RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 69 - Testo della trasmissione di venerdì 10 marzo 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Se si annebbia la fede nella risurrezione di Gesù crolla la speranza cristiana: così il cardinale Marco Cé durante le meditazioni degli esercizi spirituali alla presenza di Benedetto XVI

 

Il Papa, in un messaggio a firma del cardinale Sodano, saluta i partecipanti al primo incontro dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità in America Latina, iniziato ieri a Bogotà

 

Per fugare interpretazioni fuorvianti, il cardinale Renato Raffaele Martino torna - ai nostri microfoni - sulle dichiarazioni rese ieri a proposito dell’insegnamento del Corano nelle scuole italiane

 

La sfida della missione in Europa: se ne è parlato oggi all’Urbaniana al convegno sul 40.mo del decreto conciliare Ad Gentes : intervista con Ambrogio Spreafico

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Al via oggi a Torino le Paralimpiadi invernali: con noi Luca Pancalli

 

Convegno a Roma per rilanciare la cooperazione universitaria tra Europa ed Africa. Domani sera migliaia di studenti in  Vaticano  per la veglia mariana con il Papa  : ce ne parlano Alberto Ferreira e Renato Guarino

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta oggi a Braga, nel nord del Portogallo, la settimana sociale portoghese

 

Viaggio ecumenico dell’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra in Turchia: incontrerà Bartolomeo I

 

A Nairobi, sospeso lo sfratto di 300 mila persone nelle baraccopoli

 

Analizzare le cause del terrorismo per promuovere la pace: è l’obiettivo di una Conferenza interreligiosa che si terrà a maggio in un tempio Sikh di New York

 

Inizia oggi, a Magleås in Danimarca, la plenaria della Conferenza episcopale scandinava che riunisce i vescovi di Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia e Islanda

 

24 ORE NEL MONDO:

La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi e dell'avvocato David Mills con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. Il portavoce del premier: è un teorema falso

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 marzo 2006

 

 

 

SE SI ANNEBBIA LA FEDE NELLA RISURREZIONE DI GESU’ CROLLA

 LA SPERANZA CRISTIANA E SI CEDE AI MESSIANISMI: COSI’ IL CARDINALE MARCO CE’

DURANTE LE MEDITAZIONI DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA QUARESIMA,

 DEDICATE AGLI AVVENIMENTI DEL TRIDUO PASQUALE

 

La preghiera di Gesù nel Getsemani, la morte sul Calvario, la Risurrezione. Il dramma della salvezza cristiana è stato ripercorso questa mattina dal cardinale Marco Cé nelle due meditazioni degli esercizi spirituali della Quaresima, che il Patriarca emerito di Venezia sta predicando da lunedì scorso al Papa e alla Curia Romana. Ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Per quattro giorni, le meditazioni hanno seguito la cronaca dell’evangelista Marco, che dall’episodio del Battesimo nel Giordano alla sosta di Cesarea di Filippo  racconta la grandezza del Gesù-Messia, che annuncia il regno di Dio operando miracoli. Al quinto giorno, venerdì, lo scenario degli esercizi spirituali predicati dal cardinale Cé cambia tono quando il Vangelo passa a descrivere l’apparente, ma definitiva per chi vi assiste, caduta in disgrazia di quell’uomo che aveva fatto sognare masse di persone. Quando per lui si appresta il momento di entrare a Gerusalemme per l’ultimo atto della sua vita in terra, il Cristo annunciatore e guaritore - ha spiegato il cardinale Cé nella prima meditazione - sceglie ad un certo punto di avvolgere in “severo silenzio” la propria messianicità, “perché non venisse equivocata” dal popolo “con speranze mondane”. Ora, ciò che di Gesù viene in risalto è la sua solitudine e insieme la sua incondizionata adesione alla volontà del Padre. L’icona evangelica di questo passaggio è il brano dell’Orto degli Ulivi:

 

“L’agonia del Getsemani ci consente di entrare ‘dentro’ il mistero della Passione, per coglierne il cuore, e il cuore è questo: si offrì volontariamente alla morte. I tratti che caratterizzano la preghiera di Gesù nel Getsemani sono la sconvolgente sofferenza psicologica, la solitudine totale di Gesù e il crollo di tutta la sua opera. Nello stesso tempo, la conformità totale e radicale della sua volontà a quella del Padre”.

 

Il Patriarca emerito di Venezia ha tratteggiato con commozione la condizione psicologica e umana nella quale Cristo si avvicina alla cattura e alla morte. Sin dal Getsemani, ha detto, Gesù “è lasciato drammaticamente solo”. Chiede di non bere il calice della Passione, ma accetta senza riserve ciò che suo Padre ha disposto. “Non c’è preghiera più umana e più sofferta di questa - ha notato il predicatore degli esercizi – e allo stesso tempo non c’è abbandono più filiale di questo”. La “solitudine morale” di Gesù prosegue tra le crudeltà fisiche sul Calvario. “Per tutti è lo sconfitto”. Ma esalato l’ultimo respiro, la storia del Vangelo di Marco cambia ancora. Due segni su tutti dimostrano senza dubbio che quella esecuzione sul Golgota non è come tutte le altre: il velo del Tempio che si squarcia e lo stupore del primo nemico convertito, il centurione:

 

“E’ l’adempimento di tutte le Scritture; ciò che era provvisorio e solo profetico, lascia il posto alla realtà. La morte di Gesù per amore realizza in pieno il piano di salvezza voluto dal Padre dall’eternità. Nel suo amore è il vero culto, il vero tempio, il vero altare, il vero sacrificio che il Padre gradisce. E il secondo fatto: il centurione che stava di fronte al Crocifisso, vedendolo spirare in quel modo, in quel modo, disse: ‘Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio’. Nella confessione di fede del centurione c’è già la luce della Pasqua che rifulge”.

