RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 72 - Testo della
trasmissione di lunedì 13 marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Chiesa e fede in crescita a Cuba: sono 90 mila i fedeli che
ricevono la comunione ogni settimana
L’autopsia lo ha
accertato: la morte di Milosevic è stata causata da
infarto del miocardio. In corso altri accertamenti tossicologici
In
Iraq, ancora morti a Kirkuk dopo le 50 vittime di
ieri a Baghdad. Iniziata la 16.ma seduta del processo a Saddam Hussein
13 marzo 2006
BENEDETTO XVI INCONTRA
UN GRUPPO DI VESCOVI
DEL
CAMERUN, ALL’INIZIO DELLA VISITA AD LIMINA
Benedetto XVI ha incontrato stamani il primo gruppo di
presuli della Conferenza episcopale del Camerun, in visita “ad
Limina Apostolorum”. Una visita, quella dei vescovi
del Paese africano, che si concluderà il prossimo 22 marzo. Sulla realtà
ecclesiale camerunense, la scheda di Alessandro
Gisotti:
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Grande una volta e mezzo
l’Italia, il Camerun, che ha per capitale Yaoundé, è
popolato da 16 milioni di abitanti, il 50 per cento dei quali di religione
cattolica. Si registra, inoltre, una forte presenza delle Chiese protestanti.
Le lingue ufficiali sono il francese e l’inglese, ma nel Paese si parlano
numerose lingue nazionali. Una varietà che rispecchia i tanti gruppi tribali camerunensi, diversi per costumi, storie e stili di vita.
La situazione socio-politica del Camerun appare relativamente più tranquilla rispetto ad altri Paesi africani, ma non è immune
dai mali che affliggono molte parti del continente. Tra questi: corruzione, tribalismo, violenza diffusa e abusi dei diritti umani,
ripetutamente denunciati in questi anni dalla Chiesa locale. I vescovi hanno
rivendicato, più volte, il diritto della Chiesa di esprimersi nel rispetto
della reciproca autonomia con lo Stato.
La Chiesa
cattolica del Camerun è costituita da 23 diocesi, guidate da ventiquattro vescovi;
venti di nazionalità camerunense, due di nazionalità
belga e due di nazionalità polacca. I presuli costituiscono la Conferenza
episcopale nazionale del Camerun (C.E.N.C), che si
riunisce in assemblea plenaria una volta l’anno. Giovanni Paolo II si è recato
due volte in Camerun: la prima nel 1985, quindi nel 1995. La prima
evangelizzazione del Paese, come ricordò Papa Wojtyla nella Cattedrale di Yaoundè, fu dedicata dai primi missionari a Maria, con il
nome di Marienberg, ovvero “Montagna di Maria”. Al
termine della sua visita, nell’agosto 1985, Giovanni Paolo II volle dunque
affidare la seconda evangelizzazione del Paese nuovamente alla Vergine.
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SOSPESA E RINVIATA ALLA
PROSSIMA SETTIMANA LA 62.MA ASSEMBLEA
DELLA COMMISSIONE ONU DEI DIRITTI UMANI. AL VAGLIO
DELL’ASSEMBLEA
GENERALE DI NEW YORK LA TRASFORMAZIONE DELLA
COMMISSIONE
IN UN CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI
- Intervista con l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi -
Aperta
stamani e ufficialmente e sospesa, dopo sette minuti, la 62.ma
sessione della Commissione ONU dei diritti dell’uomo, a Ginevra. L’ambasciatore
del Perú, Manuel Rodriguez Quadros, ha accolto una
richiesta di rinvio di una settimana dell’incontro presentata dall’Armenia, a nome di tutti i gruppi regionali, per consentire al
Palazzo di vetro di procedere all’eventuale trasformazione di tale organismo in
una nuova struttura. Per comprendere meglio ciò che è accaduto nella sessione
di questa mattina, la nostra collega della sezione inglese, Philippa
Hitchen, ha raggiunto telefonicamente l’Osservatore
permanente della Santa Sede presso l’ONU, a Ginevra, l’arcivescovo Silvano
Maria Tomasi:
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R. – La
ragione per questa procedura non usuale sta nel fatto che nell’Assemblea
generale delle Nazioni Unite a New York non si è arrivati ad una decisione
sulla risoluzione presentata dal presidente di quell’assemblea generale,
l’ambasciatore della Svezia, che propone la creazione del nuovo Consiglio per i
diritti umani. Questo Consiglio dovrebbe rimpiazzare la Commissione che si chiuderebbe,
dunque, con questa sua 62.ma
sessione per diventare l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei diritti
umani nel mondo in una maniera più dinamica, più coerente e più efficace. Di
fatto, rimaniamo in un clima d’incertezza, perché questa risoluzione non è
stata votata: c’è un negoziato per mettere d’accordo la posizione degli Stati
Uniti, che hanno presentato delle obiezioni al testo attuale, con il resto
della comunità internazionale, che pare invece orientata a votare in favore. Il
negoziato, ribadisco, non è ancora concluso. Si spera che per la metà di questa
settimana si arrivi ad una posizione, o di accettazione della risoluzione com’è
presentata, o di rigetto. Se viene accettata questa
risoluzione, allora si pensa che il prossimo lunedì, quando riprenderà
l’attività della 62.ma sessione della Commissione, si
possa procedere con una sessione molto breve per rimettere i meccanismi e le
procedure speciali che riguardano questioni dei diritti umani nel mondo al
prossimo Consiglio, per poi aspettare e chiudere, anzitutto, la Commissione in
maniera formale e attendere quindi che riprenda l’attività il prossimo giugno o
più avanti, con il nuovo Consiglio. Ci troviamo, quindi, in un momento un po’
delicato, ma c’è un senso di fiducia che si arrivi ad una conclusione positiva
all’Assemblea generale in modo da poter riprendere il cammino normale di
attività. Se poi nell’Assemblea generale non si riuscisse ad arrivare ad un
accordo, allora – quasi per contrasto, direi, o per ironia – si farebbero, da
lunedì prossimo, le cinque settimane ordinarie della Commissione.
