RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 142 - Testo della trasmissione di lunedì 22 maggio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
In
udienza dal Papa il presidente della ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Branko Crvenkovski
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Montenegro ha detto sì
all’indipendenza dalla Serbia: il commento di Federico Eichberg
CHIESA E SOCIETA’:
Dieci anni fa l’assassinio, in Algeria,
di 7 monaci trappisti ad opera di fondamentalisti
islamici
57
minatori cinesi in pericolo di vita per l’inondamento di una miniera dello Shanxi
Al Festival
di Cannes inizia la settimana decisiva per l’assegnazione della Palma d’Oro
Oltre 70 i morti nel sud dell’Afghanistan per il
raid aereo delle forze di coalizione
In diversi attentati, hanno perso la vita in Iraq
almeno diciassette persone
22 maggio 2006
RISCOPRIRE LA RADICALITA’ DELLA
VOCAZIONE RELIGIOSA, EVITANDO IL RISCHIO
DI MEDIOCRITA’ E DI
IMBORGHESIMENTO. LO HA CHIESTO BENEDETTO XVI AI SUPERIORI E ALLE SUPERIORE
GENERALI, RICEVUTI IN AULA PAOLO VI
“Testimoni della presenza trasfigurante di Dio in un mondo
sempre più disorientato e confuso”, che predilige le “sfumature” della
mentalità consumistica ai “colori ben netti” della verità di Cristo. Con queste
parole, Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina, in Aula Paolo VI, i superiori
e le superiore generali degli Istituti di Vita consacrata e delle Società di
Vita apostolica. Quello del Papa è stato un discorso netto, che ha esaltato i
meriti senza nascondere le pecche della vita religiosa contemporanea. Il
servizio di Alessandro De Carolis.
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Un cuore che bruci d’amore, perché il rischio è che lo
slancio missionario si imborghesisca e precipiti nella “mediocrità” l’ardore di
un tempo. Una mente casta come il corpo, perché la verginità dei tempi moderni
comporta anche, fin dall’abito, il “non apparire”: la povertà sulla scia di
Cristo. In sintesi, una vita che parta da scelte personali “coraggiose” per diventare
testimonianza “del Vangelo e dei suoi paradossi”, che spesso l’umanità di oggi
non capisce o rifiuta.
Benedetto XVI ha quasi scolpito, con immagini incisive, la
natura e le responsabilità della vita religiosa, calata nella realtà del 21.mo secolo. A pochi giorni dalle celebrazioni per il 10.mo anniversario dell’Esortazione Apostolica Vita Consecrata di Giovanni Paolo II, e
alla vigilia dell’Assemblea semestrale dell’Unione superiori generali (USG),
che inizia dopodomani, il Papa ha esplorato la “ragion d’essere” della vita
consacrata. Essa, “negli ultimi anni, è stata ricompressa con spirito più
evangelico, più ecclesiale e più apostolico”, ha riconosciuto all’inizio il
Pontefice. Ma “non possiamo ignorare - ha stigmatizzato l’istante dopo – che
alcune scelte concrete non hanno offerto al mondo il volto autentico e vivificante
di Cristo”:
“Di fatto, la
cultura secolarizzata è penetrata nella mente e nel cuore di non pochi consacrati,
che la intendono come una forma di accesso alla modernità e una modalità di approccio
al mondo contemporaneo. La conseguenza è che accanto ad un indubbio slancio
generoso, capace di testimonianza e di donazione totale, la vita consacrata
conosce oggi l’insidia della mediocrità, dell'imborghesimento e della mentalità
consumistica”.
Opporsi a queste derive, ha affermato Benedetto XVI, si
può con la “rinuncia” e il “distacco” da tutto ciò che non è Cristo. Si può
nutrendo la vita interiore con la preghiera e l’Eucaristia quotidiana, che fa
essere un religioso o una religiosa “totalmente di Cristo”, ovvero – ha
spiegato il Papa – “una permanente confessione di fede” e una “inequivocabile
proclamazione della verità che rende liberi di fronte alla seduzione dei falsi
idoli da cui il mondo è abbagliato”. E ancora, “per appartenere totalmente al
Signore – ha insistito il Pontefice – le persone abbracciano uno stile di vita
casto”:
“La verginità
consacrata non si può inscrivere nel quadro della logica di questo mondo; è il
più “irragionevole” dei paradossi cristiani e non a tutti è dato di
comprenderla e di viverla. Vivere una vita casta vuol dire anche rinunciare al
bisogno di apparire, assumere uno stile di vita sobrio e dimesso. I religiosi e
le religiose sono chiamati a dimostrarlo anche nella scelta dell'abito, un
abito semplice che sia segno della povertà vissuta in
unione a Colui che da ricco che era si è fatto povero per farci ricchi con la
sua povertà”.
Benedetto XVI si è quindi rivolto ai superiori e alle
superiore maggiori chiamati ad esprimere, all’interno di un Istituto religioso,
quel “servizio d’autorità”, il cui approfondimento ha interessato l’ultima
plenaria della Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le Società
di Vita apostolica. Tale servizio è “esigente”, ha detto il Papa, “talvolta
contrastato”, e necessita dell’obbedienza professata il cui valore va
riscoperto nel Vangelo così come va riabbracciata la “logica della Croce”,
rifuggendo “dal volontarismo e dallo spontaneismo”:
“I consacrati e le consacrate oggi hanno il compito di essere testimoni
della trasfigurante presenza di Dio in
un mondo sempre più disorientato e confuso, un mondo in cui le sfumature hanno
sostituito i colori ben netti e caratterizzati. Essere capaci
di guardare questo nostro tempo con lo sguardo della fede significa essere in
grado di guardare l'uomo, il mondo e la storia alla luce del Cristo crocefisso
e risorto”.
