RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 71 - Testo della trasmissione di domenica 12 marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nuova udienza nel processo a Saddam Hussein: se
condannato sarà subito giustiziato. In Iraq ancora decine di morti
Si attendono i risultati dell’autopsia per
stabilire le cause della morte dell’ex presidente jugoslavo, Milosevic
Elezioni in Salvador per il rinnovo del Parlamento
12
marzo 2006
IL PAPA ALL’ANGELUS: ASCOLTATE CRISTO E UBBIDITE ALLA SUA VOCE,
SPECIALMENTE
IN TEMPO DI QUARESIMA, POICHÉ
PROCEDE
NON SENZA MOMENTI DI OSCURITÀ E ANCHE DI BUIO FITTO
“Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce”: l’invito di
Benedetto XVI, in questa II domenica di Quaresima, rivolto alle decine di
migliaia di fedeli e turisti raccolti in una piazza
San Pietro assolata, ancora battuta da una pungente aria di tramontana. Il servizio
di Roberta Gisotti:
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Ha raccontato il Papa la sua esperienza di preparazione
alla Quaresima, finiti ieri ha ricordato gli Esercizi spirituali predicati nel
Palazzo Apostolico dal cardinale Marco Cé, patriarca
emerito di Venezia.
“Sono stati giorni
dedicati interamente all’ascolto del Signore, che sempre ci parla, ma s’aspetta
da noi una più grande attenzione specialmente in questo tempo di Quaresima”.
“Quando si ha la grazia di provare una forte esperienza di
Dio – ha spiegato il Santo Padre - è come accadde ai discepoli di Gesù durante
“L’esistenza umana infatti è un cammino di
fede e, come tale, procede più nella penombra che in piena luce, non senza
momenti di oscurità e anche di buio fitto”.
Dunque “il nostro rapporto con Dio
avviene più nell’ascolto che nella visione; e la stessa contemplazione si
attua” come “ad occhi chiusi, grazie alla luce interiore accesa in noi dalla
Parola di Dio”. Così anche Maria, la creatura umana “più vicina a Dio”, ha
camminato giorno dopo giorno in un pellegrinaggio di fede. E allora “ascoltare
Cristo, come Maria”: questo “il dono e l’impegno per ognuno di noi nel tempo
quaresimale”, ha raccomandato Benedetto XVI. Ascoltare Cristo nella Sacra
Scrittura e negli eventi della nostra vita per leggervi i messaggi della Provvidenza, ascoltarlo nei
fratelli, specialmente piccoli e poveri, dove Gesù ci chiede “amore concreto”:
“Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce: è questa la via maestra,
l’unica, che conduce alla pienezza della gioia e dell’amore”.
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GIOVANI
ROMANI E DI DIVERSI PAESI EUROPEI ED AFRICANI, COLLEGATI VIA SATELLITE, STRETTI
IN UN AFFETTUOSO ABBRACCIO SIMBOLICO CON BENEDETTO XVI,
IN OCCASIONE
DELLA IV GIORNATA EUROPEA DEGLI UNIVERSITARI,
CELEBRATA
IERI NELL’AULA PAOLO VI
Costruite ponti di fraternità fra Europa ed Africa:
l’invito di Benedetto XVI agli studenti raccolti ieri pomeriggio nell’Aula
Paolo VI, in Vaticano, in occasione della IV Giornata europea degli
universitari, dedicata quest’anno al tema “L’umanesimo cristiano, via per una
nuova cooperazione tra Europa ed Africa”. Un’iniziativa promossa dal Consiglio
delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE) e dal Vicariato di Roma, in
collaborazione con i ministeri delle Comunicazioni e degli Esteri, che ha visto
in collegamento giovani dei due continenti. Il
servizio è di Francesca Sabatinelli:
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(musica)
E’ stato un intenso e caldo abbraccio quello che ha stretto gli universitari a
Benedetto XVI, durante la veglia mariana, che ha unito giovani di sette paesi
europei e tre africani, in collegamento satellitare con l’Aula Paolo VI, “segno
- ha detto loro il Papa - della comunione della Chiesa”. Da Madrid, a Nairobi,
da Owerri, ad Abidjan, da Dublino, a Salamanca, da
Monaco di Baviera, a Friburgo, da San Pietroburgo, a Sofia, i giovani hanno
pregato per il progetto di umanesimo cristiano come via di cooperazione tra il
continente europeo e quello africano, tema dell’appuntamento. All’ingresso
della Croce nell’Aula Paolo VI è seguito quello delle delegazioni dei Paesi
europei e africani collegati, che hanno portato con loro le proprie bandiere e
una lampada, segno di Gesù Cristo, luce del mondo. I ragazzi, accompagnati dal
cardinale vicario Camillo Ruini, hanno riflettuto
sulla prima enciclica di Benedetto XVI, “Deus
Caritas est” ed hanno ascoltato le testimonianze
dei giovani in collegamento:
(testimonianza di un giovane spagnolo)
Hanno raccontato al mondo come l’Università possa essere
luogo dove ritrovare Dio dopo lunghi periodi di allontanamento, come possa
essere una casa e una seconda famiglia dove maturare la propria vita di
cristiani, e come allo stesso tempo possa diventare
luogo di sfide anche molto grandi, luogo in cui affrontare l’insidia
materialista. Riflessioni importanti quelle dei giovani, sostenuti dai
rispettivi pastori, come il cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di
Madrid, che ha ricordato i morti degli attentati che portarono la morte nella
capitale spagnola esattamente due anni fa, o come mons. Raphael
S. Ndingi Mwana’a Nzeki, arcivescovo di Nairobi, che ha sollecitato i ragazzi
africani a accorgersi che ciò che non si è guadagnato non vale nulla, che ha
invitato l’umanità a condividere equamente tutte le risorse create da Dio, e
che ha chiesto ai governanti del suo continente di adottare il buon governo,
nella trasparenza e nella piena responsabilità. I giovani hanno poi recitato il
Rosario, presieduto dal Papa, al termine del quale Benedetto XVI si è rivolto direttamente
a loro:
“Questa
veglia mariana, cara al Papa Giovanni Paolo II, getta ponti di fraternità tra i
giovani universitari d’Europa, e questa sera li prolunga all’interno del grande
continente africano affinché cresca la comunione tra le nuove generazioni e si
diffonda la civiltà dell’amore”.
