RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 65 - Testo della trasmissione di lunedì 6 marzo 2006
IL
PAPA E
OGGI IN PRIMO PIANO:
Grave epidemia di colera nel
Sud Sudan: intervista con Emmanuel Moncada
CHIESA E SOCIETA’:
Al via, per la prima volta a Berlino, la plenaria di
primavera della Conferenza episcopale tedesca
Istituita in Olanda una Commissione incaricata di dettare le
regole per l’eutanasia sui bambini
Si intitola “Crash” il miglior film insignito
dell’Oscar 2006: una denuncia contro il razzismo
5
autobombe in Iraq: oltre 10 i morti. Tra le vittime
anche alcuni bambini
Aperta a Pechino l’assemblea annuale del Parlamento cinese: le attese di
800 milioni di contadini alle prese con la povertà
6
marzo 2006
“GESÙ CI ACCOMPAGNA
ATTRAVERSO IL DESERTO DELLA NOSTRA POVERTÀ
SOSTENENDOCI
NEL CAMMINO VERSO LA GIOIA INTENSA DELLA PASQUA”: COSI’ IL CARDINALE MARCO CE’, PATRIARCA EMERITO DI VENEZIA, NELLE MEDITAZIONI
DI STAMANI PER
GLI ESERCIZI SPIRITUALI DI QUARESIMA,
ALLA PRESENZA
DEL PAPA E DELLA CURIA ROMANA
Sono iniziate ieri, I Domenica di
Quaresima, nella Cappella “Redemptoris
Mater” in Vaticano, gli
Esercizi Spirituali con la partecipazione del Santo Padre, che si concluderanno
sabato mattina. In questi giorni, sono sospese tutte le udienze pontificie,
compresa quella generale di mercoledì prossimo. Le meditazioni sono proposte
quest’anno dal cardinale Marco Cé, patriarca emerito
di Venezia, sul tema: “Camminando con Gesù verso
la Pasqua guidati dall’Evangelista Marco”.
Sulle meditazioni di stamani, il servizio di Alessandro Gisotti:
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“E’ la Pasqua
che genera la Quaresima non viceversa”: è quanto sottolineato dal cardinale
Marco Cé, che ha indicato nel periodo quaresimale un
tempo privilegiato del “pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte
della misericordia”. Gesù, ha detto il porporato, “ci accompagna attraverso il
deserto della nostra povertà sostenendoci nel cammino verso la gioia intensa
della Pasqua”, “il cuore della nostra fede”:
“Se la
grazia del Crocifisso risorto non ci chiamasse e non venisse a prenderci, noi
non usciremmo mai dal nostro torpore e dal nostro peccato. Chi mi libererà da
questo corpo di morte? La grazia di Dio mediante Gesù Cristo”.
Questi
esercizi spirituali, ha proseguito, devono “diventare un atto di amore per la
Chiesa e per i tanti fratelli che camminano su strade lontane”, che “Gesù vuol
salvare”. Riprendendo poi il messaggio quaresimale di Benedetto XVI, il
cardinale Cé ha ricordato come nella Quaresima,
accanto alla preghiera debba trovare spazio la carità e il digiuno. Un digiuno,
ha spiegato, che secondo l’insegnamento dei Padri della Chiesa ha anche un “senso
solidaristico”. Ha così rivolto il pensiero alla
centralità del Vangelo per la vita dei cristiani, perché Gesù stesso è la
“lieta novella”:
“Il
Vangelo ci chiede di coinvolgerci, di sentirci interpellati, di non essere solo
spettatori arroccati nella fortezza della nostra razionalità, ma di reagire
come coloro che incontrano Gesù e si lasciano prendere dalla sua luce. Questo è
il senso del vivo desiderio di Gesù quando diceva
“Credetemi”.
Prendere
il Vangelo in mano, ha detto ancora, “è sempre un incontro”, dal quale trovare
forza per convertirsi, “riorientare la propria vita a
Dio, spalancandoGli il cuore
nella fede”. Quindi, nella seconda meditazione della mattinata, il cardinale Cé si è soffermato sul passo di Marco che introduce San
Giovanni il quale, alle folle accorrenti da tutta la Giudea, proclama un
battesimo di conversione:
“Io penso alle folle accorse per la morte di Papa
Giovanni Paolo II, per l’elezione del nuovo Pontefice, penso ai giovani convenuti
da ogni parte del mondo a Colonia. Non sono queste folle una testimonianza di una irrequietezza del cuore, che non si placa finché non si
incontra con Dio?”
Anche
chi rifiuta Cristo, è stata la sua riflessione, “soffre inconsapevolmente un
vuoto lancinante di Dio.” Un vuoto, ha avvertito, che
“solo una Chiesa sempre più fedele al Signore può riempire”. Proprio come San
Giovanni Battista, ha proseguito, dobbiamo essere “relativi a Gesù”, giacché “siamo quello che siamo grazie a Lui e per
Lui”. Parole seguite da un’esortazione rivolte proprio ai più stretti
collaboratori del Successore di Pietro:
“Noi
dobbiamo avere un’unica ambizione, che la gente veda che noi, pur con i nostri
limiti, siamo però persone che veramente amano il
Signore, che sono innamorate di Lui, che non frappongono un abisso tra quello
che dicono e quello che realmente sono”.
