RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 69 -
Testo della trasmissione di venerdì 10
marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Al via oggi a Torino le Paralimpiadi invernali:
con noi Luca Pancalli
CHIESA E SOCIETA’:
Aperta
oggi a Braga, nel nord del Portogallo, la settimana sociale portoghese
Viaggio ecumenico dell’arcivescovo di Bologna Carlo
Caffarra in Turchia: incontrerà Bartolomeo I
A Nairobi, sospeso lo sfratto di 300 mila persone
nelle baraccopoli
La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi e
dell'avvocato David Mills con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. Il
portavoce del premier: è un teorema falso
10 marzo 2006
SE SI ANNEBBIA LA FEDE
NELLA RISURREZIONE DI GESU’ CROLLA
LA
SPERANZA CRISTIANA E SI CEDE AI MESSIANISMI: COSI’ IL CARDINALE MARCO CE’
DURANTE LE MEDITAZIONI DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI
DELLA QUARESIMA,
DEDICATE
AGLI AVVENIMENTI DEL TRIDUO PASQUALE
La preghiera di Gesù nel Getsemani,
la morte sul Calvario, la Risurrezione. Il dramma della salvezza cristiana è
stato ripercorso questa mattina dal cardinale Marco Cé nelle due meditazioni
degli esercizi spirituali della Quaresima, che il Patriarca emerito di Venezia
sta predicando da lunedì scorso al Papa e alla Curia Romana. Ascoltiamo il
servizio di Alessandro De Carolis.
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Per quattro giorni, le
meditazioni hanno seguito la cronaca dell’evangelista Marco, che dall’episodio
del Battesimo nel Giordano alla sosta di Cesarea di Filippo racconta la grandezza del Gesù-Messia, che
annuncia il regno di Dio operando miracoli. Al quinto giorno, venerdì, lo
scenario degli esercizi spirituali predicati dal cardinale Cé cambia tono
quando il Vangelo passa a descrivere l’apparente, ma definitiva per chi vi
assiste, caduta in disgrazia di quell’uomo che aveva fatto sognare masse di
persone. Quando per lui si appresta il momento di entrare a Gerusalemme per
l’ultimo atto della sua vita in terra, il Cristo annunciatore e guaritore - ha
spiegato il cardinale Cé nella prima meditazione - sceglie ad un certo punto di
avvolgere in “severo silenzio” la propria messianicità, “perché non venisse
equivocata” dal popolo “con speranze mondane”. Ora, ciò che di Gesù viene in
risalto è la sua solitudine e insieme la sua incondizionata adesione alla
volontà del Padre. L’icona evangelica di questo passaggio è il brano dell’Orto
degli Ulivi:
“L’agonia del Getsemani ci
consente di entrare ‘dentro’ il mistero della Passione, per coglierne il cuore,
e il cuore è questo: si offrì volontariamente
alla morte. I tratti che caratterizzano la preghiera di Gesù nel Getsemani sono
la sconvolgente sofferenza psicologica, la solitudine totale di Gesù e il
crollo di tutta la sua opera. Nello stesso tempo, la conformità totale e
radicale della sua volontà a quella del Padre”.
Il Patriarca emerito di Venezia
ha tratteggiato con commozione la condizione psicologica e umana nella quale
Cristo si avvicina alla cattura e alla morte. Sin dal Getsemani, ha detto, Gesù
“è lasciato drammaticamente solo”. Chiede di non bere il calice della Passione,
ma accetta senza riserve ciò che suo Padre ha disposto. “Non c’è preghiera più
umana e più sofferta di questa - ha notato il predicatore degli esercizi – e
allo stesso tempo non c’è abbandono più filiale di questo”. La “solitudine
morale” di Gesù prosegue tra le crudeltà fisiche sul Calvario. “Per tutti è lo
sconfitto”. Ma esalato l’ultimo respiro, la storia del Vangelo di Marco cambia
ancora. Due segni su tutti dimostrano senza dubbio che quella esecuzione sul
Golgota non è come tutte le altre: il velo del Tempio che si squarcia e lo
stupore del primo nemico convertito, il centurione:
“E’ l’adempimento di tutte le
Scritture; ciò che era provvisorio e solo profetico, lascia il posto alla
realtà. La morte di Gesù per amore realizza in pieno il piano di salvezza
voluto dal Padre dall’eternità. Nel suo amore è il vero culto, il vero
tempio, il vero altare, il vero sacrificio che il Padre gradisce. E
il secondo fatto: il centurione che stava di fronte al Crocifisso, vedendolo
spirare in quel modo, in quel modo,
disse: ‘Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio’. Nella confessione di fede del
centurione c’è già la luce della Pasqua che rifulge”.
Nella seconda meditazione, il
Patriarca emerito di Venezia si è soffermato sui primi otto versetti
dell’ultimo capitolo del Vangelo di Marco dove si descrive lo stupore assoluto
delle donne davanti al sepolcro vuoto. Alla vista del giovane che annuncia la
risurrezione di Cristo e il suo attendere i discepoli in Galilea, le donne
fuggono via impaurite. “Certo – ha notato il cardinale Cé - desta stupore
questa conclusione di Marco. Di fatto, però, il rinvio alla Galilea, da dove la
corsa del Vangelo era partita, ci pare alluda ad un nuovo inizio, quello della
Chiesa, che porta a compimento nel tempo il mistero di Gesù”. In questa pagina,
ha proseguito, “c’è l’atto di fede che ci fa cristiani”. Il Vangelo stesso deve
il suo nome a questo momento:
“Che Gesù, il Cristo, Figlio di
Dio, sia una ‘Buona Notizia’ dipende proprio dal fatto che il Crocifisso non è
rimasto nel sepolcro, ma è stato risuscitato. Lui, che tutti ritenevano lo
sconfitto, è veramente il Cristo, è veramente il Figlio di Dio, come aveva
detto. Tutto il Vangelo di Marco prende luce dall’evento della risurrezione del
Crocifisso: il male è vinto, la morte – che è il suo sigillo – è sconfitta”.
