RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 142  - Testo della trasmissione di lunedì 22 maggio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riscoprire la radicalità della vocazione religiosa, evitando il rischio di mediocrità e imborghesimento. Lo ha chiesto Benedetto XVI ai superiori e alle superiore generali, ricevuti in aula Paolo VI

 

In udienza dal Papa il presidente della ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Branko Crvenkovski

 

Consacrata ieri in Bulgaria dal cardinale Angelo Sodano la nuova con-cattedrale di Sofia: intervista con il cardinale Angelo Sodano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Montenegro ha detto sì all’indipendenza dalla Serbia: il commento di Federico Eichberg

 

Al via a Ginevra i Lavori dell’Assemblea dell’OMS, mentre giunge la notizia della scomparsa del direttore generale, il sudcoreano Lee Jong-Wook: con noi Mario Raviglione  

 

Il saluto della città di Roma e di esponenti di varie religioni per l’Imam della grande Moschea della capitale scomparso sabato scorso. Intervista con Daniela Pompei

 

Cento anni fa nasceva padre Mariano: a ricordare per noi il frate seguito in tv negli anni ’60 da milioni di spettatori, Sergio Zavoli e padre Cantalamessa

 

CHIESA E SOCIETA’:

Dieci anni fa l’assassinio, in Algeria, di 7 monaci trappisti ad opera di fondamentalisti islamici

 

Al via, a fine maggio a Bogotà, un corso per missionari ad gentes promosso dalla Conferenza episcopale della Colombia

 

“Ricostruiamo i volti di bambini e adolescenti”. Questo lo slogan dell’edizione 2006 della campagna di solidarietà “Compartir”, promossa dalla Conferenza episcopale del Perù

 

57 minatori cinesi in pericolo di vita per l’inondamento di una miniera dello Shanxi

 

In Uganda, distrutto ieri il primo quantitativo di armi di piccolo calibro nell’ambito del protocollo di Nairobi per la riduzione delle armi leggere

 

L’influenza aviaria ha colpito la capitale romena. In quarantena 1000 abitanti della seconda circoscrizione

 

Al Festival di Cannes inizia la settimana decisiva per l’assegnazione della Palma d’Oro

 

24 ORE NEL MONDO:

Oltre 70 i morti nel sud dell’Afghanistan per il raid aereo delle forze di coalizione

 

In diversi attentati, hanno perso la vita in Iraq almeno diciassette persone

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 maggio 2006

 

 

RISCOPRIRE LA RADICALITA’ DELLA VOCAZIONE RELIGIOSA, EVITANDO IL RISCHIO

DI MEDIOCRITA’ E DI IMBORGHESIMENTO. LO HA CHIESTO BENEDETTO XVI AI SUPERIORI E ALLE SUPERIORE GENERALI, RICEVUTI IN AULA PAOLO VI

 

“Testimoni della presenza trasfigurante di Dio in un mondo sempre più disorientato e confuso”, che predilige le “sfumature” della mentalità consumistica ai “colori ben netti” della verità di Cristo. Con queste parole, Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina, in Aula Paolo VI, i superiori e le superiore generali degli Istituti di Vita consacrata e delle Società di Vita apostolica. Quello del Papa è stato un discorso netto, che ha esaltato i meriti senza nascondere le pecche della vita religiosa contemporanea. Il servizio di Alessandro De Carolis. 

        

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Un cuore che bruci d’amore, perché il rischio è che lo slancio missionario si imborghesisca e precipiti nella “mediocrità” l’ardore di un tempo. Una mente casta come il corpo, perché la verginità dei tempi moderni comporta anche, fin dall’abito, il “non apparire”: la povertà sulla scia di Cristo. In sintesi, una vita che parta da scelte personali “coraggiose” per diventare testimonianza “del Vangelo e dei suoi paradossi”, che spesso l’umanità di oggi non capisce o rifiuta.

 

Benedetto XVI ha quasi scolpito, con immagini incisive, la natura e le responsabilità della vita religiosa, calata nella realtà del 21.mo secolo. A pochi giorni dalle celebrazioni per il 10.mo anniversario dell’Esortazione Apostolica Vita Consecrata di Giovanni Paolo II, e alla vigilia dell’Assemblea semestrale dell’Unione superiori generali (USG), che inizia dopodomani, il Papa ha esplorato la “ragion d’essere” della vita consacrata. Essa, “negli ultimi anni, è stata ricompressa con spirito più evangelico, più ecclesiale e più apostolico”, ha riconosciuto all’inizio il Pontefice. Ma “non possiamo ignorare - ha stigmatizzato l’istante dopo – che alcune scelte concrete non hanno offerto al mondo il volto autentico e vivificante di Cristo”:

 

“Di fatto, la cultura secolarizzata è penetrata nella mente e nel cuore di non pochi consacrati, che la intendono come una forma di accesso alla modernità e una modalità di approccio al mondo contemporaneo. La conseguenza è che accanto ad un indubbio slancio generoso, capace di testimonianza e di donazione totale, la vita consacrata conosce oggi l’insidia della mediocrità, dell'imborghesimento e della mentalità consumistica”.