La
Quaresima, ha concluso il cardinale Cé, è “il tempo e
la grazia per decidersi per il Signore”. E’ bello “pensare che Dio venga a
cercarci”, lasciamoci dunque “trovare da Lui durante la Quaresima”.
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IERI
ALL’ANGELUS L’INVITO DEL PAPA A VIVERE
COME
UN TEMPO FAVOREVOLE PER UN’ATTENTA REVISIONE DI VITA
-
Intervista con mons. Bruno Forte -
Solo liberati dalla schiavitù della menzogna e del peccato
e aperti alla verità, gli uomini trovano il senso della loro esistenza e
raggiungono la pace, l’amore e la gioia.
Lo ha detto ieri il Papa all’Angelus nella prima Domenica di Quaresima.
Benedetto XVI ha invitato i fedeli ad approfittare di questo tempo liturgico
per un’attenta revisione di vita nel raccoglimento e nella preghiera. Ma come attuare
questa revisione non superficialmente? Ci risponde mons. Bruno Forte,
arcivescovo di Chieti-Vasto, al microfono di Sergio Centofanti:
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R. – Non è possibile parlare di conversione se non si ha
la coscienza del peccato e della sua gravità. Questo non per avere una visione
negativa sull’uomo ma per avere una visione realistica in tutta la sua
grandezza ma anche in tutta la sua tragicità. La condizione umana come
condizione tragica perchè segnata dal male. Di fronte a questa presa di coscienza
chiara e forte, che in ciascuno diventa un serio esame di coscienza per
verificare il proprio cuore e la propria vita davanti a Dio ed esigenze del
bene e dell’amore per gli altri, il secondo punto fondamentale per un cammino
serio di conversione è prendere con altrettanta forza, coscienza della grazia e
della bontà di Dio che in Gesù Cristo ci sono state rivelate e del gioco
dialettico su cui si costruisce il messaggio della Lettera di San Paolo ai
Romani: “dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato
la grazia”.
D. – Sempre all’Angelus ricordando la vittoria di Gesù,
tentato da satana nel deserto, il Papa ha detto che si è davvero liberi solo se si supera la prova della tentazione…
R. – Certo, perché la libertà non è semplicemente il
libero arbitrio, scegliere l’una o l’altra cosa, questo può essere anche un
esercizio malato della libertà. La vera libertà è una libertà come liberazione,
quindi un processo che implica sempre un “da dove” e un “verso dove”. Qual è la
vera libertà? È quella che ci rende liberi da noi stessi, dal nostro io enfatico,
dal nostro egoismo che ci porta a porre al centro noi stessi in relazione a Dio
e agli altri e che ci rende liberi per Dio e per gli altri in un movimento
d’amore. La vera libertà è la libertà d’amare, l’esodo da sé senza ritorno
dell’amore. Dunque è a questa libertà che tende il cammino quaresimale e questa
è una libertà cercata, desiderata ma è una libertà
donata, cioè che ci viene donata dall’Alto. L’altro nome della grazia è libertà
donata.
D. – In questi giorni il Papa ha lanciato un appello ai
sacerdoti che potrebbe essere anche un invito per tutti: “Diventiamo più
semplici - ha detto - e così saremo più aperti al Signore e alla gente…”
R. – Questo è un leitmotiv dell’insegnamento di Benedetto
XVI e anche del suo Magistero teologico riguardo al rinnovamento della Chiesa.
Il Papa più volte, già da teologo, diceva che il vero rinnovamento della Chiesa
è semplificazione, dove semplificazione non significa
banalizzazione, tutt’altro: significa ritornare al
centro, all’essenziale, a ciò che è veramente importante davanti a Dio. E
veramente importante è piacere a Dio nella sequela di Gesù, mettere al centro
della nostra vita di uomini, di cristiani e in particolare di sacerdoti, la
sequela di Cristo; il desiderare di essere uno con Lui sotto lo sguardo del
Padre, piacendo a Dio in ogni cosa. Credo che questa sia la riforma di cui il
Papa parla e di cui abbiamo immensamente bisogno. L’unica che non si svolge su
un piano esteriore e superficiale, fatto di slogan e di facili ricette, ma che
partendo dalla conversione del cuore rende
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Il deserto quaresimale metafora della condizione
umana": l'Angelus di Benedetto XVI a poche ore dall'inizio degli Esercizi
Spirituali che si tengono nella Cappella “Redemptoris
Mater” del Palazzo Apostolico fino
a sabato 11.
Servizio vaticano - L'omelia del Cardinale Angelo Sodano nella Santa
Messa - celebrata nella chiesa di Santa Maria Nova - per la festa di santa
Francesca Romana.
Servizio estero - In rilievo l'Iraq, dove si succedono senza tregua
sanguinosi atti di violenza.
Servizio culturale - Un articolo di Agnese Pellegrini dal titolo
"Nei drammi del corpo i dolori dell'anima": le
"Metamorfosi" di Ovidio riproposte dalla Fondazione Lorenzo Valla.
Servizio italiano - Sempre in primo piano la drammatica vicenda del
bimbo rapito nel Parmense.
