RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 70 -
Testo della trasmissione di sabato 11
marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Aperte ieri a Torino le IX Paralimpiadi invernali: ce ne parla Candido Cannavò
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
E’ morto Slobodan Milosevic: l’ex leader serbo era detenuto nel carcere
dell’Aia ed era sotto processo per crimini contro l’umanità e genocidio
Ucciso in Iraq Tom Fox, il pacifista americano rapito alcuni mesi fa
11
marzo 2006
ANCHE
OGGI I CRISTIANI SONO CHIAMATI AD ANNUNCIARE A TUTTI GLI UOMINI “L’AMORE DI
DIO, CHE SI E’ MANIFESTATO IN PIENEZZA NELL’UNICO REDENTORE
DEL
MONDO, GESU’ CRISTO”: COSI’ IL PAPA AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO
SUL
40.MO ANNIVERSARIO DEL DECRETO CONCILIARE AD GENTES
Anche oggi i cristiani hanno il dovere di “comunicare a
tutti l’amore di Dio, che si è manifestato in pienezza nell’unico Redentore del
mondo, Gesù Cristo”.
E’ quanto ha detto il Papa stamane ai partecipanti al
Convegno promosso a Roma presso l’Urbaniana dalla Congregazione per
l'Evangelizzazione dei Popoli, nel 40° Anniversario del Decreto
Conciliare "Ad Gentes" sull’attività
missionaria della Chiesa. Ce ne parla Sergio Centofanti.
*********
Il Papa ribadisce l’attualità della vocazione missionaria
della Chiesa “di fronte alle trasformazioni del mondo e alle sfide che la
modernità pone alla predicazione del Vangelo”.
L’impegno missionario è infatti “un elemento costitutivo” della natura
stessa della Chiesa.
“In obbedienza al comando di Cristo, che mandò i suoi
discepoli ad annunciare il Vangelo a tutte le genti – spiega Benedetto XVI - la
comunità cristiana anche in questa nostra epoca si sente inviata agli uomini e
alle donne del terzo millennio, per far loro conoscere la verità del messaggio
evangelico ed aprir loro in tal modo la via della salvezza”:
“E questo, come
dicevo, non costituisce qualcosa di facoltativo, ma la vocazione propria del
Popolo di Dio, un dovere che ad esso incombe per mandato dello stesso Signore
Gesù Cristo. Anzi, l’annuncio e la testimonianza del Vangelo sono il primo
servizio che i cristiani possono rendere a ogni persona e all'intero genere
umano, chiamati come sono a comunicare a tutti l'amore di Dio, che si è
manifestato in pienezza nell’unico Redentore del mondo, Gesù Cristo”.
La radice originaria della missione della Chiesa – ha
quindi detto il Papa - è “la vita trinitaria di Dio, da cui scaturisce il
movimento di amore che dalle Persone Divine si effonde sull'umanità”:
“Tutto sgorga dal
cuore del Padre celeste, il quale ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
Unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia la vita eterna. Con
il mistero dell’Incarnazione, il Figlio Unigenito è stato costituito autentico
e supremo mediatore tra il Padre e gli uomini. In Lui, morto e risorto, la
provvidente tenerezza del Padre raggiunge ogni uomo nelle forme e nelle vie che
solo Lui conosce. Compito della Chiesa è comunicare incessantemente questo
amore divino, grazie all’azione vivificante dello Spirito Santo”.
E proprio in questi anni in cui l’impegno missionario ha
subito talora un “rallentamento” – ha detto il Papa – “si è sentito il bisogno”
di ribadire “l’importanza di partecipare la ricchezza di questo amore” a quanti
ancora non conoscono Cristo. Un impegno missionario tuttavia che va sempre
armonizzato con il dialogo:
“La Chiesa è oggi
chiamata a confrontarsi con sfide nuove ed è pronta a dialogare con culture e
religioni diverse, cercando di costruire insieme a ogni persona di buona
volontà la pacifica convivenza dei popoli. Il campo della missio ad gentes appare così notevolmente
ampliato e non definibile solamente in base a considerazioni geografiche o
giuridiche; non sono infatti solo i popoli non cristiani e le terre lontane, ma
anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori i veri destinatari
dell’attività missionaria del Popolo di Dio”.
La missione - aggiunge il Papa - “esige pazienza e
lungimiranza, coraggio e umiltà, ascolto di Dio e vigile discernimento dei
segni dei tempi” e chiama a “percorrere lo stesso cammino di Cristo, cammino
che conduce fino alla morte di croce”:
“Infatti, l’azione
evangelizzatrice ‘deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà,
dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio
di se stesso, fino alla morte,
da cui [Egli] uscì vincitore’ (Ad Gentes, 5). Sì! La Chiesa è chiamata a servire l'umanità del nostro tempo,
confidando unicamente in Gesù, lasciandosi illuminare dalla sua Parola e
imitandolo nel donarsi generosamente ai fratelli. Essa è strumento nelle sue
mani, e per questo compie quanto le è possibile, cosciente che chi opera tutto
è sempre il Signore”.
Il Papa
infine ha affidato a Maria, Stella dell’evangelizzazione, coloro che “in tante
regioni del mondo operano sulle frontiere avanzate della missione”, e ha ricordato
quanti, “anche di recente, hanno dato la vita per il Vangelo”:
“Il loro sacrificio
ottenga una rinnovata primavera, ricca di frutti apostolici per
l’evangelizzazione. Per questo preghiamo, affidando al Signore tutti coloro
che, in vario modo, lavorano nella grande vigna del Signore”.