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IN UDIENZA DAL PAPA IL PRESIDENTE
DELLA EX REBUPPLICA
JUGOSLAVA DI MACEDONIA, BRANKO CRVENKOVSKI
- A cura di Alessandro Gisotti -
Benedetto XVI
ha ricevuto stamani in udienza in Vaticano il presidente della Ex-Repubblica
Jugoslava di Macedonia, Branko Crvenkovski,
con il seguito. Un incontro cordiale durato circa un quarto d’ora. Crvenkovski aveva incontrato già due volte Giovanni Paolo
II, la prima volta il 23 maggio 2003 da primo ministro; la seconda, il 24
maggio del 2004 da presidente appena insediato. Si tratta di una visita ormai
tradizionale per il presidente macedone in questo periodo dell’anno. In questi
giorni, infatti, si festeggiano - secondo il calendario ortodosso - i Santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa ed evangelizzatori
dell’Europa orientale.
Già Repubblica federata nell’ambito della Federazione
jugoslava, la Macedonia ha dichiarato la propria indipendenza nel 1991. Grande
come la Sicilia, il Paese balcanico, con capitale Skopje, conta circa due milioni di abitanti. I cristiani
ortodossi rappresentano circa il 54 per cento della popolazione, mentre i
musulmani sono circa il 30 per cento. Secondo gli ultimi dati dell’Annuario
Statistico della Chiesa, i cattolici di Macedonia sono circa 15 mila. Due le
diocesi e sette le parrocchie. I fedeli sono affidati alla cura di 2 vescovi e
13 sacerdoti diocesani.
CONSACRATA IERI IN BULGARIA DAL
SEGRETARIO DI STATO,
CARDINALE ANGELO SODANO, LA NUOVA
CON-CATTEDRALE DI SOFIA
- Intervista con il cardinale
Angelo Sodano -
Con una solenne cerimonia presieduta dal segretario di
Stato, cardinale Angelo Sodano, è stata consacrata ieri, in Bulgaria, la nuova con-cattedrale di Sofia, distrutta durante
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R. – E’ una piccola comunità, ma può avere un grande
avvenire. A volte, poco sale può dare sapore al pane e poco lievito può far
fermentare il nostro pane. Anche le piccole comunità, dunque, hanno un avvenire
nella storia di questa grande nazione.
D. – Quattro anni fa, quando Papa Giovanni Paolo II è
venuto in Bulgaria, è stata consacrata la prima pietra di questa con-cattedrale. Giovanni Paolo II, in quell’occasione,
ha auspicato che fosse costruita, oltre al tempio, una comunità di pietre vive…
R. – Certo, la chiesa materiale è solo un’immagine della
Chiesa spirituale. Noi formiamo una comunità. Ogni cristiano è una pietra viva
del tempio santo di Dio e qui vedo che sta crescendo
D. – Eminenza, come ha trovato questa comunità cattolica?
R. – Ho trovato una comunità cattolica che è uscita dalle
catacombe e si avvia, dopo il comunismo e questi anni di libertà, a
ricostituire la sua unità e a contribuire al progresso delle nazioni. Il
destino del sale è dare sapore, il destino del lievito è quello di far fermentare.
Così, questa comunità cattolica vuole essere, secondo l’insegnamento di Gesù,
sale della terra e luce del mondo e qui, luce della Bulgaria.
D. – Negli ultimi quattro anni, in Bulgaria sono state
consacrate quattro nuove chiese. Si può parlare di una primavera della Chiesa
cattolica bulgara?
R. – Siamo solo all’inizio della primavera. Dopo il duro
inverno della persecuzione, si vede una Chiesa che comincia a far sbocciare i
primi fiori. Questo ci dice che la grazia opera nell’intimo dei cuori,
nell’intimo di queste comunità. Ci avviamo, quindi, verso una primavera vera.
Gesù ci ha detto di andare e portare molti frutti di bene e i frutti verranno.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "La libertà dalla fame":
nel chiedere "un'azione concreta e tempestiva" per sconfiggere questa
piaga dell'umanità Benedetto XVI rivolge il suo pensiero in particolare
all'urgente e drammatica situazione del Darfur, in Sudan.
Servizio vaticano - L'udienza del Papa ai Superiori
generali degli Istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica.
Servizio estero - Montenegro: decisa dal referendum
la separazione dalla Serbia.
Servizio culturale - In merito al
libro di Sebastiano Vassalli "Amore lontano" un articolo di
Franco Lanza dal titolo "La poesia come legame
tra l'uomo e Dio".
Servizio italiano - Politica. L'esortazione de Capo
dello Stato: "Bisogna fare ripartire l'Europa".
