RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 136 - Testo della trasmissione di martedì 16 maggio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nasce in Svizzera il Consiglio
delle religioni
Piogge
irregolari e raccolti scarsi in Africa minacciano la sopravvivenza di molte
persone
Russia e Cina contrarie all’uso della forza
contro l’Iran, che ha respinto la proposta europea sul programma nucleare
Stati Uniti pronti ad inviare 6 mila soldati al
confine con il Messico per contrastare l’immigrazione clandestina
16 maggio 2006
LE PAROLE DEL PAPA,
IERI, AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE
PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI
SONO AL CENTRO DEI
LAVORI DELLA PLENARIA STESSA
IN CORSO A PALAZZO SAN
CALISTO
- Intervista col cardinale Renato Raffaele Martino -
E’ in corso a Palazzo San Calisto, in
Vaticano, l’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i
Migranti e gli Itineranti. I partecipanti ieri sono stati ricevuti in udienza
dal Papa. Nel suo discorso, Benedetto XVI ha sottolineato soprattutto il tema
del dialogo interreligioso e della reciprocità. Giovanni Peduto ha chiesto una
riflessione, a partire da questi due punti, al cardinale
Renato Raffaele Martino, neo-presidente del dicastero:
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R.
– Solo il dialogo tra differenti civiltà e la ricerca di una reciproca
comprensione possono creare le condizioni di un futuro migliore per tutti.
Bisogna continuare a costruire ponti di amicizia tra i seguaci delle diverse
religioni. In particolare, cristiani e musulmani, come
il Papa disse chiaramente a Colonia durante
D.
– Un auspicio, eminenza, per i lavori di questa sua prima Plenaria come presidente
del dicastero …
R.
– lo spero che il nostro lavoro in questi giorni possa offrire un contributo al
profondo desiderio espresso da Benedetto XVI durante la Giornata Mondiale di
Colonia: “Se insieme riusciremo ad eliminare dai cuori ogni traccia di rancore,
a resistere ad ogni forma di intolleranza e ad opporci ad ogni manifestazione
di violenza, allora saremo in grado di far tornare indietro l’ondata di crudele
fanatismo che minaccia la vita di tanta gente e impedisce di progredire verso
un mondo di pace”.
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RINUNCE
E NOMINE
Negli Stati
Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Washington, presentata per raggiunti limiti di età dal
cardinale Theodore E. McCarrick.
Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Donald W. Wuerl, finora vescovo di
Pittsburgh. Mons. Wuerl, 65 anni, ha compiuto la sua formazione al sacerdozio ed
i suoi studi presso il Pontificio Collegio Nord-Americano, frequentando la
Pontificia Università Gregoriana e la Pontificia Università di San Tommaso,
dove ha conseguito il Dottorato in Teologia. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha
ricoperto, tra gli altri, i seguenti incarichi: segretario dell’allora vescovo
John Wright - che seguì a Roma anche dopo la sua nomina
a cardinale – e rettore del Saint Paul Seminary a Pittsburgh.
Di recente, mons. Wuerl è stato delegato all’XI
Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Parla
l’inglese, l’italiano, il francese e lo spagnolo.
Sempre negli
USA, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Joliet in Illinois, presentata per raggiunti limiti di età
dal vescovo Joseph L. Imesch. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. James Peter Sartain,
finora vescovo di Little Rock. Mons Sartain ha 54 anni. Ha studiato filosofia nel Seminario di
“Saint Meinrad” quindi, a Roma, ha frequentato la
Pontificia Università Angelicum, conseguendo il
baccalaureato in Teologia. Si è poi specializzato in Teologia sacramentaria presso il Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo.
E’ stato, tra l’altro, parroco, segretario per i Sacerdoti e Diaconi,
cancelliere vescovile, amministratore diocesano di Memphis. Nominato vescovo
nel gennaio 2000, ricopre numerosi incarichi in seno alla Conferenza episcopale
del suo Paese.
In Uruguay,
il Pontefice ha accettato la rinunzia al governo pastorale della diocesi di
Salto presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Daniel Gil Zorrilla, religioso gesuita.
Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Pablo Jaime Galimberti di Vietri, finora vescovo di San José de Mayo.
Mons. Galimberti di Vietri, 65 anni, ha studiato in patria e quindi per 4 anni
alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, conseguendo la licenza in
Teologia dogmatica. Ha svolto il ministero di parroco, di docente di Teologia
dogmatica nonché di Fenomenologia della religione presso l’Università Cattolica
dell’Uruguay. Attualmente, è presidente della Conferenza episcopale uruguaiana
(CEU), ma per due quinquenni è stato membro della
Congregazione per il Clero e, per un quinquennio, anche consultore del
Pontificio Consiglio per i Dialogo con i non credenti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l’Iraq: allarme malnutrizione
per i bimbi sotto i cinque anni.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle
ordinazioni sacerdotali.
Servizio estero – L’intervento della Santa Sede
alla plenaria della sessantesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni
Unite: “La promozione dei valori religiosi quale parte essenziale della
soluzione al problema del terrorismo”.
USA-Libia: Washington decide di
ristabilire piene relazioni diplomatiche con Tripoli. Il segretario di Stato
USA, Condoleeza Rice,
elogia il ruolo della Libia nella lotta al terrorismo.