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VIVERE
IN PROFONDA UNITA’ CON CRISTO PER ANNUNCIARE IL VANGELO AL MONDO: COSI’,
BENEDETTO XVI AL TERMINE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI PER LA QUARESIMA,
IN
VATICANO. IL GRAZIE DEL PAPA AL CARDINALE MARCO CÉ,
CHE HA
TENUTO LE MEDITAZIONI, METTENDO L’ACCENTO
SULLA
DIMENSIONE ECCLESIALE E CRISTOLOGICA DEGLI ESERCIZI
Dobbiamo vivere in profonda unità con Cristo se vogliamo
portare il suo lieto annuncio al mondo: è l’esortazione che Benedetto XVI ha
rivolto alla Curia Romana, al termine degli Esercizi Spirituali per la
Quaresima nella Cappella Redemptoris Mater. Il Papa ha ringraziato il
cardinale Marco Cé, patriarca emerito di Venezia, che ha tenuto le meditazioni
sul tema Camminando con Gesù verso la
Pasqua guidati dall’Evangelista Marco’. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
“Un periodo di respiro fisico e spirituale”: così
Benedetto XVI ha definito questa settimana di Esercizi Spirituali per la
Quaresima. Il Papa ha sottolineato, in un intervento a braccio, che non si è
trattato di un “ritiro individuale, privato”, ma di carattere “profondamente
ecclesiale”. E’ così, ha aggiunto, che “realizziamo la nostra solidarietà con
la Chiesa” e “rispondiamo alla nostra responsabilità di pastori”:
“Non possiamo
portare al mondo il lieto annuncio, che è Cristo stesso in persona, se non
siamo noi stessi in una profonda unità con Cristo, se non lo conosciamo
profondamente, personalmente, se non viviamo della sua Parola”.
Il Papa ha ringraziato il cardinale Marco Cé perché nelle
sue meditazioni ha messo l’accento tanto sul carattere ecclesiale degli
Esercizi quanto su quello cristologico. “Lei – ha detto – ci ha dato di nuovo
la certezza che nella nostra barca, nonostante tutte le tempeste della storia,
c’è Cristo”:
“Per questo Le siamo
grati, signor cardinale, e possiamo con nuova forza e con nuova gioia
pellegrinare con Cristo e con i discepoli verso la Pasqua”.
In questi
giorni, ha proseguito il Pontefice, il mio sguardo è stato sempre diretto alla
rappresentazione dell’Annuncio a Maria, presente nella Cappella. Mi ha affascinato
il fatto, ha rivelato il Papa, che l’Arcangelo Gabriele tenga in mano un
rotolo, simbolo della Scrittura, e Maria sta in ginocchio all’interno del
rotolo. “Maria – ha affermato ancora – vive nella Parola di Dio con tutta la
sua esistenza”, “tutto il suo pensiero, la sua volontà, il suo agire sono
permeati e formati dalla Parola”. Si è quindi soffermato sul cammino indicato a
tutti i fedeli dalla Vergine:
“Questo cammino
mariano ci chiama ad inserirci nella Parola di Dio, a collocare la nostra vita
all'interno della Parola di Dio e così a lasciar permeare il nostro essere da
questa Parola, perché possiamo poi essere testimoni della Parola vivente, di
Cristo stesso nel nostro tempo”.
“Così – ha
esortato Benedetto XVI – con nuovo coraggio e con nuova gioia, andiamo verso la
Pasqua e la celebrazione del mistero di Cristo!”. Parole seguite da
un’invocazione al Signore:
“Preghiamo il
Signore affinché ci aiuti ad andare dietro a Lui e ad essere così anche guide e
pastori del gregge affidato a noi”.
Nella sua meditazione di stamani, il cardinale Marco Cé si
è soffermato sulla Risurrezione di Gesù, “fondamento reale della nostra sicura
speranza che scende dall’Alto”. Il Risorto, ha aggiunto, ci “riscalda il cuore,
infondendoci forza e coraggio” e “rigenera continuamente la nostra
speranza”:
“Il Crocifisso risorto cosa ha da dirci, che ci sostenga
nel nostro cammino perché non abbiamo paura. Ha da dirci una parola, la più
bella parola che potesse venirci detta, la più consolante e rassicurante.
L’unica capace di darci la forza di camminare ogni giorno verso Gerusalemme, ed
è questa: Deus caritas est, Dio è Amore”.
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Il Santo Padre ha accolto la rinuncia presentata, per
limiti di età, dal cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e per ora ha unito
la presidenza a quella del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Di conseguenza, Benedetto XVI ha nominato il cardinale Renato Raffaele Martino
come nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e
gli Itineranti.
Inoltre, il Sommo Pontefice, al fine di favorire un
dialogo più intenso fra gli uomini di cultura e gli esponenti delle varie
religioni, ha unito per ora la presidenza del Pontificio Consiglio per il
Dialogo Interreligioso a quella del Pontificio Consiglio della Cultura e, di conseguenza,
ha nominato il cardinale Paul Poupard come presidente del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso.
Ma ascoltiamo, al microfono di Celine Hoyeau, il commento
del cardinale Poupard a questa decisione del Santo Padre:
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La mia
reazione è stata piena di sorpresa quando il Santo Padre mi ha chiesto di aggiungere
un’altra carica, in un momento in cui ho superato l’età canonica. Io ho fatto
atto di obbedienza e ringrazio il Santo Padre per la sua benevolenza e la sua
fiducia. Evidentemente non ho potuto che vedere che si teneva conto del legame
intrinseco fra la dimensione interculturale e quella interreligiosa. Ricordo
che il 20 agosto scorso, rispondendo all’indirizzo di omaggio del presidente
dell’Unione musulmana turca nel quadro delle Giornate mondiali della gioventù a
Colonia, il Santo Padre Benedetto XVI aveva risposto che “il dialogo
interreligioso e interculturale è una necessità vitale”.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Nel corso della
mattinata, Benedetto XVI ha ricevuto Claudio Muccioli e Antonello Bacciocchi,
Capitani Reggenti della Repubblica di San Marino, con le consorti e il seguito.
Quindi, ha incontrato il cardinale Roger Etchegaray, vice-decano del Collegio
Cardinalizio e successivamente il cardinale Marco Cé, Patriarca emerito di
Venezia, predicatore degli esercizi spirituali.
Benedetto XVI ha nominato il cardinale Eusébio Oscar
Scheid, arcivescovo di São Sebastião do Rio de Janeiro, suo Inviato speciale al
XV Congresso eucaristico nazionale del Brasile, che sarà celebrato a
Florianópolis dal 18 al 21 maggio 2006.
