RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 146 - Testo della trasmissione di venerdì 26 maggio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In
Italia, più dell’84 per cento degli insegnanti di religione sono laici
9 morti e
oltre 50 feriti in 4 esplosioni a Baghdad. Uccisi anche l’allenatore
della nazionale irachena di tennis e due giocatori che indossavano pantaloncini
corti
26 maggio 2006
GRANDE
FOLLA STAMANE PER
LA
PIOGGIA. BENEDETTO XVI INVITA ALLA COERENZA NELLA FEDE:
E’
NECESSARIO ACCETTARE GLI INSEGNAMENTI DELLA CHIESA ANCHE
SE
SONO SCOMODI. AMORE E VERITA’ NON POSSONO ESSERE SEPARATI
Grande partecipazione di fede e affetto oggi a Varsavia
per la Messa presieduta da Benedetto XVI. La fitta pioggia non ha fermato i
tanti polacchi che hanno voluto essere vicini al Vicario di Cristo che da ieri
è in Polonia per confermare i fratelli nella fede. E stamane
il Papa ha ripreso un tema a lui caro: la stretta unione tra amore e verità.
Avere fede – ha detto – vuol dire amare Cristo facendo la sua volontà, che
passa anche attraverso gli insegnamenti della Chiesa. Insegnamenti, che i
credenti sono chiamati ad accettare anche se c’è chi
vorrebbe falsificare le parole del Vangelo togliendo le verità ritenute troppo
scomode per l’uomo moderno. C’è chi è morto – ha ricordato il Papa – per
restare fedele alla parola di Cristo. Ma ascoltiamo il servizio del nostro
inviato Sergio Centofanti:
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Una grandissima folla nonostante la pioggia battente ha
partecipato questa mattina a Varsavia alla Solenne Messa presieduta da
Benedetto XVI nella
storica piazza Pilsudski, sovrastata da una croce
alta
“Come non ringraziare oggi Dio – dice Benedetto XVI - per
quanto si è realizzato nella vostra Patria e nel mondo intero, durante il
pontificato di Giovanni Paolo II? Davanti ai nostri occhi sono avvenuti
cambiamenti di interi sistemi politici, economici e sociali. La gente in
diversi Paesi ha riacquistato la libertà e il senso della dignità. Non dimentichiamo
le grandi opere di Dio”.
“Rimanete saldi nella fede!”. Il Papa ripete anche oggi il motto di questo
viaggio apostolico. “La fede – afferma – è un dono, ma è anche un compito”. E
aggiunge in italiano:
“‘Egli vi darà un
altro Consolatore – lo Spirito di Verità’. La fede,
come conoscenza e professione della verità su Dio e sull’uomo, ‘dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta
si attua per la parola di Cristo’, dice san Paolo.
Lungo la storia della Chiesa gli Apostoli hanno predicato la parola di Cristo
preoccupandosi di consegnarla intatta ai loro successori, i quali a loro volta
l’hanno trasmessa alle successive generazioni, fino ai nostri giorni. Tanti
predicatori del Vangelo hanno dato la vita proprio a causa della fedeltà alla
verità della parola di Cristo”.
E “dalla premura per la verità – ha spiegato il Papa - è
nata
I successori degli Apostoli, insieme con il Papa, sono
responsabili per la verità del Vangelo, ed anche tutti i cristiani sono
chiamati a condividere questa responsabilità accettandone le indicazioni
autorevoli. Ogni cristiano – afferma Benedetto XVI - è tenuto a confrontare
continuamente le proprie convinzioni con i dettami del Vangelo e della Tradizione
della Chiesa nell’impegno di rimanere fedele alla parola di Cristo, anche
quando essa è esigente e umanamente difficile da comprendere. Non dobbiamo
cadere - è il suo invito - nella tentazione del relativismo o
dell’interpretazione soggettivistica e selettiva delle Sacre Scritture. Solo la
verità integra ci può aprire all’adesione a Cristo morto e risorto per la nostra
salvezza”:
“La fede non
significa soltanto accettare un certo numero di verità astratte circa i misteri
di Dio, dell’uomo, della vita e della morte, delle realtà future. La fede consiste
in un intimo rapporto con Cristo, un rapporto basato sull’amore di Colui che ci
ha amati per primo”.
E Cristo ci ha amati – ha aggiunto -
mentre noi eravamo ancora peccatori, “fino all’offerta totale di se
stesso” . “Quale altra risposta possiamo dare ad un amore così grande - si
chiede il Papa - se non quella di un cuore aperto e pronto ad amare?” E amare –
dice – “vuol dire fidarsi di Lui anche nell’ora della prova” seguendolo anche
sulla Via Crucis, nella speranza della Risurrezione. “Affidandoci a Cristo – ha
detto il Pontefice - non perdiamo niente, ma acquistiamo tutto. Nelle sue mani
la nostra vita acquista il suo vero senso”:
“Ma vivere la
propria fede come rapporto d’amore con Cristo significa anche essere pronti a
rinunciare a tutto ciò che costituisce la negazione del suo amore. Ecco perché
Gesù ha detto agli Apostoli: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”.
E il “centro unificante” delle leggi divine – spiega
Benedetto XVI - è “l’amore di Dio e del prossimo”: questo “vale più di tutti
gli olocausti e i sacrifici”. Dunque amore e verità sono inscindibili. E solo
vivendo l’unione con Gesù, “mediante il dono dello Spirito Santo”, il “giogo”
della legge diventa un “carico leggero”, perché è portato per amore ed è portato
con Gesù stesso. La fede è adesione a Cristo, una Persona, non un’idea: “Chi
crede e ama così - afferma il Papa - diventa costruttore della vera civiltà
dell’amore, di cui Cristo è il centro”.