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ALTRE UDIENZE
Benedetto
XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo
Nicola Girasoli, nunzio apostolico in Zambia e Malawi, e il direttore esecutivo
del Programma Alimentare Mondiale
(PAM), James T. Morris.
Nel
pomeriggio, alle 18, è in programma l’udienza del Papa al presidente della
Repubblica araba d’Egitto, Hosni Mubarak.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Ponti di fraternità":
Benedetto XVI, durante il Rosario con gli studenti universitari, esorta i
giovani europei alla solidarietà con i
coetanei africani.
Servizio vaticano -
L'omelia del Cardinale Angelo Sodano durante la Santa Messa nella Cattedrale di
Ruvo di Puglia per l'ordinazione episcopale di Mons. Nicola Girasoli, Nunzio Apostolico in Zambia e in
Malawi.
Servizio estero - In rilievo l'Iraq, nuovamente
tormentato dall'imperversare delle violenze.
Servizio culturale - Un articolo di Danilo Veneruso dal titolo "Il Cristianesimo e la
democrazia": 75 anni dalla morte di Padre Giovanni Semeria.
Servizio italiano - In primo piano un articolo dal
titolo "Un non dibattito nella Tv pubblica": scontro tra il Premier e
una giornalista.
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13
marzo 2006
DIALOGO TRA EBREI
E MUSULMANI E CONDANNA DEL TERRORISMO
E DELL’ANTISEMITISMO AL CENTRO DELLA
VISITA DEL RABBINO CAPO DI ROMA,
RICCARDO DI SEGNI, ALLA MOSCHEA
CAPITOLINA
- Ai nostri microfoni Abdellah Redouan e Riccardo Di Segni
-
Un
incontro fra discendenti di Abramo che apre nuove prospettive al dialogo.
Questo è stato il significato della visita del rabbino capo di Roma, Riccardo
Di Segni, alla moschea capitolina di Monte Antenne. Accolto dal segretario
generale del Centro islamico culturale d’Italia, Abdellah
Redouan, e dal rappresentante in Italia della Lega
Musulmana Mondiale, Mario Scialoja, il rabbino Di
Segni ha sottolineato la necessità di un impegno forte, da parte di ebrei e
musulmani, per far crescere la solidarietà. Ma ascoltiamo, nel servizio di
Tiziana Campisi, una sua dichiarazione preceduta da
quella di Abdellah Redouan
al microfono di Alessandro Rasia.
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“Vogliamo che questa visita sia un primo passo per consolidare le relazioni
tra le differenti componenti religiose sotto il tetto romano ed italiano”.
“Questa visita segna un momento simbolico di avvicinamento, di
volontà di dialogo tra due religioni storicamente e attualmente molto
importanti e presenti a Roma. Vuole essere quindi un seme di pace gettato in
questa città che è molto recettiva a questo tipo di atteggiamento. Vuole essere
soprattutto un messaggio lanciato ovunque perché possa essere accolto,
fortificato e seguito”.
Con queste parole Abdellah Redouan, presidente del Centro culturale islamico italiano,
ed il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, hanno spiegato il significato
della visita di una delegazione ebraica nella moschea di Monte Antenne. Abdellah Redouan ha ricordato i
tristi eventi che hanno caratterizzato la storia di musulmani ed ebrei,
accennando anche alla questione delle vignette satiriche su Maometto:
“La sofferenza fa parte del nostro cammino terreno; ci mette a
dura prova e ci sfida nella fede che è più grande di ogni altra sofferenza.
Tali drammi manifestano l’inquietudine di una umanità
smarrita che ha perso la fede nella trascendenza e profana il sacro, sia esso
rappresentato dal Corano, dalla Torah o dal Vangelo”.
Quindi
la condanna ad ogni atto di terrorismo, antisemitismo ed islamofobia:
“L’incontro
di oggi trova anche il suo significato profondo nella trasmissione al mondo di
un messaggio unitario della comunità musulmana ed ebraica di Roma, che spingono
con forza e condannano senza alcuna riserva, ogni forma di antisemitismo, islamofobia ed ogni altra manifestazione di xenofobia e di
razzismo. Le religioni devono essere un elemento che unisce anziché dividere.
Crediamo tutti nello stesso Dio ed a Lui dobbiamo rivolgerci nei momenti
difficili, al fine di ricevere il suo aiuto per il superamento delle difficoltà
e delle vicissitudini che tormentano i popoli e le nazioni di oggi”.