OGGI
POMERIGGIO IN AULA PAOLO VI
L’INCONTRO
DI PREGHIERA DEGLI UNIVERSITARI CON IL SANTO PADRE
-
Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi -
In occasione della IV Giornata Europea degli Studenti oggi
pomeriggio, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, gli universitari di Roma e quelli
collegati televisivamente da alcuni Paesi europei ed africani vivranno un
momento di preghiera e di riflessione assieme a Benedetto XVI. Tema: ‘L’umanesimo cristiano, via per una nuova
cooperazione tra Europa e Africa’.
L’iniziativa è
promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e dal
Vicariato di Roma, in collaborazione con i ministeri delle Comunicazioni e
degli Esteri. Dalle 17.00 alle 19.30 circa la nostra emittente seguirà l’evento
in radiocronaca diretta, con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz e
in modulazione di frequenza di 105 MHz.
Il cardinale vicario Camillo
Ruini saluterà liturgicamente i presenti ed accoglierà l’ingresso della Croce
degli Universitari. Alle 18.00 arriverà Benedetto XVI che presiederà la recita
del Rosario prima di consegnare a dieci studenti il testo della sua prima
Enciclica ed impartire la Benedizione finale. Alla fine dell’incontro i giovani
si recheranno in processione verso la chiesa di Sant’Agnese in Agone, in Piazza
Navona, per il pellegrinaggio della Croce.
Sull’appuntamento, Giovanni
Peduto ha intervistato mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile della pastorale
universitaria in seno al Vicariato di Roma:
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D. – Penso che a partire dall’enciclica ‘Deus caritas est’, il messaggio che i
giovani universitari vogliono vivere e sperimentare sia capire come l’annuncio
che Dio è amore costituisca la chiave significativa e fondamentale per la
comprensione di se stessi, per la comprensione della vita comunitaria.Si tratta
di rimotivare il senso dello studio e la propria esperienza universitaria.
Direi che il grande messaggio che la veglia vuole donare a tutti gli
universitari di tutto il mondo è proprio questo: l’annuncio che Dio è amore è veramente
il punto di riferimento per poter costruire la civiltà dell’amore.
D. – Il Papa, nell’Angelus di domenica scorsa, ha
auspicato che il Vangelo possa aprire nuove vie alla cooperazione tra i popoli
dell’Europa e dell’Africa…
R. – Noi crediamo di aver scelto come tema l’umanesimo
cristiano perché crediamo che senza una vocazione cristologica della missione
dell’uomo sarà difficile poter costruire una civiltà dove tutti i popoli
possano riconoscersi con le proprie culture, ma soprattutto aprirsi al futuro
con quella capacità e con quel desiderio di guardare al futuro con serenità.
Serenità e fiducia per una prospettiva di progresso che sia veramente a
servizio della crescita di ogni persona. Crediamo che il Vangelo vissuto
pienamente nelle proprie comunità ecclesiali, e in questo senso la veglia,
offra uno spaccato di comunità ecclesiali che si ritrovano intorno al proprio
vescovo per pregare e per riflettere. Ecco, crediamo che questa esperienza
costituisca un punto di partenza fondamentale per creare comunione tra i popoli.
D. – Oggi a che
punto è questa cooperazione, in particolare tra i giovani?
R. – Direi che specialmente partendo dall’esperienza
romana, nasce e si sta sviluppando un’attenzione verso lo studio. Dunque non
soltanto la cooperazione intesa come impegno di partenza o come servizio ma soprattutto una cooperazione che sia frutto di ricerca, di
riflessione, di elaborazioni culturali. I giovani oggi partecipando e iscrivendosi
ai corsi di laurea, ai master in economia dello sviluppo, in tante altre
discipline delle varie facoltà, stanno testimoniando un nuovo interesse. Non è
un interesse soltanto puramente volontaristico ma è una presa di
responsabilità che la nuova situazione
internazionale ha bisogno di persone preparate e qualificate che possano dare
veramente significati nuovi ad una
forma di cooperazione che non sia soltanto intesa in termini assistenzialistici
ma sia veramente una cooperazione che promuova tutta l’esperienza di un popolo
e di una comunità.
D. – Cosa può dare l’Africa all’Europa e cosa può dare il
vecchio continente all’Africa?
R. – Direi che in questo momento l’Africa può dare
all’Europa l’entusiasmo, la gioia. Credo che in Europa ci sia troppa tristezza,
poca fiducia, poca speranza. Penso che l’Africa possa veramente rilanciare
l’entusiasmo e soprattutto la voglia di guardare avanti con serenità e
soprattutto guardare a nuovi obiettivi, a nuove prospettive. Ci sono
popolazioni africane, soprattutto di giovani che vorrebbero veramente essere
protagoniste di questa nuova fase della storia. E certamente l’Europa può tirar
fuori dal suo tesoro ancora energie nuove, così come ha fatto in passato sul
piano intellettuale. L’esperienza anche della stessa università che nasce in
Europa e che oggi può sembrare eccessivamente finalizzata a scelte puramente
strumentali, potrebbe veramente tirar fuori nuove possibilità di ricerca nella
prospettiva dell’elaborazione e dello sviluppo. Tutto ciò che in passato l’Europa
ha saputo offrire, soprattutto nel settore umanistico, penso che possa essere
di grande aiuto proprio per evitare che lo sviluppo assuma soltanto una visione
puramente economica e pragmatica.
D. – Lei è impegnato nella pastorale universitaria, un campo
entusiasmante: cosa possono fare i giovani per promuovere l’umanesimo
cristiano?
R. – I giovani impegnati nella pastorale universitaria
hanno come primo grande compito quello di tradurre in termini culturali
l’esperienza della fede. Purtroppo molte volte si crea una frattura tra ciò in
cui si crede e ciò che si studia. Questa è una frattura che va superata e credo
che il grande contributo che i giovani universitari possono offrire è proprio
quello di ricongiungere l’esperienza della fede con la ricerca intellettuale,
ciò che noi chiamiamo carità intellettuale. Oggi il grande servizio che gli
universitari possono dare all’umanesimo cristiano e alla sua diffusione è
soprattutto quello di individuare e approfondire contenuti nuovi e mediazioni
nuove che possono permettere la testimonianza e la concretezza di un Vangelo
che si traduce in termini operativi per il bene di tutti gli uomini e di tutte
le persone.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Sulle frontiere avanzate della
missione”: Benedetto XVI riceve in udienza i partecipanti al Convegno
internazionale organizzato dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli e dalla Pontificia Università Urbaniana in occasione del quarantesimo
anniversario del Decreto conciliare “Ad gentes”.
