RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 68 - Testo della trasmissione di giovedì 9 marzo 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nelle Filippine, nuova edizione interconfessionale
della Bibbia in tagalog
Al via il primo corso di formazione on-line per la realizzazione di siti web
cattolici
Decine di morti per il crollo, ieri in Uganda, di una chiesa
protestante
L’Iran non si piegherà alla
prepotenza delle potenze stranieri. Così il presidente iraniano dopo la
decisione dell’AIEA di trasferire il dossier di Teheran
al Consiglio di sicurezza dell’ONU
Il Giappone pone fine alla politica monetaria
ultraespansiva e torna a basarsi sulla crescita dei tassi di interesse
In Portogallo, il nuovo
presidente Anibal Cavaco
Silva ha prestato giuramento ad inizio mandato
9
marzo 2006
“GESÙ CI CHIEDE DI FIDARCI
INCONDIZIONATAMENTE
DELLA SUA INFINITA MISERICORDIA”: COSI’, IL CARDINALE MARCO CE’
NELLE MEDITAZIONI DI STAMANI, PER GLI ESERCIZI SPIRITUALI DI QUARESIMA
ALLA PRESENZA DEL PAPA E DELLA CURIA ROMANA
La
Trasfigurazione di Gesù, la guarigione del fanciullo epilettico e del cieco di
Gerico: questi i passi del Vangelo di Marco al centro delle meditazioni di
stamani tenute dal cardinale Marco Cé, patriarca
emerito di Venezia, nell’ambito degli Esercizi Spirituali in Vaticano, alla presenza
del Papa e della Curia romana. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La Trasfigurazione svela “l’intrinseca unità tra Croce e
Gloria”, legame la cui comprensione sfugge ai discepoli. E’ quanto sottolineato
dal cardinale Marco Cé, che ha ricordato come
l’evento della Trasfigurazione di Gesù si collochi tra due annunci della Passione.
Un annuncio che crea sconcerto nel gruppo dei discepoli. Per questo, il Signore
rivela ad alcuni di loro “il mistero della sua persona, il senso della sua vita”.
“Gesù con tre discepoli sale sul monte, il luogo per
eccellenza per la preghiera. E mentre prega, ecco che per un attimo viene squarciato il velo della kenosis
e appare la realtà gloriosa della sua persona e del suo rapporto con il Padre.
E’ come un anticipo della Risurrezione”.
La presenza di Mosè ed Elia accanto al Padre – ha detto
ancora – indica che in Gesù si adempiono tutte le promesse dell’Antica
Alleanza. D’altro canto – ha proseguito il porporato – la gente attendeva un
Messia potente e glorioso, che liberasse Israele dalla dominazione romana.
Gesù, però, è consapevole che “è ben diverso il progetto del Padre”:
“Nel ‘Sì, Padre’,
Gesù personifica l’anti-peccato e in tutto il suo operare realizza la sconfitta
radicale della ribellione di Adamo”.
“La Trasfigurazione – ha affermato – è quindi uno squarcio
sulla preghiera di Gesù, che ci introduce nel segreto mistero della sua vita,
che è tutta obbedienza filiale, e amore”. Il cardinale Cé
ha così rivolto il pensiero al bambino epilettico guarito da Gesù. I discepoli
non riescono a scacciare lo spirito maligno che possiede il bambino,
ma suo padre ha fede nel Signore. Supplica Gesù, consapevole della
incompiutezza della propria fede:
“Gesù ci chiede di fidarci incondizionatamente della sua
infinita misericordia. L’unica nostra garanzia sono l’amore del Padre e la
misericordia di Gesù”.
“O generazione incredula”, si lamenta Gesù rivolto ai
discepoli, che – ha sottolineato il cardinale Cé -
“sono prigionieri della concezione mondana del messianismo”. A loro Gesù spiega
che solo con la preghiera può essere scacciato il male, ribadendo “l’assoluto
primato dell’azione divina”. Si arriva così alla guarigione del cieco
mendicante di Gerico. Anche qui, come nel caso del padre del bambino
epilettico, è la fede a salvare dal male. Il cieco sente l’arrivo del Signore,
“la fede viene dall’ascolto”: il suo desiderio più profondo è quello di vedere
Gesù. Un insegnamento quanto mai attuale:
“La fede non è solo o soprattutto informazione, la fede è
consegna di sé, è comunione con Gesù cui ci si concede”.
Proprio seguendo l’esempio del padre del bambino
epilettico e del cieco di Gerico, il cardinale Cé ha
invocato il Signore affinché guarisca la nostra
cecità:
“Chiediamo al Signore la grazia di guarire la nostra cecità,
chiediamogli di donarci la verità che sola ci fa liberi davvero, e insieme
chiediamo la forza di tradurla nella nostra vita, seguendo lui sulla strada che
porta a Gerusalemme sicuri che nella Croce c’è già la
gloria!”
Gli Esercizi
Spirituali – ha concluso – sono un cammino per rinnovare la nostra fede battesimale.
Lo scopo della Quaresima – ha ribadito – “è credere in Gesù, spalancandogli la
nostra vita”.
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RISCOPRIRE
NELLE FAMIGLIE I RUOLI DI PADRE E MADRE ATTRAVERSO L’AMORE
PER
RISPONDERE AL PARADOSSO DELLA SOLITUDINE GIOVANILE
NEL
MONDO DELLE “RETI”.