Il Papa ha quindi invitato i ragazzi all’appuntamento con
“Simbolicamente intendo consegnarla a tutti gli universitari d’Europa e
d’Africa con l’augurio che la verità fondamentale della fede cristiana - Dio è
amore - illumini il cammino di ciascuno di voi e si irradi attraverso la vostra
testimonianza ai compagni di studio”.
La Veglia è quindi terminata con la Via Crucis dall’Aula
Paolo VI alla chiesa di Sant’Agnese in Agone, a piazza
Navona.
(musica)
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“Dio ha scelto te, servilo con tutta il
tuo corpo e con tutta la tua anima”. Così recitava uno dei canti dei
gruppi africani che hanno accompagnato la Via Crucis che si è svolta ieri sera
da Piazza San Pietro fino alla chiesa di Sant’Agnese in Agone in piazza Navona, dopo la Veglia mariana presieduta da Papa Benedetto
XVI. Sette le stazioni animate da diversi movimenti e associazioni cattoliche.
Il servizio di Marina Tomarro:
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Erano migliaia i giovani europei e africani: tutti insieme
sotto la croce di Cristo per chiedere pace in un mondo dove ancora troppe
persone muoiono a causa
dell’odio, della violenza, del terrorismo avendo nel cuore
l’invito che il Papa ha rivolto loro, cioè quello di diffondere la civiltà
dell’amore. Ascoltiamo dalla testimonianza di una dei partecipanti, Beatrice Masciopinto, quale emozione ha lasciato il discorso del
Papa nei ragazzi:
“Sicuramente tanta forza. Tanta forza per continuare a
testimoniare nel mondo dell’Università, nel mondo del lavoro, la fede, quella
luce che portiamo dentro e che vorremmo far giungere anche alle persone che
sono un po’ lontane da questa luce. Forza, perché non è sempre facile, nella
vita di tutti i giorni, con gli altri, poter difendere le proprie convinzioni.
Vivere l’amore è un messaggio molto forte; spero di poterlo diffondere nella
vita di tutti i giorni”.
E quest’anno c’erano anche tanti ragazzi africani che,
alla fine della Via Crucis, davanti la chiesa di Sant’Agnese in Agone in Piazza
Navona, hanno eseguito dei canti tradizionali. Ma
cosa vuol dire portare la croce? Ascoltiamo Alain Illumà Casadì, studente del Congo:
“Per me, compiere questa Via Crucis è un modo di portare
la sofferenza. La sofferenza che viviamo nel mondo, i conflitti che viviamo dal
Nord al Sud del mondo. Ecco, io personalmente voglio portare tutta questa sofferenza
davanti alla Croce di Dio, perché è Lui solo che può aiutarci a creare un mondo
in cui si possa vivere bene, un mondo con il sorriso, un mondo di gioia e di
danza”.
E il pensiero dei partecipanti alla Via Crucis è andato
anche a Giovanni Paolo II che l’anno scorso, proprio in questi giorni viveva
momenti di dolore e malattia.
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12 marzo 2006
COLOMBIA
OGGI AL VOTO PER LE ELEZIONI LEGISLATIVE,
BANCO
DI PROVA PER LE PRESIDENZIALI DI MAGGIO
- Intervista
con Manuel Baudet -
Oggi si vota per le elezioni legislative in Colombia, dove
26 milioni di elettori determineranno l’assegnazione di 172 seggi alla Camera e
102 al Senato. Si tratta di un banco di prova in vista delle presidenziali del
prossimo maggio, quando l’attuale capo di Stato, Alvaro Uribe,
chiederà il rinnovo del suo mandato. Per l’appuntamento odierno, l’Esercito di
Liberazione Nazionale ha garantito una giornata di tregua armata. Non hanno
fatto altrettanto i guerriglieri delle FARC, le Forze armate rivoluzionarie
della Colombia, che negli ultimi giorni hanno invece intensificato l’offensiva,
provocando la morte 26 persone. Il presidente Uribe
ieri ha lanciato un appello alla calma, affinché le operazioni di voto possano svolgersi in un clima sereno. Ma il Paese come ha
vissuto queste settimane? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Manuel Baudet, operatore del Movimento dei Laici per l’America
Latina:
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R. – Da una parte
c’è stata in questi ultimi giorni un’offensiva dalla guerriglia, per disturbare
evidentemente l’evento elettorale. Dall’altra parte, credo che almeno nelle
grandi città la situazione sia molto più calma di quello che si vede nei media. Alla fine saranno delle elezioni abbastanza
normali.