Servizio culturale - In evidenza un articolo di Fabrizio
Contessa dal titolo “Nei luoghi della memoria anche le pietre raccontano il
metodo usato da Gesù”: riedito il volume “Sulle tracce di Cristo”. Nelle sue
pagine il ricordo del pellegrinaggio di don Giussani
in Terra Santa.
Per l’“Osservatore libri” un articolo di Roberto Nardin dal titolo “Un’opera che rivela la levatura
spirituale e culturale di Innocenzo III”: la prima traduzione italiana dei “Sermones” di un grande Papa del Medioevo.
Servizio italiano - In merito a quanto sta
accadendo nel mondo del calcio, una riflessione di Gaetano Vallini
dal titolo “Dallo scandalo un'occasione unica per voltare pagina”.
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16 maggio 2006
PUNTI
CALDI DELLA POLITICA ITALIANA E TEMI PASTORALI E CULTURALI
SONO
STATI AL CENTRO DELLA PROLUSIONE DEL CARDINALE RUINI
PER
L’APERTURA DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA CEI.
UN
AUGURIO PER IL NUOVO CAPO DELLO STATO ITALIANO, NAPOLITANO
Il cardinale Camillo Ruini
chiede alle forze politiche una dialettica costruttiva e rispettosa.
All’apertura dell’Assemblea generale della Cei, il
presidente dei vescovi italiani ha affrontato i temi più caldi della politica
interna, ribadendo il no ai pacs, all’aborto e
all’eutanasia. Sui temi più pastorali, ha invitato i sacerdoti a resistere all’imborghesimento
e a non rinchiudersi, di fronte alle difficoltà, in un pessimismo unilaterale.
Inoltre, per il cardinale Ruini le mode editoriali
come il Codice da Vinci mostrano la necessità di aiutare “la gente a
distinguere i dati certi delle origini dalle fantasie”. Il servizio di
Alessandro Guarasci:
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E’ una sorta di richiamo all’unità nazionale, quello del
cardinale Camillo Ruini. Il presidente della CEI
afferma che il nuovo governo ha davanti a sé compiti impegnativi: in uno dei rami
del Parlamento può contare su una maggioranza assai ristretta. Dunque, per il
superiore interesse del Paese, i partiti non si arrestino alle contrapposizioni
e diano vita ad una dialettica costruttiva e davvero reciprocamente rispettosa.
In questo spirito si deve svolgere anche il referendum sulla riforma della
seconda parte della Costituzione. Il cardinale Ruini
ha poi augurato al capo dello Stato, Napolitano, di essere punto di riferimento
e fattore di unità.
Ma il presidente della CEI va nello specifico e ribadisce
il suo ‘no’ all’aborto, definito “delitto abominevole”, alle diverse forme di
eutanasia; all’utilizzo di embrioni congelati e a forme di unione che sono
radicalmente diverse dalla famiglia, che oscurano il suo ruolo e contribuiscono
a destabilizzarla. E a chi accusa
Sul fronte internazionale, il porporato è preoccupato
della situazione in Iraq e Afghanistan, soprattutto dopo la morte di quattro
soldati a Nassiriya e di due alpini a Kabul. In merito all’Iran, ha invitato
tutti i Paesi che stanno sviluppando l’atomica a seguire la strada del disarmo.
Un ricordo poi per don Andrea Santoro, ucciso in Turchia
il 5 febbraio: la sua vicenda dimostra come in molte parti del mondo non di
rado i cristiani paghino con la vita il prezzo della
loro fede. Il presidente della CEI infine riconosce i problemi che rendono
difficile il cammino di tanti sacerdoti, ma invita ad inquadrare sia gli
aspetti difficili sia quelli confortanti “dentro il dinamismo cristologico che caratterizza la nuova alleanza”. Dunque un
invito a pregare di più e a non farsi prendere dal pessimismo, o a farsi
incantare dalle comodità. Condanna poi della risoluzione dell’Unione Europea,
che ha invitato a mettere sullo stesso piano i diritti delle coppie omosessuali
con quelli delle famiglie legittime. Per il cardinale Ruini,
in questo atteggiamento è possibile ravvisare “l’onda lunga dei processi di
secolarizzazione”.
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DOPO OLTRE 25 ANNI, STATI UNITI E LIBIA
ANNUNCIANO LA RIAPERTURA
DELLE
RELAZIONI DIPLOMATICHE
-
Intervista con Luciano Ardesi -
Dopo la sosta in Europa, parte oggi la visita del
presidente venezuelano Hugo Chávez
nella regione del Maghreb, in Algeria e Libia. In
primo piano gli accordi bilaterali, in particolare su trasporti marittimi,
scambi diplomatici e questioni economiche tra Paesi produttori di petrolio. Ce
ne parla Luciano Ardesi, segretario della Lega per i diritti dei popoli ed
esperto di Maghreb, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – La piattaforma comune del viaggio è proprio il
petrolio. Sia Libia, sia Algeria hanno puntato molto su questo periodo
particolare della congiuntura economica internazionale per rafforzare anche le
proprie posizioni politiche. Direi che, a differenza dal tentativo di 20-30
anni fa, di questi due Paesi africani di creare un’alleanza con i Paesi
produttori di petrolio e anche per rovesciare in qualche modo l’ordine economico
internazionale, ora c’è un interesse molto più preciso
e concreto e non più ideologico. Il prezzo del petrolio può rimanere a livelli
molto elevati ancora a lungo, ma è necessario che ci sia un’intesa tra i
produttori di petrolio e sono necessari numerosi investimenti.