 

Nella seconda meditazione, il Patriarca emerito di Venezia si è soffermato sui primi otto versetti dell’ultimo capitolo del Vangelo di Marco dove si descrive lo stupore assoluto delle donne davanti al sepolcro vuoto. Alla vista del giovane che annuncia la risurrezione di Cristo e il suo attendere i discepoli in Galilea, le donne fuggono via impaurite. “Certo – ha notato il cardinale Cé - desta stupore questa conclusione di Marco. Di fatto, però, il rinvio alla Galilea, da dove la corsa del Vangelo era partita, ci pare alluda ad un nuovo inizio, quello della Chiesa, che porta a compimento nel tempo il mistero di Gesù”. In questa pagina, ha proseguito, “c’è l’atto di fede che ci fa cristiani”. Il Vangelo stesso deve il suo nome a questo momento:

 

“Che Gesù, il Cristo, Figlio di Dio, sia una ‘Buona Notizia’ dipende proprio dal fatto che il Crocifisso non è rimasto nel sepolcro, ma è stato risuscitato. Lui, che tutti ritenevano lo sconfitto, è veramente il Cristo, è veramente il Figlio di Dio, come aveva detto. Tutto il Vangelo di Marco prende luce dall’evento della risurrezione del Crocifisso: il male è vinto, la morte – che è il suo sigillo – è sconfitta”.

 

Dopo duemila anni, ha concluso con una esortazione il cardinale Cé,  nel cuore di ogni cristiano dovrebbe vivere ogni giorno lo stupore delle donne al sepolcro. E’ lì, e non altrove, la radice della fede:

 

“Se si annebbia la fede nella risurrezione del Crocifisso, crolla immediatamente la nostra speranza. Rimane il male come signore della storia e noi consegnati alla disperazione. Allora, diventiamo impazienti e ci aggrappiamo ai messianismi mondani, al successo, svuotando la Croce di Cristo nella quale – sola – c’è la promessa della risurrezione (...) Il Battesimo ci ha immersi nella morte di Cristo e ci ha resi partecipi della Sua risurrezione; questa grazia va investita nella vita quotidiana. Va investita nell’obbedienza al progetto di Dio su di noi, va investita nell’amore dei fratelli”.

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IL PAPA, IN UN MESSAGGIO A FIRMA DEL CARDINALE SODANO, SALUTA I PARTECIPANTI AL PRIMO INCONTRO DEI MOVIMENTI ECCLESIALI E DELLE NUOVE COMUNITÀ

IN AMERICA LATINA, INIZIATO IERI A BOGOTÀ

 

Il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano ha inviato un messaggio al presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Stanisław Ryłko, in occasione del primo Incontro dei Movimenti Ecclesiali e delle Nuove Comunità in America Latina, iniziato ieri a Bogotà, in Colombia,  sul tema: “Discepoli e Missionari oggi”. Nella lettera il porporato porta i saluti e la benedizione  del Papa ai partecipanti. Benedetto XVI – scrive il cardinale Sodano – invita i movimenti ecclesiali a  “condividere  fraternamente la ricchezza della propria spiritualità ed   esperienza per contribuire a dare sempre maggior vigore alla vita  cristiana in questa parte del mondo in cui la Chiesa ripone tante speranze”. 

 

Il cardinale segretario di Stato ricorda le parole del Papa a Colonia durante la Giornata Mondiale della Gioventù nell’agosto dell’anno scorso: “La spontaneità delle nuove comunità è importante – aveva detto il Pontefice – ma è pure importante conservare la comunione col Papa e con i vescovi. Sono essi a garantire che non si sta cercando dei sentieri privati, ma invece si sta vivendo in quella grande famiglia di Dio che il Signore ha fondato con i dodici Apostoli”. Il porporato esprime infine la propria gratitudine per i “tanti sforzi compiuti con generosità e competenza” dai movimenti ecclesiali per “dare un rinnovato impulso alla evangelizzazione di tutti i settori della società”.

 

L’incontro di Bogotá ha luogo nella sede della Conferenza episcopale colombiana con la partecipazione di esponenti del Pontificio Consiglio per i Laici,  del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) e della Commissione preparatoria della quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano che si svolgerà in Brasile nel maggio del 2007. I lavori si chiuderanno domenica prossima.

 

 

PER FUGARE INTERPRETAZIONI FUORVIANTI, IL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO, PRESIDENTE DI “GIUSTIZIA E PACE”, TORNA - AI NOSTRI MICROFONI - SULLE DICHIARAZIONI RESE IERI A PROPOSITO DELL’INSEGNAMENTO

DEL CORANO NELLE SCUOLE ITALIANE

 

“La Libertà religiosa è un diritto umano fondamentale inerente ad ogni essere umano che va difeso e promosso”, un diritto di reciprocità “che comporta un dovere che deve valere per tutti, in ogni luogo”. E’ quanto sottolinea il cardinale Renato Raffaele Martino che oggi torna sulle sue dichiarazioni di ieri relative all’insegnamento del Corano nelle scuole italiane. Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace lo fa innanzitutto “per una serena valutazione” delle dichiarazioni apparse sulla stampa “e per una corretta comprensione delle stesse al fine di fugare interpretazioni di parte e talvolta fuorvianti”. Ecco dunque, la riflessione del cardinale Martino, raccolta da Luca Collodi:

 

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R. - Sono convinto che l’applicazione di un principio è cosa complessa che necessita di molti passaggi e di sagge considerazioni. A questo riguardo sarebbe bene che si legga quanto afferma il Compendio della dottrina sociale della Chiesa ai nn. 421 e 422. La disponibilità da me dimostrata all'inserimento dell'insegnamento della religione islamica nell'ordinamento scolastico italiano va fatta con quella prudente valutazione che comporta da parte della comunità islamica il rispetto e la valorizzazione del Cristianesimo e dei valori che, da esso ispirati, hanno dato forma alla cultura e alla identità del mondo occidentale.