D. – Bisogna dire
che
R. – La gente ha
molte speranze. Soprattutto per quanto riguarda il processo democratico.
Sperano che continui a consolidarsi. Evidentemente c’è una grande differenza in
Colombia tra la situazione nelle grandi città e la situazione rurale, dove c’è
effettivamente la presenza del conflitto armato. Uribe
ha un grande consenso perché sta pacificando il Paese. Non è, però, riuscito a
risolvere il conflitto.
D. – Quali
dovrebbero essere le mosse giuste, invece, da parte di Uribe
per debellare la guerriglia?
R. – Uribe dovrebbe innanzitutto portare avanti il dialogo con
tutti gli attori armati. La cosa più importante, quello che la gente si
aspetta, però, è che questo dialogo non porti a garantire impunità, nei
confronti di quei gruppi che si sono macchiati di crimini terribili.
D. – Quali sono le
prime emergenze che dovrà affrontare il nuovo Parlamento?
R. – Sicuramente
dovrà risolvere il problema sociale, che è gravissimo.
D. –
R. – Sicuramente
può diventare un punto di riferimento. Oggi la grande contraddizione fra
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80
PAESI LANCIANO DA PORTO ALEGRE UN PROGETTO DI RIFORMA AGRARIA
CHE
PONGA AL CENTRO I POVERI, GLI INDIGENI, LE DONNE
-
Intervista con padre Matias Martinho
Lenz -
Si è svolta in questi giorni a Porto Alegre,
in Brasile,
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R. –
D. – A che punto è la riforma agraria in Brasile?
R. – La riforma agraria in Brasile è andata avanti; il
Brasile è uno dei pochi Paesi che ha un progetto nazionale di riforma agraria,
ma il problema nostro è che anche se il governo ha la volontà di fare una
riforma agraria, sono molti gli ostacoli e le difficoltà, sia per la carenza di
risorse sia anche perchè le terre migliori sono privatizzate e devono essere acquistate
dal governo e questo rappresenta una limitazione. Però, penso che siamo riusciti a mettere in pratica molti programmi di
sviluppo rurale per i contadini. Abbiamo infatti in
Brasile alcuni movimenti sociali molto forti, molto articolati, che fanno
pressione sul governo. E’ grazie a loro che abbiamo già potuto ottenere una
riforma agraria per la ridistribuzione delle terre,
che garantisca anche l’accesso dei piccoli contadini agli altri mezzi di
produzione e perché possano essere loro stessi produttivi ed inseriti in un
processo ampio di sviluppo, di giustizia sociale, di benessere, uno sviluppo anche
etico-morale.
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QUINTA
EDIZIONE DI “MONDI RIEMERSI”, L’INIZIATIVA PROMOSSA A FRASCATI,
DAI
MISSIONARI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA PER AVVICINARE GIOVANI E NON
A
PAESI DEL SUD DEL MONDO. QUEST’ANNO, APPUNTAMENTO CON
- Con
noi, Claudio Bertuccio -
Si è rinnovato, anche quest’anno, l’appuntamento con
“Mondi riemersi”, l’iniziativa promossa dai Missionari Oblati di Maria
Immacolata e dal Comune di Frascati ideata per consentire
a giovani e adulti di immergersi nella cultura di uno dei Paesi del Sud del
mondo. Giunta alla Quinta edizione, “Mondi Riemersi” si è concentrato quest’anno sulla Thailandia,
la “terra del sorriso”. Ma come si presenta
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R. – C’è una difficoltà a livello politico, che è venuta
fuori, una certa protesta contro il primo ministro. Questi ha sciolto le
Camere, quindi in questo momento la situazione è un po’ strana perché non si sa
bene quale sarà esattamente lo sviluppo. Sono state indette le elezioni
anticipate che dovrebbero essere ad aprile, ma l’opposizione sta anche cercando
di boicottare queste elezioni dicendo che è troppo presto, che non c’è tempo di
organizzarsi. Questo crea, dal punto di vista anche sociale, una grande
instabilità perché in questi ultimi anni i ricchi sono diventati più ricchi e i
poveri sono diventati più poveri. La situazione varia molto anche tra la città
e la campagna. Credo che in città esista ormai una classe media, ma nelle
campagne senza dubbio la classe media non esiste.
D. – Tra i vari aspetti del vostro lavoro missionario, vi
occupate in particolare anche di promozione sociale e di difesa dei diritti
delle minoranze. In che modo?
R. – Da questo punto di vista, ci sono due tipi di
servizio che si fa. Da una parte, la promozione sociale cercando di creare
strutture che diano la possibilità a coloro che non hanno un lavoro nelle zone
delle campagne di trovare un impiego, in qualche modo. Allora si sono
sviluppati piccoli centri o piccole cooperative che danno la possibilità, per esempio,
dello sviluppo di un lavoro artigianale. Un altro è un lavoro con una delle minoranze
etniche della Thailandia e tra queste i “mon”, che sono presenti non solo in
Thailandia, ma anche in Vietnam, Laos, Cina … Noi lavoriamo soprattutto con
questi “mon”. C’è un Centro che si trova in una delle province del Nordest, che
cerca di prendersi cura dei “mon” a due livelli: da una parte
l’evangelizzazione e dall’altra il rispetto e la promozione della loro cultura.