D. – Non a caso, Venezuela e Algeria sono membri dell’OPEC
…
R. – Certo. E sicuramente, negli incontri tra Chávez e le autorità di Algeria e Libia, si discuterà pure
delle strategie all’interno di questa organizzazione internazionale. Non dimentichiamo,
poi, che sia Chávez sia Bouteflika
hanno bisogno di rafforzare il loro ruolo all’interno della comunità
internazionale. Il petrolio ha dato loro in questo momento uno straordinario
peso economico: si tratta adesso di cercare di pesare di più anche
politicamente.
D. – Chávez, personaggio
chiaramente in contrasto con Bush, va da Gheddafi, proprio quando Stati Uniti e Libia stanno
riallacciando le relazioni diplomatiche. Che significa?
R. – La coincidenza è veramente curiosa. Diciamo che gli
Stati Uniti si stavano già muovendo da un paio d’anni nei confronti della
Libia, su basi nuove. Gheddafi ha esplicitamente rinunciato
alle armi di distruzione di massa e ad appoggiare il terrorismo; Bush aveva già riconosciuto questo cambiamento di rotta del
leader libico. Credo che la casa Bianca abbia tutto l’interesse di trovare un
alleato nella Libia. Ricordiamo che, malgrado le
‘gesticolazioni’ del leader libico, Gheddafi è sempre
stato in contrasto con i movimenti fondamentalisti: è vero che ha lui stesso
fomentato il terrorismo, ma un terrorismo di natura completamente diversa di
quello di Al Qaeda, al di là – naturalmente – degli effetti devastanti. E
quindi credo che Bush punti al momento ad avere un
appoggio in Libia. Anche perché, con altri Paesi del nord Africa come
l’Algeria, gli Stati Uniti stanno negoziando degli accordi di cooperazione
militare per tenere sotto controllo quella vasta area del Sahara dove si
muovono gruppi di terroristi sia di natura politica, sia
molto spesso semplicemente di banditismo, che ha diverse sfaccettature:
non ultima quella di alimentare le migrazioni internazionali attraverso il
Sahara e l’Africa in genere.
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A un
anno dall’entrata in vigore delle nuove norme sulla procedura d’asilo in Italia, “Medici senza frontiere” denuncia
difficolta’ e violazioni
- Con noi Andrea Accardi e Laura Boldrini -
L’Italia continua ad avere un sistema di
protezione dei rifugiati al di sotto degli standard internazionali. La denuncia
viene dall’organizzazione internazionale “Medici Senza Frontiere”, che ha
pubblicato un rapporto sulle barriere e gli ostacoli che i potenziali rifugiati
incontrano una volta sbarcati sul territorio italiano.
Il servizio è di Stefano Leszczynski:
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A un anno dall’entrata in vigore delle nuove
norme sulla procedura d’asilo in Italia, “Medici senza frontiere” presenta un
bilancio impietoso del trattamento che viene riservato
a chi presenta domanda d’asilo in Italia e a chi, fuggendo da situazioni di
guerra o persecuzione, non riesce invece neppure ad avviare la procedura per il
riconoscimento dello status di rifugiato.
Sul perché di questo Rapporto, la riflessione di Andrea Accardi,
capomissione dei progetti italiani di “Medici senza
frontiere”:
“Ci siamo visti un po’ obbligati, in qualche
maniera, a fare un Rapporto che non è magari specificatamente nella missione di
MSF, proprio perché siamo stati testimoni di queste violazioni. In sostanza, ci
sono barriere a volte insormontabili di accesso alla procedura, di garanzia dei
diritti, di garanzia dell’accoglienza per poi verificare che la persona, in
realtà, viene utilizzata – per quanto riguarda i
lavoratori stagionali – a 20 euro al giorno per raccogliere le patate”.
Il risultato principale, secondo MSF, è che il
numero di chi riesce a chiedere asilo in Italia è crollato
da 16.817 persone nel
“Sì, è vero che la situazione dell’asilo
continua ad essere estremamente precaria perché manca una legge organica
sull’asilo, quindi un sistema consolidato in grado di dare delle risposte
concrete a questo fenomeno. E’ anche vero che negli ultimi anni qualche miglioramento c’è stato: per esempio, tra i dati positivi, posso ricordare
il fatto che ci sia stato un decentramento per poter fare domanda d’asilo;
l’istituzione di sette commissioni territoriali, sparse nei vari luoghi dove
arrivano i richiedenti asilo; il fatto che in ogni commissione ci sia un membro
dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati; il fatto che la qualità
dell’audizione è migliorata, è molto più meticolosa, anche più lunga”.
Dal Rapporto di MSF emerge inoltre che i richiedenti asilo arrivano soprattutto dai Paesi
dell’Africa Subsahariana, come Eritrea, Liberia,
Somalia, Etiopia, Costa d’Avorio, Sudan e Togo; mentre al di fuori di
quest’area le nazionalità più numerose sarebbero quelle pakistana, irachena e
iraniana.
