è stata alcuna pressione, è un argomento che non viene
posto in agenda, nei complicati negoziati che si sono aperti tra l’Unione
Europea e il governo di Ankara.
D. – Come vive la comunità cristiana questa realtà, questa
islamizzazione che non è il retaggio del conflitto di
30 anni fa, ma che continua tuttora?
R. – Da parte della Chiesa ortodossa si insiste molto su
questo aspetto. Questo problema delle chiese è ormai dentro una situazione di
contrasto che è sempre più duro. Sembra incredibile, ma dopo 32 anni di
separazione non si vedono ancora spiragli per una possibile unificazione.
Un’unificazione che sembrava vicina due anni fa con un referendum, sul piano di
Kofi Annan, che però in effetti penalizzava molto la comunità greco-cipriota. Non dimentichiamo che la Turchia non
riconosce la Repubblica di Cipro: già questa è una grande contraddizione,
perché allo stesso tempo chiede di entrare in un ‘club’,
quello dell’Unione Europea, dove è già entrata e dove c’è un membro che si
chiama Cipro. Quindi, anche questa è una cosa abbastanza paradossale: che uno
chieda di entrare in un club ma non voglia riconoscere
uno dei membri già presenti in questo club. Per noi credenti, è un elemento di
grande tristezza, perché si vede come c’è una situazione, direi, proprio di
barbarie contro i luoghi di culto cristiani che io pensavo non esistesse più,
che si fosse fermata quattro-cinque secoli fa.
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Il Tribunale penale internazionale per l'ex
Jugoslavia (Tpi) chiude il processo a carico di Milosevic. Restano i contrasti
con le autorità serbe
sulla celebrazione delle esequie, che forse si
svolgeranno a Mosca
-
Intervista con Antonio Cassese -
Marko Milosevic, figlio del defunto
presidente jugoslavo, è arrivato in Olanda per prelevare la salma del padre Slobodan, morto sabato scorso nel carcere del Tribunale
Penale Internazionale dell’Aja (TPI). Intanto
permangono i contrasti con le autorità serbe sulla celebrazione delle esequie.
Il figlio dell’ex presidente ha dichiarato che le autorità di Belgrado vogliono
impedire che il padre venga sepolto in Serbia. A questo punto è stata chiesta
una sepoltura provvisoria a Mosca. Da parte sua il TPI per l’ex Jugoslavia, con
una breve udienza, ha dichiarato ufficialmente chiuso il processo a Slobodan Milosevic. Ma come
considerare questo epilogo? Fabio Colagrande ha
raccolto il commento del prof. Antonio Cassese,
presidente fondatore del TPI dell’Aja e per quattro
anni alla sua guida, attualmente docente di Diritto Internazionale a Firenze:
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R. – E’
un fatto triste, anzitutto perché la morte di qualunque persona è un evento
molto triste, e poi purtroppo perché ha privato il Tribunale dell’Aja della possibilità di accertare i fatti e di stabilire
una documentazione su tutto ciò che è avvenuto tra il 1991 e il 1999 nella ex
Jugoslavia. Naturalmente, il materiale raccolto sarà utile anche per gli
storici e per l’opinione pubblica mondiale, ma non è stato ancora vagliato ed
esaminato dai giudici, i quali l’avrebbero fatto soltanto con la loro sentenza.
D. – Quello che vedeva come imputato Milosevic
era definito un mega processo. Perchè?
R. – Perché Milosevic è stato
accusato con ben 66 capi di imputazione per tre serie di crimini: quelli commessi
nella Croazia, nella Bosnia Erzegovina e nel Kosovo.
Probabilmente sarebbe stato utile, vista la strategia adottata da Milosevic, dividere questo mega
processo in tre distinti processi, ciascuno per ogni filone dell’accusa.
Sarebbe stato utile soltanto in relazione allo stato di salute di Milosevic, che era molto precario, e in particolare alla
sua decisione di gestire in prima persona il processo, cioè difendendosi da solo, cosa estremamente faticosa perché bisogna studiare
tutte le carte, poi interrogare o controinterrogare i
testimoni, cosa difficilissima, e soprattutto molto, molto stressante. E’
chiaro che di fronte a questo atteggiamento di Milosevic,
che tra l’altro ha politicizzato il processo, trasformando la corte in una
tribuna politica, forse sarebbe stato opportuno avere
tre processi più brevi. Parlo naturalmente con il senno di poi. Anche se già
all’epoca in parecchi abbiamo espresso delle perplessità sul mega processo, capisco che il procuratore dell’Aja, Carla Del Ponte, avesse in animo di creare un disegno
globale dell’artefice di questo grave conflitto nell’ex Jugoslavia, che era
appunto Milosevic. Coprendo tutta la trama delle sue azioni
e dei suoi crimini, si poteva arrivare a ricostruire l’intero sviluppo degli
eventi.