Benedetto XVI conclude in polacco, applaudito dalla folla,
con l’invocazione alla Vergine:
“NIECH MARYJA
KRÓLOWA POLSKI …
Che Maria, Regina della Polonia, vi mostri la strada verso il Figlio suo e vi
accompagni nel cammino verso un futuro felice e pieno di pace. Non manchi mai
nei vostri cuori l’amore per Cristo e per la sua Chiesa”.
Una nota conclusiva: alla celebrazione ha partecipato
anche la madre di don Jerzy Popieluzko,
il sacerdote polacco legato a Solidarnosc, ucciso nel 1984 da sicari del regime
comunista.
Fin qui
“Dio ci ha concesso
di fare molti passi verso la reciproca comprensione e l’avvicinamento … notiamo
molti progressi nel campo dell’ecumenismo e tuttavia attendiamo sempre ancora
qualcosa di più”.
“L’unità … rimane sempre un dono dello Spirito” - ha
aggiunto citando Giovanni Paolo II – ma i cristiani
sono chiamati ad aprire la mente e il cuore per accogliere questo dono. Benedetto
XVI ha quindi invitato i credenti in Cristo a dare al mondo una credibile
testimonianza di fede impegnandosi sempre più insieme in progetti di amore
concreto per ristabilire la dignità degli umiliati e degli indifesi, “chiunque
essi siano”.
In serata, il Papa, fuori dal
programma ufficiale, si è affacciato dalla finestra del Palazzo della
Nunziatura a Varsavia, rispondendo alle acclamazioni dei tanti giovani che
scandivano il suo nome. Li ha benedetti
e salutati affettuosamente. Oggi pomeriggio il Papa si recherà in elicottero a Czestochowa dove visiterà il Santuario mariano di Jasna Gora e incontrerà i religiosi e i rappresentanti dei
movimenti. In serata sarà a Cracovia. Domani mattina
la visita a Wadowice, città natale di Giovanni Paolo
II.
Dalla Polonia, Sergio Centofanti,
Radio Vaticana.
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Ai nostri microfoni da Varsavia, la riflessione del cardinale
Walter Kasper e la nota del nostro direttore dei
programmi padre Andrzej Koprowski
Tra i tanti temi toccati dal Papa ha avuto spazio
l’ecumenismo e c’è poi il suo accenno, in vista della visita domenica ad Auschwitz, al perdono reciproco necessario per guarire le
piaghe del secolo scorso. Del binomio ecumenismo - perdono si è soffermato,
dunque, a parlare con i giornalisti a Varsavia il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei
cristiani. Ascoltiamo la sua riflessione:
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La purificazione della memoria è il primo passo e poi c’è
il perdono. Il perdono è essenziale per i cristiani tra loro, ma il perdono
deve essere non soltanto a parole, deve essere sincero e deve presupporre la
conoscenza della storia, la purificazione della memoria e poi anche atti
riconciliatori. Senza conversione - e questa anche è una parola molto
importante nel decreto sull’ecumenismo del Vaticano II - senza conversione e
senza perdono non si fa nessun ecumenismo.
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In
definitiva, non solo una visita sentimentale nel ricordo di Karol Wojtyla, ma
anche un’occasione per rafforzare i fedeli polacchi nella fede. Si sta
caratterizzando in questi termini il viaggio di Benedetto XVI in Polonia. Ma
per un commento, abbiamo da Varsavia, al microfono di Fabio Colagrande,
il nostro direttore dei programmi, padre Andrzej Koprowski:
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R. – Il Papa è venuto qui come
successore di Pietro. Anche Giovanni Paolo II ha sempre cercato di approfondire
la fede. Questa è la nota caratteristica del Pontificato di Benedetto XVI. Mi
pare che la visita sia iniziata molto bene perché il clima è ottimo, le strade
sono piene di gente, di giovani famiglie. Veramente si respira un clima
splendido. In questo contesto mi pare specialmente importante un’osservazione
che il Papa ha fatto: e cioè che non si tratta di un viaggio sentimentale, ma
di un itinerario di fede. Devo dire che la gente, specialmente i giovani,
aspettavano questo. E’ una dinamica che cresce da parecchi anni e in modo
speciale dalla morte di Giovanni Paolo II. Diversi sacerdoti mi hanno parlato
dei partecipanti agli Esercizi spirituali durante
D. – Abbiamo visto scene di affetto, di grande cordialità
verso il Pontefice che confermano anche il grande calore della popolazione
polacca…
R. – Sì. Una cosa che non potevo prevedere sono stati i
numerosi striscioni di benvenuto in lingua tedesca. Mi pare provenissero
soprattutto dai giovani, che cercano di
incontrare Benedetto XVI veramente in modo molto familiare e molto caloroso.
D. – Padre Koprowski, qualcuno
ha detto che Benedetto XVI sia stato coraggioso a voler cominciare i suoi
viaggi internazionali andando proprio nella terra del suo predecessore…
R. - Ho trovato la gente molto matura e molto aperta al
successore di Giovanni Paolo II, veramente come al successore di Pietro, al
nuovo Papa. Questo clima è molto forte.