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“UN INGANNO MAGISTRALE”: UN DOCUMENTARIO,
PRESENTATO OGGI A ROMA,
SMONTA
LE MISTIFICAZIONI PRESENTI NEL CODICE DA VINCI, A POCHI GIORNI DALL’USCITA DEL
FILM ISPIRATO AL ROMANZO DI DAN BROWN
- Con
noi, padre Gerald O’Collins
-
“Il Codice da Vinci: un inganno
magistrale”: è il titolo di un documentario realizzato da Mario Biasetti per
l’agenzia Rome Reports
News, che racconta come il romanzo di Dan Brown sia costruito su un castello di mistificazioni. La presentazione del video si è
svolta stamani alla Sala Stampa Estera di Roma. All’evento, che precede di tre
giorni l’uscita del film che al romanzo si ispira, hanno partecipato tra gli
altri la storica dell’arte, Elizabeth Lev e il
teologo gesuita della Gregoriana, Gerald O’Collins. Proprio a padre O’Collins,
Alessandro Gisotti ha chiesto di indicare le principali falsificazioni presenti
nel “Codice da Vinci”:
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R. – Brown racconta che sotto la
pressione di Costantino, la divinità di Cristo fu proclamata per la prima volta
nel 325. Ma questo è semplicemente falso. Nel Nuovo Testamento, il Vangelo di
Giovanni dice: “Mio Signore, mio Dio”, e le Lettere di Paolo affermano ripetutamente
la fede in Cristo in quanto “Signore divino”! La divinità di Cristo non è una
dottrina inventata nel IV secolo, ma risale all’inizio del cristianesimo! E
poi, c’è la bugia di Brown che riguarda i Vangeli:
secondo lui, al tempo di Costantino c’erano in giro ottanta Vangeli; Costantino
ne scelse ed impose quattro. Evidentemente, Brown non
sa che già nel II secolo i nostri quattro Vangeli erano già ufficialmente
riconosciuti da Sant’Ireneo e da altri Padri della Chiesa: duecento anni prima
di Costantino!
D. – Uno degli elementi fondamentali su cui viene costruito il romanzo è questa relazione che Dan Brown ascrive a Cristo, con
Maria Maddalena. Ma in realtà, sono tesi tutt’altro
che nuove …
R. – Il risultato è intaccare Gesù, ridurre Gesù a livello
umano, uomo sposato, capo di un nuovo movimento religioso, però un Gesù che non
sa soddisfare la nostra fame spirituale. Il libro di Brown
è uno dei tanti libri che hanno provato a intaccare la figura di Gesù. Brown e gli altri trovano Gesù una figura scomoda e dietro
a questo libro credo ci sia un tentativo di ridurre Gesù ad un livello semplicemente
umano.
D. – Ecco. Come spiega, però, il successo di questo
romanzo, e soprattutto il fatto che molti lettori ritengano degne di fondamento
le tesi presenti nel “Codice da Vinci”?
R. – Molta gente rivela la stessa ignoranza, abissale, in
materia di storia delle Sacre Scritture; è colpa nostra. Noi docenti non siamo
riusciti ad insegnare abbastanza la vera storia della Chiesa o la genesi dei
nostri Vangeli canonici. Brown evidenzia la credulità
e l’ignoranza di milioni di persone. E’ un giallo, con un po’ di sesso, un po’
di religione, cospirazione … questo è un cocktail che funziona abbastanza bene.
D. – Il romanzo di Dan Brown ha messo in luce in modo eclatante, come lei
sottolinea, l’ignoranza di tanti credenti sui fondamenti della fede. Come
rispondere, dunque, a questa sfida urgente per la Chiesa? Può, in questo senso,
nascere anche del bene da un male come un romanzo pieno di mistificazioni?
R. – Sì! Un risultato positivo di questo libro, anche del
film, potrebbe diventare la creazione di molti gruppi di studio, di interesse.
L’anno scorso, sono stato negli Stati Uniti per parlare del “Codice da Vinci”;
una volta davanti a 400 persone, un’altra volta erano più di 400. Lui ha creato
un pubblico; lui ha provocato l’interesse, ed ora c’è la responsabilità dei
cattolici preparati, di docenti religiosi - la nostra responsabilità - di
rispondere alla fame spirituale della gente. Abbiamo adesso, per il momento, un
pubblico enorme …
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16 maggio 2006
NASCE IN SVIZZERA IL CONSIGLIO DELLE RELIGIONI. TRA I SUOI
OBIETTIVI
PROMUOVERE IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E DIFFONDERE I VALORI
DELLA PACE
LADDOVE CONVIVONO CULTURE E TRADIZIONI DIVERSE
BERNA.
= Cristiani, ebrei e musulmani hanno dato vita ieri a Berna, in Svizzera, ad un
Consiglio delle religioni (Swiss Council of Religions, SCR) per promuovere una migliore
coesione sociale ed una coabitazione pacifica tra fedeli di confessioni
diverse. L’organismo vuole essere, in particolare, scrive l’agenzia MISNA, un
luogo di dialogo tra capi di diverse comunità religiose. Promosso da Thomas Wipf, presidente del
Consiglio della federazione delle chiese protestanti di Svizzera, il Consiglio
delle religioni si propone di affermare i valori della pace, della fiducia e
del dialogo laddove convivono “genti di cultura e di tradizioni estremamente
diverse” che hanno “sistemi di valori molto diversi”. Secondo Alfred Donath, presidente della Federazione
svizzera delle comunità ebraiche, la nuova associazione permetterà alle persone
“di qualunque convinzione religiosa” di “vivere la propria diversità nei limiti
del rispetto dell’altro”. Hishmar Maizar,
presidente della Federazione delle organizzazioni islamiche in Svizzera, ha
sottolineato “il dovere e la responsabilità” dei musulmani di “partecipare alla
costruzione della pace interreligiosa sulla base del dialogo e del rispetto dei
valori umani attraverso la stima reciproca e lo scambio di idee”. (T.C.)