Sempre in prima, la notizia della morte dell’ex
presidente serbo e jugoslavo, Slobodan Milosevic.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino
della Chiesa in Oceania.
Servizio estero - Iraq: ucciso l’ostaggio USA rapito
il 26 novembre. Il presidente Jalal Talabani teme la guerra civile se i partiti
politici non si accorderanno sulla formazione di un Governo di unità nazionale.
Servizio culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele
Giordano dal titolo “Quando i mediocri contano più dei saggi”.
Servizio italiano - Si è dimesso il Ministro
Storace; contestata la candidatura al Senato. L’inchiesta sullo spionaggio ai
danni di avversari politici.
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11
marzo 2006
APERTI IERI A TORINO LE IX PARALIMPIADI INVERNALI
- Intervista con Candido Cannavò -
Dopo
i XX Giochi della neve, lo Stadio Olimpico di Torino è tornato ieri sera ad
illuminarsi per la cerimonia di apertura della IX edizione delle Paralimpiadi
invernali, a cui partecipano, sino al 19 marzo, quasi 486 atleti disabili di 39
nazione. Anche questa volta, in uno stadio totalmente gremito e con le
televisioni di tutto il mondo collegate, ad inaugurare la manifestazione è
stato il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi. Il
servizio di Giancarlo La Vella:
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(Musica)
“Dichiaro aperti i nuovi giochi
paralimpici invernali di Torino”.
L’emozione e l’entusiasmo sono
gli stessi di qualche settimana fa, ma il movimento dello sport dei
diversamente abili, oltre all’agonismo di alto livello, vuole testimoniare
qualcosa in più: un valore aggiunto che il mondo agonistico dell’handicap
riesce a portare avanti, a volte con difficoltà, ma sempre con maggiore
considerazione da parte della società. Alla festa di ieri c’era chi la
disabilità l’ha conosciuta fin dalla nascita, come Simona Atzori, la
ballerina-attrice senza braccia, che ha danzato all’inizio della cerimonia; chi
l’ha incontrata nel corso della vita come il pilota Alex Zanardi, ancora in
pista nonostante il pauroso incidente in cui perse le gambe. E poi lo stesso
presidente del Comitato paralimpico italiano e vice presidente del Coni, Luca
Pancalli, valido atleta sia come normodotato che come disabile. O l’arciere su
sedia a rotelle, Paolo Fantato, che con una freccia ha abbattuto simbolicamente
il muro delle barriere architettoniche, delle incomprensioni e delle differenze
culturali. Sul significato delle Paralimpiadi sentiamo Candido Cannavò, storico
direttore della Gazzetta dello Sport e autore del libro “E li chiamano
disabili”, sedici toccanti storie di disabili non solo del mondo dello sport:
“Il messaggio che viene dalla
paralimpiade, a prescindere dal valore sportivo che c’è, perché sono degli
atleti veri, evidentemente è questo: forza di vita, coraggio e amore per la
vita”.
A noi non resta ora che guardare
queste Paralimpiadi, casomai inciampando sulle parole e sulle nostre difficoltà
nel definire l’handicap, ma colmando definitivamente una distanza che non deve
più esistere. Ancora Candido Cannavò:
“In un certo senso è vero, noi
abbiamo una difficoltà a capire e abbiamo qualche attenuante, perché non è
facile capire come si possa avere questa forza, come si possa essere felici
senza gambe o in condizioni di distrofie gravi. Eppure esiste e io me ne sono
veramente innamorato di questo mondo”.
Il movimento paralimpico si è
distinto anche nella tradizionale accensione del tripode dei Giochi con il
fuoco di Olimpia. Una catena umana, formata dai rappresentanti di tutte le
Nazioni partecipanti, ha consegnato la fiaccola agli ultimi due tedofori:
Arnoldo Rustioni, vincitore di tre medaglie a Roma ‘60, e la non vedente,
Silvia Battaglio, una bambina torinese di 10 anni; due generazioni per
affermare che il sesto cerchio della bandiera olimpica è sempre più una realtà.
(musica)
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SI CHIUDE OGGI AD ANCONA IL CONVEGNO NAZONALE
PROMOSSO
DAI
VESCOVI ITALIANI SUL TEMA “COMUNICARE LA SPERANZA”
- Intervista con mons. Claudio Giuliodori -
“Comunicare speranza”: si chiude
oggi ad Ancona il Convegno nazionale promosso
dalla Conferenza episcopale italiana, che vede la partecipazione degli
operatori diocesani del settore, a confronto con direttori di testate
giornalistiche ed esponenti dei vari media. Ma che cosa significa raccontare il
Paese in positivo? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a mons. Claudio
Giuliodori, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della CEI:
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R. - La comunicazione che
vogliamo costruire è una comunicazione che sia in grado di sostenere e di
proiettare queste speranze che l’uomo vive in un orizzonte di concretezza e di
realtà. Spesso la comunicazione è soggiogata invece dalla ricerca del
sensazionale, dalla ricerca del trasgressivo. Una comunicazione, invece, che ha
al centro l’uomo, non può che essere una comunicazione che risponde ai veri
bisogni e alle vere domande dell’uomo.
D. – Anche nei media non
prettamente cattolici si sta acquistando una particolare coscienza di quello
che deve essere il ruolo dell’informazione. Che riflessione si può fare su
questa situazione più generale?
R. – Il convegno stesso ha al
suo interno dei momenti di dibattito e di confronto con esponenti significativi
della comunicazione cosiddetta laica nel nostro Paese, a segnalare che si
intende aprire un dialogo ampio, concreto e anche serrato nella ricerca di
alcuni riferimenti comuni: certamente il valore della pace, il valore della
convivenza tra i popoli, la ricerca del progresso, del vero bene, della
giustizia, che sono temi che coinvolgono sia gli operatori cattolici, ma anche
tutti gli operatori dei media. Quindi, c’è un dialogo sicuramente fecondo da
questo punto di vista.