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6 marzo 2006
“UNA
SVOLTA PER IL CONGO”: COSI’ I VESCOVI DEL PAESE AFRICANO
GUARDANO
ALLE ELEZIONI DI GIUGNO DOPO I RECENTI SVILUPPI POLITICI.
LA CONSAPEVOLEZZA DELLE DIFFICOLTA’ MA ANCHE DELLA “RICCHEZZA
NON SOLO DELLE POTENZIALITA’ NATURALI MA ANCHE DELLE
RISORSE UMANE”,
NELLA
DICHIARAZIONE DEL COMITATO PERMANENTE DEI PRESULI
“Alziamoci e costruiamo!”: è questo il significativo
titolo della Dichiarazione del Comitato permanente dei vescovi della Repubblica
Democratica del Congo, pubblicato nei giorni scorsi,
in un periodo particolarmente importante per la vita politica e sociale del
Paese africano. Il servizio di Fausta Speranza:
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“Una svolta decisiva per il Congo; un appuntamento decisivo con la storia”: sono tra
le espressioni usate dai vescovi che manifestano tutta la speranza che si possa
arrivare ad un “Congo nuovo”. Cruciale il prossimo voto previsto a giugno. Fa
seguito al recente
referendum costituzionale da considerarsi – dicono – “tappa importante per
dotare il Paese di nuove strutture”, ma anche come una circostanza per la quale
felicitarsi con il popolo, vista la mobilitazione. Una mobilitazione che rivela
che “la cultura democratica si sta costruendo”. E i presuli ricordano altri
momenti importanti della vita politica recente: la promulgazione da parte del
Capo dello Stato della Costituzione della Terza Repubblica e l’approvazione
della legge
elettorale in Parlamento. Ora è la prospettiva dell’appuntamento con le urne
per elezioni presidenziali e legislative a dare al Paese, secondo i vescovi,
“nuovo slancio”.
Se tutto ciò è motivo di speranza,
non si può tacere però sulle “difficoltà con le quali
devono fare i conti giornalmente i congolesi, il
profondo malessere che permane e un’impazienza evidente”. “L’insicurezza –
affermano – continua a costituire una minaccia per il processo di pace”. E qui si fanno forti e coraggiose le
denunce: “Noi deploriamo – scrivono i vescovi – il considerevole ritardo nella
formazione di un esercito unificato e repubblicano”. Per poi parlare di “un
esercito mal pagato e mal equipaggiato che, invece di contribuire alla pace e
alla sicurezza, abusa della sua forza e diventa una minaccia per i cittadini
che dovrebbe proteggere”. “Questo – riconoscono i presuli – non è presagio di
un buon svolgimento delle elezioni”. Sul piano politico, un motivo di
rincrescimento: l’insufficiente sensibilizzazione della popolazione al progetto
della Costituzione, la mancanza di un dibattito di fondo; l’assenza quasi
totale dei partiti politici e di loro testimoni negli uffici di voto all’epoca
del referendum costituzionale. E non è tutto, a preoccupare è “l’esasperazione
di frantumazioni etniche con la rinascita di partiti politici che si definiscono
oriundi o non oriundi”; ad essere stigmatizzata è la violenza verbale nei
discorsi di leader politici.
C’è poi anche un suggerimento di
carattere molto concreto: la Commissione elettorale indipendente prevedi di
cominciare il processo elettorale dalle elezioni legislative e presidenziali
per concludere in seguito con il voto locale. I vescovi del
Congo vorrebbero che il processo fosse inverso perché – spiegano – si
tratta di fondare una democrazia nascente.
Sul piano sociale, senza mezzi
termini, i presuli parlano di una delle più gravi crisi umanitarie dopo la
seconda guerra mondiale e affermano che alla “classe politica del Congo si deve imputare la parte maggiore delle grandi
responsabilità per la cattiva gestione della realtà sociale”. La storia è poi
storia di dittature e guerre a ripetizione, che hanno significato mancanza di
rispetto per la persona e per la sua dignità. Da qui, l’impoverimento del Paese
e del popolo e il disastroso divario tra l’opulenza di pochi e
la situazione degli altri che vivono di vane promesse. Tra le piaghe
sociali, l’AIDS.
Tra le sfide
perché davvero il futuro porti ad una svolta, c’è l’impegno alla scolarizzazione
di tutta la gioventù. E a questo proposito una precisazione significativa: i
vescovi ribadiscono la decisione di sopprimere la pratica secondo la quale i
genitori assolvono l’incarico di insegnanti. E poi chiedono allo Stato di cogliere
il momento di contatti e dialogo per procedere effettivamente alla restituzione
alla Chiesa cattolica dell’Università di Kinshasa, ex
Università Lovanium che è stata statalizzata nel
1971. Ai candidati alle elezioni, la raccomandazione “dell’astenersi
dall’attizzare odio e divisione tra la popolazione per interessi egoistici”.
In definitiva l’auspicio che “lo
Stato congolese assuma pienamente le sue responsabilità
davanti alla storia”, nella consapevolezza della “ricchezza del Paese, non solo
in termini di potenzialità naturali ma anche e soprattutto in risorse
umane”.