Abdellah Redouane
si è rivolto direttamente anche ai giornalisti. “Siate portatori”, ha detto,
“del messaggio di solidarietà, cordialità e dialogo che questo incontro vuole
dare”.
E anche il rabbino capo di Roma ha avuto
parole di condanna verso i gesti di intolleranza:
“Dobbiamo preservare la coscienza che la differenza
di religione non debba mai tradursi come tale in
ostilità. Dobbiamo vigilare per impedire che la violenza e l’odio, da qualsiasi
parte provengano, non si alimentino con le religioni. Il terrorismo in nome di
Dio è una bestemmia”.
Poi, un
riferimento alla situazione del Medio Oriente:
“Nel
processo di pace in Medio Oriente il nostro dovere, come esponenti religiosi, è
di accompagnare israeliani e palestinesi nel cammino fino ad oggi difficile
della ricerca della pace per il bene delle due parti e del mondo intero tramite
il dialogo e il negoziato”.
E al
termine del suo discorso il rabbino capo di Roma ha invitato la comunità
islamica a far visita alla sinagoga.
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VITTORIA DEI PARTITI CHE SOSTENGONO IL
PRESIDENTE URIBE NELLE LEGISLATIVE
DI IERI IN COLOMBIA. MAGGIORANZA
ASSOLUTA IN CAMERA E SENATO
- Intervista con Maurizio Chierici -
La tornata elettorale di ieri, in
Colombia, per le legislative nazionali, ha consegnato al presidente Alvaro Uribe la carta vincente per le presidenziali del 28 maggio
prossimo. Secondo i dati riferiti ad oltre l’80% dei seggi scrutinati, i
partiti che sostengono il suo governo, hanno ottenuto oltre il 70% dei voti. Al
Senato, gli “uribisti” hanno guadagnato 61 seggi, contro
i 28 dell'opposizione. Alla Camera, 91 seggi contro 45 e 30 di opposizione e
indipendenti. Confermate, dunque, le previsioni della vigilia, che vedevano i
partiti conservatori in testa nella sfida elettorale. Uribe,
a questo punto, avrà una solida maggioranza in Parlamento, tale da essere
certamente riconfermato alla guida di uno dei Paesi potenzialmente più ricchi
dell’intera area latino-americana. Lo conferma, al microfono di Salvatore
Sabatino, Maurizio Chierici, esperto di America Latina:
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R. –
Era una vittoria annunciata, perché la coalizione di Uribe
non ha avversari veri. La coalizione di Uribe ha come pilastro il partito conservatore, più altri
due partiti che sono “Unità nazionale” e “Cambio radicale”. Questi partiti
dovevano affrontare la coalizione liberale, che ha in
Orazio Serta l’uomo che si presenterà il 28 maggio
alle presidenziali contro Uribe.
D. - Ma
questa vittoria può avere delle ripercussioni concrete ora sul processo di pace
con le FARC? Che cosa accadrà?
R. – Una
conseguenza può averla. Dopo maggio, quando Uribe
sarà presidente, è possibile che sarà liberata Ingrid
Betancourt, che era la leader dei Verdi ed è stata
rapita ormai quattro anni fa dalle FARC. Curiosamente Uribe
non ha fatto nulla per riaprire le trattative per Ingrid
Betancourt, e questo perché – soprattutto per i
parenti della donna – l’improvviso ritorno sulla scena politica di una leader
ormai venerata potrebbe minacciare la sua campagna elettorale.
D. – Il
risultato ottenuto nelle legislative di ieri è ovviamente legato, come
dicevamo, alla forza del presidente Alvaro Uribe. Ma
può essere considerato positivo anche da parte degli Stati Uniti, visto che il
presidente Uribe è il punto di riferimento di Bush in
America Latina…
R. – Sì,
certo. Gli Stati Uniti ci hanno contato moltissimo. Washington in questo
momento, in America Latina, non ha basi su cui mettere i piedi, se non la
Colombia, il Messico - ma nel Messico la sinistra rischia di vincere le
elezioni di luglio – e il Perù, dove la lotta è incerta. La Colombia è un punto
chiave a cavallo tra Atlantico e Pacifico, a ridosso del canale di Panama. E’
insomma molto importante.
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IL MONACHESIMO E L’ATTUALITA’
DEL MESSAGGIO BENEDETTINO:
SE NE PARLA NELL’ABBAZIA DI MONTECASSINO AL CONVEGNO
“QUALI FRUTTI DALLE RADICI DELL’EUROPA”
- Intervista con l’abate don Pietro Vittorelli -
Si terrà questa sera, nello scenario
dell’Abbazia di Montecassino, il convegno “Quali
frutti dalle radici dell’Europa”. Un evento inserito nell’ambito delle celebrazioni
“I giorni di san Benedetto”, serie di appuntamenti promossi dall’Abba-zia e dal
comune di Cassino per ripercorrere le tappe del monachesimo in tutto il mondo e
l’attualità del messaggio di San Benedetto. Ma cosa comunica oggi questa grande
figura della storia della Chiesa? Francesca Fialdini lo ha chiesto al portavoce
delle iniziative, l’abate don Pietro Vittorelli:
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R. –
Sono diversi gli aspetti. Uno fra tutti, senz’altro, la forma di vita dove si
deve riscoprire l’importanza della ferialità, della
quotidianità, del gesti semplici… Questo credo che
potrebbe essere uno dei primi grandi insegnamenti. L’altro è un’espressione che
viene proprio dalla Regola e che Papa Benedetto XVI ha citato più volte: “Nulla
anteporre all’amore di Cristo”. E noi come cristiani cerchiamo di
riappropriarci, soprattutto come europei, anche delle radici di questo
cristianesimo che San Benedetto e i suoi figli hanno seminato a piene mani su
tutto il territorio europeo. Abbiamo bisogno di riappropriarci di questo
primato di Cristo nella nostra vita.