 

Opporsi a queste derive, ha affermato Benedetto XVI, si può con la “rinuncia” e il “distacco” da tutto ciò che non è Cristo. Si può nutrendo la vita interiore con la preghiera e l’Eucaristia quotidiana, che fa essere un religioso o una religiosa “totalmente di Cristo”, ovvero – ha spiegato il Papa – “una permanente confessione di fede” e una “inequivocabile proclamazione della verità che rende liberi di fronte alla seduzione dei falsi idoli da cui il mondo è abbagliato”. E ancora, “per appartenere totalmente al Signore – ha insistito il Pontefice – le persone abbracciano uno stile di vita casto”:

 

“La verginità consacrata non si può inscrivere nel quadro della logica di questo mondo; è il più “irragionevole” dei paradossi cristiani e non a tutti è dato di comprenderla e di viverla. Vivere una vita casta vuol dire anche rinunciare al bisogno di apparire, assumere uno stile di vita sobrio e dimesso. I religiosi e le religiose sono chiamati a dimostrarlo anche nella scelta dell'abito, un abito semplice che sia segno della povertà vissuta in unione a Colui che da ricco che era si è fatto povero per farci ricchi con la sua povertà”.

 

Benedetto XVI si è quindi rivolto ai superiori e alle superiore maggiori chiamati ad esprimere, all’interno di un Istituto religioso, quel “servizio d’autorità”, il cui approfondimento ha interessato l’ultima plenaria della Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica. Tale servizio è “esigente”, ha detto il Papa, “talvolta contrastato”, e necessita dell’obbedienza professata il cui valore va riscoperto nel Vangelo così come va riabbracciata la “logica della Croce”, rifuggendo “dal volontarismo e dallo spontaneismo”:

 

“I consacrati e le consacrate oggi hanno il compito di essere testimoni della trasfigurante presenza di Dio in un mondo sempre più disorientato e confuso, un mondo in cui le sfumature hanno sostituito i colori ben netti e caratterizzati. Essere capaci di guardare questo nostro tempo con lo sguardo della fede significa essere in grado di guardare l'uomo, il mondo e la storia alla luce del Cristo crocefisso e risorto”.

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IN UDIENZA DAL PAPA IL PRESIDENTE DELLA EX REBUPPLICA

 JUGOSLAVA DI MACEDONIA, BRANKO CRVENKOVSKI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza in Vaticano il presidente della Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, Branko Crvenkovski, con il seguito. Un incontro cordiale durato circa un quarto d’ora. Crvenkovski aveva incontrato già due volte Giovanni Paolo II, la prima volta il 23 maggio 2003 da primo ministro; la seconda, il 24 maggio del 2004 da presidente appena insediato. Si tratta di una visita ormai tradizionale per il presidente macedone in questo periodo dell’anno. In questi giorni, infatti, si festeggiano - secondo il calendario ortodosso - i Santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa ed evangelizzatori dell’Europa   orientale.

 

Già Repubblica federata nell’ambito della Federazione jugoslava, la Macedonia ha dichiarato la propria indipendenza nel 1991. Grande come la Sicilia, il Paese balcanico, con capitale Skopje, conta circa due milioni di abitanti. I cristiani ortodossi rappresentano circa il 54 per cento della popolazione, mentre i musulmani sono circa il 30 per cento. Secondo gli ultimi dati dell’Annuario Statistico della Chiesa, i cattolici di Macedonia sono circa 15 mila. Due le diocesi e sette le parrocchie. I fedeli sono affidati alla cura di 2 vescovi e 13 sacerdoti diocesani.

 

 

CONSACRATA IERI IN BULGARIA DAL SEGRETARIO DI STATO,

CARDINALE ANGELO SODANO, LA NUOVA CON-CATTEDRALE DI SOFIA

- Intervista con il cardinale Angelo Sodano -

 

Con una solenne cerimonia presieduta dal segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, è stata consacrata ieri, in Bulgaria, la nuova con-cattedrale di Sofia, distrutta durante la Seconda guerra mondiale e dedicata a San Giuseppe, sposo della Vergine Maria. Dopo aver portato i saluti e la benedizione del Papa, il porporato ha anche auspicato che la nuova Casa di Dio possa diventare “un centro di irradiazione di fede”. Sulla comunità cattolica bulgara ascoltiamo, al microfono di Iva Mihailova, il cardinale Angelo Sodano:

 

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R. – E’ una piccola comunità, ma può avere un grande avvenire. A volte, poco sale può dare sapore al pane e poco lievito può far fermentare il nostro pane. Anche le piccole comunità, dunque, hanno un avvenire nella storia di questa grande nazione.

 

D. – Quattro anni fa, quando Papa Giovanni Paolo II è venuto in Bulgaria, è stata consacrata la prima pietra di questa con-cattedrale. Giovanni Paolo II, in quell’occasione, ha auspicato che fosse costruita, oltre al tempio, una comunità di pietre vive…

 

R. – Certo, la chiesa materiale è solo un’immagine della Chiesa spirituale. Noi formiamo una comunità. Ogni cristiano è una pietra viva del tempio santo di Dio e qui vedo che sta crescendo la Chiesa. E’ sorta una bella cattedrale, ma vedo che sta anche fortificandosi la Chiesa spirituale. E’ una Casa di Dio degna veramente di questa diocesi.

 

D. – Eminenza, come ha trovato questa comunità cattolica?

 

R. – Ho trovato una comunità cattolica che è uscita dalle catacombe e si avvia, dopo il comunismo e questi anni di libertà, a ricostituire la sua unità e a contribuire al progresso delle nazioni. Il destino del sale è dare sapore, il destino del lievito è quello di far fermentare. Così, questa comunità cattolica vuole essere, secondo l’insegnamento di Gesù, sale della terra e luce del mondo e qui, luce della Bulgaria.

 

D. – Negli ultimi quattro anni, in Bulgaria sono state consacrate quattro nuove chiese. Si può parlare di una primavera della Chiesa cattolica bulgara?