D. – Il presidente del Tribunale si è augurato che continui lo sforzo per accertare le responsabilità dello
stesso Milosevic, seppur il processo non può
continuare. Come può continuare questo sforzo, in che direzione?
R. – Lo sforzo può continuare con processi contro altre
persone che erano imputate di crimini commessi agli
ordini di Milosevic o in concorso con Milosevic, portando alla luce indirettamente anche le colpe
che il procuratore pensava di attribuire a Milosevic.
Quindi, verrà fuori tutta la responsabilità penale gravissima, oltre che
politica naturalmente e soprattutto morale, di questi dirigenti, che ad un
certo punto hanno abbracciato questa terribile ideologia dell’ultra
nazionalismo e per creare una grande Serbia in realtà hanno sparso rovine e
morte in tutta la ex Jugoslavia.
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UN GESTO CHE INDICA ASSIEME IL BISOGNO DI UN
INCONTRO E L’URGENZA
DI UNA
RICONCILIAZIONE: COSI’, AI NOSTRI MICROFONI, IL VESCOVO
VINCENZO PAGLIA ALL’INDOMANI DELLA STORICA
VISITA
DEL RABBINO RICCARDO DI SEGNI ALLA MOSCHEA DI ROMA
Un evento che dà speranza, segno che il dialogo
interreligioso è possibile tra uomini di buona volontà: la storica visita,
ieri, del rabbino capo
di Roma Riccardo Di Segni alla moschea della capitale ha suscitato un consenso
unanime. Su questo evento così significativo per ebrei e musulmani ma anche per
i cristiani, Massimiliano Menichetti ha raccolto la
riflessione del vescovo di Terni-Narni-Amelia,
Vincenzo Paglia, presidente della Commissione episcopale per
l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana:
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R. – Io direi
che è un gesto di grandissimo significato. A dire il vero più volte con il Rabbino
Di Segni, avevamo parlato e da tempo lui voleva proporre questo gesto che
indica assieme il bisogno di un incontro, l’urgenza di una riconciliazione e
l’indispensabilità di un cammino nuovo da intraprendere. Questo gesto mostra
una grande maturità e una grande sapienza spirituale.
D. – Questo incontro giunge dopo un periodo di tensione
particolarmente forte, seguito alle vignette satiriche su Maometto e la
difficile situazione in Medio Oriente, eppure è stato possibile…
R. – Sarebbe stato impossibile a Roma
quindici o venti anni fa. E’ stato possibile ora proprio perché man mano
è maturata la coscienza che solo nell’incontro è possibile eliminare
pregiudizi, allontanare incomprensioni, condannare le iniquità, perché il gesto
non è stato effettuato senza una condanna anche esplicita di tutto ciò che
porta alla morte.
D. – Un altro passaggio importante che è stato sottolineato
è stato quello in cui si è affermato che uccidere utilizzando la religione è
assolutamente un abominio…
R. – Penso che sia una di quelle verità che comincia per
fortuna ad essere patrimonio di molti. Questo è l’esempio di come una
dimensione religiosa ed umana, quale espressa da questa frase di questo genere,
sia importante poterla condividere il più largamente possibile.
D. – Quale è l’auspicio alla luce di questo incontro?
R. – Io innanzitutto auspicherei che questa visita fosse
ricambiata. L’invito c’è stato. Di qui poi sarebbe bello moltiplicare a livello
nazionale, ragionale e cittadino, incontri per creare un tessuto amicale.
Quando ci si incontra si innesca sempre un movimento virtuoso; è la distanza, è
l’ignoranza, è la freddezza reciproca che produce poi, più incomprensione e più
separazione.