L’OPINIONE
DI UN RELIGIOSO SALESIANO SULLE PAROLE DEL PAPA AL CLERO ROMANO
-
Intervista con don Giuseppe Casti -
“La vita umana è una relazione. Solo in relazione, non
chiusi in noi stessi, possiamo avere la vita”. Questa affermazione di Benedetto
XVI, resa ai sacerdoti romani nel suo discorso di una settimana fa, si collega
idealmente a quanto il Papa ha trattato in quella sede parlando della crisi
della famiglia e della solitudine degli adolescenti, nonostante il tempo
attuale sembri celebrare l’estrema facilità di stabilire rapporti, grazie alla
tecnologia. Per una sintesi di quanto affermato dal Pontefice su questi
argomenti, il servizio di Alessandro De Carolis:
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Folle da discoteca ogni sabato, legami virtuali gestiti da
una rubrica e-mail, la rete di mille “messaggini”
tessuta ogni giorno col telefonino, uno scooter facilmente reperibile per
abbattere le distanze tra se stessi e nuove possibili amicizie. I teenager di
oggi vivono al centro di snodi comunicativi impensabili - per varietà, potenza
e accessibilità – anche solo per la generazione precedente. Eppure un paradosso
incombe su molti di loro: nonostante i loro infiniti link - che siano legami familiari, scolastici, del “muretto” – gli adolescenti
di oggi conoscono abissi di solitudine. Il “vicinissimo” su una pista da ballo
spesso non vuol dire vicinissimo al cuore.
Nel suo discorso ai sacerdoti romani, Benedetto XVI ha
affrontato in una risposta proprio questo problema: oggi, ha riconosciuto,
“tocchiamo con mano” la solitudine degli adolescenti, l’incomprensione “da
parte degli adulti”. In molte famiglie, ha osservato il Papa, “ognuno vive il
suo mondo: sono isole del pensiero, del sentimento che non si uniscono”. A quella
categoria di padri per i quali la professione è incompatibile con la vicinanza
ai figli, si è aggiunta da tempo, per motivi analoghi, un’eclissi della figura
materna. Il risultato, ha affermato Benedetto XVI, sono rapporti instabili,
generazioni che si allontanano nella capacità di capirsi molto più di ciò che
l’anagrafe lascerebbe prevedere. E infine, una comunione che non c’è. La
Chiesa, ha affermato il Papa, “deve aiutare le famiglie” educandole all’apertura e al
rispetto dell’altro. “Solo così - ha proseguito - può crearsi una comunione
delle generazioni, nella quale la memoria del passato vive nel presente e si
apre al futuro”.
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Circoli familiari, catechesi per la famiglia, riscoperta
della preghiera: sono i suggerimenti pastorali che Benedetto XVI ha offerto al
clero romano per restituire a genitori e figli una dimensione umana e
spirituale secondo il Vangelo. E’ quanto fanno quotidianamente i Salesiani,
impegnati su tutti i fronti della formazione dei giovani, e non solo. Don
Giuseppe Casti, responsabile nazionale della Pastorale giovanile dei Salesiani
in Italia riflette, al microfono di Alessandro De Carolis, sul paradosso tra
ricchezza di contatti e solitudine adolescenziale del Duemila:
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R. – Sì, certamente è un paradosso che si avverte nella
vita dei giovani e credo che questo ci porti subito ad analizzare la qualità
della comunicazione dei giovani. E’ vero che, da una parte, hanno facilità di
spostarsi, di comunicare attraverso messaggi ed altre forme di comunicazione,
però manca una comunicazione in profondità. Credo che il loro problema sia
soprattutto una solitudine interiore nella ricerca del senso della vita, e
questo credo che sia il grosso problema educativo.
D. – C’è chi dice che tanti punti di riferimento, come
possono esservi oggi, in realtà equivalgano a nessun
punto di riferimento …
R. – Sì, sono d’accordo sul fatto che vi siano dei
messaggi contrastanti e contraddittori, e lo smarrimento dei giovani nasce
proprio da questo affollamento di messaggi, perché non consente più loro di
distinguere quale sia il vero messaggio: quel messaggio che li aiuta a sperare,
a crescere, a trovare un valore per la vita!
D. – Spostando lo sguardo sulla famiglia, il Papa ha messo
in risalto la “fragile comunione” che esiste tra genitori e figli, visti come
tante isole che si muovono senza incontrarsi mai. Che esperienza avete di
questa situazione, voi come Salesiani?
R. – Noi Salesiani cerchiamo di creare sempre un clima di
famiglia nei nostri ambienti: nelle scuole, negli oratori, nei centri
giovanili. Cerchiamo di offrire un aiuto alle famiglie. Vogliamo che le
famiglie siano coinvolte nel nostro lavoro educativo per cui
noi incontriamo i giovani, ma attraverso i giovani vogliamo incontrare anche
gli adulti, in modo che i genitori siano nostri collaboratori nel lavoro
educativo e noi, nello stesso tempo, oltre ad aiutare i giovani, aiutiamo i
genitori anche ad assolvere la loro missione educativa.
D. – C’è una frase di don Bosco che più di altre
sintetizza questo vostro lavoro “sussidiario”, come lei l’ha definito, nel
rapporto con le famiglie?
R. – Il motto che ha guidato don Bosco è questo:
l’educazione è una cosa di cuore. Vuol dire che i genitori, al centro della
loro missione educativa, devono mettere l’amore e attraverso la paternità e la
maternità, aiutare i figli ad essere veramente dei figli. E forse sono proprio
questi concetti dell’essere padre, dell’essere veramente madre, che dobbiamo ricuperare
nel mondo d’oggi: vivere pienamente la paternità e la maternità come una
vocazione che Dio ci ha affidato.