INIZIA A ROMA IL PIÙ GRANDE
PELLEGRINAGGIO DI CATTOLICI RUSSI.
IN 150 SARANNO PRESENTI DOMANI ALL’UDIENZA GENERALE,
MENTRE NEL POMERIGGIO DI OGGI, PRESENTAZIONE DEL LIBRO
“IL SANTO MEDICO DI MOSCA”,
CHE RACCONTA LE GESTA DI FRIEDRICH JOSEPH HAAS
ROMA. = Per la prima volta a Roma: per sostare sulla tomba di San
Pietro, per incontrare il nuovo Papa e pregare per il suo predecessore, per
portare nel cuore del cattolicesimo la testimonianza di una
persona che 150 anni fa rese il Vangelo una pagina di vita vissuta tra i
più derelitti di Mosca. Con questi e altri motivi, inizia oggi il più grande pellegrinaggio
della storia di cattolici russi a Roma. Circa 150 i fedeli, accompagnati
dall’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz, si fermeranno alcuni giorni nella capitale,
all’interno di un pellegrinaggio che chiude l’anno dedicato alla commemorazione
di Giovanni Paolo II. Il contatto con Benedetto XVI avverrà domani mattina,
all’udienza generale. Alcuni fedeli, ricorda l’agenzia AsiaNews, hanno portato
dei doni per il Pontefice, tra i quali un’antica icona russa del XVIII secolo e
un paramento liturgico decorato a mano. E sempre domani, parteciperanno a una
Messa nella cripta della Basilica di San Pietro. Con i 150 pellegrini vi sono
idealmente molti dei cattolici che non hanno potuto prendere parte al
pellegrinaggio. La loro presenza sarà testimoniata al Papa da un nastro con i
colori della bandiera russa (bianco, blu e rosso) e le firme di molti fedeli
dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca. Un’altra iniziativa ha visto
invece la raccolta di varie testimonianze da tutto il Paese a favore della
beatificazione di Giovanni Paolo II. L’idea è stata di mons. Angelo Comastri,
presidente della Fabbrica di San Pietro. Le note verranno
inoltrate al postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II,
mons. Slawomir Oder. Nel
pomeriggio di oggi, alle 17.30, i pellegrini russi saranno al Pontificio
Istituto Orientale di Roma per rievocare le gesta di Friedrich
Joseph Haass, un medico
tedesco, cattolico, che per tutta la vita (1780-1853) esercitò la professione a
Mosca tra i malati, i poveri e gli esiliati in Siberia, senza distinzioni tra
cattolici e ortodossi. Ad essere presentata oggi pomeriggio sarà la biografia
di un uomo oggi considerato un santo dalle due comunità confessionali, raccolta
nel libro “Il santo medico di Mosca”, curata dal padre gesuita Germano Marani. (A.D.C.)
DA
OGGI AL 2 GIUGNO RIUNITO A GINEVRA IL COMITATO DELLE NAZIONI UNITE
INCARICATO
DI VIGILARE SUL RISPETTO
DELLA
CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA
ATTRAVERSO
L’ESAME DEI RAPPORTI PERIODICI DEI PAESI FIRMATARI
GINEVRA. = Riunito a Ginevra il Comitato delle Nazioni
Unite sui diritti del fanciullo. I 18 esperti indipendenti nominati dall’ONU
dovranno esaminare in questa sessione, da oggi al 2 giugno, i rapporti
periodici presentati da Lettonia, Uzbekistan,
Tanzania, isole Marshall, Messico, Libano,
Turkmenistan e Colombia sul rispetto della Convenzione internazionale sui
diritti dell’infanzia. Dovranno vagliare inoltre i rapporti di Turchia, El Salvador, Qatar, Islanda e Italia sul rispetto dei due
Protocolli opzionali alla Convenzione, concernenti il primo la vendita e la
prostituzione dei bambini e la pedopornografia ed il
secondo il coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. Approvata
all’unanimità dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel novembre 1989, la
Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo è entrata in vigore nel
settembre del 1990. È stata ratificata da 192 Stati. Solo gli Stati Uniti e la Somalia non vi hanno aderito. I due Protocolli sono stati
invece approvati nel 2000. (R.G.)