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ITALIA:
MIGLIAIA DI IMMIGRATI IN FILA DAVANTI AGLI UFFCI POSTALI
NELLA
SPERANZA DI OTTENERE IL PERMESSO DI SOGGIORNO
-Intervista
con Andrea Olivero-
Centosettantamila, tanti sono i permessi di lavoro messi
in palio dal recente decreto flussi sull’immigrazione. I termini per la
presentazione delle domande partono alle 14.30 di oggi e gli sportelli
chiuderanno intorno alle 17.30, ma le poste garantiranno comunque a chi è già
in fila di presentare i moduli, sono 6.244 gli uffici postali abilitati. Decine
di migliaia gli immigrati in fila già da lunedì per essere sicuri di rientrare
nelle quote fissate dal ministero del Welfare. Una situazione che crea qualche
preoccupazione presso le Prefetture per questioni di ordine pubblico, ma finora
non si sono verificati incidenti. In molte località è stata mobilitata anche la
Protezione civile per fare fronte alle possibili emergenze. Una situazione che
secondo Andrea Olivero, nuovo presidente delle ACLI, poteva essere evitata.
L’intervista è di Stefano Leszczynski.
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R. – Certamente, questa legge presenta delle pecche e il
ministero probabilmente avrebbe potuto già utilizzare la Convenzione che è
stata fatta recentemente con l’ANCI, le Poste ed anche i Patronati per evitare
appunto che ci fosse questo intasamento. Ma oltre a questo, è logico che è il
problema stesso delle quote che in questo caso è in ballo.
D. – Per l’appunto, il problema delle quote. 170 mila
permessi di lavoro - stagionali o meno – tuttavia le domande e le richieste
saranno molte di più. Questo ci dà e ci darà anche una cifra di quello che
continuerà ad essere il mercato del sommerso?
R. – Certo! Ed è veramente un assurdo, nel senso che qui
non si tratta di una regolarizzazione, ma di flussi. Eppure, ci sono oggi
diverse centinaia di migliaia di lavoratori che lavorano in Italia che
probabilmente hanno anche alle spalle dei datori di lavoro disponibili ad
assumerli, quindi a regolarizzare la posizione, a pagare le imposte come è
giusto, ma che non possono invece riuscire a farlo in questa situazione. Questa
è una cosa paradossale e che – oltretutto – genera anche dei rischi molto seri
per le prospettive future del nostro Paese, perché continua a mantenere in
clandestinità molte persone, con tutto quello che ne deriva, e non aiuta a
rendere il nostro sistema del lavoro, il nostro mercato del lavoro sano e
competitivo.
D. – Assistiamo ad alcune categorie, come ad esempio
quella degli artigiani, che si lamentano perché non sono stati riservati
sufficienti posti. Nella quotidianità, invece, si continua a sentir parlare di
una ‘protezione’ dei posti di lavoro per gli italiani: c’è qualcosa che non
funziona?
R. – Certamente. Sappiamo che ci sono mercati del lavoro
differenti a seconda delle funzioni, delle possibilità
di carriera … gli italiani, alcuni lavori continuano a non volerli fare. Se non
ci fosse oggi un flusso così importante di lavoratori stranieri, paradossalmente
se non ci fosse anche un flusso di lavoratori in questo momento irregolari,
molte nostre attività non riuscirebbero a proseguire.
D. – Come Associazione di lavoratori cattolici italiani,
cosa proponente per quanto riguarda la situazione dell’immigrazione? Come
vedete un possibile sviluppo di questo settore, in senso positivo?
R. – Noi chiediamo che venga
superato questo sistema delle quote ristrette. Se si vuole mantenere un
collegamento tra l’ingresso in Italia e la possibilità di avere lavoro, bisogna
però consentire a tutti coloro che sono nella condizione di poter trovare
lavoro di regolarizzarsi. Anche perché la qualità dell’accoglienza che
dimostriamo a questi nuovi cittadini in qualche modo è anche la misura della
nostra credibilità nel chiedere poi loro l’integrazione nei nostri territori.