Dopo duemila anni, ha concluso
con una esortazione il cardinale Cé,
nel cuore di ogni cristiano dovrebbe vivere ogni giorno lo stupore delle
donne al sepolcro. E’ lì, e non altrove, la radice della fede:
“Se si annebbia la fede nella
risurrezione del Crocifisso, crolla immediatamente la nostra speranza. Rimane
il male come signore della storia e noi consegnati alla disperazione. Allora,
diventiamo impazienti e ci aggrappiamo ai messianismi mondani, al successo,
svuotando la Croce di Cristo nella quale – sola – c’è la promessa della
risurrezione (...) Il Battesimo ci ha immersi nella morte di Cristo e ci ha
resi partecipi della Sua risurrezione; questa grazia va investita nella vita
quotidiana. Va investita nell’obbedienza al progetto di Dio su di noi, va
investita nell’amore dei fratelli”.
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IL PAPA, IN
UN MESSAGGIO A FIRMA DEL CARDINALE SODANO, SALUTA I PARTECIPANTI AL PRIMO
INCONTRO DEI MOVIMENTI ECCLESIALI E
DELLE NUOVE COMUNITÀ
IN AMERICA LATINA, INIZIATO IERI A BOGOTÀ
Il
cardinale segretario di Stato Angelo Sodano ha inviato un messaggio al
presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Stanisław
Ryłko, in occasione del primo Incontro dei Movimenti Ecclesiali e delle
Nuove Comunità in America Latina, iniziato ieri a Bogotà, in Colombia, sul tema: “Discepoli e Missionari oggi”.
Nella lettera il porporato porta i saluti e la benedizione del Papa ai partecipanti. Benedetto XVI –
scrive il cardinale Sodano – invita i
movimenti ecclesiali a
“condividere fraternamente la
ricchezza della propria spiritualità ed
esperienza per contribuire a dare sempre maggior vigore alla vita cristiana in questa parte del mondo in cui
la Chiesa ripone tante speranze”.
Il cardinale segretario di Stato
ricorda le parole del Papa a Colonia durante la Giornata Mondiale della
Gioventù nell’agosto dell’anno scorso: “La spontaneità delle nuove
comunità è importante – aveva detto il Pontefice – ma è pure importante
conservare la comunione col Papa e con i vescovi. Sono essi a garantire che non
si sta cercando dei sentieri privati, ma invece si sta vivendo in quella grande
famiglia di Dio che il Signore ha fondato con i dodici Apostoli”. Il porporato
esprime infine la propria gratitudine per i “tanti sforzi compiuti con
generosità e competenza” dai movimenti ecclesiali per “dare un rinnovato
impulso alla evangelizzazione di tutti i settori della società”.
L’incontro di Bogotá ha luogo nella
sede della Conferenza episcopale colombiana con la partecipazione di esponenti
del Pontificio Consiglio per i Laici,
del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) e della Commissione
preparatoria della quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano
che si svolgerà in Brasile nel maggio del 2007. I lavori si chiuderanno
domenica prossima.
“La
Libertà religiosa è un diritto umano fondamentale inerente ad ogni essere umano
che va difeso e promosso”, un diritto di reciprocità “che comporta un dovere
che deve valere per tutti, in ogni luogo”. E’ quanto sottolinea il cardinale
Renato Raffaele Martino che oggi torna sulle sue dichiarazioni di ieri relative
all’insegnamento del Corano nelle scuole italiane. Il presidente del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace lo fa innanzitutto “per una serena valutazione”
delle dichiarazioni apparse sulla stampa “e per una corretta comprensione delle
stesse al fine di fugare interpretazioni di parte e talvolta fuorvianti”. Ecco
dunque, la riflessione del cardinale Martino, raccolta da Luca Collodi:
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R. - Sono convinto che l’applicazione di un
principio è cosa complessa che necessita di molti passaggi e di sagge
considerazioni. A questo riguardo sarebbe bene che si legga quanto afferma il
Compendio della dottrina sociale della Chiesa ai nn. 421 e 422. La
disponibilità da me dimostrata all'inserimento dell'insegnamento della
religione islamica nell'ordinamento scolastico italiano va fatta con quella
prudente valutazione che comporta da parte della comunità islamica il rispetto
e la valorizzazione del Cristianesimo e dei valori che, da esso ispirati, hanno
dato forma alla cultura e alla identità del mondo occidentale.
D. – Non viene, dunque, meno il ruolo della
reciprocità anche nel rapporto con l’islam…
R. - Non ho inteso minimizzare il dovere della
reciprocità: se la libertà religiosa è
un diritto umano fondamentale - espressione forte della verità e della
dottrina cristiana - deve valere anche in quei Paesi dove di fatto i cristiani,
quando non sono perseguitati, vengono emarginati. Basta leggere a questo
riguardo un qualsiasi Rapporto sulla libertà religiosa per rendersi conto di
quanto delicate siano le situazioni che vivono i cristiani in contesti
caratterizzati da altre maggioranze religiose. Ritengo anzi che si debba
iniziare a reclamare con maggior vigore la reciprocità.