GARANTIRE
AI BAMBINI DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO
L’ACCESSO
AI SERVIZI SANITARI E IL DIRITTO ALLA LORO VITA:
QUESTO
L’OBIETTIVO DELL’AIFO
CHE
STA PROMUOVENDO LA CAMPAGNA “RESTITUIRE L’INFANZIA”
ROMA. =
“Restituire l’infanzia” è il titolo della campagna di sensibilizzazione, promossa
dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau
(AIFO), lanciata per richiamare l’attenzione sulla salute dei bambini nel
mondo, in modo particolare per quanto concerne lebbra, disabilità e sanità di
base. Sono circa 50.000 mila i bambini nel mondo che ogni anno si ammalano di
lebbra e di questi circa l’11% sono di età inferiore ai 15 anni. Tale malattia,
in quanto contagiosa – ricorda l’agenzia Fides - impedisce ai giovani malati
l’accesso nelle scuole, ed è per questo che l’AIFO interviene non solo
somministrando loro le giuste cure farmacologiche, ma
garantendogli la riabilitazione sociale attraverso l’informazione e
l’educazione della comunità in cui egli vive. Un’altra malattia con cui devono
fare i conti i bambini, soprattutto quelli appartenenti ai Paesi in via di
sviluppo, è la disabilità mentale e fisica. L’associazione in proposito sostiene
molti progetti di riabilitazione su base comunitaria in Asia, Africa e America
Latina. All’interno di questi progetti inoltre l’AIFO offre assistenza
sanitaria alle persone bisognose, ponendo maggiore attenzione
alla salute materno-infantile. Vaccinazioni,
integratori alimentari per bambini malnutriti, cure per diarrea, malaria,
infezioni respiratorie, sono tra le attività sanitarie garantite. “Restituire
l’infanzia” garantisce in pratica ai bambini del Sud del mondo non solo
l'accesso ai servizi sanitari, ma il rispetto pieno e incondizionato del loro
diritto alla vita, alla salute globale e alla dignità. (V.C.)
PIOGGE
IRREGOLARI E RACCOLTI SCARSI IN AFRICA MINACCIANO LA SOPRAVVIVENZA
DI
MOLTE PERSONE. APPELLO PER LA POPOLAZIONE INFANTILE DA PARTE DELL’UNICEF
ROMA. =
La siccità, che ha causato piogge irregolari e raccolti scarsi nell’Africa
orientale, continua a minacciare la sopravvivenza di molte persone. È quanto sostiene
il Fondo dell’ONU per l’infanzia (UNICEF), che in proposito lancia un appello
per combattere la denutrizione causata dalle carestie e dalla siccità in alcuni
Paesi del continente africano. Circa 8 milioni di persone sparse tra Kenya, Somalia,
Etiopia, Gibuti, Tanzania, ma anche Burundi, Rwanda e
Uganda, vivranno disagi. Secondo l’UNICEF tra i più esposti alle conseguenze
della siccità, anche un milione e 500 mila bambini sotto i cinque anni di età,
di cui 40 mila in condizioni preoccupanti. Le organizzazioni umanitarie, i
governi interessati, ma anche i metereologi africani
– ricorda l’agenzia MISNA – sottolineano da settimane che le piogge iniziate ad
aprile sono estremamente intense in alcune zone, tanto da causare problemi di
alluvioni e inondazioni; mentre sono del tutto assenti in altre, e le previsioni
per i prossimi raccolti non sono affidabili. (V.C.)
IL CONSIGLIO D’EUROPA DENUNCIA: IN ITALIA
TROPPI DISCORSI POLITICI
SONO RAZZISTI E XENOFOBI, SI CONTRASTI DI PIÙ LA DISCRIMINAZIONE
RAZZIALE
BRUXELLES. = Un rapporto pubblicato oggi dalla Commissione contro
il razzismo del Consiglio d’Europa denuncia: in Italia si sono intensificati
discorsi di tenore razzista e xenofobo in politica. La commissione mette
soprattutto l’accento su “discorsi di alcuni esponenti di partiti politici”
raccomandando all’Italia di sanzionare alcune affermazioni, ad esempio,
rendendo possibile “la soppressione del finanziamento per quei partiti politici
i cui membri si sono resi responsabili di atti razzisti o discriminatori”.
Secondo il rapporto, il ricorso a discorsi razzisti e xenofobi è aumentato
soprattutto nei riguardi di extracomunitari, rom, sinti e musulmani, ma vengono segnalati la creazione di un
organo contro la discriminazione razziale, l’applicazione delle norme
antidiscriminazione per occupazione e alloggi o alcuni interventi scolastici.
Tra i provvedimenti che l’organismo di Strasburgo raccomanda alle autorità
italiane figura l’adozione “di provvedimenti contro l’uso di discorsi razzisti
e xenofobi in politica” e un miglioramento dei sistemi di monitoraggio degli
incidenti a sfondo razzista, xenofoba e antisemita. Raccomandate, infine,
misure per contrastare la discriminazione razziale. (T.C.)
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16 maggio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Russia e Cina non autorizzeranno l’uso della forza per
risolvere la crisi internazionale legata al programma nucleare iraniano. Lo ha
dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergueï Lavrov, durante la sua visita a Pechino. Intanto, il governo
di Teheran ha ribadito che non accetterà la richiesta
dell’Unione Europea di sospendere le attività di arricchimento dell'uranio in
cambio di un aiuto nel settore del nucleare civile.
In Iraq, le forze governative irachene hanno catturato uno dei più
stretti collaboratori di Abu Musab
al-Zarqawi, il terrorista di origini giordane
considerato il luogotenente in Iraq di Osama Bin Laden, leader di Al Qaeda. A Baghdad è ripreso, intanto, il processo
contro l’ex presidente iracheno Saddam Hussein che non si è presentato in aula.
L’ex rais e altri sette coimputati sono accusati di crimini contro l’umanità
per il massacro di oltre 140 sciiti nel villaggio di Dujail
nel 1982.