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SI’ ALL’INSEGNAMENTO DEL CORANO NELLE SCUOLE,
COME SEGNO DI RISPETTO E DI TOLLERANZA INTERRELIGIOSA:
LO HA DETTO IL CARDINALE MARTINO
A MARGINE DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE “LE VIE DELLA PACE”
Il Corano può essere insegnato nelle scuole in presenza di un numero elevato di bambini musulmani. Si
tratta di una forma di “rispetto verso l’essere umano”, che viene dal Vangelo, che
non ha bisogno di attendere che vi sia una risposta di “reciprocità” in favore
dei cristiani che vivono nei Paesi islamici. Sono concetti espressi dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente di
Giustizia e pace, a margine del Convegno internazionale “Le vie della pace”, in
corso a Roma fino a sabato prossimo. Per una panoramica del
Convegno - promosso dal dicastero pontificio in collaborazione con il
centro culturale Saint Louis de France
e l’Istituto internazionale Jacques Maritain -, il servizio di Roberta
Moretti:
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“Se in una scuola ci sono cento bambini di religione
musulmana, non vedo perché non si possa insegnare la loro religione”, ha
osservato il porporato, per il quale il “rispetto non deve essere selezionato”.
“Se attendiamo la reciprocità nei Paesi rispettivi dove ci
sono cristiani, allora ci dovremmo mettere sullo stesso piano di quelli che
negano questa possibilità”. Il cardinale ha esortato l’Italia “a non fare
marcia indietro” in tema di rispetto dell’altro. In discussione c’è la proposta
di legge presentata due giorni fa dall’UCOII, l’Unione delle Comunità islamiche
italiane, ma bocciata dalla Consulta islamica. “Solo
il dialogo e la libertà religiosa - ha insistito Martino - possono evitare il
fondamentalismo, sia quello politico-laico che quello religioso. Tutte le
religioni sono di pace e la via per trovare una coesistenza e la collaborazione
laddove è possibile, ad esempio sul piano sociale”. Nell’era della globalizzazione – ha spiegato il cardinale Martino – le
guerre, i conflitti, che prima erano circoscritti e unitari, sono diventati sempre
più diffusi, più frammentati, più vicini, più quotidiani, più immateriali.
Allo stesso tempo, però – ha aggiunto il porporato – la globalizzazione ha consentito di moltiplicare gli attori
della pace e le possibilità di intervento. Occorre, dunque, secondo il
presidente di Giustizia e Pace, acquisire una mentalità preventiva e
valorizzare le diversità attraverso il dialogo. Un concetto, questo, ripreso
nella mattinata, durante la tavola rotonda sul tema: “Pace e diversità
culturale”. Tra gli interventi che hanno animato il dibattito, quello del
presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e gli itineranti,
il cardinale Stephen Fumio Hamao,
che ha descritto la difficile dialettica che lega unità e diversità. La
diversità tra le parti – ha spiegato il porporato – va vista nella prospettiva
dell’unità del genere umano. In particolare – ha aggiunto – l’unità della Chiesa
non sta nell’uguaglianza di lingua e cultura, ma nello spirito di Pentecoste,
che conferisce la fede nello stesso Signore.
Durante le prossime sessioni del Convegno, a partire da
oggi pomeriggio, verrà analizzato l’impegno per la
pace da parte delle religioni, del mondo dell’economia, del pensiero filosofico
e della politica: quattro dimensioni dell’esistenza che insieme diventano le
‘vie della pace’.
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DA
OGGI A SABATO PROSSIMO A ROMA IL CONVEGNO INTERNAZIONALE
A QUARANT’ANNI DAL DECRETO CONCILIARE AD GENTES
-
Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe -
La
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, unitamente alla Pontificia Università
Urbaniana, ha promosso a
Roma un convegno internazionale nel 40° anniversario della promulgazione del
Decreto conciliare “Ad Gentes” sulla missionarietà
della Chiesa. Per riflettere sul messaggio centrale del Decreto “Ad Gentes”, Giovanni Peduto ha
intervistato il prefetto di Propaganda Fide, il cardinale Crescenzio Sepe, che è anche Gran Cancelliere dell’Urbaniana,
presso la quale si svolgeranno i lavori del Convegno:
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R. – Credo che la preoccupazione principale dei Padri
conciliari che hanno votato questo Decreto il giorno prima
della chiusura del Concilio, il 7 dicembre 1965, e che ha avuto il maggior
numero dei voti di tutti i documenti del Concilio, sia stata quella di
sensibilizzare l’intera Chiesa cattolica al problema missionario. E’ un
problema che riguarda tutta la Chiesa in quanto tale, tanto che una delle
definizioni più forti, fondamentali dello stesso Decreto, è quello che la
Chiesa è per sua natura missionaria. Questa sensibilizzazione andava fatta
proprio per rinverdire un po’ in tutti i componenti della Chiesa questa necessità
di continuare ad andare in tutte le parti del mondo per annunciare il Vangelo.
In questo il Concilio è stato profetico, nel senso che ha chiamato tutti i
membri della Chiesa, vescovi, sacerdoti, religiosi, laici a questa
missionarietà perché è una realtà che li riguarda in quanto battezzati.