Mi pare che Giovanni Paolo II abbia conferito autorità al Papato, non
solo per i polacchi e per gli europei, e che Benedetto XVI sia entrato in
questa dinamica in maniera splendida con la sua sincerità, ma anche con la
capacità di presentare i fondamenti della fede della Chiesa e con la gioia di
essere presente. Questo mi sembra che Benedetto XVI lo ripeta abbastanza
spesso.
D. – Parlando nella Cattedrale di San Giovanni a Varsavia,
il Santo Padre ha detto che di fronte alle tentazioni del relativismo e del
permissivismo non è affatto necessario che il sacerdote conosca tutte le
attuali, mutevoli correnti di pensiero. Ciò che i fedeli si attendono da lui è
che sia testimone dell’eterna sapienza contenuta nella Parola rivelata …
R.- In Polonia ci sono dei cambiamenti molto veloci sul
piano sociale, politico, culturale. In questo momento c’è anche la tendenza da
parte di religiosi e sacerdoti di impegnarsi molto nelle cose sociali. Per
questo il Papa ha sottolineato subito questo aspetto: dovete essere – ha detto
– veramente maestri dello spirito, dovete aiutare la gente a capire meglio la
persona di Gesù Cristo ed il significato della comunità ecclesiale.
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Le parole e il
significato della visita del Papa nelle prime pagine dei giornali del mondo
La visita di Benedetto XVI domina le prime pagine di tutti
i giornali polacchi. Ma grande attenzione viene
riservata al viaggio del Papa anche dalla stampa internazionale. Ecco una rassegna
nel servizio di Alessandro Gisotti:
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Il giornale polacco di estrazione liberale Gazeta Wyborcza dedica
al viaggio 6 pagine con commenti ed interviste. Non mancano le note di colore.
Un commentatore si sofferma sul dolce sorriso di Benedetto XVI che colpisce
subito come anche il suo calore umano e la sua grande cultura. Il quotidiano di
Cracovia, Dziennik Polski
sceglie un titolo icastico: “Sulle orme di Karol Wojtyla”. Ampio spazio al
viaggio del Papa viene dato dal quotidiano nazionale Rzeczpospolita, che offre un inserto di 15 pagine su
Benedetto XVI in Polonia. Grande rilievo al discorso del Papa ai sacerdoti e
all’accoglienza del popolo polacco al Papa tedesco. Il giornale sottolinea
inoltre che Benedetto XVI e’ da sempre un amico dei polacchi e ricorda che da
arcivescovo di Monaco organizzava le preghiere per la Polonia
nei momenti drammatici della sua storia, in particolare nel 1981.
Il secondo viaggio internazionale di Papa Benedetto desta
l’interesse anche della stampa internazionale. Il New York
Times sottolinea come il Pontefice punti a
rafforzare il legame con i fedeli polacchi, sulle orme di Giovanni Paolo II. Il
quotidiano americano mette l’accento sull’accoglienza calorosa, anzi
entusiastica che i fedeli polacchi stanno tributando a Benedetto XVI. In
Italia, il quotidiano della Conferenza episcopale, Avvenire, pubblica in
prima pagina una foto del Papa che scende dall’aereo a Varsavia, mentre
garriscono bandiere vaticane e polacche. Il titolo, significativamente, è
tratto da un passaggio del discorso del Papa nella cattedrale della capitale
polacca: “Sulla scia di Wojtyla, costruiamo il presente senza l’alibi del passato”.
Sempre in Italia, il giornale La Repubblica guarda già all’evento
storico di domenica prossima e titola: “Il Papa tedesco ad Auschwitz”.
E lo accompagna con il monito di Benedetto XVI sui crimini nazisti: “Mai più questi
orrori”.
Per il quotidiano tedesco Frankfurter
Allgemeine Zeitung, il
Papa ha scelto un programma che sottolinea il suo legame con Karol Wojtyla, il
quale, si ricorda, ha sempre richiamato i suoi connazionali ad aprirsi
all’Europa, lavorando per la riconciliazione tra cristiani ed ebrei. “Non è
solo un viaggio sentimentale”, scrive Le Figaro.
Secondo il quotidiano francese, Benedetto XVI coglie l’occasione del viaggio in
Polonia per “diffondere il proprio messaggio”. E mette l’accento sul discorso
di ieri al clero, nel quale il Papa ha richiamato i sacerdoti ad essere esperti
non di economia e politica ma piuttosto dell’incontro tra Dio e gli uomini.
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LA COMUNITA’
MISSIONARIA DI VILLAREGIA TRA I MOVIMENTI LAICALI
PRESENTI
IN PIAZZA SAN PIETRO PER
-
Intervista con i fondatori, padre Luigi Prandin e
Maria Luigia Corona -
Anche oggi vogliamo proiettarci alla prossima settimana,
all’incontro che Benedetto XVI avrà con i rappresentanti dei movimenti laicali
di tutto il mondo riconosciuti dalla Chiesa. Si tratta di molti movimenti o
comunità che saranno presenti in Piazza San Pietro per
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R. - La nostra piccola Opera è nata 25 anni fa, come
risposta ad una lunga ricerca della Volontà di Dio sulla nostra vita. Lavorando
con i giovani e con le coppie di sposi, abbiamo colto in loro la necessità di
una vita di famiglia, di fraternità e di amicizia vera, il desiderio di relazioni
autentiche aperte ai fratelli più poveri della missione, che trovava luce nel
Vangelo: “Che tutti siano uno, perché il mondo creda”. Questa Parola del
Testamento di Gesù è divenuta il nostro impegno di vita e si è rivelata
progressivamente come chiamata specifica a dar vita ad una Comunità tutta
dedita all’evangelizzazione ad gentes.