D. – Una reciprocità che trova nel fondamentalismo
l’ostacolo principale…
R. – Quando ho parlato di fondamentalismo laicista
e di fondamentalismo religioso intendevo riferirmi a due posizioni che negano
una corretta presenza della religione nello spazio pubblico, perché il primo la
nega e il secondo questo spazio lo occupa.
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LA CHIESA S’INTERROGA SULLE SFIDE DELLA MISSIONE
IN EUROPA:
NEI PAESI DELL’EST IN CERCA DI IDENTITA’,
DOPO LA LUNGA STAGIONE DEL COMUNISMO E
DELL’ATEISMO DI STATO
E NEI PAESI OCCIDENTALI SEMPRE PIU’
SCRISTIANIZZATI
“Sfide e prospettive della
missione”: tema al centro delle seconda giornata del Convegno internazionale
per il 40.mo anniversario del Decreto conciliare ad Gentes sull’attività missionaria
della Chiesa, organizzato a Roma dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli e dalla Pontificia Università Urbaniana ed ospitato presso questo
Ateneo. Ieri l’apertura dei lavori del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto del
dicastero vaticano, che ai nostri microfoni ha sottolineato come la chiamata
alla missione interpelli - alla luce di quanto indicato profeticamente dal
Decreto conciliare ad Gentes - tutti
i membri della Chiesa, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, che devono confrontarsi con le nuove
sfide dei tempi odierni come la mondializzazione, l’inculturazione e il
dialogo. Il servizio di Roberta Gisotti.
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Mattinata dedicata in particolare
alle sfide della missione in Europa, di cui
hanno parlato il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia e il
cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo. “Mentre la Chiesa cresce in
tutto il mondo in Europa diminuisce”, ha constatato il cardinale Meisner. E, i
Paesi nell’Europa dell’Est, usciti dal dominio comunista e dall’ateismo di
Stato sono in parte ancora sotto tale influsso, e se “con la glasnost e la
perestrojka è arrivata un certa libertà - ha osservato il porporato - al
contempo si è posto anche un compito da non sottovalutare: “trovare un nuovo
orientamento sia politico che religioso”. D’altra parte i popoli delle regioni
occidentali, che dal dopoguerra godono di tale libertà, “si trovano esposti –
ha aggiunto l’arcivescovo di Colonia - ad altri influssi non meno pericolosi
per la vita del Cristianesimo”, che hanno “privatizzati e individualizzati gli
stili di vita e le concezioni del mondo”. In ambedue i fronti si profilano
sviluppi che “tendono alla perdita della fede in Dio”. Quel “Dio sconosciuto”
di cui la Chiesa oggi deve ancor più che ai tempi di San Paolo essere testimone
in una società “a ragione chiamata “post-cristiana”. “E tutti siamo – ha
raccomandato infine il porporato - ugualmente inviati, e non solo in Paesi
esotici e continenti lontani, ma anche sulle strade e piazze della nostra
patria occidentale” ad annunciare la Buona Novella, sfruttando “la credibilità
maggiore che è propria della testimonianza personale”.
Del resto, come ha esortato il
cardinale Puljic, “ogni via inizia con il primo passo”. Ogni rinnovamento e
riforma della Chiesa inizia da noi e dal nostro cuore. Dunque “non bisogna
aspettare gli altri” e dobbiamo avere “maggiore coraggio” per essere missionari
nelle nostre terre da lungo tempo evangelizzate. “Forse non siamo lontani - ha
previsto l’arcivescovo di Sarajevo – dalla venuta di missionari stranieri nei
nostri territori. Forse ci ricambieranno quelli d’Africa, d’Asia e d’Oceania” a
suo tempo terre di missione. Pensiero condiviso dal cardinale Meisner che nel
suo intervento ha pure sottolineato lo “scambio vivente fra Chiese locali
antiche e giovani”. Se le Chiese locali
europee si interrogheranno in futuro – su come sostenere le Chiese sorelle dei
Paesi in via di sviluppo - ha suggerito il porporato - dovranno anche
domandarsi quale aiuto possono sperare da parte loro.
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Il tema della secolarizzazione
nelle società contemporanee è emerso, dunque, con forza durante i lavori del
Convegno. Su questo aspetto Giovanni Peduto ha interpellato il rettore della
Pontificia Università Urbaniana, il prof. Ambrogio Spreafico, chiedendogli come
annunciare Cristo in contesti sociali sempre più scettici di fronte ad una
verità assoluta:
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R. - Da una parte non
rinunciando ai propri valori, non cedendo al relativismo, dall’altra
comunicando con fermezza e insieme rispetto la verità che viene dalla nostra
vita di fede. Ma questo mondo ha bisogno di una verità comunicata nell’amore.
Dice il Papa nell’Enciclica Deus Caritas est: “In verità, l’umanizzazione
del mondo non può essere promossa rinunciando a comportarsi in modo umano….Il
programma del cristiano – il programma del Buon samaritano, il programma di
Gesù – è un cuore che vede.” (n. 31) …E
più avanti afferma: “…la miglior difesa di Dio e dell’uomo consiste proprio
nell’amore.”
D. - Chi è oggi il missionario?
R. - Non mi sentirei di dire che
oggi il missionario è diverso da ieri. Il missionario è un uomo, una donna,
animati da una fede profonda, che hanno “un cuore che vede”, che vede il bisogno
di coloro che lo circondano, a cominciare dai poveri e da quelli che sono
lontani dalla fede. Il missionario è qualcuno che ha scoperto quanto è prezioso
l’amore di Gesù per le folle, la sua compassione, e che comincia a viverlo
comunicandolo con la vita, le parole, le opere. Egli allora vede i poveri, la
sofferenza del mondo, valica i confini etnici, dialoga con le culture senza
disprezzarle, comunica loro la forza trasfigurante del Vangelo di Gesù Cristo
morto e risorto. Per questo il missionario non teme di uscire dal suo mondo per
donarsi a un mondo diverso dal suo. In questo senso il missionario è
spiritualmente sempre lo stesso, anche se i tempi sono cambiati.