D. – Come ripensare oggi la missione?
R. – La missione va ripensata nel senso di tener conto di
queste nuove realtà, di queste nuove sfide come l’inculturazione, come la
mondializzazione e come anche il dialogo che ormai è diventato un elemento
costitutivo anche della stessa missione. Un dialogo non per se stesso ma un
dialogo che tende sempre a dimostrare l’identità del cristianesimo e quindi la
persona di Gesù Cristo, il messaggio che Lui ci ha portato. Ci sono sfide che
oggi la missione deve affrontare ma sempre tenendo
presente la finalità specifica della missionarietà che è appunto l’annuncio.
D. – Di quali missionari ha oggi bisogno
la Chiesa?
R. – Missionari che siano ricchi di
fede, missionari che siano spinti dalla carità, e che nelle varie parti
del mondo siano testimoni autentici con la loro vita di questo messaggio di
amore, di questo messaggio di salvezza che ci viene dal Vangelo di Cristo.
D. – Gran parte dell’umanità ancora non conosce il
Vangelo. Cosa fare?
R. – La stragrande maggioranza non conosce ancora il
Vangelo e allora questo significa che deve spingere tutta la Chiesa a prendere
coscienza di questa urgenza, di questa necessità. Animati da questo spirito
missionario, tutti possiamo essere coinvolti per un’azione rinnovata di
missione alle genti che ancora attendono l’annuncio del Signore.
D. – Propulsore della missione è lo Spirito Santo. Come
accogliere lo Spirito per annunciare senza paura la salvezza operata da Gesù?
R. – Aprirsi alla voce dello Spirito, aprirsi alla
chiamata dello Spirito, aprirsi all’impulso dello Spirito perché se non ci
facciamo dirigere dallo Spirito che chiama, che invia e che dà forza e
coraggio, noi non avremo mai il coraggio di poter realizzare la vocazione che è
insita in ognuno di noi. Lo Spirito guida la Chiesa, anima la Chiesa e la
Chiesa, che siamo noi, deve fare in modo che si metta sul solco
dell’evangelizzazione perché nel comando del Signore è anche la nostra identità
e la nostra fedeltà a Lui.
D. – Nei suoi numerosi viaggi, eminenza, quali comunità
cristiane incontra?
R. – Spesso comunità che hanno ricevuto da poco il Vangelo
o anche altre che si preparano con un corso anche biennale a ricevere il
battesimo, ma anche tanta curiosità. Tanta curiosità di coloro che non hanno
ancora sentito parlare del Vangelo e che invece sono molto sensibili e pronti a
ricevere la grazia che viene dal Signore. Sono comunità, queste, innumerevoli
che richiedono, soprattutto attraverso la testimonianza di tanti missionari e
missionarie ma anche del clero locale, di ricevere la grazia della salvezza che
viene dal Signore.
D. – Nell’Apocalisse, San Giovanni parla di comunità a
volte tiepide, un po’ come quelle nostre, in Occidente. Come ravvivare la fede?
R. – Ecco, a queste comunità direi che bisogna ispirare il
senso della missionarietà, far sentire loro l’urgenza e la necessità di vivere
missionariamente la propria identità cristiana. Questo può costituire un motivo
di ripresa non solo della propria fede, ma anche della propria attività come
cristiani. Qualunque cristiano, fanciulli, giovani, adulti, sacerdoti,
religiosi, tutti, che prendono coscienza di questa vocazione missionaria che è
insita nel proprio Battesimo, possono avere un motivo di maggiore fervore e
quindi di un maggiore impegno nella propria vita cristiana.
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RINVIGORIRE
A
FAVORE DELLE POPOLAZIONI
RURALI:
ORGANIZZATA
A PORTO ALEGRE, IN BRASILE,
PER
DIBATTERE SULLA RIFORMA AGRARIA MONDIALE
-
Servizio di Roberta Gisotti -
Rinvigorire “la solidarietà internazionale per affrontare
consapevolmente le gradi sfide poste dall’obiettivo
dello sviluppo dei popoli e in questo ambito, dallo specifico impegno a favore del mondo rurale,
al fine di garantire all’umanità un livello minimo di sicurezza alimentare”.
Così il capo della delegazione della Santa Sede, mons. Janusz
Bolonek, nunzio
apostolico in Uruguay, alla Conferenza internazionale della FAO sulla
riforma agraria e lo sviluppo rurale, in corso fino a domani a Porto Alegre, in Brasile.
In gioco il destino di 900 milioni, tre quarti della popolazione povera mondiale, che vivono
nelle zone rurali. “Un futuro - come rileva una nota della Santa Sede a margine
di questa importante Assise - che appare sempre più
incerto” , e che dunque “richiede necessari interventi sia mediante l’azione
dei singoli Paesi sia attraverso le diverse iniziative offerte dalla
cooperazione internazionale”. Si devono anche dare – prosegue la nota - “valide risposte alle attese di quanti,
lavoratori della terra, piccoli contadini, artigiani, e loro famiglie,
stabilmente vivono ed operano nel mondo rurale. Va, infatti, scongiurato il
rischio che il mondo rurale possa essere considerato
come una realtà secondaria, o addirittura dimenticata, venendosi così a
favorire la perdita di quei fecondi elementi di ordine sociale, economico e
spirituale che lo caratterizzano”. Del resto - ha sottolineato l’arcivescovo Bolonek - “la dimensione mondiale dell’attività agricola,
l’uso delle moderne tecniche ed i costanti progressi della ricerca permettono
di sperare, con rinnovata fiducia, nell’aumento prossimo e rapido, della
produzione e degli indici di sviluppo umano”.