Nel 1981, l’allora vescovo di Chioggia, Mons. Sennen Corrà,
ha riconosciuto l’autenticità del crisma e ha dato il primo riconoscimento
diocesano. Tutto questo è stato confermato, nel 2002, dalla Santa Sede che ha
eretto
D. - Ed ora alla fondatrice, Maria Luigia, che sabato
pomeriggio, 3 giugno, farà una testimonianza in Piazza San Pietro, chiediamo:
qual è il carisma della Comunità Missionaria di Villaregia
rispetto agli altri movimenti ecclesiali laicali?
R. - Comunità, Missione e Provvidenza sono le tre
dimensioni che meglio sintetizzano il nostro carisma. L’impegno ad essere
Comunità si traduce per noi nella sincera e costante tensione alla comunione di
pensiero e di intenti. Mettiamo in comune ogni nostro bene materiale e
spirituale, svolgendo ogni attività a partire dalla certezza che, nella
relazione fraterna, Dio Trinità si rende presente ed opera. È una vita
comunitaria tutta orientata alla missione ad gentes.
La terza dimensione è la scelta radicale, fatta dagli inizi, di vivere e
servire il Regno di Dio in fiducioso abbandono alla Provvidenza per ogni nostra
necessità, sia materiale sia spirituale.
D. - Quale il vostro posto nella Chiesa, quanti siete,
dove siete e cosa fate?
R. - Attualmente la nostra Associazione conta 500 membri
impegnati in una consacrazione di vita, originari di diversi Paesi del mondo,
che distinguiamo in missionari, missionarie, missionari
nel mondo e sposati missionari. Contiamo, inoltre, 15.000 membri aggregati,
che, senza il vincolo dei voti, collaborano con i fini dell’opera. In Italia
siamo presenti a Villaregia di Porto Viro (RO), dove
ha sede la casa madre, a Quartu S. Elena (CA), a Nola
(NA), a Pordenone, a Roma e a Lonato (BS). Operiamo
poi a Belo Horizonte e San Paolo (Brasile), a Lima
(Perù), a Texcoco (Messico), ad Arecibo
(Porto Rico) e a Yopougon (Costa d’Avorio). È nostro
principale compito portare l’annuncio del Vangelo a quei popoli che attendono
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il dettagliato resoconto del viaggo del Papa in Polonia. I servizi dell'inviato
Giampaolo Mattei.
Servizio estero - Iraq: Bush
e Blair dichiarano "pieno appoggio" al
nuovo Governo di unità nazionale iracheno.
Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli in occasione del trentesimo anniversario della
morte di Martin Heidegger.
Servizio italiano - Confindustria.
La relazione del Presidente Montezemolo: scelte coraggiose
o l'Italia non ce la farà.
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26 maggio 2006
SALE
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Intervista con Emanuele Giordana -
I corpi carbonizzati di 5 donne
e un bambino sono stati ritrovati oggi in un edificio vicino all'aeroporto di Dili, capitale di Timor Est, attaccato nella notte da
uomini armati. Da giorni l’ex colonia portoghese annessa unilateralmente
dall’Indonesia negli anni ’70 è in preda a scontri
tra militari e disertori. La paura è che si ripetano le violenze del ’99,
quando le truppe di Jakarta, che avevano invaso Timor
orientale, si ritirarono, dopo che le milizie appoggiate da Jakarta avevano ucciso 1.400 persone. Per evitare l’aggravarsi
della situazione l’Australia ha inviato 450 militari. E’ possibile avvalorare
l’ipotesi che all’origine di queste violenze vi siano
gruppi filoindonesiani? Giancarlo
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R. – C’è questo rischio perché nei campi profughi al di là
della frontiera, cioè a Timor Ovest, si sa che c’è una situazione di tensione
perché in questi campi profughi si trovano anche i santuari della guerriglia
realista nei confronti di Jakarta che non ha mai
rinunciato a rivendicare Timor est come Indonesia.
D. – Una guerriglia che però non risulta finora appoggiata
apertamente dal governo di Jakarta?
R. – No, al momento si tratta di una rivolta interna che
non avrebbe quindi legami con la diaspora o con la vecchia guerriglia dei
gruppi che appoggiarono Jakarta. Può darsi dunque che
l’Indonesia non c’entri nulla. Naturalmente è un focolaio di tensione che
rischia di rimettere in moto forze che non sono obbligatoriamente quelle del
governo indonesiano, ma di altri gruppi che hanno tutto da guadagnarci a creare
una tensione in quell’area del Paese.
R. – Ci sono interessi economici dietro questo ritorno di
violenza?
R. – C’è un problema economico interno in quello che è il
Paese più piccolo e più povero dell’Asia. C’è naturalmente a Timor Est un
problema di interessi sicuramente perché è un Paese che ha una grossa riserva
petrolifera, che non si sa esattamente quanto sia ma
sulla quale peraltro l’Australia ha già
messo le mani. Se c’è un elemento di preoccupazione che posso aggiungere,
riguarda il fatto che aprire la strada d’ingresso a truppe straniere senza
mandato ONU prefigura in realtà una scelta che potrà essere utilizzata altre
volte. In questo senso Timor Est rappresenta anche un precedente che potrebbe
poi essere riproposto altrove e diventare pericoloso.