Al momento, uno dei servizi offerti da questo Centro è quello di preparare dei
servizi radiofonici per Radio Veritas, nelle
Filippine, che poi vengono trasmessi in tutti i Paesi
in cui si trovano i “mon”.
D. – A livello istituzionale, che rapporti mantiene
R. – Di fatto
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IL
SOLENNE ATTO ACCADEMICO DELLA PONTIFICIA UNIVERSITẢ GREGORIANA
DEDICATO
QUEST’ANNO A SANT’IGNAZIO
DI LOYOLA,
A SAN FRANCESCO
SAVERIO E AL BEATO PIETRO FAVRE
Nell’anno
in cui si commemorano i 450 anni dalla morte di Sant’Ignazio di Loyola e i 500
anni dalla nascita di San Francesco Saverio e del Beato Pietro Favre, l’annuale e solenne atto accademico della Pontificia
Università Gregoriana di Roma è stato dedicato nei giorni scorsi ai tre amici
che hanno dato vita alla Compagnia di Gesù. Alla cerimonia che si è svolta
nell’aula magna dell’ateneo c’era per noi Tiziana Campisi.
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La riscoperta dell’interiorità e il dialogo con Dio. Sono
stati questi i primi frutti delle conversazioni spirituali fra Sant’Ignazio di
Loyola, San Francesco Saverio e il Beato Pietro Favre.
Un’amicizia che ha dato vita a molti frutti la loro. Nel solenne atto
accademico che ieri alla Pontificia Università Gregoriana ha voluto ricordare
gli iniziatori della Compagnia di Gesù è stata evidenziata proprio la singolare
esperienza di agape, la condivisione fraterna, da loro vissuta. Ma come fare
tesoro oggi di quanto hanno sperimentato questi tre amici che hanno scelto di
seguire Cristo povero, impegnandosi ad alleviare le miserie materiali e
spirituali di indigenti e peccatori? Ci risponde il padre gesuita Rogelio García Mateo, docente dell’Istituto di spiritualità della Gregoriana:
R. – Questa amicizia non è soltanto di tipo “io – tu” ma “io-Dio-tu”, un’amicizia
fondata sull’esperienza di Cristo, cioè l’esperienza dell’agape, della fratellanza,
che fa che l’amicizia umana sia più feconda, più piena.
D. – La conversazione spirituale fra i tre amici - gli
esercizi di Ignazio insomma - in che modo oggi consente di scoprire
l’interiorità?
R. – Gli esercizi portano proprio ad una conversazione
spirituale, non solo con il direttore degli esercizi spirituali ma soprattutto
con Dio. Il vero maestro degli esercizi è Dio stesso. Nel momento del dubbio,
quando non si sa cosa fare, l’accompagnatore, certamente è necessario, ma il
vero maestro degli esercizi è lo stesso Dio. Questo consente di raggiungere la
propria interiorità al di là del semplice esercizio esterno della preghiera.
D. – Ma Sant’Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio e il
beato Pietro Favre cosa suggeriscono a chi cerca Dio?
Lo abbiamo chiesto al padre gesuita José Carlos Coupeau, anche lui docente dell’Istituto di spiritualità
della Gregoriana.
R. – Anzitutto ho notato in loro la capacità di ascolto,
il non avere fretta nel dare risposte agli interlocutori, l’essere in grado di
ascoltare il profondo della persona. Ignazio stesso l’ha imparato nella sua
profonda esperienza spirituale e nel silenzio.
D. – La spiritualità ignaziana cosa insegna all’uomo
moderno?
R. – La spiritualità ignaziana è una spiritualità
apostolica, che crede nella presenza di Dio nel mondo, che percepisce ed abita
il mondo con gioia e non dimentica tante sofferenze, anche perché oltre queste
c’è molto di più. Ad esempio nel dialogo con l’altro, con la persona che ci sta
di fronte e che è diversa da noi. Ma c’è anche tanta ricchezza in ciascuno di
noi e occorre anzitutto accettare se stessi come
chiamati alla beatitudine, alla comunione con Dio che ha il tempo e che sa
aspettare il nostro cambiamento, la nostra trasformazione.
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12 marzo 2006
“IN GUATEMALA, LA VITA UMANA NON VALE NULLA!”:
COSI’,
L’ARCIVESCOVO DI CITTÀ DEL GUATEMALA,
CARDINALE
RODOLFO QUEZADA TORUÑO,
NELLA
LETTERA PASTORALE DIFFUSA PER LA QUARESIMA
CITTA’ DEL GUATEMALA. = “Ai giorni
nostri, la cosa più triste è che, nonostante si parli di diritti umani, in
realtà essi non si accettano e non si accolgono in tutta la loro profondità”: è
quanto ha denunciato il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo di Città del Guatemala, nella Lettera
pastorale da lui diffusa in vista della Pasqua. “La Quaresima – ha spiegato –
ci trova a vivere in un tempo in cui violenza sfrenata e gravi minacce alla
vita incombono sulla nostra popolazione guatemalteca”. Il porporato ha
sottolineato la necessità di recuperare “la coscienza della dignità e del
valore della persona umana”, constatando che “purtroppo molti vivono
influenzati da una mentalità particolarmente sensibile alle tentazioni
dell’egoismo”. “‘In Guatemala la vita umana non vale niente’,
abbiamo denunciato recentemente noi vescovi del Guatemala. Si tratta di una
cultura della morte in cui ciascuno cura i propri interessi”, ha aggiunto il
cardinale Quezada Toruño.