 

D. – Non viene, dunque, meno il ruolo della reciprocità anche nel rapporto con l’islam…

 

R. - Non ho inteso minimizzare il dovere della reciprocità: se la libertà religiosa è  un diritto umano fondamentale - espressione forte della verità e della dottrina cristiana - deve valere anche in quei Paesi dove di fatto i cristiani, quando non sono perseguitati, vengono emarginati. Basta leggere a questo riguardo un qualsiasi Rapporto sulla libertà religiosa per rendersi conto di quanto delicate siano le situazioni che vivono i cristiani in contesti caratterizzati da altre maggioranze religiose. Ritengo anzi che si debba iniziare a reclamare con maggior vigore la reciprocità.

 

D. – Una reciprocità che trova nel fondamentalismo l’ostacolo principale…

 

R. – Quando ho parlato di fondamentalismo laicista e di fondamentalismo religioso intendevo riferirmi a due posizioni che negano una corretta presenza della religione nello spazio pubblico, perché il primo la nega e il secondo questo spazio lo occupa.

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LA CHIESA S’INTERROGA SULLE SFIDE DELLA MISSIONE IN EUROPA:

NEI PAESI DELL’EST IN CERCA DI IDENTITA’,

DOPO LA LUNGA STAGIONE DEL COMUNISMO E DELL’ATEISMO DI STATO

E NEI PAESI OCCIDENTALI SEMPRE PIU’ SCRISTIANIZZATI

 

Sfide e prospettive della missione”: tema al centro delle seconda giornata del Convegno internazionale per il 40.mo anniversario del Decreto conciliare ad Gentes sull’attività missionaria della Chiesa, organizzato a Roma dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e dalla Pontificia Università Urbaniana ed ospitato presso questo Ateneo. Ieri l’apertura dei lavori del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto del dicastero vaticano, che ai nostri microfoni ha sottolineato come la chiamata alla missione interpelli - alla luce di quanto indicato profeticamente dal Decreto conciliare ad Gentes - tutti i membri della Chiesa, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, che devono confrontarsi con le nuove sfide dei tempi odierni come la mondializzazione, l’inculturazione e il dialogo. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Mattinata dedicata in particolare alle sfide della missione in Europa, di cui  hanno parlato il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia e il cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo. “Mentre la Chiesa cresce in tutto il mondo in Europa diminuisce”, ha constatato il cardinale Meisner. E, i Paesi nell’Europa dell’Est, usciti dal dominio comunista e dall’ateismo di Stato sono in parte ancora sotto tale influsso, e se “con la glasnost e la perestrojka è arrivata un certa libertà - ha osservato il porporato - al contempo si è posto anche un compito da non sottovalutare: “trovare un nuovo orientamento sia politico che religioso”. D’altra parte i popoli delle regioni occidentali, che dal dopoguerra godono di tale libertà, “si trovano esposti – ha aggiunto l’arcivescovo di Colonia - ad altri influssi non meno pericolosi per la vita del Cristianesimo”, che hanno “privatizzati e individualizzati gli stili di vita e le concezioni del mondo”. In ambedue i fronti si profilano sviluppi che “tendono alla perdita della fede in Dio”. Quel “Dio sconosciuto” di cui la Chiesa oggi deve ancor più che ai tempi di San Paolo essere testimone in una società “a ragione chiamata “post-cristiana”. “E tutti siamo – ha raccomandato infine il porporato - ugualmente inviati, e non solo in Paesi esotici e continenti lontani, ma anche sulle strade e piazze della nostra patria occidentale” ad annunciare la Buona Novella, sfruttando “la credibilità maggiore che è propria della testimonianza personale”.

        

Del resto, come ha esortato il cardinale Puljic, “ogni via inizia con il primo passo”. Ogni rinnovamento e riforma della Chiesa inizia da noi e dal nostro cuore. Dunque “non bisogna aspettare gli altri” e dobbiamo avere “maggiore coraggio” per essere missionari nelle nostre terre da lungo tempo evangelizzate. “Forse non siamo lontani - ha previsto l’arcivescovo di Sarajevo – dalla venuta di missionari stranieri nei nostri territori. Forse ci ricambieranno quelli d’Africa, d’Asia e d’Oceania” a suo tempo terre di missione. Pensiero condiviso dal cardinale Meisner che nel suo intervento ha pure sottolineato lo “scambio vivente fra Chiese locali antiche e giovani”.  Se le Chiese locali europee si interrogheranno in futuro – su come sostenere le Chiese sorelle dei Paesi in via di sviluppo - ha suggerito il porporato - dovranno anche domandarsi quale aiuto possono sperare da parte loro.