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22 maggio 2006
IL
MONTENEGRO HA DETTO SÌ ALL’INDIPENDENZA DALLA SERBIA
-
Intervista con Federico Eichberg -
Il Montenegro, con il referendum di ieri, ha deciso la sua
indipendenza dalla Serbia. La commissione elettorale di Podgorica
ha diffuso in mattinata i risultati ufficiali della
consultazione. I voti favorevoli alla separazione sono stati il 55,4%. Quelli
contrari si sono fermati invece al 44,6%, mentre l’affluenza alle urne è stata
dell’86% sui circa 500 mila elettori. Ma a questo punto quali conseguenze si
prospettano per Belgrado e quali saranno gli obiettivi del nuovo piccolo Stato
montenegrino? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a
Federico Eichberg, esperto di ex Jugoslavia:
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R. – Questo tipo di
soluzione non esclude futuri legami, proprio perché i legami storici, le
affinità culturali e religiose richiamano una collaborazione tra questi due
Paesi, ma anche – e questa è una sorpresa che si è verificata negli ultimi anni
– tra diverse Repubbliche della ex Jugoslavia, che sul fronte internazionale
tengono una posizione comune. Probabilmente lo fanno anche in nome dell’area di
una cultura complessiva di quel movimento dei non allineati che molto ha
contribuito nello scenario internazionale.
D. – Per l’Unione Europea la zona dell’ex Jugoslavia è
un’area ancora da guardare con attenzione, con preoccupazione?
R. – E’ un’area laboratorio - questo sicuramente - in cui
l’Unione Europea ha testato alcune sue capacità. Oggi, sul campo, in Bosnia
Erzegovina, la missione che garantisce la sicurezza ai cittadini è guidata
dall’Unione Europea. E’ il primo caso, con queste dimensioni. In Macedonia,
stesso discorso, in riferimento alle forze di polizia.
L’auspicio di un accesso, a questo punto, delle sei repubbliche – in Slovenia è
già avvenuto e si avvicina l’ingresso della Croazia oltre a Romania e Bulgaria
– dovrebbe portare ad una stabilizzazione dell’area, sicuramente nella
prospettiva di una diluizione di queste rivalità storiche che ancora oggi
bloccano in qualche misura, forse più tatticamente che sostanzialmente, i
rapporti fra le varie nazionalità.
D. – Questo piccolo Stato, il Montenegro, con quali
potenzialità si affaccia in tempi più o meno brevi all’Europa?
R. – E’ uno Stato di 650 mila abitanti, con
all’esterno del Montenegro almeno 350 mila residenti, prevalentemente in
Serbia. Quindi, un Paese con dimensioni al di sotto probabilmente della soglia
di sostenibilità di uno Stato. Questo è quanto anche gli esponenti
dell’opposizione, rispetto ad un’indipendenza, sottolineavano. Innanzitutto c’è
un’urgenza di breve termine riguardante gli elementi della divisione con la
Serbia. Quindi, si dovrà capire come verranno
ripartite le forze armate e alcune gestioni comuni. Questo necessiterà
ovviamente di una forte mediazione dell’Unione Europea, per garantire al
Montenegro un margine di sostenibilità. E poi la cosa importante, su cui
l’Unione Europea dovrà dimostrare una grande leadership, è garantire che le due
Repubbliche possano percorrere questo cammino
sull’accordo di stabilizzazione e associazione in tempi rapidissimi.
L’obiettivo è che non diventino vittima di un’impossibilità di sviluppo e
quindi della necessità di ricorrere ad altri ‘mezzi’ su cui, peraltro, il
Montenegro ha dei precedenti non troppo distanti nel tempo, precedenti di
appoggio ad altri generi di network, per riuscire a sopravvivere.
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AL VIA A GINEVRA I LAVORI DELL’ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
DELLA SANITÀ, MENTRE GIUNGE LA NOTIZIA DELLA SCOMPARSA
DEL DIRETTORE GENERALE, IL SUDCOREANO LEE JONG-WOOK
-
Intervista con Mario Raviglione
-
Si
apre oggi a Ginevra la settimana di lavori dell’Assemblea dell’Organizzazione
mondiale della Sanità. Un appuntamento importante, purtroppo funestato proprio
stamattina dalla scomparsa del direttore generale dell’Oms,
il sudcoreano Lee Jong-Wook, morto per embolia cerebrale. Tra i temi
principali in discussione, la lotta all’Aids e all’influenza aviaria. Ma qual
è, attualmente, la situazione riguardo al virus H5N1? Isabella Piro lo ha chiesto a Mario Raviglione,
capo dipartimento dell’Oms:
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R. – Il rischio di diffusione è sempre
attuale. Noi sappiamo che attualmente ci sono stati almeno 200 casi umani in 9
Paesi soprattutto asiatici e del Medio Oriente. Occorre una vigilanza costante
proprio per evitare passaggi del virus da uomo a uomo, che è in pratica il
fenomeno più temuto in Asia e in altre parti del mondo. Uno dei problemi
importanti collegati all’influenza pandemia è quello relativo alla richiesta di
immediata aderenza a quelle che sono le regolamentazioni internazionali di
sanità che dovrebbero entrare in vigore nel 2007 ma che si chiede entrino in
vigore ora. Richiedono sostanzialmente la notifica pronta e immediata di alcun
tipo di trasmissione del virus nell’uomo e quindi un aumento della sorveglianza.
Un altro importante tema è quello dell’eradicazione
della poliomielite con una risoluzione che chiede soprattutto ai Paesi asiatici
che ancora sono endemici, vale a dire l’India, il Pakistan e l’Afghanistan,
nonché la Nigeria, che vengano eseguite vaccinazioni
su larga scala ripetutamente proprio per
interrompere il rischio di trasmissione.
D. - Secondo l’Onu,
al mondo ci sono 15 milioni di bambini malati di Aids: cosa si può fare per
aiutarli?
R. – Ci sarà una risoluzione focalizzata
proprio sul problema della nutrizione dei bambini, del neonato, ad esempio del
nato da madre sieropositiva, in modo da amplificare le capacità dei Paesi di
rispondere a questa situazione.