D. – A questo punto la Comunità Internazionale come deve
comportarsi?
R. – A Timor Est ci sono state forze di “peace-keeping”, australiane in gran parte, che però erano sotto mandato delle Nazioni Unite. Avrei
trovato preferibile, anche a costo di ritardare il rinvio delle truppe, almeno
un pronunciamento delle Nazioni Unite che poi dovrebbe portare a una
risoluzione. Altrimenti si continua per qualsiasi crisi politica a fare ricorso
a forze regionali, prefigurando una delegittimazione de facto delle Nazioni Unite. Mi sembra un fatto pericoloso.
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“GLI
EFFETTI DIROMPENTI” DELL’INCONTRO TRA FONDAMENTALISMO E POVERTA’
-
Intervista con Riccardo Moro -
Cancellare il debito e
rimuovere le barriere commerciali. Anche il presidente italiano Giorgio
Napolitano è intervenuto ieri in occasione della giornata dell’Africa. “Bisogna
evitare - ha detto - che interi territori si trasformino in rifugi logistici
per il terrorismo”, soprattutto laddove l’incontro tra fondamentalismo e
povertà “ha effetti dirompenti”. Napolitano ha riaffermato il sostegno dell’Italia
al Continente ma - ha aggiunto - “devono essere gli
stessi Paesi africani a definire il loro sviluppo”. Su queste parole del Capo
di Stato italiano, Paolo Ondarza ha intervistato Riccardo Moro, direttore della
fondazione Giustizia e solidarietà, nata nel Giubileo del
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R. - Evidentemente non
possiamo salutare che con interesse le parole del capo dello Stato. La comunità
internazionale esprime normalmente un’attenzione a queste cose. Le dichiara poi
con molta forza, magari in sede delle Nazioni Unite, poi fa una notevole fatica
a realizzarle.
D. – Qual è la situazione del
debito in Africa?
R. – Ciò che è stato fatto è
drammaticamente troppo poco. Da molti anni l’Africa subsahariana
continua ad avere un debito che è intorno ai 200 miliardi di dollari, questo
nonostante il mondo si sia confrontato dal Giubileo in avanti con iniziative a
favore dei Paesi poveri altamente indebitati. Nei Paesi che sono stati toccati
il debito in buona parte non si paga più. Si utilizza il denaro che si sarebbe utilizzato per pagare il debito per finanziare
progetti di sviluppo. Il problema vero è che questa iniziativa sta toccando un
numero di Paesi troppo basso, nel mondo sono 28, quando in realtà i Paesi
cosiddetti a basso reddito sono una settantina.
D. – E l’Italia, come si sta
comportando?
R. – L’Italia ha avuto due
momenti: il momento del Giubileo, che ha collocato di fatto
l’Italia in una sorta di posizione d’avanguardia tra i Paesi creditori. Questa
iniziativa si è molto raffreddata quando si è deciso
di implementare questa legge seguendo i tempi dell’iniziativa internazionale.
D. – Che rapporto c’è, secondo
lei, tra povertà del Terzo Mondo e terrorismo internazionale?
R. – Non possiamo fare
un’identificazione tra povertà e terrorismo, però sicuramente un ambiente che
vive la disperazione è un ambiente che può essere più sensibile ad un richiamo
anche perverso di una lotta per la giustizia come quella che viene
ostentata da chi provoca il terrorismo. In questo senso un’iniziativa
politicamente forte di dialogo, alla quale si accompagni un’iniziativa forte di
azione in temi di cancellazione del debito, è l’unico strumento realmente
efficace per combattere il terrorismo.
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26 maggio 2006
L’ARCIPRETE DELLA BASILICA
VATICANA, CARDINALE FRANCESCO MARCHISANO,
HA PRESENTATO IERI ALLA STAMPA A
MILANO. LA MOSTRA “PIETRO E’ QUI”,
CHE COMMEMORA I 500 ANNI DELLA
BASILICA DI SAN PIETRO
- A cura di Fabio Brenna -
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MILANO. = La
testimonianza petrina, è l’obiettivo della mostra “Pétros ëni”, Pietro è qui, che si aprirà il 3
ottobre prossimo e che sarà allestita nei prestigiosi spazi espositivi del
Braccio di Carlo Magno, posti nel colonnato che abbraccia Piazza San Pietro.
Ripercorre l’itinerario devozionale che si è
sviluppato a partire dalla posa della prima pietra della Basilica Vaticana, il
18 aprile 1506. Il percorso espositivo comprenderà una settantina di opere, con
capolavori e disegni provenienti dalle maggiori collezioni museali del mondo e
che documentano la genialità artistica e progettistica delle personalità del
Rinascimento e del Barocco, coinvolte nella realizzazione della nuova basilica.
Insieme a manoscritti autografi di Michelangelo e del Bernini
saranno proposte rare testimonianze archeologiche e rari codici appartenenti
alle collezioni speciali della Biblioteca apostolica vaticana, con capolavori
pittorici che illustrano l’iconografia petrina. Il
percorso espositivo si articolerà in sei settori principali e sulle tracce
dell’esempio di Pietro si concluderà proponendo alla società odierna la sfida
di contemplare e di condividere un impegno di vita e di servizio verso il
prossimo.