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Il tema della secolarizzazione nelle società contemporanee è emerso, dunque, con forza durante i lavori del Convegno. Su questo aspetto Giovanni Peduto ha interpellato il rettore della Pontificia Università Urbaniana, il prof. Ambrogio Spreafico, chiedendogli come annunciare Cristo in contesti sociali sempre più scettici di fronte ad una verità assoluta:

 

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R. - Da una parte non rinunciando ai propri valori, non cedendo al relativismo, dall’altra comunicando con fermezza e insieme rispetto la verità che viene dalla nostra vita di fede. Ma questo mondo ha bisogno di una verità comunicata nell’amore. Dice il Papa nell’Enciclica Deus Caritas est: “In verità, l’umanizzazione del mondo non può essere promossa rinunciando a comportarsi in modo umano….Il programma del cristiano – il programma del Buon samaritano, il programma di Gesù – è un cuore che vede.”  (n. 31) …E più avanti afferma: “…la miglior difesa di Dio e dell’uomo consiste proprio nell’amore.”

 

D. - Chi è oggi il missionario?

 

R. - Non mi sentirei di dire che oggi il missionario è diverso da ieri. Il missionario è un uomo, una donna, animati da una fede profonda, che hanno “un cuore che vede”, che vede il bisogno di coloro che lo circondano, a cominciare dai poveri e da quelli che sono lontani dalla fede. Il missionario è qualcuno che ha scoperto quanto è prezioso l’amore di Gesù per le folle, la sua compassione, e che comincia a viverlo comunicandolo con la vita, le parole, le opere. Egli allora vede i poveri, la sofferenza del mondo, valica i confini etnici, dialoga con le culture senza disprezzarle, comunica loro la forza trasfigurante del Vangelo di Gesù Cristo morto e risorto. Per questo il missionario non teme di uscire dal suo mondo per donarsi a un mondo diverso dal suo. In questo senso il missionario è spiritualmente sempre lo stesso, anche se i tempi sono cambiati.

 

D. - Come armonizzare la missione e io dialogo nel contesto attuale?

 

R. - Per prima cosa vorrei dire che dialogo non significa rinuncia alla propria identità. Non esiste un dialogo senza identità, altrimenti non è dialogo. Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris Missio (paragrafo 55) dice che “il dialogo fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa…Alla luce dell’economia di salvezza, la chiesa non vede un contrasto tra l’annuncio di Cristo e il dialogo interreligioso, sente, però, la necessità di comporli nell’ambito della missione ad gentes. Occorre quindi che questi due elementi mantengano il loro legame intimo e, al tempo stesso la loro distinzione, per cui non vanno né confusi, né strumentalizzati, né giudicati equivalenti come se fossero intercambiabili”. Il testo mi sembra chiaro a sufficienza. Non è il dialogo che affievolisce la missione, ma è la scarsa convinzione che l’unico Salvatore sia Gesù Cristo e che quindi si debba comunque essere suoi testimoni e annunciatori. Vorrei ricordare la figura di don Andrea Santoro, prete romano che aveva scelto di vivere in Turchia in terra islamica. Non si può dire che non fosse animato da passione missionaria, anche se era consapevole che la testimonianza della vita era il suo modo per annunciatore di Cristo. Per questo è stato ucciso.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina un articolo sul Malawi, dove le alluvioni stanno devastando un Paese già stremato. Si teme un'epidemia di colera tra gli sfollati.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.

 

Servizio estero - Un articolo di Gabriele Nicolò sulla Repubblica Democratica del Congo: in occasione delle elezioni parlamentari e presidenziali del prossimo 18 giugno i Vescovi hanno redatto un Documento in cui auspicano che l'appuntamento elettorale rappresenti un'occasione per costruire un Paese "nuovo".

 

Servizio culturale - Un articolo d Fabrizio Contessa sul volume "Caro Giussani. Dieci anni di lettere a un padre".

 

Servizio italiano - Politici spiati da detective privati: sedici arresti a Milano. L'inchiesta legata a quella sulle intercettazioni - Polemica sul coinvolgimento di Storace.   

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 marzo 2006

 

OGGI AL VIA A TORINO LE PARALIMPIADI INVERNALI PER GLI ATLETI DISABILI

- Intervista con Luca Pancalli -

 

Riflettori di nuovo accesi su Torino 2006. Stasera allo stadio Olimpico, già scenario delle cerimonie di apertura e di chiusura dei XX giochi olimpici invernali, alla presenza del presidente della Repubblica italiana Carlo Azelio Ciampi, prenderà il via la IX edizione delle Paralimpiadi della neve, riservate agli atleti disabili. Un evento che, mai come quest’anno, promuove messaggi di grande valore sociale. Ce ne parla Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

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R. – Il messaggio è assolutamente quello che ho ribadito fino ad oggi cioè che lo sport non fa differenze. Lo sport è un incredibile strumento di integrazione, di trasmissione di valori e gli atleti disabili rivendicano la loro dignità nel pieno rispetto della loro normalità di atleti, ritenendosi atleti senza altre aggettivazioni. Io credo che questo sia un messaggio giustamente e correttamente veicolato nel Paese a promuovere una cultura della normalità che indubbiamente aiuta tanti ragazzi disabili che ancora non si sono avvicinati o reintegrati.

 

D. – Di fatto nella società odierna c’è ancora differenza e discriminazione tra i normodotati e i portatori di handicap, secondo lei?

 

R. – Io non parlerei tanto di discriminazione però ci sono ancora tanti problemi. Ci sono tante cose ancora da affrontare, tanti ostacoli da superare, tanti preconcetti; pensa al mondo del lavoro, all’inserimento nel lavoro dei ragazzi disabili, e a tante altre piccole quotidiane difficoltà però, guardiamo sempre il bicchiere mezzo pieno. Tante cose stanno migliorando: c’è una sensibilità sempre più diffusa nei confronti di questo tipo di problematiche e devo dire che in questo, lo sport italiano forse è andato un po’ più avanti della società civile. Quello che si è riuscito a fare nel mondo dello sport italiano ha qualcosa dell’incredibile e devo dire che anche l’attenzione che oggi viene dedicata dai giornalisti all’evento di Torino 2006 – 1000 giornalisti accreditati,  diritti televisivi acquistati in tutto il mondo – e in Italia una copertura mai avuta prima di oggi, credo che ne siano una chiara testimonianza.