“Si incrementa il relativismo morale – ha precisato – e l’affanno smisurato del
proprio benessere individuale impedisce alla creatura umana di aprirsi al
Creatore e ai suoi simili”. Alcuni dei frutti di questa cultura sono “lo sfruttamento
dell’uomo, l’indifferenza per la sofferenza altrui, la violazione delle norme
morali e dei diritti umani, le molteplici minacce contro la vita umana dal suo
concepimento alla fine naturale”. Il porporato ha anche avvertito di come sia importante che gli aiuti non si limitino ai “momenti di
grande necessità”, dimenticando poi l’impegno “a promuovere una società aperta
alla vita, in cui i bisognosi trovino la loro promozione personale e
comunitaria, i deboli godano dell’aiuto che richiedono e tutti vedano
rispettati la propria dignità e i propri diritti”. Tutto il panorama tracciato
fa della Quaresima “un momento propizio per accogliere l’invito del Signore a
fermarci per riflettere”: “Questo – ha concluso il porporato – deve essere un
tempo di rinnovamento interiore, di conversione totale, di riconciliazione con
Dio e con gli uomini”. (R.M.)
E’
ANDREA OLIVERO IL NUOVO PRESIDENTE NAZIONALE
DELLE
ASSOCIAZIONI CRISTIANE DEI LAVORATORI ITALIANI.
L’ELEZIONE,
IERI A ROMA, DA PARTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE ACLI
ROMA. =
Andrea Olivero, 36 anni, piemontese, è il nuovo presidente nazionale delle ACLI,
il dodicesimo nei 60 anni di storia delle Associazioni cristiane dei lavoratori
italiani. Olivero è stato eletto ieri mattina a Roma dal Consiglio nazionale
delle ACLI, con 101 voti favorevoli su un totale di 108. Succede a Luigi Bobba, dimessosi lo scorso 28 febbraio in ragione della sua
candidatura al Senato per le prossime elezioni politiche. Nato a Cuneo il 24
febbraio 1970, laureato in Lettere classiche a Torino, insegnante, Olivero
rivestiva già dal 2004 la carica di vicepresidente nazionale delle ACLI, con
delega al welfare e alle politiche sociali. “Siamo e
saremo un’associazione ‘inquieta’ che rischia, che osa il futuro”, ha detto il
neo presidente di fronte ai consiglieri nazionali. Olivero ha quindi indicato
le priorità del suo impegno in continuità con il suo predecessore: “Le ACLI –
ha affermato – seguiteranno ad operare per la difesa dei diritti dei lavoratori,
a partire dai precari e dagli immigrati, e per la tutela e la promozione della
famiglia, della vita e della pace”. “Continueremo a dare il nostro contributo
di idee, proposte e critiche per un diverso modello di welfare
– ha aggiunto – ma anche, più in generale, per rigenerare e riformare dal
basso, con passione e autonomia, una politica sempre più asfittica e meno
credibile”. A tale proposito, Olivero ha ribadito l’impegno delle ACLI per
“cancellare con il referendum la cosiddetta ‘devolution’”
e l’invito ad aprire una nuova “stagione costituente”. Quanto ai rapporti con
il mondo ecclesiale, il presidente ha sintetizzato il carattere dell’identità
delle ACLI, nella “piena appartenenza alla Chiesa” e nell’“esercizio
consapevole dell’autonomia laicale”. Le ACLI contano complessivamente in Italia circa 870 mila iscritti e 7.800 strutture
territoriali, tra cui 4 mila circoli, 104 sedi provinciali e 21 regionali.
(R.M.)
IN CINA, 20 MILIONI DI BAMBINI MIGRANTI NON POSSONO ACCEDERE ALLA
SCUOLA PUBBLICA, PERCHÉ NON SONO RICONOSCIUTI COME RESIDENTI: E’ QUANTO EMERGE
DA UNO
STUDIO DELL’ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI DI PECHINO
PECHINO. = La
tragedia dei migranti cinesi ha molte facce: i 130 milioni
di lavoratori che devono spostarsi dalle campagne per andare a
lavorare nelle grandi città della costa orientale, infatti, portano con loro almeno 20 milioni di bambini sotto i
18 anni, per i quali è difficile, se non impossibile, trovare posto in una
scuola. Come riporta l’agenzia AsiaNews, nella sola Pechino vi sono circa 300
mila bambini migranti: il governo municipale riconosce che 70 mila non vanno alla
scuola di base e l’80 per cento non frequenta la scuola secondaria superiore.