Si tratta però
d’una realtà – ha puntualizzato il presule – “che deve essere accolta e valutata
in maniera positiva, a condizione che sia riconosciuta come ulteriore strumento
della creazione, offerto alla famiglia umana, e non come elemento che sconvolge
l’ordine naturale”. Particolare
raccomandazione ha rivolto, infine, il capo delegazione della Santa Sede alla
Conferenza della FAO, quella di “proteggere e sostenere la ‘famiglia rurale’, nel ruolo importante che questa può avere,
specialmente per contribuire ad uno sviluppo rispettoso della natura, soprattutto
attento alla dignità fondamentale dell’essere umano”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il tema del nucleare: il
programma iraniano sarà discusso dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla Quaresima.
Servizio estero – “Rinvigorire la solidarietà
internazionale per affrontare le grandi sfide dello sviluppo rurale”:
partecipazione della Santa Sede alla Conferenza internazionale sulla riforma
agraria e lo sviluppo rurale in corso a Porto Alegre.
Servizio culturale - Un articolo
di Piero Amici dal titolo “Milioni di vittime inermi e incolpevoli”: un
volume di Marcello Flores sulle violenze di massa del XX secolo.
Servizio italiano - In rilievo le elezioni.
Confronto in tv: si cerca l’accordo. Berlusconi rinuncia alla conferenza
finale.
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9 marzo 2006
UN
MOMENTO PRIVILEGIATO PER LA RIFLESSIONE E LA PREGHIERA,
PER
SENSIBILIZZARE SUL TEMA DELLA DISABILITA’: COSI’ IL
CARDINALE POLETTO
ALLA
MESSA DEDICATA AGLI ATLETI DELLA PARALIMPIADI
-
Servizio di Fabrizio Accatino -
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“Questo è un momento privilegiato per la riflessione e la
preghiera, per sensibilizzare maggiormente sia la comunità ecclesiale che la
società civile sul tema della disabilità”. Con queste
parole il cardinale di Torino, Severino Poletto, ha
presentato la celebrazione eucaristica dedicata agli atleti delle
Paraolimpiadi. Intorno a lui sportivi provenienti da tutto il mondo, ognuno con
una qualche disabilità fisica, ma con la voglia di
gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Dal 10 marzo, giorno dell’inaugurazione della
manifestazione, sarà la loro festa. Dopo il momento dell’ufficialità, con
l’incontro dell’arcivescovo con i membri del Cio e i
capi delle delegazioni sportive e dopo il concerto dello Stabat
Mater di Pergolesi che
ha dato ufficialmente il via al cartellone di iniziative costruito dalla diocesi
intorno all’evento, al Cottolengo di Torino si è
consumato il momento della preghiera e dell’Eucaristia. Il senso è riassunto
dalle parole del cardinale Poletto:
“Ci troviamo qui nella piccola casa del Cottolengo, proprio perché prima che comincino le
Paraolimpiadi abbiamo pensato fosse una bella iniziativa quella di portare
alcuni atleti delle Paralimpiadi a questa
celebrazione eucaristica, per dare speranza e fiducia a questi e quei
disabili”.
Durante le Paraolimpiadi, nelle dodici chiese vicine ai
siti olimpici, verranno celebrate messe in più lingue
e saranno proposti ai fedeli, che arrivano da tutti i continenti, momenti di
adorazione eucaristica. In programma anche serate di riflessione. Il 15 febbraio,
in cattedrale, verrà organizzato un altro grande
concerto in prima mondiale, dedicato alla Sindone. Al sacro lino è dedicato
anche l’evento più significativo, una mostra nelle tre navate inferiori del
Duomo, che attraverso un percorso ripercorre le tappe che hanno segnato la
Sindone a partire dall’ultima cena.
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150
CAPOLAVORI DI VAN GOGH E GAUGUIN IN MOSTRA
NEL
COMPLESSO DI SANTA GIULIA A BRESCIA.
UN’ESPOSIZIONE
DI SUCCESSO CHE RIPERCORRE LA VITA E L’ARTE DEI DUE ARTISTI
-
Intervista con Marco Golden -
“Van Gogh
e Gauguin. L’avventura del colore nuovo”: è il titolo
della mostra di grande successo in corso a Brescia fino al 26 marzo nel
complesso di Santa Giulia. 150 capolavori per ripercorrere la vita e l’arte dei
due artisti. E poi una seconda esposizione di 60 capolavori di Jean-Francois Millet, che
molto influenzò Van Gogh. Il servizio di Debora Donnini:
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E’ il colore intenso il grande protagonista di questa
mostra che fa rivivere l’intero percorso dei due maestri. Dagli anni di
apprendistato di Vincent Van
Gogh in Olanda e di Paul Gauguin in Francia, fino alle opera
in Provenza e ad Over, del primo, ad Haiti, del secondo; passando per il
periodo di circa due mesi che trascorsero assieme nel sud della Francia. Ad Arl, Van Gogh
si stabilisce nel 1888 ed è qui che rafforza la pittura a tratti paralleli e
con rapidi colpi di pennello. Raggiunto da Gauguin,
da lui apprende il coraggio di immaginare le cose. L’avventura del colore nuovo
che i due artisti intraprenderanno è proprio quella non di riprodurre la realtà
in tutti i suoi particolari, ma di esprimere l’emozione, come ci conferma Marco
Golden, curatore della mostra:
R. – Colore
nuovo e soprattutto l’avventura di due artisti che partono da posizioni di descrizione
realistica delle cose. Invece evolvono verso un colore che in realtà è
interpretazione della natura. Dal quadro di Gauguin e
con la visione del sermone, quando per la prima volta un prato, anziché verde,
è diventato rosso; al seminatore di Van Gogh, quando la terra sulla quale il seminatore si muove
non è più marrone ma un azzurro che sembra quasi un
mare. In realtà, andando anche verso due direzioni diverse: Van
Gogh verso un colore che abbia sempre a che fare con
la fisicità della terra,
Gauguin, invece, puntando ad una assolutizzazione del colore ed anche toccando - possiamo
dire - addirittura l’astrazione in alcuni punti.