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14 marzo 2006
I GRANDI TEMI DELLA SOCIETÀ NIGERIANA SONO STATI AL CENTRO
DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI DEL PAESE AFRICANO, CHE NEL DOCUMENTO
FINALE INVITANO PRESIDENTE E GOVERNO A RISPETTARE LE ATTESE DEI CITTADINI
IN AMBITO POLITICO, COME SICUREZZA E IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
- A cura di Roberta Gisotti -
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ABUJA. = “
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IL FATEBENEFRATELLI DI VENEZIA APRIRA’ DOMANI IL NUOVO
HOSPICE
“SAN GIOVANNI DI DIO” PER I MALATI TERMINALI. IL COMPLESSO
OSPEDALIERO
SI PROPONE DI MIGLIORARE LA QUALITA’ DI VITA DEL PAZIENTE
OFFRENDO
UN APPROCCIO TERAPEUTICO ATTENTO
ALLE DIVERSE PROBLEMATICHE ASSISSTENZIALI
VENEZIA. = L’Ospedale Fatebenefratelli di Venezia
inaugurerà domani il nuovo Hospice “Casa san
Giovanni di Dio” per le cure palliative (prevenzione e sollievo del
dolore), rivolto a malati oncologici terminali. La nuova struttura
specializzata, dislocata in un’area di 450 metri quadrati, è stata realizzata
con il contributo della Regione Veneto ed in gran parte grazie alla generosità
di enti privati e cittadini. L’Hospice è dedicato al
fondatore dell’Ordine San Giovanni di Dio, Patrono dei malati e degli operatori
sanitari di tutto il mondo, di cui ricorre l’anniversario proprio in questi
giorni. L’opera, infatti, rispecchia la vocazione stessa dell’Ordine, e rientra
nella politica generale di rinnovamento della compagine ospedaliera,
manifestata nella creazione di un’unità la cui missione vuole essere quella di
luogo d’accoglienza, cura ed attenzione dell’ammalato nel rispetto della
dignità ed umanità. La cerimonia inaugurale avrà luogo nell’aula magna
dell’ospedale e si aprirà con la celebrazione eucaristica presieduta dal
cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, e poi proseguirà con la benedizione della
struttura e il saluto delle autorità istituzionali e religiose presenti. In tre
secoli di storia, l’Ordine Fatebenefratelli, sulle orme del suo Santo
fondatore, trova nel carisma dell’ospita-lità una risposta ancora attuale tra i
religiosi e gli operatori, ispirati dall’esorta-zione a “Fare il bene”, che San
Giovanni di Dio predicava per le strade di Granada
dove, nel 1539, fondò il suo primo ospedale. (S.C.)
IN
VENEZUELA, PUBBLICATO IL COMUNICATO DEI VESCOVI SULL’EDUCAZIONE
RELIGIOSA
NELLE SCUOLE: “LO STATO HA L’OBBLIGO DI FACILITARE LA CONOSCENZA E LA LIBERA
PRATICA DELLA RELIGIONE, CHE IN COSCIENZA,
I
CITTADINI VOGLIONO PROFESSARE”
CARACAS.
= “Conoscere e praticare in coscienza la propria religione è un diritto innato
ed innegabile di ogni persona umana”. Con questa affermazione si apre il
comunicato pubblicato dalla Conferenza episcopale sull’educazione religiosa
nelle scuole pubbliche in Venezuela. Il comunicato ricorda che lo Stato
venezuelano è riconosciuto come laico, pertanto, non obbliga nessuno a
professare una religione specifica, ma ha il dovere di facilitare e permettere
l’esercizio dei diritti dei cittadini, tra questi, assicurare l’insegnamento
religioso nelle scuole. I vescovi riconoscono alla Chiesa il mandato di
comunicare il messaggio della Salvezza e il diritto di comunicare ed insegnare
la fede cristiana a quelli che manifestino il
desiderio di conoscere il messaggio di Gesù Cristo. La Conferenza episcopale
lancia un appello ai genitori e ai rappresentanti cattolici, perché “difendano
il diritto che hanno i loro figli all’educazione religiosa nell’ambito
scolastico”, ai docenti cattolici perché “adempiano con responsabilità la loro
missione di essere educatori nella fede”, ai parroci ed agli altri operatori
pastorali per “una loro maggiore presenza nelle scuole” ed infine alle autorità
perché stimino adeguatamente l’insegnamento religioso e facciano
rispettare il diritto e la normativa legale che lo consacra e protegge. (S.C.)
CONFERENZA
INTERNAZIONALI IERI ED OGGI A POZZALLO, IN SICILIA,
SU
“MIGRAZIONE E DIGNITA’: EUROPA ED AFRICA INSIEME
PER
UNA POLITICA MIGRATORIA NEL MEDITERRANEO
-A
cura di Roberta Gisotti -
RAGUSA. = Esorto tutti “a tenere a mente
la dignità dei migranti”: così si esprime il segretario generale delle Nazioni
Unite, Kofi Annan, nel
Messaggio alla Conferenza internazionale aperta ieri a Pozzallo,
nei pressi di Ragusa, in Sicilia, sul tema “Migrazioni e dignità: Europa ed
Africa insieme per una politica dei flussi migratori nel Mediterraneo”.