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GRAVE
SITUAZIONE NEL SUD SUDAN PER UNA EPIDEMIA DI COLERA
-
Intervista con Emmanuel Moncada -
Sono già 127 le vittime per un'epidemia di colera scoppiata nel Sud
Sudan. A comunicarlo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con una nota
diffusa al Cairo. I casi accertati ufficialmente sono oltre 5mila. Ma per
Medici Senza Frontiere (MSF) i contagi potrebbero essere molti di più. Ce ne
parla Emmanuel Moncada, direttore comunicazione dei MSF-Italia, intervistato da Giada Aquilino:
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R. - La
situazione è un po’ fosca, nel senso che questa malattia viene
sicuramente trasmessa dall’inquinamento dell’acqua e specialmente dal fiume
Nilo. Dato che il Sud Sudan è in una situazione di pace dal gennaio 2005, con
gli arrivi di molta gente che si era spostata per la guerra nel Nord ed è
tornata, c’è una maggiore probabilità che in zone urbane, come a Juba, questa malattia abbia una
trasmissione molto veloce ed in zona urbana dia queste cifre molto alte.
D. – Quindi, che significa? Che la gente ha bevuto acqua
infetta?
R. – Non solo che ha bevuto, ma preparando il cibo, non ha
preso le precauzioni di base di far bollire l’acqua prima di mangiare, di
cuocere gli alimenti. Questo Paese è stato quasi in guerra permanente dagli
anni ’60 a questa parte. Un anno fa si è deciso di porre fine alla guerra tra
Nord e Sud. Purtroppo gli operatori, che siano umanitari, che siano le Nazioni Unite, che sia il governo del Sud, che
siano i finanziatori istituzionali, non hanno cambiato il loro modo di operare.
Ovvero, si può passare dal livello di emergenza alla ricostruzione, ma non in
un Paese che ha vissuto la guerra per 25 anni. Io sono stato due anni capo
missione in Sud Sudan. Sono partito da lì nell’estate del 2004 e devo dire che
la situazione era drammatica. Non c’era accesso all’acqua potabile, non c’era
accesso alle cure, non c’era accesso all’educazione. Praticamente non c’era
niente. C’è ancora moltissimo lavoro da fare in Sud Sudan e questa epidemia ne
è la prova. Purtroppo Medici senza Frontiere ha ricordato a gennaio
2006 che anche se si è parlato molto l’anno scorso del Darfur, il Sudan in quanto Paese, e il Sud Sudan e il Darfur molto particolarmente, sono delle crisi dimenticate.
Non ne parla più nessuno. E’ come se un giorno che uno ha firmato il trattato
di pace tutto si fermasse lì e si voltasse pagina.
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AL BARGELLO DI FIRENZE UNA
GRANDE MOSTRA DEDICATA
ALLO SCULTORE GIAMBOLOGNA, PROTAGONISTA
DEL CINQUECENTO ALLA CORTE DEI MEDICI
-
Intervista con Beatrice Paolozzi Strozzi -
Un centinaio di opere del Giambologna
provenienti da tutto il mondo sono ospitate al Museo Nazionale del Bargello
nella mostra “Giambologna: gli
dei, gli eroi”, la prima grande monografica italiana dedicata al più grande
scultore europeo della seconda metà del Cinquecento. Inaugurata nei giorni
scorsi, aperta al pubblico fino al 15 giugno, la mostra offre la visione delle
opere del grande scultore che, arrivato a Firenze poco più che ventenne nel
1556, ha qui vissuto fino alla morte trascorrendo quasi mezzo secolo al servizio della famiglia Medici. Sull’evento, Alessandro
Gisotti ha intervistato la direttrice della mostra, Beatrice Paolozzi Strozzi:
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R. – Il
percorso è per temi: “Giambologna, gli
dei e gli eroi”. Giambologna ha scolpito anche
soggetti religiosi. Abbiamo privilegiato, però, questo tema perché è stato lo
scultore della corte medicea nella seconda metà del Cinquecento, il più
importante scultore, il più rappresentativo che l’Italia
abbia avuto in quel periodo, anche se di origine fiamminga, ed è quello che ha
esportato il linguaggio fiorentino e il linguaggio del Rinascimento in tutte le
corti europee. Tutti i sovrani d’Europa, infatti, se lo sono conteso o hanno
preso al loro servizio, non potendo avere Giambologna
in persona, i suoi diretti allievi.
D. – Dopo Michelangelo, Giambologna
viene ritenuto il più grande scultore del suo tempo.
Che cosa rende così straordinaria la sua arte?
R. – La cosa più straordinaria è probabilmente anche la
sua origine forestiera. Era un fiammingo e si innamorò, come tutti i giovani
scultori, dell’antichità e di Michelangelo, giungendo in viaggio di istruzione
a Roma quando aveva poco più di 20 anni. E seppe poi, stabilendosi a Firenze e
scegliendo Firenze come patria di elezione, distillare e trasformare in un
linguaggio proprio internazionale quelli che erano i principi del nostro Rinascimento.
Quindi, ha saputo essere la sintesi, ha saputo offrire una sintesi efficace dal
punto di vista formale, di quelli che erano i principi della classicità,
rielaborata dal Rinascimento.
D. – Cosa ci raccontano le opere di Giambologna
dell’epoca in cui visse, della Firenze medicea?