 

R. – Siamo solo all’inizio della primavera. Dopo il duro inverno della persecuzione, si vede una Chiesa che comincia a far sbocciare i primi fiori. Questo ci dice che la grazia opera nell’intimo dei cuori, nell’intimo di queste comunità. Ci avviamo, quindi, verso una primavera vera. Gesù ci ha detto di andare e portare molti frutti di bene e i frutti verranno.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "La libertà dalla fame": nel chiedere "un'azione concreta e tempestiva" per sconfiggere questa piaga dell'umanità Benedetto XVI rivolge il suo pensiero in particolare all'urgente e drammatica situazione del Darfur, in Sudan.   

Servizio vaticano - L'udienza del Papa ai Superiori generali degli Istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica.

 

Servizio estero - Montenegro: decisa dal referendum la separazione dalla Serbia.

 

Servizio culturale - In merito al libro di Sebastiano Vassalli "Amore lontano" un articolo di Franco Lanza dal titolo "La poesia come legame tra l'uomo e Dio".  

 

Servizio italiano - Politica. L'esortazione de Capo dello Stato: "Bisogna fare ripartire l'Europa".

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 maggio 2006

 

 

IL MONTENEGRO HA DETTO SÌ ALL’INDIPENDENZA DALLA SERBIA

- Intervista con Federico Eichberg -

 

Il Montenegro, con il referendum di ieri, ha deciso la sua indipendenza dalla Serbia. La commissione elettorale di Podgorica ha diffuso in mattinata i risultati ufficiali della consultazione. I voti favorevoli alla separazione sono stati il 55,4%. Quelli contrari si sono fermati invece al 44,6%, mentre l’affluenza alle urne è stata dell’86% sui circa 500 mila elettori. Ma a questo punto quali conseguenze si prospettano per Belgrado e quali saranno gli obiettivi del nuovo piccolo Stato montenegrino? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto di ex Jugoslavia:

 

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R. – Questo tipo di soluzione non esclude futuri legami, proprio perché i legami storici, le affinità culturali e religiose richiamano una collaborazione tra questi due Paesi, ma anche – e questa è una sorpresa che si è verificata negli ultimi anni – tra diverse Repubbliche della ex Jugoslavia, che sul fronte internazionale tengono una posizione comune. Probabilmente lo fanno anche in nome dell’area di una cultura complessiva di quel movimento dei non allineati che molto ha contribuito nello scenario internazionale.

 

D. – Per l’Unione Europea la zona dell’ex Jugoslavia è un’area ancora da guardare con attenzione, con preoccupazione?

 

R. – E’ un’area laboratorio - questo sicuramente - in cui l’Unione Europea ha testato alcune sue capacità. Oggi, sul campo, in Bosnia Erzegovina, la missione che garantisce la sicurezza ai cittadini è guidata dall’Unione Europea. E’ il primo caso, con queste dimensioni. In Macedonia, stesso discorso, in riferimento alle forze di polizia. L’auspicio di un accesso, a questo punto, delle sei repubbliche – in Slovenia è già avvenuto e si avvicina l’ingresso della Croazia oltre a Romania e Bulgaria – dovrebbe portare ad una stabilizzazione dell’area, sicuramente nella prospettiva di una diluizione di queste rivalità storiche che ancora oggi bloccano in qualche misura, forse più tatticamente che sostanzialmente, i rapporti fra le varie nazionalità.

 

D. – Questo piccolo Stato, il Montenegro, con quali potenzialità si affaccia in tempi più o meno brevi all’Europa?

 

R. – E’ uno Stato di 650 mila abitanti, con all’esterno del Montenegro almeno 350 mila residenti, prevalentemente in Serbia. Quindi, un Paese con dimensioni al di sotto probabilmente della soglia di sostenibilità di uno Stato. Questo è quanto anche gli esponenti dell’opposizione, rispetto ad un’indipendenza, sottolineavano. Innanzitutto c’è un’urgenza di breve termine riguardante gli elementi della divisione con la Serbia. Quindi, si dovrà capire come verranno ripartite le forze armate e alcune gestioni comuni. Questo necessiterà ovviamente di una forte mediazione dell’Unione Europea, per garantire al Montenegro un margine di sostenibilità. E poi la cosa importante, su cui l’Unione Europea dovrà dimostrare una grande leadership, è garantire che le due Repubbliche possano percorrere questo cammino sull’accordo di stabilizzazione e associazione in tempi rapidissimi. L’obiettivo è che non diventino vittima di un’impossibilità di sviluppo e quindi della necessità di ricorrere ad altri ‘mezzi’ su cui, peraltro, il Montenegro ha dei precedenti non troppo distanti nel tempo, precedenti di appoggio ad altri generi di network, per riuscire a sopravvivere.

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AL VIA A GINEVRA I LAVORI DELL’ASSEMBLEA DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE

DELLA SANITÀ, MENTRE GIUNGE LA NOTIZIA DELLA SCOMPARSA

DEL DIRETTORE GENERALE, IL SUDCOREANO LEE JONG-WOOK

- Intervista con Mario Raviglione -

 

         Si apre oggi a Ginevra la settimana di lavori dell’Assemblea dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Un appuntamento importante, purtroppo funestato proprio stamattina dalla scomparsa del direttore generale dell’Oms, il sudcoreano Lee Jong-Wook, morto per embolia cerebrale. Tra i temi principali in discussione, la lotta all’Aids e all’influenza aviaria. Ma qual è, attualmente, la situazione riguardo al virus H5N1? Isabella Piro lo ha chiesto a Mario Raviglione, capo dipartimento dell’Oms:

 

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R. – Il rischio di diffusione è sempre attuale. Noi sappiamo che attualmente ci sono stati almeno 200 casi umani in 9 Paesi soprattutto asiatici e del Medio Oriente. Occorre una vigilanza costante proprio per evitare passaggi del virus da uomo a uomo, che è in pratica il fenomeno più temuto in Asia e in altre parti del mondo. Uno dei problemi importanti collegati all’influenza pandemia è quello relativo alla richiesta di immediata aderenza a quelle che sono le regolamentazioni internazionali di sanità che dovrebbero entrare in vigore nel 2007 ma che si chiede entrino in vigore ora. Richiedono sostanzialmente la notifica pronta e immediata di alcun tipo di trasmissione del virus nell’uomo e quindi un aumento della sorveglianza. Un altro importante tema è quello dell’eradicazione della poliomielite con una risoluzione che chiede soprattutto ai Paesi asiatici che ancora sono endemici, vale a dire l’India, il Pakistan e l’Afghanistan, nonché la Nigeria, che vengano eseguite vaccinazioni su larga scala ripetutamente proprio per  interrompere il rischio di trasmissione.