Conferenza organizzata dal Ministero degli Esteri italiano
e dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni, al fine di contribuire
alla riflessione sulle diverse problematiche che il fenomeno migratorio pone,
sia per regolare i flussi e decidere le politiche di accoglienza e
integrazione, sia per prevenire e contrastare le migrazioni clandestine ed i
traffici di esseri umani. Partecipano ai lavori che si chiuderanno oggi
esponenti governativi italiani e delegazioni di Paesi africani Algeria,
Tunisia, Marocco, Libia, Senegal ed europei, Francia,
Spagna, Austria. L’Europa oggi è la destinazione principale degli immigrati di
tutto il mondo, un terzo dei 190 milioni di immigrati vive
infatti in questo continente. Le migrazioni internazionali secondo le
proiezioni dell’ONU continueranno ad aumentare nel prossimo futuro, e del resto
“il fenomeno migratorio – sottolinea Annan nel suo
messaggio – è parte integrante del processo di sviluppo”, per
cui “la questione chiave non se e come fermarlo, ma come assicurare che
i benefici dello sviluppo siano il più possibile diffusi”. Per questo, prosegue
Annan, “le migrazioni sono divenute una priorità
nell’agenda politica sia europea che internazionale” e così anche in quella
delle Nazioni Unite, tanto che l’Assemblea generale il prossimo 14 e 15
settembre -
ricorda il segretario generale – “terrà per la prima volta nella sua storia, un
dialogo di alto livello su questa tematica, segnando cosi l’inizio di un
coinvolgimento più sistematico da parte della comunità internazionale”.
TURCHIA,
SECONDO TENTATIVO DI OMICIDIO AI DANNI DI UN RELIGIOSO
NELLA
PARROCCHIA DI MERSIN, NEL SUDEST DEL PAESE:
UN
FRATE CAPPUCCINO È STATO AGGREDITO SABATO SCORSO DA UN GIOVANE TURCO
MERSIN.
= L’escalation di violenza in Turchia continua a preoccupare le minoranze cristiane,
soprattutto dopo l’ennesima aggressione di un religioso, avvenuta sabato scorso
nella parrocchia di Mersin nel sud della Turchia.
L’autore dell’atto criminoso è un giovane turco entrato in chiesa con il
pretesto di voler parlare con un sacerdote, mentre era in corso la prova della
rappresentazione sacra della Passione. L’aggressore, allora, ha iniziato ad
insultare il frate e poi ha tentato l’accoltellamento. Il religioso è però riuscito a respingere l’aggressore, che è stato
subito arrestato dalla Polizia locale. Il vicario apostolico dell’Anatolia, il
vescovo Luigi Padovese, ha affermato che questo è il
secondo tentativo di omicidio di un religioso nella stessa parrocchia negli
ultimi due mesi. Recentemente, con la stessa scusa un altro aggressore ha
attaccato alle 4 del mattino la canonica, sfondando le porte dell’edificio e
bruciando alcuni libri. A sostegno dei cristiani turchi è intervenuta l’’Opera
“Aiuto alla Chiesa che Soffre”, che ha chiesto alle autorità di prendere sul
serio il drammatico sviluppo, in modo che possa essere garantita la sicurezza
delle minoranze religiose presenti sul territorio. (S.C.)
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14 marzo 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata -
Situazione caotica nei Territori Palestinesi. Duri scontri
sono in corso nella città cisgiordana di Gerico fra
reparti dell’esercito israeliano e agenti della polizia palestinese, che tengono
in custodia nel carcere cittadino il leader del Fronte popolare per la liberazione
della Palestina, Ahmed Saadat.