D. - Cosa ci si aspetta, in particolare
dall’Unione Europea in questa assemblea?
R. – L’Unione europea ha un compito
fondamentale di istituzione donatrice, cioè di entità che può mettere a
disposizione quelle finanze che in molti Paesi in via di sviluppo non sono presenti,
né sono sufficienti per affrontare i grandi temi di sanità mondiale. Per
esempio, noi sappiamo molto bene che nel campo della tubercolosi l’Unione
Europea ha molto da fare.
D. - Riguardo allo stanziamento di fondi per
la ricerca medica, qual è la posizione dell’Oms?
R. – C’è intanto una risoluzione che discute
il ruolo dell’OMS nella ricerca sanitaria. Richiede, se verrà
approvata così come è adesso, un investimento sulla ricerca di almeno il 2 per
cento delle spese sanitarie nazionali nei vari Paesi, e un investimento da
parte dei donatori di almeno il 5 per cento di quello che è il finanziamento
legato a interventi di tipo sanitario nei Paesi. L’OMS ha un ruolo di
facilitazione e di informazione nel campo della ricerca. Dicendo, in pratica,
ai Paesi che bisogna investire molto di più nella ricerca se si vuole effettivamente
fare un progresso duraturo nel campo delle malattie, ad esempio infettive, ma
anche nel campo delle malattie non infettive, proprio perché senza ricerca non
vi è progresso.
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IL
SALUTO DELLA CITTA’ DI ROMA E DI ESPONENTI DI VARIE RELIGIONI
PER
L’IMAM DELLA GRANDE MOSCHEA DELLA CAPITALE SCOMPARSO SABATO NOTTE
-
Intervista con Daniela Pompei -
È morto
sabato notte a Roma l'Imam della grande Moschea della
capitale, Mahmoud Hammd Schweita. “Una grande perdita”, ha detto il direttore per
l’Italia della Lega Musulmana mondiale, Mario Scialoja,
aggiungendo che si è fatto apprezzare “per la sua intelligenza e saggezza, per
la conoscenza della dottrina e della religione islamica e per la sua umiltà”. “Ho avuto modo di conoscerlo personalmente apprezzando il
suo equilibrio e la sua saggezza”, ha commentato il rabbino capo di Roma
Riccardo di Segni. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni,
nel ricordarlo lo ha definito un uomo del dialogo fra le religioni e le
culture. La cerimonia funebre dell’imam si svolgerà in Egitto. Ma ascoltiamo nell’intervista
di Fausta Speranza, il ricordo che dell’imam conserva
Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio:
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R. - Lo ricordo con un grande affetto, come una persona
che da vari anni rappresentava la comunità islamica romana, una persona molto
aperta e sorridente.
D. - Quali occasioni avete avuto in particolare di
collaborare con lui, voi della comunità di sant’Egidio?
R. - Ovviamente ci siamo conosciuti durante le grandi
feste sia cristiane, ma particolarmente per le feste islamiche: sono stata
invitata anche io personalmente, varie volte, anche durante il Ramadan, per
l’interruzione del Ramadan ad una cena nella grande moschea. Ma la cosa più
importante, e che ricordo con più affetto, è anche la sua presenza nelle
carceri romane da parte dell’Imam Schweita.
Già vari anni fa è venuto in carcere durante il periodo di Ramadan a parlare
con i detenuti musulmani, come una persona molto corretta e molto moderata.
D. – Ecco, in due parole, la testimonianza del suo essere Imam che rimane…
R. – La testimonianza di una persona che amava molto il
dialogo con tutti, questo è molto importante, che ascoltava molto le persone di
tutte le varie nazionalità. In particolare ascoltava le persone di religione
islamica e poi tentava in tutti i modi di favorire l’incontro tra persone
diverse, tra cristiani e musulmani.
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CENTO ANNI FA NASCEVA PADRE MARIANO, IL NOTO
CAPPUCCINO CHE NEGLI ANNI 60 ERA SEGUITO IN TV DA MILIONI DI SPETTATORI. DIVERSE
LE INIZIATIVE
PER
RICORDARLO, TRA QUESTE UN DVD PRODOTTO DA NOVA T E RAI
-
Intervista con Sergio Zavoli e padre Raniero Cantalamessa -
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di padre
Mariano, volto noto del piccolo schermo che con le sue trasmissioni “La posta
di padre Mariano”, “In famiglia” e “Chi è Gesù” ha raggiunto un’enorme
popolarità. Le sue erano ‘catechesi televisive’ che riuscivano a toccare profondamente e con semplicità il
cuore dell’uomo. Oggi di padre Mariano è in corso la causa di beatificazione e
la Nova T, in collaborazione con la Rai, ha prodotto
un DVD. Ma ascoltiamo il servizio di Tiziana Campisi:
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“Scusate, non è vero che l’aspirazione più radicale del
nostro cuore è proprio questo: essere amati ed amare? Non ci stancheremmo mai
di questo. E’ la voragine del nostro cuore che esige questo amore, che si sazi.
Ebbene, possedere per sempre Iddio, non perderlo mai perchè posseduti da Lui, e
possedere finalmente anche noi stessi. Capire il nostro sviluppo spirituale che
consiste nell’amare finalmente anche gli altri. E in quanti più si è, tanta più
gioia c’è”.
Con il
suo linguaggio semplice ed immediato riusciva a porgere la Parola di Dio a
milioni di persone attraverso la radio, la televisione e la carta stampata, e
nessuno ha mai dimenticato il suo saluto:
“Pace e bene a tutti”.