 

D. – Presidente, lei è stato agonista, atleta di primo ordine, sia come normodotato e poi come portatore di handicap. Quali differenze ha notato?

 

R. – Dal punto di vista del vivere lo sport, vivere l’impegno agonistico, vivere la prestazione e il palcoscenico olimpico o paralimpico - che sono i palcoscenici più ambiti sui quali ogni atleta vuole recitare almeno una volta nella vita - assolutamente nessuna differenza. I sacrifici sono gli stessi, la voglia di vincere è la stessa, la voglia di impegnarsi è la stessa. Quello che cambia un po’, è nell’attenzione da parte dei media; certamente minore attenzione, spesso un’attenzione di minor qualità nel senso che si tende ad evidenziare più gli aspetti solidaristici o pietistici delle vicende umane che non gli aspetti tecnico agonistici. Però anche in questo, devo dire che ci sono grandi segnali di cambiamento e di questo do atto ai media, siano essi carta stampata che televisivi.

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CONVEGNO A ROMA SULLA COOPERAZIONE UNIVERSITARIA TRA EUROPA ED AFRICA. DOMANI SERA, MIGLIAIA DI STUDENTI IN VATICANO DAL PAPA

PER LA VEGLIA MARIANA

 

Il ruolo delle Università europee nella formazione degli studenti africani. Questo il tema principale affrontato ieri nell’ambito del convegno “cooperazione universitaria Europa-Africa”. L’incontro, a cui hanno partecipato diversi esponenti governativi ed accademici, si è svolto in vista della “IV giornata europea degli universitari”, in programma, domani sera in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI, che presiederà una veglia mariana. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Gli atenei europei possono dare un valido contributo alla formazione di giovani africani. Si tratta di mettere a servizio dei Paesi in via di sviluppo soluzioni già collaudate, con l’obiettivo di promuovere delle concrete occasioni di crescita. Ma non si tratta di un aiuto a senso unico, bensì di un aiuto fondato sullo scambio vicendevole. Alberto Ferreira, professore dell’Università Cattolica di Beira, in Mozambico, mette in guardia da alcuni rischi:

 

R. – Almeno non creare delle dipendenze ma creare delle opportunità in modo tale da offrire agli africani la possibilità di svilupparsi, di camminare forse da soli però aiutati da quelli che hanno delle possibilità.

 

Dall’Africa all’Italia, ieri sono stati diversi gli interventi del mondo accademico cattolico e statale. Renato Guarino, rettore dell’Università “la Sapienza di Roma”, illustra le prospettive del suo ateneo:

 

R. – E’ arrivato il momento di intensificare queste collaborazioni. Quindi da una parte accogliere gli studenti e poi invece trasferire delle nostre attività nei Paesi africani. Possono essere attività di didattica ma soprattutto anche attività di ricerca.

 

In questo percorso di promozione della conoscenza risulta molto determinante il ruolo della Chiesa. La sfida contemporanea – come è stato ribadito più volte all’incontro – è di difendere con sempre maggior vigore la centralità dell’uomo. Alberto Ferreira riporta l’esempio dell’Università Cattolica in Mozambico:

 

R. – Quello è stato un sogno, il sogno cioè dei vescovi di far si che possa sorgere una università che possa decentralizzare le potenzialità che esistono in Monzambico perché all’inizio c’era soltanto un’università, diciamo così, dello Stato. Per cui credo che questo sia un esempio che può anche, forse, rafforzare un po’ questa cooperazione. Cercare di motivare ed anche incentivare quei meccanismi, quei processi che fanno sì che i monzambicani si valorizzino, sappiano che sono capaci di fare qualcosa.

 

L’iniziativa culminerà domani sera in Aula Paolo VI, quando Benedetto XVI riceverà migliaia di giovani africani ed europei, molti dei quali collegati in video conferenza dalla Nigeria o dalla Costa D’Avorio, ma anche da Russia, Bulgaria e Svizzera.

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CHIESA E SOCIETA’

10 marzo 2006

 

 

APERTA OGGI A BRAGA, NEL NORD DEL PORTOGALLO,

LA SETTIMANA SOCIALE PORTOGHESE. AL CENTRO DELL’ASSISE ECCLESIALE,

IL PROBLEMA DELLA DISOCCUZIONE. NELL’INTERVENTO D’APERTURA,

IL CARDINALE POLICARPO, PATRIARCA DI LISBONA, HA RIBADITO, CITANDO

LA DEUS CARITAS EST, CHE LA CHIESA DEVE DARE IL SUO CONTRIBUTO

ALL’ARMONIA DELLA SOCIETA’ SENZA CONDURRE BATTAGLIE POLITICHE

- A cura di Riccardo Carucci -

 