Il leader, oggi deputato palestinese, è stato incarcerato dopo aver rivendicato
la paternità della uccisione del ministro israeliano Rehavam
Zeevi. Intanto, in tutto il Paese si moltiplicano
episodi di violenza contro esponenti occidentali. Il nostro servizio:
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Il timore da parte israeliana è che anche questo detenuto,
come altri 49 di recente, venga rilasciato. Nei giorni
scorsi, infatti, il presidente palestinese Abu Mazen si era detto favorevole a rimetterlo in libertà. Così
stamani, con carri armati e l’appoggio di elicotteri, i soldati israeliani
hanno fatto irruzione nel carcere palestinese, chiedendo invano al leader di
consegnarsi. Secondo le prime informazioni negli scontri i militari hanno
ucciso almeno due guardie palestinesi e ferito 18 persone, tra secondini e
detenuti. Un severo monito è giunto dal
premier incaricato palestinese Ismail Haniye, di Hamas. Da parte sua, il presidente Abu Mazen, assente dai Territori
perché impegnato nella visita in Europa, ha duramente condannato Israele e in
un comunicato ha chiesto l’intervento della comunità internazionale per
bloccare l’operazione israeliana. Il partito di al Fatah accusa apertamente Stati Uniti e Gran Bretagna per
non aver onorato l’impegno di proteggere i detenuti del carcere. Gli agenti dei
due Paesi hanno infatti abbandonato i loro posti prima
del raid israeliano. La rabbia della popolazione per i fatti di Gerico sta provocando
in tutto il Paese reazioni violente contro gli occidentali. Miliziani palestinesi
hanno preso d’assalto gli uffici dell'Unione Europea, a Gaza sequestrando otto
stranieri. Sempre a Gaza è stato rapito anche un funzionario della Croce Rossa.
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“Compromesso e ritiro sono parole senza significato.
Continueremo la nostra strada nucleare malgrado i
giochi politici contro di noi”. Lo ha affermato il presidente iraniano Ahmadinejad, parlando in un comizio a Gorgan,
nel nord-est del Paese. I membri del consiglio di sicurezza dell’ONU oggi
tornano a riunirsi, benché informalmente, dopo che ieri non hanno raggiunto una
posizione comune. Parallelamente proseguono anche i negoziati fra Russia e Iran
per trovare una soluzione.
Mattinata relativamente tranquilla in Iraq, dove però non mancano
episodi macabri: è giunto infatti a 26 il numero di
cadaveri ritrovati oggi nella capitale in fosse comuni. Molti corpi sono con le
mani legate e con evidenti segni di tortura. Intanto su Internet è comparso un
video raccapricciante in cui compaiono bambini che, a Ramadi,
oltraggiano resti di corpi umani. Una voce fuori campo afferma che i corpi
appartengono a soldati statunitensi ed iracheni, vittime
di attentati. In questo quadro ieri il presidente americano Bush,
che ha accusato l’Iran di fomentare la guerriglia, ha ribadito che in Iraq ci
saranno ancora tempi difficili.
E’ ripreso ieri a Beirut il
“Dialogo nazionale” tra i leader libanesi dei contrapposti schieramenti filo e
antisiriano. Un incontro che pone sul tavolo del dialogo alcuni nodi tra cui la
smilitarizzazione del movimento sciita Hezbollah e la
rimozione del presidente filosiriano Emile Lahoud. E sui colloqui in
corso a Beirut potrebbe incidere il risultato dell’inchiesta ONU
sull’assassinio del premier libanese Rafic Hariri. E’ attesa, infatti, per domani la consegna del
rapporto al Consiglio di Sicurezza.
Si è conclusa stamani a Pechino la plenaria annuale dell’Assemblea
Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, che ha approvato l’undicesimo piano
quinquennale della Repubblica Popolare Cinese. Nei documenti finali, in
evidenza soprattutto le riforme economiche. Ma che cosa, in particolare, è
stato annunciato? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a Bernardo Cervellera,
direttore dell’agenzia AsiaNews:
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R. – Il premier ha deciso un aiuto abbastanza consistente
per i poveri contadini, e quindi un aiuto nelle infrastrutture sia scolastiche
sia ospedaliere, per questi contadini che sono i più penalizzati nello sviluppo
imponente che sta vivendo la Cina. Altro punto molto
forte è stata la difesa della nazionalizzazione delle banche, fermando l’entrata
degli stranieri nella gestione del sistema bancario.
D. – Per un Paese come la Cina,
per il quale diventa sempre più pressante e importante il confronto con il
resto del mondo, sono stati annunciati cambiamenti di tipo politico?
R. – No, assolutamente. La Cina è
molto preoccupata per tutte le tensioni sociali che il suo sviluppo sta
creando. Tutto questo porta la Cina a difendersi e
quindi, da una parte a non approvare nessuna riforma politica, dall’altra anche
a non varare alcuna legge che potrebbe creare ancora più tensione.