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ACCORATO APPELLO DEL SEGRETARIO
GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,
PER CHIEDERE
AUNG SAN SUU KYI, DETENUTA IN
MYANMAR
YANGON. = Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha rivolto un appello
al capo della giunta militare al potere in Myanmar,
generale Than Shwe,
affinché liberi la dissidente Aung
San Suu Kyi, premio Nobel
per
IN
INDONESIA, DOPO
GIACARTA.
= È ancora alto, in Asia, l’allarme aviaria. In
Indonesia, nel villaggio di Kabu Sembelang,
il virus H5n1, il ceppo più letale per l’uomo, ha provocato la morte di sette
membri di una stessa famiglia. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) non
esclude che si possa essere verificato un caso di contagio
umano.
L’OMS sottolinea anche come tutte le vittime abbiano avuto
uno stretto e prolungato contatto durante la fase acuta della malattia. Un
contagio da uomo ad uomo non può essere confermato – prosegue la nota
dell’agenzia dell’ONU – ma non sono state per ora
individuate altre cause della diffusione del virus. In
attesa di ulteriori esami e accertamenti, le autorità sanitarie locali hanno
raccomandato l’isolamento di tutte le persone, circa una trentina, che hanno
avuto stretti contatti con la famiglia sterminata. Secondo dati forniti
dall’OMS, i casi di influenza aviaria finora accertati nel mondo sono stati
218. Tra questi, 124 si sono rivelati letali. I Paesi più colpiti sono il
Vietnam, dove il virus ha provocato il decesso di 42 persone, e l’Indonesia,
dove i morti sono stati 33. (V.C.)
ASSEGNATO AL PREFETTO DELLA BIBLIOTECA
AMBROSIANA DI MILANO,
MONS. GIANFRANCO RAVASI, IL PREMIO
‘GRINZANE CAVOUR’, PER LA SUA CAPACITÀ
DI INTERPRETARE IL TERRITORIO
ATTINGENDO AL PATRIMONIO CRISTIANO
TORINO. = Nelle sue opere
emerge il territorio, prima di tutto come luogo dello spirito. Con questa
motivazione, è stato assegnato al prefetto della biblioteca ambrosiana di Milano, mons.
Gianfranco Ravasi, il premio ‘Grinzane
Cavour’, giunto alla quinta edizione. Il
riconoscimento viene attribuito a persone, enti o istituzioni
che si sono distinti per il loro impegno nella promozione e nella valorizzazione
della cultura in diversi ambiti. Dalle
pagine delle opere di mons. Ravasi – ha spiegato il
direttore del premio, Giuliano Soria – emerge “un
quadro affascinante, ricco di immagini e simboli, che lascia trasparire il
profondo afflato spirituale che il tema della natura ha in tutta la tradizione
cristiana”. Un tema, quello della natura, che mons. Ravasi
affronta soprattutto in opere come “I monti di Dio” e “Le sorgenti di Dio”,
dove sono passati in rassegna montagne, mari e fiumi dell’Antico e del Nuovo
Testamento. (A.L.)
IN EUROPA, 17 MILIONI DI BAMBINI IN
STATO DI POVERTÀ;
L’ITALIA AL SECONDO POSTO NEL
RAPPORTO DEL GRUPPO DI LAVORO
PER
ROMA. = In Europa, aumenta il
numero di bambini poveri e di minori a rischio di sfruttamento, devianza e
disagio. Si tratta di bambini spesso sfruttati e, in diversi casi, vittime di
abusi sessuali. E’ il triste quadro che emerge dal Rapporto di aggiornamento
sulla condizione dell’infanzia, diffuso alla vigilia del 15.mo anniversario della ratifica della Convenzione ONU
sui Diritti dell’Infanzia e Adolescenza da parte dell’Italia, avvenuta il 27 maggio
1991. Stime recenti valutano in 17 milioni i bambini in stato di povertà in
Europa, dove l’Italia figura al secondo posto per
numero di minori poveri. Tra i bambini più a rischio – spiega la coordinatrice
del Gruppo di lavoro per
IN ITALIA, PIU’
DELL’84 PER CENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE SONO LAICI.