D. -
Come armonizzare la missione e io dialogo nel contesto attuale?
R. - Per
prima cosa vorrei dire che dialogo non significa rinuncia alla propria
identità. Non esiste un dialogo senza identità, altrimenti non è dialogo.
Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris Missio (paragrafo 55) dice
che “il dialogo fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa…Alla luce
dell’economia di salvezza, la chiesa non vede un contrasto tra l’annuncio di
Cristo e il dialogo interreligioso, sente, però, la necessità di comporli
nell’ambito della missione ad gentes. Occorre quindi che questi due elementi
mantengano il loro legame intimo e, al tempo stesso la loro distinzione, per
cui non vanno né confusi, né strumentalizzati, né giudicati equivalenti come se
fossero intercambiabili”. Il testo mi sembra chiaro a sufficienza. Non è il
dialogo che affievolisce la missione, ma è la scarsa convinzione che l’unico
Salvatore sia Gesù Cristo e che quindi si debba comunque essere suoi testimoni
e annunciatori. Vorrei ricordare la figura di don Andrea Santoro, prete romano
che aveva scelto di vivere in Turchia in terra islamica. Non si può dire che
non fosse animato da passione missionaria, anche se era consapevole che la
testimonianza della vita era il suo modo per annunciatore di Cristo. Per questo
è stato ucciso.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina un articolo sul Malawi, dove le alluvioni stanno devastando un
Paese già stremato. Si teme un'epidemia di colera tra gli sfollati.
Servizio
vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.
Servizio
estero - Un articolo di Gabriele Nicolò sulla Repubblica Democratica del Congo:
in occasione delle elezioni parlamentari e presidenziali del prossimo 18 giugno
i Vescovi hanno redatto un Documento in cui auspicano che l'appuntamento elettorale
rappresenti un'occasione per costruire un Paese "nuovo".
Servizio
culturale - Un articolo d Fabrizio Contessa sul volume "Caro Giussani.
Dieci anni di lettere a un padre".
Servizio
italiano - Politici spiati da detective privati: sedici arresti a Milano.
L'inchiesta legata a quella sulle intercettazioni - Polemica sul coinvolgimento
di Storace.
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10 marzo 2006
OGGI
AL VIA A TORINO LE PARALIMPIADI INVERNALI PER GLI ATLETI DISABILI
- Intervista
con Luca Pancalli -
Riflettori di nuovo
accesi su Torino 2006. Stasera allo stadio Olimpico, già scenario delle
cerimonie di apertura e di chiusura dei XX giochi olimpici invernali, alla
presenza del presidente della Repubblica italiana Carlo Azelio Ciampi, prenderà
il via la IX edizione delle Paralimpiadi della neve, riservate agli atleti
disabili. Un evento che, mai come quest’anno, promuove messaggi di grande
valore sociale. Ce ne parla Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano
Paralimpico, intervistato da Giancarlo La Vella:
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R. – Il messaggio è assolutamente quello che ho ribadito
fino ad oggi cioè che lo sport non fa differenze. Lo sport è un incredibile
strumento di integrazione, di trasmissione di valori e gli atleti disabili
rivendicano la loro dignità nel pieno rispetto della loro normalità di atleti,
ritenendosi atleti senza altre aggettivazioni. Io credo che questo sia un
messaggio giustamente e correttamente veicolato nel Paese a promuovere una
cultura della normalità che indubbiamente aiuta tanti ragazzi disabili che
ancora non si sono avvicinati o reintegrati.
D. – Di fatto nella società odierna c’è ancora differenza
e discriminazione tra i normodotati e i portatori di handicap, secondo lei?
R. – Io non parlerei tanto di discriminazione però ci sono
ancora tanti problemi. Ci sono tante cose ancora da affrontare, tanti ostacoli
da superare, tanti preconcetti; pensa al mondo del lavoro, all’inserimento nel
lavoro dei ragazzi disabili, e a tante altre piccole quotidiane difficoltà
però, guardiamo sempre il bicchiere mezzo pieno. Tante cose stanno migliorando:
c’è una sensibilità sempre più diffusa nei confronti di questo tipo di
problematiche e devo dire che in questo, lo sport italiano forse è andato un
po’ più avanti della società civile. Quello che si è riuscito a fare nel mondo
dello sport italiano ha qualcosa dell’incredibile e devo dire che anche
l’attenzione che oggi viene dedicata dai giornalisti all’evento di Torino 2006
– 1000 giornalisti accreditati, diritti
televisivi acquistati in tutto il mondo – e in Italia una copertura mai avuta
prima di oggi, credo che ne siano una chiara testimonianza.
D. – Presidente, lei è stato agonista, atleta di primo
ordine, sia come normodotato e poi come portatore di handicap. Quali differenze
ha notato?
R. – Dal punto di vista del vivere lo sport, vivere
l’impegno agonistico, vivere la prestazione e il palcoscenico olimpico o
paralimpico - che sono i palcoscenici più ambiti sui quali ogni atleta vuole
recitare almeno una volta nella vita - assolutamente nessuna differenza. I
sacrifici sono gli stessi, la voglia di vincere è la stessa, la voglia di
impegnarsi è la stessa. Quello che cambia un po’, è nell’attenzione da parte
dei media; certamente minore attenzione, spesso un’attenzione di minor qualità
nel senso che si tende ad evidenziare più gli aspetti solidaristici o
pietistici delle vicende umane che non gli aspetti tecnico agonistici. Però
anche in questo, devo dire che ci sono grandi segnali di cambiamento e di questo
do atto ai media, siano essi carta stampata che televisivi.