R. – E’ stato il momento, quello di Giambologna,
cioè il momento di Francesco I, in cui la dinastia
medicea di giovane generazione si imparenta addirittura con l‘Impero
austro-ungarico. Quindi, segna in qualche modo un vassallaggio che finirà per
prevalere nella storia invece autonoma di Firenze. Un momento di grande
internazionalità, di grande importanza di Firenze, che presenta come carta
vincente questo suo straordinario artista, che sintetizza un po’ la civiltà di
almeno due secoli di storia fiorentina. E il fatto che non sia neppure un
italiano è un messaggio straordinariamente moderno, trovo. Abbiamo, quindi,
evocato l’Europa anche nel titolo, perché effettivamente Giambologna
è stato un interprete europeo.
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6
marzo 2006
AL VIA, PER LA PRIMA VOLTA A BERLINO, LA PLENARIA
DI PRIMAVERA
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA. TRA I TEMI IN
ESAME,
LA GMG DI COLONIA E LA PASTORALE GIOVANILE NEL
PAESE
BERLINO. = Una Giornata di
studio sulle prospettive della pastorale giovanile. Prende a prestito
dall’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Christifideles Laici il titolo della Giornata - “La
Chiesa ha molto da dire ai giovani e i giovani hanno molto da dire alla Chiesa”
- che la Conferenza episcopale tedesca ha organizzato in occasione
dell’Assemblea plenaria di primavera, che inizia oggi, per la prima volta, a
Berlino. I vescovi prenderanno in esame la Giornata Mondiale della Gioventù di
Colonia, incontrando anche alcuni giovani, e discuteranno le prospettive della
pastorale giovanile nelle diverse diocesi del Paese. Altri punti in agenda
riguardano liturgia, scienza e formazione: in quest’ultimo ambito, verrà studiata in prima lettura la bozza delle direttive
ecclesiali sugli standard formativi per le lezioni di religione cattolica nelle
elementari. Verrà inoltre proseguito il lavoro di
revisione della traduzione ecumenica della Bibbia e di un libro comune di canti e preghiere. I
vescovi si occuperanno inoltre dei problemi connessi all’applicazione della
legge sull’immigrazione e sulle ricadute delle leggi sulla riforma del mercato
del lavoro e dell’iniziativa dell’episcopato dal titolo “Qui inizia il futuro:
matrimonio e famiglia”, nonché dell’impegno della Chiesa in vista dei mondiali
di calcio. Parteciperanno alla concelebrazione eucaristica di apertura della
Plenaria e ad alcune sessioni il cardinale boliviano Julio
Terrazas Sandoval, il vescovo
ugandese Robert Muhiirwa e il prefetto apostolico in Nepal, P. Anthony Francis Sharma S.I., presenti in Germania per
l’inaugurazione dell’annuale iniziativa quaresimale di “Misereor”.
(A.D.C.)
ISTITUITA IN OLANDA UNA COMMISSIONE INCARICATA DI
DETTARE LE REGOLE
PER L’EUTANASIA SUI BAMBINI. DURISSIME LE CRITICHE
DELLE ORGANIZZAZIONI LOCALI IN DIFESA DELLA VITA
L'AJA. = L’Olanda si avvia verso
la legalizzazione della pratica dell'eutanasia sui bambini. Una Commissione
istituita ad hoc per disciplinare la materia, molto
controversa, sarà operativa nelle prossime settimane e, in caso di
approvazione, il Paese europeo potrebbe diventare il primo al mondo a praticarla.
L’iter è duramente contestato dai movimenti e dalle associazioni in difesa
della vita che puntano il dito contro una serie di casi in cui si è fatto
ricorso all'eutanansia su minori. Protagonista dell’iniziativa in favore la legalizzazione,
scrive il Sunday Times, è
un medico, Eduard Verhagen,
pediatra all’Università di Groningen, nel nord dell'Olanda.
Verhagen è stato il primo a stilare una sorta di
vademecum per i medici che praticano l'eutanasia sui bambini, il cosiddetto
“Protocollo di Groninge”', dal nome dell'ateneo
scelto dalla Commissione come standard da vagliare e nel caso adottare. “Se un
bambino ha una malattia incurabile, può esserci solo una sofferenza terribile
che rende i suoi ultimi giorni o settimane insostenibili – è la tesi del dottor
Verhagen”. Ora, afferma, “il punto è questo: vogliamo
davvero lasciare il bambino in queste condizioni o gli vogliamo risparmiare
questa sofferenza? Aspettiamo che il bambino muoia? La risposta è no”. Secca la
replica degli organismi in difesa della vita. “E’ una cosa terribile. I
pazienti, in particolar modo i bambini, vanno protetti da dottori che accettano
l'eutanasia”. (A.D.C.)