 

D. - Secondo l’Onu, al mondo ci sono 15 milioni di bambini malati di Aids: cosa si può fare per aiutarli?

 

R. – Ci sarà una risoluzione focalizzata proprio sul problema della nutrizione dei bambini, del neonato, ad esempio del nato da madre sieropositiva, in modo da amplificare le capacità dei Paesi di rispondere a questa situazione.

 

D. - Cosa ci si aspetta, in particolare dall’Unione Europea in questa assemblea?

 

R. – L’Unione europea ha un compito fondamentale di istituzione donatrice, cioè di entità che può mettere a disposizione quelle finanze che in molti Paesi in via di sviluppo non sono presenti, né sono sufficienti per affrontare i grandi temi di sanità mondiale. Per esempio, noi sappiamo molto bene che nel campo della tubercolosi l’Unione Europea ha molto da fare.

 

D. - Riguardo allo stanziamento di fondi per la ricerca medica, qual è la posizione dell’Oms?

 

R. – C’è intanto una risoluzione che discute il ruolo dell’OMS nella ricerca sanitaria. Richiede, se verrà approvata così come è adesso, un investimento sulla ricerca di almeno il 2 per cento delle spese sanitarie nazionali nei vari Paesi, e un investimento da parte dei donatori di almeno il 5 per cento di quello che è il finanziamento legato a interventi di tipo sanitario nei Paesi. L’OMS ha un ruolo di facilitazione e di informazione nel campo della ricerca. Dicendo, in pratica, ai Paesi che bisogna investire molto di più nella ricerca se si vuole effettivamente fare un progresso duraturo nel campo delle malattie, ad esempio infettive, ma anche nel campo delle malattie non infettive, proprio perché senza ricerca non vi è progresso.

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IL SALUTO DELLA CITTA’ DI ROMA E DI ESPONENTI DI VARIE RELIGIONI

PER L’IMAM DELLA GRANDE MOSCHEA DELLA CAPITALE SCOMPARSO SABATO NOTTE

- Intervista con Daniela Pompei -

 

         È morto sabato notte a Roma l'Imam della grande Moschea della capitale, Mahmoud Hammd Schweita. “Una grande perdita”, ha detto il direttore per l’Italia della Lega Musulmana mondiale, Mario Scialoja, aggiungendo che si è fatto apprezzare “per la sua intelligenza e saggezza, per la conoscenza della dottrina e della religione islamica e per la sua umiltà”. “Ho avuto modo di conoscerlo personalmente apprezzando il suo equilibrio e la sua saggezza”, ha commentato il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, nel ricordarlo lo ha definito un uomo del dialogo fra le religioni e le culture. La cerimonia funebre dell’imam si svolgerà in Egitto. Ma ascoltiamo nell’intervista di Fausta Speranza, il ricordo che dell’imam conserva Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio:

 

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R. - Lo ricordo con un grande affetto, come una persona che da vari anni rappresentava la comunità islamica romana, una persona molto aperta e sorridente.

 

D. - Quali occasioni avete avuto in particolare di collaborare con lui, voi della comunità di sant’Egidio?

 

R. - Ovviamente ci siamo conosciuti durante le grandi feste sia cristiane, ma particolarmente per le feste islamiche: sono stata invitata anche io personalmente, varie volte, anche durante il Ramadan, per l’interruzione del Ramadan ad una cena nella grande moschea. Ma la cosa più importante, e che ricordo con più affetto, è anche la sua presenza nelle carceri romane da parte dell’Imam Schweita. Già vari anni fa è venuto in carcere durante il periodo di Ramadan a parlare con i detenuti musulmani, come una persona molto corretta e molto moderata.

 

D. – Ecco, in due parole, la testimonianza del suo essere Imam che rimane…

 

R. – La testimonianza di una persona che amava molto il dialogo con tutti, questo è molto importante, che ascoltava molto le persone di tutte le varie nazionalità. In particolare ascoltava le persone di religione islamica e poi tentava in tutti i modi di favorire l’incontro tra persone diverse, tra cristiani e musulmani.

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CENTO ANNI FA NASCEVA PADRE MARIANO, IL NOTO CAPPUCCINO CHE NEGLI ANNI 60 ERA SEGUITO IN TV DA MILIONI DI SPETTATORI. DIVERSE LE INIZIATIVE

PER RICORDARLO, TRA QUESTE UN DVD PRODOTTO DA NOVA T E RAI

- Intervista con Sergio Zavoli e padre Raniero Cantalamessa -

 

Ricorre quest’anno il centenario della nascita di padre Mariano, volto noto del piccolo schermo che con le sue trasmissioni “La posta di padre Mariano”, “In famiglia” e “Chi è Gesù” ha raggiunto un’enorme popolarità. Le sue erano ‘catechesi televisive’ che riuscivano a toccare profondamente e con semplicità il cuore dell’uomo. Oggi di padre Mariano è in corso la causa di beatificazione e la Nova T, in collaborazione con la Rai, ha prodotto un DVD. Ma ascoltiamo il servizio di Tiziana Campisi:

 

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“Scusate, non è vero che l’aspirazione più radicale del nostro cuore è proprio questo: essere amati ed amare? Non ci stancheremmo mai di questo. E’ la voragine del nostro cuore che esige questo amore, che si sazi. Ebbene, possedere per sempre Iddio, non perderlo mai perchè posseduti da Lui, e possedere finalmente anche noi stessi. Capire il nostro sviluppo spirituale che consiste nell’amare finalmente anche gli altri. E in quanti più si è, tanta più gioia c’è”.