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Domani, 12 marzo, 2a Domenica di
Quaresima, la Liturgia ci propone il Vangelo della Trasfigurazione. Gesù prende
con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li porta sopra un monte alto:
“Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti,
bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve
loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù”.
Su
questo brano evangelico ascoltiamo il teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Ai discepoli appare Elia con
Mosè che discorrono con Gesù. Mosè è il legislatore, il fondatore istituzionale
del popolo ebraico. Elia invece è il profeta per eccellenza e rappresenta
l’atto riformista. Loro due si rivolgono a Cristo, non ai discepoli. Questo è
segno esplicito che l’antica legge ha trovato suo compimento in Cristo e non si
rivolge più a quelli di Cristo direttamente. Ormai il senso dell’antica
alleanza e delle profezie, a noi è aperto solo tramite Cristo e in vista di
Cristo. In questo c’è anche un significato più generale. Tutta la tradizione
biblica va letta alla luce di Cristo e per una maggiore conoscenza di Cristo, lo
stesso vale per tutta la storia che viene dopo Cristo. Nessuna legge e nessuna
profezia possono trovare riferimento a qualcosa che non confluisce in Cristo. I
discepoli hanno visto che la legge e i profeti portano a Cristo. Ma i potenti
sono rimasti ancorati alla loro legge ed è proprio secondo la loro legge che
più tardi lo condanneranno a morte.
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11
marzo 2006
OLTRE TRENTA STUDIOSI DI
VARI PAESI SI SONO CONFRONTATI
SULLE NUOVE FORME DI
RELIGIOSITA’ NEL XXI SECOLO,
SUL RAPPORTO TRA
RELIGIONI E FILOSOFIA E SULLA SPECIFICITA’ DEL CRISTIANESIMO.
CHIUSI IERI A ROMA I
LAVORI DEL X CONVEGNO INTERNAZIONALE,
PROMOSSO DALLA FACOLTA’
DI TEOLOGIA DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA’
ROMA. = Le nuove
religiosità nel XXI secolo, il rapporto tra religione e filosofia, la specificità
della Credo cristiano: intorno a questi temi si sono interrogati una trentina
studiosi di varie nazionalità durante le due giornate di lavoro del X Convegno
internazionale, chiuso ieri a Roma presso la Pontificia Università della Santa
Croce, organizzato dalla Facoltà di teologia di questo ateneo, sul tema “La natura della religione in contesto
teologico". Ad aprire i lavori è stato il prof. Luis Romera,
ordinario di Filosofia alla Santa Croce, che ha analizzato l'evoluzione sociale
della religiosità durante il secolo scorso, e riscontrato nella società
contemporanea il risveglio di una nuova religiosità, frutto
dell'insoddisfazione lasciata dall'emarginazione dell'istanza religiosa. Nella
cultura contemporanea "convivono quindi correnti diverse, in un quadro
sociale non univoco né sempre coerente", ha osservato Romera. Il prof.
Enrico dal Covolo, docente di Letteratura cristiana antica greca all'Università
Pontificia Salesiana, ha poi affrontato il tema religioso religione nell'età
classica. Il prof. Jude Dougherty, della Catholic University of America, ha
invece offerto una interpretazione della religione nella modernità, analizzando
in particolare l'eredità lasciata da Hume e Kant, "fondamento del
contemporaneo agnosticismo Europeo”, Sulla specificità della fede cristiana, è
intervenuto il prof. Pierangelo Sequeri, della Facoltà
Teologica dell'Italia Settentrionale. Il prof. Horst Bürkle, della
Ludwig-Maximiliens.Universität di Monaco di Baviera, si è soffermato sul tema
"Religione o religioni?", indagando il rapporto tra Cristianesimo e
pluralità delle altre religioni. Il prof. Massimo Introvigne, direttore del
Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) ha presentato lo scenario della
nuova religiosità del nostro secolo. Negli Stati Uniti – ha detto - si contano
circa 1.500 "nuove religioni", circa 300 in Italia e diverse migliaia
in Africa. "Tuttavia – ha precisato lo studioso - il numero di aderenti a
questi movimenti rimane piuttosto contenuto: in nessun Paese dell'Occidente
sembrano superare il 2 per cento della popolazione. In Italia, è più probabile
che si aggirino intorno all'uno per cento" e per oltre la metà sono Testimoni di Geova. Ma la "più grande
religione" - ha osservato Introvigne - "si trova in Occidente, quella
delle persone impegnate in un 'credere senza appartenere'". Non ha torto
quindi chi invita a non sopravvalutare le nuove religioni, tuttavia, ricorda
Introvigne, "si ha ugualmente torto quando si sottovalutano” “per la loro
capacità di influenzare cerchie molto più vaste di persone". Il prof.
Giuseppe Tanzella-Nitti, ordinario di Teologia fondamentale alla Santa Croce,
ha parlato di "Cristianesimo e domanda cosmologica: universalità della
ragione e universalità della religione". L'ultimo intervento lo ha tenuto
il prof. Paul O'Callaghan, decano della Facoltà di Teologia della Santa Croce,
su "Cristianesimo e domanda antropologica: il Cristianesimo è una religione?".
"Lo è senz'altro", ha rispsoto O'Callaghan, e "nelle sue diverse
manifestazioni include gli elementi più caratteristici” di ogni fenomeno
religioso: “il senso del Sacro, la presenza del divino nella vita umana, la
consapevolezza della dipendenza da una sua forza superiore, una struttura tripartita
di credenze, norme etiche e culto". (R.G.)
OGNI GIORNO
RIENTRANO IN PATRIA OLTRE 250 LIBERIANI RIFUGIATI IN VARI PAESI DELL’AFRICA
GRAZIE AL PROGRAMMA ATTIVATO DALL’ALTO COMMISSARIATO
DELLE NAZIONI
UNITE PER I RIFUGIATI (UNHCR) PER IL RIENTRO VOLONTARIO.