Al cuore della pittura di Van Gogh vi è poi, indubbiamente, un’impronta spirituale molto
forte. Ancora Marco Golden:
R. – Quando Van Gogh decide di lasciare Parigi e di raggiungere il sud della Francia, e quindi di incontrare soprattutto il giallo
un colore che prima conosceva molto poco, lo fa cercando la dimensione del
vedere. Quindi direi che la spiritualità è qualcosa che contiene tutta l’opera
di Van Gogh, però ha sempre
a che fare, in modo fondamentale, con la visione fisica.
Straordinari i capolavori esposti e ampia la sezione di
testimonianze, con una lettera autografa di Van Gogh. Poi, una sezione è dedicata ad una proiezione
multimediale sincronizzata. Van Gogh
e Gauguin prenderanno strade diverse, ma a segnare
un’orma indelebile sarà la capacità di dare, con il colore, la parola
all’emozione.
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9 marzo 2006
RASSICURAZIONI
DELL’ITALIA ALL’ONU, DOPO
CHE
DENUNCIA INGENTI TAGLI FINANZIARI DEL GOVERNO DI ROMA ALLE NAZIONI UNITE
- Servizio di Roberta Gisotti -
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ROMA. = L’Italia rassicura l’ONU che manterrà le sue
promesse di finanziamento, dopo la lettera del segretario generale Kofi Annan all’ambasciatore
italiano presso le Nazioni Unite, Marcello Spatafora,
datata 2 marzo e resa nota ieri da alcuni organi di stampa. Nella lettera Annan esprime “profonda preoccupazione riguardo la possibilità” che l’Italia decida “di ridurre o di
eliminare totalmente i suoi contributi volontari ai Fondi e ai Programmi delle
Nazioni Unite nel
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NUOVA
EDIZIONE INTERCONFESSIONALE DELLA BIBBIA NELLE FILIPPINE:
PUBBLICATA
IN TAGALOG, È STATA DISTRIBUITA A TUTTE LE COMUNITÀ ECCLESIALI
MANILA.
= Una nuova edizione interconfessionale della Bibbia in tagalog
è stata presentata nelle Filippine. Lingua ufficiale del Paese insieme
all’inglese, il tagalog è un idioma nato da una base
indigena, con contaminazioni e apporti di spagnolo e inglese, eredità della
colonizzazione. Il volume è stato distribuito a tutte le comunità ecclesiali,
anche a quelle che si trovano nelle zone più remote, dove i sacerdoti possono
arrivare solo periodicamente. L’obiettivo - ha spiegato
UNIVERSITÀ, FORMAZIONE E SVILUPPO: PAROLE CHIAVE
DELL’INCONTRO
DAL
TITOLO “COOPERAZIONE UNIVERSITARIA EUROPA-AFRICA” PROMOSSO
DAL
VICARIATO E IL MINISTERO DEGLI ESTERI ITALIANO. IL
CONVEGNO, CON LA PARTECIPAZIONE DI ESPONENTI GOVERNATIVI E DEL MONDO ACCADEMICO,
SI È SVOLTO IN VISTA DELLA IV GIORNATA EUROPEA DEGLI UNIVERSITARI, FISSATA PER SABATO PROSSIMO ALLA PRESENZA DEL
SANTO PADRE.
-
A cura di Eugenio Bonanata –
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ROMA. =
Tutti hanno sottolineato l’importanza di questo tipo di cooperazione che mira
soprattutto alla formazione della futura classe dirigente africana. L’obiettivo
è quello di creare una rete che unisca le università
europee ed africane, in modo da permettere una libera circolazione della
conoscenza. Accanto alla logica emergenziale che sempre più spesso guida gli
interventi in Africa, in questo caso si punta al lungo periodo e la speranza è
nei giovani africani, affinché in questo modo possano diventare protagonisti dei settori chiave dei loro Paesi. Certo è un progetto
complesso, vista la difficile situazione socio-politica di alcune nazioni, ma
l’Europa è sicuramente in grado di dare il suo contributo. E la Chiesa,
attraverso le sue università e le sue numerose opere di missione, da sempre
gioca un ruolo fondamentale in questo campo, suggerendo principi e valori. Le
conferme sono giunte, ad esempio, dall’università cattolica del Mozambico, un
ateneo impegnato assieme ai vescovi locali al servizio della pace e della
riconciliazione dopo 17 anni di guerra civile. Il convegno, che prosegue anche
nel pomeriggio, è un momento preparatorio alla IV Giornata europea degli
universitari. L’appuntamento, grazie all’infaticabile impegno dell’Ufficio per
la pastorale universitaria, è per sabato prossimo in Vaticano, quando studenti
italiani e africani incontreranno il Santo Padre.