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LISBONA. = Il problema della disoccupazione è al centro della Settimana sociale portoghese, che si è aperta oggi a Braga. Situata nel Nord del Portogallo, Braga è il centro tradizionale del cattolicesimo lusitano. Il suo arcivescovo, mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga, è attualmente presidente della Conferenza episcopale portoghese. Quella delle Settimane sociali è una tradizione già antica della Chiesa in Portogallo, e l’ultima si tenne nel 2001. Questa volta, il tema di questa iniziativa, promossa dalla Conferenza episcopale, attraverso la sua Commissione per il laicato e la famiglia, è “Una società creatrice di impieghi”. In effetti, la disoccupazione sta diventando un problema sempre più serio in un Paese relativamente povero e arretrato come il Portogallo. La percentuale di disoccupati non è altissima, ma secondo i dati ufficiali ha raggiunto ormai l’8 per cento della forza di lavoro, e secondo altri dati potrebbe in realtà arrivare al 10 per cento. Insomma, ci sono oltre 500 mila persone senza lavoro e un’inversione di tendenza si profila solo verso la fine del 2007. Aprendo oggi i lavori, il cardinale José da Cruz Policarpo, Patriarca di Lisbona, ha citato l’Enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI per ricordare che la Chiesa non deve condurre battaglie politiche né prendere il ruolo dello Stato, ma non può farsi da parte nella lotta per la giustizia. La Chiesa, quindi, ha un suo contributo da dare all’armonia della società con la sua dottrina che non presenta soluzioni concrete, ma ha una funzione profetica e di illuminazione delle coscienze. “E – ha ricordato il cardinale Policarpo – la presenza critica della dottrina sociale della Chiesa cattolica non si fa solo attraverso il magistero dottrinale, ma anche con l’azione dei cristiani nella società che deve impregnare di giustizia e di amore le soluzioni cercate”. La Settimana si articola in vari gruppi di lavoro che dibattono temi sociali ed economici, con la partecipazione di personalità come l’ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, il governatore della Banca del Portogallo, Vitor Constancio, e l’ex primo ministro portoghese e attuale Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Antonio Guterrez. Domenica chiuderà i lavori intervenendo sulla questione sociale nella prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il quale presiederà anche la liturgia di chiusura nella cattedrale di Braga.

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VIAGGIO ECUMENICO DELL’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA CARLO CAFFARRA IN TURCHIA:

IL PRESULE INCONTRERA’ IL PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI

BARTOLOMEO I, CHE NEL NOVEMBRE SCORSO AVEVA VISITATO

L’ARCIDIOCESI BOLOGNESE

- A cura di Stefano Andrini -

 

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BOLOGNA. = L'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, incontrerà il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, nel corso di un viaggio in Turchia che inizia oggi e durerà fino al 15 marzo. Il momento centrale della visita sarà domenica quando mons. Caffarra assisterà alla liturgia nella cattedrale patriarcale di San Giorgio al Fanar, nell'antico quartiere cristiano di Costantinopoli, in occasione della solenne celebrazione della festa dell'Ortodossia. L’invito all’arcivescovo era stato fatto nel novembre scorso dallo stesso Patriarca ecumenico durante la sua visita a Bologna al termine di un momento di preghiera comune dinanzi all’icona della Madonna di San Luca. Nel corso della “tre giorni” bolognese Bartolomeo I presiedette i Vespri in rito bizantino nella basilica di San Petronio e ricevette dall’Università la laurea honoris causa in Conservazione dei beni culturali. “Quest'incontro”, ha dichiarato mons. Caffarra, prima della partenza, “permette di continuare un rapporto di profonda fraternità che si è instaurato tra la Chiesa di Bologna e quella di Costantinopoli”. Per la Chiesa bolognese, ha aggiunto, “si tratta di un gesto significativo per un duplice motivo: da una parte è segno di unità, dall'altra fa percepire il dolore di questa ferita per una piena comunione non ancora raggiunta. E perciò raccomando continuamente ai fedeli di pregare, affinché il Signore ci faccia questo dono”.

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A NAIROBI, SOSPESO LO SFRATTO DI 300 MILA PERSONE NELLE BARACCOPOLI.

IN ITALIA MISSIONARI ED ASSOCIAZIONI SOSTENGONO I DIRITTI DEI SENZA TETTO

KENYANI CON UNA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE

 

NAIROBI. = È stato sospeso, a Nairobi, lo sgombero di 300 mila persone dagli slum, gli agglomerati di baracche dove, nella periferia della capitale kenyana, in tanti vivono in miseria e povertà. Padre Eugenio Ferrari, missionario della Consolata e direttore delle Pontificie Opere Missionarie del Kenya, ha voluto richiamare l’attenzione sulle difficili condizioni di questi senzatetto. “La situazione è veramente drammatica - riferisce il religioso all’agenzia Fides - soprattutto adesso con l’avvicinarsi della stagione delle piogge. L’emergenza acqua si è trasformata in dramma per coloro che vivono nelle baraccopoli”. Per offrire sostegno a quanti abitano in queste aree dimenticate, il governo kenyano prevede la costruzione di strade e fognature, la fornitura di acqua potabile ed elettricità. Ma per realizzare queste opere dovranno essere demolite alcune abitazioni, con la conseguenza che in tanti perderanno le loro proprietà. A sostenere in Italia il diritto alla terra e alla casa di questi bisognosi delle periferie di Nairobi, si distingue la “Campagna WNairobiW!”. Inoltre, l’associazione sollecita la cancellazione del debito estero del Kenya. Voluta da missionari, associazioni nazionali ed internazionali, già nel 2004 la Campagna ha promosso la sospensione dello sfratto forzato di oltre 300 mila persone nella capitale kenyana. Ora “WNairobiW” ha ribadito le seguenti priorità: ottenere dal governo del Kenya e dalle autorità locali garanzie sul blocco di tutte le operazioni di demolizione e sgombero; costituire, infine, all’interno dell’intesa di conversione del debito tra Kenya e Italia, un “Fondo popolare per la terra e la casa”. Per i promotori della campagna è necessario raggiungere il consenso su due principi ‘chiave’: la proprietà della terra nelle baraccopoli da riurbanizzare deve essere riconosciuta alle comunità che abitano lì. Viene infine auspicato un maggiore coinvolgimento della società civile kenyana. (S.C.)