E’ UNO DEI DATI DEL RAPPORTO DIFFUSO, IERI,
DAL SERVIZIO NAZIONALE
PER L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE
CATTOLICA DELLA CEI
RELATIVO ALL’ANNO SCOLASTICO
2005/2006
ROMA. = In Italia, il 91,6 per cento degli studenti ha
scelto, nelle scuole statali, l’insegnamento della religione cattolica. E’
quanto emerge da un’indagine, relativa all’anno
scolastico 2005/2006 ed effettuata su 189 delle 227 diocesi presenti in Italia,
resa nota ieri dalla Conferenza episcopale italiana (CEI). Lo studio rileva,
inoltre, che più dell’84 per cento degli insegnanti di religione è formato da
laici. Tra questi, la componente femminile è largamente maggioritaria superando
il 57 per cento del totale. Il numero di sacerdoti e religiosi si è ridotto
invece passando, in tre anni, dal 36,6 per cento al 15,6 per cento. Nella
ricerca, che ha preso in esame più di 6 milioni di studenti italiani sugli oltre
7 milioni e mezzo, si sottolinea anche che, rispetto agli anni precedenti, si è
registrata una lieve diminuzione, di circa l’1 per cento, tra gli studenti che
optano per l’insegnamento. La flessione – riferisce l’Agenzia Zenit - è dovuta principalmente alla presenza di molti figli di
immigrati che frequentano, in numero sempre maggiore, la scuola italiana. Oltre
la metà di questi studenti sceglie, comunque, l’insegnamento della religione
cattolica. Notevoli differenze riguardano, poi, il dato geografico: nel nord,
la percentuale degli studenti che, nelle scuole statali, non si avvalgono
dell’insegnamento è passato, negli ultimi anni, dal 9,5 per cento ad oltre il
13 per cento. Al centro si registrano tendenze altalenanti con una media, di
circa il 9 per cento, leggermente superiore a quella nazionale. In Toscana si
raggiunge, con quasi il 17 per cento, la quota massima di studenti che non si
avvalgono di tale formazione. Nel sud, invece, si rileva la percentuale più
bassa: nelle regioni meridionali sono l’1,7 per cento, infatti, gli studenti
che non scelgono l’insegnamento della religione cattolica. La regione con il
minor numero di mancate adesioni è
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26 maggio 2006
- A cura di Roberta
Moretti -
Ancora in primo
piano la violenza in Iraq. Nove persone sono morte e oltre 50 sono rimaste ferite
dall’esplosione di 4 ordigni in diverse zone di Baghdad. E sempre nella
capitale, l’allenatore della nazionale irachena di tennis e due giocatori sono
stati uccisi da uomini armati, perché sembra indossavano
pantaloncini corti. Alcuni giorni fa, infatti, gruppi fondamentalisti
avevano avvertito che non sarebbe stato tollerato l’uso di indumenti succinti.
Intanto, sul fronte politico, il ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, ha incontrato stamani
a Baghdad il suo collega iracheno, Zebari, che ha
sottolineato il diritto dell’Iran di sviluppare un programma nucleare per scopi
pacifici. L’Iran, a sua volta, ha deciso di rifiutare per il momento un’offerta
da parte del governo USA di colloqui diretti sul futuro dell’Iraq.
Fanno discutere le dichiarazioni del presidente americano, Bush, e del premier
britannico, Blair, al termine di un’ora e mezza di
colloquio, ieri a Washinghton. Ribadendo che “le truppe
di Stati Uniti e Gran Bretagna resteranno in Iraq fino a
quando la democrazia non si sarà stabilita”, i due leader hanno anche
ammesso, per la prima volta, errori nell’intervento. Paolo Mastrolilli:
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Bush ha dichiarato che il suo sbaglio
personale più grave è stato utilizzare un linguaggio troppo duro, che in certe
parti del mondo è stato travisato, per esempio, quando ha detto ai terroristi
in Iraq di “farsi sotto”, o quando ha dichiarato di volere Osama
Bin Laden vivo o morto,
come si usava fare nel far west. Quindi, ha aggiunto che l’errore più serio
commesso dagli Stati Uniti sono stati gli abusi nella prigione di Abu Ghraib, per i quali
Washington ha pagato a lungo e continua a pagare. Blair invece ha detto di rimpiangere il modo in cui è stata
gestita la “debathificazione” del Paese, cioè
l’epurazione del partito di Saddam Hussein, e il fatto di non essersi preparati meglio alla caduta del
regime, dando per scontato che la fine del Rais avrebbe significato l’inizio
della democrazia. Ma dopo oltre tre anni di guerra, i due leader, entrambi in
grande calo di popolarità, hanno ribadito che l’intervento è stato giusto e che
vincere resta fondamentale, perché altrimenti i terroristi guadagnerebbero una
base molto pericolosa per le loro operazioni. Bush e Blair hanno esaltato la creazione del nuovo governo come un
importante passo in avanti, ma hanno ridimensionato le voci sul prossimo avvio
del ritiro, dicendo che la decisione compete ai comandanti militari in base
alla situazione sul terreno.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli
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E dell’Iraq si è
discusso stamani anche a Roma, a Palazzo Chigi, dove
ha avuto luogo il vertice sulla missione italiana nel Paese del Golfo tra il presidente del Consiglio Romano Prodi, il ministro degli
Esteri, Massimo D'Alema, e della Difesa, Arturo Parisi.
Rimaniamo in
Italia. Sono tre uomini
svizzeri, i cui corpi sono carbonizzati, le vittime dell’incidente aereo
avvenuto stamani all’aviopista dell’eremo della Giubiliana, a Ragusa. Secondo i primi accertamenti, il Piper sul quale erano a bordo in fase di decollo ha
impattato su un muretto che si trova vicino alla pista e si è schiantato al
suolo, incendiandosi. Una manovra, secondo le prime ipotesi, azzardata forse
per gioco.
Medio Oriente. Un
esponente della Jihad islamica palestinese, Abou Hamza al-Majzoub,
è rimasto ucciso oggi insieme a suo fratello in un attentato dinamitardo a Sidone, nel Libano del Sud, mentre nei Territori sono in
corso continui scontri tra i sostenitori di Hamas e quelli di
Al Fatah. Intanto, sul fronte politico,
Israele ha deciso di inviare munizioni alle forze di sicurezza della presidenza
palestinese. La notizia giunge all’indomani dell’annuncio del presidente
dell’ANP, Abu Mazen, di
ricorrere a un referendum in agosto, se entro 10 giorni le diverse fazioni non
raggiungeranno un accordo teso a formare un governo di unità nazionale. E un
primo segno di conciliazione viene da Hamas, che ha ritirato stamani le proprie
truppe dalla Striscia di Gaza.