DOPO
L’ALLARME ONU SUGLI AUMENTI DELLE CALAMITÀ NATURALI LEGATE
AL CLIMA
REGISTRATI NEGLI ULTIMI ANNI, GLI STATI CENTROAMERICANI
SI
PREPARANO A FRONTEGGIARE
L’EMERGENZA LANCIANDO UN NUOVO PIANO
DI PREVENZIONE
NELL’AREA
NEW YORK. = Il Centroamerica ha messo a punto, con la collaborazione
dell’ONU, un programma di prevenzione in vista dei fenomeni atmosferici
previsti dai meteorologi per il 2006. Il progetto, riferisce l’agenzia MISNA,
ha come obiettivo quello di impedire le devastazioni provocate nel 2005 dalla
stagione degli uragani. Secondo David Smith,
segretario del Centro di coordinamento per la prevenzione dei disastri naturali
della regione, “la stagione dei cicloni quest’anno è considerata eccezionale,
perché potrebbe essere uguale o ancora più intensa del 2005. Dobbiamo essere preparati,
non possono esserci sorprese”. Il piano consisterà essenzialmente
nell’allestimento di alloggi permanenti da subito disponibili per i possibili
sfollati, nel perfezionamento delle operazioni di distribuzione degli aiuti e
in un maggiore coordinamento tra le istituzioni incaricate di gestire le emergenze. Dopo l’allarme lanciato dall’ONU in vista
della prossima stagione degli uragani, che potrebbe essere più devastante
dell’anno precedente, Jan Egeland,
segretario generale aggiunto dell’ONU per gli Affari umanitari, ha dichiarato:
“Tutti gli Stati centroamericani devono lavorare uniti perché sono Paesi piccoli ma subiscono uragani imponenti. Solo così si potrà
ottenere una risposta efficace. La questione di fondo non sono tanto i finanziamenti,
quanto le misure di prevenzione concertate per impedire danni ancora più
gravi”. Secondo cifre fornite da Egeland,
in Centroamerica e nei Caraibi
da circa un trentennio ogni anno muoiono in media 3.500 persone a causa dei
disastri naturali. Per questa ragione la priorità resta la prevenzione.
VOLONTARI DI GREENPEACE STABILISCONO UNA SEDE DI
CONTROLLO
ALL’INTERNO DELLE ANTICHE FORESTE DELLA PAPUA
NUOVA GUINEA
PER IMPEDIRE IL DISBOSCAMENTO SELVAGGIO AD OPERA DELLE MULTINAZIONALI
PORT MORESBY. =
Foreste divelte e tribù indigene a rischio di esistenza in uno delle ormai
poche, e minacciate, oasi naturali del pianeta. Un gruppo di attivisti di Greenpeace si è mobilitato in difesa delle “Foreste del
Paradiso”, in Papua Nuova Guinea, che rischiano di essere cancellate dai tagli
selvaggi delle multinazionali del legno. In questi boschi antichissimi, teatro
di decine di scoperte naturalistiche di nuove specie, Greenpeace
ha deciso di aprire presso il Lago Murray, nella
Provincia occidentale, una base presidiata dai volontari dell'associazione,
sbarcati in questi giorni a Port Moresby
dalla naveammiraglia di Greenpeace,
la Rainbow Warrior. Le
“Foreste del Paradiso” sono fra le più disboscate al mondo: appena l'1% è protetto
e ogni anno, stima Greenpeace, solo in Papua Nuova
Guinea oltre 250.000 ettari vengono distrutti dalle
multinazionali del legname e sulle aree disboscate vengono impiantate
coltivazioni di soia destinate al foraggio o alla produzione di carta per usi
domestici, o di listoni per parquet o compensato. Ma
a ribellarsi sono anche le tribù che vivono nelle “Foreste del Paradiso”.
“Vogliamo far sentire la nostra opposizione alle industrie del legname che
vengono e distruggono tutto. Vogliamo che i tagli alle foreste siano su piccola
scala e vengano fatti dai proprietari terrieri in modo
sostenibile”, ha dichiarato il capotribù dei Kuni, Sep Galeva. E proprio la tribù Kuni ha invitato Greenpeace a
stabilire una “stazione di protezione delle foreste”: sarà la base da cui gli
attivisti partiranno per delimitare i confini dei territori tradizionali delle
tribù Papua, “per salvarli dall'industria del legno”, spiega Sergio
Baffoni, responsabile foreste di Greenpeace.
Volontari di Greenpeace da tutto il mondo vivranno e
lavoreranno insieme ai proprietari delle terre e faranno base alla “stazione di
protezione delle foreste”. Aiuteranno le tribù a far valere i loro diritti sui
circa 300 mila ettari di terra che appartengono a loro da sempre attraverso
l'identificazione e la mappatura dei confini. (A.D.C.)
SI INTITOLA “CRASH” IL MIGLIOR FILM INSIGNITO
DELL’OSCAR 2006.