Nel Paese, infatti, ogni cittadino deve avere un certificato di residenza, che
può essere “urbano” o “rurale”. Chi ha la residenza “urbana” accede a servizi
come la scuola o la sanità, forniti dall’autorità municipale, ma perde i
diritti sulla terra e la casa lasciata in campagna. Per cui, molti preferiscono
non registrarsi. Nel 2003 – riferisce Han Jialing, docente dell’Accademia delle Scienze sociali di
Pechino – uno studio su 31 mila famiglie di migranti abitanti a Pechino ha
mostrato che il 20 per cento viveva con 500 yuan al mese e il 43 per cento con un reddito tra 500 e mille yuan. Le tasse scolastiche annue erano di 1.200 yuan per la scuola primaria e di 2 mila yuan
per la media inferiore, maggiori di quelle pagate dai residenti. Sempre nel
2003, il governo centrale ha ritenuto che la città dovesse provvedere
all’istruzione anche dei bambini migranti ed ha ordinato
di eliminare simili discriminazioni. Dal 2004, per disposizione della Commissione
municipale di Pechino per l’Educazione, i bambini migranti pagano quanto i residenti:
fino a un massimo di 267 yuan a semestre per la scuola
primaria e fino a 355 yuan per la scuola media
inferiore. Ma nella capitale permangono altre discriminazioni. Così, gli
amministratori scolastici del centrale distretto di Doncheng
temono che accettare i migranti significhi far diminuire il rendimento scolastico
medio, con perdita di finanziamenti. Di fatto, a Pechino tra 80 e 90 mila
bambini ancora frequentano scuole private, condotte da volontari o da migranti.
Queste scuole, che chiedono tasse di circa 500 yuan
l’anno, hanno strutture carenti e minimi mezzi e molte non sono autorizzate e
rischiano la chiusura. Gli insegnanti sono sottopagati. Ma solo grazie a loro
molti bambini riescono ad avere un’istruzione. (R.M.)
IN SRILANKA, I RIBELLI DELLE ‘TIGRI PER LA LIBERAZIONE DELLA
PATRIA TAMIL’ (LTTE) CONTINUANO A RECLUTARE BAMBINI-SOLDATO: E’ QUANTO HA
DICHIARATO L’UNICEF, DENUNCIANDO LA SCOMPARSA , NELL’ULTIMO ANNO, DI 1358
MINORI
COLOMBO. = I ribelli delle ‘Tigri per la
liberazione della patria Tamil’ (LTTE) starebbero continuando a reclutare bambini-soldato
in Sri Lanka: lo sostiene
l’UNICEF, il Fondo per l’infanzia delle Nazioni Unite, affermando che dal 31 gennaio
2005 nel Paese sarebbero stati sequestrati 1.358 minori. Come ha spiegato ai media locali Junko Mitani, responsabile della comunicazione per l’UNICEF,
l’organismo dell’ONU e la Missione di monitoraggio del processo di pace in
corso nell’ex Ceylon continueranno a collaborare per
valutare la situazione, condividere informazioni e discutere dei problemi dei
bambini, specialmente nelle situazioni più delicate. Tuttavia, l’UNICEF ha
respinto come “informazione non verificabile” una notizia circolata di recente sui media, che ha destato scalpore nella popolazione, di due
bambini sfuggiti all’LTTE, che avrebbero raccontato di un campo di addestramento
in cui un centinaio di minori venivano addestrati. Per il momento, il movimento
guerrigliero, attivo dal 1983 nel nord e nell’est e firmatario di un cessate-il-fuoco nel 2002, non ha
rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale sui dati forniti dall’UNICEF.
RECUPERATI DALLA MARINA INDONESIANA GLI ANTICHI TESORI
CUSTODITI
NEL RELITTO DI UNA NAVE CINESE AFFONDATA A LARGO DELLA
CITTÀ DI PONTIANAK.
I REPERTI ARCHEOLOGICI, RISALENTI ALLA DINASTIA SONG,
ERANO STATI TRAFUGATI DA UNA GRUPPO
DI SOMMOZZATORI
PONTIANAK. = Operazione antisaccheggio della
Marina indonesiana, che ieri ha sequestrato quattro barche e arrestato 26
persone per aver recuperato illegalmente reperti archeologici dal relitto di una antica nave cinese, affondata nel mar della Cina
meridionale, a largo della città di Pontianak, sulle
coste occidentali dell’isola del Borneo. I reperti comprendono
ceramiche risalenti alla dinastia Song (960-1297). Il sequestro avviene pochi
giorni dopo l’arresto, a Jakarta, di due sommozzatori
stranieri, un francese e un tedesco, accusati di aver sottratto illegalmente
tesori del valore di milioni di dollari da una nave affondata a largo delle
isole di Java e Bangka Belitung.
I due affermano però di aver agito con regolari permessi, informando sia le
autorità sia i media della loro spedizione, e che
all’Indonesia sarebbe andata la metà dei proventi per la vendita degli oggetti
a musei e a privati. I reperti recuperati comprendono ceramiche cinesi
risalenti al 907-960 e antichi manufatti provenienti
dall’Egitto, scoperta che induce a riconsiderare le rotte commerciali
antiche. Se riconosciuti colpevoli, i due sommozzatori stranieri rischiano 10
anni di prigione, secondo una legge indonesiana del 1993 per la tutela dei
tesori marini. Le acque territoriali indonesiane sono tra le più ricche al
mondo per la presenza di navi commerciali di ogni epoca, dall’antica
Cina ai vascelli olandesi e portoghesi. (R.M.)