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CONVEGNO A ROMA SULLA COOPERAZIONE
UNIVERSITARIA TRA EUROPA ED AFRICA. DOMANI SERA, MIGLIAIA DI STUDENTI IN
VATICANO DAL PAPA
PER LA
VEGLIA MARIANA
Il ruolo delle Università europee nella formazione degli
studenti africani. Questo il tema principale affrontato ieri nell’ambito del
convegno “cooperazione universitaria Europa-Africa”. L’incontro, a cui hanno
partecipato diversi esponenti governativi ed accademici, si è svolto in vista
della “IV giornata europea degli universitari”, in programma, domani sera in
Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI, che presiederà una veglia mariana. Il
servizio di Eugenio Bonanata:
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Gli atenei europei possono dare un valido contributo alla
formazione di giovani africani. Si tratta di mettere a servizio dei Paesi in
via di sviluppo soluzioni già collaudate, con l’obiettivo di promuovere delle
concrete occasioni di crescita. Ma non si tratta di un aiuto a senso unico,
bensì di un aiuto fondato sullo scambio vicendevole. Alberto Ferreira,
professore dell’Università Cattolica di Beira, in Mozambico, mette in guardia
da alcuni rischi:
R. – Almeno non creare delle dipendenze ma creare delle
opportunità in modo tale da offrire agli africani la possibilità di
svilupparsi, di camminare forse da soli però aiutati da quelli che hanno delle
possibilità.
Dall’Africa all’Italia, ieri sono stati diversi gli
interventi del mondo accademico cattolico e statale. Renato Guarino, rettore
dell’Università “la Sapienza di Roma”, illustra le prospettive del suo ateneo:
R. – E’ arrivato il momento di intensificare queste
collaborazioni. Quindi da una parte accogliere gli studenti e poi invece
trasferire delle nostre attività nei Paesi africani. Possono essere attività di
didattica ma soprattutto anche attività di ricerca.
In questo percorso di promozione della conoscenza risulta
molto determinante il ruolo della Chiesa. La sfida contemporanea – come è stato
ribadito più volte all’incontro – è di difendere con sempre maggior vigore la
centralità dell’uomo. Alberto Ferreira riporta l’esempio dell’Università
Cattolica in Mozambico:
R. – Quello è stato un sogno, il sogno cioè dei vescovi di
far si che possa sorgere una università che possa decentralizzare le
potenzialità che esistono in Monzambico perché all’inizio c’era soltanto
un’università, diciamo così, dello Stato. Per cui credo che questo sia un
esempio che può anche, forse, rafforzare un po’ questa cooperazione. Cercare di
motivare ed anche incentivare quei meccanismi, quei processi che fanno sì che i
monzambicani si valorizzino, sappiano che sono capaci di fare qualcosa.
L’iniziativa culminerà domani sera in Aula Paolo VI,
quando Benedetto XVI riceverà migliaia di giovani africani ed europei, molti
dei quali collegati in video conferenza dalla Nigeria o dalla Costa D’Avorio,
ma anche da Russia, Bulgaria e Svizzera.
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10
marzo 2006
APERTA OGGI A BRAGA, NEL NORD
DEL PORTOGALLO,
LA SETTIMANA SOCIALE PORTOGHESE. AL CENTRO
DELL’ASSISE ECCLESIALE,
IL PROBLEMA DELLA DISOCCUZIONE. NELL’INTERVENTO
D’APERTURA,
IL CARDINALE POLICARPO, PATRIARCA DI LISBONA, HA
RIBADITO, CITANDO
LA DEUS CARITAS EST, CHE LA CHIESA DEVE
DARE IL SUO CONTRIBUTO
ALL’ARMONIA DELLA SOCIETA’ SENZA CONDURRE
BATTAGLIE POLITICHE
- A cura di Riccardo Carucci -
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LISBONA.
= Il problema della disoccupazione è al centro della Settimana sociale
portoghese, che si è aperta oggi a Braga. Situata nel Nord del Portogallo,
Braga è il centro tradizionale del cattolicesimo lusitano. Il suo arcivescovo,
mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga, è attualmente presidente della Conferenza
episcopale portoghese. Quella delle Settimane sociali è una tradizione già
antica della Chiesa in Portogallo, e l’ultima si tenne nel 2001. Questa volta,
il tema di questa iniziativa, promossa dalla Conferenza episcopale, attraverso
la sua Commissione per il laicato e la famiglia, è “Una società creatrice di
impieghi”. In effetti, la disoccupazione sta diventando un problema sempre più
serio in un Paese relativamente povero e arretrato come il Portogallo. La
percentuale di disoccupati non è altissima, ma secondo i dati ufficiali ha
raggiunto ormai l’8 per cento della forza di lavoro, e secondo altri dati
potrebbe in realtà arrivare al 10 per cento. Insomma, ci sono oltre 500 mila
persone senza lavoro e un’inversione di tendenza si profila solo verso la fine
del 2007. Aprendo oggi i lavori, il cardinale José da Cruz Policarpo, Patriarca
di Lisbona, ha citato l’Enciclica Deus
caritas est di Benedetto XVI per ricordare che la Chiesa non deve condurre
battaglie politiche né prendere il ruolo dello Stato, ma non può farsi da parte
nella lotta per la giustizia. La Chiesa, quindi, ha un suo contributo da dare
all’armonia della società con la sua dottrina che non presenta soluzioni
concrete, ma ha una funzione profetica e di illuminazione delle coscienze. “E –
ha ricordato il cardinale Policarpo – la presenza critica della dottrina
sociale della Chiesa cattolica non si fa solo attraverso il magistero
dottrinale, ma anche con l’azione dei cristiani nella società che deve
impregnare di giustizia e di amore le soluzioni cercate”. La Settimana si
articola in vari gruppi di lavoro che dibattono temi sociali ed economici, con
la partecipazione di personalità come l’ex presidente della Commissione
europea, Jacques Delors, il governatore della Banca del Portogallo, Vitor
Constancio, e l’ex primo ministro portoghese e attuale Alto Commissario delle
Nazioni Unite per i Rifugiati, Antonio Guterrez. Domenica chiuderà i lavori
intervenendo sulla questione sociale nella prospettiva della dottrina sociale
della Chiesa, il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace, il quale presiederà anche la liturgia di chiusura
nella cattedrale di Braga.