Il taglio dei fondi
all’Autorità nazionale palestinese “non serve a nulla ma
anzi peggiorerà una situazione già deteriorata”. Lo ha detto intervenendo in seduta
plenaria al Parlamento europeo a Strasburgo, il presidente palestinese Abu Mazen che ha anche
ringraziato Unione Europea, ONU, Stati Uniti e Russia, per la messa a punto di
un nuovo meccanismo in favore del popolo palestinese.
Terrorismo,
sequestro di persona aggravato e omicidio plurimo. Con questi capi
d’imputazione è stato riconosciuto colpevole il solo sopravvissuto tra gli estremisti
accusati di aver perpetrato nel settembre 2004 la tragica presa di ostaggi in massa
nella scuola di Beslan, nella Repubblica autonoma
russa dell’Os-sezia del Nord.
I morti furono 331, per la maggior parte bambini.
Almeno 6 mila soldati della
Guardia nazionale da schierare lungo il confine con il Messico per arginare il
fenomeno dell’immigrazione clandestina e un programma a lungo termine per
favorire i permessi di lavoro temporanei. E’ il piano lanciato ieri dal
presidente americano, George Bush, in un discorso
televisivo rivolto alla nazione. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il capo della Casa Bianca ha detto che il governo non
controlla i confini e quindi vuole mobilitare la Guardia Nazionale, cioè le
milizie dei singoli Stati, per aiutare gli agenti di frontiera, fino a quando il loro numero non sarà incrementato. Bush, però, ha dichiarato che non intende militarizzare il
confine con il Messico, rispondendo così alle preoccupazioni espresse dal
collega del Paese vicino, il presidente messicano Fox.
La misura, dunque, sarà temporanea. Il presidente statunitense ha aggiunto che
non è favorevole all’amnistia per i circa 12 milioni di illegali che vivono
negli Stati Uniti, ma ha spiegato di voler appoggiare il varo di un programma
per dare più permessi di lavoro e consentire a chi viene davvero in cerca di
impiego di ottenere la cittadinanza. Il capo della Casa Bianca ha avanzato le
sue proposte, perché il tema dell’immigrazione illegale è molto sentito e così
spera di recuperare popolarità nei sondaggi, dove il suo gradimento è sceso al
29 per cento. Alcuni governatori degli Stati che confinano con il Messico, come
Arnold Schwarzenegger della California, hanno criticato l’idea di usare la Guardia
Nazionale perché già impegnata in Iraq; altri, come quello del Texas, Rick Perry, l’hanno appoggiata. Ma forse,
l’ostacolo principale per Bush viene dal suo stesso
partito, perché molti parlamentari repubblicani sono contrari al programma per
favorire la cittadinanza di chi lavora.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Svolta nelle
relazioni diplomatiche fra Stati Uniti e Libia: i due Paesi hanno annunciato,
ieri, la normalizzazione dei rapporti e la riapertura delle relazioni diplomatiche.
Nell’ambito di questo processo, è anche prevista la riapertura di un’ambasciata
statunitense a Tripoli. La Libia verrà tolta, inoltre,
dalla lista dei Paesi che finanziano il terrorismo internazionale. Il nostro servizio:
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La
decisione di riaprire il canale del dialogo sancisce la chiusura di una parentesi
di oltre 25 anni senza relazioni diplomatiche. Durante questo periodo, Stati
Uniti e Libia hanno vissuto diversi momenti carichi di tensione. Nel 1986,
l’amministrazione americana lanciò un raid aereo sul territorio libico
provocando la morte di 41 persone, tra le quali una figlia adottiva del leader
libico Muammar Gheddafi.
L’azione militare era stata pianificata in risposta
all’attentato compiuto a Berlino da estremisti legati al regime libico e costato
la vita ad un soldato statunitense. Dopo i raid americani, la Libia lanciò due
missili contro Lampedusa, che caddero in acqua a centinaia di metri di distanza
dalla costa. Nel 1988, un attentato contro un aereo della compagnia PanAm pianificato da agenti segreti libici, poi processati
e condannati da un tribunale internazionale, provocò la morte di 270 persone.
Un anno dopo, la CIA accusò il governo di Tripoli di
avere armi di sterminio. Gli anni successivi hanno fatto registrare progressivi
segnali di distensione. La svolta nei rapporti tra i due Paesi si ebbe alla
fine del 2003, quando la Libia, che già si era assunta la responsabilità
dell’attentato contro l’aereo della PanAm accettando
di risarcire le famiglie delle vittime, ha concluso un accordo con Washington e
Londra per rinunciare ai propri programmi nucleari e alle armi di distruzione
di massa. Da allora, gli Stati Uniti hanno progressivamente “riabilitato” la
Libia fino ad arrivare alla decisione ieri di ristabilire
le relazioni diplomatiche.