D. –
Quanto la costruzione della pace ha a che fare con una soluzione politica?
R. – Per
costruire davvero la pace ci vuole conoscenza, ascolto, dialogo. Certamente,
gli Stati, le istituzioni hanno una grandissima responsabilità, però è anche
vero che la pace si costruisce con piccoli gesti quotidiani e se ognuno di noi potesse impiegare al meglio le doti, le virtù che ha
ricevuto, certamente questo creerebbe un clima di pace che favorirebbe anche
alcune scelte fatte poi dagli uomini politici a livello internazionale.
D. – Un
riferimento alla nostra cultura: come confrontarsi con le altre civiltà?
R. –
Dice San Benedetto: “Che tutti diano il loro parere, ma davvero tutti, e
l’abate convochi anche il più giovane, perché spesso al più giovane il Signore
può ispirare un parere migliore. Ma quando anche uno espone il proprio parere,
lo faccia con tutta sottomissione e umiltà”, senza la pretesa, cioè, “di far
prevalere la propria opinione sull’opinione del fratello o ancor di più
sull’opinione dell’abate”. Applicando questo principio anche al dibattito
internazionale, direi che noi dobbiamo essere convinti assertori del dialogo ad
oltranza, a tutti i costi: a proposito delle problematiche del rapporto con
l’islam, questo poi presume che i musulmani accettino di essere nostri
interlocutori. Ma nel caso in cui non accettassero, il
cristiano – a mio avviso – è colui che ha sempre la speranza che l’altro, prima
o poi, “pieghi l’orecchio del cuore”. Però, con la stessa fermezza e anche con
la stessa determinazione, dobbiamo chiedere poi di rispettare anche la nostra
religione.
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DELINEARE UNA STRATEGIA GLOBALE
PER LA PACE NEL MONDO:
E’ LO SCOPO DEL CONVEGNO
INTERNAZIONALE “LE VIE DELLA PACE”,
SVOLTOSI NEI GIORNI SCORSI A ROMA
- Intervista con il
prof. Roberto Papini -
Riflettere
sul contributo di religioni, filosofia, economia e politica all’impegnativo
cammino verso la pace nel mondo: con questo scopo si è svolto a Roma il
Convegno internazionale “Le vie della pace”, conclusosi sabato scorso.
L’incontro è stato promosso dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, in
collaborazione con il Centro culturale Saint-Louis de
France e l’Istituto internazionale Jacques Maritain. Ma quali sono le
idee più interessanti emerse nel corso del Convegno? Roberta
Moretti lo ha chiesto al segretario generale dell’Istituto Maritain, il prof. Roberto Papini:
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R. – Uno
dei temi più interessanti è il fatto che se noi guardiamo il nome stesso di “Islam”,
noi sappiamo che significa “pace”. Se noi parliamo di Jahvé
del Vecchio Testamento, non è solo il Dio degli eserciti, ma anche il Dio delle
moltitudini. Quindi, questo processo semantico ci fa riscoprire che le
caratteristiche della pace sono radicate nelle tre grandi religioni del Libro.
Di fatto, la diversità che esiste tra queste religioni le ha portate nella
storia a conflitti tra di loro, facendo dimenticare
invece quanto le unisce, cioè il superamento dell’idolatria e il riferimento al
Dio unico che ama tutti gli uomini. E questo è un grosso lavoro, perché i Testi
Sacri sono impastati, oltre che della Parola di Dio, anche dell’azione degli
uomini e l’azione degli uomini si accompagna con la violenza…
D. –
Come superare questo conflitto tra le culture e tra le religioni in nome della
pace? Esiste una via concreta?
R. – Noi
viviamo in un’epoca in cui - accanto ai tradizionali conflitti geo-politici, per l’energia, la terra o per altri motivi -
abbiamo sempre di più conflitti di carattere “identitario”,
culturale e religioso, che nascono anche dall’esigenza di trovare un sostegno
per l’uomo del nostro tempo di fronte ai processi di globalizzazione che
sembrano schiacciarlo. Ora, i conflitti identitari
sono sul piano dell’essere, e quindi la mediazione è difficilissima, mente i
conflitti basati sull’avere sono i conflitti sociali, su cui si può trovare una
soluzione. E, allorché i conflitti culturali poi diventano anche conflitti
religiosi, cioè quando si “teologizzano”, è
difficilissimo superarli, perché quanto tu attacchi me tu attacchi anche il mio
Dio. Quindi, bisogna riscoprire innanzitutto il giusto senso della laicità,
cioè la distinzione tra il piano dello spirituale e il temporale, e poi
riscoprire il valore della persona, al di là delle convinzioni e delle
identità. Ma saranno processi molto lenti.