 

Con il suo linguaggio semplice ed immediato riusciva a porgere la Parola di Dio a milioni di persone attraverso la radio, la televisione e la carta stampata, e nessuno ha mai dimenticato il suo saluto:

 

“Pace e bene a tutti”.

 

Paolo Roasenda, nato a Torino il 22 maggio del 1906, ha scelto d’essere cappuccino all’età di 34 anni, da allora è stato per tutti quel padre Mariano che negli anni ‘60 si faceva ascoltare da innumerevoli telespettatori. Come mai? Lo abbiamo chiesto a Sergio Zavoli.

 

R. – Perché non predicava. Perchè parlava. Perché faceva sue le parole spesso non dette dalle persone normali. Perché si chiedeva che cos’era l’inquietudine della gente, di che cosa aveva bisogno, che cosa significava avere fede, in che cosa credere, perchè credere. Perché faceva chiarezza intorno alle cose.  

 

D. – Padre Mariano oggi avrebbe gli stessi o più ascoltatori?

 

R. – A mio avviso ne avrebbe di più, perché sarebbe così plateale, così clamorosa la distanza tra questa sua testimonianza e tutto il resto della programmazione, che io credo che la grande massa preferirebbe ascoltare, magari soltanto per un quarto d’ora, padre Mariano. Preferirebbe piuttosto che assoggettarsi ormai all’idea che i palinsesti prescindono anche dagli umori, dagli interessi, dai bisogni della gente: corrispondono soltanto all’intrattenimento, che non può prendere per sé tutta la dimensione dell’esistenza.

 

Ma quale eredità ha lasciato padre Mariano? Ci risponde padre Raniero Cantalamessa, cappuccino come padre Mariano, e che oggi qualcuno addita un come prosecutore del suo singolare ministero:

 

R. – Ha mostrato che non è improprio parlare del Vangelo in televisione. Anche se su quel teleschermo passano ben altri programmi, il Vangelo non ha bisogno di avere uno schermo pulito, lo rende pulito attraverso il suo passaggio. Padre Mariano era semplice, ma non sempliciotto, diremmo noi oggi. Aveva capito che il linguaggio può essere veramente un veicolo di comunicazione o creare un diaframma, se si usa un linguaggio estraneo alla gente. Io credo poi che l’eredità maggiore sia quella spirituale. Padre Mariano, a parte tutto quello che faceva, era un’anima di Dio, era un uomo di preghiera. Aveva una grande umanità, una grande capacità di interessarsi a tutti gli aspetti della vita.

 

D. – Lei fa televisione. Si ispira qualche volta a padre Mariano?

 

R. – Mi ispiro nel senso che ho ereditato il suo saluto e l’abito francescano mi unisce a lui. La gente quando mi incontra per la strada spesso mi chiama padre Mariano. Credo che padre Mariano sia un gigante, di fronte al quale mi sento molto più piccolo, perchè lui aveva una statura non solo come comunicatore televisivo, ma una statura spirituale molto alta.

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CHIESA E SOCIETA’

22 maggio 2006

 

 

DIECI ANNI FA L’ASSASSINIO, IN ALGERIA, DI 7 MONACI TRAPPISTI AD OPERA

DI FONDAMENTALISTI ISLAMICI. LA CHIESA ALGERINA RINNOVA LA RICHIESTA

PER L’APERTURA DEL PROCESSO DIOCESANO PER LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

 

ALGERI.= Dieci anni fa, il 23 maggio del 1996, un comunicato del GIA algerino (Gruppo islamico armato) annunciava che, nella mattina del 21 maggio, il movimento fondamentalista aveva assassinato i sette monaci del monastero di Tibhirine. Per onorare l’anniversario di questo martirio – informa l’agenzia SIR – la Chiesa di Algeria ha rilanciato, in questi giorni, la richiesta di aprire il processo diocesano per la Causa della loro Beatificazione. La notizia è stata annunciata anche dalla Conferenza episcopale francese e ripresa dal quotidiano cattolico La Croix. Barbaramente decapitati due mesi dopo il loro rapimento, i sette monaci trappisti - vittime del fondamentalismo islamico - scelsero la fedeltà totale al messaggio evangelico, perdonando nel loro testamento spirituale i loro assassini. (A.G.)

 

 

AL VIA, A FINE MAGGIO A BOGOTA’, UN CORSO PER MISSIONARI AD GENTES

 PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA

 

BOGOTA’.= Il Centro nazionale missionario della Conferenza episcopale della Colombia ha promosso un “Corso per Missionari Ad Gentes”, che si terrà dal 30 maggio al 23 giugno, per una durata di quattro settimane. È un corso indirizzato particolarmente a sacerdoti, religiosi, religiose e laici che vogliano iniziare a lavorare nel campo missionario. Per poter partecipare al corso – informa l’agenzia Fides – occorre essere presentati dai rispettivi vescovi o superiori maggiori provinciali. Coloro che saranno selezionati, verranno poi inviati ad annunciare il Vangelo in Asia o Africa, in territori non ancora cristianizzati o scristianizzati, in situazioni pastorali difficili come nelle zone più povere. Tra i temi affrontati durante il Corso: Missionari e discepoli; Missione nel contesto africano; La spiritualità del missionario oggi; La forza e l'accompagnamento dello Spirito Santo nella missione; L'inculturazione del missionario oggi; Sfide missionarie della Chiesa colombiana ad intra ed ad extra; Maria protagonista della missione. Tra i conferenzieri e i relatori figura anche mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja e presidente della conferenza episcopale della Colombia. (A.G.)