IN TOTALE
SONO OLTRE 52 MILA GLI ESULI DELLA LIBERIA RIMPATRIATI DAL 2004
MONROVIA. =
Oltre 250 emigrati liberiani, che si trovano nei Paesi dell’Africa
occidentale, ogni giorno decidono di rientrare in patria. Questo è il risultato
del programma di rimpatrio volontario promosso dall’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (UNHCR). Finora più di 52 mila profughi sono stati assistiti
nel tornare nelle loro case da quando l’Agenzia dell’ONU ha avviato
l’operazione nel 2004. Molti altri inoltre hanno fatto ritorno in Liberia con
mezzi propri. In totale, più di 350 mila esuli e sfollati interni hanno
ricevuto assistenza diretta per lasciare i campi profughi ed i centri urbani
nei quali si trovano. I positivi sviluppi registrati nel mese scorso in Liberia
hanno indotto l’UNHCR ad un’evoluzione nella propria attività. Il trasporto dei
rifugiati registrati avviene in aereo, via mare e all’arrivo è dato loro un
contributo per il trasporto, cibo e utensili domestici. Ma per l’Alto Commissariato
ed suoi partner, la reintegrazione rimane la principale priorità. Per far
fronte a questa necessità sono stati
realizzati progetti di reinserimento per rafforzare la capacità delle
comunità locali di accogliere i rifugiati che rimpatriano. Tali programmi
includono la ristrutturazione di alloggi, strade, punti di raccolta dell’acqua,
scuole ed ospedali, così come piani di orientamento e formazione. (S.C)
GRANDE ENTUSIASMO PER I FESTEGGIAMENTI DEL PRIMO
ANNIVERSARIO
DI “RADIO BOSCO”, L’EMITTENTE SALESIANA DELLE ISOLE
SALOMONE, IN OCEANIA,
CREATA DAI GIOVANI E PER I GIOVANI PER DIFFONDERE LO
SPIRITO EVANGELICO
HONIARA. = Ha compiuto di recente un anno di vita
“Radio Bosco”, l’emittente lanciata dai
padri Salesiani nelle Isole Salomone, nell’Oceania. La stazione radifonica ha
iniziato le trasmissioni il 27 febbraio 2005 e, ad oggi, svolge con competenza ed efficacia il prezioso servizio di
diffondere le parole del Vangelo via etere fra le isole del Pacifico. I
commenti dei giovani impegnati ad operare negli studi sono tutti positivi e lasciano
trapelare grande entusiasmo: “Radio Bosco è davvero interessante: mi piace
soprattutto perché aiuta le persone che vivono in aree rurali ad avere informazioni”,
dichiara all’agenzia Fides, una giovane volontaria. L’emittente fornisce una
duplice opportunità: quella di far crescere i giovani, sviluppare le loro
capacità e far fruttificare le loro potenzialità nel servizio radiofonico; dare
assistenza, fornire informazioni, come formazione spirituale, programmi culturali
a larghe fasce di popolazione. Il suo obiettivo è rivolto all’istruzione, alla
salute, a tematiche relative ai giovani e alle donne, oltre che a programmi di
notizie, intrattenimento, musica, storie di gente comune. Gli studi si trovano
nella cittadina di Tetere, sull'isola di Guadalcanal, presso un centro
Salesiano frequentato da giovani, ragazzi, e numerosi parrocchiani, pienamente
coinvolti nell’attività pastorale. “Rendiamo grazie a Dio per le sue
benedizioni, per la crescita, le difficoltà, lo sviluppo di questo progetto” .
E’ questo il messaggio celebrativo di padre Ambrose Pereira, direttore delle
Comunicazioni della diocesi di Honiara, trasmesso sulle onde radio ai numerosi
volontari, amici e a tutti gli ascoltatori, in occasione dell’anniversario.
“Radio Bosco” è una emittente comunitaria, non ha scopo di lucro e non è
commerciale, si finanzia con offerte e contributi di donatori. S.C.)
I DUE
GIOVANI VINCITORI DEL PREMIO PIANISTICO INTERNAZIONALE
“ROMA PER GERUSALEMME”,
L’ISRAELIANO BASS ED IL PALESTINESE HAROUNY,
TERRANNO LUNEDI’ PROSSIMO 13
MARZO UN CONCERTO GRATUITO
NELLA SALA ACCADEMICA DEL
CONSERVATORIO DI SANTA CECILIA A ROMA
ROMA. = Due giovani musicisti, l’israeliano Netanel
Bass ed il palestinese Bishara Harouny, vincitori del concorso pianistico
internazionale “Roma per Gerusalemme”, terranno un concerto ad ingresso
gratuito, organizzato dalla Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia.
Appuntamento lunedì prossimo, 13 marzo, alle ore 20.15, nella Sala Accademica
del Conservatorio di Santa Cecilia, in via dei Greci 18 a Roma. L’iniziativa è
promossa dall’Ufficio per la Pace a Gerusalemme del Comune di Roma, con il
sostegno della Regione Lazio. Da due anni il Campidoglio promuove quest’evento
per la pace in Medio Oriente. Lo fa attraverso l’Istituto “Magnificat”, la
scuola di musica fondata nel 1995 dai Francescani di Gerusalemme della Custodia
di Terra Santa. “Bishara e Natanel sono due ragazzi straordinari - dice
Francesco Saverio Galtieri, direttore della Scuola Popolare di Musica di Donna
Olimpia - hanno talento e caparbietà e promettono molto come musicisti. Se a
questo aggiungiamo le difficoltà dello studiare musica nella situazione
mediorientale si capisce l’importanza del messaggio che i due mandano anche
attraverso questo concerto. Ed è su opportunità come queste che là continueremo
a lavorare con il progetto ‘Nota di Pace’”. Con questa iniziativa, la Scuola
Popolare di Musica di Donna Olimpia dal 2003 crea momenti d’incontro e di
scambio tra ragazzi e musicisti israeliani, italiani e palestinesi affinché il
dialogo possa svilupparsi attraverso il linguaggio universale della musica. (S.C.)