D. – Se
i conflitti sono spesso, se non sempre, guidati da ragioni economiche, come
conciliare una visione economica basata sulla concorrenza tra interessi privati
o nazionali e il rispetto per la persona umana?
R. – Il
modello di globalizzazione che si è realizzato, che è sostanzialmente un
modello economico e soprattutto finanziario, comporta una competizione molto
accesa. Solamente dandoci delle regole sul piano globale possiamo utilizzare i
vantaggi che la globalizzazione certamente apporta ma, nello stesso tempo,
limitarne gli aspetti negativi. Alcuni parlano della necessità di un nuovo “globalismo giuridico”, perché, in realtà, ancora non esiste
un “diritto” globale. Questa è la strada che stiamo percorrendo.
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13 marzo 2006
IN
COREA DEL SUD, LA CHIESA CATTOLICA LANCIA UNA PETIZIONE PER
CHIEDERE L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE. PER FERMARE LA PRATICA DELLE
ESECUZIONI
CAPITALI,
SONO STATE RACCOLTE PIU’ DI 110 MILA FIRME
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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SEUL. = “Ispiriamo in questa terra
il rispetto della vita”. Con questo auspicio, la Commissione episcopale sudcoreana per l’abolizione della pena di morte ha
annunciato di voler presentare al governo di Seul una petizione per
l’abrogazione della pena capitale nella Corea del Sud. “L’abolizione della pena di morte – si
legge nel documento – è il primo passo verso un mondo in cui si possa vivere
meglio tutti insieme”. “Gli esseri umani – scrivono i
presuli – non hanno il diritto di privare altri della vita che gli è stata data
da Dio”. La campagna contro la pena di morte è stata lanciata, nel Paese
asiatico, lo scorso mese di dicembre e sono state raccolte, finora, oltre 110
mila firme. Hanno aderito all’iniziativa migliaia di fedeli cattolici, tutti i
presuli coreani e l’arcivescovo di Seul, mons. Nicholas
Cheong Jin-suk, al quale il
Papa consegnerà la berretta cardinalizia il prossimo 24 marzo. Secondo quanto
reso noto nel 2001 dal ministero della Giustizia sudcoreano
sono state eseguite in Corea del Sud, a partire dal 1945, più di 1600 condanne
a morte. L’ultima esecuzione è avvenuta nel 1998 e nel 1994 erano detenute più
di 50 persone nel braccio della morte. La pena capitale è prevista per più di
100 reati sanciti dalla Costituzione, tra i quali omicidio e spionaggio, e
dalla Legge sulla sicurezza nazionale. Questa legge è un insieme di norme adottate nel
1948 in seguito alla divisione della penisola coreana. Tali norme reprimono
ogni manifestazione di sostegno nei confronti della Corea del Nord. La Corea del Sud si è astenuta, inoltre, dal voto
sulla risoluzione per l’abolizione della pena di morte approvata nel 2004 dalla
Commissione ONU per i diritti umani. Nel Paese asiatico il ministero della
Giustizia dovrà pronunciarsi, infine, su un progetto di legge che prevede la
sostituzione della condanna a morte con l’ergastolo senza libertà condizionata.
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L’ANALISI
DEI FLUSSI MIGRATORI, IL CONTRASTO DEI TRAFFICI
DI ESSERI UMANI E L’ADOZIONE DI POLITICHE DI ACCOGLIENZA AL CENTRO DELL’ODIERNO
CONVEGNO PROMOSSO A POZZALLO, IN PROVINCIA DI RAGUSA,
DAL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELLE
MIGRAZIONI
RAGUSA. = La gestione dei fenomeni
migratori e la ricerca di strategie regionali, fondate su politiche di
accoglienza dei Paesi di destinazione e di sviluppo negli Stati di transito o
di provenienza. E’ questo il tema centrale del convegno “Migrazioni e dignità:
Europa ed Africa insieme per una politica dei flussi migratori nel
Mediterraneo”, organizzato dal ministero italiano degli Affari Esteri e
dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni. Come sede della conferenza
è stato scelto Pozzallo, in provincia di Ragusa, luogo simbolo collocato al centro del Mediterraneo e investito da
un ampio ventaglio di problemi legati ai flussi migratori. Obiettivo
dell’incontro, in programma fino a domani, è quello di contribuire
concretamente alla riflessione in atto sulle diverse problematiche che il
fenomeno migratorio pone, tra le quali la regolamentazione dei flussi,
l’adozione di politiche
di accoglienza e il contrasto delle migrazioni
clandestine e dei traffici di esseri umani. Al convegno è prevista la
partecipazione di delegazioni
di diversi Paesi africani ed europei. Il confronto tra rappresentanti di Stati
d’origine, di transito e di destinazione degli immigrati – si legge nel
comunicato del ministero degli Affari Esteri - consentirà di esaminare le varie
fasi del percorso dei migranti e di rafforzare la cooperazione internazionale
volta a tutelare la loro dignità e a restringere gli spazi di azione della
criminalità organizzata. (A.L.)