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AL VIA
IL PRIMO CORSO DI FORMAZIONE ON LINE PER LA REALIZZAZIONE
DI
SITI WEB CATTOLICI. L’INIZIATIVA, COMPLETAMENTE GRATUITA,
E’ PROMOSSA DALL’ASSOCIAZIONE DEI WEBMASTER CATTOLICI
ANCONA.
= Un corso di formazione gratuito on-line per imparare a creare un sito web
cattolico. L’iniziativa è promossa dall’associazione Webmaster
cattolici italiani (WeCa) ed è stata presentata al
convegno nazionale dei direttori e dei collaboratori degli uffici diocesani per
le comunicazioni sociali, sul tema “Comunicare speranza”, in corso ad Ancona da
oggi all’11 marzo. Il corso – informa l’agenzia SIR – è tenuto da docenti
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e da esperti cattolici del
web. E’ fruibile con lezioni a distanza e articolato in 8 moduli didattici.
Rilascia inoltre la certificazione “WeCa” di primo
livello. L’associazione ha lanciato anche il nuovo sito web (www.webcattolici.it) – dal quale è
possibile accedere al corso on-line –, insieme alla “Guida al Web. Decalogo Internet e minori”. Si tratta di un testo a fumetti
(dedicato alle famiglie, alle scuole e alle comunità) che l’associazione
pubblica sul sito in diversi formati. Riconosciuta dal Direttorio delle
Comunicazioni sociali come importante realtà nella missione della Chiesa, “WeCa” è la prima iniziativa europea che intende unire
le conoscenze e le esperienze dei Webmaster
cattolici. Ricordiamo che sono più di 10.000 i siti cattolici italiani. (A.G.)
DECINE DI MORTI PER IL CROLLO, IERI IN UGANDA, DI UNA CHIESA PROTESTANTE.
I MATERIALI DI COSTRUZIONE INADEGUATI E LE PERSISTENTI PIOGGE SONO
PROBABILMENTE LE PRINCIPALI CAUSE DEL CROLLO
KAMPALA. = Almeno 27 persone sono morte ieri
per il crollo di un muro di una chiesa protestante a Kampala, durante un
temporale. Il crollo, avvenuto in un sobborgo molto povero della capitale ugandese, sarebbe da addebitare ad errori nella costruzione
e alle persistenti piogge. La chiesa, infatti, sarebbe stata costruita con
materiali inadeguati e su un terreno non appropriato per questo tipo di struttura.
Ma, mentre continuano le operazioni di sgombero delle macerie, si teme che il
bilancio definitivo possa essere più grave, poiché non è chiaro quanti fedeli
fossero all’interno dell’edificio al momento della tragedia. Secondo il pastore
Francis Byaruhanga, uno dei
sopravvissuti al disastro sentito dall’Agenzia missionari “MISNA”, nella chiesa
c’erano alcune centinaia di persone. La stampa
ugandese ha chiamato in causa
le autorità amministrative locali per il presunto mancato ruolo di controllo
nelle concessioni edilizie e nella verifica degli standard di costruzione. (A.L.)
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9 marzo 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
L’Iran resisterà
alle pressioni politiche sul proprio programma nucleare e non accetterà di essere
umiliato. La Repubblica islamica è forte e invincibile, non si piegherà alla
prepotenza delle potenze straniere. Con queste parole il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha replicato
alla decisione, presa ieri a Vienna dall’Agenzia Internazionale per l’Energia
Atomica (AIEA), di trasferire al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il
dossier nucleare iraniano. La Russia ha definito inaccettabile la soluzione militare e inefficaci
le sanzioni. La Cina ha sollecitato trattative con Teheran. La posizione più dura è stata
quella dagli Stati Uniti, anche se in sede ONU, Washington potrebbe non avere
tutto l’appoggio necessario per giungere all’isolamento di Teheran
e per far scattare eventuali sanzioni. Ma non c’è il rischio che da battaglia
diplomatica, il contenzioso tra Stati Uniti e Iran possa trasformarsi in
qualcosa di più? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di
Trieste:
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R. – Sì,
naturalmente, perché entrambi i contendenti hanno fatto in modo che la questione
si facesse sempre più dura e quindi finisse sul tavolo del Consiglio di
Sicurezza. Ma non è certo quali saranno le decisioni, perché l’Asia è legata
all’Iran. L’Asia è legata alle forniture di petrolio. L’India ha un gasdotto,
in costruzione, di 3 mila chilometri che dovrebbe partire dall’Iran. La Cina dipende molto dal petrolio iraniano e la Russia non
ha nascosto il suo disappunto. Quindi, l’Asia potrebbe avere una posizione
diversa nel Consiglio di Sicurezza.
D. – Bisogna dire
che in questi ultimi mesi Teheran è stata chiara: non
rinuncerebbe in nessun modo al suo programma nucleare. Perché questo
atteggiamento così intransigente?
R. – I Paesi che
chiedono il nucleare lo fanno sempre per scopi di deterrenza,
mai di attacco. Lo fanno per il civile, ma anche se lo facessero per il
nucleare militare, il primo obiettivo sarebbe sempre quello di dissuasione. Lo
Stato iraniano è circondato da potenze nucleari, amiche e meno amiche. La
Repubblica islamica ritiene di avere il diritto – il popolo iraniano mi pare
abbastanza convinto di questo, a torto o a ragione – di potersi dotare, non
solo del nucleare civile, ma anche del nucleare militare. Nessuno, infatti, ha
ancora capito se non vi sia un programma segreto già operativo. Questo potrebbe
essere il rischio del futuro attacco, il giorno in cui venisse
accertato. Il rischio di conflitto sta quindi aumentando.