Paolo Roasenda, nato a Torino il 22 maggio del 1906, ha scelto
d’essere cappuccino all’età di 34 anni, da allora è stato per
tutti quel padre Mariano che negli anni ‘60 si faceva ascoltare da
innumerevoli telespettatori. Come mai? Lo abbiamo chiesto a Sergio Zavoli.
R. – Perché non predicava. Perchè parlava. Perché faceva
sue le parole spesso non dette dalle persone normali. Perché si chiedeva che
cos’era l’inquietudine della gente, di che cosa aveva bisogno, che cosa
significava avere fede, in che cosa credere, perchè credere. Perché faceva
chiarezza intorno alle cose.
D. – Padre Mariano oggi avrebbe gli stessi o più
ascoltatori?
R. – A mio avviso ne avrebbe di più, perché sarebbe così
plateale, così clamorosa la distanza tra questa sua testimonianza e tutto il
resto della programmazione, che io credo che la grande massa preferirebbe
ascoltare, magari soltanto per un quarto d’ora, padre Mariano. Preferirebbe
piuttosto che assoggettarsi ormai all’idea che i palinsesti prescindono anche
dagli umori, dagli interessi, dai bisogni della gente: corrispondono soltanto
all’intrattenimento, che non può prendere per sé tutta la dimensione
dell’esistenza.
Ma
quale eredità ha lasciato padre Mariano? Ci risponde padre Raniero Cantalamessa, cappuccino come padre Mariano, e che oggi
qualcuno addita un pò come prosecutore del suo singolare
ministero:
R. – Ha mostrato che non è improprio parlare del Vangelo
in televisione. Anche se su quel teleschermo passano ben altri programmi, il
Vangelo non ha bisogno di avere uno schermo pulito, lo rende pulito attraverso
il suo passaggio. Padre Mariano era semplice, ma non sempliciotto, diremmo noi
oggi. Aveva capito che il linguaggio può essere veramente un veicolo di comunicazione
o creare un diaframma, se si usa un linguaggio estraneo alla gente. Io credo
poi che l’eredità maggiore sia quella spirituale. Padre Mariano, a parte tutto
quello che faceva, era un’anima di Dio, era un uomo di preghiera. Aveva una grande
umanità, una grande capacità di interessarsi a tutti gli aspetti della vita.
D. – Lei fa televisione. Si ispira qualche volta a padre
Mariano?
R. – Mi ispiro nel senso che ho ereditato il suo saluto e
l’abito francescano mi unisce a lui. La gente quando mi incontra per la strada
spesso mi chiama padre Mariano. Credo che padre Mariano sia un gigante, di
fronte al quale mi sento molto più piccolo, perchè lui aveva una
statura non solo come comunicatore televisivo, ma una statura spirituale
molto alta.
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22 maggio 2006
DIECI ANNI FA L’ASSASSINIO, IN
ALGERIA, DI 7 MONACI TRAPPISTI AD OPERA
DI FONDAMENTALISTI ISLAMICI. LA
CHIESA ALGERINA RINNOVA LA RICHIESTA
PER L’APERTURA DEL PROCESSO
DIOCESANO PER LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE
ALGERI.= Dieci anni fa, il 23 maggio del 1996, un
comunicato del GIA algerino (Gruppo islamico armato) annunciava che, nella
mattina del 21 maggio, il movimento fondamentalista
aveva assassinato i sette monaci del monastero di Tibhirine.
Per onorare l’anniversario di questo martirio – informa l’agenzia SIR – la
Chiesa di Algeria ha rilanciato, in questi giorni, la richiesta di aprire il
processo diocesano per la Causa della loro Beatificazione. La notizia è stata
annunciata anche dalla Conferenza episcopale francese e ripresa dal quotidiano
cattolico La Croix. Barbaramente decapitati
due mesi dopo il loro rapimento, i sette monaci trappisti - vittime del
fondamentalismo islamico - scelsero la fedeltà totale al messaggio evangelico,
perdonando nel loro testamento spirituale i loro assassini. (A.G.)
AL VIA, A FINE MAGGIO A BOGOTA’, UN CORSO PER MISSIONARI AD GENTES
PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA
BOGOTA’.= Il Centro nazionale missionario
della Conferenza episcopale della Colombia ha promosso un “Corso per Missionari
Ad Gentes”,
che si terrà dal 30 maggio al 23 giugno, per una durata di quattro settimane. È
un corso indirizzato particolarmente a sacerdoti, religiosi, religiose
e laici che vogliano iniziare a lavorare nel campo missionario. Per
poter partecipare al corso – informa l’agenzia Fides – occorre essere
presentati dai rispettivi vescovi o superiori maggiori provinciali. Coloro che
saranno selezionati, verranno poi inviati ad
annunciare il Vangelo in Asia o Africa, in territori non ancora cristianizzati
o scristianizzati, in situazioni pastorali difficili come nelle zone più
povere. Tra i temi affrontati durante il Corso: Missionari e
discepoli; Missione nel contesto africano; La spiritualità del missionario
oggi; La forza e l'accompagnamento dello Spirito Santo nella missione; L'inculturazione
del missionario oggi; Sfide missionarie della Chiesa colombiana ad intra ed ad extra; Maria protagonista della
missione. Tra i conferenzieri e i relatori figura anche mons. Luis Augusto Castro Quiroga,
arcivescovo di Tunja e presidente della conferenza
episcopale della Colombia. (A.G.)