IN
AUSTRIA, SI APRE OGGI L’ASSEMBLEA PLENARIA DI PRIMAVERA
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE DEI VESCOVI INCENTRATA SUL VALORE
DELLA
FAMIGLIA. SONO ANCHE PREVISTE GIORNATE DI STUDIO IN PREPARAZIONE DELL’850.MO
ANIVERSARIO DEL SANTUARIO MARIANO DI MARIAZELL
VIENNA.= Alla pastorale familiare
e alla famiglia nella società attuale è dedicata l’Assemblea plenaria di
primavera della Conferenza episcopale dei vescovi, che si apre oggi nella
basilica del Sonntagberg, nella Bassa Austria. Nel
corso delle Giornate di studio, che si susseguiranno fino al prossimo 16 marzo,
saranno presi in esame i grandi pellegrinaggi familiari, organizzati per il
mese di luglio, da tutte le diocesi austriache in contemporanea con l’incontro
mondiale delle famiglie in programma a Valencia. Nel corso dei lavori, i
presuli si confronteranno, inoltre, su questioni ecclesiali e sociali di
attualità e si parlerà anche dell’850.mo anniversario del santuario mariano di Mariazell che si celebrerà nel mese di settembre del 2007.
Tra i momenti liturgici dell’incontro si deve segnalare infine la
concelebrazione eucaristica di domani pomeriggio nella Basilica del Sonntagberg, dove si prevede la partecipazione di numerosi
fedeli. (S.C.)
AUMENTA
LA FEDE TRA I CUBANI: 90 MILA PERSONE RICEVONO
LA
COMUNIONE OGNI SETTIMANA
L’HAVANA. = Oltre 350.000 immagini
del Bambino Gesù sono state distribuite durante il periodo natalizio nelle case
di Cuba. E’ quanto riferisce la sezione portoghese di “Aiuto alla Chiesa che
soffre” (ACS) aggiungendo che l’iniziativa del “Natale missionario”, promossa
dalle 11 diocesi cubane, costituisce “un segnale storico per l’espressione
religiosa a Cuba”. Migliaia di volontari sono andati casa per casa distribuendo
opuscoli e parlando ai cubani del significato cristiano del Natale. Secondo
dati forniti da ACS, è in aumento il numero dei cattolici praticanti a Cuba:
circa 90.000 persone ricevono la comunione ogni settimana. Intanto, nella
diocesi di Santa Clara, è già cominciato il pellegrinaggio tradizionale della
Quaresima delle immagini del Bambino Gesù e di Nostra Signora della Carità,
patrona di Cuba. Nelle comunità cattoliche cubane, è tradizione – riferisce
l’Agenzia Fides - avere delle immagini sacre. In queste occasioni, si invitano
i vicini a leggere insieme la Bibbia e a condividere momenti di preghiera.
(S.C.)
CULTURE RELIGIOSE E SISTEMA DI MERCATO: CONFLITTO,
COMPATIBILITÀ O
INTEGRAZIONE?
QUESTO IL TEMA DELLA CONFERENZA TENUTASI STAMANI A ROMA
SOTTO
L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA. L’INCONTRO RIENTRA
NELLE INIZIATIVE ORGANIZZATE DAI GESUITI PER CELEBRARE IL 500.MO ANNIVERSARIO
DELLA NASCITA DI FRANCESCO SAVERIO
MILANO. = “Cultura e culture: da
Francesco Saverio ai giorni nostri. 500 anni di dialogo e confronto”. E’ il
tema del ciclo di conferenze, organizzate nell’ambito delle iniziative promosse
nel corso del 2005 e del 2006 dai gesuiti di tutto il mondo per celebrare il
500.mo anniversario della nascita di San Francesco Saverio. Le conferenze, che vengono realizzate a Palermo, Roma e Milano, mirano ad
approfondire diversi aspetti tra i quali il rapporto tra Cristianesimo e altre
religioni, il rapporto tra Cristianesimo e Islam e le relazioni interculturali
nello scenario globale. Su questi temi si sofferma in particolare il convegno
dal titolo “Culture religiose e sistema di mercato: conflitto, compatibilità o
integrazione?” tenutosi questa mattina a Milano. La conferenza, aperta dal
presidente dell’Università
Bocconi di Milano, Mario Monti, si è svolta sotto l’Alto Patronato del
presidente della Repubblica Italiana. Il convegno è stato organizzato per approfondire
lo spirito missionario di San Francesco Saverio, tentando di attualizzarlo e
renderlo vivo nel nuovo contesto mondiale. Sono stati affrontate, infatti,
questioni legate al mondo d’oggi, tra le quali il fenomeno della
globalizzazione, le potenzialità e i limiti del mercato. E’ stato anche preso
in esame il ruolo dell’educazione religiosa, analizzata nella dimensione di
capitale sociale e benessere socioeconomico. (A.L.)