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11 marzo 2006
- A cura
di Eugenio Bonanata -
L’ex presidente jugoslavo, Slobodan Milosevic, è morto
nella prigione del Tribunale Penale Internazionale dell'Aja. Ce ne parla
Salvatore Sabatino:
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Probabilmente stroncato da un infarto. Così è morto l’ex
uomo forte di Belgrado, detenuto in un carcere dell’Aja del Tribunale penale
internazionale. Era ancora sotto processo, Slobodan Milosevic, incriminato per
oltre 60 capi d'accusa, tra cui genocidio e crimini contro l’umanità, relativi
alla guerra nei Balcani. Era stato responsabile, tra le altre cose del massacro
che a Srebrenica costò la vita ad oltre 8.000 musulmani. Secondo le prime
informazioni, sarebbe stato trovato morto nella sua cella. E la tesi di un
decesso naturale sembra non convincere le autorità dell’Alta Corte, che –
appresa la notizia – hanno deciso di aprire un’inchiesta ad hoc. Che le condizioni
di salute di Milosevic non fossero buone era risaputo. Innumerevoli volte,
infatti, i giudici internazionali erano stati costretti ad interrompere il
processo. Appena il 24 febbraio scorso il Tribunale dell’Aja aveva formalizzato
il no alla richiesta avanzata dallo stesso Milosevic di ricevere assistenza
medica in Russia, dove si trova sua moglie. In quel caso era stata il
procuratore capo della Corte, Carla Del Ponte, ad assicurare che l'ex leader
jugoslavo poteva ricevere in Olanda tutta le cure necessarie per far fronte ai
problemi cardiaci e di pressione che egli lamentava da tempo e che di recente,
secondo i suoi sostenitori a Belgrado, si erano seriamente aggravate. Slobodan
Milosevic Era nato nel 1941 a Pozarevac, nella parte occidentale della Serbia.
Figlio di un teologo ortodosso montenegrino, aveva studiato legge e a poco a poco
era riuscito a scalare i più alti vertici della nomenklatura di Belgrado, diventando,
nel 1986 presidente del partito comunista serbo, e nel 1990 presidente della
Serbia. Approfittando della disgregazione della Jugoslavia aveva iniziato una
vera e propria battaglia in favore dell’unione di tutti i serbi. Nell’ 89 si
era impegnato in prima persona a difendere l’autonomia della minoranza serba
del Kosovo, spingendosi fino a sopprimere l’autonomia accordata da Tito a
questa regione a maggioranza albanese. I passi successivi sono purtroppo noti.
Guerre e sangue che hanno scosso per oltre 5 anni un angolo d’Europa.
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In Iraq la guerriglia è tornata a colpire uccidendo due
dipendenti della tv irachena, intanto il Dipartimento di Stato americano ha
confermato il macabro ritrovamento del corpo senza vita di Tom Fox, il
cittadino americano di 54 anni rapito il 26 novembre scorso insieme ad altri
tre pacifisti. Il nostro servizio:
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Torturato, poi ucciso a colpi d’arma da fuoco e infine
gettato in una discarica avvolto in un sacco di plastica. È questa la tragica
fine del pacifista americano, ritrovato ieri a Bagdad. Secondo testimoni le sue
mani erano legate dietro alla schiena e sul suo corpo erano evidenti i segni di
violenze. I rapitori hanno dunque tenuto fede al loro ultimatum lanciato il 28
gennaio scorso attraverso un video trasmesso dalla tv araba al Jazeera. “O
liberate gli iracheni detenuti nelle carceri americane in Iraq oppure
uccideremo i prigionieri”, avevano detto i rapitori. In quel video in cui
apparivano gli ostaggi, mancava proprio Tom Fox. E adesso si teme anche per la
loro sorte. Il Dipartimento di stato americano ha precisato di non avere
notizie a loro riguardo. Intanto
l'emittente televisiva nazionale ha riferito che un dipendente e un suo
dirigente sono rimasti uccisi in un attentato nella zona a maggioranza sunnita
di al Qadrah, nella parte Nord-Ovest di Baghdad. Sul piano politico, dopo
giorni di trattative il Consiglio presidenziale ha fissato al 19 marzo la
seduta inaugurale del nuovo Parlamento. Ma da più parti si teme che le violenze
possano rinviare questo appuntamento.
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La tensione è alta sul fronte israelo-palestinese.
“Lanceremo 200 razzi su Israele. Su ogni razzo scriveremo il nome di un
martire” così Le Brigate dei martiri di al-Aqsa hanno annunciato ieri l’inizio
dell'Operazione Ababil, concepita per rendere onore ai morti della intifada.
Solo oltre 26 milioni i colombiani chiamati alle urne domani per
il rinnovo del Parlamento. Oltre 3.000 i candidati in corsa per i 268 seggi. E
sulla tornata elettorale si allunga l’ombra della guerriglia armata, che ha
minacciato attacchi nella giornata di domani. A vigiliare sulla sicurezza degli
elettori ci saranno, però, oltre 280mila agenti armati. Il servizio è di
Maurizio Salvi:
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Il voto di domani, con cui si rinnoverà completamente il
parlamento bicamerale, è considerato di grandissima importanza per Álvaro Uribe, che
punta ad una rielezione alle presidenziali di fine maggio e che vuole farlo col
sostegno di una forte maggioranza. Per raggiungere questo obiettivo ben sette
partiti domenica propongono ai colombiani, un appoggio al capo dello Stato
uscente, mentre praticamente solo il partito liberale e il polo democratico di
sinistra si offrono come alternativa. Tutto sembrerebbe quindi semplice, ma
nelle ultime settimane la popolarità di Uribe è pericolosamente scivolata,
tanto che i sondaggi rivelano che dopo il consenso del 70%, 80% della
popolazione a lungo mantenuto, oggi lo giudica positivamente non più del 53%
dei potenziali votanti. Probabilmente questo logoramento sarà solo parzialmente
visibile nel voto di domani, ma non vi è dubbio che molte delle promesse fatte
da Uribe nel 2002, alla prova dei fatti, non sono state mantenute. La più
importante di esse, quella di porre fine alla guerriglia delle Farc che ha in
mano una sessantina di ostaggi eccellenti, fra cui un ex candidata
presidenziale, ma anche le condizioni economiche della popolazione non sono
delle migliori. Il capo dello Stato si è affrettato a firmare un accordo di
libero scambio con gli Stati Uniti nonostante le proteste di vari settori
economici e sociali.
Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio
Vaticana
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Per la prima volta nella storia del Cile, una donna
diventerà ufficialmente il novo capo dello stato. Michelle Bachelet apre il
nuovo mandato con una cerimonia di investitura iniziata in tarda mattinata nel
parlamento di Valparaiso, 120 chilometri al sud di Santiago. Nel pomeriggio
l’ingresso nel palazzo della Moneda, con il primo discorso da presidentessa. Ad
assistere al cambio di presidenza, oltre 30 capi di stato e di governo e delegazioni
di almeno un centinaio di Paesi.
La forza di pace dell’Unione Africana in Darfur, la
regione del Sudan martoriata da una sanguinosa guerra civile, si trasformerà
entro 6 mesi in una forza delle Nazioni Unite. Lo ha affermato ieri a New York
il numero uno del Palazzo di Vetro, Kofi Annan, riportando la decisione
dell’Unione Africana a riguardo. Sempre ieri, infatti, in una riunione svoltasi
ad da Addis Abeba, l’Unione Africana aveva dato il proprio assenso di massima
al trasferimento all'ONU della sua forza di pace, composta da circa 7 mila
soldati.
A Parigi si è conclusa la rivolta degli studenti
dell’Università della Sorbona. All’alba forze anti sommossa sono entrate
all’interno dell’ateneo occupato da centinaia di giovani che, da tre giorni,
protestavano contro la legge sul contratto di primo impiego (CPE). La polizia
ha fatto uso di lacrimogeni e manganelli. A nulla è valsa l’opposizione degli
studenti che avevano formato una catena umana al grido di “Resistenza
pacifica!”. Feriti nel blitz 11 gendarmi, oltre ad un fotografo ed uno
studente. La norma contestata, appena varata dal governo, prevede, entro il
periodo di prova di due anni, la possibilità di licenziare senza giustificazione
i neoassunti di età inferiore ai 26 anni. Sgomberi analoghi hanno avuto luogo
nella notte anche in numerose altre delle 85 Università francesi, presidiate
nei giorni scorsi dai manifestanti.
In Italia, i dirigenti della Rai e i collaboratori di
Berlusconi e Prodi sono al lavoro in queste ore per mettere a punto le regole
dell’atteso confronto televisivo tra i due candidati premier. Confronto che
potrebbe svolgersi martedì prossimo, e che si annuncia particolarmente aspro
anche in seguito alle due ultime inchieste giudiziarie che in un caso vedono
coinvolto lo stesso premier; e nell’altro hanno portato alle dimissioni del
ministro della Sanità Storace. Servizio di Giampiero Guadagni:
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Francesco Storace ha formalizzato questa mattina con una
lettera al Capo dello Stato le dimissioni annunciate ieri da ministro della
Salute. Storace parla di dovere di trasparenza verso il Paese e ribadisce la
sua indignazione per l’accusa di spionaggio politico e il suo diritto a
difendersi per conoscere subito la verità ed evitare le strumentalizzazioni
della sinistra. La vicenda riguarda un presunto tentativo di spionaggio
politico per screditare Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini, avversari di
Storace alle elezioni per la presidenza della Regione Lazio nell’aprile dello
scorso anno. L’inchiesta della procura di Milano ha portato nei giorni scorsi
all’arresto di 16 persone: 11 investigatori privati, due finanzieri, un
poliziotto e due dipendenti di una azienda telefonica milanese. E ieri,
appunto, le dimissioni di Storace. Una lezione di moralità politica, commentano
Fini e Berlusconi, il quale voleva respingere le dimissioni e ora assume
l’interim della sanità. Inevitabile lo scontro tra i due schieramenti. L’Unione
chiede al Governo di chiarire in Parlamento. Dura in particolare la polemica
del centrodestra con Fassino, che dà per provata l’attività spionistica.
Storace e gli altri leader della Casa delle libertà contestano le parole del
leader DS e contrattaccano puntando il dito sulle intercettazioni telefoniche
che hanno visto protagonista lo stesso Fassino nella vicenda Unipol. Da parte
sua Romano Prodi definisce questa fine legislatura una vera e propria catastrofe.
In ballo c’è anche il rinvio a giudizio chiesto dalla procura di Milano nei confronti
di Berlusconi nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità nella
compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset. Il centrodestra parla
di giustizia ad orologeria. Ed è facile prevedere che il tema farà irruzione
nell’attesissimo primo confronto televisivo tra Berlusconi e Prodi. Per il
momento non se ne conosce il giorno, anche se si ipotizza martedì prossimo. E
neppure il nome del conduttore, ruolo mai tanto delicato come in questa
occasione.
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Il parlamento kosovaro ha votato la fiducia al nuovo primo
ministro, ad Agim Ceku. L’ex capo dell'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK)
ha ottenuto il voto di 65 deputati su 120. La Serbia Montenegro, che il mese
scorso ha avviato negoziati con le autorità di Pristina per il futuro status
della provincia del Kosovo, accusa Ceku di crimini di guerra compiuti durante
il conflitto del 1998-99. Per questo le autorità serbe avevano chiesto all'ONU
di bloccare la nomina del premier. Intanto il ministro degli esteri britannico,
Jack Straw, ha affermato che l’indipendenza della provincia serba del
Kosovo è “quasi inevitabile” e che la
Serbia dovrebbe “accettare” questa realtà.
In Cecenia, almeno sette soldati russi e un poliziotto
sono rimasti uccisi nelle ultime ore in diversi attacchi della guerriglia. Lo
riferiscono fonti del governo filorusso della Repubblica caucasica. Solo in un
caso, a Nozhai-Yurt, due militari sono morti per lo scoppio accidentale di un
ordigno che stavano per lanciare ai ribelli.
L’11 marzo di due anni fa, Madrid venne sconvolta da una
serie di esplosioni in quattro stazioni ferroviarie che costarono la vita a 192
persone. Oggi sono in programma diverse manifestazioni. La cerimonia centrale è
al "Bosco del ricordo" con il premier Zapatero e il leader
dell'opposizione Rajoy. Intanto il ministero degli Interni spagnolo ha reso
noto di aver risarcito i parenti delle vittime degli attacchi, stanziando quasi
60 milioni di euro.
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