 

 

“Ricostruiamo i volti di bambini e adolescenti”. Questo lo slogan dell’edizione 2006 della campagna di solidarietà “Compartir”, promossa

dalla conferenza episcopale del Perù. Al centro dell’iniziativa

le malformazioni facciali dei più piccoli

 

PERÙ. = Si è aperta in questi giorni, presso l’ospedale pediatrico di Lima, l’edizione 2006 della campagna di solidarietà “Compartir”, promossa dalla Conferenza episcopale peruviana. “Ricostruiamo i volti di bambini e adolescenti”, è lo slogan dell’iniziativa cominciata 17 anni fa e che ogni anno affronta problematiche del Paese. E’ dedicata alla realtà dei bambini e adolescenti con deformazioni facciali. L’obiettivo è riscattarli dall’emarginazione e portare sul loro volto un sorriso. Le deformazioni facciali, di origine congenita o acquisita – spiega l’agenzia Fides - occupano un posto rilevante nella patologia umana, sia per la relativa frequenza come per le ripercussioni umane, psicologiche, sociali, familiari ed economiche sulle persone colpite, ancora più acute se sono bambini. A questo dramma si sommano le diverse forme di povertà in cui vivono queste persone e le carenze dei servizi sanitari dello Stato. Nel Paese peruviano, un bambino su 620 nasce con questi problemi ovvero circa 700 casi l’anno, uno dei tassi più alti del continente. “Di fronte a questo – sottolinea l’agenzia Zenit – i presuli della Chiesa in Perù auspicano che tutti gli uomini e le donne di buona volontà si avvicinino di più a questi bambini e adolescenti, si informino e collaborino a questa iniziativa”. (V.C)

 

 

57 MINATORI CINESI IN PERICOLO DI VITA PER

 L’INONDAMENTO DI UNA MINIERA DELLO SHANXI

 

PECHINO. = Sono finiti in manette 9 dirigenti di una miniera dello Shanxi, in Cina, accusati di aver coperto l’entità dell’inondamento, avvenuto nelle gallerie della miniera in questo fine settimana, e che sta mettendo in pericolo la vita di 57 minatori. Secondo la Xinhua – come riporta l’agenzia AsiaNews - Li Yizhong, direttore dell'agenzia nazionale per la sicurezza, appena arrivato sul posto ha commentato: “E’ il peggior incidente dell’anno. Subito dopo l’allagamento, i vertici della miniera avevano affermato che all’interno lavoravano cinque persone: per questo, l’accusa nei loro confronti è anche quella di aver depistato le indagini”. Sul posto, al momento, è attiva una squadra di 200 uomini che sta scavando nel tentativo di raggiungere e mettere in salvo i minatori. Questo incidente è uno dei tanti che si sono verificati nelle miniere cinesi in questi ultimi anni. Nel 2005 – riporta ancora l’agenzia AsiaNews – gli incidenti nel Paese sono aumentati dell’8,5% rispetto al 2004, contando anche le sciagure più gravi degli ultimi 50 anni. (V.C.)

 

 

IN UGANDA, DISTRUTTO IERI IL PRIMO QUANTITATIVO DI ARMI DI PICCOLO CALIBRO NELL’AMBITO DEL PROTOCOLLO DI NAIROBI PER LA RIDUZIONE DELLE ARMI LEGGERE NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI E DEL CORNO D’AFRICA

 

KAMPALA. = Oltre 57 mila armi di piccolo calibro da distruggere per poi riciclarne il ferro ricavato. E’ questo l’obiettivo del programma avviato in Uganda, Paese martoriato da quasi 20 anni di guerra civile, per rispondere al Protocollo di Nairobi per la riduzione delle armi leggere nella regione dei Grandi Laghi e nel Corno d’Africa. Il piano ha avuto formalmente inizio ieri: alla presenza di esperti internazionali dello smaltimento di armi, tra i quali delegati del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), è stato dato alle fiamme, infatti, un primo stock di pistole e kalashnikov in una fonderia a circa 80 chilometri dalla capitale Kampala. Le parti in legno e in gomma sono state rimosse per poter essere riciclate. Secondo la stampa locale, il materiale da distruggere è stato sequestrato, negli ultimi anni, a gruppi ribelli. Un’altra parte delle armi – aggiungono inoltre fonti giornalistiche locali – erano conservate in scorte obsolete e ormai inutilizzabili delle forze armate ugandesi. Il materiale – riferisce infine l’agenzia missionaria MISNA - è stato convogliato in un unico punto di raccolta nazionale per essere distrutto nell’arco di un mese. (A.L.)