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VIAGGIO ECUMENICO
DELL’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA CARLO CAFFARRA IN TURCHIA:
IL PRESULE INCONTRERA’ IL PATRIARCA ECUMENICO DI
COSTANTINOPOLI
BARTOLOMEO I, CHE NEL NOVEMBRE SCORSO AVEVA
VISITATO
L’ARCIDIOCESI BOLOGNESE
- A cura di Stefano Andrini -
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BOLOGNA.
= L'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, incontrerà il Patriarca ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo I, nel corso di un viaggio in Turchia che inizia
oggi e durerà fino al 15 marzo. Il momento centrale della visita sarà domenica
quando mons. Caffarra assisterà alla liturgia nella cattedrale patriarcale di
San Giorgio al Fanar, nell'antico quartiere cristiano di Costantinopoli, in
occasione della solenne celebrazione della festa dell'Ortodossia. L’invito
all’arcivescovo era stato fatto nel novembre scorso dallo stesso Patriarca
ecumenico durante la sua visita a Bologna al termine di un momento di preghiera
comune dinanzi all’icona della Madonna di San Luca. Nel corso della “tre
giorni” bolognese Bartolomeo I presiedette i Vespri in rito bizantino nella
basilica di San Petronio e ricevette dall’Università la laurea honoris causa
in Conservazione dei beni culturali. “Quest'incontro”, ha dichiarato mons.
Caffarra, prima della partenza, “permette di continuare un rapporto di profonda
fraternità che si è instaurato tra la Chiesa di Bologna e quella di
Costantinopoli”. Per la Chiesa bolognese, ha aggiunto, “si tratta di un gesto
significativo per un duplice motivo: da una parte è segno di unità, dall'altra
fa percepire il dolore di questa ferita per una piena comunione non ancora
raggiunta. E perciò raccomando continuamente ai fedeli di pregare, affinché il
Signore ci faccia questo dono”.
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A NAIROBI, SOSPESO LO SFRATTO
DI 300 MILA PERSONE NELLE BARACCOPOLI.
IN ITALIA MISSIONARI ED ASSOCIAZIONI SOSTENGONO I
DIRITTI DEI SENZA TETTO
KENYANI CON UNA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE
NAIROBI.
= È stato sospeso, a Nairobi, lo sgombero di 300 mila persone dagli slum,
gli agglomerati di baracche dove, nella periferia della capitale kenyana,
in tanti vivono in miseria e povertà. Padre Eugenio Ferrari,
missionario della Consolata e direttore delle Pontificie Opere Missionarie del
Kenya, ha voluto richiamare l’attenzione sulle difficili condizioni di questi
senzatetto. “La situazione è veramente drammatica - riferisce il religioso
all’agenzia Fides - soprattutto adesso con l’avvicinarsi della
stagione delle piogge. L’emergenza acqua si è trasformata in dramma per
coloro che vivono nelle baraccopoli”. Per offrire sostegno a quanti
abitano in queste aree dimenticate, il governo kenyano prevede la costruzione
di strade e fognature, la fornitura di acqua potabile ed elettricità. Ma per
realizzare queste opere dovranno essere demolite alcune abitazioni, con la
conseguenza che in tanti perderanno le loro proprietà. A sostenere in Italia il
diritto alla terra e alla casa di questi bisognosi delle periferie di Nairobi,
si distingue la “Campagna WNairobiW!”. Inoltre, l’associazione sollecita la
cancellazione del debito estero del Kenya. Voluta da missionari, associazioni
nazionali ed internazionali, già nel 2004 la Campagna ha promosso la
sospensione dello sfratto forzato di oltre 300 mila persone nella capitale
kenyana. Ora “WNairobiW” ha ribadito le seguenti priorità: ottenere dal governo
del Kenya e dalle autorità locali garanzie sul blocco di tutte le operazioni di
demolizione e sgombero; costituire, infine, all’interno dell’intesa di
conversione del debito tra Kenya e Italia, un “Fondo popolare per la terra e la
casa”. Per i promotori della campagna è necessario raggiungere il consenso su
due principi ‘chiave’: la proprietà della terra nelle baraccopoli da
riurbanizzare deve essere riconosciuta alle comunità che abitano lì. Viene
infine auspicato un maggiore coinvolgimento della società civile kenyana.
(S.C.)