ALLA NOTTE DEGLI OSCAR DI LOS ANGELES, TEMATICHE
SOCIALI E POLITICHE
AL CENTRO DELLE PELLICOLE PIU’ PREMIATE
- A cura di Alessandro De Carolis
-
LOS ANGELES. = Sei milioni e
mezzo di dollari per una mega-produzione hollywodiana
possono non bastare per il solo lancio pubblicitario. Paul
Haggis ci ha coperto invece i costi di tutto un film,
togliendosi pure la soddisfazione di vederlo premiato con l’Oscar. Si intitola
“Crash” la pellicola che si è aggiudicata la 78.ma edizione degli Academy Awards, celebratasi ieri a Los Angeles. L’intolleranza e il
razzismo che ne deriva sono gli ingredienti base della storia di Crash,
ambientata proprio nella capitale californiana del cinema, dove le storie dei
protagonisti raccontano delle discriminazioni razziali dell’America del Duemila
che, sotto altre forme, arrivano direttamente dall’apartheid del Novecento. “Il
razzismo c’è sempre stato – ha affermato il regista – ma
oggi è molto diverso da 50 anni fa. E’ molto più sottile, subdolo.” In molti
dei film premiati, è stata la componente sociale a fare da minimo comune
denominatore nella Notte degli Oscar 2006. Il plurifavorito
della vigilia - “I segreti di Brokeback
Mountain”, sulla difficile relazione tra due cow-boy omosessuali – si è aggiudicato l’Oscar per la miglior regia, firmata da Ang Lee, cinese di Taiwan e primo
asiatico a vincere la celebre statuetta. L’Oscar per
il miglior attore ha consacrato invece l’ottima recitazione di Philip Seymour Hoffman nel film biografico “Truman
Capote: a sangue freddo”, dedicato al grande scrittore e drammaturgo americano.
E un altro film biografico ha premiato come miglior attrice la 29.enne Reese Whiterspoon in “Quando
l’amore brucia l’anima”, che narra le gesta di Johnny
Cash uno dei maggiori cantanti e musicisti rock degli Anni ’50 insieme a Elvis Presley e Jerry Lee Lewis.
Da sottolineare i temi sociali e politici che hanno visto premiati con l’Oscar
per i migliori attore e attrice non protagonisti il
“divo” Gorge Clooney in “Syriana”
– intrighi tra USA, Paesi Arabi e Cina sullo sfondo del commercio petrolifero –
e Rachel Weisz in “The Constant
Gardener”, sullo sfruttamento delle case
farmaceutiche in Africa. E africano è stato il film straniero insignito
dell’Oscar 2006: si tratta di
“Tsotsi”, di Gavin
Hood, storia di uno spietato gangster di Johannesburg
che si “redime” quando deve occuparsi del bebè trovato in un’auto appena
rubata.
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6 marzo 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, il presidente Talabani ha annunciato che il nuovo Parlamento si riunirà
il prossimo 12 marzo. Ma il percorso politico iracheno continua ad essere
minato da un’interminabile serie di violenze: nuovo attacco condotto da uomini
armati in un mercato di Baquba. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
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L’arrivo di una pattuglia della polizia in un
affollato mercato del centro di Baquba dopo
l’uccisione di un uomo, probabilmente assassinato proprio per attirare le forze
dell’ordine, è stato accompagnato dalla potente esplosione di un ordigno. La
deflagrazione ha provocato la morte di almeno 7 persone, tra le quali donne e
bambini. Oltre a questo attentato nella città nel triangolo sunnita
dove è presente una numerosa comunità sciita, episodi di violenza si registrano
anche nel nord dell’Iraq: nella cittadina di Hawija
sono stati assassinati tre sciiti e uno sceicco di una tribù sunnita. A Baghdad due persone sono morte, inoltre, in seguito
a due attacchi kamikaze. Alle violenze si aggiungono, poi, nuove denunce di Amnesty International,
secondo cui migliaia
di detenuti sono privati, in Iraq, dei loro diritti fondamentali. L’organizzazione per i diritti umani sottolinea come la triste lezione
del carcere di Abu Ghraib,
teatro di abusi e soprusi da parte di militari statunitensi, sia stata
ignorata. Nel rapporto di Amnesty International vengono anche resi noti,
con dettagli raccapriccianti, nuovi casi di torture. Secondo l’organizzazione
umanitaria, molti prigionieri iracheni continuano a subire indicibili
maltrattamenti da parte di soldati americani. L’esercito
statunitense ribadisce, invece, che tutti i detenuti sono trattati secondo le
convenzioni internazionali e la legge irachena. Sul versante politico, intanto,
il presidente Talabani ha annunciato che il nuovo
Parlamento, uscito dalle elezioni di dicembre vinte dall’alleanza sciita, si
riunirà il prossimo 12 marzo. La data rispetta la scadenza imposta dalla
Costituzione provvisoria. Il testo costituzionale definitivo entrerà in vigore
dopo l’insediamento del nuovo governo.
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La questione nucleare iraniana
è all’esame dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA): ha avuto
inizio infatti, a Vienna, la riunione dei governatori
dell’Agenzia dell’ONU.
Il direttore dell’AIEA, El Baradei,
ha detto che è ancora possibile arrivare ad un accordo con l’Iran che, ribadisce
di non voler interrompere le attività di arricchimento
dell’uranio. Una
decisione dell’AIEA sul dossier iraniano è attesa entro mercoledì prossimo: i
governatori dovranno decidere se deferire l’Iran al Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite. L’altra opzione, meno drastica, è quella di informare il
Consiglio dell’ONU sulle violazioni del Trattato di non proliferazione nucleare.