 

 

ANALIZZARE LE CAUSE DEL TERRORISMO PER PROMUOVERE LA PACE:

E’ L’OBIETTIVO DI UNA CONFERENZA INTERRELIGIOSA CHE SI TERRA’

A MAGGIO IN UN TEMPIO SIKH DI NEW YORK

 

NEW YORK. = Indetta  per  maggio prossimo a New York dalla “Fondazione per l’armonia religiosa e la pace universale”, (FRHUP) una conferenza interreligiosa mondiale al fine di promuovere la pace ed analizzare le cause del terrorismo. Questa iniziativa vuole essere anche la risposta dell’organizzazione agli attentati a Varnasi (Benares), città santa dell’induismo. L ’incontro – informa l’agenzia MISNA – avrà luogo nel principale tempio sikh della città nordamericana, teatro dell’attentato alle Torri Gemelle. Scopo della conferenza, a cui parteciperanno i rappresentanti di tutte le principali fedi religiose, sarà quella di fornire suggerimenti ai politici e alla gente comune per identificare le origini del terrorismo e trovare soluzioni perché prevalga la pace. “La pace mondiale è la sola risposta alla crescente violenza terroristica - ha riferito il presidente della fondazione, Karnail Singh Gareeb - la pace sarà raggiunta solo quando i capi di Stato ed i capi religiosi e politici si parleranno”. Creata a New Delhi nel 2001, la fondazione ha realizzato lo scorso anno la sua prima sessione generale sulla pace con la partecipazione di rappresentanti delle religioni induista, buddista, baha’i, sikh, cristiana, musulmana, giudaica, zoroastriana, confuciana e scintoista. (S.C.)

 

 

AL VIA OGGI, A MAGLEÅS IN DANIMARCA, LA PLENARIA DELLA CONFERENZA

EPISCOPALE SCANDINAVA, CHE RIUNISCE I VESCOVI DI SVEZIA, DANIMARCA,

NORVEGIA, FINLANDIA ED ISLANDA

 

COPENAGHEN.= Al via oggi la plenaria della Conferenza episcopale scandinava a Magleås in Danimarca. L’assise si concluderà il 15 marzo. La Conferenza episcopale scandinava ha 12 membri che rappresentano le sette diocesi in Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia e Islanda. Complessivamente, la Conferenza episcopale rappresenta circa 250 mila cattolici. E’ stata creata e approvata nel 1962. Lo statuto attuale è stato approvato nel 1985. Nell’ultima plenaria, tenutasi dal 9 al 14 settembre 2005 a Reykjavik in Islanda, i vescovi hanno approvato un appello sulla migrazione. In particolare, i presuli hanno sottolineato come “l’immigrazione abbia permesso alla Chiesa cattolica di crescere ed evangelizzare questi Paesi molto secolarizzati, per cui la Chiesa ringrazia gli immigrati”. Inoltre, nel documento, si lamenta “un calo di generosità nei confronti di profughi e crescente segregazione”. I vescovi, infine, si impegnano ad offrire “cura pastorale nelle lingue degli immigrati”, senza “creare parrocchie nazionali ma piuttosto rafforzare l’unità”. (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 marzo 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

La controversa questione del programma nucleare iraniano continua ad essere al centro della politica internazionale: il responsabile della Politica Estera europea, Javier Solana, non esclude la possibilità di sanzioni contro l’Iran. “Ma non vogliamo – aggiunge Solana – che venga danneggiato il popolo iraniano”. Il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, precisa che i negoziati sono possibili. “Ma l’Iran – prosegue il ministro – deve capire che non ha scelta”. Il premier britannico Tony Blair, in visita in Slovacchia, e il primo ministro slovacco, Mikulas Dzurinda, ribadiscono, inoltre, che la Repubblica Islamica deve rispettare i suoi impegni internazionali. Ieri, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha anche dichiarato che l’Iran costituisce la principale sfida per gli Stati Uniti. La politica di Teheran – ha osservato – mira a “sviluppare un Medio Oriente del tutto diverso da quello che vogliamo noi” e a “realizzare un’arma nucleare”. Ma il governo di Teheran continua a ribadire che non cederà alle minacce degli Stati Uniti e proseguirà con le proprie attività. Il dossier nucleare iraniano è stato trasferito al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dopo la riunione dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, tenutasi nei giorni scorsi a Vienna.

 

In Medio Oriente, il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha ordinato la chiusura dei Territori palestinesi, a partire da domenica e per quattro giorni, per timore di nuovi attentati. L’avvertimento è arrivato dai servizi di sicurezza israeliani, secondo cui possibili attentati terroristici potrebbero colpire le celebrazioni della festa ebraica del Purim, in programma questo fine settimana. Il premier ad interim israeliano Ehud Olmert ha ribadito, intanto, che l’obiettivo del suo partito “Kadima” è di riportare tutti i civili israeliani all’interno della barriera di separazione in costruzione in Cisgiordania. Sul versante palestinese, il leader del movimento radicale Hamas, Khaled Meshaal, ha definito una “dichiarazione di guerra” l’intento di Olmert di fissare entro il 2010 le frontiere definitive dello Stato ebraico.