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13 marzo 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
L’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic “è morto per
un infarto del miocardio". Lo ha affermato il Tribunale penale
internazionale dell’Aja dopo l’autopsia, aggiungendo
che la salma sarà consegnata oggi alla famiglia. Secondo il Tribunale è presto
per tirare conclusioni sull’ipotesi di avvelenamento. Dopo l’individuazione di
sostanze estranee nel suo sangue, uno dei tossicologi olandesi ha ipotizzato
che Milosevic avesse assunto farmaci controindicati
per la sua patologia. Questi potrebbero aver annullato l’effetto del
trattamento per la sua ipertensione. Mentre si attende la pubblicazione degli
esami tossicologici, il consigliere giuridico del defunto ha dichiarato che i
funerali di Milosevic si terranno a Belgrado. Il figlio Marko, che da anni vive
nascosto, dovrebbe arrivare all’Aja per accompagnare
la salma in patria.
In Iraq, dopo la terribile
giornata di ieri, costata la vita a 50 persone, anche oggi la violenza è
tornata protagonista, questa volta a Kirkuk,
principale centro petrolifero del Kurdistan iracheno. Intanto, nella super
fortificata zona verde di Baghdad è ripreso il processo all’ex dittatore,
Saddam Hussein. Il servizio di Eugenio Bonanata:
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L’apertura del processo, ieri, era
passata in secondo piano. Ma tre ex dirigenti del disciolto partito Baath, alla sbarra con Saddam, hanno continuato a deporre.
Tutti hanno negato di aver avuto alcun ruolo nella strage dei 148 sciiti del
villaggio di Dujahil, compiuta - secondo l’accusa -
nei primi anni ‘80 come rappresaglia dopo un fallito attentato a Saddam. A
chiarire la vicenda è stato un altro imputato, Bandar,
l’ex giudice del Tribunale rivoluzionario iracheno, che ha ammesso di aver
personalmente firmato la condanna di quelle persone. “Avevano attaccato il
presidente della Repubblica e lo avevano confessato”, ha detto Bandar, insistendo che la sentenza da lui emessa era legale. Al momento non è chiaro quando
saranno chiamati a parlare il vecchio presidente, il suo ex vice, e l’ex capo
dei servizi segreti, che è il fratellastro di Saddam. Sul terreno, ancora una
volta è la polizia a finire nel mirino degli insorti. La prima autobomba di
oggi ha colpito un commissariato di Kirluk, ferendo 4
agenti. La seconda, dopo un quarto d’ora, è esplosa al passaggio di una
pattuglia della polizia, provocando almeno la morte di due agenti e di un
civile. Intanto, è pesantissimo il bilancio delle sei autobomba, esplose ieri
quasi contemporaneamente in due mercati del poverissimo quartier
sciita di Sadr City della capitale: almeno 50 vittime
e centinaia di feriti. Il giovane leader radicale sciita, Moqtada
Sadr, oggi ha esortato alla calma e all'unita' dei
musulmani iracheni. Accusando Al Qaeda per la strage, ha affermato infine che
non cercherà vendetta.
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L’Iran non arretrerà “di un passo sul
diritto di usare l’energia nucleare a fini pacifici". E’ quanto ribadito
dal presidente iraniano, Ahmadinejad, mentre a New York è attesa una riunione
del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per prendere in esame il controverso
programma nucleare iraniano. Dal canto suo, la Russia ha rinnovato la
disponibilità ad arricchire uranio per conto dell’Iran. Ma dalla Repubblica
islamica si apprende che nei prossimi mesi sarà avviata
la costruzione di una nuova centrale nucleare, che dovrebbe essere realizzata
interamente da tecnici locali e alimentata con uranio arricchito nel Paese.
Sulla vicenda, attraverso i microfoni della BBC, è intervenuto il ministro
degli Esteri della Gran Bretagna, Jack Straw, che ha
escluso un’azione militare contro l’Iran, specificando che la disputa deve
essere risolta “con mezzi pacifici e democratici”.
Una campagna contro gli ayatollah
del governo di Teheran. E’ la strada scelta dal
presidente statunitense Bush per aumentare la pressione sull'Iran e il
programma nucleare. Lo scrive il Washington Post on
line specificando che il presidente ed i suoi collaboratori punterebbero ad un
“cambio di regime”. Dal canto suo, il segretario di Stato, Condoleezza
Rice, la scorsa settimana al Senato aveva detto che
gli Stati Uniti “non hanno problemi con il popolo iraniano. Vogliamo che gli
iraniani siano liberi, il nostro problema e' il regime iraniano”.
E' iniziato stamane a Gaza un
incontro allargato fra Hamas ed altre forze politiche palestinesi, in vista
della costituzione del nuovo governo dell’Autorità nazionale palestinese (ANP).
Sono in programma incontri anche con al-Fatah, il
partito che ieri ha avanzato severe critiche al programma di governo degli
islamici. Intanto, il presidente palestinese Abu Mazen è partito oggi alla volta dell'Austria, prima tappa
di una missione in diversi Paesi europei. Uno degli scopi è quello di
convincere i suoi interlocutori a non sospendere gli aiuti finanziari alla
popolazione palestinese, malgrado la vittoria
elettorale di Hamas che allarma la diplomazia occidentale.
Sul versante israeliano, in tutto
il territorio nazionale permane lo stato di massima allerta in occasione della
festa di Purim, il cosiddetto carnevale ebraico.