ANALIZZARE LE CAUSE DEL
TERRORISMO PER PROMUOVERE LA PACE:
E’ L’OBIETTIVO DI UNA CONFERENZA INTERRELIGIOSA
CHE SI TERRA’
A MAGGIO IN UN TEMPIO SIKH DI NEW YORK
NEW YORK. = Indetta
per maggio prossimo a New York
dalla “Fondazione per l’armonia religiosa e la pace universale”, (FRHUP) una
conferenza interreligiosa mondiale al fine di promuovere la pace ed analizzare
le cause del terrorismo. Questa iniziativa vuole essere anche la risposta
dell’organizzazione agli attentati a Varnasi (Benares), città santa
dell’induismo. L ’incontro – informa l’agenzia MISNA – avrà luogo nel
principale tempio sikh della città nordamericana, teatro dell’attentato alle
Torri Gemelle. Scopo della conferenza, a cui parteciperanno i rappresentanti di
tutte le principali fedi religiose, sarà quella di fornire suggerimenti ai
politici e alla gente comune per identificare le origini del terrorismo e
trovare soluzioni perché prevalga la pace. “La pace mondiale è la sola risposta
alla crescente violenza terroristica - ha riferito il presidente della
fondazione, Karnail Singh Gareeb - la pace sarà raggiunta solo quando i capi di
Stato ed i capi religiosi e politici si parleranno”. Creata a New Delhi nel
2001, la fondazione ha realizzato lo scorso anno la sua prima sessione generale
sulla pace con la partecipazione di rappresentanti delle religioni induista,
buddista, baha’i, sikh, cristiana, musulmana, giudaica, zoroastriana,
confuciana e scintoista. (S.C.)
AL VIA OGGI, A MAGLEÅS IN DANIMARCA, LA PLENARIA
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE
SCANDINAVA, CHE RIUNISCE I VESCOVI DI SVEZIA, DANIMARCA,
NORVEGIA,
FINLANDIA ED ISLANDA
COPENAGHEN.=
Al via oggi la plenaria della Conferenza episcopale scandinava a Magleås in
Danimarca. L’assise si concluderà il 15 marzo. La Conferenza episcopale
scandinava ha 12 membri che rappresentano le sette diocesi in Svezia,
Danimarca, Norvegia, Finlandia e Islanda. Complessivamente, la Conferenza
episcopale rappresenta circa 250 mila cattolici. E’ stata creata e approvata
nel 1962. Lo statuto attuale è stato approvato nel 1985. Nell’ultima plenaria,
tenutasi dal 9 al 14 settembre 2005 a Reykjavik in Islanda, i vescovi hanno
approvato un appello sulla migrazione. In particolare, i presuli hanno
sottolineato come “l’immigrazione abbia permesso alla Chiesa cattolica di
crescere ed evangelizzare questi Paesi molto secolarizzati, per cui la Chiesa
ringrazia gli immigrati”. Inoltre, nel documento, si lamenta “un calo di
generosità nei confronti di profughi e crescente segregazione”. I vescovi,
infine, si impegnano ad offrire “cura pastorale nelle lingue degli immigrati”,
senza “creare parrocchie nazionali ma piuttosto rafforzare l’unità”. (A.G.)
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10 marzo 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
La controversa questione del
programma nucleare iraniano continua ad essere al centro della politica
internazionale: il responsabile della Politica Estera europea, Javier Solana,
non esclude la possibilità di sanzioni contro l’Iran. “Ma non vogliamo –
aggiunge Solana – che venga danneggiato il popolo iraniano”. Il ministro degli
Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, precisa che i negoziati sono possibili.
“Ma l’Iran – prosegue il ministro – deve capire che non ha scelta”. Il premier
britannico Tony Blair, in visita in Slovacchia, e il primo ministro slovacco, Mikulas
Dzurinda, ribadiscono, inoltre, che la Repubblica Islamica deve rispettare i
suoi impegni internazionali. Ieri, il segretario di Stato americano,
Condoleezza Rice, ha anche dichiarato che l’Iran costituisce la principale
sfida per gli Stati Uniti. La politica di Teheran – ha osservato – mira a
“sviluppare un Medio Oriente del tutto diverso da quello che vogliamo noi” e a
“realizzare un’arma nucleare”. Ma il governo di Teheran continua a
ribadire che non cederà alle minacce degli Stati Uniti e proseguirà con le
proprie attività. Il
dossier nucleare iraniano è stato trasferito al Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite dopo la riunione dei governatori dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica, tenutasi nei giorni scorsi a Vienna.
In
Medio Oriente, il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha ordinato la
chiusura dei Territori palestinesi, a partire da domenica e per quattro giorni,
per timore di nuovi attentati. L’avvertimento è arrivato dai servizi di
sicurezza israeliani, secondo cui possibili attentati terroristici potrebbero
colpire le celebrazioni della festa ebraica del Purim, in programma questo fine
settimana. Il premier ad interim israeliano Ehud
Olmert ha ribadito, intanto, che l’obiettivo del suo partito “Kadima” è di
riportare tutti i civili israeliani all’interno della barriera di separazione
in costruzione in Cisgiordania. Sul versante palestinese, il leader del
movimento radicale Hamas, Khaled Meshaal, ha definito una “dichiarazione di
guerra” l’intento di Olmert di fissare entro il 2010 le frontiere definitive
dello Stato ebraico.