D. – La comunità internazionale guarda con attenzione
anche ai rapporti tra Pechino e Taiwan, mai del tutto avviati verso una
normalizzazione …
R. – Io penso che Pechino stia cercando ancora di giocare
la carta del nazionalismo, dall’altra parte Wen Jiabao ha fatto un discorso, diciamo così, equilibrato,
proponendo un dialogo ad oltranza insieme – Cina e Taiwan – pur nella fermezza dell’unica Cina.
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Il presidente sudcoreano Roh Moo-hyun ha accettato le
dimissioni presentate poche ore prima dal premier Lee
Hai-chan. Il primo ministro si è dimesso in seguito
alle critiche dell’opposizione che lo accusava di aver giocato a golf quando era atteso a una riunione del governo per dare
una risposta ai ferrovieri in sciopero.
In Thailandia, migliaia di
oppositori chiedono le dimissioni del primo ministro Thaksin
Shinawatra, accusato di corruzione e di censurare i media. Riuniti da ieri sera a Bangkok, nei pressi del
palazzo reale promettono di marciare verso la sede del governo. Ingente lo
schieramento di forze dell’ordine. Secondo alcune voci, in caso di violenze,
Bangkok potrebbe dichiarare lo stato di emergenza. Intanto nella capitale
sempre oggi sono attesi anche migliaia di sostenitori del premier per una
dimostrazione in suo favore. E’ dal mese scorso che l’opposizione manifesta
regolarmente contro il primo ministro, un uomo d’affari entrato in politica.
Per tentare di disinnescare la crisi, il premier, eletto nel 2001 e rieletto
trionfalmente nel 2005, ha sciolto il 24 febbraio il parlamento e indetto per
il 2 aprile elezioni legislative, che l’opposizione ha deciso di boicottare.
In Italia è grande l’attesa per la sfida televisiva di
questa sera tra i due candidati premier Prodi e Berlusconi, in onda in diretta
su Raiuno dalle 21 alle 22.30. Il duello si svolgerà
secondo regole concordate tra le parti con moderatore il direttore del Tg1,
Clemente Mimun, e senza pubblico. A formulare le
domande saranno i giornalisti Marcello Sorgi, editorialista de “La Stampa”, e
Roberto Napoletano, direttore de “Il Messaggero”. I due leader hanno trascorso
la vigilia a preparare fino all'ultimo dettaglio il confronto, chiusi nei loro
rispettivi studi con i più stretti collaboratori.
Pareggio: questo il risultato delle elezioni legisla-tive
svoltesi domenica in Salvador. Secondo i risultati, ancora parziali, diffusi
ieri dalla Commissione elettorale centrale, nessuna delle due principali forze
politiche è uscita vincitrice dalla tornata. Un risultato, questo, piuttosto
pericoloso, perché rischia di gettare il Paese centroamericano nella stasi più
totale. Ce en parla Maurizio Salvi:
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A nulla è valso l’entusiasmo del presidente Antonio Saca, che ha annunciato una sonante vittoria della
formazione di destra ARENA che lo sostiene. Soddisfazione dei dirigenti di
sinistra, del Fronte Farabundo Martí
per la Liberazione nazionale per quello che hanno definito come “un ottimo
risultato elettorale”. La verità è che si è trattato di un pareggio tra le due
formazioni politiche che ora rischia di paralizzare l’attività legislativa del
Paese procrastinando la soluzione di numerosi problemi, tra cui la grave
povertà che affligge vasti strati della popolazione salvadoregna. Il Tribunale
supremo elettorale ha, da parte sua, avvertito che a causa dello stretto scarto
di voti esistente sia a livello nazionale che a quello delle elezioni per il
sindaco di San Salvador, i risultati ufficiali definitivi potrebbero non giungere
prima della fine della prossima settimana.
Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio
Vaticana.
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Nessuna soprapresa invece alle elezioni in Colombia dove,
come previsto, è stata netta la vittoria per i partiti che sostengono il
presidente Uribe. A scrutini praticamente chiusi, la
coalizione conservatrice si è accaparrata infatti
oltre il 60% dei consensi, contro il 25% ottenuto dall’opposizione. Un successo
soprattutto per il capo dello Stato, che potrà così affrontare le presidenziali
di maggio, facendo leva su una larga maggioranza parlamentare.
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