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12 marzo 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata -
In Iraq, attacchi della guerriglia continuano ad
insanguinare Baghdad. Dopo una notte di violenze che hanno fatto almeno 20
morti, questa mattina una serie di attentati ha provocato altre 13 vittime. In
questo clima, ha preso il via la 15esima udienza del processo contro Saddam Hussein.
Se l’ex presidente iracheno sarà condannato a morte per la strage di Doujail, sarà giustiziato senza attendere gli altri
processi. Lo ha affermato il procuratore iracheno del Tribunale Speciale, al Mussawi, alla tv Al Iraqiya,
spiegando che il rais e gli altri 7 imputati saranno giustiziati entro 30
giorni dalla ratifica della sentenza. Saddam, sotto processo per l’uccisione di
148 sciiti, è stato incriminato anche per la strage con armi chimiche nel
villaggio curdo di Halabja
e la repressione contro gli sciiti nel 1991.
In Israele si allontana l’ipotesi di un’eventuale alleanza
di governo tra il partito centrista Kadima, fondato
da Ariel Sharon e dato per favorito alle elezioni del prossimo 28 marzo, e il
partito di destra del Likud. In un’intervista al quotidiano Maariv,
lo stesso leader del Likud, Benjamin Netanyahu, ha escluso espressamente questa possibilità. Netanyahu ha poi precisato che questa è una conseguenza
delle recenti dichiarazioni del premier ad interim, Olmert,
che ha previsto un nuovo ritiro unilaterale di Israele in Cisgiordania.
L’Iran non considera più l’ipotesi di trasferire in Russia
il proprio programma nucleare di arricchimento dell’uranio. Lo ha affermato il
portavoce del ministro degli Esteri, Reza Hasefi, specificando che servono due o tre giorni “per
vedere cosa succede” in sede del Consiglio di Sicurezza ONU. Comunque, secondo
il portavoce, l’Iran non obbedirà “mai” ad un eventuale ordine delle Nazioni
Unite. Da parte sua, il ministro degli Esteri iraniano, Mottaki,
ha aggiunto che l’Iran potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di uscire
dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP).
In Afghanistan sono almeno quattro i morti per un
attentato suicida avvenuto stamani a Kabul. L’attacco era diretto con molte
probabilità contro il presidente del Senato afghano, che comunque è uscito
incolume. Le vittime sarebbero due kamikaze e due passanti mentre altri tre
civili sarebbero feriti. L’attuale presidente del Senato, eletto a fine dicembre,
dirige la Commissione per la riconciliazione nazionale destinata a reintegrare
nella società gli ex combattenti taleban.
L’autopsia è il primo passo per accertare le cause della
morte dell’ex presidente della Jugoslavia, Milosevic,
trovato senza vita ieri nella prigione del Tribunale Internazionale dell’Aja. E’ quanto ribadito in conferenza stampa oggi dal
procuratore capo del Tribunale, Carla del Ponte che ha smentito le voci di un
possibile avvelenamento o suicidio sostenute dai legali serbi. Il risultato
dell’autopsia potrebbe essere divulgato stasera o domani. Ma la morte di Milosevic quali effetti potrebbe avere nel processo per
perseguire i responsabili dei crimini nella ex Jugoslavia? Alessandro Guarasci
ha raccolto il parere di Federico Eichberg, analista
politico ed esperto di questioni balcaniche.
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R. – Il processo intentato nei confronti degli esecutori
materiali degli ordini presumibilmente di Milosevic,
in qualche misura scorre parallelo. Quindi, Radko Mladic, Radovan Karadzic, probabilmente troveranno nei prossimi mesi la
loro giusta via per l’Aja non a caso – a mio avviso –
in simultanea con l’infittirsi dei “Kosovo status talks”, cioè dei negoziati per lo status del Kosovo, in cui la Serbia si può presentare, finalmente, con
una maggiore – come dire – democraticità.
D. – Il TPI ha comunque aperto un’inchiesta. C’è qualcuno
che già parla di ‘cospirazione’. Lei lo esclude?
R. – Curiosamente – certo, parlando di morti non è mai
giusto usare questo avverbio – questo evento avviene a meno di una settimana,
mi sembra a cinque giorni complessivamente, dalla morte di Babic,
l’ex presidente della Repubblica serba di Krajina, in
Croazia. Due morti che riguardano due dei principali attori degli inizi del
dramma jugoslavo. Karadziv, Mladic
e gli altri che dovranno essere alla sbarra all’Aja,
speriamo che possano seguire il corso della giustizia.
D. – Ad oggi possiamo dire che, comunque, la Serbia si sta
avviando a grandi passi verso la democrazia?
R. – La Serbia ha compiuto dei passi straordinari, questo
le va riconosciuto in termini di efficacia della legge, in termini di accordi
internazionali, testimoniati dall’apertura ufficiale – il 10 ottobre scorso –
degli studi di fattibilità per l’ingresso nell’Unione Europea. Sicuramente la
via di Belgrado sarà segnata da altri due grandi processi in corso, processi –
questa volta – politici e cioè l’indipendenza del Kosovo
e l’indipendenza del Montenegro.