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In Iraq, dieci persone sono rimaste uccise in un attentato
compiuto da ribelli a Baghdad. Sempre nella capitale, altri due attacchi hanno
provocato la morte di almeno sei persone, fra le quali una donna e un bambino.
Sul fronte dei sequestri, più di 50 guardie private sono state prese in
ostaggio, ieri, nella sede di un istituto di vigilanza da uomini che indossavano
divise di reparti speciali. Prima di allontanarsi con gli ostaggi, i guerriglieri
si sono impossessati di tutte le armi e di decine di radiotelefoni.
Un gruppo islamico finora
sconosciuto ha rivendicato la responsabilità degli attentati sferrati martedì
scorso a Varanasi, in India. Un uomo, che si è
presentato come il portavoce del sedicente gruppo “Lashkar-e-Kahar”,
ha rivendicato gli attentati costati la vita ad almeno 23 persone e ha aggiunto
che saranno condotti altri attacchi “fin quando
l’India non metterà fine alle atrocità contro i musulmani del Kashmir”.
Cambio
di politica monetaria in Giappone: la Banca Centrale nipponica ha deciso di porre
fine alla propria politica monetaria ultra espansiva, adottata da cinque anni a
questa parte, e di tornare ad un più classico regime basato sulla crescita dei
tassi di interesse. Il nostro servizio:
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Dopo 8
anni di deflazione, il Giappone volta pagina e torna ad un regime convenzionale
sui tassi, mantenuti negli ultimi anni intorno allo zero. Lo spettro della deflazione,
che al contrario dell’inflazione produce il calo dei prezzi, ha iniziato a colpire
il Giappone all’inizio degli anni ‘90 dopo lo scoppio della bolla speculativa immobiliare.
Ma il costante calo dei prezzi non ha portato solo vantaggi ai consumatori. La
deflazione ha fatto calare, infatti, anche i prezzi delle case e di altri beni
patrimoniali, con risvolti negativi. Questa tendenza, accompagnata da una
frenata generale dei salari, ha portato ad una lunga fase di stagnazione
dell’economia nipponica. Nella seconda metà degli anni ‘90, i giapponesi hanno
cominciato a spendere meno. Di riflesso, sono calati gli utili delle imprese e
la disoccupazione, praticamente sconosciuta fino a quel momento in Giappone, è
raddoppiata. Nel 1999, proprio per combattere la deflazione e la crisi di
liquidità, la Banca centrale nipponica ha avviato la politica dei tassi a
crescita zero. Adesso, dopo 8 anni di deflazione, Tokyo cambia politica monetaria mentre l’economia mostra chiari segni di ripresa.
La decisione del Giappone, il Paese con il debito pubblico più alto al mondo,
conferma la tendenza, già mostrata da Federal Reserve e da Banca centrale europea, del rialzo del
costo del denaro.
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Accertato
un caso di influenza aviaria: un laboratorio britannico ha confermato la presenza
del virus H5N1 in un cigno trovato morto in Serbia. A Ginevra, intanto, la
rappresentante del direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) per la pandemia influenzale, Margaret Chan, ha dichiarato, ieri, che è possibile contenere una pandemia
di influenza aviaria. Margaret Chan
ha sottolineato i progressi compiuti nella messa a punto di un piano
internazionale in grado di definire una serie di misure e interventi da
intraprendere nell’eventualità di una pandemia. Modelli teorici indicano che
per contenere una pandemia sono necessarie azioni coordinate concentrate su una
piccola area nei primi giorni successivi all’emergenza.
Il
nuovo presidente del Portogallo, Anibal Cavaco
Silva, ha prestato giuramento dando inizio al suo mandato di 5 anni. La
cerimonia si è svolta nella sede del Parlamento, alla presenza di numerosi
dignitari stranieri e con forti misure di sicurezza. Il servizio di Riccardo Carucci:
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Cavaco Silva, di 67 anni, ex primo
ministro, è stato eletto il 22 gennaio al primo turno superando, sia pure di
giustezza, la barriera del 60 per cento dei voti validi. È il primo presidente
della Repubblica di centro-destra, da quando il
Portogallo ritrovò la democrazia nel 1974. E questo significa coabitazione con
un governo di maggioranza assoluta socialista. La coabitazione non è una novità
in Portogallo, ma era sempre avvenuta, a volte in maniera agitata, tra
presidenti socialisti e governi di centro destra. Ora,
per la prima volta, è una coabitazione di segno contrario. Nel discorso
pronunciato dopo il giuramento, Cavaco Silva ha
dichiarato che sarà il presidente di tutti i portoghesi e ha assicurato cooperazione
leale e fruttuosa, ma dinamica e strategica, con il governo. Poi, ha anche fatto un’ampia
disanima dei problemi del Paese, dalle difficoltà economiche ai problemi
dell’istruzione, della giustizia e della previdenza sociale. Insomma, quasi un
discorso programmatico con una visione dinamica del ruolo del capo dello Stato,
anche per favorire intese più ampie sui grandi temi. Nonostante la ripetuta
difesa della stabilità istituzionale, il suo discorso può aver suscitato
qualche perplessità nel governo.
Da Lisbona, per la Radio Vaticana, Riccardo Carucci
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