 

 

L’INFLUENZA AVIARIA HA COLPITO LA CAPITALE ROMENA: IN QUARANTENA

1000 ABITANTI DELLA SECONDA CIRCOSCRIZIONE. SI ATTENDONO I TEST

DI LABORATORIO CHE DOVREBBERO CONFERMARE O MENO LA PRESENZA DEL VIRUS H5N1 ANCHE IN ALCUNI VOLATILI DELLA QUARTA CIRCOSCRIZIONE DI BUCAREST

 

BUCAREST. = È allarme aviaria in Romania, dove sono più di 1.000 i cittadini della capitale che, da questa mattina, dopo la conferma della presenza del virus H5N1 in alcuni volatili domestici appartenenti alla seconda circoscrizione di Bucarest, sono in quarantena di primo grado. Le autorità locali stanno approntando le  misure di sicurezza del caso. Chiuso il traffico su quattro strade della circoscrizione colpita, verranno abbattuti nei prossimi giorni circa 4 mila polli che crescono nei cortili della zona in quarantena. Sono attesi per oggi anche i test che dovrebbero confermare o meno la presenza dell’influenza aviaria in alcuni uccelli appartenenti alla quarta circoscrizione. “I cittadini dell’area isolata non si devono preoccupare – commenta Adriean Videanu, sindaco generale della capitale – perché  riceveranno in permanenza alimenti, farmaci e tutto il necessario per una vita normale.” La quarantena potrebbe essere in vigore per almeno sette giorni. Al momento sono oscure per le autorità romene le fonti del contagio che hanno coinvolto la capitale. Come riporta l’agenzia ANSA - secondo il ministro dell'agricoltura Gheorghe Flutur - la ragione per i numerosi focolai di influenza aviaria nelle regioni circondanti Brasov è invece chiara: si tratta della vendita di polli vivi ammalati da due allevamenti che nessun esperto veterinario ha controllato da molto tempo”. Il ministro Flutur ha deciso di dimettere l’intera direzione dell’amministrazione nazionale veterinaria per non aver disposto controlli sistematici sugli allevamenti del Paese. (V.C.)

 

 

AL FESTIVAL DI CANNES INIZIA LA SETTIMANA DECISIVA PER L’ASSEGNAZIONE DELLA PALMA D’ORO. POCHI I TITOLI CHE SI SEGNALANO PER CORAGGIO E ORIGINALITA’

- A cura di Luciano Barisone -

 

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CANNES. = Fra molte delusioni e qualche sorpresa, il Festival di Cannes entra nella settimana decisiva, quella che si conclude con l'assegnazione della Palma
d'Oro. Per il momento, in una selezione che fino ad ora non ha brillato
per coraggio e originalità, si segnalano pochi titoli: in concorso il
turco I climi e  il finlandese Le Luci del sobborgo. Nella categoria Certain Regard
l'indonesiano Serambi. Intreccio esistenziale dal vago sapore antonioniano, I Climi di Nuri Blige Ceilan racconta un tormentato rapporto di coppia: lui, professore di storia dell'arte, e lei, produttrice per la televisione, si perdono e si ritrovano nel volgere di due stagioni, di due paesaggi, di due diverse luminosità, la calda estate del Sud e il freddo inverno dell'Est. Fra intensi primi piani, scarni dialoghi e magnifici paesaggi, scorre l'inaridirsi di un amore che soffre di troppe reticenze, di troppe menzogne, di troppi silenzi. Altro esempio di concisione narrativa, Le Luci del Sobborgo di Aki Kaurismaki è il ritratto di un solitario, sfortunato in amore, ma incline ad un'inesauribile fiducia nella vita. Guardiano notturno ingannato dalla più classica delle cattive ragazze, il protagonista va in prigione, perde il lavoro e finisce pestato a sangue. Ma una mano che si tende verso la sua, nel finale, lascia presagire una risalita dopo la caduta. Laconico e scarno, forse anche troppo, il film si riscatta grazie all'umanesimo che lo pervade e alle battute che lo costellano, fra cui la fulminante descrizione della prigione. A un'amica che gli chiede “come si stava dentro?” l'eroe risponde: “Non si poteva uscire”. Il documentario Serambi, realizzato da quattro giovani registi indonesiani, è invece una commossa testimonianza della tragedia che ha colpito la regione indonesiana di Aceh, straziata dallo tsunami nel dicembre del 2004. Dopo le sconvolgenti immagini del disastro, il film racconta la coraggiosa resistenza di alcuni superstiti, lo sguardo luminoso dei bambini, il doloroso stupore degli adulti, l'impossibilità di dimenticare e la voglia di ricominciare. In coda aggiungiamo i primi venti minuti di World Trade Center, l'ultimo film, in lavorazione, di Oliver Stone, presentati in anteprima mondiale. La scelta di mostrare degli eroi del tutto ordinari, colti in una giornata come le altre, e la tragedia che si abbatte su di loro dà all’incipit del film una forza straordinaria e una commozione irrefrenabile.

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24 ORE NEL MONDO

22 maggio 2006

 

- A cura di  Eugenio Bonanata -

 

Si riaccende la violenza in Afghanistan dove un bombardamento aereo delle forze della coalizione internazionale avrebbe provocato almeno una settantina di vittime. Il raid è avvenuto in mattinata, nel sud del Paese, in un villaggio della provincia di Kandahar, controllato dalla guerriglia talebana. Per il portavoce delle forza multinazionale l’obiettivo erano proprio i ribelli integralisti, ma, secondo testimoni, fra le vittime ci sarebbero anche diversi civili.

 

Il premier israeliano Olmert è giunto a Washington per la sua prima missione negli Stati Uniti dove domani incontrerà il presidente Bush e il segretario di Stato, Rice. Al centro dei colloqui il processo di pace con i palestinesi in Medio Oriente e la crisi per il controverso piano nucleare iraniano.