Secondo i servizi di sicurezza, diversi attentati sarebbero in fase avanzata di
preparazione soprattutto da parte di guerriglieri libanesi filoiraniani
Hezbollah.
All’indomani delle elezioni
parlamentari e municipali in Salvador, domina un clima di incertezza con il testa e testa tra il partito di centrodestra Arena, al
governo dal 1989, ed il Fronte Farabundo Martì per la Liberazione Nazionale. Il servizio è di Maurizio Salvi:
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Quello che è il risultato certo è
che nessuna delle due formazioni più grandi ha raggiunto il risultato di
conquistare 43 seggi nell’Assemblea unicamerale, ossia la capacità di governare
senza bisogno di patteggiare con le formazioni politiche minori. La battaglia è
senza esclusione di colpi e lo stesso presidente, Elias Antonio Saca, è sceso in campo per assicurare che l’Arena, che lo
appoggia, ottenesse una vittoria storica. Il dato è stato, però, decisamente
contestato dal Fronte Farabundo Martì,
che ha sostenuto l’esatto contrario. Stessa incertezza anche per il controllo
della capitale, dove entrambi i partiti hanno rivendicato la vittoria. Nel caso
di un successo della sinistra, Violeta Menjivar sarebbe il primo sindaco donna nella storia di San
Salvador.
Dall’America Latina, Maurizio
salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
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L'esecuzione di quattro stranieri,
rapiti recentemente nel sud dell'Afghanistan, è stata ordinata dal capo dei
talebani afghani, il mullah Omar. Lo ha riferito un portavoce della milizia
integralista islamica, dichiarando che un tribunale talebano
processerà i quattro come spie degli statunitensi. Gli
ostaggi sono stati descritti come tre albanesi e un tedesco.
La Corte
giordana per la sicurezza dello Stato ha emesso altre quattro condanne nei
confronti di integralisti islamici. Gli uomini sono accusati di aver
complottato nel 2005 per preparare attacchi contro alberghi, siti turistici e
agenti della sicurezza. Quelle di oggi portano a 15 il numero delle sentenze
relative ad attività terroristiche pronunciate in meno di una settimana in
Giordania.
In Italia, campagna elettorale sempre più arroventata tra inchieste
giudiziarie, scontri di piazza sabato a Milano dei centri sociali e, ieri, il
duro botta e risposta durante un programma televisivo tra Berlusconi e la
giornalista Lucia Annunziata, con il premier che ha abbandonato gli studi Rai.
Domani sera, è in programma il primo confronto TV tra Berlusconi e Prodi. Il
servizio è di Gianpiero Guadagni:
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Un “agguato televisivo premeditato”, secondo il centrodestra. E’ finita
l’era delle “interviste genuflesse”, ribatte il centrosinistra. Ha provocato
l’ennesimo scontro tra i due schieramenti il duro duello verbale tra Berlusconi
e la giornalista Lucia Annunziata, conduttrice del programma di Raitre “In Mezz’ora”. Il premier ha protestato perché si
riteneva interrotto ad arte dalla giornalista che, a sua volta, ha accusato il
presidente del Consiglio di voler dettare le regole e, conclusione, Berlusconi
ha abbandonato polemicamente lo studio televisivo. Il caso
Berlusconi-Annunziata sarà all’esame del Consiglio di amministrazione della Rai mercoledì prossimo, il giorno dopo, cioè, l’atteso
primo confronto televisivo tra Berlusconi e Prodi. Fissate le regole: nessuna
domanda del moderatore, ma spazio agli interrogativi
di due giornalisti, uguali per entrambi i candidati premier; durata della
domanda: 30 secondi; durata della risposta: due minuti e mezzo; niente pubblico
in studio; sarà inquadrato solo chi sta parlando.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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All’indomani delle proteste alll’Università
della Sorbona, il primo ministro francese Dominique de Villepin,
nell’atteso intervento televisivo, ha annunciato che in aprile incontrerà le
parti sociali “per trovare una risposta concreta” ai problemi del lavoro e per
migliorare le garanzie del contestato contratto di primo impiego. Tra le
proposte, c'e' un'integrazione al sussidio di disoccupazione che permettera' ai giovani usciti dal lavoro di avere una
formazione professionale complementare.
La partita Italia-Francia
sull’energia si gioca oggi a Bruxelles. Il ministro italiano dell’economia, Tremonti, incontrerà nel pomeriggio il suo collega francese
Thierry Breton prima
dell’inizio dei lavori dell’Eurogruppo. L’incontro
verterà sulla vicenda della Suez e sulle implicazioni sull’azienda Enel. Molti analisti nei giorni scorsi avevano definito
questa settimana decisiva per una eventuale Opa di Enel su Suez. Il gruppo
elettrico italiano potrebbe rompere gli indugi e decidere il lancio
dell’offerta che ha come obiettivo quello di accaparrarsi la Electrabel, la controllata belga del gruppo francese.
Intanto, è stato raggiunto un accordo di massima con un pool di banche per il
maxi-finanziamento di 50 miliardi di euro necessario per dare l’assalto a Suez.
Adesso bisogna attendere la decisione della commissione europea sul progetto di
fusione tra Gaz De France e
Suez che il premier De Villepin ha annunciato lo
scorso 25 febbraio.
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