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Il canadese Philippe Kirsch è
stato rieletto presidente della Corte Penale Internazionale (CPI), per un nuovo
mandato di tre anni. La Corte penale internazionale, con sede all’Aja, è stata creata in base a un accordo raggiunto nel
luglio 1998, che ha dato
luogo al cosiddetto Statuto di Roma. Insediata nel 2002, è il primo tribunale
internazionale permanente incaricato di giudicare i crimini di guerra, i
crimini contro l’umanità e il genocidio. Nell’ottobre scorso, la CPI ha emesso
i primi mandati di cattura,
contro cinque responsabili di un movimento di guerriglia attivo in Uganda,
l’Esercito di resistenza del Signore (LRA).
Giornata di voto in Salvador, dove gli elettori sono
chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento e i 262 municipi del Paese
centro americano. Più di 3 milioni e 800 mila votanti eleggeranno gli 84
deputati dell’Assemblea legislativa e i 20 rappresentanti al Parlamento centro
americano (PARLACEN), per un periodo di tre anni. Si profila un
testa a testa fra il partito al governo, ARENA (Alianza
Republicana Nacionalista) e
quello progressista del fronte di liberazione nazionale (FLMN). Nelle parole
del presidente, Antonio Elias Saca, la speranza è che
almeno 2 milioni di persone si recheranno alle urne. Più di 15 mila poliziotti
sorvegliano i 400 seggi sparsi nel Paese, che chiuderanno intorno alle 23 (ora italiana). Il Tribunale Elettorale Supremo
prevede di diffondere in tarda notte i primi risultati.
Ucciso in Algeria un’ex capo integralista che aveva
rinnegato il terrorismo. Il suo nome era Abdelakrim Kaddouri, e compariva tra i fondatori del GSPC (Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento), uno dei
maggiori gruppi terroristi che hanno insanguinato l’Algeria, vicino ad Al Qaeda. L’assassinio è avvenuto nella località di Al Ued, ad opera di suoi ex
compagni. L’emiro Kaddouri aveva deposto le armi nel
1999 ed era riuscito a convincere molti altri integralisti a scegliere la non
violenza, per beneficiare delle misure di clemenza del governo. L’assassinio va
interpretato come un chiaro segnale del gruppo armato di continuare la lotta armata per
un’Algeria basata sulla Sharìa,
contrapposta alla Carta per la pace e la riconciliazione in vigore dal 28
febbraio. Il gruppo GSPC ha già ucciso altri emiri favorevoli alla Carta.
In Italia è
unanime la condanna da parte del mondo politico, all’indomani delle violenze
scoppiate a Milano durante la manifestazione, organizzata dai Centri sociali, in risposta al corteo della Fiamma Tricolore, svoltosi nel
pomeriggio. Circa 200 giovani, molti a volto coperto e con bastoni, si sono
scontrati con la polizia che ha usato anche i lacrimogeni. Il bilancio parla di
41 persone fermate, di 12 agenti feriti oltre a diverse auto danneggiate e date
alle fiamme. Il ministro dell'Interno, Pisanu, ha
affermato: “Ci costituiremo parte civile nel processo contro gli arrestati”
In Francia proseguono le critiche al governo dopo
l’intervento ieri della Polizia per l’evacuazione dell’Università la Sorbona. Questa sera il premier de Villepin
interverrà al telegiornale delle 20 per spiegare al Paese quanto accaduto e per
rilanciare il dialogo fra le parti. Il premier, secondo indiscrezioni, non ha
intenzione di tornare indietro sul Contratto di prima assunzione, rivolto ai
giovani sotto i 26 anni, che prevede la possibilità di licenziamento senza
giusta causa entro i primi due anni. Intanto, due manifestazioni di protesta
sono programmate per il 16 e il 18 marzo prossimi.
Cinquanta persone sono rimaste ferite a Dhaka, capitale del Bangladesh,
in scontri tra polizia e attivisti dell’opposizione. Durante una manifestazione
a favore delle riforme elettorali, centinaia di persone hanno cercato di
raggiungere gli uffici della Commissione elettorale ma
le Forze dell’ordine hanno utilizzato gas lacrimogeni e violenti getti d’acqua
per disperderli. “La situazione ora è sotto controllo”, ha detto un ufficiale
di polizia.
I colloqui per porre fine alla disputa tra Etiopia ed
Eritrea si sono conclusi con ciò che i diplomatici chiamano “un passo avanti”.
L’incontro, tenutosi a Londra tra i rappresentanti dei due Paesi, le Nazioni
Unite e l’Unione Europea, ha avuto come risultato l’accettazione, da parte
dell’Etiopia, del giudizio del Tribunale internazionale istituito per decidere
i confini tra i due Paesi. Un Tribunale creato nel 2002 aveva già stabilito un
confine, ma l’Etiopia rifiutò la decisione della Corte. Il conflitto tra i due
Paesi, conclusosi formalmente sei anni fa, ha causato 76 mila morti.
Al via la visita di cinque giorni della regina Elisabetta
II d'Inghilterra in Australia. L’arrivo della sovrana, accompagnata dal
principe Filippo, è stato accolto da circa 400 persone all’aeroporto di Faribairn, alla presenza del primo ministro, Howard. La regina mercoledì prossimo inaugurerà i Giochi
del Common-wealth
a Melbourne.
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