“Ricostruiamo
i volti di bambini e adolescenti”. Questo lo slogan dell’edizione 2006 della
campagna di solidarietà “Compartir”, promossa
dalla
conferenza episcopale del Perù. Al centro dell’iniziativa
le
malformazioni facciali dei più piccoli
PERÙ. =
Si è aperta in questi giorni, presso l’ospedale pediatrico di Lima, l’edizione
2006 della campagna di solidarietà “Compartir”, promossa dalla Conferenza
episcopale peruviana. “Ricostruiamo i volti di bambini e adolescenti”, è lo
slogan dell’iniziativa cominciata 17 anni fa e che ogni anno affronta problematiche
del Paese. E’ dedicata alla realtà dei bambini e adolescenti con deformazioni
facciali. L’obiettivo è riscattarli dall’emarginazione e portare sul loro volto
un sorriso. Le deformazioni facciali, di origine congenita o acquisita – spiega
l’agenzia Fides - occupano un posto rilevante nella patologia umana, sia per la
relativa frequenza come per le ripercussioni umane, psicologiche, sociali,
familiari ed economiche sulle persone colpite, ancora più acute se sono
bambini. A questo dramma si sommano le diverse forme di povertà in cui vivono
queste persone e le carenze dei servizi sanitari dello Stato. Nel Paese
peruviano, un bambino su 620 nasce con questi problemi ovvero circa 700 casi
l’anno, uno dei tassi più alti del continente. “Di fronte a questo – sottolinea
l’agenzia Zenit – i presuli della Chiesa in Perù auspicano che tutti gli uomini
e le donne di buona volontà si avvicinino di più a questi bambini e
adolescenti, si informino e collaborino a questa iniziativa”. (V.C)
57 MINATORI CINESI IN PERICOLO DI
VITA PER
L’INONDAMENTO DI UNA MINIERA DELLO SHANXI
PECHINO. = Sono finiti in manette 9 dirigenti di una
miniera dello Shanxi, in Cina, accusati di aver
coperto l’entità dell’inondamento, avvenuto nelle gallerie della miniera in
questo fine settimana, e che sta mettendo in pericolo la vita di 57 minatori. Secondo la Xinhua – come riporta l’agenzia AsiaNews - Li Yizhong, direttore dell'agenzia
nazionale per la sicurezza, appena arrivato sul posto ha commentato: “E’ il
peggior incidente dell’anno. Subito dopo l’allagamento, i vertici della miniera
avevano affermato che all’interno lavoravano cinque persone: per questo,
l’accusa nei loro confronti è anche quella di aver depistato le indagini”. Sul
posto, al momento, è attiva una squadra di 200 uomini che sta scavando nel
tentativo di raggiungere e mettere in salvo i minatori. Questo incidente è uno
dei tanti che si sono verificati nelle miniere cinesi in questi ultimi anni.
Nel 2005 – riporta ancora l’agenzia AsiaNews – gli incidenti nel Paese sono
aumentati dell’8,5% rispetto al 2004, contando anche le sciagure più gravi
degli ultimi 50 anni. (V.C.)
IN UGANDA, DISTRUTTO IERI IL PRIMO
QUANTITATIVO DI ARMI DI PICCOLO CALIBRO NELL’AMBITO DEL PROTOCOLLO DI NAIROBI
PER LA RIDUZIONE DELLE ARMI LEGGERE NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI E DEL CORNO
D’AFRICA
KAMPALA. = Oltre 57 mila armi di piccolo calibro da
distruggere per poi riciclarne il ferro ricavato. E’ questo l’obiettivo del
programma avviato in Uganda, Paese martoriato da quasi 20 anni di guerra
civile, per rispondere al Protocollo di Nairobi per la riduzione delle armi
leggere nella regione dei Grandi Laghi e nel Corno d’Africa. Il piano ha avuto
formalmente inizio ieri: alla presenza di esperti internazionali dello
smaltimento di armi, tra i quali delegati del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo
(UNDP), è stato dato
alle fiamme, infatti, un primo stock
di pistole e kalashnikov in una fonderia a circa 80
chilometri dalla capitale Kampala. Le parti in legno e
in gomma sono state rimosse per poter essere riciclate. Secondo la stampa
locale, il materiale da distruggere è stato sequestrato, negli ultimi anni, a
gruppi ribelli. Un’altra parte delle armi – aggiungono inoltre fonti
giornalistiche locali – erano conservate in scorte obsolete e ormai inutilizzabili
delle forze armate ugandesi. Il materiale – riferisce
infine l’agenzia missionaria MISNA - è stato convogliato in un unico punto di
raccolta nazionale per essere distrutto nell’arco di un mese. (A.L.)
L’INFLUENZA
AVIARIA HA COLPITO LA CAPITALE ROMENA: IN QUARANTENA
1000 ABITANTI
DELLA SECONDA CIRCOSCRIZIONE. SI ATTENDONO I TEST
DI LABORATORIO
CHE DOVREBBERO CONFERMARE O MENO LA PRESENZA DEL VIRUS
H5N1 ANCHE IN ALCUNI VOLATILI DELLA QUARTA CIRCOSCRIZIONE DI BUCAREST
BUCAREST.