 

In Iraq, un nuovo attentato suicida ha causato la morte di almeno 11 persone a Falluja, roccaforte sunnita a nord di Baghdad. Due ordigni, esplosi a Samara, hanno provocato altri tre morti. Nel Paese arabo, intanto, ha destato vasta eco la notizia della chiusura entro tre mesi del carcere di Abu Ghraib. Il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, ha auspicato che le condizioni dei detenuti in Iraq possano migliorare. Ad Abu Ghraib – ha detto il presule all’agenzia SIR – “sono state compiute azioni vergognose, non rispettose della dignità umana”. “Non può  dirsi cristiano - ha aggiunto - chi compie simili abusi”. Sulla decisione di chiudere il carcere di Abu Ghraib, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Paolo Pobbiati, presidente della sezione italiana di Amnesty International:

 

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Sicuramente il problema non è tanto quello di chiudere fisicamente il carcere di Abu Ghraib, quanto di porre fine ad una serie di comportamenti legati a questo penitenziario: gli arresti arbitrari, le detenzioni senza limite, l’impossibilità per i detenuti di conoscere con sufficiente dettaglio le accuse che sono loro contestate e, soprattutto, l’utilizzo di tecniche di tortura. Ci auguriamo che la chiusura del carcere di Abu Ghraib possa essere un primo passo rispetto a dei cambiamenti che devono essere molto più profondi. E’ importante capire quale sia la motivazione che ha spinto gli americani a fare questa comunicazione; è importante capire se la decisione è stata presa per chiudere un carcere che ormai è ampiamente screditato dalle testimonianze fotografiche. Se questo non porterà ad un cambiamento nei comportamenti della forza multinazionale, Amnesty continuerà a denunciare le violazioni dei diritti umani che avvengono in Iraq.

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Una bimba di 12 anni, deceduta nei giorni scorsi in Indonesia, è risultata positiva al virus H5N1. La morte della bambina porta a 22 il numero dei decessi provocati dalla cosiddetta “febbre dei polli” in Indonesia. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono più di 170 i casi umani accertati di influenza aviaria, di cui almeno 96 mortali, da quando la malattia è apparsa in Asia.

 

Tragedia in Pakistan: almeno 26 persone sono morte e altre 7 sono rimaste ferite per lo scoppio di una mina nella provincia sudoccidentale del Beluchistan. Le vittime, in gran parte donne e bambini, erano tutte invitate ad un matrimonio. Il Beluchistan, regione ricca di risorse naturali e di grandi riserve di gas, è teatro di sporadiche violenze causate da rivendicazioni di alcune tribù locali.

 

Nel giorno del 47.mo anniversario dell’insurrezione tibetana contro il governo cinese, il Dalai Lama ha annunciato di voler andare in Cina in pellegrinaggio. Parlando davanti a migliaia di persone nella città indiana di Dharmsala, dove ha sede il governo tibetano in esilio, il Dalai Lama ha rivelato che la sua richiesta è già stata presentata al governo di Pechino. “I miei inviati - ha detto - hanno ribadito il mio desiderio di visitare la Cina in pellegrinaggio”.

 

In Italia, la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, e dell’avvocato inglese David Mills, accusati di corruzione in atti giudiziari. Il portavoce di Berlusconi ha dichiarato che si tratta di “falsi teoremi”. All’esame degli inquirenti ci sarebbero presunte irregolarità nella compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset. L’inchiesta riguarda, in particolare, 600 mila dollari che l’avvocato Mills, marito del ministro britannico della cultura, avrebbe ricevuto per rilasciare, secondo l’accusa, false dichiarazioni nell’ambito di due processi: quello per le tangenti alla Guardia di Finanza e quello per la vicenda “All Iberian”. Per l’avvocato inglese non è stato chiesto il rinvio a giudizio per falsa testimonianza in quanto il reato è da considerarsi prescritto.

 

Sempre in Italia, dopo la notizia delle indagini su presunte attività di spionaggio politico, il ministro della Salute, Francesco Storace, ha dichiarato ieri che non esiste alcun dossier su operazioni di spionaggio nei confronti di due suoi avversari alle regionali del 29 marzo 2005. I politici che, secondo le accuse, avrebbero subito tali intercettazioni sono l’attuale governatore del Lazio del centrosinistra, Piero Marrazzo, e la leader del partito di estrema destra “Alternativa sociale”, Alessandra Mussolini, che chiede pubbliche e immediate spiegazioni. Si tratta di una “calunnia”, ha aggiunto Storace. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ribadito, poi, l’urgenza di “accertare la verità”. “Non si può minimamente ipotizzare – ha dichiarato il capo dell’esecutivo italiano - un utilizzo dei poteri dello Stato per fini politici”. Il leader dell’Unione, Romano Prodi, ha espresso, quindi, l’auspicio che si facciano tutte le indagini e si sappia cosa esattamente sia successo. Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha precisato, inoltre, che si atterrà alle decisioni del Parlamento. I reati contestati dalla procura di Milano, tra i quali intercettazioni abusive e tangenti in cambio di informazioni, hanno portato all’arresto di 16 persone: 11 investigatori privati, due marescialli della Finanza, un ispettore di polizia e due dipendenti della TIM.

 

Risvolti sconcertanti nella vicenda del piccolo Tommaso, rapito il 2 marzo nei pressi di Parma. Il padre del bambino, Paolo Onofri, è indagato con l’accusa di pedopornografia. Sono state ritrovate nel computer dell’uomo immagini pedopornografiche e un filmino. “Li stavo raccogliendo per poi fare una denuncia”, ha detto Paolo Onofri agli investigatori. L’iscrizione nel registro degli indagati - spiegano le fonti - potrebbe non essere in relazione con le indagini sul sequestro di Tommaso.

 

 

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