Ma con quale stato d’animo le autorità della Repubblica Islamica stanno
vivendo l’esito della riunione di Vienna? Giancarlo
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R. - I toni che l’Iran ha continuato ad usare prima della
riunione sono toni molto duri. Ieri, decine di migliaia di persone hanno
manifestato in tutto il Paese. I dimostranti hanno formato delle “catene umane”
per far capire di essere pronti a proteggere, con le
loro vite, i siti nucleari della repubblica islamica. Il capo negoziatore
iraniano, Ali Larijani, ha ribadito che l’Iran non
intende accettare la richiesta dell’AIEA. L’Agenzia dell’ONU, nell’ultima
riunione all’inizio di febbraio, aveva chiesto al governo di Teheran di tornare a sospendere le attività di ricerca sul
combustibile nucleare.
D. – E’ stato detto qualcosa sull’eventualità di subire
sanzioni in un futuro più o meno prossimo?
R. – E’ stato ribadito di non avere alcuna paura di
possibili sanzioni. Queste non faranno retrocedere l’Iran dalla sua intenzione.
Anzi, l’Iran ha a sua volta minacciato di poter anche usare “l’arma del
petrolio”, riducendo le esportazioni o tagliando le esportazioni di greggio.
Ricordiamo che l’Iran è il quarto produttore mondiale di petrolio, e quindi un
taglio delle sue esportazioni provocherebbe un ulteriore aumento dei prezzi del
greggio che sono già oltre sessanta dollari al barile.
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Proseguono nel Waziristan, zona tribale del Pakistan, gli scontri tra militanti
talebani e truppe di Islamabad.
Le forze pachistane hanno annunciato che almeno 19 estremisti islamici sono
rimasti uccisi nelle ultime ore. Nel fine settimana, altre
55 persone erano morte in seguito a ripetute offensive dell’esercito pachistano.
Secondo molti osservatori, il leader di Al Qaeda Osama Bin
Laden e il mullah Omar, ex leader del deposto regime talebano in Afghanistan, potrebbero aver trovato rifugio
proprio in Waziristan.
“Se volete che
Hamas cambi politica, anche Israele dovrà cambiare la sua”. Con queste parole di
uno dei principali esponenti di Hamas, si è chiusa ieri a Mosca la visita, in
Russia, della delegazione del movimento estremista palestinese. Nei Territori,
intanto, si riunisce oggi a Ramallah il Parlamento
palestinese dopo la vittoria di Hamas alle elezioni. Proprio nelle vicinanze
della città, l’esercito israeliano ha lanciato stamani una
vasta operazione contro attivisti delle Brigate dei martiri di Al Aqsa. Durante il blitz, sono stati eseguiti diversi arresti.
All’Assemblea del
Popolo, apertasi ieri a Pechino, il primo ministro cinese, Wen
Jabao, ha sottolineato l’urgenza di un piano in grado
di ridurre le disuguaglianze e la miseria nelle campagne. Ce ne parla Bernando Cervellera:
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Wen Jiabao ha proposto alcune scelte coraggiose dopo decenni di
sviluppo centrato sulla città, che ha ridotto alla povertà gli ottocento
milioni di contadini senza paga, sanità o scuole. Il premier ha promesso
miliardi di euro in cinque anni per migliorare la loro situazione e ridurre la
tensione sociale. Nel 2004, sono avvenuti ottantasettemila scontri fra
manifestanti e poliziotti. Molti, però, fanno notare che questi investimenti
per le campagne, in proporzione, sono minori a quelli avvenuti nel ’78. Wen ha poi sottolineato la necessità di un nuovo modello di
sviluppo con maggiori investimenti nella ricerca e nel campo dell’ecologia. La
crescita economica cinese ha inquinato il 70 per cento delle acque e ha reso le
città cinesi fra le più inquinate del mondo. Un’altra promessa fatta da Wen è di continuare le riforme economiche e politiche per
frenare la corruzione, vero cancro del partito. La novità più inquietante, che
preoccupa Taiwan e l’Asia, è l’aumento del 14 per cento alle spese militari, l’incremento
più alto negli ultimi dieci anni.
Per
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Resta alta la
tensione in Thailandia dove, per la quarta settimana
consecutiva, si sono tenute manifestazioni per le strade di Bangkok contro il
premier Shinawatra. Oltre
50 mila persone hanno chiesto le dimissioni del premier prima delle elezioni
politiche fissate per il 2 aprile. Intanto, nella zona meridionale del Paese, presunti
separatisti islamici hanno ucciso almeno 5 persone.
Milan Babic,
l’ex leader dei serbi in Croazia, si è suicidato nella
sua cella, nel centro di detenzione delle Nazioni Unite di Scheveningen,
in Olanda. Lo ha reso noto il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. Babic era stato
condannato lo scorso luglio a 13 anni di reclusione per crimini contro
l’umanità. Aveva ricoperto il ruolo di presidente della regione serbo-croata di
Krajina.
Elezioni presidenziali, ieri, nello Stato africano del Benin per eleggere il nuovo presidente, che prenderà il
posto di Mathieu Kerekou,
al potere dal 1972. Le consultazioni si sono svolte in un clima di
tranquillità. Se nessuno dei 26 candidati otterrà la maggioranza assoluta, si
andrà al ballottaggio entro due settimane.
In Italia, scade alle 20.00 di
questa sera il termine per la presentazione delle liste elettorali di Camera e
Senato in vista delle consultazioni del 9 e del 10 aprile. Ore di trattative
febbrili nella composizione dell’ordine dei candidati.
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