 

Sul versante palestinese la situazione nei Territori è sempre tesa. Questa notte, nella zona sud della Striscia di Gaza, un miliziano di al-Fatah è rimasto ucciso in un nuovo scontro armato fra membri della sua formazione e i rivali politici di Hamas. Pochi minuti fa l’agenzia Reuter ha riferito di una sparatoria in corso davanti alla sede del parlamento palestinese. Proprio ieri, in Egitto, a margine del Forum economico mondiale sul Medio Oriente, il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Abu Mazen, aveva annunciato per giovedì prossimo una riunione fra le fazioni per porre fine ai sanguinosi scontri.

 

In Iraq mentre proseguono le trattative per completare la squadra di governo guidata dal premier Al Màliki, la spirale di violenza non conosce sosta. Intanto il primo ministro britannico Blair è arrivato questa mattina a sorpresa a Baghdad, dove ha incontrato i vertici delle truppe britanniche e i leader del nuovo governo iracheno. Il nostro servizio:

 

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E’ stata più lunga e più dura di quanto avremmo voluto ma questo è un nuovo inizio per il Paese iracheno. Così Blair, nella conferenza stampa congiunta con il neopremier al Màliki ha salutato il nuovo esecutivo iracheno. Blair ha ribadito l’appoggio del suo Paese a lavorare con Baghdad per “trasformare in realtà le speranze e le aspettative del popolo iracheno”. Un appoggio che Al Maliki considera ancora necessario per i poliziotti e militari iracheni. L’obiettivo è che le forze irachene assumano presto pieno controllo del territorio. Questo consentirebbe la partenza dei contingenti stranieri. Blair su questo punto non ha parlato chiaramente ma funzionari al suo seguito hanno specificato che il calendario prevede un ritiro graduale di tutte le truppe entro 4 anni. Una scadenza precisa, questa, che per il momento non ha trovato conferme da parte statunitense. Intanto mentre è ripreso il processo contro Saddam Hussein, sul terreno la violenza resta una tragica costante. Almeno 17 persone sono morte in seguito a diversi attentati verificatisi in tutto il Paese.

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Nella repubblica di Cipro la coalizione di governo che da tre anni sostiene il presidente Papadopoulos ha vinto le elezioni di ieri. Il più votato è stato il partito comunista, Akel, col 31,8%, mentre al partito di destra Disy, all’opposizione, è andato il 30,4%. La formazione di centro di Papadopoulos, Dijko, ha raccolto il 17,9%. Ora, in posizione di maggiore forza, il presidente dovrà riprendere colloqui con i rappresentanti dell’ONU per la riunificazione di Cipro con la parte turca del Nord.

 

Importante viaggio in Cina per il cancelliere tedesco Angela Merkel. Una trasferta dal carattere economico e diplomatico, che la vede alla guida di una folta delegazione, comprendente tra gli altri il ministro dell'Economia Michael Glos e una quarantina di uomini d'affari. Durante il suo incontro con il primo ministro cinese Wen Jabao, Angela Merkel ha affrontato il delicato tema dei diritti umani, sottolineando che “si tratta di un punto fondamentale per lo sviluppo delle relazioni tra Pechino e Berlino”. Quello in Cina è solo l’ultimo di una lunga serie di viaggi internazionali del cancelliere tedesco. Si può parlare di un tentativo di rilancio della Germania alla guida dell’Europa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Gian Enrico Rusconi, docente di Scienza politica all’Università di Torino:

 

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 R. – La chiave di lettura è piuttosto un tentativo di questo cancelliere di rilanciare o di riconfermare un’immagine della Germania come potenza civile importante, eccetera. Del resto il viaggio in Cina lo aveva fatto lo stesso Schroeder un paio d’anni fa, se non che Schoeder rispondeva più ad una politica strettamente nazionale, economicistica, in chiave di ripiegamento nazionale, mentre la Merkel dà un’immagine più europea, più occidentale, ma non credo che siamo ad un salto di qualità.

 

D. – Nel corso di questa visita dovrebbero essere firmati oltre 20 accordi e contratti. La Germania si conferma, dunque, uno dei motori economici dell’Europa?

 

R. – Certamente, ma va anche per conto suo. Lo dico senza allarmismi, perché non sono tra quelli che dicono che la Germania si sta staccando dall’Europa, no. Il problema, caso mai, è l’Europa che non riesce in realtà a darsi un’identità anche economica unitaria. Sono sempre e soltanto le grandi nazioni che si muovono.

 

D. – Professore,  al di là del lato economico, secondo fonti diplomatiche la Merkel è in Cina per convincere le autorità di Pechino ad assumere un ruolo internazionale più importante, associando alla vigorosa crescita economica una più incisiva azione diplomatica in particolare per quanto riguarda il dossier del controverso programma nucleare iraniano. Riuscirà, secondo lei, nel suo intento?

 

R. – Non credo che la Germania della Merkel abbia la forza per incidere ancora. Poi, sotto sotto c’è l’aspirazione della Germania di avere un posto fisso all’Onu e si sa che la Cina era uno dei Paesi che diceva no.

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In Italia è cominciato alla Camera il dibattito sulla fiducia al governo Prodi che segue il voto di fiducia già ricevuto al Senato. Il premier, dopo aver illustrato le dichiarazioni programmatiche nell'aula del Senato venerdì scorso, ha consegnato il testo alla Camera. La discussione generale durerà l’intera giornata di oggi e ancora domani mattina. Nel pomeriggio di domani, invece, è prevista la replica del premier Prodi e quindi il voto sulla fiducia.

 

Forte appello del presidente della repubblica italiana, Giorgio Napolitano, per il rilancio dell’unità europea. Da Ventotene, alle porte di Roma, alla sua prima uscita da presidente, il capo dello Stato italiano ha affermato: “Senza l’UE l’Italia non ha avvenire. Aiutiamola a uscire dalla crisi. Servono iniziative forti”.

 

        

 

 

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