= È allarme aviaria in Romania, dove sono più di 1.000
i cittadini della capitale che, da questa mattina, dopo la conferma della
presenza del virus H5N1 in alcuni volatili domestici appartenenti alla seconda
circoscrizione di Bucarest, sono in quarantena di primo grado. Le autorità
locali stanno approntando le
misure di sicurezza del caso. Chiuso il traffico su quattro
strade della circoscrizione colpita, verranno
abbattuti nei prossimi giorni circa 4 mila polli che crescono nei cortili della
zona in quarantena. Sono attesi per oggi anche i test che dovrebbero confermare
o meno la presenza dell’influenza aviaria in alcuni
uccelli appartenenti alla quarta circoscrizione. “I cittadini dell’area isolata
non si devono preoccupare – commenta Adriean Videanu, sindaco generale della capitale – perché riceveranno in
permanenza alimenti, farmaci e tutto il necessario per una vita normale.” La
quarantena potrebbe essere in vigore per almeno sette giorni. Al momento sono
oscure per le autorità romene le fonti del contagio che hanno coinvolto la
capitale. Come riporta l’agenzia ANSA - secondo il ministro dell'agricoltura Gheorghe Flutur - la ragione per
i numerosi focolai di influenza aviaria nelle regioni circondanti Brasov è invece chiara: si tratta della vendita di polli
vivi ammalati da due allevamenti che nessun esperto veterinario ha controllato
da molto tempo”. Il ministro Flutur ha deciso di
dimettere l’intera direzione dell’amministrazione nazionale veterinaria per non
aver disposto controlli sistematici sugli allevamenti del Paese. (V.C.)
AL FESTIVAL DI CANNES INIZIA LA
SETTIMANA DECISIVA PER L’ASSEGNAZIONE DELLA PALMA D’ORO. POCHI I TITOLI CHE SI
SEGNALANO PER CORAGGIO E ORIGINALITA’
- A cura di Luciano Barisone -
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CANNES. = Fra molte delusioni e qualche sorpresa, il
Festival di Cannes entra nella settimana decisiva, quella che si conclude con
l'assegnazione della Palma
d'Oro. Per il momento, in una selezione che fino ad ora non ha brillato
per coraggio e originalità, si segnalano pochi titoli: in concorso il
turco I climi e il finlandese Le
Luci del sobborgo. Nella categoria Certain Regard
l'indonesiano Serambi.
Intreccio esistenziale dal vago sapore antonioniano, I Climi di Nuri
Blige Ceilan racconta un
tormentato rapporto di coppia: lui, professore di storia dell'arte, e lei,
produttrice per la televisione, si perdono e si ritrovano nel volgere di due
stagioni, di due paesaggi, di due diverse luminosità, la calda estate del Sud e
il freddo inverno dell'Est. Fra intensi primi piani, scarni dialoghi e
magnifici paesaggi, scorre l'inaridirsi di un amore che soffre di troppe
reticenze, di troppe menzogne, di troppi silenzi. Altro esempio di concisione
narrativa, Le Luci del Sobborgo di Aki Kaurismaki è il ritratto di
un solitario, sfortunato in amore, ma incline ad
un'inesauribile fiducia nella vita. Guardiano notturno ingannato dalla più
classica delle cattive ragazze, il protagonista va in prigione, perde il lavoro
e finisce pestato a sangue. Ma una mano che si tende verso la sua, nel finale,
lascia presagire una risalita dopo la caduta. Laconico e scarno, forse anche
troppo, il film si riscatta grazie all'umanesimo che lo pervade e alle battute
che lo costellano, fra cui la fulminante descrizione della prigione. A un'amica
che gli chiede “come si stava dentro?” l'eroe risponde: “Non si poteva uscire”.
Il documentario Serambi,
realizzato da quattro giovani registi indonesiani, è invece una commossa
testimonianza della tragedia che ha colpito la regione indonesiana di Aceh, straziata dallo tsunami
nel dicembre del 2004. Dopo le sconvolgenti immagini del disastro, il film
racconta la coraggiosa resistenza di alcuni superstiti, lo sguardo luminoso dei
bambini, il doloroso stupore degli adulti, l'impossibilità di dimenticare e la
voglia di ricominciare. In coda aggiungiamo i primi venti minuti di World Trade Center,
l'ultimo film, in lavorazione, di Oliver Stone, presentati in anteprima mondiale. La scelta di
mostrare degli eroi del tutto ordinari, colti in una
giornata come le altre, e la tragedia che si abbatte su di loro dà all’incipit
del film una forza straordinaria e una commozione irrefrenabile.
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22 maggio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
Si riaccende la violenza in Afghanistan dove un
bombardamento aereo delle forze della coalizione internazionale avrebbe provocato almeno una settantina di vittime. Il raid
è avvenuto in mattinata, nel sud del Paese, in un
villaggio della provincia di Kandahar, controllato
dalla guerriglia talebana. Per il portavoce delle forza multinazionale l’obiettivo erano proprio i
ribelli integralisti, ma, secondo testimoni, fra le vittime ci sarebbero anche
diversi civili.
Il premier israeliano Olmert è
giunto a Washington per la sua prima missione negli Stati Uniti dove domani
incontrerà il presidente Bush e il segretario di
Stato, Rice. Al centro dei colloqui il processo di
pace con i palestinesi in Medio Oriente e la crisi per il controverso piano
nucleare iraniano.
Sul versante palestinese la situazione nei Territori è
sempre tesa. Questa notte, nella zona sud della Striscia di Gaza, un miliziano
di al-Fatah è rimasto ucciso in un nuovo scontro
armato fra membri della sua formazione e i rivali politici
di Hamas. Pochi minuti fa l’agenzia Reuter ha riferito di una sparatoria in corso davanti alla
sede del parlamento palestinese. Proprio ieri, in Egitto, a margine del Forum
economico mondiale sul Medio Oriente, il presidente dell’Autorità Nazionale
Palestinese (ANP), Abu Mazen,
aveva annunciato per giovedì prossimo una riunione fra le fazioni per porre
fine ai sanguinosi scontri.