E’ stato condannato
a morte oggi dalla Corte suprema dell’Ossezia del
Nord l’unico guerrigliero indipendentista ceceno
sopravvissuto alla strage nella scuola di Beslan,
costata la vita a 331 persone, tra cui 186 bambini. A Nurpashi
Kulaiev, questo il nome del ribelle, la condanna è
stata però subito tramutata in ergastolo: la pena di morte è
infatti stata sospesa in Russia nel ‘97, in cambio dell'adesione al
Consiglio d'Europa.
Due accordi firmati sul
rimpatrio degli immigrati clandestini e sui visti, oltre che lunghe discussioni
sulla politica energetica. Questo, il risultato del summit tra Unione Europea e
Russia, svoltosi ieri a Soci, sul Mar Nero. Giuseppe D’Amato:
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Mosca e Bruxelles hanno siglato due documenti per la velocizzazione delle procedure per l’ottenimento dei visti,
l’anticamera per la loro definitiva cancellazione, chissà l’anno prossimo, e
per il rimpatrio dei clandestini. I rapporti bilaterali si rafforzano quindi,
nonostante permangano divergenze sul capitolo energetico. Gli europei spingono
affinché i russi firmino la carta internazionale sull’energia. Mosca non dice
di “no”, questo non è il momento, ma in futuro certamente accadrà. L’UE avrà in
questo modo accesso alle magistrali delle materie prime, ora amministrate in questo
modo da Mosca. “Vogliamo rapporti basati sull’interdipendenza”, ha detto il presidente
della commissione UE, Barroso, “e sulla trasparenza”,
ha aggiunto il cancelliere tedesco Schuessel. Putin dal canto suo ha garantito che la Cina
non rappresenta per la Russia un mercato alternativo.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato
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Con 62 voti a favore e 36 contrari, il Senato
statunitense ha approvato ieri la riforma della legge sull'immigrazione. La
normativa prevede il rafforzamento della sicurezza al confine con il Messico,
ma al tempo stesso apre la porta alla regolarizzazione di milioni di
immigranti.
Il governo britannico deve avviare
un’inchiesta per accertare la fondatezza delle accuse di deportazione segrete
di presunti terroristi in Paesi in cui è praticata la tortura. A chiederlo è la
Commissione parlamentare mista per i Diritti Umani in una relazione dettagliata
presentata alla Camera dei Lord. Proprio ieri, il governo di Tony Blair era stato messo sotto accusa da Amnesty
International. Nel suo rapporto annuale,
l’organizzazione aveva accusato Londra di essere a conoscenza del fatto che
aerei noleggiati dalla CIA per il trasferimento clandestino di presunti
terroristi facessero scalo negli aeroporti britannici per rifornirsi di carburante.
Per arginare la crisi innescata dal programma nucleare
iraniano di arricchimento dell’uranio, il segretario del Consiglio di sicurezza
nazionale russo, Igor Ivanov, incontrerà nel weekend
a Teheran, la sua controparte iraniana, Ali Lariani. La
notizia è giunta ieri, all’indomani della riunione dei cinque membri permanenti
del Consiglio di sicurezza dell’ONU (Gran Bretagna, Stati Uniti, Cina, Russia e
Francia) più la Germania, che mercoledì a Londra hanno
discusso del pacchetto di incentivi da assicurare all’Iran in cambio della
sospensione dei programmi di trattamento dell’uranio.
La tensione rimane altissima a Mogadiscio, la
capitale della Somalia sconvolta da giorni da sanguinosi scontri tra le milizie
delle Corti Islamiche e i cosiddetti “signori della guerra”, riuniti
nell’Alleanza contro il terrorismo. Pochi spari e colpi di mortaio nella mattinata.
Fonti ospedaliere parlano di almeno 60 morti e oltre 150 feriti, mentre la
popolazione fugge in massa dalla violenza lasciando le proprie case.
Via libera del
Sudan alla visita di una missione congiunta dell’ONU e dell’Unione Africana per
preparare l’invio di caschi blu nella tormentata regione del Darfur. Ricordiamo che le violenze scoppiate nel febbraio
del 2003, secondo stime internazionali, hanno causato oltre due milioni di
sfollati e tra le 100 e le 200 mila vittime.
E’ di almeno 51 morti e oltre 70 feriti il bilancio
dell’esplosione di un camion cisterna avvenuta ieri nel nord del Benin. L’autocisterna era bloccata ai lati di una strada a
causa di un incidente e la gente del posto l’ha presa d’assalto per portarsi
via il carburante. Improvvisamente si è sviluppato un incendio.
Il premier giapponese, Junichiro
Koizumi, è stato contestato oggi con una manifestazione
di protesta nell’isola meridionale di Okinawa, in riferimento agli ultimi accordi sul ‘riallineamento’
delle basi americane in Giappone. Alcune centinaia di pacifisti e ambientalisti,
appoggiati da movimenti studenteschi e sindacali, si sono radunati a Nago, la località dove dovrebbe trasferirsi entro il 2012
un’imponente base militare statunitense ora a Futemma.
In Pakistan, un cristiano è stato arrestato
oggi a Karachi, megalopoli nel sud del Paese, con l’accusa di aver inviato a
musulmani alcuni ‘sms’ considerati blasfemi e offensivi
nei confronti di Maometto. In base alla legge nazionale, la blasfemia è punita
con l’arresto e la morte, anche se nessuno è mai stato giustiziato in Pakistan
per tale motivo.
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