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Dopo tre giorni consecutivi di
violenze e disordini, sembra sia stata finalmente domata in Brasile la rivolta
contro le forze dell’ordine divampata dopo il trasferimento di 165 detenuti in un carcere di
massima sicurezza e costata la vita ad almeno 81 persone. A riportare
la situazione alla normalità, ha largamente contribuito un negoziato intavolato
dalle autorità con i rivoltosi che hanno liberato tutti gli ostaggi. Ma non si
placano, comunque, le critiche sulla gestione della sicurezza in Brasile. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Commentando gli oltre 180 attacchi realizzati in pochi
giorni, il comandante della polizia militare di San Paolo, ha ammesso che le
sue forze sono in guerra con la malavita organizzata, ma l’azione di
repressione della criminalità è stata complicata da fattori di rivalità
politica a cinque mesi dalle elezioni di ottobre. Il presidente Luis Ignacio Lula
da Silva ha definito, infatti, gli attentati come una provocazione, una
dimostrazione di forza del crimine organizzato e ha offerto di inviare da
Brasilia forze federali. Ma il governatore dello Stato di San Paolo, Claudio Lembo,
che appartiene ad un partito rivale a quello dei lavoratori di Lula, ha respinto tale offerta. E sulla vicenda hanno preso
posizione anche i vescovi brasiliani. In un documento firmato dal presidente
della Conferenza episcopale, il cardinale Gerardo Maiella, si sostiene fra
l’altro che nessun motivo giustifica queste atrocità, che provocano paura nella
popolazione e ancor di più la privano della sicurezza di cui ha diritto.
Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio
Vaticana.
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Dopo due giorni di
relativa calma, torna la violenza in Somalia: una milizia fedele alle Corti
islamiche ha attaccato miliziani guidati da un signore della guerra locale. Nell’assalto,
avvenuto lungo una via di collegamento tra la capitale e Baidoa,
la città meridionale dove resta relegato il governo ad interim, sono rimasti
uccisi due miliziani.
In Sudan, l’Unione Africana ha concesso altre due
settimane di tempo ai gruppi ribelli della martoriata regione occidentale del Darfur per firmare l’accordo di pace che ancora non hanno
approvato. Il 5 maggio scorso, infatti, solo una delle tre fazioni in lotta ha
firmato un’intesa con il governo di Khartoum per porre fine ai combattimenti. Il documento, messo a punto dall’Unione Africana, prevede il disarmo
delle milizie filo-governative e il reintegro degli ex combattenti appartenenti
agli opposti schieramenti.
In Italia, sono iniziate questa
mattina le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Si tratta del
primo importante appuntamento istituzionale per Giorgio Napolitano, che ieri ha
giurato come 11.mo presidente della Repubblica. Ce ne
parla Giampiero Guadagni:
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Giorgio Napolitano ha giurato fedeltà alla Repubblica
davanti al Parlamento in seduta comune e nel discorso di insediamento ha
assicurato: “Sarò il presidente di tutti, non solo della maggioranza che mi ha
votato. Favorirò il confronto tra i poli e il dialogo, anche sulla riforma
costituzionale, nel rispetto della democrazia bipolare”. E ancora, per il capo
dello Stato serve una storia ed una memoria condivisa, basata sulla resistenza.
Napolitano ha reso omaggio al suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, e ha ringraziato Papa Benedetto XVI per gli auguri
formulati. Le reazioni politiche nella Casa delle Libertà: freddezza di Forza
Italia e Lega, apprezzamenti da UDC e AN. Il centro-sinistra applaude compatto.
Tra stasera e domani dovrebbe affidare l’incarico per la formazione del nuovo
governo al leader dell’Unione, Romano Prodi.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Il discorso di Giorgio
Napolitano indica un tentativo forte di leggere in modo maturo il bipolarismo.
E’ questa l’opinione di Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera,
intervistato da Francesca Sabatinelli:
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R. – Napolitano ha evocato la maturità di questo sistema
politico che fino a adesso non c’è stata. Questo mi sembra il primo dato da
rilevare. E’ come se le forze politiche fossero tornate un po’ ‘ragazzine’. Non a caso, Napolitano le ha contrapposte alla
“Italia delle cento province”, quella che ritiene possa dare i maggiori
impulsi. Poi ha fatto un’esortazione ad una memoria condivisa, che forse è il
vero tentativo di superare le logiche del dopo-guerra: fascismo e
anti-fascismo. Soprattutto, ha colpito il suo richiamo netto all’Unione Europea
e ai rapporti con gli Stati Uniti: credo che l’aspetto della politica internazionale
sia stato forse il più forte ed il più esplicito in tutto il discorso. Ha
detto: “Va benissimo rifiutare la guerra, soprattutto quando
avviene non assecondando decisioni degli organismi internazionali, ma sia
chiaro che ci sarà una corresponsabilità e una condivisione degli impegni con i
nostri alleati occidentali”.
D. – Se dovessimo quindi tracciare le linee di questa
presidenza …
R. – Mi sembra che Napolitano non abbia mostrato nessun
angolo polemico nei confronti di nessuno, e che quindi possa effettivamente
essere una premessa per quella pacificazione, quella serenità che invece la sua
elezione in qualche modo ha contraddetto, di certo non
per colpa sua.
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“Ho agito in questo modo per difendermi dai
poteri forti”. E’ questa la linea di difesa di Luciano Moggi, l’ex direttore
generale della Juventus, massimo accusato nello
scandalo delle intercettazioni telefoniche che ha sconvolto il mondo del calcio
italiano. Secondo quanto riferito dai suoi legali, Moggi, interrogato ieri a Roma
per sette ore dai magistrati della Procura di Napoli, ha risposto a tutte le domande,
affermando di essere la vittima e non il burattinaio dell’articolato sistema
che condizionava designazioni arbitrali e risultati delle partite.
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