In Iraq mentre proseguono le trattative per completare la
squadra di governo guidata dal premier Al Màliki, la
spirale di violenza non conosce sosta. Intanto il primo ministro britannico Blair è arrivato questa mattina a sorpresa a Baghdad, dove
ha incontrato i vertici delle truppe britanniche e i leader del nuovo governo
iracheno. Il nostro servizio:
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E’ stata più lunga e più dura di quanto avremmo voluto ma questo è un nuovo inizio per il Paese iracheno.
Così Blair, nella conferenza stampa congiunta con il neopremier al Màliki ha
salutato il nuovo esecutivo iracheno. Blair ha
ribadito l’appoggio del suo Paese a lavorare con Baghdad per “trasformare in
realtà le speranze e le aspettative del popolo iracheno”. Un appoggio che Al Maliki considera ancora necessario per i poliziotti e
militari iracheni. L’obiettivo è che le forze irachene assumano presto pieno
controllo del territorio. Questo consentirebbe la partenza dei contingenti
stranieri. Blair su questo punto non ha parlato chiaramente ma funzionari al suo seguito hanno specificato
che il calendario prevede un ritiro graduale di tutte le truppe entro 4 anni.
Una scadenza precisa, questa, che per il momento non ha trovato conferme da
parte statunitense. Intanto mentre è ripreso il processo contro Saddam Hussein,
sul terreno la violenza resta una tragica costante. Almeno 17 persone sono
morte in seguito a diversi attentati verificatisi in tutto il Paese.
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Nella repubblica di Cipro la coalizione di governo che da
tre anni sostiene il presidente Papadopoulos ha vinto
le elezioni di ieri. Il più votato è stato il partito comunista, Akel, col 31,8%, mentre al partito di destra Disy, all’opposizione, è andato il 30,4%. La formazione di
centro di Papadopoulos, Dijko,
ha raccolto il 17,9%. Ora, in posizione di maggiore forza, il presidente dovrà
riprendere colloqui con i rappresentanti dell’ONU per la riunificazione di
Cipro con la parte turca del Nord.
Importante viaggio in Cina per
il cancelliere tedesco Angela Merkel. Una trasferta
dal carattere economico e diplomatico, che la vede alla guida di una folta
delegazione, comprendente tra gli altri il ministro
dell'Economia Michael Glos
e una quarantina di uomini d'affari. Durante il suo incontro con il primo
ministro cinese Wen Jabao,
Angela Merkel ha affrontato il delicato tema dei
diritti umani, sottolineando che “si tratta di un punto fondamentale per lo
sviluppo delle relazioni tra Pechino e Berlino”. Quello in Cina è solo l’ultimo
di una lunga serie di viaggi internazionali del cancelliere tedesco. Si può
parlare di un tentativo di rilancio della Germania
alla guida dell’Europa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Gian Enrico Rusconi, docente di Scienza politica all’Università di
Torino:
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R. – La chiave di
lettura è piuttosto un tentativo di questo cancelliere di rilanciare o di
riconfermare un’immagine della Germania come potenza
civile importante, eccetera. Del resto il viaggio in Cina lo aveva fatto lo
stesso Schroeder un paio d’anni fa, se non che Schoeder rispondeva più ad una politica strettamente
nazionale, economicistica, in chiave di ripiegamento
nazionale, mentre la Merkel dà un’immagine più
europea, più occidentale, ma non credo che siamo ad un salto di qualità.
D. – Nel corso di questa visita dovrebbero essere firmati
oltre 20 accordi e contratti. La Germania si conferma,
dunque, uno dei motori economici dell’Europa?
R. – Certamente, ma va anche per conto suo. Lo dico senza
allarmismi, perché non sono tra quelli che dicono che la
Germania si sta staccando dall’Europa, no. Il
problema, caso mai, è l’Europa che non riesce in realtà a darsi un’identità
anche economica unitaria. Sono sempre e soltanto le grandi nazioni che si muovono.
D. – Professore, al di là del lato economico, secondo
fonti diplomatiche la Merkel è in Cina per convincere
le autorità di Pechino ad assumere un ruolo internazionale più importante,
associando alla vigorosa crescita economica una più incisiva azione diplomatica
in particolare per quanto riguarda il dossier del controverso programma
nucleare iraniano. Riuscirà, secondo lei, nel suo intento?
R. – Non credo che la Germania
della Merkel abbia la forza per incidere ancora. Poi,
sotto sotto c’è l’aspirazione della
Germania di avere un posto fisso all’Onu e si
sa che la Cina era uno dei Paesi che diceva no.
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In Italia è cominciato alla Camera il dibattito sulla fiducia al governo Prodi che segue il voto di fiducia
già ricevuto al Senato. Il premier, dopo aver illustrato le dichiarazioni programmatiche
nell'aula del Senato venerdì scorso, ha consegnato il testo alla Camera. La
discussione generale durerà l’intera giornata di oggi e ancora domani mattina.
Nel pomeriggio di domani, invece, è prevista la replica del
premier Prodi e quindi il voto sulla fiducia.
Forte appello del presidente della repubblica italiana,
Giorgio Napolitano, per il rilancio dell’unità europea. Da Ventotene,
alle porte di Roma, alla sua prima uscita da presidente, il capo dello Stato
italiano ha affermato: “Senza l’UE l’Italia non ha avvenire. Aiutiamola a
uscire dalla crisi. Servono iniziative forti”.
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