In Iraq, un nuovo attentato
suicida ha causato la morte di almeno 11 persone a Falluja, roccaforte sunnita
a nord di Baghdad. Due ordigni, esplosi a Samara, hanno provocato altri tre
morti. Nel Paese arabo, intanto, ha destato vasta eco la notizia della chiusura
entro tre mesi del carcere di Abu Ghraib. Il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, ha auspicato che le condizioni dei
detenuti in Iraq possano migliorare. Ad Abu Ghraib – ha detto il presule
all’agenzia SIR – “sono state compiute azioni vergognose, non rispettose della
dignità umana”. “Non può dirsi
cristiano - ha aggiunto - chi compie simili abusi”. Sulla decisione di
chiudere il carcere di Abu Ghraib, Massimiliano Menichetti ha raccolto il
commento di Paolo Pobbiati, presidente della sezione italiana di Amnesty International:
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Sicuramente il problema non è
tanto quello di chiudere fisicamente il carcere di Abu Ghraib, quanto di porre
fine ad una serie di comportamenti legati a questo penitenziario: gli arresti
arbitrari, le detenzioni senza limite, l’impossibilità per i detenuti di
conoscere con sufficiente dettaglio le accuse che sono loro contestate e,
soprattutto, l’utilizzo di tecniche di tortura. Ci auguriamo che la chiusura
del carcere di Abu Ghraib possa essere un primo passo rispetto a dei
cambiamenti che devono essere molto più profondi. E’ importante capire quale
sia la motivazione che ha spinto gli americani a fare questa comunicazione; è importante
capire se la decisione è stata presa per chiudere un carcere che ormai è
ampiamente screditato dalle testimonianze fotografiche. Se questo non porterà
ad un cambiamento nei comportamenti della forza multinazionale, Amnesty continuerà a denunciare le
violazioni dei diritti umani che avvengono in Iraq.
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Una bimba
di 12 anni, deceduta nei giorni scorsi in Indonesia, è risultata positiva al
virus H5N1. La
morte della bambina porta a 22 il numero dei decessi provocati dalla cosiddetta
“febbre dei polli” in Indonesia. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS), sono più di 170 i casi umani accertati di influenza
aviaria, di cui almeno 96 mortali, da quando la malattia è apparsa in Asia.
Tragedia in Pakistan: almeno 26 persone
sono morte e altre 7 sono rimaste ferite per lo scoppio di una mina nella
provincia sudoccidentale del Beluchistan. Le vittime, in gran parte donne e
bambini, erano tutte invitate ad un matrimonio. Il Beluchistan, regione ricca
di risorse naturali e di grandi riserve di gas, è teatro di sporadiche violenze
causate da rivendicazioni di alcune tribù locali.
Nel giorno del 47.mo anniversario
dell’insurrezione tibetana contro il governo cinese, il Dalai Lama ha
annunciato di voler andare in Cina in pellegrinaggio. Parlando davanti a
migliaia di persone nella città indiana di Dharmsala, dove ha sede il governo
tibetano in esilio, il Dalai Lama ha rivelato che la sua richiesta è già stata
presentata al governo di Pechino. “I miei inviati - ha detto - hanno ribadito
il mio desiderio di visitare la Cina in pellegrinaggio”.
In Italia, la procura di Milano ha
chiesto il rinvio a giudizio del presidente del Consiglio italiano, Silvio
Berlusconi, e dell’avvocato inglese David Mills, accusati di corruzione in atti
giudiziari. Il portavoce di Berlusconi ha dichiarato che si tratta di “falsi
teoremi”. All’esame degli inquirenti ci sarebbero presunte irregolarità nella
compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset. L’inchiesta
riguarda, in particolare, 600 mila dollari che l’avvocato Mills, marito del
ministro britannico della cultura, avrebbe ricevuto per rilasciare, secondo
l’accusa, false dichiarazioni nell’ambito di due processi: quello per le
tangenti alla Guardia di Finanza e quello per la vicenda “All Iberian”. Per l’avvocato inglese non è
stato chiesto il rinvio a giudizio per falsa testimonianza in quanto il reato è
da considerarsi prescritto.
Sempre in Italia, dopo la notizia
delle indagini su presunte attività di spionaggio politico, il ministro della
Salute, Francesco Storace, ha dichiarato ieri che non esiste alcun dossier su
operazioni di spionaggio nei confronti di due suoi avversari alle regionali del
29 marzo 2005. I politici che, secondo le accuse, avrebbero subito tali
intercettazioni sono l’attuale governatore del Lazio del centrosinistra, Piero
Marrazzo, e la leader del partito di estrema destra
“Alternativa sociale”, Alessandra
Mussolini, che chiede pubbliche e immediate spiegazioni. Si tratta di una
“calunnia”, ha aggiunto Storace. Il presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi, ha ribadito, poi, l’urgenza di “accertare la verità”. “Non si può
minimamente ipotizzare – ha dichiarato il capo dell’esecutivo italiano - un
utilizzo dei poteri dello Stato per fini politici”. Il leader dell’Unione,
Romano Prodi, ha espresso, quindi, l’auspicio che si facciano tutte le indagini
e si sappia cosa esattamente sia successo. Il ministro dell’Interno, Giuseppe
Pisanu, ha precisato, inoltre, che si atterrà alle decisioni del Parlamento. I reati contestati dalla procura di Milano, tra i quali intercettazioni
abusive e tangenti in cambio di informazioni, hanno portato all’arresto di 16
persone: 11 investigatori privati, due marescialli della Finanza,
un ispettore di polizia e due dipendenti della TIM.
Risvolti sconcertanti nella vicenda del piccolo Tommaso, rapito il
2 marzo nei pressi di Parma. Il padre del bambino, Paolo Onofri, è indagato con l’accusa di
pedopornografia. Sono state ritrovate nel computer dell’uomo immagini
pedopornografiche e un filmino. “Li stavo
raccogliendo per poi fare una denuncia”, ha detto Paolo Onofri agli
investigatori. L’iscrizione nel registro degli indagati - spiegano le fonti - potrebbe
non essere in relazione con le indagini sul sequestro di Tommaso.
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